Il sesso debole degli adolescenti: sex-machine e mitologia del cuore1
p. 117-128
Texte intégral
1L’adolescente, in genere, intralcia il discorso convenzionale della psico-pedagogia. Una classe d’età con intervalli così mobili da una generazione all’altra, e soprattutto il cui superamento è tanto incerto, confonde il messaggio dell’educatore più convinto. Lo stereotipo dello stadio di sviluppo o del passaggio cruciale tra due epoche impallidisce di fronte all’esplosione delle norme incarnate ancora dalla generazione dei loro genitori, e in primo luogo quella della norma sessuale. La generazione nata negli anni ’70, poi quella postmoderna degli anni ’90, sono, ognuna a loro modo, rivelatrici della maledizione sul sesso che l’ideologia sessantottina credeva di poter superare.
2Rispetto a questa sovversione, lo psicoanalista non può limitarsi ad asserire stati d’animo invarianti che si scatenano durante la pubertà. Ricordiamo, a titolo informativo, i paradigmi attraverso cui Anna Freud qualificava l’adolescente, senza peraltro riuscire a elevare la clinica psicoanalitica all’altezza di nuovi sintomi piuttosto inquietanti.
3“Presumo che sia normale per un adolescente comportarsi, per un periodo di tempo notevolmente lungo, in maniera incoerente e imprevedibile, combattere i propri impulsi e accettarli, riuscire a respingerli ed esserne sopraffatto, amare i genitori e odiarli, ribellarsi ad essi e dipendere da loro, vergognarsi profondamente di apprezzare la propria madre di fronte ad altri e, inaspettatamente, desiderare colloqui molto aperti con lei, crescere nell’imitazione e identificazione con altri cercando incessantemente una propria identità, essere più idealista, più artista, più generoso e altruista di quanto non sarà mai più, ma anche l’opposto: egocentrico, egoista, calcolatore. Simili fluttuazioni fra gli estremi opposti sarebbero giudicate estremamente anormali in qualunque altro periodo della vita”2.
4Questi discorsi rassicuranti contrastano con gli aspetti più drammatici che l’attualità ci offre continuamente sugli adolescenti, che si tratti dei drammi d’amore o delle forme moderne del sintomo: droga, aids, suicidio e altri passaggi all’atto. Siamo indotti a considerare l’adolescenza piuttosto a partire da questo reale clinico. Questo punto di vista era stato illustrato da un numero della rivista “L’Âne”3 del 1985, che era comunque molto al di sotto delle derive attuali.
5Vent’anni fa, io stesso avevo inasprito il tono e messo in questione questa “normalità” tenendo conto della posizione di Freud: la mutazione della sessualità a quell’età cambia la teoria semplicistica della sessualità infantile. Ciò significa che i giochi non finiscono a sei anni. Il momento della pubertà concerne un reale del sesso senza precedenti, che lascerà molte tracce. Con accenti poco ortodossi, degni di un Dostoevskij, nello scritto L’uomo dei lupi sono descritti i disordini della sessualità del ragazzo nell’adolescenza, in particolare sotto forma di tentativi di seduzione della sorella. Ben al di là della psicologia stadiale, la Società psicoanalitica di Vienna consacrava molti dei suoi incontri a questa questione con un certo accento drammatico, in particolare a proposito del Risveglio di primavera di Frank Wedekind e del suicidio dei bambini. Nel 1910, si commentava il libro del dottor Abraham Baer4 relativo a questa questione. L’opera mette in evidenza gli effetti del godimento sugli stati d’animo dei giovani. La tesi igienista di Baer (1901) non è ben accetta, all’epoca, perché imputa alla sessualità, allora assimilata ancora a una forza vitale nietzschiana, la responsabilità dell’autodistruzione: “Baer ritiene […] che l’aumento dei suicidi di bambini debba essere messo in relazione con la crescente precocità della nostra gioventù sofisticatissima, diventata indifferente perché gode di ogni sorta di piaceri”5.
6Al di là della loro ingenuità, queste righe sono più eloquenti oggi che non all’epoca di Freud, poiché presentano la maledizione sul sesso come il rovescio degli anni folli. In questo seguiamo Christian Baudelot e Roger Establet quando affermano da durkheimiani: non è la società che illustra il suicidio, è il suicidio che illustra la società6. Senza sviluppare qui la questione del suicidio dei giovani, riteniamo, mutatis mutandis, che la sessualità di questi ultimi illustri la sessualità contemporanea. Ne rivela l’impasse come pure la caricatura trasmessa da “quei veri bambini che sono i genitori”7.
L’iperconsumo e la sessualità “alla luce del sole”
7La permissività contemporanea realizza finalmente il “godere senza ostacoli” predicato dai più anziani? Oppure la si deve decifrare in funzione dello scatenamento del consumo nelle società contemporanee? Si tratta di libertinaggio o di liberalismo?
8Seguendo il modello di Jean Baudrillard, un osservatore attento al disagio contemporaneo, egli caratterizza piuttosto la vita sessuale con l’“allineamento dell’ordine erotico sull’ordine economico”8. Le caratteristiche della società dei consumi sono applicate qui alla sessualità, rendendo obsoleti i sintagmi congelati della psicoanalisi, connotati da angoscia e rimozione.
9Gli anni 2000, secondo i commentatori del disagio moderno e gli psicosociologhi, sono caratterizzati dall’iperindividualismo, dalla permissività, dal rimescolamento dei ruoli e delle identità. La precocità dei rapporti sessuali è accertata, in particolare nelle ragazze. L’informazione in materia sessuale ha seguito tutte le innovazioni tecnologiche e informatiche di questi due decenni. I tabloid proiettano sugli adolescenti un menefreghismo, un cinismo e una crudezza che spiccano, rispetto ai tabù della generazione precedente. Il “sesso” è destinato a subire la sorte dell’iperconsumo e la legge dell’economia di mercato: performance, rapidità, competizione, ecc. Gilles Lipovetsky descrive l’immaginario sessuale delle giovani generazioni come tanti specchi che riflettono i motivi e gli imperativi prestazionali sino ad allora “relegati all’impresa e allo sport”9: l’esplosione del godimento, l’inconsistenza e l’instabilità dei soggetti, la frammentazione pulsionale sono assimilati a una “balcanizzazione del consumo”10.
10L’analogia tra il comportamento “frammentato, sregolato, volatile”, imputato a un consumo patchwork, e l’instabilità affettiva è allettante.
11Tuttavia l’imperativo prestazionale dettato dal padrone è una semplificazione. La mappa dei sentimenti – amicizia, sessualità, tenerezza, amore… – frammenta sicuramente le scelte d’oggetto. Non è piuttosto l’assenza di norme e di modelli che apre la via a questa deriva della pulsione? Un osservatore sottolinea che “a differenza dei loro predecessori, non c’è più una via legittima per entrare nella sessualità”11.
12La banalizzazione del rapporto sessuale avrebbe come conseguenza il fatto di cancellare al contempo l’ideale amoroso. Verifichiamo questa cosa sugli adolescenti. Nel 1983, Lipovetsky descriveva una sorta di indifferenza in materia d’amore, un’apatia new look, senza sintomi. A differenza dello spleen caratteristico del nichilismo, non ne derivava nessuna disperazione12. Nello stesso periodo, Françoise Dolto descriveva il “nuovo comportamento amoroso” come intimità platonica generata dalla mescolanza in un fantasma androgino: “si passano l’un l’altro il chewing-gum con estasi, condividono la coca-cola in lattina, si passano la canna e si baciano tutti sulla guancia”13. Questa versione soft dello stare in compagnia include certo il letto ma, con rammarico della psicoanalista nostalgica, senza passione né “incontro vero”14.
13Resta il fatto che l’iperconsumo non sembra trovare la sua consacrazione in materia di sessualità tra i giovani, trova piuttosto la sua autolimitazione.
14Poco prima del sessantotto, Lacan, molto alla moda sul rovescio della vita contemporanea, condivideva questa evidenza: in materia di sessualità le cose sono molto cambiate.
15La sessualità ha perso qualcosa del godimento clandestino e trasgressivo. Si parla solo di questo: “la sessualità è qualcosa di molto più pubblico”15. La sua attenzione verteva sull’attualità di una sessualità “alla luce del sole”16. Smorzava il tono: la pretesa libertà sessuale dei ragazzi e delle ragazze maschera di fatto una difesa. Lacan scrive: “Ça visse exuelle”. “S’avvita (s)essuale”.
16In effetti, non si descrivono forse i giovani come avvitati ai loro blog, ai loro SMS, al loro schermo in cui si negozia e si programma il non-incontro? Non l’incontro impossibile ma l’indifferenza per l’incontro come forma moderna del non-rapporto sessuale: parlarne poco, farlo ogni tanto, trarne meno conseguenze possibili. Qui c’è ben altro che un esaurimento del godimento dovuto alla pretesa facilità di accesso al corpo del partner. Non c’è nessuna prova di verità. Qui la sessualità fa “buco nella verità”17.
17Più che un’arte di vivere secondo uno stile new age, l’indifferenza dei giovani non sarebbe altro che una difesa contro questo vuoto; un sintomo quindi. Alla finzione di un atto sessuale “che non riveste maggiore importanza, così si dice, del bere un bicchiere d’acqua”18, Lacan opponeva per l’appunto l’angoscia e l’imbarazzo suscitati in tale occasione.
18Una formula analoga è applicata specificatamente agli adolescenti nel suo commento su Wedekind. Non si tratta più, però, di verità: questa volta la sessualità fa buco nel reale19. Nel numero de “L’Âne” citato prima, facevamo notare che il commento di Lacan al Risveglio di primavera20 rendeva evidente l’imbarazzo della sessualità alle prese, non con l’interdetto, ma con il reale del traumatismo dell’incontro, cioè con il non-rapporto. Da allora questo tema è stato ampiamente confermato dall’esperienza analitica con gli adolescenti. Il CPCT-Adolescents21 costituisce un laboratorio privilegiato a questo riguardo, che contrasta con la doxa media sul mito della permissività. Lo scarto tra sesso e sentimento, in questo caso, è portato al massimo. Il rapporto sessuale tra ragazze e ragazzi, descritto spesso con crudezza, manca delle mediazioni stabilite, dei sembianti dei discorsi costituiti.
19E il discorso analitico?
20La rettifica che Lacan realizza nel 1973, in Televisione, relativa all’impatto della psicoanalisi, porta ad accentuare la responsabilità di quest’ultima nell’ideologia della liberazione del desiderio. L’errore consisteva in un fraintendimento rispetto alla rimozione. Non è la pratica sessuale che è rimossa, ma il ben-dire sul sesso che è impossibile. Il reale è l’impossibilità dell’incontro, non con l’oggetto, ma con il partner complemento del soggetto. Una maledizione che, nonostante la molteplicità dei rapporti, genera due affetti specifici nei giovani: la noia e la tetraggine22; questi non sono estranei al rifugio in una spiritualità oscura che, eventualmente, assume forme inquietanti.
Sentimentalismi
21Rimane da sapere se, come crede Lipovetsky, il liberalismo sessuale “generi un neo-pauperismo sia libidico che affettivo”23. Notiamo, d’altro canto, che nel 2006 il sociologo rettifica significativamente la sua descrizione postmoderna dell’apatia a vantaggio di valori che consacrano un “edonismo moderato”, una sorta di sospensione del disincanto amoroso. A quanto pare Don Giovanni è un po’ affaticato. L’apatia seduttrice maschile corrisponderebbe alla “spinta di una cultura che privilegia il relazionale, l’autenticità, l’ascolto di sé, la comunicazione intimista”24. Già Françoise Dolto faceva la stessa constatazione nel 1988, dopo alcune trasmissioni televisive consacrate all’adolescente: i giovani vogliono l’amicizia, la fedeltà e la complicità più di ogni altra cosa. All’epoca, gli interlocutori di Dolto erano colpiti da questo conformismo del “narcisismo a due”25. Lipovetsky lo conferma: “i giovani sempre più presto aspirano a vivere in coppia ‘sistemati’ e fedeli”. La trasgressione non è più come un tempo. Il “disincanto del sesso”, per la banalizzazione della libertà sessuale, segue al crollo dell’immaginario contestatario. A questo aggiungiamo l’ideologia della convivenza al posto della passione sessuale; ne deriva un serio affievolimento del rapporto sessuale. Come dice Françoise Dolto, “il senso si perde e i sensi non sono più stuzzicati come lo erano prima”26.
22Da tutto ciò risulta un “edonismo temperato”, lontano dal modello fusionale della passione, che preserva comunque l’ideale amoroso. “Gli stessi adolescenti non possono sfuggire a un riferimento, foss’anche leggero, al sentimento e all’amore, per velare la nudità della pulsione, poiché le ragazze esprimono il desiderio che i ragazzi riconoscano, esprimendolo a parole, quello che essi provano”27. Niente di nuovo sotto il sole. Salvo il fatto che il sentimento amoroso viene a fare da “sicura al consumo-mondo”28.
23Così risulta confutata una versione hard e ipermoderna della spinta-a-godere contemporanea per tutti. Sotto il rivestimento illusorio della libertà sessuale, si ritroverebbero le invarianti del sentimentale.
Oscenità del sentimentale
24Nei giovani non c’è la morte dell’affettivo e neppure il supermercato del godimento. La permanenza di una disgiunzione tra il sesso e il sentimento fa parte dei cliché obbligati ai quali ricorre ogni osservatore29. Questo binario si sostiene su un Altro idealizzato, non sorpassato certo, ma sicuramente in declino. Constatiamo, non tanto l’era del vuoto, quanto piuttosto la fine dell’educazione sentimentale. La rottura è grande, tenuto conto della trasmissione paterna dei valori in materia di sentimento.
25Tale binario, se si conferma, non copre del tutto la scissione paradigmatica del romanticismo per il ragazzo: cioè, l’ideale femminile e “la frequentazione assidua dei bordelli”30.
26Questo tema romantico è destinato a durare a lungo, anche se costellato da varianti e mutazioni storiche. La storia del primo e del secondo romanticismo francese mette in valore i destini dell’ideale amoroso e del disincanto31.
27Il fantasma del terzo escluso nel tumulto delle passioni giovanili, lo contende allo spirito del tempo, secondo le generazioni – 1820, 1830, ecc… –, accentuando ora l’esaltazione del conquistatore ora la depressione del nevrotico.
28Si potrebbero confrontare Il giglio nella valle (1836) di Balzac e Voluttà (1834) di Sainte-Beuve per non confondere lo spirito di un’epoca con un sintomo ossessivo. Se si cercano i vincoli del gusto che intaccano la sfera del sentimentale nei giovani, sottolineeremo il momento in cui, nella storia dei sentimenti, la gerarchia degli affetti si rovescia. Roland Barthes l’ha descritto bene considerando che l’indecenza del sesso è stata sostituita dalla “oscenità del sentimentale”32. Lipovetsky non condivide questa mutazione, il che non è falso sul piano dell’osservazione. Ricordiamo, comunque, che Barthes si riferiva non alla scomparsa del sentimento, ma all’oscenità della sua mediatizzazione. Constatava l’estrema solitudine del sentimento amoroso “abbandonato dai linguaggi circostanti”, vale a dire svilito o sbeffeggiato da essi. Una vera e propria trasmutazione dei valori caratterizza storicamente la nostra epoca: “ciò che è indecente non è più la sessualità, ma la sentimentalità”33.
29Da allora, l’esposizione pubblica e mediatizzata dell’intimità ha assunto proporzioni ancora ignote a quell’epoca. Non è che il sentimento amoroso si sia smorzato, ma l’amore diventa osceno “proprio perché mette la sentimentalità al posto della sessualità”34. Ne deriva un’impasse specifica dell’imbarazzo degli adolescenti che caratterizza l’impossibile confessione, in particolare da parte del ragazzo, non perché il pudore o l’ideale virile debbano escluderla, ma perché non ci sono le parole.
30L’analisi di Roland Barthes è abbastanza flaubertiana. Consacra la stupidità propria delle parole d’amore. Non è un caso se l’eroe di Novembre, scritto nel 1842 all’età di ventun anni, è un adolescente mutacico di fronte a una puttana sentimentale. I ruoli si sono rovesciati. È lei che parla, che gli dice di armarlo, mentre lui tace.
31Ne L’idiota della famiglia35, Sartre fa notare l’opacità dei nomi de La donna nel ragazzo, il mistero che costituiscono per lui le parole: “amante, donna, adultera”. Questa titubanza del significante di fronte all’enigma del significato lascia il giovane senza alcun sostegno in un’epoca in cui, tuttavia, il rituale della perdita della verginità è perfettamente codificato. In assenza di un’iscrizione nel simbolico, l’indicibile del godimento della donna ha già per il giovane Flaubert degli accenti alla madame Bovary: “quel mistero della donna al di fuori del matrimonio, e più donna ancora proprio per questo, mi irritava e mi tentava con la duplice attrattiva dell’amore e della ricchezza”36.
32Il sentimentalismo provinciale è quello degli studenti dell’epoca di Flaubert rispetto alla capitale: “le ultime espansioni del romanticismo che arrivavano sino a noi […] compresse dall’ambiente provinciale producevano nei nostri cervelli strani fermenti”37.
33Sartre commenta mettendo in valore uno scarto, un’alterazione del messaggio, un malinteso che fa sì che il romanticismo, elaborato nella capitale, ma smorzato da allora in poi, fosse vissuto con violenza nelle province. Vediamo se possiamo applicare tali distorsioni alla scissione città/periferia d’oggi in cui l’edonismo moderato non sembra essere la regola. Strane passioni vivono accanto ai cliché precedenti.
Periferia sotto castrazione
34È necessario precisare ora che la scissione città/periferia s’impone in quanto discrimina i costumi sessuali degli adolescenti. 38
35Vi si trova un curioso miscuglio di sessismo arcaico, di sentimentalismo desueto, di slanci di cortesia e di cinismo osceno e violento, talvolta nei medesimi, come se l’esplosione e gli imbrogli del sesso provocassero di per sé delle gerarchie e delle esclusioni.
36Il binario del sesso e del sentimento risulta complicato dai diversi oggetti femminili che oggi i giovani di periferia discriminano: una pluralizzazione che corrisponde a molte funzioni sia di iniziazione che di consumo. L’oggetto trova il proprio posto in una gerarchia tra i due. Si distingueranno, quindi, le vergini e le altre e, tra queste ultime, le porche, le cagne, le stronze (grandi e piccole), le viziose, le strimpellatrici39. Accanto a questo, c’è il flirt.
37La storia del “flirt”, in particolare negli adolescenti, mostra la persistenza della sua indipendenza rispetto alla sessualità, della sua autonomia rispetto al piacere preliminare. “Meno del 15% degli adolescenti fanno le prime carezze alla stessa persona che è stata anche partner del primo bacio, e una percentuale ancora più bassa pratica il coito con tale persona. La posta in gioco del flirt non è, quindi, nell’immediato l’accesso a rapporti genitali, soprattutto per gli adolescenti”40.
38Lo psico-sociologo è sconvolto dall’importanza che i ragazzi di periferia accordano alla classificazione delle ragazze “in un contesto storico in cui le giovani generazioni hanno cancellato i limiti su cui si fondavano le proibizioni e gli interdetti”. I codici sessuali sembrano ipersocializzati, al punto da spingere i giovani a cercare contatti all’esterno. Si mantiene, quindi, il binario: permanenza e rivoluzione.
39La pretesa apatia – ritorniamoci – è controbilanciata da affetti e comportamenti più inquietanti, quali la droga e l’alcolismo dei giovani, soprattutto quando il loro ruolo è accertato nei passaggi all’atto suicidari, nelle violenze e nelle sevizie sessuali. Cinismo e sadismo oggi colpiscono giovani torturatori di quindici anni. Difficile iscrivere gli stupri di gruppo sotto l’effetto di droghe. L’indifferenza rispetto alla gravità dello stupro non deriva certamente dalle teorie sessuali infantili. A quanto pare, anche le ragazze ci si mettono, sommerse dall’invidia, dalla gelosia, dall’odio dell’alter ego e torturano le loro vicine. È probabile che la valvola di sfogo della festa non giunga alla catarsi del plus-godere; tali eccessi sono senza legge.
40In contrasto con la coppia unisex, alcuni osservatori mettono ora in evidenza delle asimmetrie che, per la maggior parte, non sono a favore dei ragazzi, in particolare dei “meno educati”41. Ci piacerebbe avere dei dati alla Durkheim sul grado di gelosia degli uni e delle altre. A questo riguardo, sembra che i ruoli siano rovesciati: i ragazzi innamorati “sono confrontati con situazioni che erano tipicamente quelle che si imponevano alle ragazze: essere lasciati un po’ brutalmente o essere ‘condivisi’ ”. Questo cambiamento dei costumi mette in una situazione precaria i ragazzi, diventati gelosi come Otello. Tanto più che il discorso femminile ha la meglio. O il maschio si ribella o s’incivilisce. Su questo tema ci sono delle statistiche. Nei ragazzi, sembra che, “l’amore, che era enunciato come il motivo dei rapporti sessuali nel 40% dei casi nel 1970, lo è in quasi il 65% del casi nel 1990”42. Le ragazze sono state quindi ascoltate?
41Si apprezzeranno le dichiarazioni di una ragazza di periferia che dice: “in genere, quello che (gli uomini) vogliono, è che siamo sotto. Non vogliono che siamo uguali”43.
42Un film avvincente, La schivata, di Abdel Kechiche, descrive in modo ammirevole il contrasto tra la permanenza del sentimento amoroso e l’assenza di qualsiasi discorso in cui iscriverlo. Laddove c’è soprattutto l’azione, la retorica romantica non è molto diffusa. Il dramma è che, da un lato, essa sopravvive nei libri e, dall’altro, non è sostituita da nulla. Dei giovani di origine magrebina sono reclutati da un insegnante in un gruppo di teatro. Rappresentano un’opera di Marivaux, Il gioco dell’amore e del caso. Le ragazze non se la cavano male, una di loro, in particolare, esagera nella civetteria con un talento naturale che mescola la retorica più acuta al parlare tipico della periferia. Il divario è perfetto: una vera e propria civetta di periferia si sdoppia e fa la finta della civetteria nei giochi dell’amore e del caso senza capir bene quello che dice. Un giovane adolescente paralizzato d’amore, poco loquace, ritiene di dover prendere il posto che occupa il suo rivale sulla scena del teatro e dare la battuta alla sua bella. Alla fine ci riesce, solo che non capisce una sola parola della dichiarazione d’amore che legge con un’elocuzione impossibile e dimenticando la metà del testo. Poi va in panne, è muto, tragico. Dire che le parole gli mancano è dir poco. La lingua dell’amore per lui è ignota, sa solo che essa esiste nell’Altro. Il giovane riesce solo a convincersi della necessità della parola d’amore in simili circostanze e dell’impotenza che deriva dall’impossibilità di dire. Il più bello non è il divario tra il verlan44 e Marivaux poiché il giovane non è mai, in nessun momento, comico; il tragico sta nella certezza che egli ha di essere privato del dire che ci vuole in tale circostanza.
43Gli specialisti ammettono il divorzio che esiste tra le domande affettive dei due sessi nell’adolescenza. Se a questo aggiungiamo che i ragazzi di periferia “sono chiusi all’interrogazione sulla loro vita affettiva”45, possiamo ritenere che la vita sessuale dei giovani di periferia cristallizzi la maggior parte delle questioni attuali sull’adolescente. È quello che confermano i fatti di cronaca quando mettono in evidenza l’emancipazione delle ragazze di fronte alla protesta virile.
Notes de bas de page
1 Articolo pubblicato in “La Revue de la Cause freudienne”, n. 64, 2006, pp. 67-75.
2 A. Freud, Adolescenza, in Opere 1945-1964, vol II, Torino, Bollati Boringhieri, 1979, p. 647.
3 Cfr. “L’Âne”, n. 22, juillet-septembre 1985.
4 Cfr. Les premiers psychanalystes. Minutes de la Société psychanalytique de Vienne, tome II, 1908-1910, Paris, Gallimard, 1978, pp. 469-484.
5 Ivi, p. 474.
6 Senza essere così precisi come le statistiche di Durkheim, i dati di Baer mostrano l’importanza significativa dei suicidi tra i dieci e i quindici anni, cioè al momento della pubertà. Non sappiamo che importanza diano a questo fattore Christian Baudelot e Roger Establet nel loro recente lavoro: Suicide. L’envers de notre monde, Paris, Seuil, 2006. Vi leggiamo che il suicidio è la seconda causa di mortalità nei giovani tra 15 e 20 anni, in particolare nei più precari. Le statistiche prodotte da Françoise Dolto ne I problemi degli adolescenti (Milano, Longanesi, 1991) confermano che, in questa classe d’età, i ragazzi si suicidano tre volte di più delle ragazze. Si veda anche il commento di Françoise Fonteneau, “La Cause freudienne”, n. 63, 2006, p. 176.
7 J. Lacan, Una questione preliminare ad ogni possibile trattamento della psicosi, in Scritti cit., p. 575.
8 G. Lipovetsky, Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo, Milano, Cortina, 2007, p. 107.
9 Ivi, p. 267.
10 Ivi, p. 107.
11 Cfr. H. Lagrange, Les adolescents, le sexe, l’amour. Itinéraires contrastés, Paris, La Découverte/Syros, 1999, quarta di copertina.
12 Cfr. G. Lipovetsky, L’era del vuoto. Saggi sull’individualismo contemporaneo, Milano, Luni, 2013, pp. 50.
13 F. Dolto, I problemi degli adolescenti, Milano, Longanesi, 1991, p. 222.
14 Ivi, p. 224.
15 J. Lacan, Il mio insegnamento e Io parlo ai muri, Roma, Astrolabio, 2014, p. 24.
16 Ibidem.
17 Ivi, p. 27.
18 Ibidem.
19 J. Lacan, Televisione, in Altri scritti cit., p. 526.
20 Id., Prefazione al “Risveglio di primavera”, in Altri scritti cit., p. 554.
21 Centro Psicoanalitico di Consultazioni e di Trattamento (CPCT) specifico per gli adolescenti.
22 J. Lacan, Televisione cit., p. 526.
23 G. Lipovetsky, Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo cit., p. 274.
24 Id., La terza donna. Il nuovo modello femminile, Milano, Sperling - Frassinelli, 2000, p. 71.
25 F. Dolto, I problemi degli adolescenti cit., p. 229. Al di là dei cliché sull’unisex, l’espressione non può non evocare il sintomo psicotico frequente in alcuni tipi di incollamento, omosessuale o meno, negli adolescenti.
26 Ivi, p. 224.
27 Ivi, p. 269.
28 G. Lipovetsky, Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo cit., p. 270.
29 Ivi, p. 269.
30 Ivi, p. 279.
31 Cfr. P. Bénichou, L’école du désenchantement, Paris, Gallimard, 1992.
32 Cfr. R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Torino, Einaudi, 1979, pp. 111-114.
33 Ivi, p. 113.
34 Ivi, p. 114.
35 J.-P. Sartre, L’idiota della famiglia: Gustave Flaubert dal 1821 al 1857, Milano, il Saggiatore, 1977.
36 G. Flaubert, Novembre, Milano, Mondadori, 2001.
37 Id., Préface, in L. Bouilhet, Dernières Chansons, Poésies posthumes, Paris, Michel Lévy, 1872, citato da J.-P.- Sartre in L’idiota della famiglia cit.
38 Cfr. H. Lagrange, Les adolescents, le sexe, l’amour. Itinéraires contrastés cit., p. 304.
39 Ibidem.
40 Ivi, p. 65.
41 Ivi, p. 263.
42 G. Schmidt et al., From Sexual liberation to Gender Struggle, Sexual behaviour of German adolescents, “Nordisk Sexologi”, vol. 10, 1992, pp. 193-200, cit. in H. LagrangeLes adolescents, le sexe, l’amour. Itinéraires contrastés cit., p. 270.
43 H. Lagrange, Les adolescents, le sexe, l’amour. Itinéraires contrastés cit., p. 170.
44 Il verlan è una forma di slang che inverte le sillabe delle parole; è usato soprattutto tra i giovani ma molte sue parole sono entrate a far parte del linguaggio quotidiano.
45 H. Lagrange, Les adolescents, le sexe, l’amour. Itinéraires contrastés cit., p. 271.

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