1 Luigi Pirandello, Arte e Scienza, Milano, Mondadori, 1994, p. 101.
2 Vsevolod I. Pudovchin, L’attore nel film, Roma, Edizioni di Bianco e nero, 1939, p. 19.
3 Ivi, p. 22.
4 La definizione si trova in Carlo Tamberlani, L’interpretazione nel teatro e nel cinema, Roma, Azienda Tipografica Editrice Nazionale Anonima, 1941, p. 17.
5 Questa affermazione cerca di integrare e di superare l’idea di Benedetto Croce il quale affermava che la figura dell’attore non era quella “dell’artista” e che il suo ruolo scenico era solo quello del “trasformatore” di un’opera d’arte. Infatti, nel saggio i Comici, incluso nel quinto volume della Letteratura della nuova Italia, egli afferma: «Gli attori sono degli «interpreti» ed io proposi altre volte di assimilarli ai «traduttori», sia a quelli che svolgono una poesia di una in un’altra lingua, sia agli altri che cercano di trasfonderla in una pittura, in una scultura, in un’opera musicale. In questi e simili casi, è mera illusione che la stessa poesia venga riassunta in una forma diversa o che riceva completamento e arricchimento di ulteriori determinazioni. [...] Quanto più vigorosa è la personalità di un attore, tanto più egli si sovrappone al testo e l’arte sua se ne diversifica: il dilemma di ogni traduzione vale anche per essi: o languida fedeltà o infedeltà calda di passione. Vi sono attori piccoli, mediocri, grandi e grandissimi, ma non tra essi interpreti più o meno sapienti nell’adeguarsi ai testi, e vanissime sono sempre state le dispute sul modo di atteggiare e far parlare in scena, con esatta adesione al testo ed allo spirito dello Shakespeare, Re Lear e Amleto, Cordelia, Ofelia, e Desdemona. Questa esatta adesione non può ottenersi mai perché la voce originaria del poeta avrà forse qualche risonanza nelle nuove voci, ma è per sé unica e irripetibile». Cfr. Benedetto Croce, La letteratura della nuova Italia, Voi. V, Bari, Gius. Laterza & Figli, 1939, p. 349. Inoltre Cfr. Federico Frascani, Croce e il teatro, Napoli, Franco Di Mauro Editore, 1993, pp. 20-23.
6 Ernesto Rossi, Studi Drammatici, Firenze, Le Monnier, 1885, pp. 97-100.
7 Vsevolod I. Pudovchin, L’attore nel film, cit., p. 35.
8 Ernesto Rossi, Studi Drammatici, cit., pp. 104-105.
9 Si riporta la trama di un’opera di Pirandello, Questa sera si recita a soggetto. La commedia fa parte con Sei personaggi in cerca di autore e Ciascuno a suo modo di una trilogia che l’autore ha dedicato al teatro nel teatro, che hanno come soggetto i rapporti fra personaggi, attori, regista e pubblico. La commedia fu scritta da Pirandello a Berlino tra la fine del 1928 e l’inizio del 1929. Luigi Pirandello, Questa sera si recita a soggetto, in Luigi Pirandello, Maschere Nude, cit., p. 107.
10 Ernesto Rossi, Studi drammatici, cit., p. 99-104.
11 Gaetano Oliva, Il laboratorio teatrale, cit. p. 226.
12 Vsevolod I. Pudovchin, L’attore nel film, cit., p. 57.
13 Carlo Tamberlani, L’interpretazione nel teatro e nel cinema, cit., p. 187.
14 Nel teatro italiano, si passò, dopo la prima guerra mondiale, dal concetto del ruolo, alla dicitura generica di “assegnazione delle parti primarie e secondarie” affidate al direttore della compagnia e poi con la nascita della regia al regista. La nuova procedura nacque per eliminare i privilegi creati dall’abuso della rigida applicazione del ruolo, anche se questa, però portò al frammentario e isolato principio della “parte”, affidata di volta in volta, dall’insindacabile giudizio dell’elemento direttivo (spesso in virtù di richiami o convenienze economiche prive di un disegno artistico preciso) orientato alla sola opera da mettere in scena. Se però il ruolo aveva, infatti, creato dei privilegi nell’interprete, dando luogo a irrigidimenti artistici e professionali, esso, nell’ambito dell’appropriata assegnazione del personaggio, costituiva un meccanismo di ordine nell’equilibrio dello spettacolo. Il ruolo oltre a definire le caratteristiche dell’interprete, stabiliva anche le regole interpretative che doveva affrontare l’attore: le sue qualità fisiche, psichiche e tecniche. Inoltre la struttura dei ruoli era un elemento importante nella scelta degli attori per la costituzione organica della compagnia teatrale, sia per gli inquadramenti professionali, sia per la complessa distribuzione delle parti. La trasformazione del ruolo è stato un fattore molto importante per l’evoluzione del teatro italiano, dopo quello della riforma di Gustavo Modena, soprattutto dal punto di vista sia economico, sia per l’adeguamento alla nuova scrittura scenica del Novecento (anche se ci furono molte controversie di carattere sindacale). Un attore capace di recitare qualsiasi parte è molto più “redditizio”, per l’organizzazione dello spettacolo, e nello stesso tempo con l’applicazione delle nuove tecniche di recitazione è in grado di sostenere qualsiasi personaggio previsto dal testo. Per altri approfondimenti cfr. Cristina Jandelli, I ruoli nel teatro italiano tra Otto e Novecento, Firenze, Le Lettere, 2002.
15 Bertolt Brecht, Diario di lavoro 1938-1942, Voi I, Torino, Einaudi, 1976, p. 244.
16 Ivi, p. 69.
17 La figura del regista in Italia compare nel 1947 con Luchino Visconti. Agli inizi del Novecento l’assenza del regista ha segnato un grave ritardo del teatro italiano rispetto agli sviluppi della scena europea. La pratica della regia era estranea alle abitudini del teatro italiano al punto che non esisteva neppure il termine per definirla. Solo nel 1932 Bruno Migliorini usò tale termine sulle pagine del primo numero della rivista «Scenario», diretta da Silvio d’Amico. Nel 1941 l’autore ripubblicò l’articolo con il titolo Autista e regista in Saggi sulla lingua del Novecento, Firenze, Sansoni, 1941, pp. 200-211. In merito si cfr. Mirella Schino, L’anticipo italiano. Fatti, documenti, interpretazioni e testimonianze sul passaggio e sulla ricezione della grande regia in Italia tra il 1911 e il 1934, in «Teatro e Storia», XXII, 2008, Roma, Bulzoni, p. 97.
18 Claudio Vicentini, Pirandello il disagio del teatro, Venezia, Marsilio, 1993, p. 141.
19 Luigi Pirandello, Questa sera si recita a soggetto, in Luigi Pirandello, Maschere nude, cit., p. 118.
20 Ivi, p. 147. Inoltre, cfr. Carlo Tamberlani, L’interpretazione nel teatro e nel cinema, cit., pp. 188-189.
21 Ivi, pp. 145-146. Anche per questo esempio cfr. Carlo Tamberlani, L’interpretazione nel teatro e nel cinema, cit., pp. 194-202.
22 Gaetano Oliva, Il laboratorio teatrale, cit., p. 160.