Chapitre VII
La ricchezza delle matrone: Ortensia nella dialettica politica al tramonto della Repubblica
p. 175-196
Résumé
Cette étude porte sur un épisode connu de l’époque triumvirale, daté de 42 av. J.-C. : la protestation des matrones romaines portée par Hortensia, fille de Quintus Hortensius Hortalus, et destinée à empêcher Antoine, Octave et Lépide de prélever des fonds pour financer la campagne imminente en Orient contre les Césaricides. L’affaire est relatée par Valère Maxime, Quintilien et Appien. Cette enquête a deux buts : sont étudiés d’un côté la nature et les objectifs spécifiques de l’intervention triumvirale, d’un autre côté les modalités et les raisons de la réaction portée par les matrones. La tonalité conservatrice qui apparaît dans l’oratio prononcée par Hortensia, et probablement concertée avec les hommes politiques de sa famille, ses liens de parenté, l’identité des interlocutrices contactées dans un premier temps par les femmes afin de leur servir d’intermédiaires auprès des leaders césariens suggèrent l’existence d’un lien étroit entre les matrones en action et la sphère pro-républicaine, récemment visée par les triumvirs à travers l’édit de proscription. Un rapport direct entre cette mesure et l’impôt demandé aux matrones transparaît également dans les arguments spécifiques utilisés par Hortensia pour obtenir l’annulation de la mesure : les matrones affirment n’avoir eu aucune part aux responsabilités pour lesquelles leurs parents ont été proscrits. L’analyse de la mesure contre laquelle Hortensia prend la parole, en lien avec d’autres mesures à caractère fiscal prises par les triumvirs à cette période, suggère par ailleurs qu’il ne s’agissait pas ici d’un prélèvement sans but mais qu’il avait au contraire pour intention d’affaiblir le parti adverse qui, bien que frappé par les confiscations dues aux proscriptions, pouvait encore compter sur d’énormes ressources matérielles demeurées précisément aux mains des membres féminins des familles optimates. S’en prendre aux patrimoines considérables des matrones, dans les mains desquelles avaient pu se concentrer des richesses énormes pendant les guerres civiles, était par conséquent une manœuvre politique probablement inéluctable dans la lutte sans merci entre les triumvirs et les Césaricides.
Texte intégral
1Nel 42 a.C. Antonio, Lepido e il giovane Cesare emanarono un provvedimento straordinario1 che avrebbe obbligato millequattrocento matrone a compiere una stima delle loro proprietà e, su questa base, fornire un contributo per le spese militari dei triumviri2. Valutazioni mendaci della consistenza di tali patrimoni avrebbero determinato il perseguimento delle dichiaranti; si sarebbero incentivate delazioni da parte sia di liberi che di schiavi3. Per sottrarsi a tale esazione, le matrone, attraverso una politica concertata, inizialmente tentarono la via della mediazione famigliare, consona alla dimensione femminile: si appellarono alle donne vicine ai triumviri perché rappresentassero le loro istanze presso figli, mariti, fratelli4. Furono accolte da Ottavia, sorella di Ottaviano, e da Giulia, madre di Antonio; furono invece respinte da Fulvia, moglie di quest’ultimo5. Tale rifiuto dovette risultare decisivo perché le matrone si risolsero a presentarsi presso il tribunale dei triumviri nel foro6. Portavoce fu Ortensia, figlia dell’oratore Quinto Ortensio Ortalo, che prese la parola, ottenendo che il provvedimento venisse sostituito da un nuovo intervento riferito a quattrocento matrone7.
2Appiano, la fonte più articolata sulla vicenda, riporta in forma diretta il discorso tenuto da Ortensia. È probabile che la matrona avesse letto o recitato un testo, che almeno nella sua struttura doveva essere stato precedentemente concordato e steso8. Non è possibile appurare con certezza se Appiano si giovasse di un riscontro autoptico di tale originale, in latino, né è dato quantificare l’interferenza dello storico nella redazione da lui attestata, in lingua greca9. Quintiliano testimonia che ai suoi tempi quell’oratio veniva ancora letta: si può quindi ipotizzare una conservazione della stessa presso le scuole di retorica, ove la memoria di Ortensio fu a lungo coltivata. Pare significativo che lo stesso Quintiliano valorizzi l’intervento della donna proprio in relazione alla fama postuma del padre, consolidata grazie al discorso della figlia10, e che Valerio Massimo, frequentatore di quegli ambienti, sulla stessa linea riconosca un legame nella circostanza tra padre e figlia, sostenendo che nel 42 a.C. Ortensia si era limitata a prestare la voce al celebre oratore defunto11. Valerio Massimo, Quintiliano, Appiano, latori di testimonianze diverse, ma non confliggenti, potrebbero aver avuto accesso a materiali utilizzati nelle scuole di retorica, ove l’interesse per Ortensio si coltivava in relazione alle peculiarità stilistiche della sua oratoria, antitetica a quella di Cicerone12. Se così fosse, il discorso in Appiano quantomeno nella sostanza dovrebbe corrispondere alle parole di Ortensia, circostanza fondamentale per interpretare correttamente i fatti.
3Alcuni aspetti della vicenda adombrano una forte connessione tra le matrone scese in piazza e la parte conservatrice della classe dirigente romana. L’episodio si configurerebbe come un tassello della contrapposizione maturata dopo la stipula del secondo triumvirato e prima di Filippi tra cesariani e filorepubblicani: in particolare, da un lato l’esazione pianificata da Antonio, Lepido e Ottaviano nei confronti delle matrone rientrebbe nella politica di annientamento da costoro orchestrata contro i loro nemici politici in primis attraverso l’editto proscrittorio; dall’altro l’azione di Ortensia sarebbe espressione delle diverse modalità di reazione a tali iniziative triumvirali attivate dalla parte conservatrice.
4Una prima considerazione riguarda la matrice del discorso di Ortensia. Probabilmente esso venne concepito con il supporto di quegli uomini di famiglia che, nemici politici, come afferma Ortensia, non potevano ora rappresentare le matrone al cospetto dei triumviri. L’oratio palesa la visione conservatrice del suo estensore. La parola di una matrona in sede pubblica e su questioni politico-finanziarie rappresentava una violazione dei vincoli imposti dalla tradizione all’azione femminile, ma anch’essa poteva essere giustificata da un conservatore: come chiaramente precisa Valerio Massimo, paladino dei valori tradizionali, era stata l’assenza forzata da Roma degli uomini a indurre la matrona a operare in loro vece13 e, come testimonia Ortensia in Appiano, era stato il rifiuto di Fulvia di fungere da mediatrice presso il marito secondo il costume a costringere l’oratrice a percorrere opzioni extra mores14. Analogamente i contenuti del discorso di Ortensia si allineano a un’ideologia di ispirazione conservatrice, in primo luogo in merito al ruolo proprio delle matrone, che in tempi non eccezionali devono opportunamente venire escluse dalla dimensione pubblica, politica, istituzionale e militare. Questa doveva essere la visione di molti conservatori, componente predominante della schiera dei proscritti; proprio ai proscritti Ortensia e le matrone scese in piazza sembra fossero legate da vincoli famigliari. Tali rapporti sono suggeriti dal riferimento della matrona a genitori, figli, mariti e fratelli delle donne da lei rappresentate, accusati di aver agito contro i triumviri e per questo proscritti15. L’analisi dei rapporti di parentela della donna conferma questa coincidenza. Alcuni tra i famigliari di Ortensia furono espressione della factio sillana: il padre, Quinto Ortensio Ortalo16, che probabilmente pronunciò l’orazione nel corso del funerale di Silla17; lo zio materno, Quinto Lutazio Catulo, fratello della madre di Ortensia Lutazia18, strenuo difensore delle riforme sillane e forse proponente del iustitium per la morte del dittatore; il probabile cognato, Lucio Licinio Lucullo, la cui moglie, Servilia, era sorella di colui che la critica identifica nel marito di Ortensia, Quinto Servilio Cepione19. Lucullo, Catulo e Ortensio, le personalità più influenti in senato tra loro legate da solide alleanze politiche, avevano rappresentato tra l’80 e il 60 a.C. una sorta di «trio sillano»20. Zia di Ortensia sembra fosse Valeria Messalina, sorella di Valerio Messalla, marito dell’Ortensia sorella di Ortensio Ortalo, e ultima moglie di Silla21.
5Se questi legami con la generazione precedente alla sua paiono connettere Ortensia alla fazione sillana, altri più genericamente la collocano nell’ambito dell’area conservatrice della classe dirigente romana. Il «patrigno» era Catone il Giovane, simbolo della difesa della causa repubblicana22. Il marito di Ortensia sembra fosse Quinto Servilio Cepione, zio nonché padre adottivo di Marco Giunio Bruto23; potrebbe non essere estraneo alla scelta da parte delle matrone proprio di Ortensia come loro portavoce tale legame parentale con il cesaricida, in questa fase in azione in Oriente per affrontare in armi proprio i cesariani che ora volevano sovvenzionare la guerra con il patrimonio delle matrone. Ortensia aveva un fratello, Quinto Ortensio Ortalo; questi diversamente da Ortensio padre, Cepione e Catulo, nel 42 a.C. era in vita. Partigiano di Cesare dal 49 a.C., aveva assunto pretura e proconsolato di Macedonia; dopo le idi di marzo nel 44 a.C. si era, tuttavia, schierato con la parte conservatrice e aveva disposto l’esecuzione di Gaio Antonio, fratello del triumviro. Era stato allora proscritto nel 43 a.C.24 e dopo Filippi era stato sgozzato da Antonio sulla tomba di Gaio25. Il fratellastro di Ortensia era Marco Porcio Catone, figlio dell’Uticense e della sua prima moglie Atilia. Cognato di Marco Bruto, questo Catone faceva parte della «famiglia allargata» costituita da Marcia, dal suo primo marito Catone, dal suo secondo marito Ortensio e dai figli avuti dai due uomini nel corso dei loro precedenti matrimoni. Dopo la guerra civile era stato perdonato da Cesare; in seguito probabilmente fu proscritto e morì a Filippi26. Ortensia sembra, dunque, espressione di un gruppo famigliare, che nella storia della tarda Repubblica assunse tuttavia anche le funzioni di gruppo politico, di chiara matrice conservatrice.
6Un ulteriore elemento suggerisce un legame tra le matrone scese in piazza e l’area filorepubblicana. Secondo una pratica invalsa, la prima via esperita si sostanziò nella richiesta di mediazione formulata presso le «donne dei triumviri». Le destinatarie di tale sollecitazione furono Fulvia, moglie di Antonio; Ottavia, sorella di Ottaviano; Giulia, madre di Antonio: una sorta di «triumvirato femminile»27. La reazione di costoro appare coerente con l’appartenenza delle loro interlocutrici all’area conservatrice. Il diniego di Fulvia risultò decisivo per il fallimento del tentativo delle matrone secondo il mos28. La matrona, già partecipe della politica romana nel corso dei matrimoni con Clodio e Curione, ora era la vera «prima donna» del triumvirato, come suggeriscono il suo coinvolgimento nella gestione antoniana degli acta Caesaris, la sua condotta mentre rappresentava a Roma il marito impegnato in armi a Modena, il suo ruolo nelle proscrizioni29. Ottavia e Giulia avevano, invece, dimostrato una disponibilità alla mediazione30. La prima era stata coinvolta in quanto sorella di Ottaviano ma forse anche perché nipote acquisita di Marcia, matrigna di Ortensia, che era figlia di Lucio Marcio Filippo, patrigno di Ottavia31. Ottavia, inoltre, era sposata con Gaio Claudio Marcello32 che, pur avendo ottenuto il perdono di Cesare per le sue scelte politiche, manteneva relazioni assidue con la parte filorepubblicana. Ma forse la vera speranza di Ortensia era Giulia33. La donna poteva rappresentare una scelta apparentemente non scontata perché Antonio doveva essere raggiunto già attraverso Fulvia; inoltre i rapporti tra il triumviro e la madre non dovevano essere eccellenti, come testimoniano ad esempio la collocazione di Giulia nel corteo del figlio, che nel 49 a.C. sfilava in Italia al fianco di Citeride e lasciava la madre in coda, e la recentissima protezione accordata da Giulia al fratello Lucio Cesare proscritto proprio da suo figlio34. Proprio questi buoni rapporti con la parte repubblicana facevano presupporre una favorevole disposizione nei confronti delle matrone. Anche la scelta delle potenziali mediatrici sembra, dunque, suggerire una collocazione di Ortensia e del suo agmen matronarum nell’area politica dei conservatori.
7Alcuni elementi interni al discorso di Ortensia sembrano anch’essi connettere le destinatarie del provvedimento fiscale dei triumviri e l’area conservatrice, suggerendo un legame stringente tra il provvedimento nei confronti delle matrone e l’editto proscrittorio, di cui Appiano riporta il testo, probabilmente da lui letto e tradotto come il discorso della matrona, ubicato proprio nella stessa sezione della sua opera35. Parte della strategia di Ortensia sembra fondata sulla dimostrazione che le matrone non si erano rese responsabili di quelle specifiche azioni per le quali invece i loro uomini erano stati proscritti36: il coinvolgimento a vario titolo nel cesaricidio e il ruolo nella dichiarazione di Antonio e Lepido hostes publici37. Così Ortensia pare alludere a circostanze ben precise, e non ricordare in forma generica gli eventi topici di una guerra civile, quando afferma:
Ma se nessuna di noi donne votò che voi foste dichiarati nemici pubblici, né si impadronì con la violenza della vostra casa, o annientò il vostro esercito o trasse a sé un altro esercito, o vi impedì di conseguire una carica pubblica o un onore qualunque, perché dobbiamo condividere le punizioni se non abbiamo collaborato a farvi dei torti38?
8La donna pare in primo luogo riferirsi al provvedimento con cui il 30 giugno del 43 a.C. il senato dichiarò Lepido come già Antonio nemici pubblici, dopo la sconfitta di quest’ultimo a Modena e l’alleanza tra i due in Gallia il 29 maggio39; sembra poi alludere alla conseguente confisca e possibile distruzione delle loro abitazioni40. E’significativo che Antonio in questi anni abitasse la famosa domus rostrata sottratta a Pompeo Magno, il cui possesso era ripetutamente rivendicato da Sesto Pompeo, partner ambìto per la factio filorepubblicana e rifugio sicuro per i proscritti41. E non va dimenticato che mentre Antonio combatteva a Modena, Fulvia era ospitata presso Calpurnio Pisone probabilmente proprio perché la sua casa non veniva reputata sicura e nemmeno proprietà intoccabile di Antonio42.Riferendo dell’annientamento dell’esercito cesariano, Ortensia sembra, poi, alludere alla disfatta di Antonio a Modena ad opera delle truppe del senato e quando menziona la «sottrazione» di eserciti da parte dei repubblicani potrebbe parimenti riferirsi ai soldati al comando di Irzio e Pansa dopo la morte dei due consoli posti dal senato sotto l’autorità non di Ottaviano bensì di Decimo Bruto oppure agli eserciti passati in Oriente agli ordini di Bruto e Cassio proprio nella prospettiva di quello scontro decisivo con i cesariani per cui ora i triumviri imponevano alle matrone tale esazione fiscale43. Pare, inoltre, significativo che tra i reparti trasferiti a Bruto vi fosse una delle legioni che Cesare aveva stanziato in Macedonia, ceduta al cesaricida dal fratello di Ortensia, Quinto Ortensio Ortalo, allora governatore della Macedonia e zio adottivo di Bruto44.
9L’ultimo riferimento che sembra rinviare all’azione dei conservatori contro i cesariani è l’opposizione al conferimento di cariche pubbliche e onori: la magistratura della quale i parenti delle matrone impedirono l’acquisizione potrebbe corrispondere al governatorato della Gallia Cisalpina, che Antonio si era garantito attraverso la lex de permutatione provinciarum cancellata poi dal senato45; l’accenno agli onori potrebbe rimandare all’atteggiamento negativo del senato dopo Modena nei confronti di Ottaviano, circostanza che concorse alla decisione di quest’ultimo di perseguire un accordo con Antonio e Lepido.
10Scagionate da tali colpe, diversamente dai loro uomini, le matrone pertanto dimostravano di non meritare un provvedimento che le avrebbe private della loro stessa dignitas.
11La natura specifica del provvedimento triumvirale contro cui le matrone romane agirono rappresentate da Ortensia non è facile da precisare, in primo luogo per la scarsità di fonti al proposito46, in secondo luogo per la sua natura ambigua.
12Per meglio definire la questione è opportuno rammentare che esso si inquadra in un contesto più ampio di misure attuate in quei mesi, tra la fine del 43 e le prime settimane del 42 a.C., che hanno avuto l’effetto (e forse anche, in parte, l’obiettivo) di provocare un eccezionale spostamento di ricchezze dei ceti superiori tra gruppi e soggetti diversi47.
13Dal momento che l’iniziativa è da datarsi con sicurezza all’inizio del 42 a.C., quindi in una fase di poco successiva ma ben distinta rispetto alla pubblicazione delle prime liste di proscrizione, che avvenne ancora nel 43 a.C., risulta evidente come il punto principale da chiarire sia proprio il rapporto tra proscrizioni48, azione anti-matronale e altri interventi di esazione fiscale di questo periodo.
14La scansione dell’azione triumvirale in questo campo è ricostruibile senza troppe difficoltà in dettaglio grazie alle testimonianze di Cassio Dione e di Appiano. Sulla base della narrazione dello storico bitinico si possono isolare schematicamente due momenti. Il primo, della fine del 43 a.C., prevedeva essenzialmente a sua volta due provvedimenti: le proscrizioni con condanna a morte dei cesaricidi e dei nemici dei triumviri, che si accompagnavano tra l’altro alla confisca dei beni degli stessi49, e l’imposizione di tassazioni straordinarie50. Il secondo momento si data all’inizio del 42 a.C. e in apparenza consiste, a quanto si può capire da Cassio Dione51, in interventi di diversa natura: «proscrizioni» senza condanna a morte, ma con spoliazioni e acquisizione forzosa dei beni di quanti erano iscritti in liste apposite; ripristino (o proroga) di vecchie tasse; introduzione di nuove tasse che colpivano i beni immobili e gli schiavi52 e l’intero patrimonio, sotto forma di una decima sui beni posseduti, dei più ricchi, a prescindere dal rango e dal sesso53.
15Cassio Dione riporta per questi provvedimenti del 42 a.C. specificamente l’intento primario di raccogliere risorse economiche per pagare i soldati, in vista della campagna contro i cesaricidi.
16La narrazione di Appiano, la nostra fonte primaria sui fatti concernenti l’azione di Ortensia, aggiunge alcuni elementi ma ne omette altri.
17Per la fase delle proscrizioni della fine del 43 a.C., Appiano dichiara subito che esse comportavano, oltre che la morte, la confisca dei beni54; per quanto riguarda ulteriori provvedimenti in questa fase, sia pure in una maggiore abbondanza di dettagli, tralascia di menzionare direttamente altri effetti fiscali, ma conferma in modo indiretto alcuni dei particolari riferiti da Cassio Dione quando per esempio cita la possibilità che una parte del patrimonio dei proscritti passasse alle figlie55.
18Più articolata la trattazione appianea dei provvedimenti del 42 a.C.; tralasciando per il momento la misura che colpisce in particolare le donne e che provoca la reazione delle stesse tramite Ortensia, lo storico alessandrino cita un’imposizione fiscale che coinvolge i detentori di ricchezze superiori a 100.000 dracme (= 100.000 denarii, cioè 400.000 sesterzi56), di qualunque status giuridico (cittadini e stranieri), rango e condizione (liberti, sacerdoti), pari al tributum di un anno57 e un prestito (evidentemente forzoso) pari a un cinquantesimo dell’intero patrimonio, sempre limitato a questo gruppo censitario58. Contestuale proprio a queste esazioni sembra l’obbligo imposto a quattrocento donne di operare una stima del patrimonio, chiaramente funzionale a una qualche imposizione fiscale, che nella tradizione è visto come l’esito dell’iniziativa di Ortensia.
19Appiano tuttavia aveva parlato anche, in un passo precedente in cui descriveva in generale il meccanismo delle proscrizioni59, sia in modo indistinto di tasse (εἰσφοράς) che colpivano anche il popolo e le donne, sia di imposte (τέλη) sulle vendite e locazioni (che sono verosimilmente da attribuire a questo periodo) istituite dai triumviri, e più avanti nella sua opera60 sembra accennare anche a una tassa sulle eredità, la cui introduzione è da collocare anch’essa in questa fase.
20Questo è dunque il contesto in cui si colloca il provvedimento che colpisce le millequattrocento donne e che scatena la reazione matronale. A questo proposito si possono formulare alcune considerazioni ulteriori.
21In primo luogo, si può ricordare che lo scopo dichiarato dei triumviri nella scelta di agire contro un certo gruppo di donne, secondo Appiano61, era quello di raccogliere le forti somme necessarie a regolare i rapporti con l’esercito e soprattutto a finanziare la guerra in Oriente contro i cesaricidi. La somma che mancava era ingente e ammontava a 200 milioni di dracme (cioè una cifra uguale in denari); il deficit, sembra di capire, era dovuto in buona parte alla gestione finanziariamente fallimentare delle proscrizioni del 43 a.C., che non avevano prodotto, per una complessa serie di fattori, entrate apprezzabili o comunque sufficienti62.
22In secondo luogo, è indicativo il meccanismo alla base dell’azione triumvirale, ricostruibile in Appiano nelle sue grandi linee senza apparente difficoltà; come già ricordato, esso prevedeva che un gruppo di donne, presumibilmente identificate nominalmente, dovesse presentare una autodenuncia relativa all’ammontare del proprio patrimonio, perché da esso venissero tratte risorse economiche.
23La critica63 fino ad ora ha ritenuto che il progetto iniziale di colpire questo folto gruppo di matrone sia stato modificato in seguito all’intervento di Ortensia, riducendo semplicemente il numero delle donne coinvolte a sole quattrocento; questo passaggio da un provvedimento all’altro presenta tuttavia alcuni aspetti particolari; su di esso è perciò opportuno richiamare l’attenzione per arrivare a una diversa interpretazione dei fatti.
24Innanzitutto occorre ribadire che, sebbene la veridicità della riduzione da millequattrocento a quattrocento donne coinvolte non possa essere affermata con certezza, la logica complessiva degli eventi raccontati da Appiano e anche la testimonianza offertaci dall’unico altro autore che ci trasmette qualche notizia, cioè Valerio Massimo, inducono a pensare che lo storico alessandrino (o la sua fonte), al di là degli intenti retorici, polemici e patetici che pervadono la narrazione in queste pagine, non abbia operato una manipolazione tale da falsificare totalmente la scansione e il senso degli avvenimenti e che in effetti ci sia stato un momento in cui le matrone colpite fossero un certo numero e che in un momento successivo questo numero fosse diverso e minore.
25Se si analizza il testo di Appiano si deve dunque constatare che in sostanza ci siano stati due distinti interventi triumvirali riguardanti i patrimoni femminili: il primo è quello che colpisce le millequattrocento donne; il secondo, del giorno successivo al discorso di Ortensia, invece riguardava una platea più ristretta di quattrocento matrone.
26A un esame attento, si deve però concludere che non può essersi trattato di un mutamento puramente quantitativo.
27L’imposizione riguardante millequattrocento donne appare infatti in Appiano come una misura del tutto isolata; quella ridotta a quattrocento donne sembra invece sostanzialmente una parte di un pacchetto di provvedimenti di natura fiscale più articolato che andavano a colpire una pluralità di soggetti di ogni rango e origine; si accompagnava all’imposizione di tasse e di quello che sembra aver assunto la forma di un tributum, oltre che all’introduzione del prestito forzoso del 2%.
28Questa interpretazione di un provvedimento fiscale generalizzato e in un certo senso unitario in cui era inserita in modo organico anche l’esazione a carico delle quattrocento ricche matrone sembra essere confermata da Cassio Dione, quando ricorda la «decima» sui patrimoni64 riguardante tutti indistintamente (anche le donne), e da Appiano stesso nel passo già ricordato65 in cui si sottolinea l’universalità della pesante tassazione triumvirale (tra cui quella a carico di donne): l’unica notizia circostanziata di tassazione diretta dei patrimoni femminili in questo momento è infatti proprio quella riportata da Appiano e concernente le quattrocento ricche matrone.
29I due provvedimenti dei triumviri rivolti alle donne, prima e dopo la protesta delle matrone, senza dubbio condividevano molti elementi formali; in primo luogo sul piano della base imponibile – cioè il patrimonio immobiliare, almeno a quanto dice il testo del discorso di Ortensia –, ma anche in relazione al procedimento di autodenuncia del patrimonio e delle multe che seguivano a dichiarazioni menzognere che viene riportato nel dettaglio da Appiano per le «proscrizioni fiscali» alle millequattrocento donne (presumibilmente passato anche all’esazione a carico delle quattrocento matrone) e da Cassio Dione in modo praticamente identico per quanto riguarda la «decima» imposta a tutti.
30Al di là di queste importanti somiglianze, tuttavia, vi sono alcuni particolari non irrilevanti che lasciano vedere una situazione meno omogenea tra i diversi provvedimenti di quei giorni e anche tra i due riguardanti espressamente le donne.
31In primo luogo, stando al testo di Appiano, le millequattrocento destinatarie iniziali sono definite genericamente come donne che si distinguevano per la loro ricchezza66, mentre le quattrocento coinvolte dal secondo provvedimento, se si ammette che quest’ultimo fu parte di un intervento complessivo che colpiva, come scrive Cassio Dione, i patrimoni sia di uomini che di donne67, è plausibile che fossero state incluse sulla base degli stessi criteri censitari molto più precisi, vale a dire come le detentrici di patrimoni superiori a 400.000 sesterzi, cioè come tutti gli altri individui coinvolti.
32In secondo luogo, sempre aderendo al testo appianeo, per le millequattrocento donne inizialmente coinvolte non era prevista esplicitamente né una obiettiva aestimatio né una aliquota di tassazione ben determinata, ma una somma (o frazione del patrimonio) che ciascuna avrebbe dovuto versare decisa dai triumviri in base a principi non pubblicizzati, che sarebbero potuti quindi essere del tutto arbitrari e non uniformi68. Se si aggiunge la già ricordata pericolosa clausola della persecuzione di denunce menzognere o ritenute tali, che minacciava confische pesantissime69, si capisce bene come le millequattrocento matrone che avevano trovato il loro nome scritto sulle tavole fossero prive di ogni possibilità di tutelare i propri interessi patrimoniali nei confronti dei triumviri, anche al di là dello stato di eccezionalità del momento.
33La metamorfosi sostanziale dell’azione dei triumviri nei confronti delle matrone avvenuta dopo l’intervento delle donne, nel Foro e con vie più private, appare confermata inoltre, in un certo senso, dalla tradizione stessa del «successo» di Ortensia, tradizione che non è solo appianea. Una semplice riduzione del numero delle donne colpite dall’esazione fiscale non sembra un buon motivo – tanto più che è plausibile che le quattrocento donne ancora coinvolte potessero potenzialmente essere le più influenti, vale a dire le stesse che avevano proposto e guidato l’azione di protesta – per ritenere che la vicenda avesse avuto un esito positivo; un risultato molto più significativo sarebbe stato raggiunto con il ritiro di un provvedimento chiaramente vessatorio nei confronti delle matrone e la sua riformulazione in termini più accettabili, con l’introduzione di alcune tutele formali costituite da termini precisi riguardanti i criteri della selezione dei soggetti interessati (il superamento di una soglia di censo) e l’ammontare del prelievo (pur con tutti i limiti dovuti agli abusi diffusi in quel frangente).
34Sebbene ovviamente si debbano considerare da un lato molti elementi che ne potrebbero inficiare l’attendibilità e dall’altro le possibili distorsioni operate da chi compose il testo che ci è stato tramandato, sono rilevanti ai fini dell’interpretazione della natura del primo provvedimento anche alcuni passaggi del discorso di Ortensia stessa.
35In particolare Ortensia, come già ricordato, enfatizza il fatto che il provvedimento dei triumviri nei confronti delle millequattrocento donne è percepito tendenzialmente come un atto punitivo; si afferma in modo molto netto che le donne in rappresentanza delle quali Ortensia parla sono sottoposte a una esazione perché ritenute responsabili di torti nei confronti dei triumviri, come i loro mariti, fratelli, padri, figli proscritti. L’idea che domina le prime righe del discorso non è pertanto la denuncia dell’imposizione di una tassazione ingiusta, ma quella di una sopraffazione ingiustificata, motivata dall’odio politico nato tra gli uomini.
36Naturalmente l’assimilazione tra tassazione e proscrizioni potrebbe essere in parte strumentale, per introdurre l’idea che qualsiasi imposizione fiscale che colpisse i patrimoni femminili fosse un atto violento (e l’argomento è sviluppato in particolare nella seconda parte dell’orazione); cionondimeno essa è confermata dallo specifico uso linguistico di Appiano, ma anche di Cassio Dione70, e può pertanto essere un elemento non privo di basi reali.
37Se, come si è suggerito, il primo provvedimento nei confronti di millequattrocento ricche matrone non era configurato come una misura fiscale «normale» e presentava invece caratteri punitivi, in parte corretti dagli interventi successivi, bisogna pensare che esso non fu dettato da scelte casuali, ma che fu legato con ogni probabilità alla specifica composizione del gruppo femminile interessato, e se, come si è già sottolineato71, almeno alcune delle donne coinvolte, e Ortensia prima tra tutte, avevano dei legami famigliari molto stretti con i proscritti, è facile intuire quali considerazioni abbiano influito sulle decisioni dei triumviri in questo frangente.
38Antonio, Ottaviano e Lepido avevano più di un motivo per elaborare questa azione; sicuramente rilevante doveva essere, come ci dicono le fonti, la necessità di acquisire ricchezza mobile, ma a questo elemento si doveva aggiungere l’esigenza di operare in modo da selezionare con cura i gruppi che avrebbero dovuto fornire, forzosamente, le risorse economiche indispensabili al perseguimento degli obiettivi politici triumvirali, anche con il fine di indebolire i sostenitori degli avversari politici.
39Dopo la prima ondata di proscrizioni del dicembre 43 a.C. probabilmente le possibili fonti di acquisizione di ricchezze provenienti dai gruppi anticesariani o semplicemente ottimati si erano ridotte, ma i risultati concreti delle operazioni di eliminazione fisica dei proscritti e dell’annientamento della loro base economica erano stati secondo Cassio Dione e Appiano decisamente deludenti sul piano del reperimento di fondi72.
40Con ogni evidenza, rimaneva, tuttavia, proprio concentrato in Italia, un non disprezzabile nucleo di ricchezze non ancora sfruttato dai triumviri, se non in minima parte, e di questo nucleo una porzione consistente era per di più legata ai cesaricidi e agli ottimati in genere: si trattava dei patrimoni riconducibili agli esponenti di sesso femminile delle famiglie stesse dei proscritti.
41L’esistenza di cospicui patrimoni femminili non era, come è noto, un fatto recente73, ma alcuni elementi suggeriscono che si sia registrata una ulteriore concentrazione di ricchezze nelle mani di alcune matrone proprio nel momento in cui la lotta politica aveva assunto modalità più violente.
42L’esplosione dei conflitti civili a Roma aveva avuto infatti non solo conseguenze importanti sulla sopravvivenza di molti esponenti maschili delle gentes impegnate in politica, ma anche rilevanti ricadute sulla consistenza e l’esistenza stessa dei patrimoni famigliari, come effetto di condanne, confische e, soprattutto, dall’epoca sillana, proscrizioni. Alcune famiglie avevano visto, in conseguenza di atti politici ostili, annientata la loro base economica, con tutte le conseguenze sul piano politico74.
43Nell’ambito dell’aristocrazia e degli equites vi erano tuttavia dei patrimoni che di solito sfuggivano del tutto o quasi alle spoliazioni dovute a rivolgimenti politici, vale a dire i patrimoni detenuti dalle donne, anche quelle delle famiglie maggiormente implicate nella contesa politica; di norma le donne non erano infatti coinvolte direttamente nelle proscrizioni e i loro beni non erano quindi assoggettabili alle confische ad esse legate, se non in parte ridotta75.
44Per effetto di questa dinamica i patrimoni femminili non solo potevano incrementarsi per i più diversi motivi (acquisizioni, eredità, ecc.), ma anche, trovandosi al sicuro dalle grandi ondate di confisca come dalla gran parte degli effetti delle vendette politiche, tendevano a una stabilità sul medio-lungo periodo maggiore di molti patrimoni, anche ingenti, maschili. La separatezza sancita dalla legge tra i patrimoni dei coniugi76 metteva in particolare al sicuro anche le mogli da confische e spoliazioni che colpivano i loro mariti.
45L’esperienza delle proscrizioni sillane in particolare doveva aver reso molto chiaro che grandi patrimoni potevano passare in modo improvviso di mano (e i parenti di Ortensia ne dovevano aver fatto esperienza diretta77) e acuito la sensibilità a questo riguardo. Ma l’epoca sillana aveva anche mostrato che queste risorse economiche, al sicuro dalle vendette politiche, potevano rappresentare un elemento non trascurabile nella lotta politica stessa; una notizia tramandataci da Appiano78 ci mostra infatti chiaramente che in alcuni casi le ricchezze nella disponibilità femminile potevano essere usate concretamente per sostenere la lotta della parte a cui aderivano le famiglie delle donne.
46In questa prospettiva, il provvedimento adottato dai triumviri all’inizio del 42 a.C. nei confronti di un nucleo consistente di donne acquista un nuovo significato. Nell’insieme, le donne delle famiglie collegate più o meno strettamente con i cesaricidi e con i loro simpatizzanti e sostenitori dovevano disporre di ingenti capitali, sotto forma di beni immobili e mobili, che rappresentavano per i triumviri da un lato una opportunità di mettere le mani sulle risorse finanziarie necessarie alla loro politica, dall’altro un pericolo reale che tali risorse servissero a sostenere la parte avversaria79.
47Nel momento in cui si apprestavano a condurre la campagna militare in Oriente, come appare chiaro anche dall’editto di proscrizione80, essi non volevano logicamente lasciarsi alle spalle, in Italia, alcuna forza avversaria in grado di minacciare il loro potere e di risollevare le sorti della factio anticesariana, tanto più che Sesto Pompeo in Sicilia non era stato sconfitto.
48In questa prospettiva si capisce bene che qualsiasi ricorso alle confische e alle spoliazioni come arma politica, caratteristica importante di questi provvedimenti come è stato ben dimostrato anche recentemente81, non poteva necessariamente prescindere da un intervento duro sulla componente femminile della parte avversa, con un’azione inedita e che, per la sua novitas, non passò inosservata né senza reazioni, in primis da parte delle matrone stesse, appoggiate però, a quanto sembra, da altre componenti della società romana82.
49La vigorosa risposta delle matrone nei confronti dei triumviri appare d’altra parte senza dubbio più motivata in termini di una replica a un atto politico ostile che a una pura imposizione fiscale sui patrimoni, benché priva di precedenti.
50Per le donne coinvolte, come per la componente maschile, un forte prelievo sui beni immobili, come si legge nel discorso pronunciato da Ortensia, rappresentava comunque in sé potenzialmente un grave pericolo per la consistenza dei patrimoni nella loro interezza, vista la struttura stessa della maggior parte di essi, in cui la componente di ricchezza mobile era molto limitata e le proprietà immobiliari potevano essere gravate da debiti83. Tasse sui beni immobili comportavano di fatto la necessità di venderne una parte, ma nella congiuntura specifica ogni tentativo di alienare terre o edifici si traduceva di fatto inevitabilmente in una svendita con sostanziali perdite.
51Per le donne tuttavia, prive normalmente di altre fonti di reddito rispetto alle rendite, e in quel momento senza il supporto dei parenti di sesso maschile, un atto di questo genere poteva avere conseguenze distruttive, perché non avrebbe lasciato possibilità di recupero negli anni successivi, tanto più se, come sembra per le prime millequattrocento matrone, l’imposizione fosse dovuta avvenire in un quadro privo di regole certe. La riduzione drastica delle disponibilità economiche avrebbe significato infine la radicale messa in discussione del loro ruolo sociale84.
52Abbiamo solo notizie frammentarie sugli effetti dei provvedimenti fiscali triumvirali che colpivano specificamente i patrimoni femminili, così come degli altri patrimoni in questo periodo85.
53Alcune matrone, anche strettamente collegate alla parte anticesariana, e quindi potenzialmente le più esposte, continuarono a detenere ingenti ricchezze, come è il caso di Giunia Terza, moglie del cesaricida Cassio, che è ricordata da Tacito86 in occasione del suo funerale come matrona facoltosa. In molti altri casi – e anche per quanto riguarda i beni, presumibilmente cospicui87, di Ortensia – non sappiamo nulla; quello che appare tuttavia evidente è che i suoi parenti di sesso maschile uscirono molto danneggiati dalla stagione delle proscrizioni e delle confische, se, come sembra, alcuni discendenti dell’oratore Ortensio in epoca augustea non erano più in grado di conservare il loro rango88.
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 Le p. 175-183 sono di Fr. Rohr Vio; le p. 183 (dalla frase «La natura specifica del provvedimento triumvirale…»)-192 sono di T. M. Lucchelli. La bibliografia è comune. Sulla vicenda vedi Val. Max., 8.3.3; Quint., inst., 1.1.6; App., BC, 4.32.135-146; vedi Malcovati, 1976, p. 330-331, nr. 93. Per la cronologia al 42 a.C., Peppe, 1984, p. 17; Cantarella, 1996, p. 88; Sumi, 2004, p. 197.
2 Val. Max., 8.3.3, individua il destinatario del provvedimento nell’ ordo matronarum, «categoria» per la quale vedi Gagé, 1963, p. 100-131; Boëls-Janssen, 1993, p. 275-281.
3 Per aspetti diversi, tra cui questo, l’iniziativa di esazione riproduce modalità adottate nell’editto di proscrizione; in proposito vedi infra. Schiavi e liberti costituivano il personale domestico informato sulla situazione patrimoniale delle matrone: attraverso tale disposizione i triumviri forse auspicavano di ottenere informazioni ma anche di compromettere i rapporti di fiducia che tradizionalmente intercorrevano all’interno delle gentes romane, destabilizzando gli equilibri sociali.
4 Per tradizione le donne assolvevano alla funzione di mediatrici presso gli uomini della loro famiglia, come attesta un’articolata casistica. Per la tarda repubblica vedi Rohr Vio, 2016b, p. 108-111.
5 Cenerini, 2009, p. 66 rileva come l’indisponibilità di Fulvia si configurasse come violazione del tradizionale dovere dell’ospitalità. Sulle possibili ragioni di tale diniego vedi infra.
6 L’azione collettiva delle matrone in sede pubblica vantava dei precedenti, tra cui le pressioni femminili per l’abrogazione della lex Oppia, nel 195 a.C. Tali fatti nella descrizione di Liv., 34.1-8 palesano analogie con gli eventi del 42 a.C., forse imputabili al carattere esemplare assunto post res dagli eventi del 195 a.C., forse invece riconducibili a un’omologazione costruita a posteriori dalle fonti. Sull’azione corale femminile vedi Hemelrijk, 1987, p. 217-240; per la memoria di questi episodi nell’opera di Livio Mustakallio, 1999, p. 53-64. Cluett, 1998, p. 69, riconduce gli interventi femminili attestati per l’età del secondo triumvirato a tre tipologie: proteste e appelli ai triumviri; azioni di potere politico e militare; assistenza nelle negoziazioni diplomatiche.
7 App., BC, 4.32.146.
8 In merito ai possibili estensori vedi infra.
9 App., BC, 4.32.137-144. Sulla tipologia specifica di questo discorso, definito in Quint., inst., 1.1.6, un’ oratio e in Val. Max., 8.3.3, genericamente verba, vedi Sumi, 2004, p. 197-198. Sui discorsi nel testo appianeo Gowing, 1992, p. 236, che ne rileva l’abbondanza, per l’età triumvirale, rispetto al numero ridotto in Dione, e che suggerisce, p. 245, che lo storico si sia giovato per molti di essi di un riscontro autoptico, intervenendo solo attraverso adeguamenti dello stile ai parametri delle scuole di retorica. Per il metodo di lavoro e le fonti di Appiano vedi anche Sordi, 1985, p. 301-316; Gowing, 1990, p. 158-181.
10 Quint., inst., 1.1.6: «Hortensiae Q. filiae oratio apud triumviros habita legitur non tantum in sexus honorem» («L’orazione tenuta da Ortensia, figlia di Quinto, davanti ai triumviri si legge ancora non solo per omaggio al sesso»). Per l’approccio di Quintiliano all’oratoria vedi Glenn, 1997, p. 59-61.
11 Val. Max., 8.3.3: «Revixit tum muliebri stirpe Q. Hortensius verbisque filiae aspiravit, cuius si virilis sexus posteri vim sequi voluissent, Hortensianae eloquentiae tanta hereditas una feminae actione abscissa non esset» («Parve allora rivivere nella figlia Quinto Ortensio ed ispirarne le parole: del quale se i posteri di sesso maschile avessero voluto imitarne l’efficacia, la grande eredità dell’eloquenza di Ortensio non sarebbe finita con la sola orazione di una donna»). L’apprezzamento che l’autore riserva a un’iniziativa palesemente contraria alla tradizione come quella di Ortensia potrebbe ricondursi alla volontà di non denigrare la figlia di un uomo noto e apprezzato in ambienti da lui frequentati. Per l’attenzione di Valerio Massimo nei confronti dell’età triumvirale e il favore nei confronti dei proscritti vedi Cogitore, 2003, p. 355 e 361.
12 Sull’utilizzo da parte di Appiano dei materiali conservati presso le scuole di retorica vedi Gowing, 2012, p. 254. Appiano potrebbe essere venuto a conoscenza del discorso di Ortensia attraverso l’amico Frontone, che coltivava interessi di retorica e, non condividendo il gusto di Cicerone, forse, in prospettiva antitetica, poteva invece apprezzare Ortensio. Diversamente Pomeroy, 1975, p. 175, ritiene che il discorso riportato da Appiano sia l’esito di una rielaborazione retorica del II secolo d.C. che recepì i passaggi fondamentali delle parole di Ortensia. Bengtson, 1972, p. 4-6, senza tuttavia riferirsi specificamente a questo discorso, ipotizza una possibile generale dipendenza di Appiano da Asinio Pollione.
13 Val. Max., 8.3.3. È noto come il mos maiorum precludesse alle donne l’uso della parola a fini politici, tema su cui vedi Cantarella, 1996, p. 13-15 e 83-98. L’assenza degli uomini era conseguenza delle proscrizioni, che scardinavano gli equilibri interni alle domus: così Cluett, 1998, p. 71-72; nemmeno i tutori, almeno formalmente tenuti a rappresentare le donne, potevano agire in loro rappresentanza: in questi mesi si stava producendo l’epurazione di una parte politica, inibita da qualsiasi intervento pubblico.
14 App., BC, 4.32.137.
15 App., BC, 4.32.138: «ὑμεῖς δ’ἡμᾶς ἀφείλεσθε μὲν ἤδη γονέας τε καὶ παῖδας καὶ ἄνδρας καὶ ἀδελφοὺς ἐπικαλοῦντες, ὅτι πρὸς αὐτῶν ἠδίκησθe» («Voi ci avete già tolto genitori e figli, mariti e fratelli che incolpate di avervi fatto dei torti»); 139: «εἰ μὲν δή τι καὶ πρὸς ἡμῶν, οἷον ὑπὸ τῶν ἀνδρῶν, ἠδικῆσθαί φατε, προγράψατε καὶ ἡμᾶς ὡς ἐκείνους» («Se voi dite di essere stati trattati male da noi come dai nostri uomini, proscrivete anche noi, come loro») con il significativo utilizzo del verbo tecnico προγράφω, che si riferisce a bandi pubblici ma, nel caso specifico di questo contesto cronologico, rimanda, come comunemente accettato, alla procedura proscrizionale. Così Migliario, 2009, p. 56.
16 Su Ortensio vedi Sumner, 1973, p. 122-123; Gruen, 1974, p. 51-53; Corbier, 1991, p. 655-701.
17 Sull’identificazione alternativamente in Quinto Ortensio Ortalo, Lucio Marcio Filippo, Quinto Lutazio Catulo, tutti, comunque, in vario modo legati a Ortensia, Blasi, 2012, p. 23 e note 43 e 45 con bibliografia.
18 Lutazia era figlia di Servilia e di Quinto Lutazio Catulo (cos. 102). Su Catulo vedi Gruen, 1974, passim. Sul ruolo nel iustitium per Silla vedi Blasi, 2012, p. 14. 19.
19 Su Lucullo vedi Keaveney, 1992; Zecchini, 1995, p. 592-607; Ash, 2006, p. 355-375 che esamina il personaggio come modello per il ritratto tacitiano di Corbulone.
20 Così Gruen, 1974, p. 57.
21 Plu., Sull., 35.5-10; Blasi, 2012, p. 72, nota 174; Letzner, 2000, p. 314, nota 77. Al figlio della sorella Ortensia e di Valerio Messalla Ortensio in un primo tempo destinò la sua eredità, diseredando per immoralità il figlio Quinto Ortensio Ortalo, che poi fu reintegrato ma venne proscritto (Val. Max., 5.9.2). Valeria, che nell’80 a.C. sposò Silla a 25 anni, era nata intorno al 105 a.C. Vedi Hinard, 2003, p. 22.
22 Catone era il primo marito di Marcia, seconda moglie del padre di Ortensia. Vedi Rohr Vio, 2016a, p. 61.
23 Vedi Münzer, 1963, p. 342-347 e Syme, 1960, p. 23-24 che, sulla base di ILS 9460, identificano il marito di Ortensia, zio e padre adottivo di Bruto, nel Servilio Cepione morto nel 67 a.C. (Plu., Cat. Mi., 11). Secondo Hinard, 1985, p. 476 e nr. 64 questa identificazione presupporrebbe una Ortensia ben più anziana. Il marito di Ortensia potrebbe essere il Servilio Cepione, fratellastro di Servilia per parte di padre, identificato da Geiger, 1973, p. 143-156 come padre adottivo (nonché zio) di Bruto, che avrebbe adottato il nipote nel 59 a.C. e sposato Ortensia all’incirca nella stessa data; vedi Corbier, 1992, p. 889-890.
24 Probabilmente in seguito alla proscrizione la dimora di Ortensio, ereditata dal figlio, venne confiscata e rientrò nei possedimenti di Ottaviano, che vi si trasferì compiendo nel 36 a.C. interventi di ristrutturazione radicale. Tra le proprietà di cui egli entrò in possesso, solo la casa di Ortensio e quella di Catulo non vennero abbattute ma comprese in un unico complesso in cui il futuro Augusto risiedette. Vedi Corbier, 1991, p. 655-701. Vedi anche Gros, 2009, p. 172.
25 Liv., perioch., 124; Vell., 2.71.2-3; Plu., Brut., 28.1. Sulla morte di Quinto Ortensio Ortalo vedi anche Syme, 1960, p. 205.
26 Plu., Cat. Mi., 73; Brut., 49; App., BC, 4.135.571. Sulla probabile proscrizione vedi Hinard, 1985, nr. 109, sulla morte vedi Syme, 1960, p. 205. Sui figli di Catone vedi Flacelière, 1976, p. 293-302.
27 Su tale richiesta di mediazione vedi Boëls-Janssen, 2008, p. 258.
28 Su Fulvia, Rohr Vio, 2013.
29 Cluett, 1998, p. 73, rileva come Fulvia avesse tutto il vantaggio a rinforzare il triumvirato da cui derivava il suo potere. Va rilevato, inoltre, come la presenza di Ortensia nel foro e la sua ingerenza in questioni pubbliche avrebbe aperto la strada della politica anche ad altre donne, potenziali concorrenti di Fulvia. Sulle ragioni del rifiuto di Fulvia, attiva a tutela del marito, vedi Cluett, 1998, p. 82; vedi anche Babcock, 1965, p. 4-5, e Delia, 1991, p. 197-198. L’enfatizzazione del ruolo decisivo di Fulvia potrebbe non essere estranea all’u-tilizzo da parte delle fonti sulla vicenda dei materiali delle scuole di retorica, la cui prima codificazione potrebbe risalire alle fasi precedenti Azio, in cui la propaganda ottavianea stava costruendo la demonizzazione di Antonio e il suo ruolo nelle proscrizioni aveva un peso particolare in tale operazione: vedi Migliario, 2009, p. 60.
30 Come attestano Plu., Ant., 53, e Dio Cass., 47.7.4-5, Ottavia utilizzò il suo rapporto con Ottaviano per aiutare le mogli dei proscritti. Vedi Cluett, 1998, p. 80. Secondo Cluett, 1998, p. 74-75 Giulia e Ottavia avevano una fama di mediatrici; in realtà le decisive mediazioni di Giulia e Ottavia presero corpo in fasi successive.
31 Cosi, 1996, p. 255-272; Bartels, 1963, p. 14-28; Gafforini, 1994, p. 109-134; Fischer, 1999, p. 67-136.
32 Ottavia aveva sposato Marcello intorno al 54 a.C. Sul matrimonio vedi Cic., Phil., 3.6.17; Suet., Iul., 27.1; Plu., Ant., 31.2; Plu., Marc., 30.6. Marcello, pretore nel 53 a.C., fu console nel 50 a.C. (App., BC, 2.26.100-101; Dio Cass., 40.59.4). Sul personaggio Broughton, 1952, II, p. 228 e 247; Münzer, RE III 2, 1899, nr. 216, cc. 2734-2736, s.v. C. Claudius Marcellus.
33 In merito a Giulia madre di Antonio vedi Cresci Marrone, 2013, p. 15-16 e Ead., 2000, p. 18-21.
34 Sulla vicenda Rohr Vio, 2014, p. 106-109.
35 Per la genesi del testo dell’Editto in Appiano vd. App., BC, 4.11.45, su cui Migliario, 2009, p. 57-58. Peppe, 1984, p. 17-18, connette la vicenda di Ortensia alle proscrizioni.
36 Sumi, 2004, p. 201 rileva che Ortensia parlava da quei Rostri presso i quali erano state esposte la testa e la mano del proscritto Cicerone.
37 Sulla dichiarazione di Lepido e Antonio hostes publici vedi Allély, 2008, p. 609-622.
38 App., BC, 4.32.139: «εἰ δὲ οὐδένα ὑμῶν αἱ γυναῖκες οὔτε πολέμιον ἐψηφισάμεθα οὔτε καθείλομεν οἰκίαν ἢ στρατὸν διεφθείραμεν ἢ ἐπηγάγομεν ἕτερον ἢ ἀρχῆς ἢ τιμῆς τυχεῖν ἐκωλύσαμεν, τί κοινωνοῦμεν τῶν κολάσεων αἱ τῶν ἀδικημάτων οὐ μετασχοῦσαι».
39 Sulla guerra di Modena vedi Manfredi, 1972, p. 126-146. Sul dibattito a Roma sulla posizione di Antonio vedi Matijević, 2006, p. 313-324. Il riferimento alla dichiarazione di Antonio e Lepido hostes publici nel discorso rappresenta un’ulteriore connessione tra i fatti del 42 a.C. e l’editto proscrittorio, che si configurò come vendetta nei confronti dei senatori, soprattutto consolari, responsabili della condanna dei due cesariani: vedi Bengtson, 1972, p. 19-20.
40 Al verbo καθαιρέω si può attribuire l’accezione di «sottrarre» (deicere, deturbare, deducere, capere) o di «distruggere» (destruxere, corripere): TGrL V, p. 757-759. Nella tarda repubblica in altre occasioni erano state assalite e devastate abitazioni di nemici politici. Così, ad esempio, era avvenuto nel 52 a.C., in occasione dei funerali di Clodio, quando erano state attaccate le domus dell’interrex Lepido e di Milone: Ascon., Mil., 5.13; in proposto Boëls-Janssen, 2008, p. 230 e nota 19; Roller, 2010, p. 117-180.
41 Vedi Guilhembet, 1992, p. 787-816.
42 Vedi Rohr Vio, 2013, p. 90-91.
43 In merito alla situazione in Oriente vedi Cic., epist., 12.12.2-4; Cic., Phil., 10.4.9-6 e 14; Plu., Brut., 24-25; App., BC, 3.79.321-324 e 4.75.316-318.
44 Su tali circostanze vedi Cristofoli, Galimberti, Rohr Vio, 2014, p. 119.
45 Per la lex de permutatione provinciarum e la successiva guerra di Modena vedi Matijević, 2006, p. 238-272.
46 Per un elenco delle fonti vedi nota 1.
47 Canfora, 1980, p. 430.
48 Sulle proscrizioni triumvirali vedi, in generale, Bengtson, 1972; Canfora, 1980; Hinard, 1985.
49 Nell’edictum di proscrizione così come è tramandato in Appiano (BC, 4.8.31-11.44) non era prevista esplicitamente la confisca dei beni dei proscritti, tuttavia, come nota anche Hinard, 1985, p. 255-256, essa era una conseguenza diretta delle proscrizioni stesse; d’altra parte secondo Cassio Dione (47.14.1) erano previste forme di tutela patrimoniale per i parenti dei condannati (mogli e figli, di entrambi i sessi), sebbene, come nota lo storico, tali tutele fossero ampiamente disattese.
50 Per Cassio Dione (47.14.2-3) si doveva pagare l’equivalente di un anno di affitto delle case locate da parte dei proprietari e una somma pari alla metà del valore di affitto delle case di proprietà, versando inoltre metà dei prodotti dei fondi agricoli; si imponeva anche il mantenimento diretto dei reparti militari da parte delle città dove essi stazionavano.
51 Dio Cass., 47.16.1-5.
52 In Appiano (BC, 5.67.282) abbiamo un accenno a questa tassa, con la cifra di 25 dracme (= 25 denari) per schiavo.
53 Si noti che la tassazione sul patrimonio, formalmente di un decimo, avveniva secondo Cassio Dione con un procedimento di autodenuncia che si prestava alla contestazione da parte dei triumviri e quindi all’imposizione di forti multe che portavano nei fatti a esazioni molto più consistenti; lo storico riporta inoltre un’altra disposizione connessa ma di non facile interpretazione (si concedeva a quanti erano colpiti dall’imposizione fiscale un terzo dei beni se rinunciavano spontaneamente ai restanti due terzi) e quindi una breve analisi degli effetti sui patrimoni (Dio Cass., 47.17.1-4).
54 App., BC, 4.5.20.
55 App., BC, 4.18.72, a proposito dell’episodio che coinvolge Toranio.
56 Ovvero il reddito che identificava l’ordine equestre; vedi Magnino, 1998, p. 184.
57 Su queste misure si veda Nicolet, 1976, p. 89-90; Scuderi, 1979; Woyteck, 2003, p. 405-406.
58 App., BC, 4.34.146.
59 App., BC, 4.5.19.
60 App., BC, 5.67.282; si veda anche Gabba, 1970, p. 113.
61 Si deve notare che nella narrazione di Appiano (BC, 4.32.135) è stabilito un legame logico ed esplicito tra la dichiarazione da parte dei triumviri della necessità di contribuzioni per la guerra e la pubblicazione della lista dei nomi delle millequattrocento ricche donne coinvolte nel provvedimento.
62 Si veda App., BC, 4.31.134, riguardo ai proventi, deludenti, delle proscrizioni del 43 a.C.
63 Così, e. g., Pomeroy, 1975, p. 176; Scuderi, 1979, p. 360-361; Bauman, 1992, p. 82; Osgood, 2006, p. 540; Treggiari, 2007, p. 149; Cambria, 2009, p. 352; Welch, 2011, p. 312.
64 Dio Cass., 47.16.4.
65 App., BC, 4.5.19.
66 App., BC, 4.32.135: «γυναῖκας αἳ μάλιστα πλούτῳ διέφερον».
67 Dio Cass., 47.16.4: «ἀνδρῶν ὁμοίως καὶ γυναικῶν».
68 L’espressione usata da Appiano (BC, 4.32.135: «ὅσον ἑκάστην οἱ τρεῖς δοκιμάσειαν» [«ciascuna quello che i triumviri avrebbero stabilito»]) suggerisce anzi un trattamento «personalizzato»; si veda al proposito anche Scuderi, 1979, p. 360.
69 Si veda in particolare Dio Cass., 47.16.5, sugli effetti di questa prassi per quanto riguarda il pagamento della «decima».
70 Come già rilevato, Appiano (BC, 4.32.135) utilizza il termine tecnico προγράφω (si veda Magnino, 1998, p. 182); Cassio Dione (47.16.1-4) parla di tavole (λευκώματα) su cui erano scritti i nomi delle persone coinvolte nelle esazioni fiscali (tra cui anche donne).
71 Si veda quanto detto sopra circa i legami tra Ortensia e molti esponenti ottimati, tra i quali alcuni di primissimo piano in quel momento, come Marco Bruto o il fratello Ortensio.
72 Cassio Dione (47.16.2) ricorda l’urgente bisogno di denaro dei triumviri in quel frangente e poco oltre (47.17.3-4) gli effetti negativi sui prezzi (e quindi sulle entrate delle aste dei beni dei proscritti) conseguenti alla grande massa di proprietà coinvolte nelle spoliazioni. Appiano (BC, 4.31.134) oltre a confermare questo particolare menziona la cifra esatta del deficit (200 milioni di denari).
73 Sul fenomeno della concentrazione di ricchezze in mano femminile vedi Dixon, 1983; Dixon, 1984; Cluett, 1998, p. 72.
74 In merito a queste dinamiche, vedi Canfora, 1980.
75 La parte di patrimonio femminile che più rischiava di essere soggetta alle confische era quella costituita dalla dote, anche se non vi è consenso al proposito (vedi Dixon, 1984, p. 80-82 e nota 12).
76 Il caso dei patrimoni di Cicerone e Terenzia, su cui vedi Dixon, 1984 e Buonopane, 2016, p. 51-64, mostra l’importanza cruciale di questo aspetto.
77 Si ricordino i legami famigliari di Ortensia con alcuni esponenti della factio sillana (cui apparteneva anche il padre della matrona), primi tra tutti Lucio Licinio Lucullo e Quinto Lutazio Catulo.
78 Appiano (BC, 1.63.282), in riferimento agli avvenimenti seguiti all’occupazione di Roma da parte di Silla nell’88 a.C., narra come i sostenitori dei mariani esiliati, tra cui molte donne ricche («γύναια πολλὰ πολυχρήματα»), si adoperavano per risollevare le sorti della propria factio, ricorrendo ai propri mezzi finanziari (su questo episodio vedi anche Welch, 2011, p. 312 e nota 9).
79 Non si può escludere per altro, sebbene non ve ne siano prove, che prima di lasciare Roma i cesaricidi e i loro seguaci abbiano ceduto sotto varia forma (e. g. vendite concordate) parte dei loro beni immobili alle parenti che rimanevano in Italia, per metterli al sicuro dalla prevedibile reazione dei cesariani; del resto, senza prefigurare soluzioni così radicali, bisogna ricordare come non fosse inusuale che le donne della famiglia si occupassero degli affari dei mariti quando questi erano assenti o impossibilitati (per il caso di Terenzia, si veda Dixon, 1984; Treggiari, 2007).
80 Nel testo dell’editto tramandatoci da Appiano (su cui vedi nota 35) i triumviri giustificano la loro azione proscrittoria proprio dichiarando in modo esplicito che prima di intraprendere la campagna militare in Oriente non potevano non eliminare ogni sia pur minima possibilità di resistenza a Roma da parte degli avversari (App., BC, 4.9.38).
81 Vedi Ferriès, 2013.
82 Vedi Cluett, 1998, p. 74, che vede proprio nel supporto pubblico alle matrone il motivo del successo di Ortensia.
83 Su questi aspetti vedi Ioannatou, 2006; Rollinger, 2009.
84 Sumi, 2004, p. 200.
85 Sul dissesto economico e sociale causato dalle proscrizioni triumvirali si veda Canfora, 1980, p. 435-437.
86 Tac., ann., 3.76.
87 Sulle ricchezze di Quinto Ortensio Ortalo, parte delle quali forse passate alla figlia, Shatzman, 1975, p. 344-346.
88 Un Ortalo, nipote dell’oratore, secondo Svetonio (Tib., 47) e Tacito (ann., 2.37-38), ai tempi di Augusto e Tiberio era in condizioni economiche molto difficili, proprio perché non aveva potuto ereditare il patrimonio famigliare (su questo personaggio Kadlec, REVIII, 1913, nr. 12, c. 2470 s.v. M. (Hortensius) Hortalus; vedi anche per l’identificazione Geiger, 1970, p. 132-134; Corbier, 1991, p. 655-701; Briscoe, 1993, p. 249-250). Un altro nipote dell’oratore, Ortensio Corbione, è ricordato da Valerio Massimo (3.5.4) per la vita degradata, forse indotta dalla mancanza di mezzi (vedi Kadlec, RE VIII, 1913, nr. 10, c. 2469, s.v. Hortensius Corbius).
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