1 Le cui basi teoriche, a ben vedere già presenti dagli inizi degli anni Settanta, erano state esplicitate qualche anno prima nell’omonimo volume che raccoglieva contributi di autori che riconoscevano, a diverso titolo, le ‘ragioni’ storiche di un’ontologica ‘debole’; cfr. Il pensiero debole [1983], a cura di G. Vattimo e P.A. Rovatti, Milano, Feltrinelli, 2010.
2 Per Vattimo, tolta la pretesa metafisica dell’essere, per la quale sarebbe possibile accedere a un qualche ontos on, per le sue categorie metafisiche nonché per i suoi momenti ‘storici’ non rimane che la pietas che è dovuta alle tracce di ciò che ha vissuto: «Pietas è un termine che evoca anzitutto la mortalità, la finitezza e la caducità […]. Il trascendentale, quello che rende possibile ogni esperienza del mondo, è la caducità: l’essere non è ma ac-cade; forse anche nel senso che cade-presso, che accompagna in quanto caducità ogni nostra rappresentazione», ivi, p. 23.
3 Supra, p. 124.
4 Supra, p. 126.
5 Cfr. Riedel, M. (a cura di), Rehabilitierung der praktischen Philosophie, 2 voll., Freiburg i.B., Rombach, 1972-74.
6 Pensatore che fu fondamentale nel percorso di Vattimo, il quale peraltro realizzò la traduzione italiana del capolavoro Verità e metodo nel 1983. Per uno sguardo sulla riflessione etica di Gadamer si veda A. Da Re, L’ermeneutica di Gadamer e la filosofia pratica, Rimini, Maggioli, 1982
7 Nella lettera a Rudolf Ehrenberg del 18 novembre 1917; cfr. F. Rosenzweig, Il nuovo pensiero, a cura di G. Bonola, Arsenale, Venezia, 1983.
8 Il superamento auspicato da Heidegger poggia sull’evidenza per la quale «ogni filosofia è teologia nel senso originario ed essenziale che la comprensione concettuale (λόγος, lógos) dell’ente nella sua totalità pone la questione del fondamento dell’Essere, e questo fondamento viene chiamato θεός [theós], dio», in M. Heidegger, Schellings Abhandlung über das Wesen der menschlichen Freiheit, a cura di H. Feick, Tübingen, Niemeyer, 1971, p. 61.
9 Vattimo fa esplicito riferimento a un’etica della provenienza nell’omonimo saggio contenuto nel suo Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica, diritto (Milano, Garzanti, 2003, pp. 49-58), in cui precisa che se si accetta che nella questione etica è implicito il convincimento che in essa si possano individuare principi vincolanti, impegnativi, si deve ammettere che «anche cor-rispondere all’epoca [in cui si vive] è una forma di impegno responsabile» e che anche in ciò «rimane una qualche specie di obbligatorietà, che autorizza a parlare di una razionalità e di un’eticità, cioè l’impegno a derivare da certi “principi” (qui solo nel senso di punti di partenza) conseguenze logiche e imperativi pratici», ivi, pp. 50-51.
10 Ché ciò significherebbe incorrere nel noto is-ought problem: «L’etica metafisica […] cade fatalmente sotto la critica conosciuta come la “legge di Hume”, secondo cui non è lecito, come fa la metafisica, passare senza esplicite ragioni dalla descrizione di uno stato di fatto alla formulazione di un principio morale», ivi, p. 51.
11 «Verità come caritas ed essere come Ereignis, evento, sono due aspetti che si richiamano in maniera stretta», G. Vattimo, Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso, Milano, Garzanti, 2002, p. 118.
12 G. Vattimo, Credere di credere. È possibile essere cristiani nonostante la Chiesa?, Milano, Garzanti, 1998, p. 63.
13 Supra, p. 10.
14 Secondo la classica distinzione proposta da Max Weber nella famosa conferenza del 1919 Politik als Beruf; cfr. M. Weber, Il lavoro intellettuale come professione, ed. it. a cura di M. Cacciari, Milano, Mondadori, 2018.
15 Supra, p. 10.
16 G. Vattimo, Essere e dintorni, Milano, La nave di Teseo, 2018, pp. 9-10.
17 «Mi sono detto spesso, e me lo ripeto continuamente, che questo “ricomporsi” dei pezzi del mio puzzle filosofico-religioso è troppo bello per essere vero»: G. Vattimo, Credere di credere cit., p. 33.
18 Poiché il libro più recente, Essere e dintorni, in fondo si presenta nella sua composizione come un “breviario” che rimpiazza propria la forma del “trattato”.
19 G. Vattimo, Nichilismo ed emancipazione cit., p. 51.
20 F. Nietzsche, La gaia scienza, af. 125.
21 Supra, p. 56.
22 Qui Vattimo si riferisce in particolare alle tesi di Verità e interpretazione del 1971.
23 Supra, p. 57.
24 L’occasione è offerta dalla pubblicazione della nuova edizione di Esistenza e persona di Pareyson (Genova, il melangolo, 1985); cfr. supra, p. 46.
25 È quanto lamenta lo stesso Pareyson a proposito di Heidegger. Auspicando che l’heideggeriano essere come niente e la libertà schellinghiana come facoltà del bene e del male si fecondino a vicenda, realizza che ciò in Heidegger non pare possibile proprio per la sua impostazione anticristiana: «Solo il cristianesimo – scrive Pareyson – avrebbe potuto suggerire a Heidegger la centralità della libertà come facoltà del bene e del male», in L. Pareyson, Heidegger: la libertà e il nulla, “Annuario Filosofico”, 1989; ho sviluppato il tema in E.C. Corriero, Libertà e conflitto. Da Heidegger a Schelling, per un’ontologia dinamica [2012], Torino, Rosenberg & Sellier, nuova ed. 2020, pp. 143 e segg.
26 Cfr. E.C. Corriero, Vertigini della ragione. Schelling e Nietzsche [2008], nuova ed., Torino, Rosenberg & Sellier, 2018; cfr. anche Id., The Absolute and the Event. Schelling after Heidegger, London - New York, Bloomsbury, 2020.
27 In cui peraltro proprio alla Liebe è assegnato il compito di ricucire la frattura originaria dell’essere e di accompagnare ogni creazione dell’essere.
28 Ho ripercorso il passaggio in E.C. Corriero, Il Nietzsche italiano. La morte di Dio e la filosofia italiana della seconda metà del Novecento, Torino, Nino Aragno Editore, 2016, pp. 308 e segg.
29 Supra, p. 90.
30 Si veda in particolare G. Vattimo, Dopo la cristianità cit., in particolare pp. 29-43.
31 Supra, p. 118.
32 Come paventato peraltro dalla tesi di Böckenförde, formulata nel 1964 nello scritto La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, per la quale lo Stato liberale si basa su presupposti, tra cui la piena libertà del singolo, che esso stesso non è in grado garantire fino in fondo.