La Bonne Finitude: corpo, senso, comunità. Un approccio politico
p. 47-52
Texte intégral
L’esposizione è il luogo della politica.
G. Agamben
La soglia non è, in questo senso, un’altra cosa rispetto al limite; essa è, per così dire, l’esperienza del limite stesso, l’esser-dentro un fuori.
G. Agamben
1Nel pensiero di Jean-Luc Nancy, il legame tra i concetti di corpo, senso, comunità è rintracciabile in numerose e differenti opere. Nelle pagine che seguono, il lettore potrà rendersi conto del fatto che il nodo concettuale che mi propongo di trattare riveste una natura tutt’altro che estrinseca alle opere del filosofo. Al contrario, è possibile leggere sotto lo stesso segno tale nesso teorico. È mia intenzione portare avanti una lettura che tenga conto del modo in cui corpo, senso e comunità interagiscono nell’opera nancyana apportando elementi nuovi alla filosofia politica.
2Il senso è in rapporto con il corpo e con la comunità. In Corpus, Nancy scrive che il corpo è il luogotenente e il vicario del senso. Più che individuare la sua collocazione nello spazio, più che intercettare le sue coordinate spaziali, bisognerebbe scoprire come esso opera, conoscere il suo funzionamento. Il corpo è, da una parte, il luogo dove la rappresentazione prende forma: dedans. Dall’altra, è il luogo della significazione: dehors. La relazione tra dedans e dehors è il punto di snodo del processo di significazione e dell’assunzione di una nuova forma per un corps signifiant. Il luogo dove la rappresentazione si traduce nella sensazione, nella percezione, nell’immagine, nella memoria, nell’idea e nella coscienza è in posizione d’estraneità rispetto al corpo stesso, come se, in ogni nuova traduzione, la matrice andasse perduta oppure smarrita; mentre il luogo della significazione appare come saturo in quanto l’interiorità e l’intenzionalità sono già orientate verso… Il senso trova forma nell’où, al contrario, esso prende forma nel d’où. Stando così le cose, nulla siamo in grado di dedurre dal rapporto che l’interiorità intrattiene con l’esteriorità e l’esteriorità con l’interiorità. Un’analisi descrittiva che mantiene separati gli elementi-chiave rischia di ridurre e di appiattire una prospettiva senza alcun dubbio di più ampio respiro, con l’aggravante di lasciare irrisolti i punti che cercheremo di mettere a fuoco. E mai, come quando si tratta del senso, questo può risultare infelice. Pertanto, tra il luogo della rappresentazione e il luogo della significazione:
[…], il corpo significante non cessa, quindi, di scambiare dentro e fuori, di abolire l’estensione in un unico órganon del segno: ciò in cui si forma e da cui prende forma il senso. Le prospettive filosofiche particolari contano poco: dualismo dell’“anima” e del “corpo”, monismo della “carne”, simboliche culturali o psicanalitiche dei corpi – sempre il corpo è strutturato come un rinvio al senso. L’incarnazione è strutturata come una scorporazione (C 61; it. 59).
3Quel che dal punto di vista descrittivo poteva apparire come un puro e semplice rapporto tra due componenti – dedans e dehors – si rivela essere uno scambio in cui il senso prende, per l’appunto, corpo, e in cui il corps signifiant opera una convergenza sul segno. Quest’ultimo tuttavia non è l’approssimarsi del senso ma un appello, un rinvio rivolto al senso stesso. Il luogo in cui il senso si incarna, dunque il luogo proprio del senso, è quello che Nancy chiama le corps-caverne, cioè quello spazio del corpo interamente orientato verso la sua matrice (dedans). Esso, altro non è se non un luogo buio dove l’oscurità del corpo è residuo della luce, privazione del giorno, le signe de la vision solaire. Paradossalmente, il corpo è in espulsione verso il suo interno fino al punto in cui il segno si annulla nella presenza che esso stesso rappresenta e che ne costituisce il suo limite.
4Il passaggio dal corps signifiant tout court al corps-communauté si incontra in Corpus1 che, a partire dall’introduzione del concetto di comunità, ridescrive gli equilibri tra il corpo e il senso in seno alla comunità. È questo il momento concettuale che, per così dire, mi induce a presentare il punto di vista che espongo in questo articolo. Secondo Nancy, il senso per una comunità è possederlo come corpo, e il corpo per una comunità è possederlo come senso. Ne deriva che il corpo è segno per la comunità e la comunità è segno per il corpo. Il corpo-comunità vive in una doppia implicazione:
Da una parte, il corpo in generale ha per senso la propria intimità organica, il suo sentir-si e toccar-si in quanto soggetto (res inextensa): in altri termini, il corpo ha per senso il senso, assolutamente e nella sua totalità. Dall’altra parte, e in maniera complementare, i corpi individuali si appartengono reciprocamente in un corpo comune, la cui sostanza (ancora una volta res inextensa) costituisce il fondo della rivelazione del mistero politico (C 63-64; it. 60).
5Ma di quale corpo si tratta? Quale operazione sta compiendo il filosofo francese nell’attribuire consistenza alla dimensione comunitaria del corpo? In Le Sens du Monde, Nancy afferma che il politico è il luogo dell’être-ensemble. Lo spazio di senso è spazio comune e il senso non ha mai luogo per una sola persona perché «Il senso è un tensore di molteplicità. Un senso-a-uno, se si potesse dire una cosa del genere, si ridurrebbe a una verità chiusa su di sé, indifferente e ben presto implosa, e neppure “vera”. Il senso è che il senso comincia e ricomincia in ogni singolare, e non si compie in nessuno, come neppure nella totalità, la quale non è che il concatenarsi dei ricominciamenti» (SM 139; it. 111). Être-ensemble significa produrre senso, essere nel e secondo il senso. La comunità, il corpo e il senso coesistono nel medesimo nucleo concettuale perché il processo di significazione opera come corpo; di più, opera come corpo per una comunità.
6Per comprendere appieno ciò che nel pensiero di Nancy dà luogo a una comunità, mi sembra sia molto interessante prendere in considerazione la preposizione francese d’avec. Essa si utilizza quando si vuole indicare una prossimità da cui tuttavia si sta operando un allontanamento. Nella lingua francese allora si dirà se distinguer d’avec les autres oppure discerner le bien d’avec le mal. Ciò deriva dal fatto che un allontanamento si verifica sempre a partire da un punto cui siamo prossimi, tuttavia l’allontanamento stesso non può far a meno della prossimità perché è a partire da essa che la distanza ha luogo. Nonostante dunque abbia luogo uno scarto, tale movimento trova le sue radici nella prossimità stessa. Nancy pensa che l’avec riguardi tutte le proximités complexes e che l’être-en-commun presupponga il farsi carico di un compito e di un dovere che si configura come il cum stesso, cioè la forma che la nostra esistenza prende nell’essere esposti.
Cum è un esponente: ci mette gli uni davanti agli altri, ci consegna gli uni agli altri, ci mette a rischio gli uni contro gli altri e tutti insieme ci consegna a nient’altro che all’esperienza di ciò che è. Non ha altro fine che se stesso: ma «esso-stesso» è senza fine, e senza identità. È – «esso» è – ciò che «noi» siamo: nient’altro che la proliferazione di questo singolare «soggetto» plurale per dire la coesistenza degli enti nel mondo. (PD 119; it. 132)
7L’être exposé indica un’apertura, o meglio être-avec è la stessa cosa che être ouvert. L’avec è considerato come effetto dell’ouvert e l’ouvert come effetto dell’avec. In ultima istanza, si tratta di un ouvert/avec che non sia in aggiunta a l’essere poiché il soggetto è «soggetto senza sostanza o senza supporto: senz’altro supporto che un rapporto» (PD 121; it. 134). Il cum è una disposizione, una considerazione, un’attenzione; indica il fatto che esistiamo gli uni davanti agli altri e che siamo esposti gli uni davanti agli altri. In quanto égard, rivela la tonalità del comportamento che assumiamo, non solo verso gli altri, ma anche verso noi stessi. L’avec diversamente è la capacità di trovarsi gli uni con gli altri. Non è in un luogo, è piuttosto il luogo, il milieu o le monde d’existence. Esso non sarebbe altro che il senso.
8In apertura ho sostenuto che il senso è in rapporto al corpo, adesso invece vorrei sottolineare che être-avec significa disporsi già nei confronti del senso o meglio concorrere alla produzione di senso che non è «per nulla un vettore orientato verso l’epifania di un significato, ma la circolazione della prossimità nel proprio scarto, e dello scarto nella sua prossimità […]. Il ‘nulla’ del senso […] non indica un nulla mistico, ma semplicemente l’ex che fa l’esposizione dell’esistenza» (PD 120; it. 133).
9Nel 1995, Giorgio Agamben pubblicava Mezzi senza fine. Note sulla politica. In una ricognizione più ampia sui paradigmi politici, e sulla forma-di-vita in particolare, il filosofo italiano scriveva che «il soggetto ultimo, che si tratta di eccepire e, insieme, di includere nella città, è sempre la nuda via»2. Egli introduce il concetto di vita nuda3 in cui il termine ζωή (zoé) è contrapposto al termine βίος (bíos). Il primo designa la vita biologica – vita qua vivimus – ciò che è comune a tutti gli esseri viventi, il secondo invece la vita di relazione – vita quam vivimus – ciò che costituisce la forma stessa del vivere di un individuo o di un insieme di persone, cioè la dimensione eminentemente politica. Se il termine vita permette di isolare le differenti forme di vita, il termine forma-di vita riguarda una vita di cui la forma è parte integrante di essa in cui nulla si dà come vita nuda.
10Rileggendo attentamente le pagine che Nancy dedica al corps signifiant mi sembra si possa intravedere una certa affinità col pensiero di Agamben. Il filosofo francese pensa che «la politica non sia più una questione di senso incorporato, ma che cominci e finisca con i corpi» (C 64; it. 60)4. Sappiamo già che la sfida del senso si gioca tra dedans e dehors. Il corps signifiant oscilla tra un luogo in cui corpo e spirito appaiono come estranei l’uno nei confronti dell’altro e non possono riconoscersi nella rappresentazione che ne viene fatta (dedans), e un luogo in cui tale rappresentazione trova il suo orientamento (dehors). Il corpo significante scambia dedans e dehors perché vorrebbe annullare tale distanza in cui, da una parte, si forma il senso e, dall’altra, esso prende forma. È in questa maniera che il corps signifiant si costituisce, come continua contraddizione, di modo che, la significazione stessa cade nei suoi limiti.
11Se la politica ha per inizio e fine i corpi, bisognerebbe chiedersi cosa riveli e cosa implichi che nel corpo qualcosa si dia come un senso di cui non ci si può pienamente appropriare, cosa significhi cioè che qualcosa che si manifesta come un senso non sia compiutamente afferrabile e quali siano le ricadute sotto il profilo politico di quanto sino a ora sviluppato. La questione rimane aperta, mantenendo in toto la sua pregnanza, tuttavia bisognerebbe forse accettare che il senso non è dato una volta e per tutte ma che è suscettibile di modifiche e trasformazioni, che non si presenta come fisso e immutabile, al contrario come acquisizione instabile e temporanea poiché «‘Aperto’ non è semplicemente né in primo luogo generosità, massima disponibilità ad accogliere e liberalità nel donare: ma è principalmente la condizione di coesistenza di singolarità finite, tra le quali – lungo, al bordo, sui limiti, tra, ‘fuori’ e ‘dentro’ – circola indefinitamente la possibilità di senso» (PD 121; it. 134).
Notes de bas de page
1 «L’assunzione ultima del corpo significante è politica. ‘Corpo politico’ è una tautologia o almeno un’evidenza per tutta la tradizione, quali che siano le sue svariate figure. La fondazione politica riposa su questa assoluta circolarità significante: la comunità deve avere il corpo come senso, e il corpo deve avere la comunità come senso. Di conseguenza il corpo deve avere la comunità – la sua istituzione – come segno, e la comunità deve avere il corpo – del re o dell’assemblea – come segno» (C 63; it. 57).
2 G. Agamben, Mezzi senza fine. Nota sulla politica, Torino, Bollati Boringhieri, 2005, p. 15.
3 Essa è centrale nella produzione di Agamben, almeno a partire dagli anni Novanta. Bisogna altresì considerare che il concetto di vita nuda è inscindibilmente legato a quello di stato d’eccezione che Agamben svilupperà nel volume Stato di Eccezione. Homo sacer, vol. 2/1 (2003). Quest’ultimo concetto è ripreso dal filosofo tedesco Carl Schmitt. Nel pensiero di Agamben, lo stato di eccezione si configura come uno spazio privo di diritto dove la norma è sospesa o annullata. A partire dal contenuto di una norma non è possibile dedurre la decisione sullo stato d’eccezione che separa dunque la norma dalla sua applicazione allo scopo di renderla possibile. L’applicazione di una norma non è in alcun caso contenuta in essa. Colui che decide sullo stato d’eccezione è il sovrano che possiede il potere di deliberare sulla vita dei suoi cittadini.
4 In precedenza, l’autore aveva scritto: «In altri termini, nel regime politico del senso, non c’è res extensa, non c’è spazio per l’essere-tra-noi o per l’essere-in-comune, e non c’è spazio per i corpi, per i loro tracciati, i loro incontri, i loro incidenti singolari, i loro posti e posizioni di lavoro, per lo scambio e per tutta l’infinita declinazione delle ‘condizioni comuni’. Ma, poiché questo regime è allo stremo, viene il sospetto che la politica non sia più una questione di senso incorporato, ma che cominci e finisca con i corpi. Non è, infatti, che ci siano o non ci siano il giusto e l’ingiusto, l’uguale e l’ineguale, il libero e il prigioniero: queste cose non vanno significate, si tratta piuttosto di dar loro luogo (e luoghi) e persino di misurarle (per quanto incommensurabili siano). Le dimensioni di un alloggio, di un atelier, di uno strumento, la durata di un viaggio, il tracciato di una vita: hoc est l’estensione politica (C 64; it. 60).
Auteur
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