Lacan e l’a-Freud1
p. 31-37
Texte intégral
Malinteso
1Se ci fosse un dizionario dei luoghi comuni su Jacques Lacan, all’articolo Freud si leggerebbe: ritorno a…
2Un ritorno che prende a prestito da Freud persino il suo metodo: la decifrazione significante delle parole di Freud. È la lettera di Freud contro i sintagmi idiomatici, le degradazioni, i compromessi con la psicologia, a cui i post-freudiani hanno portato la dottrina. Per realizzare questa pulizia delle stalle di Augia, Lacan riabilita principalmente la prima topica, quella più lacaniana, poiché si fonda essenzialmente su un materiale di linguaggio: sogni, lapsus, motti di spirito, metafore del sintomo. Sappiamo che gli allievi di Freud hanno, invece, modificato la psicoanalisi nel senso della seconda topica, promuovendo i concetti di Io, di stadio, di regressione, di energia, e relegando l’inconscio al passato della psicoanalisi. Freud sarebbe quindi lacaniano senza saperlo? Effettivamente egli anticipa Saussure!
3In ogni caso la questione può essere risolta nella triplicità RSI; si prende tutto, non si butta via niente, o quasi. Tutto, cioè, viene riabilitato: il suo inconscio diventa strutturato come un linguaggio; l’Es parla; la supremazia del simbolico dà pieni poteri all’interpretazione. Eppure c’è un punto d’arresto: un resto indecifrabile della pulsione, irriducibile al senso sessuale, premessa del reale senza legge dell’ultimo Lacan. Errori, pregiudizi, lapsus di Freud fanno parte dell’invenzione stessa, tanto quanto la resistenza all’invenzione. Se a Lacan capita di essere infedele alla dottrina è per rendere omaggio alla sovversione, che ne ripristina il vomere tagliente. Lacan non pratica il culto del padre morto come fanno all’International Psychoanalytical Association.
4Certo, le epoche dell’insegnamento di Lacan devono essere differenziate, relativamente a questa trasmissione. Si può dire che, prima del Seminario L’angoscia, le linee di frattura appaiono difficilmente. I concetti essenziali di Freud sono sempre presenti e costituiscono i titoli dei nove seminari anteriori, anche se la loro significazione è spostata o rettificata alla luce di un corpus filosofico (il transfert, i quattro concetti fondamentali) e, soprattutto, dello strutturalismo; il romanzo famigliare del nevrotico è reinterpretato come un mito di Lévi-Strauss. È in questo stesso contesto che Lacan mette insieme, per la psicosi, il concetto di Verwerfung per estrarne la forclusione del Nome-del-Padre.
5Se molte cose sono zoppicanti e contorte nell’opera di Freud, nel periodo dei nove primi seminari, tuttavia, le confusioni del discorso sembrano dipendere solo da contingenze esterne alla psicoanalisi. In particolare la lingua tedesca alla quale Lacan non tributa solo elogi, ad esempio sull’inconscio – l’Unbewusste, “che strana parola!”, fa notare Jacques-Alain Miller in Televisione2, un concetto prefreudiano – e sul Wunsch, che non permette di distinguere domanda e desiderio, il che giustificherà in seguito le traduzioni strampalate delle opere complete per i tipi delle Presses Universitaires de France in desideranza o augurato… Freud è danneggiato anche dalla scienza del suo tempo: l’energetica si abbina male al pensiero.
6Lo sforzo di Lacan consisterà, dopo aver dissolto i concetti, nel sostituirli con dei significanti nuovi, nel distorcere la lingua di Freud per evitare i sintagmi idiomatici, le ipostasi della soggettività, l’oggettivazione delle istanze; nel creare dei neologismi (il parlessere); talvolta sfruttando una consonanza identica tra il tedesco o l’inglese e il francese: una bévue (svista) per l’inconscio, una dérive (deriva da drive) per la pulsione; o anche la formula interrogativa est-ce? al posto dell’Es tedesco tirato dal lato della S. Le diverse traduzioni e i vari commenti del celebre apoftegma Wo es war, soll Ich werden danno la misura di quello che Lacan può dispiegare come programma della psicoanalisi a partire da un enunciato sino ad allora ridotto a una banalità estrema.
7Lacan produce su Freud degli effetti simili a quelli di una lente: ingrandimenti, zoom, deformazioni, che giocano con l’equivoco dei significanti della lingua di Freud – come il tratto unario, alla fine tirato dal lato dell’Uno, della costanza numerica in gioco nella ripetizione. Lo testimonia anche l’attenzione rivolta al vocabolario topologico – nel “Progetto”3, in cui le trecce anticipano le catene4. Lo stesso Freud, d’altronde, alla fine della sua opera, procede a questo appiattimento: “La psiche è estesa, di ciò non sa nulla”5. Questo bricolage non intacca il desiderio di Freud considerato come una x – il desiderio di uno solo vale come inizio assoluto. Le ultime righe de “La direzione della cura” condensano a mo’ di ode questo periodo: “Freud, cominciando a scrivere, ci stava dando, all’estremo di un’opera dalle dimensioni dell’essere, la soluzione dell’analisi ‘infinita’, quando la sua morte vi mise la parola Rien”6.
L’a-Freud
8C’è, tuttavia, un Lacan molto più critico, che esige una rettifica dell’intuizione freudiana fondamentale. La formalizzazione non lascia al riparo il contenuto. Il suo deciframento sfocia non solo in una deviazione dei suoi concetti, ma in un’inversione del loro senso e produce come un’opposizione alla sua politica; detto in poche parole: un transfert negativo. Giacché non si tratta solo di rettificare un discorso lontano dal purismo del padre fondatore; si mettono anche in evidenza, nel corpus concettuale di Freud, le illusioni, i sembianti che confondono il reale dell’esperienza. Così, nel 1964, data di fondazione dell’École freudienne de Paris, Lacan procede a uno smembramento dei quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, il cui orientamento principale consiste proprio nel mettere in opposizione inconscio freudiano e inconscio lacaniano.
9Il lettore che ignora l’insegnamento successivo non nota sino a che punto, nel Seminario XI, i quattro concetti fondamentali della psicoanalisi subiscano una deformazione per l’introduzione dei significanti propri di Lacan: il transfert come soggetto supposto sapere, l’oggetto a, il fallimento della pulsione come motore della ripetizione e, da ultimo, last but not least, l’inconscio inadeguato rispetto a qualsiasi ontologia: esso fa buco.
10Dopo aver deviato Aristotele, aver rovesciato Cartesio, licenziato Hegel, Lacan sviluppa una pratica concettuale ironica, fatta per scombussolare Freud, pur cercando di estrarne l’agalma. Poiché il problema non è solo il ritorno alla lettera di Freud, ma la questione di sapere come fare a meno di sintagmi che ingombrano la sua scoperta, spingendo la sovversione sino all’impensato di Freud. Di quali concetti si dovrebbe fare a meno per giungere a una formalizzazione della psicoanalisi?7 Un Witz circola: si tratterebbe di ridurre la psiche alla teoria degli insiemi.
11La rivalutazione dell’Edipo e della funzione paterna fa parte di questo programma. Gli avversari della psicoanalisi, che per lo più ignorano Lacan, non colgono il ruolo che assume il significante del padre nell’inconscio e fanno del complesso di Edipo il cuore della psicoanalisi. Tuttavia, Lacan ha criticato l’Edipo freudiano molto prima di Deleuze, specialmente nel suo Seminario Il rovescio della psicoanalisi, in cui mette in evidenza delle contraddizioni nel testo di Freud Totem e tabù. Non si capisce in che modo la morte del padre genererebbe la colpa in un mondo senza Legge. È necessario, quindi, per capirci qualcosa, porre l’amore dei figli per il padre. Totem e tabù è la nevrosi di Freud. C’è della religione nella dottrina, che resta comunque da svelare. Freud ha creduto a un certo numero di sembianti che, da allora, sono stati scardinati: il fallo, il padre, la verità, la scienza come ideale.
12Da cui i problemi sollevati dalla connessione, presente in Freud, della realtà psichica con il Nome-del-Padre, che Lacan cercherà di dissociare nel Seminario “R.S.I.”. Per esempio, fare a meno della castrazione per approfondire il concetto dell’angoscia; fare a meno del Nome-del-Padre per la realtà psichica; farne a meno per il superio in quanto imperativo di godimento. Le conseguenze per la clinica s’impongono; si dovrebbe pensare la struttura del sintomo indipendentemente dal conflitto o dal ritorno del rimosso; il sintomo non è della stessa sostanza di uno spostamento di energia libidica; non è solo conversione o compromesso, ma supplenza a un deficit di godimento. Ebbene, chi dice supplenza dice buco, apertura. Mettere dei buchi al posto della mancanza. Al di là della mancanza freudiana e della castrazione, Lacan scopre il reale come impossibile logico, e il buco: “ho trovato il buco”8, afferma. E la questione giusta non è l’interpretazione, ma cosa si mette in un buco?
13In seguito, Lacan allontanerà l’inconscio dallo statuto di una matrice simbolica o di una catena significante per nominarlo come Reale. Nel 1977, rinnova la sua affermazione: “L’inconscio, quindi, non è di Freud, bisogna proprio che lo dica, è di Lacan. Ciò non toglie che il campo, invece, sia freudiano”9. Designeremo, quindi, come “campo freudiano” tutto quello che attiene alla determinazione del godimento da parte del linguaggio. Lacan conserverà in tutti i suoi seminari un grande interesse per le Vorstellungsrepräsentanz. C’è del pulsionale che non può essere rappresentato, un godimento che sfugge alle quote mal tagliate del simbolico. Tale è la struttura comune della rimozione originaria, un falso buco; il vero buco è quello del simbolico stesso in quanto inconsistente; si dirà quindi che Freud anticipa Lacan nelle sue intuizioni topologiche? L’apertura del superio, il fallimento dell’atto, i limiti dell’interpretazione tracciano la via alla serie delle impossibilità freudiane; ma non il reale.
14Per questo motivo Lacan tiene alla sua invenzione: il reale che “le cose che vengono chiamate freudiane”10 non anticipano. Relativamente all’immaginario del fallo, il Seminario “R.S.I.” mette le cose a punto: “C’è in Freud come una prosternazione di fronte al godimento fallico, di cui la sua esperienza gli scopre la funzione nodale, e attorno a cui si fonda quella sorta di reale con cui l’analisi ha a che fare”11.
15L’altro esempio concerne la sessualità femminile. Lacan non l’affronta a partire dalla castrazione, ma con la logica. “La donna non manca di nulla”, afferma nel suo Seminario sull’angoscia12. Dieci anni dopo, il Seminario Ancora è consacrato a una delucidazione in termini logici di una dissimmetria nel rapporto degli uomini e delle donne rispetto al godimento. La follia dell’amore ne “la” donna dipende dalla sua iscrizione singolare nei quantori della sessuazione. Freud, in effetti, è animato da una logica del “per tutti”, dell’universale. Per molto tempo Lacan non ha avuto nulla da ridire rispetto alla dialettica fallocentrica, né all’immaginario del fallo, come testimonia il suo importante articolo “La significazione del fallo”. Nel seminario Ancora, invece, vi è una rottura con il freudismo. Così il concetto di castrazione qui sarà completamente disgiunto dall’immaginario anatomico. È il linguaggio che fa buco, che amputa il godimento; il vero e proprio agente della castrazione è la lingua.
16Con il Seminario Il sinthomo, nel 1976, si raggiunge il culmine: sembra che più niente assomigli alla psicoanalisi, sia essa quella di Freud o quella del Lacan degli Scritti. Nel 1972, c’è Il rovescio della psicoanalisi; nel 1976, è il rovescio di Freud. O meglio, un punto di vista joyciano su Freud; è l’a-Freud 13, talvolta, “Freud, l’affreud”, che dà talmente del filo da torcere14. I sintagmi importanti della dottrina ne risultano sovvertiti. Secondo Jacques-Alain Miller, l’Anti-Edipo15 di Deleuze e Guattari è passato da lì e il Seminario Libro XXIII è la psicoanalisi vista da uno schizofrenico: il punto di vista joyciano sui concetti della psicoanalisi sovverte sia il Nome-del-Padre che la forclusione, l’immagine del corpo, la supremazia del significante – sì, e persino la forclusione, Verwerfung di fatto e non di diritto. Resta il reale del corpo come sostanza godente.
17Che diventa quindi “l’intollerabilità della verità freudiana”16, se si contesta la passione di Freud per la verità, e se non ha “fatto altro se non qualcosa di sensato”?17 Si deve forse vedere nel reale insensato l’anti-Freud? Al di là di questa scansione che toglie gran parte dell’eredità lacaniana stessa, che resta di Freud, denudato, privato dei suoi sembianti?
18Resta il reale della clinica quasi immutato – inibizione, sintomo, angoscia – ma reinterpretato a partire dalla rimozione originaria. L’interpretazione topologica ne fa un “nodo nel dicibile paragonabile al buco nella pulsione”18. Per finire, non è la prima topica che serve da paradigma all’interpretazione dell’inconscio ma – paradossalmente – la seconda: una “topica fantasmatica”19, che quasi fa dell’io un buco. Anche il non-riconosciuto, l’Unerkannt20 de L’interpretazione dei sogni è esteso a tutto il campo del godimento in impasse con il sapere. Freud inciampava sui “resti sintomatici” dell’analisi interminabile, il non analizzabile, l’incurabile, l’impossibile come nomi del reale. Lacan alla fin fine parte proprio da tali aporie.
19Questo orientamento è quindi più l’Aufhebung di Freud; giacché si vede oggi dove portano i non-creduli di Freud.
Notes de bas de page
1 Articolo pubblicato in “La Revue de la Cause freudienne”, n. 79, 2011, pp. 136-140.
2 J. Lacan, Televisione, in Altri scritti, Torino, Einaudi, 2013, p. 507.
3 Cfr. S. Freud, Progetto di una psicologia (1895), in Opere, vol. 2, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, pp. 201-284.
4 Cfr. J. Lacan, Il Seminario, Libro XXIII, Il sinthomo, Roma, Astrolabio, 2006, p. 128.
5 S. Freud, Risultati, idee, problemi (1938), in Opere, vol. 11, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, p. 566.
6 J. Lacan, La direzione della cura e i principi del suo potere, in Scritti, Torino, Einaudi, 2002, pp. 638-639.
7 Id., Forse a Vincennes…, in Altri scritti cit., pp. 309-311.
8 Id., Le Séminaire, Livre XXII, “R.S.I.”, leçon du 13 mai 1975, “Ornicar?”, n. 5, 1976, p. 57.
9 Id., Ouverture de la Section clinique, “Ornicar?”, n. 9, 1977, p. 10.
10 Id., Il Seminario, Libro XXVII, Il sinthomo cit., p. 129.
11 Id., Le Séminaire, Livre XXII, “R.S.I.”, leçon du 17 décembre 1974, “Ornicar?”, n. 2, 1975, p. 102.
12 Id., Il Seminario, Libro X, L’angoscia, Torino, Einaudi, 2007, p. 196.
13 Id., Il Seminario, Libro XXIII, Il sinthomo cit., p. 116.
14 Id., “Clôture des Journées de l’EFP, 25 settembre 1977, “Lettres de l’EFP”, n. 22.
15 Cfr. G. Deleuze, F. Guattari, L’anti-Edipo, capitalismo e schizofrenia, Torino, Einaudi, 2002.
16 Id., Lo stordito, in Altri scritti cit., p. 492.
17 Id., Il Seminario, Libro XXIII, Il sinthomo cit., p. 125.
18 J.-A. Miller, Note passo passo, in J. Lacan, Il Seminario, Libro XXIII, Il sinthomo cit., p. 236.
19 Cfr. J. Lacan, Le Séminaire, Livre XXII, “R.S.I.” cit.
20 Cfr. A. Zaloszyc, Lacan, lit Freud. Quelques mots sur l’Unerkkant, “La Revue de la Cause freudienne”, n. 79, Navarin/Paris, Seuil, 2011, pp. 286-289.

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