Eros e nomos. Per una differenziazione fenomenologica del Terzo nell’amore e nel diritto
p. 196-203
Note de l’auteur
Le considerazioni qui presentate hanno origine dal tentativo di una interpretazione del lavoro filosofico di Bruno Romano. Queste pagine costituiscono, quindi, anche un segno di riconoscenza per l’opera del mio Maestro.
Texte intégral
Est enim amor precarium…
1Tra i fenomeni che interessano con centralità l’esistenza dell’uomo, l’amore2 e il diritto si presentano come modalità originarie dell’incontro con l’altro. Il ‘fenomeno erotico’, esemplarmente, è rilevante nel pensiero di Jean-Luc Marion3. Altrettanto importante, ma non tematizzato nell’opera di Marion, si rivela, per l’ambito co-esistenziale, il ‘fenomeno giuridico’4, qui discusso secondo la principalità di un rinvio alla filosofia di Bruno Romano. A partire da tali premesse, si vuole presentare l’avvio di una riflessione sulla «differenziazione fenomenologica»5 che sussiste fra quanto viene recepito e vissuto come ‘amore’ e quanto si esperisce come ‘diritto’, nel presupposto di una interpersonalità empatica6, costitutiva dell’esistenza di ognuno. Si propone pertanto una lettura del fenomeno giuridico che rintraccia nel diritto una dimensione non meramente formale, ma formativa per la comprensione/istituzione della realtà sociale. Tali considerazioni impegnano anche una riflessione sulla differenza tra fenomeno erotico (amore) e fenomeno giuridico (diritto), rinvenibile nella predilezione (Vorlieb7) affettiva a tendenza dualogica8, nel primo caso, e nella vocazione a una universalità trialogica, nel secondo9. Il fenomeno erotico, cioè – oltre la possibilità di un rinvio a un ordo amoris universale10, o a un “dovere di amare il prossimo”11, fattosi precetto religioso nell’ambito del cristianesimo12 – si realizza come specificamente duale13, non sorretto da una effettiva pretendibilità14, presente invece, con essenzialità, nel fenomeno giuridico, in modalità tali da conferire certezza alla relazione15. Come segnala Marion, infatti, nell’amore non emerge mai la dimensione del dovere, che segue alla obbligatorietà imposta dalla legge16. Queste osservazioni, tuttavia, non possono omettere di confrontarsi con le considerazioni di Kierkegaard, secondo cui il dovere di amare è solo un’apparente contraddizione17, perché «soltanto quando è diventato un dovere, solo allora l’amore è conservato in eterno»18.
2Si delineano così gli elementi di un tentativo che vorrebbe riportare all’attenzione del filosofo e del giurista la possibilità di interpretare il fenomeno giuridico a partire dalla sua ambientazione genetica, quindi dalla realtà di una storicità sociale, inevitabilmente strutturata secondo i modi dialogici di una discorsività intersoggettiva19, non escludendo, anzi, dovendo privilegiare la temporalità della “situazione esistenziale”20. L’uomo che vive nella relazione con l’altro, e con l’altro viene a esistenza nell’esperire la non indifferenza nei confronti della relazione medesima, si trova immesso «nella questione del senso, espressa nell’interrogativo: che ne è del se stesso davanti all’opposizione tra giusto e non giusto?»21.
3Il diritto, come e diversamente dall’amore, si svela come ‘struttura qualitativa’ primaria della relazione, mostrando a ognuno la possibilità di comprendere l’altro, dunque di riconoscerlo come un singolo capace di donare la parola, costitutiva della soggettività.
4Vengono a specificarsi l’analogia e la differenza tra amore e diritto: entrambi i fenomeni coesistenziali si specificano a partire da un “sentimento vissuto”22, quello dell’amante per l’amato, il primo, quello del subire o del ricevere ingiustizia, il secondo23. Nel considerare tali personali esperienze, è possibile cogliere che i fenomeni nominati, dell’amore e del diritto, originati dalla costitutiva presenza dell’altro, si coappartengono nella ricerca di un’attività simbolica, cioè istitutiva di un ordine che è sempre relazionale. Il sentimento dell’amore, come dell’amicizia24, ma in maniera più intensa per l’esperienza del singolo, tende alla costituzione di un rapporto con l’altro, nella condivisione profonda di una relazione affettiva, sempre selettiva e non universalizzabile25.
5Va osservato con Heidegger26 che uno dei tratti essenziali dell’esperienza umana, il più originariamente presente all’esserci (Dasein) che l’uomo è, si costituisce a partire dalla temporalità27. Ogni struttura dell’esistenza, da intendere, inevitabilmente e sempre, quale realtà co-esistita, si percepisce secondo una maturazione temporale, che non rinvia alla misurabilità delle ore: si tratta cioè di una temporalità vissuta28. Nel caso della relazione affettiva, la presenza del tempo si descrive poeticamente come l’‘infinito’, lo ‘smisurato’29. Nell’amore si tratta, come scrive Marion, di un temporalizzare «niente di meno che l’eternità»30. Anche con un riferimento alla Daseinsanalytik di Binswanger, nell’analisi del concetto di ‘noità’ (Wirheit), può dirsi che dal «punto di vista della temporalizzazione, l’amore permette al Dasein di accedere all’eternità, di sormontare la morte e di fare ingresso nell’infinità e nell’intimità di una durata eterna, quella del ‘noi’»31. Va tuttavia osservato che «l’eterno, nell’uomo esistente, si presenta solo nell’esistere la temporalità, ricevendone l’ambientazione, in ogni ‘opera’ che entra nella relazionalità»32, dunque anche nell’amore.
6Proprio in queste espressioni, è possibile avvertire l’assenza di una specifica durata del rapporto affettivo, lasciato al sentimento mutevole dei singoli, che, se da un lato esperiscono con pienezza esistenziale il rinvio a uno spazio stra-ordinario, eterno, restano, di contro, relegati a una volontarietà temporale, che può costringere l’altro in una condizione angosciata di fine della relazione, senza alcuna possibilità di appellarsi a un giudice, un Terzo33, per definizione estraneo alla dualità del rapporto di predilezione affettiva34. La durata dell’amore, che aspira all’in-finito, non resta estranea alla condizione temporalmente finita degli uomini, e trova possibilità unicamente in una direzione escatologica35. Questa considerazione non toglie, anzi conferma che, anche nel rapporto d’amore, si presenti il desiderio della terzietà, propria della realtà triale dell’ordine discorsivo dell’esistenza; tuttavia, la figura del Terzo non si realizza nell’amore in forme adeguate alla sua funzione36, che è quella di assicurare una durata al rapporto istituito, sancendo, nella relazione affettiva, il reciproco ‘giuramento di fedeltà’.
7Marion individua nell’avvento del figlio la comparsa del Terzo tra gli amanti, come un testimone del giuramento di fedeltà, che si rinnova solo se non diventa ‘abitudine’37. Il figlio diventa «così il testimone dei suoi genitori, il terzo che conferisce agli amanti la visibilità garantita che loro stessi non potrebbero ottenere nella semplice ripetizione caotica del loro fenomeno erotico»38. Tuttavia, la figura del figlio eretto a terzo del rapporto, produce il paradosso di un soddisfacimento del desiderio, cioè «il desiderio di farla finita con il desiderio»39. Questo esito si deve alla posteriorità di un terzo che sopravviene al rapporto, così che nella figura del figlio, che immette la sanzione nel/del rapporto, si ripete, a contrario, l’immagine del ‘padre fattuale’, secondo il linguaggio della psicanalisi, colui che sancisce il divieto, impedendo la ripresa del desiderio, distinta dalla figura del ‘padre simbolico’, che invece la garantisce, istituendo l’ordine simbolico40. Nel caso dell’evenienza del figlio, come coglie Marion, si tratta ogni volta di «ricevere un altro terzo provvisorio […] Il figlio interpreta il ruolo del terzo, ma seguendo una temporalità tale da essere solo in transito. Il terzo venuto»41 è sempre un terzo sopravvenuto e non co-originario al rapporto, registrando una «impossibilità della reciprocità fra gli amanti»42, reciprocità che segna invece la genesi della giuridicità, che mantiene ognuno nella sua struttura desiderante.
8Con coerenza, Marion descrive che, al di là di un rinvio alla figura di un terzo che è sempre sopravvenuto, nella relazione affettiva ognuno degli amanti resta, infine, esposto a «un’istanza indecidibile, che tuttavia deciderà di tutto – e soprattutto di me. In breve, l’ego si indebolisce a causa di un’eteronomia di diritto, poi di fatto»43. Il rischio, avvertito come condizione esistenziale di angoscia, si concretizza nello spegnimento del desiderio e quindi dell’amore, che ne ripresenta la struttura. In questa prospettiva, l’amato è ridotto a ‘oggetto del desiderio’, risolto cioè in un’immagine che non consente la custodia della «relazione amante-amato nella trialità del riconoscimento»44.
9Le argomentazioni di Marion possono essere discusse anche con un rinvio alla descrizione della genesi del ‘gruppo’, operata da Sartre45. Vengono qui, infatti, a presentarsi elementi analoghi, quali il ‘giuramento’, l’‘eternità’, il ‘terzo’, il ‘figlio’. D’altronde, in Sartre, la struttura del gruppo si svela anche come «amicizia, amore – e anche fratellanza […] e (nel caso in cui le circostanze avessero prodotto questo sentimento), legame pratico d’amore»46. Secondo Sartre, ogni costituzione relazionale si avvia da una «diffidenza nell’avvenire; […] si teme anzitutto l’azione dissolvente della separazione»47, cui ognuno reagisce con il prestare giuramento, inteso come «reciprocità mediata»48 che «eleva di per sé una pretesa»49. Il giuramento, dunque, che è sempre reciproco, si presenta come un’invenzione pratica, che introduce l’«azione regolatrice del terzo»50: attraverso il giuramento si attribuisce al terzo la possibilità di intervenire a garanzia del non-cambiamento futuro. La figura del terzo, in Sartre, assume, come in Marion, i tratti del figlio, «in quanto, in seguito all’atto creatore del giuramento, siamo i nostri propri figli»51, ognuno per l’altro posto a garanzia di una «eternità di presenza nell’avvenire»52, che priva il singolo della ripresa formativa del se stesso, dunque della sua libertà desiderante: «La mia ‘fede giurata’ ritorna su di me come garanzia contro la mia libertà attraverso quella del terzo»53. Si istituisce così un ordine, che in Sartre configura esplicitamente i tratti della giuridicità, in cui si presenta l’eteronoma circolarità degli effetti del giuramento, a partire dal quale si garantisce la venuta del terzo assente (il figlio-di-là-da-venire), che a sua volta è garanzia del giuramento effettuato in una «ipoteca irreversibile della temporalizzazione»54.
10Anche dal confronto critico con queste descrizioni di Sartre, è possibile chiarire che la condizione di un riconoscimento reciproco e senza condizioni, svela con pienezza che il desiderio di terzietà si determina come desiderio di giustizia, nella originarietà intersoggettiva della figura simbolica del Terzo, presentandosi nella modalità ortonoma del diritto55. Il Terzo, infatti, esemplarmente nella figura del giudice, costituisce con essenzialità l’ordine ortonomo del giuridico, dove alla relazione, sia pur tipizzata nei ruoli del diritto positivo, è concessa una durata, in un tempo finito ma prevedibile, che rende possibili non solo le attività del quotidiano, dell’ordinario, ma la stessa formazione intersoggettiva della personalità di ognuno56.
11Si conferma che il tratto proprio dell’istituire appartiene all’ordine simbolico, che eccede l’ordine immediato del reale, nel medio di uno slittamento continuo del senso, che interessa ognuno degli uomini. Nel caso del diritto, l’istituzione dell’ordine simbolico coincide con l’istituzione simbolica dell’ordine, di uno spazio co-esistibile nel medio del nomos, oltre l’immediatezza del chaos57. Allora, ci si chiede con Heidegger, che «cos’è che viene così istituito? Ciò che resta stabile. Ma ciò che è stabile può mai venire istituito? Non è già sempre lì presente? No! Proprio lo stabile deve venire fissato, lottando contro il travolgimento; il semplice deve venire strappato alla confusione, la misura deve venire preposta allo smisurato»58; viene così descritto che la forma della relazionalità, incontrata nella stabilità delle istituzioni in cui si svolge la quotidianità condivisa della co-esistenza, non si dà, con pienezza, al di fuori dell’istituire un ordine giuridico. Il rapportarsi giuridico, dunque, precede e rende possibile ogni altra modalità del rapportarsi con l’altro, perché garantisce lo stesso rapportarsi nella principalità del riconoscimento reciproco59, secondo la mediatezza rigorosa della legge60, che si specifica in quanto diritto61. La condizione dell’uomo, che certo avverte la relazione affettiva come quanto non consente pretesa né misura, mostra di non designare una possibilità privilegiata del singolo e del suo altro, ma rinvia a una ‘intersoggettività originaria’62 in cui si rileva che il diritto, strutturato come il discorso, avvera lo spazio della possibilità stessa di una libera co-esistenza.
12Devono, infine, essere riprese, come fa Romano63, le affermazioni di Kierkegaard, per cui, benché spesso si pensi che è la legge a negare la libertà, invece «è proprio all’inverso; senza legge non c’è libertà ed è la legge che dà la libertà»64. Anche di amarsi.
Notes de bas de page
2 Cfr., esemplarmente, S. Kierkegaard, Kjerlighedens Gjerninger, in Id., Samlede Vaerker, IX, Copenaghen, Nordisk Forlag, 1927, pp. 13 ss., trad. it. C. Fabro, Gli atti dell’amore, Milano, Rusconi, 1983, pp. 147 ss.; anche D. von Hildebrand, Das Wesen der Liebe, in Id., Gesammelte Werke, Band III, Regensburg, Josef Habbel, 1971, pp. 13 ss., trad. it. P. Premoli De Marchi, Essenza dell’amore, Milano, Bompiani, 2003, pp. 51 ss.
3 Cfr. J.-L. Marion, Le phénomène érotique, Paris, Grasset, 2003, trad. it. D. Citi, Il fenomeno erotico, Siena, Cantagalli, 2007; Id., Dialogo con l’amore, a cura di U. Perone, Torino, Rosenberg & Sellier, 2007.
4 Cfr. S. Cotta, Il diritto nell’esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica, Milano, Giuffrè, 1991, pp. 39 ss.
5 B. Romano, Filosofia del diritto, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 66.
6 Cfr. E. Stein, Zum Problem der Einfühlung, Halle, Buckdruckerei des Waisenhauses, 1917, trad. it. E. Costantini, Il problema dell’empatia, Roma, Edizioni Studium, 2003, pp. 67 ss.; L. Avitabile, Per una fenomenologia del diritto nell’opera di Edith Stein, Roma, Nuova Cultura, 2006.
7 Cfr. M. Heidegger, Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung, in Id., Gesamtausgabe, Band 4, a cura di F.W. Von Hermann, Frankfurt a.M., Klostermann, 1981, p. 87, trad. it. L. Amoroso, La poesia di Hölderlin, Milano, Adelphi, 1988, pp. 106-107.
8 Cfr. B. Romano, Il diritto strutturato come il discorso, Roma, Bulzoni, 1994, p. 27.
9 Cfr. Id., Filosofia del diritto, cit., p. 114 ss.
10 Il rinvio classico è ad Agostino, De Civitate Dei, XV, 22, (trad. it. L. Alici, La Città di Dio, Milano, RCS, 2001, p. 732), secondo cui l’ordine dell’amore definisce la virtù. Sul tema cfr. H. Arendt, Liebesbegriff bei Augustin, Berlin, Julius Springer, 1929, trad. it. L. Boella, Il concetto d’amore in Agostino, Milano, SE, 2004, pp. 13 ss.; M. Scheler, Ordo amoris, in Id., Gesammelte Werke, Band 10, Schriften aus dem Nachlaß, Band 1, a cura di Maria Scheler, Bern, Francke, 1957, pp. 345-376, specialmente pp. 347 ss., trad. it. E. Simonotti, Ordo amoris, Brescia, Morcelliana, 2008, pp. 49 ss.; R. Bodei, Ordo amoris, Bologna, il Mulino, 1991, specialmente pp. 163 ss.
Tra i possibili luoghi, rilevanti per gli argomenti qui presentati, se ne possono ricordare solo alcuni. Com’è noto, Pascal nomina uno specifico ordine del cuore: cfr. B. Pascal, Pensées (Édition de 1670), Paris, E. Flammarion, 1952, p. 259, trad. it. G. Auletta, Pensieri e altri scritti, Milano, Mondadori, 2007, p. 202 (pensiero 283, secondo l’edizione Brunschvicg). Su questo cfr. R. Guardini, Pascal, Brescia, Morcelliana, 1992, specialmente pp. 151 ss.; L. Pareyson, Kierkegaard e Pascal, Milano, Mursia, 1998, specialmente pp. 251 ss.; M.F. Sciacca, Pascal, Milano, Marzorati, 1962, pp. 138 ss.
Per Jaspers, l’esperienza dell’amore si rivela a partire da una condizione inevitabile di lotta, intesa come ‘situazione-limite’ in cui s’avvera un’autentica manifestazione dell’esistenza: cfr. K. Jaspers, Philosophie. II. Existenzerhellung, Berlin, Springer, 1932, pp. 235 ss., trad. it. U. Galimberti, Filosofia, 2. Chiarificazione dell’esistenza, Milano, Mursia, 1978, p. 217 ss. Su questo cfr. L. Avitabile, Diritto e osservatore, Milano, Giuffrè, 1998, pp. 86-100.
Per ulteriori sollecitazioni sul tema del presente saggio si rinvia anche a P. Ricœur, Amour et justice - Liebe und Gerechtigkeit, a cura di O. Bayer, Tübingen, Mohr, 1990, trad. it. I. Bertoletti, Amore e Giustizia, Brescia, Morcelliana, 2000, e a N. Hartmann, Ethik, Berlin, De Gruyter, 1926, trad. it. V. Filippone Thaulero, Etica, Napoli, Guida, 1970, discussi da A. Argiroffi, Identità personale giustizia ed effettività, Torino, Giappichelli, 2002, pp. 181-204, e da D.M. Cananzi, Interpretazione alterità giustizia, Torino, Giappichelli, 2008.
11 Cfr. S. Freud, Das Unbehagen in der Kultur, in Id., Gesammelte Werke, XIV, Frankfurt a.M., Fischer, 1976, p. 471, trad. it. C.L. Musatti, Il disagio della civiltà, in Id., Opere, vol. 10, Torino, Boringhieri, 1978, p. 600; Z. Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Roma-Bari, Laterza, 2006, pp. 107 ss.
12 Kierkegaard distingue tra predilezione e amore, che, attraverso il cristianesimo, sradica «l’egoismo della preferenza» conservando «l’uguaglianza dell’eterno», cfr. S. Kierkegaard, Kjerlighedens Gjerninger, cit., p. 57; it. p. 195. Cfr. anche L. Lombardi Vallauri, Amicizia, carità, diritto. L’esperienza giuridica nella tipologia delle esperienze di rapporto, Milano, Giuffrè, 1969, pp. 81 ss.
13 Cfr. L. Binswanger, Ausgewählte Werke, Band 2, Grundformen und Erkenntnis menschlichen Daseins, Heidelberg, Asanger Verlag, 1993, p. 237; W. von Humboldt, Sul duale, in Id., Scritti filosofici, trad. it. a cura di G. Moretto e F. Tessitore, Torino, Utet, 2007, pp. 791 ss.
14 «L’amore comincia solo quando si supera ciò che può essere preteso, e un diritto all’amore impedisce che esso poi si realizzi», N. Luhmann, Amore come passione, trad. it. M. Sinatra, Roma-Bari, Laterza, 1985, p. 73.
15 L’esigenza di conferire stabilità alla relazione si presenta anche nell’amore; a questo proposito Martinetti parla di “istituzioni erotiche”, come il matrimonio, che permane, tuttavia, essenzialmente come istituzione specificamente giuridica: cfr. P. Martinetti, L’amore, Genova, Il Melangolo, 1998, pp. 147 ss.
16 Il riferimento di Marion non è alla legge in senso giuridico, ma alla legge morale, cfr. J.-L. Marion, Le phénomène érotique, cit., p. 355; it. p. 272.
17 Cfr. S. Kierkegaard, Kjerlighedens Gjerninger, cit., p. 35; it. p. 170.
18 Ivi, p. 44; it. p. 181.
19 Cfr. B. Romano, Il diritto strutturato come il discorso, cit., pp. 19 ss.
20 Cfr. K. Jaspers, Filosofia, trad. it. cit., pp. 184 ss.
21 B. Romano, Filosofia del diritto, cit., p. 81.
22 Cfr. M. Scheler, Zur Phänomenologie und Theorie der Sympathiegefühle und von Liebe und Haß, Halle, Niemeyer, 1913; poi rielaborato e confluito in Wesen und Formen der Sympathie, in Id., Gesammelte Werke, Band 7, a cura di M.S. Frings, Bern-München, Franke, 1973, p. 150 ss., trad. it. A. Zhok, Amore e odio, Milano, SugarCo, 1993, pp. 15 ss.
23 Cfr. B. Romano, Sistemi biologici e giustizia. Vita animus anima, Torino, Giappichelli, 2009, pp. 15-34.
24 Cfr. G. Bataille, L’amitié, in Id., Œuvres complètes, t. VI, Paris, Gallimard, 1973, trad. it. F. Ferrari, L’amicizia, Milano, SE, 1999, p. 36.
25 Cfr. L. Lombardi Vallauri, Amicizia, carità, diritto, cit., p. 111.
26 Cfr. M. Heidegger, Sein und Zeit, in Id., Gesamtausgabe, Band 2, Frankfurt a.M., Klostermann, 1977, pp. 55 ss., trad. it. P. Chiodi, Essere e tempo, Milano, Longanesi, 2003, p. 63 ss.
27 La questione della temporalità è un tema essenziale, oltre che per Heidegger, per molti Autori della ‘filosofia dell’esistenza’, a partire da una comune, sia pur diversamente interpretata, ascendenza kierkegaardiana, secondo L. Pareyson, La filosofia dell’esistenza e Carlo Jaspers, Napoli, Loffredo, 1940, pp. 1 ss.
28 Cfr. E. Minkowski, Le Temps vécu, Paris, PUF, 1968, trad. it. G. Terzian, Tempo vissuto, Torino, Einaudi, 2004.
29 Cfr. J.-L. Marion, Le phénomène érotique, cit., p. 322; it. p. 247.
30 Ivi, p. 308; it. p. 236.
31 F. Dastur, Amore, noità, cura, in L. Binswanger, Esperienza della soggettività e trascendenza dell’altro, a cura di S. Besoli, Macerata, Quodlibet, 2006, p. 525.
32 B. Romano, Il diritto strutturato come il discorso, cit., p. 146.
33 La figura del Terzo, elemento costitutivo della giuridicità, è pensata inizialmente da Romano in discussione critica con A. Kojève, Esquisse d’une phénoménologie du droit, Paris, Gallimard, 1982, trad. it. R. D’Ettorre, Linee di una fenomenologia del diritto, Milano, Jaca Book 1989, e, soprattutto, con Jacques Lacan, su cui cfr. B. Romano, Per una filosofia del diritto nella prospettiva di J. Lacan, Roma, Bulzoni, 1991.
34 Cfr. S. Cotta, Il diritto nell’esistenza, cit., pp. 101 ss. Di «diadi amicali» senza finestre parla L. Lombardi Vallauri, Amicizia, carità, diritto, cit., p. 132.
35 Cfr. J.-L. Marion, Le phénomène érotique, cit., pp. 344 ss.; it. pp. 263 ss.
36 Cfr. L. Avitabile, Il terzo giudice tra gratuità e funzione, Torino, Giappichelli, 1999.
37 Cfr. B. Romano, Il diritto strutturato come il discorso, cit., pp. 146 ss., dove viene discusso S. Kierkegaard, Kjerlighedens Gjerninger, cit., pp. 44 ss.; it. pp. 180 ss.
38 J.-L. Marion, Il fenomeno erotico, cit., p. 335; it. p. 256.
39 Ibidem.
40 Cfr. B. Romano, Filosofia del diritto, cit., pp. 127 ss.
41 J.-L. Marion, Le phénomène érotique, cit., p. 337; it. p. 258.
42 Ivi, p. 339; it. p. 260.
43 Id., Dialogo con l’amore, cit., p. 132.
44 B. Romano, Il diritto strutturato come il discorso, cit., p. 126.
45 Cfr. J.-P. Sartre, Critique de la Raison dialectique, précédé de Question de Méthode, I. Théorie des ensembles pratiques, Paris, Gallimard, 1985, pp. 518-542, trad. it. P. Caruso, Critica della Ragione dialettica, I. Teoria degli insiemi pratici. Libro secondo, Milano, il Saggiatore, 1963, pp. 79-103; su questo cfr. L. Avitabile, Forme del terzo nel diritto, cit., pp. 49-90.
46 J.-P. Sartre, Critique de la Raison dialectique, cit., pp. 536-537; it. pp. 97-98.
47 Ivi, p. 518; it. p. 79.
48 Ivi, p. 519; it. p. 80.
49 Ivi, p. 525; it. p. 86.
50 Ivi, p. 520; it. p. 81.
51 Ivi, p. 535; it. p. 97.
52 Ivi, p. 534; it. p. 96.
53 Ivi, p. 522; it. p. 83.
54 Ivi, p. 536; it. p. 97.
55 Cfr. B. Romano, Ortonomia della relazione giuridica, Roma, Bulzoni, 1997.
56 Anche Merleau-Ponty descrive la presenza della terzietà, essenziale a ogni rapportarsi, con rinvio alla figura tipicamente giuridica del ‘testimone’ (témoin): cfr. M. Merleau-Ponty, Le visible et l’invisible, Paris, Gallimard, 1991, pp. 113-114 , trad. it. A. Bonomi, Il visibile e l’invisibile, Milano, Bompiani, 1999, pp. 103-104.
57 Cfr. M. Heidegger, Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung, cit., p. 62; it. p. 76.
58 «Was wird so gestiftet? Das Bleibende. Aber kann das Bleibende denn gestiftet werden? Ist es nicht das immer schon Vorhandene? Nein! Gerade das Bleibende muß gegen den Fortriß zum Stehen gebracht werden; das Einfache muß der Verwirrung abgerungen, das Maß dem Maßlosen vorgesetzt werden», ivi, p. 41; it. p. 49.
59 Cfr. B. Romano, Il riconoscimento come relazione giuridica fondamentale, Roma, Bulzoni, 1986.
60 Cfr. M. Heidegger, Erläuterungen zu Hölderlins Dichtung, cit., p. 62; it. p. 76.
61 Cfr. A. Kojève, Esquisse d’un phénoménologie du droit, cit., p., 15 ss.; it. p. 29 ss.
62 Cfr. A. Punzi, L’intersoggettività originaria, Torino, Giappichelli, 2000.
63 Cfr. B. Romano, Il diritto strutturato come il discorso, cit., p. 148.
64 S. Kierkegaard, Kjerlighedens Gjerninger, cit., p. 51; it. p. 188.
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