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1. Le molestie sessuali

p. 9-22


Texte intégral

1Le molestie sessuali riescono in un’impresa apparentemente inconciliabile: quella di essere invisibili e, allo stesso tempo, sotto gli occhi di tutti. Invisibili perché considerate qualcosa di perfettamente normale, spesso interpretate come scherzi, battute o complimenti, invece che per quello che davvero sono. Sotto gli occhi di tutti perché costituiscono un fenomeno drammaticamente frequente, come attestato dai dati e testimoniato dalle parole di chi le subisce quotidianamente.

2Dati i contorni apparentemente sfumati, il primo passo è fornirne una descrizione chiara e inequivocabile di cosa siano le molestie sessuali. Una prima indicazione in questo senso risale al 1991, anno in cui la Commissione delle Comunità Europee ha redatto un documento sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro contenente la seguente definizione:

Per molestia sessuale s’intende ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul sesso che offenda la dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro, ivi inclusi atteggiamenti malaccetti di tipo fisico, verbale o non verbale. Pertanto, per definire la molestia sessuale va presa in considerazione tutta una serie di atteggiamenti diversi. Essa diventa inaccettabile qualora siffatti comportamenti siano indesiderati, sconvenienti e offensivi per coloro che li subiscono; qualora il rifiuto o l’accettazione della persona interessata di siffatti comportamenti vengano assunti esplicitamente o implicitamente dai datori di lavoro o lavoratori (superiori e colleghi inclusi) a motivo di decisioni inerenti all’accesso alla formazione professionale, all’assunzione di un lavoratore, al mantenimento del posto di lavoro, alla promozione, alla retribuzione o a qualsiasi altra decisione attinente all’occupazione e/o siffatti comportamenti creino un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o umiliante. La caratteristica essenziale dell’abuso a sfondo sessuale sta nel fatto che si tratta di un atto indesiderato da parte di chi lo subisce e che spetta al singolo individuo stabilire quale comportamento egli possa tollerare e quale sia da considerarsi offensivo. Una semplice attenzione a sfondo sessuale diventa molestia quando si persiste in un comportamento ritenuto da chi è oggetto di tali attenzioni palesemente offensivo. È la natura indesiderata della molestia sessuale che la distingue dal comportamento amichevole, che invece è benaccetto e reciproco.1

3Da queste parole emergono alcuni aspetti cruciali: innanzitutto, è la persona che subisce la molestia a definirla come tale, sulla base della sua percezione dell’atto come offensivo o sgradito; vittime e autori possono essere sia donne sia uomini; non è necessario il contatto fisico affinché si configuri una molestia; le molestie costituiscono un ostacolo al raggiungimento delle pari opportunità. Inoltre, secondo questa definizione, non è necessario che l’azione sia rivolta a una persona specifica affinché si possa parlare di molestie: anche un ambiente caratterizzato da discorsi misogini o da un linguaggio sessualmente esplicito può diventare fonte di disagio e discriminazione2.

4In realtà, prima ancora che venisse sviluppato un quadro giuridico di riferimento, un tentativo di mappare il dominio concettuale delle molestie sessuali e fornirne una classificazione completa era stato avviato nel 1980 da Frank Till, il quale aveva analizzato i racconti di 116 studentesse universitarie vittime di molestie, identificando cinque tipologie di molestie sessuali: commenti o comportamenti sessisti, avance sessuali inappropriate e offensive ma non sanzionate, avance sessuali con promesse di ricompense, coercizione di attività sessuali con minacce di punizioni, crimini e reati sessuali3.

5Basandosi su tale classificazione, la psicologa Louise Fitzgerald4, una tra le prime e più autorevoli studiose del fenomeno, ha sviluppato, insieme ad alcuni colleghi, il Sexual Experiences Questionnaire, con l’obiettivo di analizzare e misurare le molestie sessuali sia in ambito lavorativo, sia in ambito scolastico e universitario5. Le analisi condotte sui dati raccolti hanno suggerito che le cinque categorie di molestie sessuali previste da Till possono essere sintetizzate in tre tipologie; di conseguenza, Fitzgerald e colleghi hanno proposto un modello tripartito, ancora oggi largamente accettato. Secondo tale modello, le molestie sessuali costituiscono un costrutto comportamentale composto da tre dimensioni tra loro correlate, ma concettualmente distinte: le molestie di genere, le attenzioni sessuali indesiderate e la coercizione sessuale. A parere degli autori, le tre categorie descrivono in modo esaustivo tutti i casi di molestie e mostrano stabilità cross-temporale e cross-culturale. Le molestie di genere si riferiscono a comportamenti sessuali, verbali e non verbali, che trasmettono atteggiamenti offensivi, ostili e degradanti nei confronti del genere, dell’identità di genere o dell’orientamento sessuale. Esempi di molestie di genere sono gesti a connotazione sessuale, esposizione di immagini o oggetti pornografici, invio di immagini sessuali via e-mail o sms, ma anche discorsi, battute o commenti sessisti. Le attenzioni sessuali indesiderate comprendono i commenti, sia positivi sia negativi, sul corpo di una persona, gli sguardi insistenti, il catcalling6, contatti fisici indesiderati e palpeggiamenti. In questa categoria rientrano anche le avance sessuali non gradite e non ricambiate, come le ripetute richieste di baci, appuntamenti o sesso. La coercizione sessuale, nota anche come quid pro quo, si riferisce alla richiesta di favori sessuali come condizione per ricevere ricompense o benefici, ad esempio per essere assunti o per ricevere una promozione al lavoro.

1.1. Il fenomeno delle molestie in Italia e nel mondo

6Le stime circa la frequenza delle molestie sessuali sono numerose, ma variabili: le percentuali, infatti, cambiano a seconda del campione preso in esame, del contesto in cui vengono analizzate o degli strumenti utilizzati per indagarle. Tuttavia, è opinione unanime che le molestie sessuali siano un fenomeno estremamente diffuso.

7Un’indagine, condotta nel 2018 su un campione statunitense rappresentativo della popolazione generale, ha rilevato che le molestie costituiscono un problema significativo soprattutto per le donne: l’81% delle donne ha dichiarato di aver subìto una qualche forma di molestia e/o aggressione sessuale nel corso della propria vita. Entrando più nel dettaglio, le molestie verbali risultano essere la modalità più frequente, dato che vengono riportate da più di tre donne su quattro. Le molestie fisiche sono meno frequenti, ma ugualmente preoccupanti: il 62% delle donne dichiara di aver subìto molestie di questo tipo. In particolare, una donna su due è stata toccata senza il suo consenso, mentre più di una donna su tre è stata pedinata; a una donna su tre, invece, è capitato che qualcuno mostrasse i genitali contro la sua volontà. Più di una donna su quattro è sopravvissuta a una violenza sessuale. Quanto alle nuove tecnologie, circa quattro donne su dieci hanno subìto molestie informatiche. Le molestie e le aggressioni sessuali sono così comuni tra le donne da rendere insignificante ogni differenza demografica. Un’eccezione è rappresentata dalle donne disabili e dalle donne che si dichiarano lesbiche o bisessuali, le quali riportano frequenze più elevate. Un elemento da sottolineare è l’età delle vittime. Le molestie sessuali, infatti, spesso iniziano in giovane età: tra coloro che hanno riferito di aver subìto molestie e aggressioni sessuali, il 57% delle donne ha dichiarato di averle subite prima dei 17 anni. Nonostante siano state indagate principalmente nei contesti lavorativi, le molestie sessuali avvengono dovunque. I luoghi indicati con maggiore frequenza sono gli spazi pubblici, ad esempio strade, parchi, negozi, mezzi di trasporto (66%), seguiti dal posto di lavoro (38%) e dalla propria abitazione (35%). Gli autori delle molestie sono, nella maggioranza dei casi, uomini sconosciuti7.

8Anche per le donne europee, le molestie sessuali costituiscono un’esperienza pervasiva. Un’indagine, condotta dall’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali (FRA) su un campione di 42000 donne che vivevano nei 28 Stati membri dell’Unione Europea al momento dell’inchiesta, ha stimato che una donna su due (più esattamente il 55%) aveva subìto almeno una forma di molestia sessuale a partire dall’età di 15 anni. Una donna su cinque (il 21%) aveva, invece, patito molestie sessuali nell’anno precedente all’indagine. La maggior parte delle vittime, inoltre, aveva subìto più di un tipo di molestia nell’arco della propria vita, sia dalla stessa persona, sia da persone diverse. I tassi di prevalenza variano dal 71-81% di Svezia, Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Finlandia al 24-32% di Portogallo, Polonia, Romania e Bulgaria8. Non è chiaro se tale scarto rispecchi un’effettiva discrepanza nella frequenza degli episodi, dato che differenze culturali e pratiche socio-politiche influiscono sull’atteggiamento verso la violenza e sulla diversa probabilità che le vittime identifichino la molestia come tale e dichiarino di averla subita9. Probabilmente, nei contesti più consapevoli e attenti, le vittime godono di un sostegno sociale che facilita identificazione e denuncia. Sono state però avanzate anche altre ipotesi. Secondo alcuni autori, a influire sono fattori diversi Paese per Paese; in Nord Europa, per esempio, l’alcolismo è spesso indicato come un fattore scatenante10. Sebbene importante, sarebbe però riduttivo e semplicistico attribuire a questo la causa di un così complesso problema sociale. Più verosimile è l’idea che la cultura machista sia profondamente diffusa anche nei Paesi scandinavi, dove molti settori lavorativi, ad esempio l’imprenditoria, sono ancora considerati più adatti agli uomini. Inoltre, è bene ricordare che la Finlandia ha una legge sullo stupro coniugale solamente dal 1994. E, sempre a proposito di leggi, due ricercatori svedesi, Lucas Gottzen e Kalle Berggren, hanno spiegato che il congedo parentale di cui i padri avrebbero potuto godere in Svezia non è stato pienamente usato fino agli anni ‘90, nonostante la legge fosse stata varata vent’anni prima, poiché c’era la percezione che i papà che ne usufruivano non fossero “veri uomini”11. L’elevato numero di violenze può però essere interpretato anche come una reazione alle leggi tese a promuovere la parità di genere, percepite da alcuni come minacce ai valori della mascolinità tradizionale. L’emancipazione delle donne le espone al rischio di aggressioni dovute alla protesta contro il tentativo di scardinare i ruoli di genere e il predominio maschile nella società.

9Le molestie si verificano in numerosi ambienti e in modi diversi. Come riportato da Patrizia Romito e colleghe, secondo uno studio condotto nei 28 Paesi membri dell’Unione europea, il 22% delle donne ha subìto, nel corso della vita adulta, violenze fisiche o sessuali da parte di un partner o un ex partner e il 43% ha subìto abusi psicologici12. Queste proporzioni sono rispettivamente del 19% e del 38% in Italia13. Al di fuori del contesto domestico, il 29% delle donne nell’EU ha subìto una molestia fisica (tocchi, abbracci, baci sgraditi dall’età di 15 anni); il 24% ha subìto molestie verbali (richiami, commenti, scherzi offensivi); l’11% ha subìto una forma di cyber-harassment (e-mail o messaggi offensivi o avance inappropriate sui social). Il rischio di essere esposte alle molestie sessuali è elevato soprattutto nella fascia di età dai 18 ai 29 anni. Come nell’indagine statunitense, anche in quella europea l’autore delle molestie è solitamente un uomo. Nel 68% dei casi si tratta di uno sconosciuto, mentre nel 32% dei casi l’autore appartiene all’ambiente lavorativo della vittima (un collega, un supervisore, un cliente).

10Secondo un’indagine promossa dall’Istat, in Italia, sono circa un milione e 400 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subìto molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano l’8,9% delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. Nei tre anni precedenti all’indagine, ovvero tra il 2013 e il 2016, hanno subìto tali episodi oltre 425 mila donne, pari al 2,7% del totale14. Un successivo report sempre dell’Istat, apparso nel 2018, Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro, stima che siano quasi 9 milioni (43,6%) le donne fra i 14 e i 65 anni che nel corso della vita hanno subìto qualche forma di molestia sessuale (come pedinamenti, esibizionismo, telefonate oscene, molestie verbali e fisiche, molestie sui social network) e che siano più di 3 milioni le donne (15,4%) che le hanno subite negli ultimi tre anni (il 7% negli ultimi dodici mesi). Le forme più frequenti sono, ancora una volta, quelle verbali: il 24% delle donne ha ricevuto proposte indecenti o commenti pesanti relativi al proprio aspetto. Non mancano le molestie fisiche: il 20,3% delle donne è stato pedinato, mentre il 15,9% è stato toccato contro la propria volontà e il 15,3% ha subìto atti di esibizionismo. Sono in aumento le molestie che avvengono per mezzo della rete, coerentemente con un maggiore uso di social network, smartphone e PC: il 10,5% delle donne ha ricevuto telefonate o messaggi a sfondo sessuale e/o offensivi, il 6,8% è stata oggetto di proposte inappropriate e commenti sul proprio conto attraverso i social network, il 3,2% è stata costretta a vedere foto, immagini dal contenuto sessuale o materiale pornografico. Per la prima volta in ambito italiano l’indagine ha rilevato anche molestie a sfondo sessuale ai danni di uomini, stimando che poco meno di 4 milioni di uomini le abbiano subite nel corso della vita (18,8%) e più di 1 milione negli ultimi tre anni (6,4%). Gli autori delle molestie a sfondo sessuale continuano comunque a essere in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime femminili e per l’85,4% delle vittime maschili15.

11Alcune ricerche sulle molestie sessuali si sono soffermate sull’ambito universitario. Nel 2004, l’Università di Padova ha indagato la presenza di molestie sessuali basate sul ricatto e sulla corruzione e la connessione con il clima normativo percepito in un campione di 640 studentesse, rilevando che circa una ragazza su tre ha subìto, almeno una volta, una forma di molestia “leggera”, una pressione a essere “carina” in cambio di vantaggi o di un voto migliore. Nel caso di episodi esplicitamente legati ad aspettative di natura sessuale, invece, la percentuale si attestava attorno al 5% del campione. Il Corso di Laurea che segnalava il più alto tasso di molestie era quello di Medicina e Chirurgia, dato probabilmente legato alla presenza di una forte gerarchia di potere all’interno dell’ambiente medico16. Nel 2012, anche il Comitato Pari Opportunità dell’Università di Milano-Bicocca ha condotto una ricerca sul tema coinvolgendo personale docente, personale tecnico-amministrativo, studenti e studentesse, dottorandi/e, assegnisti/e, personale non strutturato, riscontrando che l’1,4% dei/delle rispondenti aveva subìto molestie all’interno dell’Università, nel 44,6% dei casi più di una volta, e che nove vittime su dieci erano di genere femminile. Le vittime si distribuivano su tutte le categorie di rispondenti. Quanto al tipo di molestia, si trattava principalmente di apprezzamenti a sfondo sessuale non desiderati, allusioni o riferimenti sessuali, palpeggiamenti e contatti fisici non graditi e inviti ripetuti17. Ulteriori informazioni sulle molestie in ambito universitario sono state fornite dal progetto di ricerca UE Gender-based Violence, Stalking and Fear of Crime, il quale ha permesso di raccogliere, analizzare e confrontare una serie di dati circa l’esperienza di molestie sessuali, stalking e violenze sessuali fra le studentesse universitarie in Italia, Germania, Polonia, Spagna e Regno Unito. Nel nostro Paese, i dati sono stati raccolti nelle Università di Bologna, Udine, Urbino, Perugia e Federico II di Napoli; il 78,2% delle rispondenti dell’Università di Bologna e il 69% di quelle delle altre università ha riferito di aver subìto molestie sessuali almeno una volta nella vita. Il 47% delle rispondenti ha dichiarato che almeno un episodio è accaduto durante il corso di studio. Nella maggior parte dei casi, l’autore era un uomo estraneo al contesto accademico (76,7%), ma è importante segnalare anche i casi in cui l’autore era un altro studente (17%), un appartenente al personale accademico (3,8%) o al personale tecnico-amministrativo (2,4%)18.

1.2. Le conseguenze delle molestie

12A causa delle conseguenze negative su coloro che le subiscono, le molestie sessuali sono un fenomeno rilevante dal punto di vista psicologico. In generale, le molestie sessuali hanno un impatto negativo sul benessere psicologico delle vittime, le quali riportano una vasta gamma di effetti, come rabbia, paura e tristezza, fino a sentimenti di depressione, umiliazione e sfiducia19. In molti casi, è stata provata l’esistenza di una relazione tra episodi di molestie sessuali e stress, di natura sia fisica sia emotiva, malattie fisiche e disturbi mentali. Un esempio sono i sintomi psicosomatici che includono mal di testa, dolori muscolari, nausea, esaurimento, palpitazioni e disturbi del sonno20. Una serie di studi condotti all’Università di Trieste su studenti e studentesse dell’Ateneo ha inoltre rivelato che le molestie sessuali si associano a maggiore sofferenza mentale, irregolarità del ciclo mestruale e disturbi alimentari21.

13Le molestie sessuali possono, inoltre, interferire con le prestazioni accademiche, lavorative e le aspirazioni di carriera. Esse, infatti, contribuiscono a creare un ambiente intimidatorio, ostile o offensivo che riduce la soddisfazione lavorativa22, aumenta l’assenteismo e il turn-over23 e danneggia le relazioni con i colleghi e le colleghe24, ostacolando l’impegno e rendendo più difficile raggiungere risultati gratificanti25.

1.3. Le spiegazioni teoriche del fenomeno delle molestie sessuali

14Le molestie sessuali sono un fenomeno sociale ampio e complesso, difficile da interpretare in modo esaustivo in un solo quadro concettuale26. Il modello teorico più accreditato per interpretare le molestie sessuali – la prospettiva socioculturale di genere – fa riferimento ai rapporti sbilanciati di potere tra uomini e donne. Le molestie nascono infatti all’interno di relazioni gerarchiche tra maschi e femmine, datori di lavoro e dipendenti, professori e studenti, clienti e addetti alle vendite27. Prendendo in considerazione il più ampio contesto sociale e politico in cui le molestie sessuali avvengono, la prospettiva socioculturale sostiene che il fenomeno sia una conseguenza delle disuguaglianze di genere e del sessismo presenti nella società e, più in particolare, dei processi di socializzazione dei ruoli di genere che promuovono il dominio maschile, l’oggettivazione sessuale delle donne e la violenza contro le donne28. Le norme sociali che regolano la mascolinità, infatti, comprendono una serie di elementi, tra i quali il potere sulle donne, la dominanza, il disprezzo verso le persone omosessuali e la conquista sessuale, che guidano la messa in atto di molestie e possono diventare particolarmente influenti nei gruppi composti da uomini, in cui le molestie costituiscono un mezzo per esibire la propria mascolinità ai pari29. Le molestie, inoltre, contribuiscono al perpetuarsi delle disparità di genere, poiché sottolineano ed enfatizzano le aspettative sui ruoli di genere30, e possono essere utilizzate come mezzo per controllare il modo in cui una persona aderisce al proprio ruolo, punendo coloro che trasgrediscono le norme di genere tradizionali31.

15Anche la teoria organizzativa chiama in causa le dinamiche di potere e le disuguaglianze di status per spiegare le molestie sessuali all’interno dei contesti organizzativi32. In particolare, secondo gli studiosi che la sostengono, le norme che regolano il funzionamento delle società prevedono l’esistenza di una gerarchia all’interno della quale pochi individui esercitano il potere su tutti gli altri33. Le stesse norme, inoltre, suggeriscono che siano soprattutto gli uomini a detenere il potere, a causa degli stereotipi di genere che li descrivono e prescrivono come potenti, aggressivi e orientati agli obiettivi rispetto alle donne che, al contrario, avrebbero un atteggiamento più passivo e sarebbero più orientate alla famiglia34. A differenza della prospettiva socioculturale, però, la teoria organizzativa non si concentra solo sulla disparità di potere specificatamente legata al genere, ma chiama in causa altri fattori, come il clima organizzativo ed etico, le norme e le politiche interne all’organizzazione, che influenzano la possibilità e la probabilità che si verifichino episodi di molestie sessuali35.

1.4. Le molestie di strada

16Un tipo particolare di molestie sessuali sono le “molestie di strada” (o street harassment), etichetta che indica l’esperienza di attenzioni sessuali non desiderate da parte di sconosciuti in contesti pubblici36. Il termine fa riferimento a uno spettro molto ampio di comportamenti: fischi, apprezzamenti non desiderati, sguardi persistenti, insulti sessisti, omofobi o transfobici, richieste del nome, numero telefonico o la destinazione di qualcuno dopo che questi ha detto no, epiteti, commenti e domande a connotazione sessuale, pedinamenti, lampeggiamenti e colpi di clacson, palpeggiamenti, esibizione dei genitali, masturbazione in pubblico, aggressioni sessuali fino allo stupro.

17Le molestie di strada che, come detto, possono essere considerate un sottoinsieme rispetto al più ampio fenomeno delle molestie sessuali, sono state relativamente poco indagate, nonostante la loro riconosciuta frequenza e pervasività37. La questione è stata poco affrontata sia sul piano della ricerca empirica, sia sul piano delle risposte politiche di contrasto alla violenza: tali comportamenti, infatti, sono spesso considerati banali e relativamente innocui, liquidati come “normale” espressione della libertà di parola38.

18Le molestie di strada sono un fenomeno globalmente diffuso. Secondo una ricerca australiana, quasi il 90% delle donne (su un campione complessivo di 1426 rispondenti) ha subìto molestie fisiche o verbali in pubblico almeno una volta nella propria vita39; cifre simili sono riportate in uno studio condotto in Afghanistan nello stesso anno, in cui la percentuale di donne ad aver vissuto questo tipo di esperienze era pari al 93% (delle 321 rispondenti considerate nell’indagine)40. Attraverso uno studio qualitativo41 condotto con la partecipazione di 20 donne indiane, Megha Dhillon e Suparna Bakaya hanno trovato che le molestie nei luoghi pubblici sembrano verificarsi molto frequentemente, il più delle volte in pieno giorno e in spazi affollati. Nello specifico, le frequenze menzionate dalle intervistate variano dal 50% dei casi in cui le donne hanno frequentato luoghi pubblici all’essere state molestate in tutte le occasioni possibili. Inoltre, le rispondenti hanno indicato che le molestie si sono manifestate in molteplici modalità: sguardi allusivi e insistenti, commenti e battute oscene, contatti fisici non desiderati42. Nella stessa direzione vanno alcune ricerche canadesi ed egiziane, che hanno trovato che l’85% delle donne coinvolte nelle indagini, rispettivamente 1990 e 1010, aveva subìto molestie di strada nell’anno precedente a quello in cui sono stati condotti gli studi43.

19In una ricerca del gruppo statunitense Hollaback! (ora noto come Right To Be) e della Cornell University con un campione di 16607 donne in 22 Paesi, fra i quali l’Italia, oltre il 50% delle partecipanti ha riportato di essere stata palpeggiata, mentre il 71% ha risposto di essere stata seguita almeno una volta nella propria vita. Più dell’84% delle rispondenti ha riportato di essere stata molestata per la prima volta quando aveva meno di 17 anni44. Pur non focalizzandosi specificatamente sulle molestie di strada, il già citato report Istat 2018 segnala altri dati interessanti: il 20,3% delle donne e il 6,8% degli uomini che hanno risposto all’indagine hanno riferito, ad esempio, di aver subìto pedinamenti almeno una volta nell’arco della propria vita45.

20Come tutti i tipi di molestie, anche le molestie di strada hanno un impatto negativo sul benessere di chi le subisce. Diversi studi hanno dimostrato che le vittime presentano elevati livelli di ansia, sentimenti di insicurezza, più alti livelli di depressione, minore autostima, maggiore timore di aggressioni sessuali, maggiore probabilità di modificare le proprie abitudini comportamentali e più alti livelli di auto-oggettivazione rispetto a chi non ha subìto tali episodi46. Un elemento da porre in evidenza è che tali conseguenze negative occorrono indipendentemente dal fatto che la vittima sia o non sia consapevole che quella subìta è, effettivamente, una molestia47. Inoltre, le evidenze empiriche indicano che esistono delle conseguenze negative anche per chi a tali episodi assiste pur senza essere direttamente coinvolto48.

21I modelli teorici che tentano di comprendere il fenomeno delle molestie di strada non si discostano da quelli che interpretano le altre molestie sessuali; essi chiamano in causa le dinamiche di potere e la storica differenza di status fra i generi49. In particolare, le teorie femministe suggeriscono che le molestie di strada siano un mezzo per mantenere lo status subordinato delle donne nella società, costringendole all’interno di certi spazi fisici e fuori da altri. In tal senso, le molestie assolvono molteplici funzioni di controllo sociale: rinforzano i confini spaziali, ricordando alle donne che la sfera pubblica è appannaggio maschile; oggettivano e umiliano le donne; socializzano ai ruoli maschili e femminili tradizionali50. A questo proposito, va sottolineato il fatto che la mascolinità, cioè l’insieme delle caratteristiche, dei comportamenti e dei ruoli socialmente attribuiti all’essere maschio, si nutre di esperienze “omosociali”: gli uomini hanno bisogno dell’approvazione degli altri uomini e, per ottenerla, utilizzano “indicatori di virilità”, come l’ipersessualità, l’aggressività e il controllo51. A conferma di tale argomentazione, attraverso la somministrazione di questionari a 265 partecipanti, Eric Wesselmann e Janice Kelly hanno trovato che gli uomini sono più propensi a compiere molestie di strada quando sono con altri coetanei perché tali comportamenti hanno la funzione di creare complicità e legame di gruppo52.

22Ovviamente, non tutto l’universo maschile sostiene e/o partecipa a episodi di street harassment. Come vedremo meglio nelle pagine successive, è più probabile che gli uomini abbiano maggiore propensione ed elevata tolleranza alle molestie sessuali e di strada quando hanno forti convinzioni sui ruoli di genere tradizionali, hanno un alto livello di dominanza sociale53, sono critici verso le donne e hanno atteggiamenti ostili e/o benevolmente sessisti nei confronti del genere femminile54. Nel prossimo capitolo, approfondiremo tali dinamiche adottando il punto di vista della ricerca psicosociale.

Notes de bas de page

1 Commissione Europea (1991). Raccomandazione della Commissione del 27 novembre 1991 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31992H0131&from=EN [ultima consultazione 13.10.2022].

2 P. Romito, M. Feresin, Le molestie sessuali. Riconoscerle, combatterle, prevenirle, Roma, Carocci, 2019.

3 F. J. Till, Sexual harassment: A report on the sexual harassment of students, Washington, DC: National Advisory Council on Women’s Educational Programs, 1980.

4 L. F. Fitzgerald, Sexual harassment: The definition and measurement of a construct, in M. A. Paludi (a cura di), Ivory power: Sexual harassment on campus, Albany, State University of New York Press, 1990; L. F. Fitzgerald, Sexual harassment. Violence against women in workplace, “American Psychologist”, 48, 1993, pp. 1070-1076.

5 M. J. Gelfand, L. F. Fitzgerald, F. Drasgow, The structure of sexual harassment: A confirmatory analysis across cultures and settings, “Journal of Vocational Behavior”, 47, 1995, pp. 164-177.

6 Con il termine “catcalling” si indicano una serie di comportamenti sgradevoli generalmente posti in essere nei confronti delle donne da parte di sconosciuti per strada. Si tratta di molestie verbali consistenti in apprezzamenti più o meno volgari o fischi rivolti verso la vittima. Si veda E. D. Wesselmann, J. R. Kelly, Cat-calls and culpability: Investigating the frequency and functions of stranger harassment, “Sex Roles”, 63, 2010, pp. 451-462.

7 H. Kearl, The facts behind the #MeToo movement: A national study on sexual harassment and assault, 2018. Center for Victim Research Repository, https://www.nsvrc.org/sites/default/files/2021-04/full-report-2018-national-study-on-sexual-harassment-and-assault.pdf [ultima consultazione 17.01.2023].

8 FRA (European Union Agency for Fundamental Rights), Violence against women: An EU-wide survey, 2014, https://fra.europa.eu/en/publication/2014/violence-against-women-eu-wide-survey-main-results-report [ultima consultazione 17.01.2023].

9 Eurofound, 5th European Working Conditions Survey. Luxembourg: Publications Office of the European Union, 2012.

10 Si veda, ad esempio, A. L. Humbert, S. Strid, J. Hearn, D. Balkmar, Undoing the “Nordic Paradox”: Factors affecting rates of disclosed violence against women across the EU, “PLoS One”, 16, 2021, e0249693.

11 L. Gottzén, K. Berggren, The rape capital or the most gender-equal country in the world? Masculinity, hybridity and young men’s intimate partner violence in Sweden, in L. Gottzén, M. Bjørnholt, F. Boonzaier (a cura di), Men, masculinities and intimate partner violence, London, Routledge, pp. 66-80.

12 P. Romito, M. Pellegrini, M.-J. Saurel-Cubizolles, Pensare la violenza contro le donne. Una ricerca al tempo del Covid, Torino, Rosenberg & Sellier, 2021.

13 European Agency for Fundamental Rights, Violence against women: an EU-wide survey, 2014, https://fra.europa.eu/en/publication/2014/violence-against-women-eu-wide-survey-main-results-report [ultima consultazione 06.09.2022].

14 Istat, Violenza sul luogo di lavoro, 2016, https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-sul-luogo-di-lavoro [ultima consultazione 06.09.2022].

15 Istat, Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro, 2018, https://www.istat.it/it/files//2018/02/statistica-report-MOLESTIE-SESSUALI-13-02-2018.pdf [ultima consultazione 17.01.2023].

16 M. Santinello, A. Vieno, La prevalenza delle molestie sessuali tra le studentesse dell’Università: quale connessione con le norme sociali?, “Risorsa Uomo”, 10, 2004, pp. 317-329.

17 Comitato Pari Opportunità Università di Milano-Bicocca, Indagine sulle molestie sessuali all’interno dell’università, 2012.

18 A. Balloni, R. Bisi, R. Sette, Gender-based violence, stalking and fear of crime, “Country Report Italy. Eu-Project 2009-2011”, 2012.

19 M. M. Bucchianeri, M. E. Eisenberg, M. M. Wall, N. Piran, D. Neumark-Sztainer, Multiple types of harassment: Associations with emotional well-being and unhealthy behaviors in adolescents, “Journal of Adolescent Health”, 54, 2014, pp. 724-729; N. T. Buchanan, L. F. Fitzgerald, Effects of racial and sexual harassment at work and the psychological well-being of African American women, “Journal of Occupational Health Psychology”, 13, 2008, pp. 137-151; S. E. Larsen, L. F. Fitzgerald, PTSD symptoms and sexual harassment: The role of attributions and perceived control, “Journal of Interpersonal Violence”, 26, 2011, pp. 2255-2567; J. B. Pryor, The phenomenology of sexual harassment: Why does sexual behavior bother people in the workplace?, “Consulting Psychology Journal: Practice and Research”, 47, 1995, pp. 160-168. Cfr anche capitolo 2.

20 B. A. Gutek, M. P. Koss, Changed women and changed organisations: Consequences of and coping with sexual harassment, “Journal of Vocational Behavior”, 42, 1993, pp. 28-48; C. R. Willness, P. Steel, K. Lee, A meta-analysis of the antecedents and consequences of workplace sexual harassment, “Personnel Psychology”, 60, 2007, pp. 127-162.

21 Si vedano F. Bastiani, P. Romito, M. J. Saurel-Cubizolles, Mental distress and sexual harassment in Italian university students, “Archives of Women’s Mental Health”, 22, 2019, pp. 229-236; P. Romito, C. Cedolin, F. Bastiani, L. Beltramini, M. J. Saurel-Cubizolles, Sexual harassment and menstrual disorders among Italian university women: A cross-sectional observational study, “Scandinavian Journal of Public Health”, 45, 2017, pp. 528-535; P. Romito, C. Cedolin, F. Bastiani, M. J. Saurel-Cubizolles, Disordered eating behaviors and sexual harassment in Italian male and female university students, “Journal of Interpersonal Violence”, 34, 2019, pp. 2960-2974.

22 D. K. S. Chan, C. B. Lam, S. Y. Chow, S. F. Cheung, Examining the job-related, psychological, and physical outcomes of workplace sexual harassment: A meta-analytic review, “Psychology of Women Quarterly”, 32, 2008, pp. 362-376.

23 R. S. Merkin, The impact of sexual harassment on turnover intentions, absenteeism, and job satisfaction: Findings from Argentina, Brazil, and Chile, “Journal of International Women’s Studies”, 10, 2008, pp. 73-91.

24 P. H. Loy, L. P. Stewart, The extent and effects of the sexual harassment of working women, “Sociological Focus”, 17, 1984, pp. 31-43.

25 J. Gruber, S. Fineran, Sexual harassment, bullying, and school outcomes for high school girls and boys, “Violence against Women”, 22, 2016, pp. 112-133.

26 R. Skaine, Power and gender: Issues in sexual dominance and harassment. Jefferson, McFarland, 1996.

27 P. Romito, M. Feresin, Le molestie sessuali. Riconoscerle, combatterle, prevenirle cit.; S. Welsh, Gender and sexual harassment, “Annual Review of Sociology”, 25, 1999, pp. 169-190.

28 A. M. Thomas, C. Kitzinger, Sexual Harassment: Contemporary Feminist Perspective, London, Open University Press, 1997.

29 J. Fox, W. Y. Tang, Women’s experiences with general and sexual harassment in online video games: Rumination, organizational responsiveness, withdrawal, and coping strategies, “New Media & Society”, 19, 2017, pp. 1290-1307; R. Mikorski, D. M. Szymanski, Masculine norms, peer group, pornography, Facebook, and men’s sexual objectification of women, “Psychology of Men & Masculinity”, 18, 2017, pp. 257-267; B. A. Quinn, Sexual harassment and masculinity: The power and meaning of “girl watching”, “Gender & Society”, 16, 2002, pp. 386-402.

30 N. J. Malovich, J. E. Stake, Sexual harassment on campus: Individual differences in attitudes and beliefs, “Psychology of Women Quarterly”, 14, 1990, pp. 63-81; J. B. Pryor, Sexual harassment proclivities in men, “Sex Roles”, 17, 1987, pp. 269-290; S. P. Schacht, P. H. Atchison, Heterosexual instrumentalism: Past and future directions, “Feminism & Psychology”, 3, 1993, pp. 37-53.

31 E. A. Leskinen, V. C. Rabelo, L. M. Cortina, Gender stereotyping and harassment: A “catch-22” for women in the workplace, “Psychology, Public Policy, and Law”, 21, 2015, pp. 192-204.

32 J. E. Gruber, A typology of personal and environmental sexual harassment: Research and policy implications for the 1990s, “Sex Roles”, 26, 1992, pp. 447-464; S. S. Tangri, M. R. Burt, L. B. Johnson, Sexual harassment at work: Three explanatory models, “Journal of Social Issues”, 38, 1982, pp. 33-54.

33 H. M. Lips, Women, men, and power, Mayfield Publishing, Mountain View, CA, 1991.

34 A. H. Eagly, A. Mladinic, Gender stereotypes and attitudes toward women and men, “Personality and Social Psychology Bulletin”, 15, 1989, pp. 543-558.

35 Si vedano: I. Dekker, J. Barling, Personal and organizational predictors of workplace sexual harassment of women by men, “Journal of Occupational Health Psychology”, 3, 1998, pp. 7-18; L. F. Fitzgerald, C. L. Hulin, F. Drasgow, The antecedents and consequences of sexual harassment in organizations: An integrated model. In G. P. Keita, J. J. Hurrell (a cura di), Job stress in a changing workforce: Investigating gender, diversity, and family issues. American Psychological Association, 1994, pp. 55-73; C. R. Willness, P. Steel, K. Lee, A meta‐analysis of the antecedents and consequences of workplace sexual harassment. “Personnel Psychology”, 60, 2007, pp. 127-162.

36 E. D. Wesselmann, J. R. Kelly, Cat-calls and culpability: Investigating the frequency and functions of stranger harassment, “Sex Roles”, 63, 2010, pp. 451-462.

37 K. Fairchild, L. A. Rudman, Everyday stranger harassment and women’s objectification, “Social Justice Research”, 21, 2008, pp. 338-357.

38 F. Vera-Gray, Men’s intrusion, women’s embodiment: A critical analysis of street harassment. London, Routledge, 2016.

39 E. Bennett, M. Johnson, M., Everyday sexism: Australian women’s experiences of street harassment. The Australia Institute, 2015.

40 WCLRF, Research on sexual harassment against women in public places, workplace and educational institutions of Afghanistan, Women and Children Legal Research Foundation, 2015.

41 Le ricerche qualitative studiano i fenomeni nei contesti naturali tentando di interpretarli attraverso i significati che le persone danno ad essi. Per fare questo, vengono utilizzate specifiche tecniche quali interviste e focus group (discussioni tra un piccolo gruppo di persone alla presenza di uno o più moderatori).

42 M. Dhillon, S. Bakaya, Street harassment: A qualitative study of the experiences of young women in Delhi, “SAGE Open”, 4, 2014, pp. 1-11.

43 R. Lenton, M. D. Smith, J. Fox, N. Morra, Sexual harassment in public places: Experiences of Canadian women, “Canadian Review of Sociology/Revue Canadienne de Sociologie”, 36, 1999, pp. 517-540; A. Shoukry, M. H. Rasha, A. K., Nehad, “Clouds in Egypt’s sky”. Sexual harassment: From verbal harassment to rape. Egyptian Center for Women’s Rights (ECWR), 2008.

44 I dati di questa indagine, condotta da Hollaback! (ora nota come Right To Be), organizzazione non-profit impegnata nella lotta contro le molestie di strada, in collaborazione con la Cornell University, sono consultabili sul sito https://www.ilr.cornell.edu/worker-institute/blog/research-and-publications/ilr-and-hollaback-release-largest-analysis-street-harassment-date [ultima consultazione 10.10.2022]. Cfr. anche capitolo 2.

45 Cfr. nota 10.

46 Si vedano: M. M. Davidson, M. S. Butchko, K. Robbins, L. W. Sherd, S. J. Gervais, The mediating role of perceived safety on street harassment and anxiety, “Psychology of Violence”, 6, 2016, pp. 553-562; M. DelGreco, J. Christensen, Effects of street harassment on anxiety, depression, and sleep quality of college women, “Sex Roles”, 82, 2020, pp. 473-481; O. Farmer, S. Smock Jordan, Experiences of women coping with catcalling experiences in New York City: A pilot study, “Journal of Feminist Family Therapy”, 29, 2017, pp. 205-225; R. Macmillan, A. Nierobisz, S. Welsh, Experiencing the streets: Harassment and perceptions of safety among women, “Journal of Research in Crime and Delinquency”, 37, 2000, pp. 306–322. Cfr. anche capitolo 2.

47 V. J. Magley, C. L. Hulin, L. F. Fitzgerald, M. DeNardo, Outcomes of self-labeling sexual harassment, “Journal of Applied Psychology”, 84, 1999, pp. 390-402. Cfr. anche capitolo 2.

48 S. R. Chaudoir, D. M. Quinn, Bystander sexism in the intergroup context: The impact of cat-calls on women’s reactions towards men, “Sex Roles”, 62, 2010, pp. 623-634. Cfr. anche capitolo 5.

49 M. DelGreco, A. S. Ebesu Hubbard, A. Denes, Communicating by catcalling: Power dynamics and communicative motivations in street harassment, “Violence Against Women”, 27, 2021, pp. 1402-1426.

50 M. Crouch, Sexual harassment in public places, “Social Philosophy Today”, 25, 2009, pp. 137-148; C. B. Gardner, Passing by: Street remarks, address rights, and the urban female, “Sociological Inquiry”, 50, 1980, pp. 328-356; E. A. Kissling, Street harassment: The language of sexual terrorism, “Discourse & Society”, 2, 1981, pp. 451-460.

51 M. Flood, Men, sex, and homosociality: How bonds between men shape their sexual relations with women, “Men and Masculinities”, 10, 2008, pp. 339-359; B. Heilman, G. Barker, A. Harrison, The man box: A study on being a young man in the US, UK, and Mexico. Washington, Unilever, 2017; M. S. Kimmel, Fear, shame, and silence in the construction of gender identity, in S. R. Harper, F. Harris (a cura di), College men and masculinities: Theory, research, and implications for practice, New York, Jossey-Bass/Wiley, pp. 23-31.

52 E. D. Wesselmann, J. R., Kelly, Cat-calls and culpability: Investigating the frequency and functions of stranger harassment, “Sex Roles”, 63, 2010, pp. 451-462.

53 L’orientamento alla dominanza sociale è la tendenza ad approvare le disuguaglianze tra i gruppi. Si veda F. Pratto, J. Sidanius, L. M. Stallworth, B. F. Malle, Social dominance orientation: A personality variable predicting social and political attitudes, “Journal of Personality and Social Psychology”, 67, 1994, pp. 741-763. Cfr. anche capitolo 2.

54 Cfr. capitolo 2.

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