Fuoco sull’ordine simbolico1
p. 105-112
Texte intégral
1Per molto tempo affine a una forza contestataria, la psicoanalisi oggi sarebbe l’ultimo baluardo contro il crollo della funzione paterna, pilastro dell’ordine simbolico. In altri termini, essa salverebbe il padre e la famiglia. Il machismo freudiano e il fallocentrismo della psicoanalisi si trovano, infatti, contestati con virulenza dai movimenti femministi, gay, ecc. da molti decenni. Oggi, l’imputazione di omofobia intaccherebbe Lacan e i lacaniani, guardiani scrupolosi della differenza tra i sessi.
2Si tratta di sapere sino a che punto lo strutturalismo lacaniano copra una politica conservatrice, addirittura reazionaria, in ogni caso ampiamente spostata rispetto all’insurrezione dei costumi, all’autorizzazione del godimento cosiddetto perverso e al gran sconvolgimento delle famiglie. Il conservatorismo della psicoanalisi in questa materia le è valso, già nel 1972, un processo per famigliarismo. Allora si deplorava un ritardo della psicoanalisi rispetto alla schizofrenizzazione generale dei flussi della libido. Con Gilles Deleuze e Félix Guattari cominciava il processo, che tuttavia risparmiava l’opera di Lacan mentre aveva di mira soprattutto l’Edipo freudiano. Nella ridda del sesso-sinistrismo, convocavano Wilhelm Reich per denunciare il retaggio del dogma patriarcale nella psicoanalisi.
La psicoanalisi, guardiana del patriarcato?
3Il recente libro di Michel Tort, Fine del dogma paterno2, si iscrive in una corrente simile, che radicalizza la critica della psicoanalisi prendendo, in particolare, come bersaglio la supremazia del simbolico in Lacan. Oltre alla sua interpretazione normativa dell’Edipo freudiano, è il nucleo religioso della psicoanalisi lacaniana che diventa oggetto di una temibile diatriba, che unisce uno stile antipapista a pseudo-evidenze sociologiche care al quotidiano “Le Nouvel Observateur”. L’autore ritiene che il discorso sul “declino del padre”, divenuto luogo comune, veli una nostalgia della famiglia di una volta. Questa diagnosi viene fatta a partire dalla psicoanalisi stessa, in quanto meglio posizionata per deliberare sugli attacchi alle funzioni simboliche e sulla loro attuale destrutturazione. La “soluzione paterna” sarebbe il concetto incaricato di restaurare, attraverso il bricolage di un ordine simbolico, l’antico ordine in via di liquidazione. Il pamphlet ironico irriterebbe solo i conservatori, se fosse argomentato in buonafede, sulla base di una clinica del disagio della civiltà.
4Ora, l’opera di Tort è un virulento libello anti-lacaniano che privilegia la doxa sociologica ereditata da Pierre Bourdieu relativamente al dominio maschile, per stanare il nucleo vaticanesco della dittatura lacaniana. Maldicenze e affermazioni diffamanti a sostegno. Nonostante i suoi eccessi, esso dà comunque l’opportunità di esporre con chiarezza il confuso dibattito che oggi si associa al sintagma “ordine simbolico” in Lacan.
5La questione del e dei Nomi-del-Padre in Lacan dà luogo a un’esegesi troppo lunga per essere affrontata qui. Ovviamente, Tort non è il primo ad aver stanato l’archeologia religiosa della psicoanalisi. La semplice distinzione dei tre padri – reale, immaginario e simbolico – dissocia perlomeno il padre della religione dal padre edipico3. Ciononostante, Tort non smette di ridurre la figura del despota separatore alla funzione metaforica. Fissato al padre violento e gaudente di Totem e tabù, l’autore ritiene che il padre lacaniano, che unisce a quanto pare il desiderio alla legge, non sia che uno stratagemma, la simulazione di una spiritualizzazione religiosa destinata a mascherare il dominio del padre sulla madre, del maschile sul femminile.
6Quindi, la psicoanalisi guardiana dell’ordine paterno in pericolo? Certo, poiché “si ha modo di pensare che la perdita del potere reale del padre sia esattamente compensata dall’ascesa della ‘funzione paterna’, come l’Infallibilità pontificia ritornò al Santo-Padre dal giorno in cui perse i suoi territori e si trovò confinato nel simbolico, in Vaticano”4.
7Quindi ci si dovrebbe ribellare contro la capacità sovversiva che si attribuisce alla psicoanalisi rispetto all’ordine paterno5. Qui ci sarebbe un mito da dissipare, nella misura in cui Lacan sarebbe responsabile della diffusione “di una variante moderna della soluzione paterna, normativizzante, psicologica, in cui un padre simbolico separatore ha potuto, per una ventina d’anni, dare il cambio psicoanalitico-religioso alla sconfitta del Pater religioso ormai sdentato, che non era più presentabile”6.
Chi salva il padre?
8L’intuizione fondamentale di Tort è che Freud e Lacan salvano il padre, ciascuno a proprio modo. L’argomento non è nuovo, relativamente alla posizione dello stesso Freud. Positivista, quest’ultimo, ne L’avvenire di una illusione, tenta di sbarazzarci dell’amore indistruttibile del padre. Tuttavia, alla fine, cede di fronte alla legge del grand’uomo, Mosè, al posto di Nome-del-Padre. Questi montaggi esonerano la psicoanalisi dalla violenza paterna. I peccati del padre, tuttavia, non mancano, mentre Freud si accanisce a velarli: le dicerie attorno alla teoria della seduzione, di cui Jeffrey M. Masson aveva parlato negli anni ’80, sono rimesse in circolazione. Il padre invadente, violento, pedofilo, omosessuale, ecc. questo è il reale che la psicoanalisi vuole eludere per continuare a fare dell’Edipo la normativizzazione del desiderio. Il grande gaudente di Totem e tabù è in mezzo a noi, ormai reso furioso dal crollo contemporaneo dei valori virili.
9Paragonato a questi tratti ripugnanti del padre reale, il padre-la-legge non vale molto di più: resta, secondo Tort, il “despota separatore”. D’altro canto, la versione perversa del padre in Lacan (per(e)-versione), orientato verso la donna, rende ancora più opaco il mistero dell’identificazione al padre alla fine dell’Edipo.
10Né Dio né padre. Tort, dal canto suo, salva piuttosto l’Edipo con l’odio del padre in nome dell’autonomia del soggetto.
11Spetterebbe quindi a Lacan il fatto di aver instillato nelle concezioni della famiglia, del diritto, dell’educazione, l’ideologia dei danni della carenza paterna. La forclusione fungerebbe da evidenza nei difensori della famiglia cristiana come pure in quelli della custodia condivisa. In effetti, sostiene Tort, “lo sviluppo della normativizzazione psicoanalitica della famiglia si trovava legato, in Francia, all’incontro storico tra la crisi della famiglia e lo sviluppo della psicoanalisi lacaniana, con la formidabile orchestrazione della soluzione paterna che essa rappresentava”. Sfinito, il padre “viene ripristinato di nuovo”7. Poco ci manca e Lacan sarebbe responsabile di un ritardo del diritto in materia di filiazione legittima rispetto alle rivendicazioni impazienti delle “minoranze sessuali”. In modo generale, come “attribuire al sistema patronimico una superiorità simbolica in sé”, se si risale alle origini del diritto paterno? La “funzione fondamentalmente separatrice e spacciata per legislatrice […] di fatto riprende la legge formulata dalle rozze società dei pastori del Medio Oriente, qualche migliaia di anni fa, inventori dei monoteismi per inoperosità e per specializzazione, un po’ limitata, nelle greggi”8.
12Sicuramente esiste una vulgata lacaniana che pretende di voler limitare i danni del disordine famigliare attuale attraverso la funzione simbolica. È il caso di Michel Schneider che, dopo esser stato fondamentalmente anti-lacaniano, riscopre le virtù dell’ordine simbolico nel suo libro Big Mother9 che è principalmente preso di mira dall’autore di Fine del dogma paterno: il declino simbolico della legge del padre accompagna le patologie attuali contrassegnate da una certa perdita di desiderio. L’autore constata che “davanti a noi, in noi, prende già forma un mondo asimbolico”10. Per farla breve, c’è Lacan, i lacaniani e i nostalgici addolorati dalla “miseria simbolica”. Tort, a quanto pare, pratica il miscuglio per demonizzare il nome di Lacan e rendere antiquata la psicoanalisi.
13Da due decenni a questa parte, ha avuto luogo un cambiamento. A partire dagli anni ’80, le rivendicazioni in materia di sessualità, di accesso alla procreazione e alla genitorialità “produssero divisioni teoriche e nuove pratiche”. Di fronte all’emergere di rivendicazioni sentite come “illimitate”, gli psicoanalisti non sarebbero riusciti a mantenere la calma11. Rispetto a queste nuove rivendicazioni (unioni civili, parità, matrimonio gay, omogenitorialità e adozione), Tort constata che il discorso di molti psicoanalisti sviluppa instancabilmente il tema: “quando il padre scompare, gli individui uomini, donne e bambini, sprofondano nella dissolutezza”12.
14Potremmo anche approvare queste formule divertenti, se solo tenessero conto della soluzione “sintomatica” che oggi tenta di sostituirsi alla soluzione paterna. Ci vorrebbe il sostegno del reale della clinica, riferimento che invece è assente nel suo libro.
15Del resto, è difficile non tener conto del duplice sforzo realizzato da Lacan per affrancare la psicoanalisi dall’Edipo e dal Nome-del-Padre. Il vero problema è “il rovescio della psicoanalisi”, cioè la funzione del significante padrone dentro e fuori la psicoanalisi. Confondere il discorso del padrone con il patriarcato o con “la figura del padre” non fa altro che rafforzare l’immaginario edipico da cui Lacan ha affrancato la psicoanalisi. Sarebbe facile mostrare che l’equazione “ordine simbolico = fallocrazia = violenza virile” coincide più con la visione del mondo di Didier Eribon, e non con la dottrina del Nome-del-Padre in Lacan. Perché avviare un dibattito di idee su questo tema dal momento che Tort evita il contatto diretto con l’opera di Lacan? La satira con cui s’inguanta tiene, per l’appunto, a buona distanza il lavoro di decostruzione di Lacan relativamente all’aldilà dell’Edipo o alla pluralizzazione dei Nomi-del-Padre. Effettivamente, a parte poche eccezioni, tutte le citazioni sono di seconda mano e prese da terzi in genere poco informati e comunque malevoli.
16Curiosamente, i testi di Lacan più favorevoli alla tesi di Tort vengono ignorati. Specialmente la messa in questione ironica della carenza paterna come fattore patologico. Ricordiamo che Lacan descrive “gli effetti devastanti della figura paterna (che) s’osservano con particolare frequenza nei casi in cui il padre ha realmente la funzione di legislatore o se ne vale”13. Ma dov’è finito, quindi, il padre separatore?
17Constatiamo, inoltre, che questa volontà di ripulire la psicoanalisi dal religioso è in ritardo storico rispetto all’opera di Lacan. È Freud, e non Lacan, che vuole salvare il padre, che vuole “mosèizzarci”14.
18Inutile negare che Dio è presente nella dottrina lacaniana, sia come supposizione di un sapere che si saprebbe lui stesso (questo è credere in Dio) sia in quanto deducibile dal godimento femminile15. Ricordiamo anche che la vera formula dell’ateismo è “Dio è inconscio” e non “Dio è morto”.
La via del sinthomo
19Tort sembra ignorare il contributo di Lacan, negli anni ’70, destinato a dissociare l’inconscio dal Nome-del-Padre. Che il Nome-del-Padre sia religioso è indubbio. La realtà psichica di Freud tiene solo grazie al Nome-del-Padre; questa “non è altro che la realtà religiosa”16. Nel Seminario Il sinthomo, Lacan è ancor più radicale: “Supporre il Nome-del-Padre, certo, vuol dire Dio”17. Si tratta, in effetti, di sapere se l’inconscio affonda le sue radici nella pulsione, come supplenza alla mancanza-a-godere, o nel Nome-del-Padre. Conosciamo la celebre conclusione, ricca di ambiguità e di contraddizione, come direbbe Tort: “Riuscendo in questo la psicoanalisi prova che del Nome-del-Padre si può fare a meno. Se ne può fare a meno a condizione di servirsene”18. Non è il religioso quello che Lacan immette nell’opera di Freud, è la triplicità del reale, del simbolico e dell’immaginario, un nodo che tiene solo grazie al Nome-del-Padre. Può tenere diversamente? È tutta la problematica dell’elaborazione lacaniana degli anni ’75, che nel libro di Tort è elusa.
20Una rilettura del Nome-del-Padre obbliga tuttavia a compiere una disgiunzione tra una teoria del nome e una teoria del padre. Si tratta, in effetti, di sapere se la nominazione è simbolica oppure no19. I problemi legati all’identificazione sono dipendenti dal tratto unario (S1), più che un’identificazione al despota. Lacan ha tentato di separare i problemi cannibalici legati al padre e all’incorporazione dalla nominazione. Analogamente, l’inconscio può essere descritto a partire dalla pulsione e dall’oggetto perduto, e non a partire dall’identificazione al padre e dalla legge dell’amore. Questa è una bussola per la pratica.
21Alla fine, Tort, dopo aver stroncato Lacan e i lacaniani fino a pagina 472 del suo libro, si accorge, leggendo J.-A. Miller, che “Nome-del-Padre e significazione fallica sono messi a dura prova e mostrano la loro insufficienza”20. Incontro fortunato, in effetti, con una prospettiva “molto rigenerante, che contrasta talmente per la sua vivacità con lo stile dei guardiani del tempio”21. La prospettiva storicistica riprende, quindi, le redini contro la struttura. Niente è eterno22.
22Siamo lieti di leggere, dalla penna di J.-A. Miller, che il padre “è un sembiante che Lacan avrebbe progressivamente messo a nudo”23. Eppure, l’autore non crede veramente a questa teoria del padre-sintomo. Un aspetto negativo rimane: l’inconscio non lo sente proprio da questo lato24. Con tale formula Jacques-Alain Miller interrogava, infatti, la differenza tra gli psicoanalisti conservatori e la psicoanalisi sovversiva. L’inconscio è “incurabilmente fallico patriarcale”25 e sordo all’uguaglianza fra i sessi o è lo psicoanalista che glielo suggerisce? Diciamo piuttosto che l’inconscio fa solo di testa sua. Deciderà lui stesso, se crederci o meno, in funzione del godimento che ci trova. Possiamo, in ogni caso, dubitare dell’efficacia del dogma dell’uguaglianza, vale a dire del dogma dell’Uno-da-solo, significante-padrone della modernità in quanto standard post-umano isolato da Jacques-Alain Miller. Possiamo anche dubitare che sia più salutare della credenza nell’Altro sesso e che garantisca la stabilità delle famiglie ricomposte.
23Ripulire l’inconscio dal Nome-del-Padre è difficile! Ed è anche inutile mettere la psicoanalisi al rimorchio del sociologismo, del femminismo, del “politicamente corretto” col pretesto che la differenza sta abbandonando la famiglia.
24Tort assegna alla psicoanalisi il compito di addurre concetti che chiarifichino il dibattito confuso sulle nuove genitorialità. Mescolando la sociologia derivata da Bourdieu alle rivendicazioni dei difensori delle identità, vuole separare il codice politico e giuridico dall’oppressione eterosessuale. Fa quindi la seguente equazione: il dominio maschile si realizza con l’eterosessualità, la differenza dei sessi impone un rapporto sessuale in cui il maschile domina sempre sul femminile. Si deve, quindi, distruggere sul piano simbolico quello che passa per un fatto di struttura.
25Poco eloquente sul terreno della clinica psicoanalitica, che invece mette in evidenza il disagio contemporaneo del godimento, l’onnipotenza dell’oggetto a, Tort rovescia le priorità e vuole sostituire l’ordine giuridico alle mentalità arcaiche sotto influenza. Questa attenzione democratica promette l’invenzione di “nuovi modi di paternità”, legati ai nuovi rapporti di genere e di sesso. Tort li chiama degli accomodamenti. Con che cosa? In che modo i nuovi sintomi sono degli accomodamenti? “Dal padre al peggio” – la conseguenza deve essere verificata. Il problema non è forse che, al di fuori di un riferimento clinico, questo bricolage psico-sociologico non indica nulla di buono quanto all’accomodamento dei due sessi tra di loro?
26In realtà, Tort si iscrive in una corrente postmoderna ostile all’inconscio del nonno. E sia. Quest’ultimo non può più trovare nella scienza moderna la garanzia che l’antropologia e la linguistica gli offrivano all’epoca d’oro degli anni ’60. La biologia ha annientato il padre simbolico e gli altri valori eterni… Per questo motivo, in questo libro, gli autori salvati dal massacro sono tutti analisti dell’International Psychoanalytic Association francese, gran parte dei quali ritiene di poter liquidare Lacan attraverso un’intesa cordiale con lo scientismo e il cognitivismo. Per il momento, Tort si accontenta del matrimonio con l’antropologia e la sociologia, che gli sembrano più qualificate per interrogarsi sulla filiazione in mezzo al grande sconvolgimento delle unioni.
27Come dice Maurice Godelier26, ci piacerebbe sapere quello che pensano gli psicoanalisti degli effetti nella loro pratica di questi nuovi dati clinici: in particolare, dei figli dell’omogenitorialità. Sicuramente ne sentiremo parlare sui lettini.
Notes de bas de page
1 Articolo pubblicato in “La Revue de la Cause freudienne”, n. 60, 2005, pp. 125-130.
2 M. Tort, Fin du dogme paternel, Paris, Aubier, 2005.
3 J. Lacan, Il Seminario, Libro VII, L’etica della psicoanalisi, Torino, Einaudi, 1994, p. 386.
4 M. Tort, Fin du dogme paternel cit., p. 11 (traduzione nostra).
5 Ivi, p. 384.
6 Ivi, p. 386.
7 Ivi, p. 22.
8 Ivi, p. 73.
9 M. Schneider, Big Mother, Paris, Odile Jacob, 2002.
10 M. Tort, Fin du dogme paternel cit., p. 352.
11 Ivi, p. 387.
12 Ivi, p. 385.
13 J. Lacan, D’una questione preliminare a ogni trattamento possibile della psicosi, in Scritti cit., p. 575.
14 Id., Le Séminaire, livre XXII, “RSI”, “Ornicar?”, n. 2, 1975.
15 J, Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora, Torino, Einaudi, 2011.
16 Id., Le Séminaire, livre XXII, “RSI”, “Ornicar?”, n. 4, 1975, p. 99.
17 Id., Il Seminario, Libro XXIII, Il sinthomo, Roma, Astrolabio, 2006, p. 133.
18 Ibidem.
19 Ibidem. Si veda anche Les maladies du nome propre, “La Cause freudienne”, n. 39, maggio 1998.
20 M. Tort, Fin du dogme paternel cit., p. 475.
21 Ibidem.
22 Ibidem.
23 J.-A. Miller, Une diatribe, “La Cause freudienne”, n. 37, 1997, p. 137.
24 M. Tort, Fin du dogme paternel cit., p. 475.
25 Ibidem.
26 M. Godelier, Métamorphoses de la parenté, Paris, Fayard, 2004.

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