5. Il tempo del confinamento
p. 96-118
Texte intégral
5.1. L’evoluzione delle violenze durante il confinamento: i dati del questionario
1L’evoluzione della violenza durante il periodo del primo lockdown era al cuore della nostra domanda di ricerca: volevamo capire se e quanto una situazione così particolare avesse influito sulla violenza da parte di un partner o ex. La nostra conoscenza della violenza da un partner intimo e in particolare della violenza post-separazione ci aveva condotto a formulare una doppia ipotesi: che la violenza potesse aumentare per le donne che convivevano con il maltrattante e che, all’opposto, potesse diminuire, proprio in ragione delle misure di restrizione della mobilità, per le donne non conviventi. Per rispondere a questa domanda, abbiamo costruito, a partire dalle riposte sui vari tipi di violenza date dalle donne nel questionario, un indice sintetico che permettesse di stimare se, nell’insieme, la violenza era piuttosto: aumentata, rimasta globalmente la stessa, diminuita. I risultati di questa analisi sono presentati nella tabella 5.1. Le nostre ipotesi sono confermate: tra le donne conviventi, la violenza è aumentata nel 28% dei casi, è rimasta stabile nel 60% ed è diminuita nel 12%. Tra le donne non conviventi, invece, la tendenza è opposta: aumento della violenza solo nell’8% dei casi, situazione globalmente stabile nel 36% e addirittura diminuzione nel 56% dei casi. Considerando le violenze una per una, rileviamo che, tra le donne conviventi, le violenze che aumentano maggiormente, per più del 40% del campione, sono gli abusi psicologici, la violenza economica, le minacce e le violenze fisiche. Per le donne non conviventi, le violenze che aumentano più spesso sono le molestie via telefono o web e le violenze economiche, delle forme che non necessitano della presenza fisica del maltrattante per essere attuate; quelle che diminuiscono maggiormente (per più del 70% dei casi) sono le minacce, la violenza fisica e sessuale, lo stalking fisico e le minacce di suicidio del partner. Le conseguenze di vivere o meno con padre durante il lockdown si fanno sentire anche su bambini e bambine: in caso di convivenza, le violenze dirette sui figli e le minacce che li riguardano aumentano nel 39% dei casi e il loro coinvolgimento nei maltrattamenti sulla madre (violenza assistita) aumenta nel 45% delle situazioni. Per i/le figli/e delle donne non conviventi (molti/e dei quali, come vedremo, hanno passato il lockdown esclusivamente con la madre), c’è stata invece una diminuzione importante: le minacce che li riguardano diminuiscono nel 60% dei casi, le violenze assistite e dirette diminuiscono in circa il 70% delle situazioni. Le differenze tra i due gruppi di donne si osservano anche a parità di varietà di tipi di violenza: per esempio, quando sono esposte a 7-9 tipi di violenza, vedono la violenza diminuire durante il lockdown il 20% delle conviventi e il 60% delle non conviventi. In sintesi, il lockdown ha rappresentato un aggravamento della violenza del partner per più di un quarto delle donne conviventi mentre ha significato una riduzione della violenza per più della metà delle non conviventi; una tendenza simile riguarda i bambini e le bambine.
Tabella 5.1. Evoluzione della violenza dal partner/ex durante il lockdown, secondo che la donna conviva o meno con lui
Donne coabitanti (N=104) | Donne non coabitanti (N=134) | |||||||
Evoluzione della violenza durante il lockdown | ||||||||
Tipo di violenza | aumentata | stabile | diminuita | aumentata | stabile | diminuita | ||
% | % | % | p | % | % | % | ||
Violenza psicologica | 54 | 30 | 16 | *** | 19 | 30 | 52 | |
Comportamenti di controllo | 35 | 46 | 19 | *** | 18 | 22 | 60 | |
Minacce di violenza, di morte | 44 | 41 | 15 | *** | 10 | 19 | 71 | |
Violenza fisica | 43 | 30 | 26 | *** | 1 | 4 | 95 | |
Violenza sessuale | 39 | 25 | 36 | *** | 3 | 6 | 91 | |
Stalking (fisico) | 29 | 33 | 38 | *** | 16 | 12 | 72 | |
Violenza via telefono/web (insulti, minacce, revenge porn) | 33 | 35 | 33 | ns | 23 | 30 | 42 | |
Violenza economica | 47 | 48 | 5 | *** | 26 | 33 | 42 | |
Minacce di suicidio | 28 | 25 | 47 | *** | 5 | 7 | 88 | |
Minacce di portar via i bambini, di far loro del male | 39 | 41 | 19 | *** | 10 | 29 | 61 | |
Bambini/e: violenza assistita | 45 | 37 | 17 | *** | 10 | 22 | 68 | |
Bambini/e: violenza diretta | 39 | 45 | 15 | *** | 16 | 13 | 71 | |
Numero di tipi di violenza | ||||||||
4 o meno | 25 | 70 | 5 | *** | 15 | 40 | 45 | |
5-6 | 44 | 41 | 15 | *** | 6 | 33 | 61 | |
7-9 | 13 | 67 | 20 | .01 | 4 | 35 | 60 | |
Evoluzione della violenza: indice sintetico+ | 28 | 60 | 12 | *** | 8 | 36 | 56 |
Le percentuali vanno lette in riga.
*** p<0.001
+ Costruito utilizzando i 12 tipi di violenza, incluse le violenze sui figli/e. Si tratta di un’indicazione della tendenza: a partire dai tipi di violenza riportati dalle donne intervistate e dalla loro frequenza, questo indice è una sintesi che va da 1, violenza piuttosto aumentata a 3, violenza piuttosto diminuita. Violenza stabile significa che la somma dei punteggi rimane stabile nei due momenti ; i tipi di violenza possono però essere diversi.
2È opportuno ricordare che, prima del confinamento, i figli/e delle donne non conviventi subivano più violenze dirette e assistite e più minacce dei figli/e delle conviventi (capitolo 4, tabella 4.1). Il confinamento e le misure di restrizione della mobilità hanno quindi avuto un impatto e conseguenze molto diverse per le donne e i loro figli e figlie.
3Come abbiamo visto (capitolo 3, tabella 3.1), coabitanti e non coabitanti differiscono rispetto ad alcune caratteristiche socioeconomiche: le non coabitanti sono più spesso occupate e hanno più spesso una buona situazione economica; l’aggressore è più spesso un ex-partner e più spesso le donne ignorano la sua situazione professionale. Queste diversità potrebbero spiegare almeno in parte le differenze nell’evoluzione della violenza. Abbiamo quindi svolto un’analisi multivariata, costruendo un modello statistico che includeva, oltre alle due variabili di interesse (status di coabitazione ed evoluzione della violenza) anche occupazione e situazione economica della donna e tipologia e situazione professionale dell’aggressore: i risultati mostrano che lo status di coabitazione è significativamente associato all’evoluzione della violenza anche prendendo in conto le differenze tra i due gruppi di donne. In sintesi, rispetto alle non conviventi, le conviventi hanno avuto un rischio di due volte e mezza maggiore di essere esposte a un aumento della violenza del partner durante il lockdown1.
5.1.1 Le domande aperte: i motivi del cambiamento
4Nel caso ci fossero stati dei cambiamenti nella situazione di violenza, nel questionario si poneva alle donne una domanda aperta, chiedendo quali fossero, secondo loro, i motivi dei cambiamenti: più della metà delle donne ha risposto a questa domanda.
5Le donne coabitanti. Per categorizzare le risposte secondo l’evoluzione della violenza (aumento, stabilità, diminuzione) è stato utilizzato l’indicatore sintetico (tabella 5.1). La maggior parte delle donne conviventi hanno dato delle spiegazioni per l’aumento della violenza. I motivi citati più frequentemente riguardavano la situazione di isolamento, il fatto di passare tanto tempo insieme, senza distrazioni, senza lavorare, a cui, in alcuni casi, si aggiungevano preoccupazioni economiche e professionali. La diminuzione della violenza è una situazione infrequente per le donne che convivono e le spiegazioni del mutamento sono più eterogene. Che la violenza sia diminuita o aumentata, comunque, ritroviamo con una certa frequenza alcune categorie di spiegazioni quali: i problemi con l’alcol, la volontà di controllo della donna, la separazione imminente, le preoccupazioni economiche o lavorative (tabella 5.2). Solo in un caso la donna spiega la diminuzione della violenza con l’intervento delle forze dell’ordine.
Tabella 5.2. Donne coabitanti
Ragioni per i cambiamenti nella violenza del partner durante il lockdown* |
Ragioni legate alla situazione di confinamento. Per esempio: |
Aumento: Per la clausura e per la mancanza di spazio, lui insofferente (33)**; Si era tutti sotto lo stesso tetto, il bambino era più agitato e questo creava aumento di tensioni (141); Troppo contatto, nessuno spazio personale, niente distrazio-ni, nessun’altro con cui scaricare la tensione (123); Eravamo sempre a stretto contatto e litigavamo per la gestione di nostro figlio (162); Perché essendo una persona iperattiva è diventato più aggressivo non potendosi sfogare con lo sport come prima; sono aumentate le tensioni con la sua famiglia di origine (214). |
Ragioni legate all’alcol. Per esempio: |
Aumento: Perché lui sta male e soffre di attacchi d’ansia, il fatto di stare a casa ha peggiorato tutto e ha iniziato a bere molto (93); Stava sempre a casa a bere (13); Lui non faceva niente, fumava beveva e basta (145). |
Diminuzione: Non poteva uscire, non beveva e non girava sempre con i suoi amici, gli conveniva fare l’agnellino (245); Perché lui ha problemi con l’alcol e durante la quarantena non poteva andare a bere al bar (287). |
Ragioni legate al controllo sulla donna. Per esempio: |
Aumento: Aveva paura di perdere il controllo. Poteva uscire per la spesa ma spesso non usciva per controllare ciò che lei faceva (110); Perché io lavoravo ed ero più spesso fuori casa e quindi ero meno controllabile (126). Diminuzione: Mi aveva sotto controllo, quindi non è aumentato nulla e qualcosa è diminuito. Dice che sono sua (212); Aveva la sicurezza che io non potevo muovermi, non avevo contatti con nessuno e quindi non c’era condi-zionamento esterno (160). |
Ragioni legate al lavoro (non lavorare, paura di perdere il lavoro) o ai problemi economici. Per esempio: |
Aumento: Tanto tempo chiusi a casa senza lavorare (36); Frustrazione maggiore, lui era a casa dal lavoro e doveva occuparsi per forza anche delle figlie, scelta del datore di lavoro di lasciarlo in cassa integrazione, si è sentito sminuito perché io lavoravo più di lui (29); Lui senza lavoro e non sapendo il futuro (86); Per il fatto che lui si trovava sempre a casa e per la crisi economica (133). |
Ragioni legate alla separazione dal partner. Per esempio: |
Aumento: Causa inizio discorso separazione (83); Gli aumenti sono dovuti al fatto che eravamo tutti e due presenti a casa per tutto il giorno. Il resto è rimasto lo stesso. L’aumento c’è stato da gennaio quando abbiamo deciso di separarci (adesso separati in casa). Prima della quarantena ci vedevamo solo la mattina e la sera (182); Ultimamente mi vedeva decisa a lasciarlo, lui lavorava prevalentemente fuori città ed era geloso e controllante (268). |
* Presentate in ordine di frequenza.
** Tra parentesi, il numero del caso.
6Le donne non coabitanti. Le non coabitanti hanno fornito delle ragioni soprattutto per quanto riguarda la diminuzione della violenza durante il lockdown. I motivi principali sono legati alle restrizioni della mobilità e all’attuazione di misure giudiziarie di diverso tipo: divieti di avvicinamento, detenzione ai domiciliari o in carcere. Tra le donne che invece hanno riportato un aumento, la spiegazione più frequente è che l’ex-partner, chiuso in casa senza lavorare e con molto tempo a disposizione, ne avesse approfittato per molestarle più di prima, via telefono o web. L’esigenza di controllo del maltrattante è citata sia come motivo di diminuzione sia di aumento della violenza (tabella 5.3).
Tabella 5.3. Donne non coabitanti
Ragioni per i cambiamenti nella violenza del partner durante il lockdown* |
Ragioni legate alle restrizioni della mobilità (risposta più frequente). Per esempio: |
Diminuzione: La limitazione di movimento non gli permettevano di seguirla di appostarsi sotto casa (41); Eravamo tutti in casa e non si poteva uscire. Io ero al sicuro da mia mamma (64); Le violenze sono diminuite perché eravamo confinati in luoghi differenti. La violenza economica è aumentata perché è uno squilibrato (98); Sono diminuiti gli inseguimenti perché sapeva che non poteva uscire di casa se non per esigenze importanti, lavoro, spesa, farmacia (95); Ha smesso di dare 50 euro al mese per la figlia perché ha avuto meno entrate. Le altre violenze sono diminuite perché non c’era possibilità di contatto e lui ha avuto molta paura del contagio (206); A causa del lockdown erano sospese le visite protette (45); Il lockdown ha diradato gli incontri per scambio figlie ma c’è stata attività di controllo tramite terzi: babysitter e figlie (88). |
Ragioni legate all’attuazione di misure giudiziarie di vario tipo. Per esempio: |
Diminuzione: Lui si trovava in carcere (42); Ho ottenuto le misure protettive per il reato di stalking (92); Era in carcere per tentato omicidio (sulla donna) e sequestro di persona aggravato (la donna e la figlia) (152); Poco prima del LD era stato condannato per maltrattamenti in famiglia, quindi alcune forme di violenza sono diminuite (170); Aveva il divieto di avvicinamento penale, si è calmato lui (103); La violenza è diminuita perché lui era detenuto in carcere e poi ai domiciliari. Le violenze che non sono diminuite, ha continuato a esercitarle attraverso terze persone (130); Ai domiciliari a seguito di sua denuncia (263). |
Ragioni legate all’aumento di tempo libero del maltrattante. Per esempio: |
Aumento: L’aumento è legato al fatto che, avendo molto tempo a disposizione, il mio ex si concentrava di più su di me e nostra figlia; la diminuzione è legata all’assenza fisica (56); Perché era tutto il giorno a casa con molto tempo libero per telefonare (210); Probabilmente dalla frustrazione di essere chiuso in casa, avendo più tempo libero si è concentrato su questo (238); Perché lui aveva più tempo non andando al lavoro (239); Lui non lavora, durante il confinamento aveva iniziato a minacciarmi via telefono, l’ho bloccato (194). |
Ragioni legate al controllo della donna. Per esempio: |
Aumento: L’aumento della violenza derivava dalla consapevolezza che mi stavo sottraendo al suo controllo (129); Dalla mancanza del controllo diretto nei miei confronti, utilizzava i bambini (267); Perché non ero presente, non aveva il controllo della situazione (169). |
Diminuzione: Ero chiusa in casa con i bambini e lui sapeva dov’ero e non aveva bisogno di controllarmi (137). |
* Presentate in ordine di frequenza.
5.2. Il racconto delle donne
7Nel questionario le donne hanno dato una risposta precisa a delle domande dirette, con un piccolo margine di libertà nelle risposte alle domande aperte. Nell’intervista qualitativa, invece, le donne hanno raccontato la loro storia, sollecitate da alcune domande ma libere di approfondire quello che stava loro a cuore e anche, a volte, di sorvolare su quello che preferivano non raccontare o ritenevano meno pertinente. Non c’è da stupirsi quindi che i dati provenienti dai questionari non siano esattamente sovrapponibili a quelli estratti dalle interviste, anche se si tratta in entrambi i casi di donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza nella stessa regione, con uno scarto di solo pochi mesi tra la somministrazione del questionario (giugno-settembre 2020) e la conduzione delle interviste (gennaio-febbraio 2021). Anche dalle interviste, tuttavia, emerge quanto l’esperienza delle donne durante il lockdown fosse stata diversa a seconda che avessero convissuto o meno con il maltrattante.
5.2.1. Il confinamento per le coabitanti: rivelatore di una situazione insostenibile
8Tra le intervistate, 11 avevano convissuto con il partner durante il lockdown o almeno durante una sua parte: nessuna di loro convive più alcuni mesi dopo, al momento dell’intervista. Dal loro racconto emergono relazioni di coppia insoddisfacenti, con partner controllanti o denigranti, scarsamente partecipi della gestione domestica e dell’educazione dei figli: il confinamento ha acuito i problemi, funzionando da rivelatore di una situazione difficile e rendendo evidente quanto fosse insostenibile. Se prima c’erano umiliazioni, litigi, controlli e prepotenze, grida o mutismi, chiusi in casa giorno e notte aumenta la tensione e scatta la violenza fisica dell’uomo: la donna chiede aiuto, ricorre al centro e decide di separarsi; all’annuncio della separazione, le violenze possono intensificarsi ulteriormente. Dalle interviste emergono anche le strategie delle donne per abbassare il livello di tensione ed evitare peggiori violenze in un periodo in cui è particolarmente difficile prendere decisioni radicali e metterle in pratica. Di seguito, presentiamo alcune citazioni dai racconti delle donne conviventi: ogni storia è unica, ma ritroviamo in ognuna numerosi elementi tra quelli che abbiamo citato.
Alessia. Dover essere ovviamente costretti a restare all’interno delle mura domestiche ha messo a dura prova la mia famiglia. L’ho vissuta in modo difficile, trovarmi in casa con una persona che comunque mi ha alzato le mani, mi ha messo le mani addosso, è stato molto complicato, molto doloroso, ho avuto momenti di paura e di ansia; credo il Covid abbia portato all’esasperazione dei rapporti, per l’amor del cielo, avevamo già problemi prima niente da dire […] quantomeno prima del Covid la situazione era gestibile, i contatti tra noi adulti erano ovviamente limitati, il tempo che si stava insieme era inferiore eccetera, poi questa costrizione in casa ha esasperato tutti e quindi di conseguenza poi si è arrivati dove sono arrivata io ecco.
Lui continuava a denigrarmi, lui è sempre stato uno dove, se poteva mettere una parola brutta nei miei confronti, l’ha sempre fatto e diciamo che in casa ovviamente, siccome la presenza sua era molto più costante e c’era, perché non poteva andare da nessuna parte, andava avanti a denigrarmi […] costantemente a dirmi che non faccio niente, che non sono in grado di educarli (bambini/e di 9 e 5 anni) perché magari durante la giornata erano più fastidiosi, piangevano eccetera o magari mi inventavo delle attività. È aumentato lo stress in casa e questo è stato sicuramente il motivo della situazione per essere arrivati a mettersi le mani addosso, anzi mi ha messo le mani addosso. Ha cominciato a insultarmi verbalmente e poi io ho cercato di dirgli smettila e gli ho fatto un gesto per allontanarlo con la mano e lui mi ha preso per il collo, mi ha alzata, mi ha attaccata al muro. Ho cercato di svincolarmi e nel svincolarmi mi sono ferita la mano, proprio sangue sulle nocche della mano perché venivo sbattuta contro il muro perché cercavo di liberarmi.
9La violenza fisica avviene in marzo; Alessia non ricorre al pronto soccorso per paura del Covid, attende la fine del lockdown per sporgere denuncia e solo il 15 ottobre l’uomo viene allontanato da casa con un’ordinanza del tribunale. Sia durante il confinamento sia nel lungo periodo successivo, deve attivare varie strategie per evitare ulteriori violenze:
Alessia. Per evitare situazioni analoghe, ovviamente ho dovuto vivere in casa con un profilo basso e cercare di lavorare tantissimo su di me per lasciar correre qualsiasi cosa per non arrivare di nuovo allo scontro, uno scontro che sarebbe stato facilissimo, perché nella situazione in cui eravamo potevamo ricaderci ogni istante della giornata e quindi per questo è stato un periodo veramente difficile. Ho cercato comunque di lasciar correre anche se dalla parte dell’altro adulto arrivavano input costanti di scontro, di comportamenti molesti, di fastidi continui, di cercare costantemente lo scontro.
10Nel racconto di Leyla, sono presenti altri due elementi: l’alcolismo del partner e il coinvolgimento dei figli.
Leyla. Eravamo insieme a casa 24 su 24 senza possibilità di uscire, di andare da qualche parte e c’era il problema del suo alcolismo […] beveva di più, non so se questo è un cambiamento […] le offese sì, erano anche contro mio figlio anche se non direttamente, c’era sempre un muro, mio marito era in cucina, mio figlio nella sua camera, in due stanze una accanto all’altra e si sentiva tutto. […] mio figlio sentiva e veniva a dirmi di dirgli di smetterla, di non dire parolacce e tutte quelle cose. La situazione era molto brutta.
11Poi, in occasione di un litigio per motivi banali:
Leyla. Lui mi ha preso sul collo e mi ha cominciato a dare schiaffi sulla faccia, io stavo zitta, non ho detto nulla, niente, assolutamente niente però in un momento ho sentito la voce, ho sentito la voce di mio figlio “smetti di darle le botte, smettila subito o ti faccio male”, mio figlio che aveva 16 anni. […] I maltrattamenti di mio marito, è successo due volte in un mese e per me voleva dire spesso, erano più verbali che fisiche, io sinceramente volevo scappare da quella situazione ma non avevo nessuno da cui poter andare. Quando è avvenuto durante il Covid, da quando siamo tutti in lockdown è diventato tutto più grave per me. Dopo questo secondo episodio successo durante il lockdown ho deciso di venire da voi [centro antiviolenza] e lasciare questa storia dietro di me, senza drammi, per andare avanti.
12Il marito di Monica (come lei, un professionista) mette in atto una serie di comportamenti controllanti, minacciosi e ossessivi su cui la donna preferisce sorvolare, ma tali da far partire da parte degli assistenti sociali una denuncia penale per i maltrattamenti (a seguito della quale è stato attivato il cosiddetto “Codice Rosso”2). Anche per lei il periodo di confinamento è stato rivelatore della “vera personalità” del partner.
Monica. Lui […] stava anche via all’estero 10 giorni quindi ci si vedeva quasi mai e ci si notava meno ed era sopportabile, ti vedi poco e per quel poco che ti vedi mandi giù. [Durante il lockdown] io ho sempre cercato di mantenere una convivenza a casa cercando di limitare ed evitare che venissero fuori determinati comportamenti violenti, quindi è stato sempre un vivere sopra le uova, stare attenta a tutto, la convivenza a casa ha obbligato a me ad accettare: se prima accettavo l’80% ora ho dovuto accettare il 120% di cose storte […] Quindi ha amplificato tantissimo questo atteggiamento di lui, atteggiamento di prevaricazione nei nostri confronti ed è emersa la vera personalità, cosa che prima si notava meno per il fatto che lui stava via tutta la giornata.
13Jasmina, una giovane donna proveniente da un Paese asiatico, racconta l’impatto del confinamento in maniera sintetica e con grande chiarezza.
Jasmina. Prima tante cose le potevo evitare e quando si sta tutto il giorno insieme a casa viene fuori di tutto. … “tu devi diventare così, tu devi diventare come le altre donne che hanno tanti bambini”, non devo avere la volontà di lavorare, di studiare, [lui] dice “perché tu non rimani a casa come le altre donne del [Paese di origine]?”, “perché vuoi lavorare e studiare?” In questo discorso è iniziato tutto il problema. Questo è iniziato prima ma in quarantena questo è diventato grave. Proprio grave, lui in quel momento ha iniziato a dire che se io non voglio essere come una donna [Paese di origine], dovevo lasciarlo.
14Tra le 11 donne che hanno trascorso almeno una parte del lockdown convivendo con un partner, due si trovavano in una situazione particolare. Il compagno di Morgana, che aveva casa e famiglia in un’altra regione italiana, si è trovato bloccato nel piccolo appartamento di lei a causa del lockdown: ciò ha scatenato reazioni violente (paura di morire lontano da casa sua), che si sono tradotte in scenate in cui l’uomo ha distrutto mobili e suppellettili e in violenze fisiche e sessuali nei confronti di Morgana.
Morgana. Quando è stato chiuso tutto lui viveva a casa mia, perché lui ha due vite, una in [regione di origine] e diceva sempre che voleva andare a […] ma non poteva andare per la pandemia.
La quarantena l’ha passata con me ma lui non voleva, voleva andare al sud ma non poteva però si svegliava la notte, iniziava ad urlare, a telefonare ai carabinieri perché voleva andare via, ha iniziato a bere tanto, tanto, tanto. Mi disturbava, non mi lasciava dormire, svegliava tutta la casa alle 3 di mattina, mia figlia sentiva e si preoccupava, voleva fare l’amore sempre e comunque, come se fossi un giochino suo, io dovevo essere sempre disponibile con lui; lui beveva tanto, litigava con me perché io leggevo e non parlavo con lui. Lui urlava perché non voleva morire. La mia strategia in quel periodo era solo quella di fare l’amore per farlo calmare, non sapevo cos’altro fare, io avevo paura che lui mi ammazzasse, lui ha avuto episodi in cui prendeva il coltello e me lo metteva al collo, ci sono stati tanti episodi violenti con me, non mi toccava ma dava i pugni sul muro, rompeva le porte, rompeva i mobili e mi faceva una violenza psicologica molto grande.
15La situazione di Roberta è ancora diversa: a causa di maltrattamenti psicologici e dopo alcuni episodi di violenze fisiche si è separata da circa 7 anni da un uomo, con cui ha avuto due figlie che ora hanno 9 anni. L’ex-partner vive in un’altra città; ora i rapporti tra loro sono buoni e le bambine passano, sia pure malvolentieri, parecchio tempo con il padre. Quando scatta il confinamento, Roberta inizia a lavorare da casa ma si rende conto rapidamente delle difficoltà: seguire due bambine di quella età in didattica a distanza, assicurando regolarmente tutte le altre attività domestiche è incompatibile con lo svolgimento del suo lavoro. L’ex-marito è in pensione e accetta volentieri di trasferirsi nella città e nella casa di Roberta per seguire le figlie. All’inizio tutto sembra andare per il meglio, ma dopo poco arrivano a Roberta delle segnalazioni di maltrattamenti del padre sulle bimbe.
Roberta. I vicini di casa mi riferivano in un modo un po’ confuso, però cercavano di farmi capire che mentre ero al lavoro sentivano urla, sentivano parolacce, e quindi mi sono preoccupata e poi le mie figlie mi raccontavano “guarda papà mi ha fatto questo, mi ha sbattuto la testa sulla scrivania” oppure “il papà è completamente assente tutto il tempo non ci parla neanche non ha neanche fatto da mangiare”.
16Constaterà le violenze con i suoi occhi assistendo a questo episodio.
Roberta. P. [la bambina] si innervosisce di questa cosa perché la vive come un’umiliazione [da parte del padre] e prende della sabbia e la lancia contro il papà, lui si alza, prende la sua mano con le sue due mani grandi e la stringe fortissimo sotto i miei occhi, ha avuto uno scatto di rabbia pazzesco in pubblico in pieno giorno, e se ci ripenso mi viene l’affanno a rivivere quel momento, lui urlava “ti spacco la mano perché tu non suonerai più il piano, ti spacco la mano capito? non puoi permetterti di fare così”.
5.2.2. “Io devo ringraziare il Covid per tante cose”
17Queste donne hanno vissuto momenti difficilissimi durante il confinamento, fatti di ansia, collera, paura e tanta sofferenza. Malgrado ciò, paradossalmente, il Covid e il lockdown sono, alla fine, eventi connotati positivamente; hanno rappresentato infatti una sorta di spartiacque, un momento in cui l’eccezionalità della situazione ha permesso loro di capire che anche la normalità era insopportabile e che, inoltre, non erano obbligate a sopportarla. Sulle 11 donne conviventi intervistate, 7 hanno espresso spontaneamente dei sentimenti positivi, quasi di gratitudine, riconoscendo il ruolo cruciale del Covid nella svolta che hanno impresso alla loro vita.
Monica. Io dico sempre che per fortuna c’è stata questa pandemia per me perché ha fatto sì che venisse fuori velocemente qualcosa che se no ci avrei messo altri 13 anni per accorgermi […] mi dispiace dirlo per chi ha perso qualche persona cara, è una brutta pandemia per carità, però a me ha aiutato, io devo ringraziare il Covid per tante cose, so che è brutto da dire però mi ha salvato la vita, se non ci fosse stato io non avrei mai preso il coraggio di questa cosa. Il sapere che quello che faceva ricade in ambito penale mi ha un attimo scombussolata quindi adesso sono un po’ frastornata, perché dico ma siamo veramente in una situazione così grave, qualche momento buono lo aveva insomma, però poi tirare giù tutte le cose negative, mettere tutto su un quaderno e vedere quante pagine sono saltate fuori, caspita non erano proprio poche... quindi perché non averlo fatto prima, se non succedeva il Covid io non le avrei viste tutte insieme, ma le vedi dilatate nel tempo e ti ci abitui, non vedi vie d’uscite, poi scopri che esistono i Centri e possibilità d’uscita ci sono e ti dici “aspetta una possibilità d’uscita c’è, allora eccomi”.
Roberta. La pandemia è stata un’occasione incredibile per vedere come lui si comporta con loro [bambine] e scoprire che oltre le cose belle che lui faceva con loro, però oltre a questo c’è anche questo papà che sclera, che perde completamente il controllo […] Mi ha fatto vedere chiaramente una cosa che non avevo visto o non riuscivo a vedere chiara, anche se c’erano tanti indizi però non riuscivo a pensare di dover allontanare le bambine dal loro padre cioè questa mi sembrava una cosa enorme da fare, grandissima, invece ho visto l’essenzialità di questa cosa, dovevo farlo, dovevo allontanare il papà da queste bambine, finalmente l’ho vista e l’ho fatta questa cosa.
Silvia. La pandemia effettivamente ha fatto capire con che persona stavo cioè secondo me il fatto di dover dire effettivamente di stare 24 su 24 insieme mi ha fatto rendere conto di come andavano le cose, ho capito che la persona che avevo a fianco non era giusta per me ma proprio zero, che continuava a parlare a vanvera anche se quello che faceva era esattamente il contrario e posso dirti che forse è anche servito. Magari se non ci fosse stata avrei potuto dire “Aspetto ancora un po’, ma vediamo come va. Vediamo se cambia. Vediamo se...” invece il fatto di vivere 24 su 24 mi ha fatto dire no così non si può non si può stare cioè è impossibile.
18Per Vanessa, l’aspetto maggiormente positivo è legato al fatto che, date le restrizioni della mobilità, il fidanzato violento non avrebbe potuto seguirla quando lei lo ha lasciato per rifugiarsi dalla famiglia di origine.
Vanessa. Forse la cosa del Covid mi ha aiutata, perché se me ne vado via, comunque i comuni sono chiusi, dovevo prendere la macchina e ci sono tanti controlli, per cui se me ne vado via non mi verrà mai a cercare.
Domanda. Che ruolo ha avuto la pandemia nella tua uscita dalla violenza?
Vanessa. Positivo, perché comunque ho approfittato della situazione, magari mentre ero ancora con lui negativa, perché ero costretta a stare in casa, però per potermene andare via positiva, perché almeno ero sicura che lui non potesse corrermi dietro, il Covid è riuscito a tenermelo lontano; ho potuto agire senza aver paura di essere perseguitata fisicamente.
19Per altre due donne, Lavinia e Jasmina, la difficile situazione conseguente al confinamento si è trasformata in una lezione per il futuro.
Lavinia. [Durante la quarantena] lui è diventato peggio. Molto peggio. Malissimo, malissimo, stavamo sempre insieme, a lui non piace lavorare, non mi faceva lavorare. […] Il figlio ancora non camminava, e se andavo in bagno e mio figlio cadeva vicino a lui, lui neanche si interessava. Mi chiamava in tutti i modi, sempre. Poi se gli dicevo che lo lasciavo mi minacciava che mi uccideva. Stavo sempre in ansia, stavo sempre a pregare, a chiedere a Dio di aiutarmi a scappare di là. È stato un periodo in cui ho imparato la mia lezione. Caso mai se mi innamoro in futuro non prenderò mai nessuno schiaffo, non permetterò mai a nessuno di farmi sentire inferiore.
Jasmina. Prima tante cose le potevo evitare e quando si sta tutto il giorno insieme a casa viene fuori di tutto. Ho pensato che quando finisce il Covid devo trovare un lavoro fisso, devo scegliere una strada perfetta, così almeno ho il lavoro fisso, così posso mantenere la mia vita con mia figlia. Il Covid mi ha dato questa lezione.
20Per queste donne, il confinamento è stata l’occasione di una presa di coscienza profonda che si è tradotta in decisioni impegnative, a volte con una portata definitiva: denuncia, accoglimento in casa rifugio, separazione. Nessuna di loro convive più al momento dell’intervista. Come già sappiamo, questi passi non implicano purtroppo la fine delle violenze, tutt’altro. Sono però i passi necessari per liberarsi e riprendere in mano la propria vita, seguendo una strada che, come dice Jasmina nel suo italiano ancora un po’ scolastico, sarà “perfetta”. È possibile che l’evoluzione sia stata resa possibile grazie a un contesto tutto sommato favorevole: le donne intervistate hanno potuto trovare le risorse esterne (famiglia, amiche e soprattutto un centro antiviolenza ma anche a volte, come vedremo, le forze dell’ordine) che hanno permesso loro di intraprendere questo percorso. Non è detto che tutte le vittime di violenze da un partner si siano trovate in una situazione simile a quella delle nostre intervistate. Tuttavia, anche in questo contesto sociale relativamente favorevole, la valenza positiva del confinamento legato al Covid impressiona, perché ci dà una misura dell’inferno quotidiano che era stata la loro vita.
5.2.3. Il confinamento per le non coabitanti: una tregua momentanea
21Come abbiamo visto, durante il lockdown la violenza dell’ex-partner è diminuita per il 56% delle donne non conviventi, una diminuzione che, nelle domande aperte del questionario, le intervistate attribuiscono soprattutto alle disposizioni rigorose di restrizione della mobilità e alle misure cautelari messe in atto subito prima o durante il lockdown: alcuni uomini sono in carcere o agli arresti domiciliari, altri hanno l’interdizione di avvicinarsi alla donna o ai figli/e. Le parole delle donne esprimono il sentimento di sollievo che ha caratterizzato per loro questo periodo ma anche a volte il timore che con il ritorno alla normalità, la tregua finisca.
Margherita. Durante la quarantena c’era un po’ più pace, perché comunque era tutto bloccato, anche a livello legale, e lui tutto sommato era abbastanza tranquillo […] Poi però, per tutte queste cose penso sia peggiorato. Anche tutti i processi, anche la separazione che dovevamo fare a marzo, è tutto slittato ad ottobre, quindi è slittato tutto quello che è stato di stressante ed impegnativo per me per i bambini.
Wendy. Allora finché è stata zona rossa ero contenta perché sapevo che lui almeno era al suo posto e non poteva venire nella mia zona, l’ho vissuta liberamente.
Domanda. Il primo lockdown come l’hai vissuto?
Wendy. Ma bene bene devo dire l’ho vissuto perché almeno ero qua, mi sono divertita con mio figlio, nonostante tutto mi sono trovata bene, mi sono sentita almeno protetta. Quando poi hanno riaperto lui si è fatto vedere subito.
22Anche per Stella si è trattato di un periodo tranquillo: le visite padre-figli sono state sospese di comune accordo e l’ex-partner si è mostrato disponibile, forse nella speranza che lei ritirasse la denuncia nei suoi confronti.
Stella. Per sicurezza dei bambini e per tutti noi abbiamo deciso assieme che era meglio sospendere le visite, sua mamma lavora anche in una casa di riposo quindi poteva essere rischioso ed era meglio fare così, da lì non ci sono stati problemi […] diciamo che i prime tre mesi quando eravamo chiusi in casa non posso dire che sono stati male perché io ero da sola con bambini, lui mi aiutava quando avevo bisogno della spesa o qualcosa perché non potevo uscire, gli scrivevo, gli davo soldi o qualche volta anche lui faceva senza prendere niente, faceva la spesa e me la portato davanti alla casa quindi per quel periodo è stato molto raffinato psicologicamente, nel senso per farmi ritirare la denuncia […] per me non è stato un problema la pandemia, anzi il peggio è adesso, nella normalità.
23Viola non esita a definire il lockdown come il periodo più bello della sua vita; durante questi mesi le visite padre-figlio sono state in gran parte sospese.
Viola. Sia io che il bambino devo dire, abbiamo vissuto i primi due mesi proprio di lockdown molto bene; nel senso che noi comunque abbiamo sempre qualcosa da fare, da inventarci, da costruire, abbiamo la fortuna di avere un balcone […] siamo stati benissimo, proprio una bolla, il periodo più bello della mia vita per quanto mi riguarda, perché eravamo lì dedicati solo a stare tra di noi, fare quello che ci piaceva, costruire, fare...
Domanda. Pensi che fosse collegato al fatto che lui era fuori dalla vostra quotidianità?
Viola. Secondo me sì, perché almeno io ho vissuto molto meno tutto lo stress che vivevo prima, con lui che magari non veniva a prendere il bambino, ma quando viene a prenderlo, sono situazioni per creare problemi; lì ero distaccata, quindi lui era da una parte e io dall’altra, perciò più di tanto non poteva rompere le scatole. Sicuramente sì è stato un sollievo, un enorme sollievo non dover stare con lui ogni giorno.
5.2.4. Ma per alcune, la violenza continua
24Per alcune donne del nostro piccolo campione, tuttavia, le violenze non sono affatto diminuite. Come sappiamo, la fine della convivenza non si traduce nella fine delle violenze; se ci sono figli, essi diventano lo strumento attraverso il quale l’uomo violento continua a controllare l’ex-partner3. Fin dalle prime settimane di lockdown, il governo italiano ha esentato dalle restrizioni della mobilità i genitori separati che volevano recarsi dai figli domiciliati in altri comuni o regioni. Nel nostro campione, in alcuni casi le visite padre-figli sono state sospese, in altri sono continuate come in precedenza o sono state sostituite da video-chiamate. Quando le visite sono continuate, sono continuate pure le tensioni e le occasioni di violenza, ulteriormente complicate dalla paura del virus. Questa è stata l’esperienza pesante di Gloria, separata con un figlio di tre anni. Durante il lockdown il padre vive in un’altra regione e lei, che ha una formazione sanitaria ed è consapevole dei rischi di infezione, cerca di limitare le visite padre-figlio.
Gloria. Il lockdown l’ho vissuto con tutta una serie di complicazioni perché ovviamente io avevo fatto già una separazione e quindi c’era tutto il discorso visite, telefonate, quant’altro. Durante il lockdown per ovviare a questo problema delle visite ho fatto, come già facevo in realtà, le videochiamate però questo è diventato un meccanismo un po’ di vendetta, è stato un periodo in cui praticamente pretendeva di fare delle videochiamate infinite. Stavamo al telefono anche un’ora e mezza, il bambino dall’altra parte ovviamente è un bambino quindi non poteva stare al telefono un’ora e mezza, però si era innescato tutto un meccanismo per il quale se chiudevo venivo richiamata, ricevevo milioni di chiamate, non ero una buona madre perché non mettevo in contatto il padre con il figlio […] o facevo come diceva lui, nel senso che io avevo paura di chiudere la videochiamata perché poi messaggi e telefonate e accuse: “tu non sei una buona madre, tu hai portato via il bambino”, “tu me lo metti contro”, tutta una serie di cose che ovviamente adesso e, ancora di più un anno fa, mi facevano un certo effetto. […] Quando il padre polemizzava al telefono, il bambino addirittura nascondeva il telefono sotto il cuscino del divano oppure sotto al letto se stava in cameretta. Quindi tendeva a nascondere il telefono oppure si agitava e cominciava a giocare correndo, cominciava a mostrare agitazione in questo senso, aveva bisogno di correre, di urlare, di buttare tutto all’aria.
25Gloria ha paura: se accetta le visite del padre teme per il contagio; se non le accetta, teme che lui la denunci.
Gloria. Nonostante questa cosa [le visite] che mettesse tantissima agitazione perché comunque il papà veniva da un’altra regione, eravamo in lockdown, ho anche litigato con i miei fratelli perché ovviamente anche loro dicevano che mettevamo a rischio anche la salute dei miei, era una responsabilità troppo grande, però in quel caso non potevo beccarmi un’altra denuncia, quindi ho dovuto subire la decisione altrui.
26Anche Sofia e suo figlio continuano a subire violenze e abusi, benché la coppia sia separata da tempo. Pur di nuocere all’ex-compagna e impedirle di trovarsi un lavoro, l’uomo non esita a creare delle situazioni che danneggiano gravemente il bambino, nonostante sia anche il suo bambino; la situazione pandemica gli fornisce ulteriori occasioni in questo senso.
Sofia. Dopo la pandemia hanno riaperto i Ricrestate4 e gli ho detto “faccio l’iscrizione” e lui mi ha detto “io non pago nulla, se devo pagare non pago nulla”, io ho detto che comunque l’avrei fatta perché anch’io dovevo trovarmi un lavoro. Il bambino voleva andare perché è stato chiuso tre mesi a casa e voleva vedere i suoi amici allora ho fatto l’iscrizione. E cos’è successo, doveva iniziare lunedì e lui ha scritto domenica sera alla responsabile del Ricrestate, dicendo che non era d’accordo, che lui vive con persone che hanno problemi, che sono soggetti a patologie e ha cancellato il bambino dal Ricrestate. Mio figlio è stato malissimo […]. A me alle 5 di mattina di lunedì mi hanno mandato la mail con scritto che mio figlio per problemi logistici finché il giudice non da l’ok non può entrare […] Ha rovinato mio figlio, rovinato […] “mamma, papà non mi ama, lui fa questo perché non vuole che vado in [paese d’origine della madre] al matrimonio per questo mi ha tolto i documenti, ma perché? Mi ha tolto dal Ricrestate, perché vuole tanto il mio male? Cosa ho fatto?”.
27In alcune situazioni, l’intensificarsi delle violenze è dovuto proprio alla situazione pandemica, come nel caso di Sabrina. L’ex-marito ha avuto una condanna a 3 anni e 8 mesi per stalking, oltre a vari procedimenti in corso per maltrattamenti, minacce, diffamazione, abbandono dei figli e appropriazione indebita della pensione del figlio. Dopo 7 mesi in carcere, ha ottenuto gli arresti domiciliari. Sabrina non ha capito esattamente il perché: pare che il giudice abbia preso questa decisione supponendo che l’uomo, avendo iniziato un’altra relazione sentimentale, non sia più pericoloso nei suoi confronti e nei confronti dei figli. Per motivi di salute, tuttavia, l’uomo ha bisogno di fare attività fisica: il giudice, in pieno lockdown, gli ha accordato di uscire per alcune ore alla settimana.
Sabrina. Aveva un permesso per uscire il giovedì due orette quindi fai conto che noi siamo comuni comunicanti quindi nel giro di venti minuti volendo lui ci raggiunge.
Domanda. Perché poteva uscire?
Sabrina. Perché aveva problemi di salute allora siccome non poteva fare ginnastica e attività fisica a casa doveva andare a passeggiare nel comune, quindi, gliel’han concesso e pazienza, se glielo concedono io non posso andare contro il giudice. […] Sono andata dai carabinieri e gli ho detto “ma come è possibile che lo fate uscire, stiamo a 5 minuti” e un po’ mi hanno rassicurato perché hanno detto che lo controllano, non solo i carabinieri ma anche la polizia perché c’è di mezzo la [figlia] minorenne, e mi hanno detto di avvisarli se vedevo qualcosa di strano, però ora che vedo qualcosa di strano è già in casa.
28Marina non ha figli con l’uomo violento, che però la perseguita durante il lockdown più di quanto non facesse in precedenza proprio perché, non lavorando, ha più tempo a disposizione.
Marina. Mi faceva di tutto, soprattutto nel periodo del lockdown, lui aveva più tempo perché non lavorava, lo vedevo 3-4 volte al giorno, tutte le volte che uscivo per lavorare, perché in quel periodo si usciva solo per lavoro, e io ho portato tutto alla polizia, ho fatto varie denunce.
Era molto molto peggio, perché lui aveva più tempo, era tutto esasperato, lo vedevo la mattina quando uscivo, quando tornavo la sera per lavoro, e mi chiedevo com’era possibile che non lo fermano visto che non si poteva uscire […] eh sì perché forse non potendo andare al lavoro, non potendo giocare perché in quel periodo erano chiusi i bar, era tutto concentrato su di me.
29Irene è la più giovane delle nostre intervistate. Il lockdown ha interrotto una convivenza iniziata da poco ma già gravata da controlli e punteggiata da episodi di violenza fisica. Trascorre il lockdown a casa dei genitori, in una città diversa da quella del fidanzato, sentendosi in colpa di non stare accanto a lui, che intensifica i controlli via telefono o web.
Irene. Anche in quarantena che io ero a casa [dai genitori] e lui era a casa sua comunque mi scriveva in ogni momento, mi controllava anche tramite telefono, insomma messaggi, mi chiamava, mi chiedeva quando potevo uscire mi chiedeva cosa facevo con chi ero e tante volte poi io mi ritrovo a dirgli bugie perché se io gli dicevo che ero con un mio amico lui si insospettiva […] lui mi ha rinfacciato tutti gli errori che io ho fatto nella nostra relazione, soprattutto per il fatto che ero a casa e non ero con lui. Quindi mi ritrovavo la sera nel letto, magari alle 9, a dover stare in videochiamata con lui fino alle 3 di mattina a litigare su queste cose […] magari il fatto che io uscivo e non gli dicevo, ma io non devo dirti tutto quello che faccio durante il giorno, oppure che uscivo e non gli rispondevo un secondo dopo, oppure se avevo internet spento e non mi arrivavano i messaggi, lui era preoccupato ogni volta che mettevo un piede fuori casa e non ero con lui praticamente. Mi ha rinfacciato tutte queste cose durante il periodo della quarantena, c’erano quanti, 60 giorni, e almeno penso 50 li ho passati a piangere.
30E conclude:
Irene. Diciamo che il Covid ha influito sia positivamente che negativamente. Soprattutto durante la quarantena, come ti ho raccontato, sono stata molto male, ma vedendola adesso, dopo tanti mesi di terapia, con un’altra testa, posso dirti anche che alla fine mi sono accorta di che persona era forse soprattutto in quel periodo lì. È stato difficile perché ho passato dei momenti brutti, il mio grande ostacolo è stato che non avevo il coraggio di raccontarlo a nessuno, pensavo fossero episodi sporadici che capitano.
5.2.5. Vita quotidiana durante il lockdown
31La vita quotidiana delle donne che hanno figli è sempre molto impegnativa, che lavorino anche fuori casa o meno. Per molte delle intervistate, coabitanti o non coabitanti, la situazione si è aggravata durante il lockdown: con le scuole e le strutture per l’infanzia chiuse per mesi e bambine e bambini a casa tutto il giorno, la gestione del quotidiano è diventata ancora più pesante.
Leyla. Un disastro, da quanto dura, da 9 mesi, un disastro, quando eravamo in lockdown era una tortura per i figli, prima di tutto per i figli, soprattutto per la mia piccola che aveva 3 anni e non poteva uscire, per mio figlio poi che era sempre davanti al computer e non poteva andare fuori con i suoi amici. Io di solito ero in cucina che mi occupavo di quello perché come donna dovevo fare quello, mio marito lavorava perché loro sono stati chiusi per ultimi.
Marina. Quel periodo poi è stato molto difficile anche con la scuola, lei [figlia adolescente] non ha seguito più, non si collegava, stava sempre male.
Sabrina. Poi a livello psicologico è stato abbastanza difficile sia per me che per i ragazzi perché non potevamo parlare praticamente con nessuno, eravamo solo noi tre.
32Come abbiamo visto, la situazione di Sabrina è particolarmente complessa: il figlio maggiore ha subito da poco un trapianto di organo, è immunodepresso e necessita di grandi attenzioni e precauzioni; l’ex-marito, che continua a minacciare lei e i due figli, è attualmente agli arresti domiciliari ma può uscire per un paio d’ore la settimana. Le esigenze sanitarie del figlio, la paura del contagio, le limitazioni alla mobilità e in sovrappiù il timore costante di aggressioni da parte dell’uomo rendono la vita quotidiana di Sabrina davvero molto difficile.
Sabrina. L’unica che usciva ero io con tutte le paranoie chiaramente, doppia mascherina, guanti e quando ritornavo mi svestivo direttamente senza entrare in casa e poi igienizzavo tutti i prodotti perché chiaramente lui è immunodepresso quindi un minimo batterio e ritorniamo a tremare di nuovo. Per cui sono stato molto molto attenta perché un immunodepresso anche se non c’è il Covid è quello che deve fare […] [per i farmaci del figlio] chiamavo il dottore o la farmacia dell’ospedale e mi arrivava direttamente in farmacia senza tanto spostarmi e quindi lì sono riuscita a gestire bene, dovevo comunque uscire per andare a prenderli quindi lasciare i ragazzi da soli era sempre un incubo, il farmacista però sapeva che avevo difficoltà quindi gli mandavo un messaggino e mi faceva trovare tutto pronto, quindi sparivo per un quarto d’ora al massimo, andavo e ritornavo, la spesa invece era più difficile perché le tempistiche erano molto più lunghe, dovevo per forza lasciarli da soli, non avevo alternative, i miei non potevano venire a casa mia, la mia amica non poteva venire a casa mia e cosa fai, mangiare devi, ai ragazzi devo dargli da mangiare, non puoi non mangiare quindi si faceva così.
33La gestione domestica quotidiana è stata particolarmente impegnativa per le donne con figli piccoli. Con le scuole chiuse, le/gli insegnanti hanno iniziato a praticare la didattica a distanza (DAD), una opportunità preziosa in tempo di lockdown, ma che non si può improvvisare e comunque poco adatta a bambini e bambine della scuola primaria o dell’infanzia. A questa età è indispensabile il supporto di un adulto e nei casi delle intervistate, questo adulto era sempre la madre. Per le donne che si sono trovate in questa situazione, la DAD è stata un incubo e ne parlano diffusamente nell’intervista: il loro racconto, benché non riguardi situazioni di violenza, è caratterizzato da una forte connotazione emotiva.
Margherita. Un’ansia pazzesca, un’ansia pazzesca. Andavano in scuole diverse, qualsiasi cosa dovevano fare online, ognuno aveva una piattaforma diversa da scaricare, poi le scuole ne hanno due o tre, quindi vai su quello per quello, vai su quell’altro per quell’altro e a me è venuta un’ansia pazzesca.
Roberta. Allora io ho rifiutato di lavorare in smart working […] perché trovavo difficilissimo gestire entrambe le bambine da sola tutto il giorno e in più dovevo lavorare perché le bambine dovevano essere seguite con le lezioni a distanza e non erano ancora in grado, non dico di accendere il computer ma quasi […] abbiamo fatto i primi passi proprio anche per capire che cos’è un browser, quindi non è che le piazzavi davanti al computer e loro ti facevano le 4 ore di lezione. Tra l’altro una delle due aveva la video lezione e l’altra no perché vanno in classi diverse e quindi quella che aveva la video lezione aveva ogni tanto questo momento di pausa in cui stava lì tranquilla più o meno davanti allo schermo, l’altra invece aveva una mail che diceva “fare gli esercizi di pagina x, questo questo e questo” e poi doveva fare lei ma non è che si mette lì da sola, voleva che stavo lì con lei a fare i compiti e poi ho fame, poi devo andare in bagno e poi era tutto uno stargli dietro per tutto il giorno, poi quell’altra mi chiamava perché era saltata la connessione, non so, io arrivavo alla sera che ero stanchissima, poi dovevo preparare tre pasti al giorno per tutti e tre che è una cosa strana perché le bambine fanno la scuola tempo pieno e io ero sempre al lavoro, avevo questa sensazione di aver appena finito di cucinare e lavare e ricominciare tutto da capo, poi fare la spesa era complicato, c’erano le code al supermercato.
34Le donne che non convivevano con il partner hanno dovuto affrontare da sole queste difficoltà. Anche in caso di convivenza, tuttavia, l’aiuto dei padri era scarso o inesistente. Nel caso di Silvia, il marito è rimasto a casa per una parte del lockdown, ma la sua presenza ha reso la situazione ancora più pesante.
Silvia. Allora durante il lockdown per me è stato molto difficile, nel senso che ho due bambini, soprattutto la piccola è molto esuberante quindi dovevo in qualche modo sempre trovare qualcosa da fargli fare, cioè un momento di pace non c’era, nel momento in cui anche lui è rimasto a casa con noi quindi in quelle due settimane, lì c’è stata proprio la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché lui stava tutto il tempo sul divano, non aiutava niente non faceva niente e si lamentava in continuazione. Io sono stata l’unica lì a sgobbare, a fare e non mancava niente nessuno, i bambini facevano i lavoretti, lui mangiava dormiva eccetera. Nel momento in cui dopo due settimane lui è andato a lavorare, lui andava via la mattina e mi tornava a casa alla sera, io da una parte ho iniziato un po’ a respirare perché comunque potevo gestirmi i bambini da sola senza che nessuno mi venisse a dire o così o colà e non facesse niente effettivamente per aiutare, tuttavia d’altra parte ogni sera c’era una litigata per quanto io ogni sera lo aspettassi con la cena pronta a qualsiasi ora tornasse, lui non accettava il fatto che io mi sfogassi con lui del fatto che le cose con i bambini andavano come andavano che era difficile gestire tutto.
35Dover rispondere a richieste multiple e pressanti senza nessun aiuto ha avuto un impatto negativo sull’attività professionale di queste madri.
Monica. Ho dovuto trascurare totalmente il mio lavoro, occuparmi delle bambine e della casa mentre lui ha continuato a fare il suo lavoro normale e lì sono emerse un po’ tutte le verità, quindi tutto il disprezzo per il mio lavoro, la considerazione zero di me e del mio lavoro e quindi io ho tenuto duro, mi sembrava anche di aver fatto un buon lavoro poi alla fine mi sono resa conto, anche grazie a dei buoni titolari, che in realtà avevo lavorato malissimo e mi sono resa conto che per salvare capra e cavolo avevo fatto un macello su tutto […] ho utilizzato le 24 ore per organizzarmi proprio al minuto la giornata, non ero neanche imparanoiata dalla pandemia perché non avevo neanche il tempo di pensarci; era lui in paranoia di questa cosa, la viveva male e si è rintanato in casa. Però io ero quella sacrificabile che poteva andare a fare la spesa, io non mi ammalavo e quindi io fai conto mi alzavo alle tre-quattro, lavoravo così facevo part-time quindi cercavo di fare le mie sei ore giuste che però non mi bastavano per fare il mio lavoro perché non ero mai concentrata quindi iniziavo alle 4 di mattina lavoravo fino a mezzogiorno, loro si svegliavano a mezzogiorno cosi pranzavano, fino alle 3 le portavo fuori nei campi a giocare, avevo la reperibilità nel cellulare sempre aggiornato per i clienti perché bisognava essere disponibile, poi tornavamo dentro a fare i compiti però davamo fastidio perché facevamo rumore, una faceva un riposino, l’altra faceva i compiti, io continuavo a lavorare finché arrivava l’ora di cena facevo da mangiare, loro stavano su quasi fino a mezzanotte/l’una con me perché non volevano stare senza di me, poi andavamo a dormire e per fortuna si svegliavano tardi, quindi io dormivo dalle 2 alle 4 e poi riprendevo a lavorare da sola ma è stato un macello lavorativamente parlando.
Alessia. B. [figlia di 9 anni] aveva scuola costantemente, facevano comunque incontri e le attività erano una mole di lavoro pazzesca. Inizialmente non hanno fatto video giornaliere, ma molto peggio, perché le maestre mandavano alla mia mail ogni giorno i compiti per la settimana e la mole di lavoro era veramente enorme […] Lavoravo per il mio lavoro in orari tipo dopo le 10:30 di sera, mi mettevo a fare le fotografie perché il mio lavoro durante la giornata era rallentato in una maniera pazzesca da tutte queste cose qua. L. [5 anni] va alla materna, non aveva compiti da fare, però comunque le maestre ogni settimana gli mandavano delle attività con l’obiettivo di aiutare i genitori a tenerli impegnati, ma erano attività ovviamente per bambini, come taglio cartoncino, coloro, incollo, delle attività veramente allucinanti, senza contare che comunque volevano, per non interrompere i rapporti con i bambini, volevano il video una volta alla settimana anche con le maestre, quindi avevo una volta la settimana il video con i bambini.
Da mio marito non ho avuto un giorno, un minuto, un secondo di aiuto, niente, il nulla, lui in tutti i mesi che noi eravamo a casa non si è mai seduto a fare 30 secondi di compiti con B., il nulla più totale, non ha mai fatto un’attività con L., zero e la mia attività era rallentata in modo pazzesco e bisognava comunque provvedere a fare la spesa per mangiare, dovevi pulire casa, lavare, sistemare le cose, perché ovviamente c’erano i due bambini 24 ore su 24 in una casa a giocare. Quindi il mio lavoro era rallentato in modo esponenziale, quindi mi sono trovata spesso alle 10 di sera, quando loro andavano a dormire, a mandare le attività che B. faceva con scansioni, email alle maestre di compiti, finite le scansioni, la sistemazione di tutti i compiti di B., mi mettevo appena verso mezzanotte, a fare il mio di lavoro, io mi sono trovata spesso a lavorare da mezzanotte alle 2 per riuscire a portare avanti scadenze che avevo, quindi è stato un periodo veramente complicato. Poi sono cominciate anche le video-lezioni con B., quindi la didattica a distanza, bisognava collegare, dare supporto a una bambina che aveva comunque 8-9 anni, quindi non stiamo parlando di bambini autonomi a livello informatico.
36Sarebbe parziale, tuttavia, non riportare anche alcuni elementi positivi di questa esperienza. Come ha già raccontato Viola, per alcune donne il lockdown ha rappresentato anche un bel momento con i loro figli e figlie e ha fatto intravedere, nonostante le difficoltà, la possibilità di uno stile di vita più semplice, più essenziale.
Margherita. Durante il lockdown ho lavorato in smart-working da casa, loro avevano la scuola a distanza e abbiamo avuto la possibilità di stare tutto il tempo assieme e per noi invece che negativo è stato positivo: lo stare assieme solo noi tre. È servito ad avvicinarci, siamo stati talmente tanto assieme perché io non dovevo uscire per andare a lavorare, è stato positivo, alla fine ci siamo riavvicinati, abbiamo fatto tante cose assieme, ci siamo inventati di tutto.
Roberta. Abbiamo dovuto togliere tutta una serie di cose, io ero sempre in giro coi bambini, andavamo a sciare tutte le domeniche, andavamo al mare tutti i giorni d’estate, andavamo a tutte le feste di compleanno e poi invece improvvisamente a casa, tutti i giorni a casa, mamma mia, pazzesco però me le sono goduta di più, le ho conosciute di più sotto tanti aspetti, abbiamo parlato di più perché c’erano meno distrazioni e quindi è stato anche un regalo volendo sotto questo aspetto, di poter stare di più tra di noi. È stato come un lungo viaggio in barca a vela, dove ti devi portare solo lo stretto indispensabile, tutto il resto non c’è più ma sei impegnato in una gestione quotidiana di sopravvivenza con il minimo indispensabile; a quel punto quello che conta sono i sentimenti, le relazioni, il gestire le cose in modo razionale perché, così come in barca non ti puoi portare dieci buste della spesa, anche nella vita di tutti i giorni, durante la pandemia non è che vai a fare cose inutili, siamo tornati proprio nell’essenzialità, nella dimensione più stretta possibile, solo noi insieme e non è stato facile, ma veramente difficilissimo e ancora adesso bastare a noi stessi non è facile, non è facile per niente e questa cosa fa abbastanza paura.
37La chiusura delle scuole si è tradotta in un importante aggravio di lavoro domestico e di cura per le madri e in misura molto minore – secondo le stime con un rapporto 3/1 – anche per i padri5. Gli uomini violenti descritti in questa ricerca hanno portato all’estremo lo sfruttamento del lavoro delle donne che caratterizza, sia pure in misura variabile, i rapporti di genere nella gran parte delle famiglie. Il loro comportamento rientra in quell’abuso delle prerogative maschili che, secondo Pence e Paymer, è un elemento della “ruota del potere e del controllo”, il modello che sintetizza la violenza maschile nella coppia6. Come mostra l’esempio della DAD, tuttavia, è la società tutta intera, e non solo i partner violenti, che si aspetta dalle donne, nella normalità come nelle emergenze, che si facciano carico del lavoro domestico, di cura e educativo in tutta la sua complessità, anche a scapito della loro attività professionale o della loro salute. Il problema, quindi, va al di là del comportamento aberrante di un partner viziato o maltrattante. Un giornale italiano ha raccolto le testimonianze dei “genitori in dad”7. Le storie raccontate dalle madri (e dai rarissimi padri) che hanno risposto assomigliano molto a quanto narrato dalle nostre intervistate: la DAD è stata un incubo, la giornata aveva un ritmo spesso definito come “pazzesco”, lo stress era enorme. Una conferma dell’impatto della chiusura delle scuole sulle mamme, oltre che sui bambini, viene da una ricerca svolta in Gran Bretagna: i risultati mostrano un peggioramento della salute mentale dei genitori, ma soprattutto delle donne, nei mesi del lockdown rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente: più a lungo i bambini sono rimasti a casa, peggiore era la salute delle loro mamme8.
Notes de bas de page
1 Questa analisi è presentata in dettaglio nell’articolo: P. Romito, M. Pellegrini, M.J. Saurel-Cubizolles, Intimate partner violence against women during the COVID-19 lockdown in Italy: a multicenter survey involving anti-violence centers, in corso di stampa su “Violence Against Women”.
2 Si veda il capitolo 2.
3 M. Feresin et al., The involvement of children in post-separation intimate partner violence in Italy: a strategy to maintain coercive control, “Affilia: Journal of Women and Social Work”, 34, 4, 2019, pp. 481-497.
4 I “Ricrestate” sono i ricreatori nel periodo estivo. I “Ricreatori” sono strutture comunali che accolgono bambini e bambine, con la supervisione personale educativo.
5 C. Kenny, G. Yang, The global childcare workloas from school and preschool closures during the COVID-19 pandemic, 2021, https://www.cgdev.org/publication/global-childcare-workload-school-and-preschool-closures-during-covid-19-pandemic [ultima consultazione 27.09.21].
6 E. Pence, M. Paymer, Education groups for men who batter cit.; si veda il capitolo 2.
7 G. Sclaunich, Genitori in dad: come sono le vostre giornate? Raccontatecelo, 21 marzo 2021, https://27esimaora.corriere.it/21_marzo_11/mamme-dad-come-sono-vostre-giornate-raccontatecelo-4c0cb078-8250-11eb-8fd7-3fd81ad54bdb.shtml [ultima consultazione 27.09.21].
8 J. Blanden et al., School closures and parents’ mental health. Il rapporto cita altri studi che mostrano la stessa tendenza, maggio 2021, https://www.iser.essex.ac.uk/files/news/2021/school-closures/school-closures-mental-health.pdf [ultima consultazione 27.09.21].

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