1 J. Huizinga, Homo Ludens, tr. it. di C. von Schendel, Torino, Einaudi, 2002. Il tema del gioco è sicuramente nietzscheano, per cui si veda E. Fink, Il gioco come simbolo del mondo, tr. it. di N. Antuono, Roma, Lerici, 1969. Esso è anche al centro dell’ontologia dell’opera d’arte elaborata da H.G. Gadamer in Verità e metodo cit.
2 M. Heidegger, L’origine dell’opera d’arte, in Sentieri interrotti cit., p. 49.
3 Ibidem.
4 G. Bataille, Lascaux cit., p. 30.
5 Aristotele, Etica Nicomachea cit., 1140a 14-20.
6 G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, tr. it. di G. Marini, Roma-Bari, Laterza, 1991, §4. Sul concetto di seconda natura in Hegel cfr. N. Rath, Zweite Natur. Konzepte einer Vermittlung von Natur und Kultur in Anthropologie und Ästhetik um 1800, Münster/New York, Waxmann, 1996; C. Menke, Zweite Natur. Kritik und Affirmation, in M. Völk, O. Römer, S. Schreull et al. (a cura di), “ …Wenn die Stunde es zuläßt.” Zur Traditionalität und Aktualität kritischer Theorie, Münster, Westfälisches Dampfboot, 2012, pp. 154-171; S. Rödl, Sebastian, Reason and Nature, First and Second, in A. Honneth, G. Hindrichs (a cura di), Freiheit. Internationaler Hegelkongress 2011, Frankfurt a.M., Klostermann, 2013; F. Ranchio, Dimensionen der zweiten Natur. Hegels praktische Philosophie, Hamburg, Felix Meiner Verlag, 2016; A. Novakovic, Hegel on Second Nature in Ethical Life, Cambridge, Cambridge University Press.
7 G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto cit., §151.
8 A. Novakovic, Hegel on Second Nature in Ethical Life cit., p. 17.
9 É. Benveniste, Problemi di linguistica generale, tr. it. di M. V. Giuliani, Milano, il Saggiatore, 1971, p. 235.
10 Tutto questo discorso è particolarmente importante per la relazione trascendentale, che non è una relazione copulativa, ma è definita dall’avere: l’Io penso, scrive infatti Kant, deve poter accompagnare tutte le rappresentazioni altrimenti esse non potrebbero essere dette mie (cfr. il §16 della Critica della ragion pura), il che significa che esso non può mai completamente identificarsi con esse. In quanto relazione di possesso, la relazione trascendentale è asimmetrica e perciò costituisce il superamento della relazione identitaria di inerenza propria di Leibniz, in funzione di una dimensione sintetica che è, allo stesso tempo, differenziante (sintesi a priori). Su ciò mi permetto di rinviare a G. Chiurazzi, Sul concetto di “avere” in Heidegger. La rivoluzione kepleriana dell’ermeneutica, «aut aut», 291-292 (1999), pp. 127-146. Più critico nei confronti di questo confronto con il trascendentalismo è P. Virno, che ha recentemente dedicato un libro al tema dell’“avere”, che è peraltro molto in sintonia con molte delle cose qui discusse. Cfr. P. Virno, Avere. Sulla natura dell’animale loquace, Milano, Bollati Boringhieri, 2020).
11 Cfr. Aristotele, Met. V 20, 1022b; Eth. Nic. II, 5; Cat. 8, 27-28, dove al massimo la éxis è detta “più duratura” della semplice disposizione.
12 G. Chiurazzi, OCM: Organismos Culturalmente Modificados, «Hybris. Revista de Filosofia», vol. 8 (2017), n. 2, pp. 41-53.
13 Ho introdotto questo termine, “echeilogia”, nel già citato Sul concetto di “avere” in Heidegger.
14 J. Hardy, Platons Theorie des Wissens im ‘Theaitet’ cit., p. 195. J. Souilhé ha opportunamente sottolineato l’importanza di questo passo del Teeteto per l’elaborazione della dottrina aristotelica della distinzione tra potenza e atto. Cfr. J. Souilhé, Étude sur le terme dynamis dans les dialogues de Platon, Paris, Alcan, 1919, pp. 184-186.
15 C. McGinn parla a questo proposito di “psicoanalisi della mano”, il cui scopo sarebbe quello di indagare le conseguenze che la privazione di un contatto manuale col mondo, di una prensione su di esso, potrebbe arrecare alla psiche umana. Cfr. C. McGinn, Prehension cit., p. 109 ss.
16 Cfr. A. De Cesaris, Le estensioni dell’individuo. Seconda natura e mondo delle cose, «Lessico di etica pubblica», 2 (2015), pp. 77-87.
17 «“In” deriva da innan - abitare, habitare, soggiornare; an significa: sono abituato, sono familiare con, son sòlito…: esso ha il significato di colo, nel senso di habito e diligo.» (M. Heidegger, Essere e tempo cit., p. 123).
18 M. Heidegger, Interpretazioni fenomenologiche di Aristotele. Introduzione alla ricerca fenomenologica, tr. it. di M. De Carolis, Guida, Napoli, 1990.
19 Id., Essere e tempo cit., §41. A questo si potrebbe aggiungere quel che Heidegger scrive quando definisce il tempo (e la struttura della cura non è altro che la struttura del tempo) nel suo commento alla prima Critica kantiana, e cioè come Von-sich-aus-hin-zu-auf, una espressione intraducibile composta esclusivamente da preposizioni (cfr. M. Heidegger, Kant e il problema della metafisica, tr. it. di M.E. Reina, riv. da V. Verra, Roma-Bari, Laterza, 1989, § 34).
20 M. Heidegger, Essere e tempo cit., § 15. Sul tema della mano in Heidegger cfr. J. Derrida, La mano di Heidegger, a cura di M. Ferraris, Roma-Bari, Laterza, 1991.
21 Su questo mi permetto di rinviare a G. Chiurazzi, Vedere altro, comprendere altrimenti: l’esperienza della differenza tra Husserl e Heidegger, «Annuario Filosofico», n. 34 (2018), pp. 17-31.
22 A. Danto, La trasfigurazione del banale cit., p. 211.
23 A. Novakovic, Hegel on Second Nature in Ethical Life cit., p. 71.
24 Ibidem.
25 Pare che anche alcuni animali siano in grado di riconoscere sé stessi nello specchio: il test dello specchio, sviluppato da Gordon Gallup, mostra che gli scimpanzé sono in grado di riconoscersi, e quindi che hanno una qualche consapevolezza di sé.
26 J. Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore dello sviluppo dell’io, in Scritti, a cura di G.B Contri, Milano, RCS Libri, 2007, vol. I, pp. 89 e 91.
27 È la stessa situazione in cui si trova l’Uno di Plotino, il quale non può vedere sé stesso e perciò produce un mondo di immagini, nelle quali rischia di identificarsi, ma rispetto alle quali deve invece ritrovare la propria trascendenza.
28 A. Honneth, Lotta per il riconoscimento. Proposte per un’etica del conflitto, tr. it. di C. Sandrelli, Milano, il Saggiatore, 2002; P. Ricoeur, Percorsi del riconoscimento, tr. it. di F. Polidori, Milano, Cortina, 2005.
29 «Ciascuna vede l’altra fare proprio ciò che essa stessa fa; ciascuna fa da sé ciò che esige dall’altra; e quindi fa ciò che fa, soltanto in quanto anche l’altra fa lo stesso; l’operare unilaterale sarebbe vano, perché ciò che deve accadere può venire attuato solo per opera di entrambe» (G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito cit., pp. 154-155).
30 C. Menke, Hegel’s Theory of Second Nature: the “Lapse” of Spirit, «Symposium», n. 17 (1), 2013, p. 31.
31 G.W.F. Hegel, Scienza della logica cit., p. 808.
32 G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, tr. it. di V. Verra, Torino, Utet, vol. 3, 2000, §410 (aggiunta), p. 243.
33 C. Menke, Hegel’s Theory of Second Nature: the ‘Lapse’ of Spirit cit., p. 39.
34 G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio cit., §411, p. 246.
35 G. Simondon, Réflexions préalables à une refonte de l’enseignement, «Cahiers pédagogiques», 15 ott. 1954, p. 89. Sul tema cfr. X. Guchet, Culture, téchnique et société dans la philosophie de Gilbert Simondon, Paris, PUF, 2010, p. 218 e 245 ss.
36 È per questo che il rito, le celebrazioni, le ricorrenze, giocano un ruolo così importante nell’ontologia gadameriana dell’opera d’arte. Cfr. H.-G. Gadamer, Verità e metodo cit., pp. 155-156.
37 G. Deleuze, Differenza e ripetizione cit., p. 367.
38 Per quanto la cosa possa sembrare controintuitiva, il concetto di simmetria è infatti legato, non tanto a quello di ordine, ma a quello di disordine. Si veda E. Castellani, Simmetria e natura cit., p. 10.
39 Cosa ammessa anche da Deleuze, con parole che sembrano persino contraddire il suo immanentismo radicale: «Così il vivente testimonia di un ordine diverso, di un ordine eterogeneo e di un’altra dimensione, come se i fattori individuanti, o gli atomi individualmente assunti nella loro capacità di comunicazione reciproca e di instabilità fluente, fruissero di un grado di espressione superiore» (G. Deleuze, Differenza e ripetizione cit., p. 409).
40 È forse qui il senso del cosiddetto Institutional Turn che caratterizza certa filosofia politica contemporanea, e che vede come protagonisti molti filosofi di estrazione deleuziana. Cfr. R. Esposito, Istituzione, Bologna, il Mulino, 2021.
41 C. Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, tr. it. di L. Serafini, Milano, Feltrinelli, 2003.
42 G. Simondon, Sur le mode d’être des objets techniques cit., p. 16.
43 M. Heidegger, L’origine dell’opera d’arte, in Sentieri interrotti cit., p. 50-51. Sull’esperienza artistica con shock, che mette in relazione la concezione heideggeriana con quella di Benjamin, cfr. G. Vattimo, L’arte dell’oscillazione, in La società trasparente, Milano, Garzanti, 2000, pp. 63-83.
44 Si tratta di una tesi che, espressa in altro modo, si può ritrovare anche in T. Khurana, Das Leben der Freiheit. Form und Wirklichkeit der Autonomie, Berlin, Suhrkamp, 2017, p. 16.
45 Il concetto di neghentropia (o entropia negativa) è stato introdotto da Erwin Schrödinger per indicare la tendenza dei sistemi viventi o anche sociali a opporsi ai movimenti entropici termodinamici, cioè alla naturale tendenza al disordine (cfr. E. Schrödinger, Che cos’è la vita?, tr. it. di M. Ageno, Milano, Adelphi, 1995, p. 123 ss.). Questa tendenza è intesa come un movimento finalizzato e differenziante. Al posto di “neghentropia” si usa spesso anche la parola “sintropia”, per significare il movimento convergente proprio del finalismo.
46 G. Simondon, Nota complementare sulle conseguenze della nozione di individuazione, in L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e di informazione cit., p. 713.
47 G. Agamben, La potenza del pensiero, Vicenza, Neri Pozza, 2005, p. 284.
48 G. Simondon, Nota complementare sulle conseguenze della nozione di individuazione, in L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e di informazione cit., p. 713.
49 R. Ruyer, Neofinalismo cit., p. 160.
50 A. Turing, On Computable Numbers, with an Application to the Endscheidungsproblem, in The Essential Turing: Seminal Writings in Computing, Logic, Philosophy, Artificial Intelligence, and Artificial Life: plus the Secrets of Enigma, a cura di B.J. Copeland, Oxford, Clarendon Press, 2004, p. 59.
51 H. Bergson, L’evoluzione creatrice, tr. it. di M. Acerra, Milano, Rizzoli, 2012, p. 300.
52 W. James, Saggi sull’empirismo radicale, tr. it. di L. Taddio, Milano, Mimesis, 2009, pp. 51-52.
53 G. Simondon, L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione cit., p. 215.
54 Ivi, p. 220.
55 H. Maturana e F. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, tr. it. di A. Stragapede, Venezia, Marsilio, 2001.
56 Di qui il suo carattere “normativo”, o meglio regolativo, nella Critica kantiana. Che l’idea sia un limite è tuttavia comune sia a Kant sia a Hegel, con la differenza che per Kant vale piuttosto la proposizione secondo cui l’idea è un limite, ovvero un terminus ad quem verso cui tende la conoscenza, mentre per Hegel è più propriamente un terminus a quo, cioè a partire da cui si realizza una trasformazione reale. Nel caso di Hegel, dunque, bisognerebbe dire piuttosto che il limite è un’idea, qualcosa di destinato a essere superato nel passaggio in altro, e che dunque l’idea è il principio trasformativo – come una dynamis – del reale. Su ciò mi permetto di rinviare a G. Chiurazzi, Dynamis. Ontologia dell’incommensurabile cit., §6.3.
57 Cfr. G. Deleuze, Differenza e ripetizione cit., p. 110.
58 Il termine “autopoiesi” non è esente da un certo fraintendimento. Maturana racconta come è nata la scelta di questa parola, durante una discussione su don Chisciotte, indeciso «se seguire il sentiero delle armi (praxis, azione) oppure il sentiero delle lettere (poiesis, creazione, produzione)»: diversamente da don Chisciotte, che optò per la praxis, Maturana si lasciò colpire dalla forza della parola poiesis, e inventò il termine “autopoiesi”. L’uso del termine poíesis per classificare un’operazione che vuole essere naturale è dunque già di per sé piuttosto strano, e ci sarebbero mille ragioni per ritenere che la struttura del vivente, se se ne vuole rimarcare il carattere autotelico, sarebbe piuttosto da classificare come una forma di praxis e non come una poiesis. Il conflitto è dunque tra l’autó e la poíesis, in quanto il primo implica un’attività che resta chiusa in sé, che il secondo invece esclude.
59 H. Maturana e F. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente cit., p. 34.
60 Ivi, p. 134.
61 Ibidem.
62 Ivi, p. 155.
63 E. Schrödinger, Che cos’è la vita? cit., p. 120-121.
64 «I teoremi di incompletezza riguardano singoli casi, paragonabili all’irrazionalità della radice quadrata di 2, come n2 ≠ 2m2, un caso esemplificato di problema diofanteo» (G. Kreisel, Gödel’s Excursions into Intuitionistic Logic, in Gödel Remembered, a cura di P. Weingartner e L. Schmetterer, Napoli, Bibliopolis, 1987, p. 126).
65 G. Simondon, L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione cit., pp. 87-88.
66 H. Maturana e F. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente cit., p. 125.
67 In questo movimento ritmico del vivente si può intendere il passaggio, per dirla in termini hegeliani, dalla natura allo spirito. La parola spiritus significa infatti “soffio, alito, respiro”.
68 Cfr. G. Simondon, L’individuo alla luce delle nozioni di forma e d’informazione cit., p. 217.
69 Ivi, p. 90.
70 G.W.F. Hegel, Scienza della logica cit., p. 134.
71 F. Close, Lucifer’s Legacy cit., p. 260. D’altronde, anche le macchine non sono affatto sistemi chiusi. Anzi, come osserva Simondon, una macchina è tanto più flessibile quanto più è aperta e l’insieme di tutte le macchine aperte suppone l’uomo come loro organizzatore permanente. Cfr. G. Simondon, Du mode d’existence des objets téchniques cit., p. 12.
72 G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito cit., p. 148.
73 Ivi, p. 149.
74 Ibidem.