Prefazione
p. 11-15
Texte intégral
1Si dice che Edmond Kean, uno dei grandi interpreti del teatro shakespeariano, prima di salire sul palcoscenico per recitare il ruolo di un innamorato mangiasse carne di montone, carne di bue se doveva impersonare un assassino, e carne di maiale se doveva vestire i panni di un tiranno. Questa storiella è spesso utilizzata dall’antropologo Antonio Guerci per spiegare il concetto di incorporazione e, più in generale, per introdurre le sue riflessioni sugli aspetti culturali delle pratiche alimentari1. Attraverso l’“incorporazione”, infatti, noi consentiamo a un cibo di attraversare la frontiera tra il mondo e il sé, tra il fuori e il dentro il nostro corpo. Il cibo è una sostanza liminale: è una sostanza transitoria tra natura e cultura; tramite l’atto di mangiare e assorbire il cibo noi diventiamo ciò che mangiamo, il che equivale a dire che, assumendo il cibo nel corpo, noi «assimiliamo il mondo» ed è per questo che l’atto di mangiare è così correlato al concetto di sé2.
2L’aneddoto in apertura introduce il rapporto tra scelte alimentari, corpo e soggettività, prospettiva che l’autore sviluppa lungo tutto il testo, attraversandone le molteplici declinazioni con facilità e rigore argomentativo. Uomini e diete è un saggio estremamente godibile, scritto con uno stile elegante ma essenziale, che si muove agevolmente sopra una solida teoria, che c’è e si sente e che, proprio per questo, non ha mai bisogno di essere ostentata. I contenuti sono presentati alternando contestualizzazione teorica, interpretazione e testimonianze, con un’orchestrazione davvero efficace, frutto di una regia esperta che usa sapientemente la sedimentazione di informazioni e riflessioni prodotte in anni di ricerche in questo campo.
3La creatività con la quale sono integrate le parti di restituzione dei risultati poggia su una consapevolezza teorica e metodologica talmente solida da ammettere l’artificio narrativo. L’invenzione di un dialogo finale permette di “mettere in scena” un copione estremamente funzionale a far comprendere a chi legge come le scelte alimentari incidano sulla connotazione performativa del genere.
4Vulca Fidolini ci aveva già abituato all’utilizzo del concetto di performatività di genere3 nei suoi precedenti lavori, mostrandoci che la maschilità è qualcosa che “si fa” e che si mostra, e che si deve eventualmente aggiustare nel caso in cui si modifichino contesti e/o condizioni. I modelli di maschilità hanno copioni ben precisi: per mettere in scena la virilità occorre attingere a repertori riconoscibili e riconosciuti nella propria cultura, rincorrendo una perenne conferma da parte del pubblico maschile.
5In questo volume tale prospettiva si declina nel contesto dell’alimentazione. Come evocato nell’aneddoto di apertura il cibo può infatti anche rafforzare direttamente o indirettamente specifiche espressività di genere.
6La prospettiva analitica di come la mascolinità “si faccia” nel contesto alimentare si basa quindi sul concetto di “fare il genere”, ovvero l’idea che il genere sia una pratica costantemente messa in atto attraverso specifici repertori e routine incorporate nell’interazione quotidiana4. Questo libro tratta di come le pratiche alimentari, come tutte le altre pratiche, siano utilizzate dagli uomini per dimostrare agli altri uomini di aderire ai repertori della virilità, e facilitare così il riconoscimento e la collocazione all’interno della piramide della maschilità egemonica.
7In diverse culture, per esempio, il consumo di bevande alcoliche è considerato un indicatore di mascolinità5; in generale si suppone che gli uomini consumino con più frequenza cibi grassi, mentre le donne siano più abituate a mangiare fibre alimentari e frutta o a seguire una dieta6. Fino a oggi, i “veri uomini” sono stati spinti a consumare più proteine7, ed è opinione comune che la carne rossa – con il suo alto contenuto di proteine e il suo aspetto sanguinolento – debba essere per gli uomini un totem di virilità e forza8. Questo aspetto è centrale per la risignificazione della virilità in relazione alle diverse pratiche di restrizione dietetica e, come ben ci fa capire l’autore, diventa cruciale se si sceglie uno stile alimentare veg.
8Anche per gli stili alimentari, come per le altre pratiche e repertori di costruzione della maschilità, infatti, il mutare delle condizioni produce la necessità di un aggiustamento al nuovo contesto attraverso strategie di riparazione, dette “manovre di genere”. Per manovre di genere si intendono le operazioni di riparazione simbolica messe in atto per manipolare le proprie prestazioni di genere o per risignificare talune pratiche in contesti valoriali in mutamento. Una tipica manovra di genere trattata nel libro è il passaggio dal consumo eccessivo di cibo come comportamento conforme ai repertori della maschilità egemonica all’ipercontrollo operato per rispondere agli imperativi morali dello stile di vita salutistico come forma di buona cittadinanza.
9Il concetto di corpo umano come progetto, come “entità in divenire”9, mette in risalto i modi in cui le scelte alimentari possono essere operate, sia in base ai modelli estetici, sia in base alla salute, ma più in generale rispetto a un concetto che ricomprende le precedenti opzioni e anche variabili come il genere e la classe sociale, ovvero il “gusto”10. Le regole o le tecnologie del sé11 rappresentano le modalità in cui gli individui interiorizzano modi e regole di comportamento, emozione e pensiero e li applicano nella vita quotidiana. Le regole del sé possono quindi anche essere intese come il modo in cui i discorsi e i fenomeni fisici entrano a far parte del progetto individuale di costruzione ed esibizione della soggettività, poiché “rappresentano le risposte individuali agli imperativi esterni sull’autoregolazione e la condotta e la loro adozione nella vita quotidiana”12. Queste pratiche si inscrivono nel corpo, segnandolo e modellandolo in modi culturalmente specifici che, in seguito, possono essere “letti” o interpretati dagli altri. Le abitudini e le preferenze alimentari sono pratiche fondamentali del sé, dirette alla cura di sé attraverso il costante nutrimento del corpo con cibi culturalmente considerati appropriati che, oltre a costituire una fonte di piacere, agiscono anche simbolicamente per rivelare l’identità di un individuo a sé stesso e agli altri. La scelta del regime alimentare e la scelta dell’aspetto che s’intende conferire al corpo fanno sì che la dieta stabilisca un rapporto fra l’aspetto fisico, l’identità e i repertori dell’espressività di genere in conformità con i modelli egemonici di maschilità e femminilità.
10In questo momento di grande mutamento dei modelli di maschilità, tra narrazioni di crisi e riconoscimento della tossicità di alcuni repertori discorsivi, il complicato rapporto tra pratiche di consumo e significati del corpo magro cortocircuita producendo la necessità di operare manovre di genere a volte complesse. Tuttavia la risignificazione delle pratiche, prodotta dalla necessità di negoziare tra le nuove forme espressive della virilità, attinge comunque alle grammatiche tipiche dei tradizionali repertori di maschilità. È per esempio il caso della valorizzazione dell’autocontrollo come tratto di definizione della virilità che diventa un sostegno a una maschilità che non mette più a valore la voracità, bensì il dominio della fame.
11Dal momento in cui la dieta pone la responsabilità dell’aspetto e del mantenimento del corpo direttamente nelle mani del suo proprietario, i corpi diventano simboli estremamente potenti del grado in cui i loro “proprietari” li sanno dominare: un corpo snello è un segnale che diamo agli altri del nostro autocontrollo e della nostra autodisciplina. Nei sistemi di welfare neoliberale il corpo magro è anche sinonimo di un corpo sano, esito di comportamenti e stili di vita salutistici e per questo è considerato indice di buona cittadinanza. Come spiega bene il libro, poi, l’esercizio dell’autocontrollo porta alcuni uomini a intraprendere la strada del digiuno. Il digiuno assume il significato di una pratica ascetica conforme al salutismo che fornisce la possibilità di mostrare potere e forza attraverso il controllo della fame; un dominio di sé che risulta perciò consono ai repertori di messa in scena della virilità.
12Nel caso delle rappresentazioni mediatiche, il rapporto tra maschilità e cibo utilizza mosse ben riconoscibili per muoversi sulla scacchiera dell’ordine di genere: se l’uomo è chef è competente (divisa) e autoritario (modi bruschi), se si “dechefizza” (togliendosi la divisa) inforca una motocicletta e diventa un turista del gusto che va all’avventura e alla ri-scoperta di cibi di strada (l’escapismo valorizza la cittadinanza piena dei corpi maschili nello spazio pubblico)13.
13A volte sono le condizioni di eccezionalità a far mutare il significato delle pratiche. Ne è un esempio il provisioning (la cura espressa attraverso l’approvvigionamento alimentare), una responsabilità che ancora grava sulle donne, non più perché basata sulla divisione dei ruoli domestici, ma in quanto esito della responsabilizzazione femminile della salvaguardia della salute familiare attraverso i corretti stili alimentari14. Come raccontato nell’ultima parte del libro, durante il primo lockdown, per esempio, il provisioning passa da essere una compito routinario femminile a una pratica che se portata a compimento dagli uomini assume il valore di gesto eroico: l’uomo cacciatore di cibo che sfida i pericoli per la sopravvivenza della sua famiglia.
14Come in un caleidoscopio ruotando la ghiera si producono diversi disegni, così la combinazione di diete alimentari e lavori in corpo collaborano alla costruzione di nuovi copioni di maschilità che si pongono in opposizione e in continuità con i modelli egemonici, perché lo fanno utilizzando grammatiche riconoscibili. Come attraverso il caleidoscopio si delineano così nuove figure complessivamente simmetriche perché formate dalla combinazione dell’immagine diretta (nuovi copioni di maschilità) con quelle create dal riflesso degli specchi (vecchi repertori di costruzione della virilità).
15Genova, novembre 2021
Notes de bas de page
1 A. Guerci, Il cibo tra salute e cura, «Salute e Società», VIII, 3, 2009, pp. 113-122.
2 D. Lupton, L’anima nel piatto, Bologna, il Mulino, 1999.
3 Quel complesso di atti, non esclusivamente linguistici, espressi, interpretati e incorporati dagli attori sociali per produrre e riprodurre le identità di genere, J. Butler, Performative Acts and Gender Constitution: An Essay in Phenomenology and Feminist, «Theory Theatre Journal», 40, 4, 1988, pp. 519-531.
4 R. W. Connell, Maschilità. Identità e trasformazioni del maschio occidentale, Milano, Feltrinelli, 1995; C. West, D. Zimmerman, Doing gender, «Gender & Society», 1, 2, 1987, pp. 125-51; C. West, S. Fenstermaker, Doing difference, «Gender & Society», 9, 1, 1995, pp. 8-37.
5 G. Roos, R. Prättälä, K. Koski, Men, masculinity and food. Interviews with Finnish carpenters and engineers, «Appetite», 3, 1, 2001, pp. 47-56.
6 J. Wardle, A. M. Haase, A. M. Steptoe Nillapun, K. Jonwutiwes, F. Bellisle, Gender differences in food choice: the contribution of health beliefs and dieting, «Annals of Behavioral Medicine», 27, 2, 2004, pp. 107-116.
7 A. Levi, K. K. Chan, D. Pence, Real men do not read labels. The effects of masculinity and involvement on college students’ food decisions, «Journal of American College Health», 55, 2, 2006, pp. 1-98.
8 P. Rozin, J. M. Hormes, M.S. Faith, B. Wansink, Is meat male? A quantitative, multi-method framework to establish metaphoric relationships, «Journal of Consumer Research», 39, 3, 2012, pp. 629-243.
9 C. Shilling, The Body and the Social Theory, London, Sage, 1993.
10 P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto [1979], Bologna, il Mulino, 2001.
11 M. Foucault, Tecnologie del sé. Un seminario con Michel Foucault, Torino, Bollati Boringhieri, 1992.
12 D. Lupton, L’anima nel piatto cit., p. 30.
13 F. Boni, Fast/Food. Appunti sul “gastro-motociclismo” televisivo, «AG AboutGender. International Journal of Gender Studies», 9, 17, 2020, pp. 63-96.
14 S. Benasso, L. Stagi, Ma una madre lo sa ? La responsabilità della corretta alimentazione nella società neoliberale, Genova, Genova University Press, 2018.
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Uomini e diete
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