1
Gaetano Oliva, Il teatro come strumento di formazione umana nello
sviluppo della creatività e della crescita
personale, cit., p. 112.
2 II teatro educazione è la dizione attuale
per indicare nell’insieme tutte quelle attività collegate al
teatro realizzabili in ambito educativo e rivolte sia ai
docenti che agli alunni. Cfr., Loredana Perissinotto, Teatri a
scuola. Aspetti, risorse, tendenze. Torino, UTET,
2001, p. 30.
3
Cesare Scurati,
Introduzione, in Aa.Vv.,
Educare al teatro, Brescia,
La Scuola Editrice, 1998, p. 3.
4
Livia Cadei, Radici pedagogiche dell’animazione educativa,
Milano, ISU, 2001, p. 61.
5 Ivi, p.
22.
6
Gaetano Oliva, Il teatro come strumento di formazione umana nello
sviluppo della creatività e della crescita
personale, cit., p. 112.
7 Cfr., Gian Renzo Morteo, Il teatro per cominciare, Torino,
Edizioni SEB 27, 2002.
8
Gaetano Oliva, L’Educazione alla Teatralità: una proposta di
formazione, in Maria Paola
Ferrigno (a cura di), Un viaggio
tra creatività e mistero, Genova, il Melangolo,
2005, p. 36.
9 Ivi, p.
32.
10 Un esercizio specifico è per esempio quello di
lasciarsi andare in un urlo liberatorio, un’azione
apparentemente semplice che in realtà si rivela molto
complessa.
11
Gaetano Oliva, L’educazione alla teatralità nella scuola, in Serena Pilotto (a cura di), Scuola, teatro e danza. Trasversalità
delle arti del corpo nella didattica scolastica,
Milano, ISU, 2006, p. 107.
12 Cfr., Ezio Alberione, Maria Pia Pagliarecci, (a cura di), Teatro da riscoprire: uno spazio per la
creatività e la relazione, Milano, Paoline
editoriali libri, 1998.
13
Gaetano Oliva, L’Educazione alla Teatralità: una proposta di
formazione, cit., p. 36 s.
14
Eugenio Barba, La canoa di carta, Bologna, il Mulino, 1993, pp.
139-163.
15 13 Cfr., Gaetano Oliva, Il laboratorio teatrale, cit., pp.
97-110.
16
Gaetano Oliva, L’Educazione alla Teatralità: una proposta di
formazione, cit., p. 37.
17 Cfr., Gaetano Oliva, Il laboratorio teatrale, cit., p.
98.
18 Cfr., Gaetano
Oliva, Educazione alla Teatralità
e formazione, cit., pp. 241-276. Inoltre cfr., Claudio Bernardi, Benvenuto Cuminetti,
(a cura di), L’ora di teatro:
orientamenti europei ed esperienze italiane nelle
istituzioni educative, Milano, Euresis,
1998.
19
Gaetano Oliva, LEducazione alla Teatralità: una proposta di
formazione, cit., p. 36.
20
Cfr., Gaetano Oliva, Aspetti teorici
teatrali in rapporto alfeducazione emotiva, in Rosa Di Rago, (a cura di), Emozionalità e teatro. Di pancia,
di cuore, di
testa, Milano, FrancoAngeli, 2008, p. 49.
21
Cfr., Richard Schechner, La teoria della performance
1970-1983, Roma, Bulzoni Editore, 1984.
22
Enrico Salati, Programmare l’insegnamento, Milano, ISU, 2004, p.
110.
23 Cfr., Claudia Alassia, Fernanda Ponchione,
Manuale aperto di animazione
teatrale: teoria ed esercizi 1° 2°, 3° grado, Torino, Musolini,
1977.
24
Gaetano Oliva, L’educazione alla teatralità nella scuola, cit.,
p. 110.
25 Cfr., Gianni
Rodari, La grammatica della
fantasia, Torino, Einaudi, 1973.
26
Leon Chancerel, Le thèàtre et la jeunesse, cit., p. 49 s. Per la
citazione di Charlie Chaplin riportata da Chancerel cfr.,
«Le Journal» del 1931.
27
Cfr., Cesare Molinari, Veleria
Ottolenghi, Leggere il teatro, un
manuale per Vanalisi tea- trale, Firenze, Vallecchi,
1979.
28 Questa definizione è data da Peter Brook
per spiegare la relazione che esiste tra attori e spettatori
nei confronti di una performance,
infatti, egli definisce gli attori «attori consapevoli» e
gli spettatori «attori non consapevoli». In realtà le due
componenti sono entrambi “attori” di uno stesso sistema.
Cfr., Georges Banu, Peter Brook, cit., pp.
52-53.
29 Cfr., Jerzy Grotowski, Per un teatro povero, cit., pp.
25-27. Nella sua filosofia Grotowski va molto oltre; arriva
a parlare di attore-santo, di autopenetrazione e rivela un
modo di lavorare molto particolare che lega in maniera
profonda il singolo attore a lui come regista. Queste
riflessioni però, pur essendo molto interessanti, non
riguardano più il percorso di teatro-educazione: diventano
così particolari da andare oltre il possibile rapporto
educativo che è utile e realizzabile in un contesto
scolastico, tra insegnante e giovane allievo, tenendo conto
anche della particolare età evolutiva. In questa capacità di
conoscere e scegliere dove fermarsi rispetto ai concetti
presenti nella storia del teatro sta l’abilità
dell’educatore alla teatralità. Cfr., Gaetano Oliva, Aspetti teorici
teatrali in rapporto all’educazione emotiva, cit.,
p. 48.
30 Ibidem.
31
Leon Chancerel, Le thèàtre et la jeunesse, cit., p.
34 s.
32
Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un modello: la
narrazione, cit., p. 81.
33 Cfr., Enrico Salati, Appunti di didattica generale,
Milano, ISU, 2002.
34
Cfr., Massimo Dall’Olmo, Andrea Mazza,
Apro il sipario? Manuale per il
teatro scolastico, Molfetta, Edizioni la Meridiana,
1988.
35
Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un modello: la
narrazione, cit., p. 131.
36 Ivi, p.
66.
37 Ivi, p.
67.
38 Cfr., Costanza Del piano, Su il sipario: fare teatro nella scuola di
base, Lecce, Pensa, 2001.
39
Gaetano Oliva, (a cura di), La pedagogia teatrale, cit., p.
107.
40 Cfr., Elena Cuoco, Il
teatro nella scuola, ovvero la finzione smascherata:
drammatizzazione finalizzata alla scuola
dell’obbligo, Napoli, Guida,
2000.
41
Loredana Perissinotto, Teatri a scuola, Torino, UTET, 2001,
pp. 33-38.
42
Andrea Bobbio, Pedagogia dell’infanzia. Verso una nuova cultura dei
diritti del bambino, Brescia, La Scuola Editrice,
2002, p. 79
43 Ivi, p. 29.
44
Edgar Morin, La
testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del
pensiero, Milano, Collina Editore, 2000, p.
32.
45
Andrea Bobbio, Pedagogia dell’infanzia. Verso una nuova cultura dei
diritti del bambino, cit., p.
30.
46
Gaetano Oliva, La formazione teatrale dei docenti, in Rosa Di Rago, (a cura di), Il teatro della scuola, Milano,
FrancoAngeli, 2001, p. 66.
47
Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un modello: la
narrazione, cit., p. 69 s.
48
Mario Gennari, Pedagogia degli ambienti educativi, Roma, Armando
Editore, 1997, p. 44. All’interno del testo, l’autore,
affronta il ruolo pedagogico dello spazio; prende in
considerazione alcuni pedagogisti quali: Rousseau,
Pestalozzi e altri. Per quanto riguarda Rousseau, lo spazio
privilegiato dell’educazione era quello naturale, ad esempio
la campagna, in quanto contesto reale di vita; mentre
Pestalozzi pensa ad uno spazio organizzato, non casuale,
costruito secondo un principio educativo. Lo spazio
rappresenta una delle variabili che entrano in gioco nella
comunicazione educativa, e proprio per questo, richiede
un’attenzione particolare da parte dell’educatore o
dell’insegnante.
49
Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un modello: la
narrazione, cit., pp. 70-71.
50 Molto spesso si identifica
la progettualità con la programmazione. In realtà come
afferma Wal ter Fornasa ci sono delle differenze tra i due
termini. Progettare è ben differente dal programmare
soprattutto nei presupposti epistemologici che rimandano ad
una “sensibilità” educativa sempre più capace di ridefìnire
i rapporti tra educare ed insegnare, contenuti e relazione,
apprendimento e memorizzazione, controllo ed evoluzione,
valutazione e ruolo costruttivo dell’errore etc.. Tentando,
in qualche modo, di proporre uno schema comparativo si
avrebbe:
Progetto |
Progetto |
Compito specifico |
creatività |
Problem solving |
definizione del problema |
Astratto, simbolico |
storia, corpo |
Universale |
sensibile al contesto |
Centralizzato |
distribuito |
Sequenziale |
gerarchico parallelo |
Mondo
già dato |
mondo posto innanzi |
Rappresentazione |
azione effettiva |
Implementazione attraverso |
implementazione attraverso |
Programmi |
strategie evolutive |
(area
del controllo istruttivo) |
(area dell’organizzazione autonoma) |
Nella prospettiva progettuale, infine, gli obiettivi
non possono essere dati a priori data l’impossibilità
epistemologica di porne di certi, necessari ed universali,
in assenza della relazione educativa tra gli attori. Gli
obiettivi emergono dall’agire strategico del sistema il
quale man mano, progredendo nella costruzione, ri-orienta e
co-orienta di continuo nell’interazione sociale, il proprio
procedere fino ad un nucleo organizzativo provvisoriamente
equilibrato (adattamento intelligente ed equilibrio
maggiorante). Cfr., Walter Fornasa,
La progettualità teatrale: quali
modelli, in Rosa Di Rago,
(a cura di), Emozionalità e teatro.
Di pancia, di cuore, di
testa, Milano, FrancoAngeli, 2008, p.
63.
51 Cfr., Tiziano Loschi, Benessere al
nido. Guida didattica per le strutture della prima
infanzia, Milano, Nicola Milano Editore, 2004, p.
8.
52 Ivi, p. 10.
53 Cfr., Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un
modello: la narrazione, cit., p.
27.
54 Cfr., Tiziano Loschi, Benessere al
nido. Guida didattica per le strutture della prima
infanzia, cit., p.17.
55 La modularità sta
diventando un nuovo modo di organizzare i percorsi di
apprendimento. Per modularità si intende una connessione e
incastro di blocchi didattici sequenziali ed estendibili in
tutte le direzioni, trasversali e interdisciplinari. Il
modulo costituisce una parte omogenea e unitaria di un
percorso formativo disciplinare programmato. Esso realizza
specifiche funzioni e persegue precisi obiettivi cognitivi;
può venire facilmente disinserito, modificato nel contenuto
e/o nella durata, sostituito, al fine di migliorare
l’efficacia del processo formativo in rapporto al variare
delle esigenze. Esso rappresenta una parte riconoscibile ben
organizzata di un tutto, sia quest’ultimo costituito da una
o più discipline o di aree disciplinari; per la sua
realizzazione è necessario effettuare un’attenta analisi
disciplinare o interdisciplinare attraverso l’individuazione
di nuclei fondanti e dei loro legami, la messa a punto di
precisi strumenti di progettazione didattica, una
riflessione sul percorso compiuto dagli allievi. Le
caratteristiche del modulo sono: la predisposizione della
mappa concettuale; la compiutezza e l’omogeneità interna
rispetto all’argomento principale e alla metodologia scelta;
la frammentarietà rispetto al curricolo; l’osservazione
costante sul comportamento cognitivo degli studenti in
quanto le scelte fatte devono essere testate e controllate;
l’esplicitazione delle competenze prefigurate come esiti del
processo di apprendimento; il sistema di verifica;
l’intervento dei recuperi mirati; la certificazione delle
competenze raggiunte. Gli argomenti da trattare devono
essere inerenti a situazioni reali, possibilmente riferiti a
materie verso cui gli stessi alunni hanno dimostrato
particolare dedizione: intorno a esse saranno strutturate le
conoscenze proprie delle discipline coinvolte. La
programmazione modulare riscontra la sua profonda validità
nel fatto di rappresentare un modello sistemico complesso,
reticolare così come si presenta la realtà e di superare
quel modo sequenziale un po’anacronistico di proposta del
curricolo scolastico ancora legato al dominio delle
discipline. Il teatro si presta in maniera ottimale a
un’organizzazione didattica modulare sia per la sua
caratteristica di poter essere strutturato in attività
laboratoriali sia per il fatto di poter isolare gli
argomenti pur garantendo la continuità auspicata dal nuovo
sistema scolastico. L’unità didattica va organizzata
all’interno della programmazione, la quale pertanto
risulterà costituita da progetti articolati in più unità
disciplinari, con input per sviluppi interdisciplinari.
L’organizzazione per unità didattiche si distingue per il
carattere progettuale, che richiede di procedere non solo
alla identificazione di segmenti di contenuto disciplinare
miranti a obiettivi in sé compiuti, ma anche al
coordinamento dei medesimi all’interno di strutture
didattiche più complesse. Non si può stabilire a priori la
lunghezza temporale di una unità didattica; essa può coprire
il tempo limitato di una lezione scolastica oppure varie ore
di attività distribuite nella settimana o nel mese. Ogni
unità didattica comprende, oltre al contenuto, il metodo
adottato, le attività specifiche i materiali necessari e le
forme di verifica previsti per il raggiungimento degli
obiettivi. L’aspetto determinante è la logica connessione
tra obiettivi, situazioni e verifica. Perché possa
rispondere alle esigenze richieste da un ambito specifico
quale è quello scolastico, la programmazione dei contenuti
dei diversi livelli è composta da numerose unità didattiche;
tale soluzione consente di organizzare le attività in modo
che i singoli interventi siano ordinati coerentemente,
traducendo in prestazioni direttamente osservabili gli
obiettivi da raggiungere, comprendendo l’organizzazione
delle diverse proposte in successione e esplicitando la
metodologia scelta, le tecniche, i materiali e i sussidi
adeguati. Cfr., Gaetano Oliva,
Una didattica per il teatro
attraverso un modello: la narrazione, cit., pp.
126-127.
56 Cfr., Tiziano Loschi, Benessere al nido. Guida didattica per le
strutture della prima infanzia, cit., p.
22.
57 Cfr., Cesare Scurati, Italo Fiorin, Dai programmi alla scuola. Principi
pedagogici e metodologici dell’azione didattica,
Brescia, La Scuola Editrice, 1997, p. 141 s.
58 Ivi, p. 85.
59
Cfr., Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un
modello: la narrazione, cit., pp.
127-128.
60
David Silverman, Come fare ricerca qualitativa, Roma,
Carrocci, 2002, p. 44 s.
61 Cfr., Gaetano
Oliva, Il teatro nella scuola.
Aspetti educativi e didattici, cit., p.
149.
62 Ibidem.
63
Maurice Nédoncelle, Vers une philosophie de l’amour et de
lapersonne, Paris, Editions Aubier Montaigne, 1946,
p. 13. Riportato nel testo di Monica
Amadini, Ontologia della
reciprocità e riflessione pedagogica. Saggio sulla
filosofia dell’amore di Maurice Nédoncelle, Milano, Vita e Pensiero, 2001,
p. 240.
64
Luigi Pati, Pedagogia della comunicazione educativa, Brescia,
La Scuola Editrice, 1984, p. 87.
65 63 Gaetano Oliva, Il teatro nella scuola. Aspetti educativi e
didattici, cit., p. 83.
66 Ivi, p. 86.
67 Può
essere interessante come Gino Gori definisce il concetto di
arte: «Arte. Rivelazione di un al di
là, detto contenuto, a mezzo
di una forma bella, vale a dire atta
a suscitare una emozione estetica». Cfr., Gino Gori, Il teatro contemporaneo, cit., p.
3.
68 Cfr., Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un modello: la
narrazione, cit., p. 3.
69 Ivi, p.
132.
70 Ibidem.
71 Ivi, p.
49.
72 Cfr., Gaetano Oliva, Il teatro nella scuola. Aspetti educativi
e didattici, cit., pp. 68-69.
73
Ivi, p. 144.
74 Direttiva
Ministeriale «Direttiva per una scuola accogliente e
creativa» n. 133/96.
75 Cfr., Gaetano Oliva, Il teatro nella scuola. Aspetti educativi
e didattici, cit., p. 147.
76 Cfr., Pierpaolo Triani, Sulle tracce del metodo. Educatore
professionale e cultura metodologica, Milano, ISU,
2002, p. 63. Sempre Triani definisce che la costruzione di
un progetto si basa su nove dimensioni fondamentali: il contesto, la prima dimensione si
può definire “dimensione contestuale” e consiste appunto
nell’avere presente il contesto in cui si andrà ad operare,
bisognerà quindi porsi in ascolto per cogliere i bisogni, le
domande, le risorse, i vincoli. Inoltre il progetto richiede
una contestualizzazione dell’intervento in sintonia con la
reale situazione di riferimento; i
referenti, la seconda dimensione può essere
espressa attraverso la domanda: “con chi?”. La
progettazione, infatti, chiama in causa una serie di
persone: coloro che hanno la responsabilità operativa, i
servizi, le istituzioni e, soprattutto le persone, i gruppi,
le organizzazioni a cui si intende rivolgere l’azione e che
si intende coinvolgere. Ciò significa che chi attua un
progetto deve avere una chiara consapevolezza dei soggetti
in gioco e una presa di posizione in merito ai valori da
trasmettere ai destinatari; la ragione
fondante (il senso), la terza dimensione risponde
alle domande: perché si mette in atto il progetto? Per quale
ragione si chiede alle persone di mettere in gioco le loro
energie? Infatti, ogni progetto viene costruito in base a
delle motivazioni che possono essere diverse a seconda dei
soggetti protagonisti dell’intervento, perché chiamano in
causa in loro orientamento verso la vita. Chiarire le
fondanti di un progetto e creare una base motivazionale
comune che richiama un’attiva partecipazione di tutti,
risulta essere una strategia per la sua buna riuscita; scopi e obiettivi, la quarta
dimensione si può denominare finalistica, essa chiama in
causa della questione del verso quale risultato ci si
intende muovere. Infatti, la progettazione richiede
un’esplicitazione dello scopo che ha una formulazione di
carattere generale («è la finalità, la meta ultima alla
quale il progetto tende, che può essere raggiunta anche in
tempi che superano il progetto in questione». Cfr., Piergiorgio Reggio, La progettazione degli interventi di
animazione di comunità, in «Animazione Sociale»,
10/1993, pp. 72-79.) e, successivamente (durante la frase
più propriamente definita programmazione) la presentazione
degli obiettivi che rappresentano la declinazione operativa,
circoscritta, dello scopo stesso; l’oggetto di lavoro, la quinta dimensione prende
in considerazione su cosa si deve lavorare. L’oggetto di
lavoro può non essere da subito immediato, perciò è
richiesta la collaborazione con altri protagonisti, un
lavoro di equipe che permette di chiarificarsi e comprendere
meglio la situazione in cui si opera; le
procedure, la sesta dimensione implica la questione
del come, è una dimensione pervasiva; la progettazione è,
infatti, un modo di rapportarsi e di agire sulla realtà. Chi
costruisce un progetto si trova sollecitato a considerare un
triplice piano di procedure. Vi è innanzitutto un piano
generale di procedure costituito dallo schema generale di
lavoro con le sue fasi di analisi, ideazione,
strutturazione, esecuzione, conclusione. Vi è quindi il
piano caratterizzato dalle procedure che danno concretezza
ad ogni singola fase, vi sono operazioni per analisi, per il
confronto e così via. Infine vi è il piano in cui
tradizionalmente si pone la questione del come. È il piano
della cosiddetta realizzazione, in cui si attuano specifiche
modalità per lavorare sull’oggetto e raggiungere qualche
risultato. La decisione di realizzare, ad esempio, richiede
la precisazione di quale configurazione dare ad esso e di
quali strategie mettere in atto. La costruzione del progetto
chiama in causa, la sensibilità alla questione metodologica,
la capacità di articolare un quadro coerente di procedure
proprie delle diverse fasi, di definire, in ordine al campo
di intervento, appropriate modalità di azione, di dare
correttezza a queste modalità; l’aspetto
economico, la settima dimensione ha a che fare con
i costi concernenti le risorse e la loro gestione, anche nei
casi in cui la progettazione venga svolta con spirito di
assoluta gratuità. La realizzazione di un progetto comporta
l’impegno di valorizzare al meglio i diversi soggetti con i
loro talenti e le loro energie, di valorizzare i tempi, gli
spazi, gli strumenti, il budget a disposizione. Vi è perciò
una dimensione economica che va di là dal dato monetario.
Essa concorre a determinare i limiti della progettazione e
richiama gli operatori alla necessità di non separare i
desideri dalle possibilità e dalle scelte, all’importanza di
considerare le conseguenze delle azioni in un confronto
aperto con la realtà; la riflessione e la
meta riflessione, l’ottava dimensione è quella
appunto che richiede la riflessione che prevede un agire che
richiede una forte presenza di sé e una forte capacità di
capire come si sta svolgendo la situazione, infatti, per
progettare occorre analizzare, comprendere, definire,
scegliere e comprendere ancora. Se viene meno la dimensione
riflessiva, il progetto perde di intelligenza. Non si tratta
solo di essere riflessivi durante l’azione o di mettere
l’intelligenza a servizio dei singoli momenti del processo:
occorre che la riflessività degli operatori investa la
progettazione nel suo insieme. La centralità della
dimensione riflessiva conduce all’importanza della
valutazione non più intesa come operazione connessa alla
verifica finale, ma come dispositivo organizzativo e
formativo che sostiene tutto il processo. La
meta-riflessione consiste di riprogettare gli obiettivi di
lavoro; l’interazione e la
comunicazione, la nona dimensione prevede la
relazione e la comunicazione: progettare non è solo
questione di analizzare un dato, definire un problema,
prevedere azioni, progettare è tessere rapporti, è attivare
flussi comunicativi con una pluralità di soggetti. Nella
progettazione sociale educativa, la qualità del rapporto non
è solo condizione del funzionamento ma oggetto stesso di
lavoro. Cfr., Ivi, pp. 72-76.
77 Cfr., Gaetano Oliva, Il teatro nella scuola. Aspetti educativi
e didattici, cit., p. 60.
78 Ivi, pp.
58-60.
79 Ivi,
p. 61.
80 Ivi, p.
59.
81 Cfr., Gaetano
Oliva, Una didattica per il
teatro attraverso un modello: la narrazione, cit.,
p. 134.
82 Ibidem.
83 Ivi, p.
133.
84
Cesare Scurati, Italo Fiorin, Dai programmi alla scuola. Principi
pedagogici e metodologici dell’azione didattica,
cit., p. 139.
85
Cfr., Gaetano Oliva, Una didattica per il teatro attraverso un
modello: la narrazione, cit., p. 226
s.
86 Ibidem.
87 Ivi, p. 227.
88 Ibidem.
89
Ivi, p. 228.