Dis-chiusura della sovranità teologico-politica in Jean-Luc Nancy: verso la sovranità del «con»
p. 35-40
Texte intégral
1Una questione nodale della riflessione nancyana è la decostruzione della sovranità teologico-politica. In una dialettica irrisolvibile tra il descrittivo e il normativo, da una parte, Nancy sostiene che il retrait del politico è un ritrarsi della sovranità, in cui entrambi i movimenti comportano un processo per il quale il teologico-politico si auto-decostruisce. D’altra parte, però, sembra che il pensiero debba ancora raggiungere l’altezza di tal evento. In questo articolo discuteremo la decostruzione della teologia politica iniziata con la nozione di retrait du politique, e continuata nella sua opera successiva. Come vedremo, a questa sovranità teologico-politica succederebbe l’ecotecnia. Nancy opporrà a entrambe un pensiero «impolitico» della sovranità in Bataille e il rinnovo delle categorie dell’ontologia, intesa in termini di con-essere e di essere singolare-plurale. Quindi la sovranità non sarebbe più quella di un soggetto come nella tradizione metafisica, ma la sovranità nuda del «con», in una spartizione di senso inappropriabile che introduce la possibilità di un’interruzione dell’equivalenza generale.
2Negli anni Settanta, Nancy inizia una decostruzione del soggetto della metafisica denunciando la centralità dell’“antropologia” e dell’onto-teologia ancora prevalente nello strutturalismo e, insieme, della funzionalizzazione del mito alla produzione di una comunità intesa in termini fusionali, identitari, ipostatici, secondo il modello teologico del corpo politico. Questo modello implicava una sovranità intesa come proprietà di un soggetto, come reductio ad unum di una molteplicità di singolarità nel sovrano. Inoltre, in questo modello di pensiero tutti i settori dell’esistenza sarebbero, in ultima analisi, politici, producendosi un’identificazione di potere e senso. Opponendosi a questo presupposto «totalitario», Nancy denunciava l’asservimento vicendevole del filosofico e del politico nel suo lavoro presso il Centro di Ricerche Filosofiche sul Politico (1980-1984).
3In quella ricerca, la figura del monarca hegeliano consentiva all’autore di pensare un punto di svolta da un pensiero del politico secondo il soggetto come un Selbst che si appropria della sua negatività verso quello del rapporto in quanto tale, in cui la giurisdizione politica potrebbe diventare un luogo di simbolizzazione della relazione stessa. Nancy mostrava che la sovranità-soggetto apre lo spazio per un’auto-decostruzione giacché espone la negatività del rapporto che essa non può richiudere su di sé. Ciò invitava a pensare il comune non come comunione, ma secondo la separazione che afferma e apre lo spazio per il rapporto tra esseri singolari, che è ciò che lo stato-soggetto negherebbe1.
4Per Nancy, se la sovranità è definita dall’assenza di fondamento, il sovrano esercita il suo potere solo in uno stato di eccezione in cui il diritto è sospeso. Ora, laddove Schmitt cerca di fondare in assenza di fondamenti, Nancy decostruirà ogni tentativo fondazionale, giacché pensa i concetti nodali del tedesco – decisione, eccezione, sovranità – come concetti esistenziali, non (primariamente) politici, e per lui l’esistenza non può essere fondata. Perciò sostiene che la teologia politica di Schmitt ha di teologico soltanto l’idea «ateologica» di onnipotenza (CMM, 145-172; it. 94-113). Per Nancy tutto il teologico-politico (anche nella sua presunta secolarizzazione), qualsiasi politica della Causa, è sacrificale. Ciononostante, la fine del teologico-politico ci abbandona a un’esistenza «insacrificabile», per cui la sfida sarebbe far sì che la democrazia non si limitasse a essere una teologia negativa della politica, immaginando un altro tipo di sovranità: la possibilità, per l’essere-in-comune, di diventare sovrano.
5In questo senso la secolarizzazione della teologia politica sarebbe un motivo ingannevole, e d’altronde, anche se c’è corrispondenza tra concezione metafisica e modo di organizzazione politica, il nostro tempo sarebbe quello della «métaphysique de la déconstruction de l’essence, et de l’existence en tant que sens» (SM 145; it. 116). Perciò non si tratta più di «secolarizzazione», bensì di «mondializzazione», cioè: «remise de la souveraineté… à l’existence nue» (SM 147; it. 117). Rifiutando le tesi di Schmitt, per Nancy il potere secolare non può derivare dal divino, perché la secolarità nomina un ordine esterno alla divinità. Nancy opporrà alla secolarizzazione la dischiusura, che è «quasi l’opposto»: il pensiero della secolarizzazione implicherebbe il contrario di ciò che propone nella misura in cui ha già pre-interpretato il mondo dell’al di là a partire da questo mondo. Perciò non si tratta di secolarizzare, ma di aprirci all’uomo così come esso è diventato «moderno», cioè all’uomo per il quale niente è dato, neanche se stesso (A 67-68).
6In questo senso, se la decisione schmittiana porta a uno stato di eccezione e alla dittatura, la decisione di esistenza heideggeriana non risponde più al modello di secolarizzazione, ma alla «mondializzazione», che non va confusa in questa sede con la globalizzazione. Si tratta di esistere come un certo in dell’in-comune, che passa in primo luogo per decidere «cosa significa ‘noi’, come possiamo dire ‘noi’ e chiamarci noi» (A 67-68).
7A quest’opposizione tra secolarizzazione e mondializzazione, Nancy ne aggiunge un’altra tra cittadino e soggetto, la quale a sua volta determina il modo di pensare il rapporto tra comunità e sovranità. Queste due possono essere pensate come un’area di giurisdizione condivisa oppure identificarsi come il soggetto di una legittimità fondatrice. Per Nancy, la sfida sarebbe di pensare la politica senza soggetto, cioè senza un «essere-sé» che porti a se stesso i benefici del suo esercizio, perché noi condividiamo il mondo, il quale non ha nessun sovrano (cfr. CMM).
8In questo schema, bisognerebbe pensare oltre la sovranità oppure concepirla come «nulla», il che imporrebbe il difficile compito di agire politicamente senza modelli (ESP 166). Quest’idea di sovranità permette all’autore di pensare al di là sia della filosofia politica, sia della politica filosofica. Mentre esse hanno considerato da una parte la sovranità come proprietà e la comunità come l’ipostasi di un soggetto e dall’altra parte l’essere come fondamento o sostanza, la «sovranità nuda» e la ritrazione del politico comportano di pensare il Mitsein senza riferimento a niente che lo preceda o lo fondi. È in questo senso che Nancy non pensa la sovranità di una comunità particolare, bensì quella del «con» in quanto tale e sostiene in un passo che «Dio non è altro che lo stesso con» (A 61).
9Questo implica concepire il divino come disseminato nell’esistenza condivisa, decostruendo il modello fondazionale della comunità: se la teologia politica concepiva la comunità secondo il modello fusionale della comunione, dell’incorporazione, e anche di uno spirito condiviso, la comunità di Nancy sarà intesa come esposizione reciproca dei corpi all’immaterialità del senso. Se il modello teologico-politico pensa la comunità come continuità di una sostanza al di là della morte dei singoli, Nancy segnala l’impossibilità di fare della morte un’opera, perché questo implicherebbe fare della comunità opera di morte. In questo quadro, la sovranità nuda del «con» è l’opposto della comunione, in quanto essa decostruisce il modo teologico-politico di pensare il comune.
10Inoltre, quest’esposizione nuda del comune è sempre più evidente nella società odierna, in cui vi è una diffrazione del concetto di comunità nelle realtà sotto e sovranazionali. In questo quadro, il concetto di comunità sembra ridursi al suo prefisso, il cum, privo di sostanza e legame, spogliato d’interiorità, di soggettività e di personalità.
11Ciononostante, sembra che la fine della sovranità teologico-politica e la «mondanizzazione» del mondo non abbiano portato all’esercizio di una sovranità condivisa, bensì a una violenza incontrastata del capitale. Secondo l’autore, lo spazio vuoto lasciato dalla sovranità è stato occupato dall’ecotecnia. È come se il potere sovrano si trasformasse in un agente di polizia al servizio della globalizzazione ecotecnica la cui logica non sarebbe meno totalitaria di quella teologico-politica, giacché, per Nancy, non c’è nessuna differenza tra «tutto è politico» e «tutto è economico»2. In questo senso, la globalizzazione esaspera la mancanza di legittimità di ogni potere sovrano, giacché né politica né religione possono dare più senso. La sovranità riemerge come un ritorno del rimosso nell’eccezione e nella guerra, proprio perché non ha né senso, né fondamento, né legittimità al di là della sua stessa imposizione (ESP 67-68; it. 67).
12Per andare alle radici di questa secolarizzazione del mondo e dell’equivalenza generale, e per cercare figure di inequivalenza, l’autore avvia una decostruzione del cristianesimo, giacché trova le radici del nichilismo nel gesto di un ritiro del divino nel farsi uomo del Dio. Per Nancy, l’occidente, che s’inventa nell’ateismo la cui verità è stata l’umanismo, si è ormai globalizzato, e pertanto l’uscita dal capitalismo, quella dall’umanismo e dal nichilismo hanno la stessa struttura formale, cioè, un’uscita dal di dentro.
13In questo quadro, si dovrebbe uscire dall’equivalenza generale nella quale l’umanismo dà luogo all’inumano. Ma per trascendere il nichilismo – il significato nel suo eccesso – bisogna assumerlo, e perciò Nancy pensa alla creazione: mentre il nichilismo significa «fare del nulla principio», la nozione teologica di creatio ex nihilo implicherebbe disfare ogni principio, perfino quello del nulla (D 39; it. 37). La creazione che interessa Nancy è quella di un mondo come totalità di senso, al quale oppone l’immondo della globalizzazione neoliberista.
14Comunque, non è il caso di stabilire nuovi fondamenti. Perciò Nancy parla di dischiusura e decostruzione: sia la metafisica sia il cristianesimo dischiudono se stessi, si auto-decostruiscono. Per Nancy la Destruktion, anch’essa legata al cristianesimo, non significa distruggere per rifondare né perpetuare, ma smontare, fare spazio (donner du jeu) all’assemblaggio per lasciar giocare (laisser jouer) tra le sue parti quella possibilità da cui proviene, ma che in quanto assemblaggio ricopre3; e ciò che l’edificio cristiano ricopre sarebbe la possibilità di un «fuori del mondo» in mezzo al mondo, un’inequivalenza in mezzo all’equivalenza generale, che è ciò cui puntano i concetti di adorazione, di fede, di amore4, figure tutte di un valore assoluto, inapprezzabile.
15Comunque, per Nancy non dobbiamo cercare nuovi «significanti-padroni» che occupino il posto lasciato vuoto da Dio – come accade nell’umanesimo – ma sbarazzarci del posto di Dio stesso per far luogo a una sovranità condivisa, al di là della teologia politica e dell’assen-teismo monoteistico, e aprire uno spazio per la pulsione di adorazione, e insieme per il fervore e per l’entusiasmo che non devono essere confusi con il furore fascista. Questo avrebbe sempre che fare con una forma particolare, chiusa, col mito che la «comunità inoperosa» è venuta a interrompere. Per Nancy, quel furore è adulazione, non adorazione (A 114). Questa sarebbe invece un modo di riconoscere un prezzo inapprezzabile, un aprirsi agli altri, comunicando un’emozione che non produce figure e che, come la fede, si abbandona senza garanzie.
16È in vista di quest’uscita dall’equivalenza generale e di una condivisione del senso che si dovrebbe ripensare la politica per Nancy, in modo che la democrazia garantisca l’esercizio di una «spartizione dell’incalcolabile». Essa sarebbe l’opposto della teologia politica, perché, in primo luogo, non deve donare senso, bensì consentirne la circolazione. In secondo luogo, la democrazia deve riconoscere che non tutto è politico, che la politica non può che essere separata secondo l’essenza dell’essere-in-comune, che non è da ipostatizzare in una qualsiasi figura o significato. E, in terzo luogo, che la politica non è responsabile dell’identità, ma della giustizia. Se il teologico-politico assorbe il senso nel potere e il comune nel politico, la politica democratica è quella che stabilisce un intervallo tra i due5.
17In questo quadro, Nancy propone di pensare la sovranità come spaziamento singolare-plurale a partire da un’ontologia del Mitsein e della sua sovranità nuda, condivisa da tutti e da ciascuno, intesa non come esercizio di dominio, ma come prassi di senso (ESP 62; it. 60), giacché per Nancy la politica non è legata alla figura, ma allo spaziamento. Similmente alla nozione d’«invenzione democratica» di Lefort, la politica diventa un luogo di de-totalizzazione6.
18Per finire, si può dire che la sovranità teologico-politica dischiude se stessa. Finora il suo retrait ci ha abbandonato, come l’assen-teismo della tradizione monoteistica, all’ab-senso, alla violenza incontrastata dell’equivalenza generale che corrisponde formalmente a una democrazia ridotta ai termini di un cittadino - un voto. Pertanto, uscire dalla riduzione di tutta l’esistenza alla misura universale del denaro non comporta né di ristabilire una sovranità tradizionale ormai superata, né l’attesa di nuovi dèi, bensì l’introduzione di una dimensione di inequivalenza, dell’incommensurabile, che la decostruzione chiama «giustizia» e che deve rispettare il carattere singolare-plurale dell’esistenza. Per tutto ciò, alla fine della sovranità teologico-politica dovrebbe emergere una sovranità con-divisa, senza soggetto, senza dominazione: una sovranità-in-comune non ancora sperimentata.
Notes de bas de page
1 Cfr. J.-L. Nancy, La juridiction du monarque hégélien, in J.-L. Nancy e Ph. Lacoue-Labarthe, Rejouer le politique, Paris, Galilée, 1981, pp. 51-90.
2 R. Esposito e J.-L. Nancy, Dialogo sulla filosofia a venire, introduzione alla versione italiana di ESP.
3 Cfr. D 215; it. 207.
4 Caratterizzato da Nancy come “stimare l’inestimabile” in J.-L. Nancy, Sull’amore, conferenza inedita in francese, trad. it. M. Bonazzi, Torino, Bollati Boringhieri, 2009, p. 35.
5 J.-L. Nancy, On the Multiple Senses of Democracy, in The Politics of Deconstruction: Jacques Derrida and the Other of Philosophy, a cura di M. McQuillan, London, Pluto Press, 2007, pp. 43-53.
6 J.-L. Nancy e R. Esposito, Dialogo sulla filosofia a venire, cit.
Auteur
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