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Acting out e passaggio all’atto

p. 41-46


Texte intégral

1Il trait d’union tra acting out e passaggio all’atto è l’angoscia: un segnale che si produce quando il soggetto si sente minacciato. Si tratta di un’esperienza improvvisa, in cui il rapporto con il mondo s’incrina, l’Altro diviene irriconoscibile, vengono meno le certezze e si apre una dimensione enigmatica.

2Nel pensiero lacaniano la dimensione dell’enigma è legata in modo particolare alla certezza, ovvero c’è enigma quando qualcosa è riconosciuto come un segnale, un voler dire qualcosa, ma nel contempo non si sa che cosa.

3È qui che si situa l’angoscia: «ciò che non inganna»1. Si ha a che fare con una certezza, ma senza verità; qualcosa segnala la certezza del volere dell’Altro, ma non dice cosa l’Altro vuole. Compare nell’incontro con l’enigmaticità del desiderio dell’Altro. Nel domandarsi «Che vuoi?», ma anche che «Cosa sono per te?», il soggetto si trova a essere oggetto del desiderio dell’Altro senza sapere esattamente quale oggetto sia.

4Si tratta di un affetto, nel suo carattere di urgenza e sofferenza, legato alla dimensione dell’azione, che porta il soggetto ad agire, spingendolo a compiere gesti di notevole intensità o anche estremi.

5La dimensione dell’agire, che assume una considerevole importanza nella clinica odierna, non indica un semplice movimento ma, come afferma Lacan, «agire è strappare all’angoscia la sua certezza. Agire è realizzare un trasferimento di angoscia»2.

6Agieren è il termine introdotto da Freud nel 1914 in Ricordare, ripetere e rielaborare3, nel descrivere pazienti che non ricordano assolutamente nulla degli elementi che hanno dimenticato e rimosso, ma piuttosto li mettono in atto. Questi soggetti riproducono quegli elementi non sotto forma di ricordi, ma sotto forma di azioni; li ripetono, ovviamente senza rendersene conto: si tratterebbe dunque di agire anziché ricordarsi.

7Agieren, in inglese to act out, diventa sia agire che recitare una parte, in connessione alla ripetizione di azioni del passato, impossibili da portare alla coscienza e in stretta correlazione al concetto psicoanalitico del transfert.

8Inizialmente, nel movimento psicoanalitico, il concetto di acting out e passaggio all’atto sono stati utilizzati come sinonimi, intendendo con essi una serie di atti inconsci, impulsivi, compiuti da un soggetto fuori di sé, al posto che “ricordarsi di… ”, atti che potevano arrivare all’omicidio o al suicidio.

9Jacques Lacan, nell’interrogarsi su cosa sia un atto per un soggetto, ha sistematizzato la differenza tra i due termini, cogliendone i punti specifici. In particolare, formalizza questi concetti basandosi su due osservazioni cliniche di Freud: il caso clinico di Dora4 e quello della “Giovane omosessuale”5.

10Lacan nel delineare questa differenza introduce due elementi: la scena e il mondo. La scena è ciò che si mostra, ciò che appare, la rappresentazione del mondo che è, invece, ciò che sta sotto la scena, il Reale. Non c’è realtà se non quella che possiamo rappresentare attraverso il Simbolico e l’Immaginario, il luogo dell’Altro. Riprendiamo le parole di Lacan: «È evidente che le cose del mondo umano sono cose di un universo strutturato in forma di parola, e che il linguaggio, i processi simbolici, dominano, governano tutto»6.

11È necessario porre questa differenza radicale tra scena e mondo per distinguere quello che è un acting out da un passaggio all’atto. La scena è il luogo dove il mondo viene messo in scena, è la dimensione della storia. Il soggetto si rappresenta, si storicizza sulla scena attraverso i significanti e i significati che prende dal campo dell’Altro. Abbiamo quindi «da un lato il mondo, luogo in cui si accalca il Reale, e dall’altro la scena dell’Altro, in cui l’uomo come soggetto deve costituirsi, deve prendere posto come colui che porta la parola, ma potrà portarla solo in una struttura che, per quanto si ponga come veridica, è una struttura di finzione»7.

12Nel luogo della scena è centrale il concetto di finzione, infatti nel cercare di rappresentare il Reale è inevitabile la finzione: «Il Reale non può essere toccato che attraverso la menzogna, che attraverso una messa in scena, o se posso dire, una messa in menzogna»8. La messa in scena come finzione si collega a ciò che Lacan svilupperà in seguito nel suo insegnamento, ossia la disgiunzione del vero dal Reale.

13Nel mondo, il luogo della certezza che non inganna, Lacan pone l’oggetto a; nella scena, il luogo dell’Altro, della verità come finzione, colloca i(a).

14L’oggetto a è l’oggetto perduto. Si tratta di un oggetto anteriore al desiderio in quanto causa il desiderio. L’oggetto perduto è ciò che resta del processo che Lacan chiama di soggettivazione (che implica i due tempi logici di alienazione e separazione)9. Attraverso quest’operazione gli oggetti reali, come per esempio il seno, non esauriscono la loro funzione nella soddisfazione di un bisogno, ma si inseriscono in un circuito dialettico e pulsionale con l’Altro. L’Altro materno non è tutto per il bambino, è impegnato anche in altro (lavoro, occuparsi di varie cose…), così come il bambino è un essere infans, i cui bisogni non sono reperibili attraverso meccanismi istintuali e quindi automatici, ma passano attraverso le parole, i significanti che gli fornisce l’Altro, passano attraverso la domanda e il desiderio.

15Con i(a), invece, indichiamo lo statuto immaginario dell’oggetto a, la sua rappresentazione, la sua messa in scena.

16In questo scenario l’acting out è l’apparizione, attraverso la messa in scena, dell’oggetto a sulla scena; mentre nel passaggio all’atto si raggiunge un’«identificazione con l’oggetto a»10, fuori scena nel Reale. Nel primo c’è finzione, una verità che mente, mentre il passaggio all’atto è ciò che non inganna, è un’uscita di scena, c’è un «non volerne più sapere».

17L’acting out nella sua dimensione di messa in scena è un appello all’Altro, mostra attraverso una finzione l’oggetto a causa del desiderio. Il soggetto si trova a essere nella necessità di mentire a fronte di una verità inconscia angosciante. L’oggetto a «una volta salito sulla scena viene catturato dagli artifici dell’esibizione, dagli artifici del significante, dagli artifici della verità, e il Reale resta altrove. La sola interpretazione dell’acting out è: “quello che dite è vero, ma ciò non tocca la questione di cui si tratta”»11. Il soggetto mette in gioco il desiderio in una sorta di messa in scena, senza veramente riuscire a situare la causa del desiderio rispetto all’Altro simbolico. L’oggetto del desiderio viene mostrato, c’è un appello all’Altro, ma al tempo stesso c’è una difficoltà con l’Altro, qualcosa che non trova modo di formularsi, c’è una messa in scena precipitosa del desiderio.

18Quanto detto si può cogliere attraverso il caso clinico di Freud Frammento di un’analisi di isteria precedentemente citato. Dora è una giovane ragazza, condotta da Freud dal padre dopo che questi aveva trovato una lettera di Dora in cui esplicitava un’intenzione suicida. Il padre di Dora aveva una relazione con una donna, la signora K., e al contempo sua figlia era oggetto di corteggiamento da parte del marito dell’amante del padre, il Signor K. La giovane, inoltre, presentava dei sintomi di conversione isterica, come afonie e tosse nervosa. Freud, nel corso del trattamento, mette in evidenza il ruolo che Dora stessa aveva nella vicenda, favorendo indirettamente la relazione del padre con la signora K., per esempio occupandosi dei bambini della Signora K., in modo che lei potesse incontrare suo padre, oppure mostrandosi compiacente rispetto al corteggiamento e ai regali del Signor K.

19Nel caso di Dora sulla scena troviamo il padre, la figlia, il Signore e la Signora K. È il padre a introdurre la signora, la sua amante, cui non sembra voler rinunciare, mentre Dora, molto legata al padre, partecipa a questo gioco, posizionandosi tra loro due, ma al contempo si lascia corteggiare dal Signor K., marito della signora. Come scrive Freud, Dora risulta non solo fin da subito al corrente di tale situazione, ma si dimostra compiacente, fungendo da perno e sostituendosi alle funzioni della Signora K. in taluni momenti, per esempio nella cura dei suoi bambini.

20Il comportamento paradossale di Dora con i coniugi K., comportamento immediatamente scoperto da Freud, è un acting out. Essenzialmente l’acting out è qualcosa, nella condotta del soggetto, che si mostra in forma di pantomima. Lacan sottolinea «l’accento dimostrativo di ogni acting out e il suo orientamento verso l’Altro»12. Il desiderio, nel suo mostrarsi e affermarsi come verità, si mostra come altro, con uno statuto di finzione, lontano dalla sua reale natura.

21In Dora, l’essere stata il cardine per facilitare la relazione fra suo padre e la Signora K., non le ha permesso di scoprire quale sia l’oggetto causa del suo desiderio: la Signora K., cosa che in realtà neanche Freud aveva ben colto. Lacan, nelle sue letture del caso, formula così la dialettica inconscia di Dora: la ragazza riesce a sopportare la relazione del padre facendo della Signora K. la sua questione. La signora K. si presenta come qualcosa che suo padre può amare in un’altra, ella «realizza ciò che lei, Dora, non può né sapere né conoscere di questa situazione dove non riesce a collocarsi»13. Per lei la signora K. rappresenta La donna, incarna cioè l’essenza della femminilità. Questa metaforizza la questione inconscia di Dora: «Che cosa ama mio padre nella Signora K.?», che in realtà ne sottende un’altra, «Che cos’è una donna?», che è la sua vera questione. Dora si situa tra il padre e la signora K.: nella misura in cui suo padre ama la signora K., Dora si sente soddisfatta, a condizione però che il signor K. occupi «una funzione inversa ed equilibrante»14: Dora può essere amata da lui al di là di sua moglie, ma questa deve essere qualcosa per lui. In fondo il problema della condizione di Dora è quello di accettarsi come oggetto del desiderio dell’uomo, così come per ogni donna; lei trova la soluzione con questa sua costruzione, facendo cioè della signora K. il suo oggetto causa, identificandosi prima con il padre e poi con il signor K. «A Dora […] interessa sapere non tanto qual è l’oggetto che fa godere, ma qual è la causa del desiderio, qual è l’oggetto che fa desiderare»15. L’acting out è una mossa finalizzata a evitare un’angoscia troppo violenta, è un’esibizione di una verità che si sostituisce a una questione reale, inconscia, impossibile da dire.

22Con l’acting out il soggetto tenta di mettere in gioco il desiderio in una sorta di messa in scena, senza veramente riuscire a situare la causa del desiderio rispetto all’Altro simbolico.

23Se l’acting out è un’entrata in scena, il passaggio all’atto al contrario è un’uscita di scena, non è rivolto all’Altro, non c’è spettatore.

24Ma cos’è un passaggio all’atto? È innanzitutto da differenziare dalla semplice agitazione, movimento o scarica motoria.

25La clinica ci mostra la dimensione della temporalità in cui si inscrive, rendendolo specifico: il passaggio all’atto si manifesta sempre con un carattere di urgenza ed è definito da una scansione temporale in cui vi è un prima e un dopo, e alla fine il soggetto non è più lo stesso. Nel passaggio all’atto il soggetto si sottrae alla dialettica della parola. Dice Lacan: «Nel cuore di ogni atto c’è un no!, un no! proferito verso l’Altro»16.

26Nel caso di Dora è in un momento preciso che si verifica il passaggio all’atto: è nel momento dell’estremo imbarazzo in cui viene gettata dalla frase del Signor K.: «Mia moglie non è nulla per me». Lo schiaffo che Dora gli dà, mostra come il soggetto vada nella direzione di evadere dalla scena, rompere con l’Altro. In pratica tutta la costruzione attraverso cui Dora si era identificata con lui, cioè al suo desiderio per la moglie, La donna «in quanto Altro, in quanto supposta detentrice del segreto»17, crolla.

27Il passaggio all’atto si compie nel momento in cui il soggetto è confrontato radicalmente a quel che egli è come oggetto per l’Altro. Si produce quando il soggetto è confrontato allo svelamento avventato dell’oggetto a che egli è per l’Altro, ed è sempre nel momento di grande imbarazzo, di estrema emozione che si produce, quando per lui ogni simbolizzazione è divenuta impossibile. Il passaggio all’atto diventa la sola azione possibile da farsi per colui che non può viversi che come uno scarto da evacuare; si tratta di un incontro con il Reale.

28Ogni passaggio all’atto comporta un superamento di una legge, di un sistema simbolico, in questo senso ogni vero atto è trasgressione. Cito Lacan: «L’atto in quanto tale è un tentativo di rimaneggiare quella codifica che trasgredisce»18, nella sua dimensione tragica di negazione di sé, come ultima possibilità per un soggetto di inscriversi simbolicamente in un reale disumanizzante.

Notes de bas de page

1 J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L’angoscia [1962-1963], Torino, Einaudi, 2007, p. 83.

2 Ibidem.

3 S. Freud, Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi. Ricordare, ripetere, rielaborare [1914], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1975, vol. 7, pp. 353-361.

4 S. Freud, Frammento di un’analisi di isteria (Caso clinico di Dora) [1901], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1970, vol. 4, pp. 299-402.

5 Id., Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile [1920], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1977, vol. 9, pp. 137-166.

6 J. Lacan, Il Seminario, Libro VII, L’etica della psicoanalisi [1959-1960], Torino, Einaudi, 1994, p. 55.

7 Ivi, p. 126.

8 J.-A. Miller, L’Angoscia. Introduzione al Seminario X di Jacques Lacan, Macerata, Quodlibet, 2006, p. 108.

9 Cfr. J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964], Torino, Einaudi, 2003 e Posizione dell’inconscio [1966], in Scritti, Torino, Einaudi, 2002, pp. 832-858.

10 J.-A. Miller, L’Angoscia. Introduzione al Seminario X di Jacques Lacan cit., p. 108.

11 Ibidem.

12 J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L’angoscia cit., p. 133.

13 J. Lacan, Il Seminario, Libro IV, La relazione oggettuale [1956-1957], Torino, Einaudi, 1996, p. 151.

14 Ivi, p. 152.

15 C. Soler, L’isterica e La donna. Clinica differenziale, “La Psicoanalisi”, 15, 1994, p. 52.

16 J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L’angoscia cit., p. 230.

17 A. Turolla, La questione isterica, in AA.VV., La questione isterica, Padova, Cleup, 1984, p. 27.

18 J. Lacan, Il Seminario, Libro IV, La relazione oggettuale cit., p. 156.

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