Coppie
p. 30-46
Texte intégral
1Nei contesti in cui viviamo la coppia, l’unione di due persone rappresenta la norma cui si attiene la maggior parte nelle proprie scelte affettive e progettuali di vita. Ma la coppia, così come la conosciamo, come relazione di intimità indipendente dalla parentela e, prevalentemente, nucleo dell’eventuale, futura formazione di famiglia, è un’invenzione della modernità, sconosciuta al passato. E indubbiamente l’immagine che sorge immediata appena si pronuncia questa parola è quella di una donna e un uomo; eppure la costruzione di un binomio affettivo può riguardare in realtà anche le vite e i progetti di chi non è eterosessuale, di molti e molte che scelgono comunque di dare questa forma, divenuta ormai tradizionale, al loro amore e nel momento stesso in cui lo fanno scardinano in profondità le culture e l’immaginario che convenzionalmente hanno costruito e accompagnano la nozione di coppia.
2Coppia regolata dall’eteronormatività1 e da una dichiarata o sottintesa nozione di complementarietà, secondo la quale le differenze tra donne e uomini, impersonate da due soggetti singoli, si completano a vicenda, come due tessere di un puzzle, quasi che i limiti e le finitezze di ognuno, donna o uomo che sia, si possano interpretare come incompletezze che solo l’unione dei due sessi può sanare: l’incontro di due metà, secondo un modo di dire popolare.
3Tutto questo rappresenta la normalità e le parole normale e normalità riecheggiano spesso nei racconti di vita di omosessuali uomini e donne che scelgono la vita a due, ma contemporaneamente vivono con consapevolezza una serie di diversità che sembrano smentire i significati, i ritmi e le scelte di una normale vita di coppia.
4 Sul filo di questa tensione irrisolta si snodano le narrazioni e le vite, i desideri che si alternano tra voglie di inclusione nell’ordine sociale dominante e il bisogno di denuncia delle condizioni che non lo rendono possibile.
Gli scatoloni iniziano a invadermi la stanza e capisco che l’amore è fatto di sentimenti e passioni ma anche di progettualità, capisco che sono entrato in una nuova fase della vita. Il mio appartamento diventa il nostro appartamento, il mio letto diventa il nostro letto ma, soprattutto, il mio futuro diventa il nostro futuro […]. La coppia ormai prendeva il sopravvento su tutti i pensieri avuti sino ad allora. Ci alzavamo dal letto e prendevamo il caffè insieme. Costruivamo assieme le nostre giornate, i momenti felici si susseguivano freneticamente per lasciare spazio occasionalmente a discussioni. Le giornate passavano e la quotidianità rientrava pienamente in uno stile di vita comune a tanti, se non per il fatto di viverla con un ragazzo. E ogni tanto mi chiedevo il perché di tutto questo travaglio per arrivare a essere sereno e vivere una storia d’amore […]. Eppure ritorna la consapevolezza che amando un ragazzo mi viene imposto di sentirmi diverso. Perché dai progetti futuri di cui inizio a parlare, pensando al domani, è esclusa tutta una serie di possibilità, di garanzie, di diritti e doveri […]. E più mi rendo conto che voglio che quella storia sia per sempre, più queste limitazioni mi pesano. L’amore è forte, va avanti da sé. Ma si intreccia con le leggi quando vuoi dare stabilità al rapporto e alla vita, quando vuoi che siano riconosciute quelle quattro mani con cui la stai scrivendo. Quando vuoi che la famiglia che stai costruendo abbia le stesse dignità di ogni altra famiglia2.
5Nel brano letterario che segue le aporie cui fa esplicitamente riferimento la precedente testimonianza appaiono in modo più implicito: la legittimazione del rapporto avviene attraverso descrizioni d’amore e di una domesticità continuamente richiamante intimità, pace, tranquillità cui aggiungono ulteriori ingredienti le presenze di gatti, l’accenno alle camicie tra loro intrecciate.
Una coppia è anche la sua casa. Ogni tanto lasci una traccia sul mio tavolo da lavoro, nello studio. Una tua lettera, un paio di forbici, uno spago. Io dico “non fare disordine”. Sono – già – un vecchio maniaco. Nel guardaroba, fra le cose da stirare, ci sono, avvolte le une nelle altre, le tue e le mie camicie […]. Nello studio la Nini è sul cuscino del sommier sotto l’abat-jour […]. Sì, vogliamo che duri e, per il tempo che ci è concesso, che sia bello, che sia vero e caldo. Qualunque forma abbia, l’unione. Anche correre dei rischi fa parte del gioco. Vengo a guardarti nella camera in cui dormi. Per non svegliarti non accendo le luci. Accesa c’è solo quella del corridoio che illumina, fioca, tangenziale, la stanza. Resto un momento qui, in piedi contro il battente della porta, nel silenzio perfetto della notte alta. Vedo solo la tua testa, la sagoma delle spalle. Respiri quieto e fiducioso3.
6D’altronde se la coppia comunque rappresenta la forma più comune scelta da chi vuole vivere palesemente il proprio rapporto d’amore, pur nelle contraddizioni che limitano e problematizzano la coppia omosessuale, essa può garantire una visibilità relativamente normalizzata e divenire dunque una modalità per dichiararsi pubblicamente per chi si è.
7Il primo rapporto Istat sull’omosessualità nel nostro paese segnala come la maggior parte degli italiani e delle italiane siano favorevoli al riconoscimento delle coppie omosessuali, ma indubbiamente i rapporti affettivi e sessuali tra persone dello stesso sesso – si sottolinea nella stessa ricerca – risultano più accettabili se avvengono all’interno di una storia d’amore4.
Più accettabili se si è in coppia
8D’altronde nominare il/la partner permette di raccontarsi nelle proprie scelte cercando di limitare le reazioni di rifiuto – per esempio da parte della famiglia – significa scegliere di rendere visibile la propria omosessualità attraverso la coppia: in qualche modo banalizzare, attutire gli effetti della rivelazione, poiché stare in coppia, in fondo, corrisponde alla norma.
9Ci sono naturalmente delle differenze tra donne e uomini e nel testo che dà conto di una vasta ricerca svolta in Francia, Dirsi lesbica, Natacha Chetcuti sottolinea più volte come i comportamenti delle lesbiche5 siano spesso all’opposto dei modelli gay. Anche se il numero di omosessuali uomini che vivono in coppia è in deciso aumento – così testimoniano per esempio le narrazioni che precedono – le donne lesbiche, secondo l’autrice, prediligono scelte che appaiono legate ancora al condizionamento di genere che, per le donne, non separa amore, sessualità e coppia e all’ideologia dell’amore come centro dell’interesse e dell’esperienza biografica femminile.
Quando stavo con Priscille, eravamo una coppia molto stabile, se fossi stata con un uomo sarebbe stata la stessa cosa. Era una situazione assolutamente eteronormata, perché era l’idea della coppia che era dominante. Eravamo fedeli, insomma, in ogni caso, ci eravamo dette che volevamo essere monogame6.
10La monogamia appare come un comportamento desiderabile, immagine non solo di stabilità e di un’intimità che può offrire sicurezza, ma come forma che meglio può consentire una conoscenza e costruzione di sé come lesbica, una consapevolezza identitaria che si vuole ma si percepisce come fragile. E i timori si proiettano anche sulle coppie che si formano, le quali paiono più legate al desiderio, che ha plurimi aspetti, di stare insieme in due, che agli obblighi che tacitamente o meno sottostanno al formarsi delle coppie eterosessuali, la procreazione, la genitorialità. Anche se oggi queste ultime non sono più prerogative necessitate neppure per le coppie etero, appartengono comunque all’immaginario del binomio donna-uomo e ne sono in ogni caso una possibilità, possono essere assunte come progetto, mentre ciò appare assai più problematico per le coppie omosessuali, non fa parte in modo scontato del quadro in cui si inserisce la scelta di vivere insieme.
11Se pensiamo d’altronde alla comunicazione di massa, a quella pubblicitaria per esempio, l’immagine della lesbica ormai compare spesso, e solitamente si tratta di una coppia, di donne naturalmente bellissime e assolutamente femminili, anzi il loro apparire in due sembra una legittimazione dell’amore omosessuale, una strategia per presentare il soggetto lesbica e per sottolinearne la femminilità.
12Al contempo all’interno delle coppie lesbiche l’identificazione di una mimesi eterosessuale nei modelli butch e femme7 sembra ormai meno sottolineata nelle forme del binomio d’amore tra donne. Si tratta probabilmente di un superamento ulteriore dei modelli etero dominanti e riguarda, ma non sappiamo in quale misura, anche le coppie di uomini. In ogni caso, come osserva Judith Butler,
Nei contesti lesbici, l’ “identificazione” con la mascolinità che compare sotto forma di identità butch non è una semplice riassimilazione del lesbismo nei termini dell’eterosessualità. Una lesbica femme gradisce che i suoi ragazzi siano ragazze, intendendo che “essere una ragazza” contestualizza e risignifica la “mascolinità” in un’identità butch. Di conseguenza, quella mascolinità, se così si può chiamare, viene sempre contrapposta a un “corpo femminile” culturalmente intellegibile. Sono proprio questa giustapposizione dissonante e la tensione sessuale generata dalla sua trasgressione a costituire l’oggetto del desiderio […]. L’idea secondo cui la butch e la femme sono, in un certo senso, “repliche” o “copie” dello scambio eterosessuale sottovaluta il significato erotico di tali identità come internamente dissonanti e complesse nella loro risignificazione delle categorie egemoniche che le abilitano. Le lesbiche femme possono, per così dire, ricordare la scena eterosessuale, ma contemporaneamente anche dislocarla8.
13Una delle conclusioni cui giunge la studiosa, «poiché il potere non può essere revocato né rifiutato», è che lesbiche e gay dovrebbero concentrarsi nelle loro pratiche in una formulazione parodistica, ironica del potere nelle rappresentazioni eterosessuali, più efficace e immediata della fantasia politica di un superamento completo, con altri mezzi, dei modelli dominanti, ancora viventi e potenti dentro e fuori di noi.
14Tornando alle riflessioni sulle coppie, i temi della fedeltà e del tradimento sono indubbiamente un banco di prova importante e che riguarda ogni binomio amoroso. E certamente qui, all’interno di quest’area problematica, si possono rilevare differenze tra coppie omo ed eterosessuali.
Fedeli, infedeli, polifedeli
15Per le prime indubbiamente le realizzazioni del desiderio fuori della coppia porta a una messa in discussione profonda della stessa relazione, poiché, a differenza degli e delle eterosessuali, la monogamia, nella maggior parte dei casi, non è data per scontata, ma discussa, scelta. Nelle coppie donna-uomo certamente la fedeltà non è praticata in molti casi, l’esclusività coniugale però resta la norma implicita anche se non sempre agita, la fedeltà il terreno scontato, almeno di principio, su cui si basa la nascita di una coppia, anche se il tradimento, soprattutto da parte maschile, appartiene ormai a una tradizione, a una formula scontata che, soprattutto nel passato, si accompagnava alla formazione e alla sopravvivenza del matrimonio borghese.
16Così non è e non può essere per le donne lesbiche: nella sua ricerca Natacha Chetcuti osserva che nelle risposte all’intervista su questo tema emerge con chiarezza che l’infedeltà sessuale viene interpretata come una disfunzione della coppia. Ed è comprensibile, poiché si tratta di coppie che basano la loro durata e sopravvivenza sul perpetuarsi del desiderio di stare insieme, non garantito, legittimato e autorizzato da consuetudini, tradizioni che lo rendono meno trasparente, ma più solido come nel caso delle coppie eterosessuali.
17Anche tra gli uomini, quando si formi una coppia, il tema della fedeltà può divenire discorso, promessa e si scontra con l’immagine un po’ stereotipata di una maggiore insofferenza e trasgressività gay, che sembrerebbe conciliare l’immagine dell’omosessuale maschio con la norma di genere ed eterosessuale maschile, che prescrive o legittima i tradimenti degli uomini.
18Nella riflessione che segue invece la fedeltà appare come scelta, pur se non sempre facile.
Il nostro stare insieme ha affrontato difficoltà oltre che legate alla diversità dei nostri caratteri, interessi e formazione, anche alle modalità con cui viviamo certe esperienze personali e relazionali. Se siamo ancora insieme è perché il sentimento che ci ha unito è più forte di questi problemi e perché abbiamo trovato il modo e la forza per affrontarli […]. Approfittare di occasioni di sesso anche non convenzionali è molto semplice. Se non l’ho fatto avendone l’occasione e l’autorizzazione sociale forse non è solo perché finalmente ho trovato l’amore, ma perché il sentimento che provo e che ricevo merita rispetto totale […]. I corpi attorno sono diventati delle cose belle da guardare e, d’accordo con lui, preferibilmente da non toccare. Detto tutto questo però è facile pensare che, in un contesto dove le relazioni sono ancora deboli perché manca anche una loro legittimazione pubblica e istituzionale e la loro forza è data dalla tenacia con cui due persone decidono di stare insieme, possa esistere e resistere l’idea che ci sia un Altro là fuori9.
19Anche nella narrazione di Mauro10 si pongono i temi della coppia, chiusa o aperta, e della fedeltà, testimoniando un dibattito e una ricerca che riguarda il formarsi di ogni tipo di binomio affettivo e sessuale.
La coppia che abbiamo formato da poco è nata completamente a caso in un momento in cui tutto cercavo salvo una coppia stabile. Quest’estate ero a casa dei miei al mare, ero su una chat di incontri occasionali e ho trovato questo profilo, ci siamo scritti e poi visti con la prospettiva, condivisa, di fare sesso, perché quella chat serve appunto a quello ed è la chat che tutti i gay odiano e che tutti i gay usano. Dunque ci siamo incontrati per fare sesso, ma quello che doveva essere un incontro sessuale, non lo è stato, ma si è trasformato in una lunga chiacchierata durata tutta la notte e da lì abbiamo iniziato a vederci regolarmente per alcuni giorni. Ho cominciato a capire che mi stava succedendo qualcosa di strano, perché io con la coppia ho avuto sempre molti problemi e la monogamia, intesa anche come responsabilità e non solo chiusura sessuale nei confronti del mondo, l’ho sempre sentita molto lontana da me. In quei giorni invece ho capito che quella poteva essere un’occasione per sperimentare qualcos’altro. Avevo sempre avuto frequentazioni molto semplici anche a livello di impegno mentale, ma con lui è andato tutto in modo diverso, nel giro di un mese ho messo in discussione tutto. Dopo anni che vivevo solo e avevo costruito la mia solitudine in senso positivo, la casa, la libreria, la politica, i miei tempi, è arrivato lui e mi ha messo in discussione tutto.
La nostra è una coppia chiusa, per me un’esperienza nuova. Ne discutiamo ogni giorno da quando viviamo insieme, perché lui si è trasferito qui, quindi all’inizio non conosceva nessuno, non lavorava, eravamo solo io e lui, ma sapevamo di dover controllare questa dinamica per non chiuderci troppo nel nostro mondo, bello, perfetto. Per il momento la coppia chiusa mi va bene, perché per ora non ho l’esigenza di avere rapporti sessuali o affettivi con altre persone, però non voglio che la nostra sia la coppia normata classica: insieme stiamo imparando a condividere il bello che troviamo in altri uomini o le fantasie sessuali, le ipotesi di aperture, di sessualità a tre per giocare. La cosa più importante è che parliamo, ci mettiamo molto in discussione, io ho scoperto di essere molto geloso, non pensavo di esserlo. Comunque la coppia adesso funziona così, viviamo insieme, ci amiamo molto e parliamo molto proprio della coppia: è chiusa, ma non monogama.
A Stefano inizialmente ho proposto la coppia aperta e poi mi sono fermato perché mi sono reso conto che ero legato a un’idea che avevo della coppia più che a un desiderio, a un’esigenza reale. Mi sono un po’ interrogato e quello che secondo me si sta un po’ diffondendo, senz’altro nella comunità lgbt, è il dare legittimità e dignità alle relazioni, anche se non sono relazioni chiuse, monogame, classiche. È qualcosa di più e di diverso rispetto ad accettarle, poiché questo è sempre avvenuto, però si tratta ancora di qualcosa di nuovo, che rimane in parte fuori dalla cosiddetta normalità, perché se una coppia è aperta lo si specifica e questo è significativo, perché non si definisce la coppia chiusa quando è chiusa. Comunque poi i modelli di riferimento sono pochi e tutti diversi tra loro: da “ci raccontiamo quello che abbiamo fatto” a “ce la viviamo nella nostra intimità e non ce la raccontiamo”, a coppie squilibrate in cui c’è uno che racconta e uno che non vuole, “fallo, ma non dirmi niente”. Quella che si pratica adesso è forse un po’ l’eredità degli anni Settanta e del suo progetto politico: oggi forse non c’è dietro un progetto politico, ma c’è molta sincerità nel dirci che non si tratta più della scappatella, del tradimento, ma può essere qualcosa che dà forza alla tua coppia, libera la sessualità.
20In un’altra narrazione di coppia gay si parla esplicitamente di patto d’infedeltà, un punto d’arrivo sofferto, ma discusso e pensato e, sembra, realizzato.
Lo guarda. Dico a me stesso che sono la mia gelosia, la mia paura che mi fanno vedere le cose in quel modo ma, dopo un po’, devo arrendermi all’evidenza. Finisce che si scambiano i numeri di telefono. Io comincio a stare male come un cane. Non gli ho parlato per una settimana. È stato prima che siglassimo il nostro “patto d’infedeltà” […]. Vale davvero la pena essere fedeli? […]. Io non capisco i finti monogami, i monogami parziali. Insomma a me, a noi, sembra incredibile. A sentirli parlare sono tutti fedeli, poi guardi meglio dentro le cose, dentro le case, e non ce n’è uno che lo sia davvero. Però di nascosto. Noi due siamo infedeli. Apertamente infedeli. Ce lo siamo detti. Funziona11.
21E proprio a proposito degli anni Settanta, il riferimento non può che essere il testo di Mario Mieli, pubblicato per la prima volta nel 1977, in cui l’autore tratta anche la questione del formarsi della coppia gay e della fedeltà. Il suo argomentare è senz’altro soprattutto legato al mondo dell’omosessualità maschile e il linguaggio usato si presenta sempre in equilibrio o forse in bilico tra la serietà di fondo di ogni riflessione che propone e l’ironia, la scelta brillante dei termini e la costruzione rapida e spesso imprevista delle frasi. Una modalità di costruzione del discorso che ha fortemente influenzato le scritture di molti altri saggi sui medesimi temi.
22Quanto scrive legittima in particolare l’immagine di una libertà erotica e affettiva che sembrerebbe connotare le coppie omosessuali.
Tra noi omosessuali la propensione a formare coppie chiuse è molto meno forte che non tra gli etero: e i pregi della gaia promiscuità sono parecchi, anzitutto poiché essa apre il singolo alla molteplicità e alla varietà dei rapporti, e quindi positivamente gratifica la tendenza di ognuno al polimorfismo e alla “perversione”, facilitando, di conseguenza, il buon andamento di ogni rapporto tra due persone (perché né l’uno né l’altro si avvinghia disperatamente al partner, pretendendo la sua rinuncia a rapporti totalizzanti contemporanei con altre/i). La lotta omosessuale rivoluzionaria propone il riconoscersi erotico e affettivo di ogni essere umano nella comunità e nel mondo: ognuno di noi è prisma, è sfera, è mobile e, al di sotto e al di là delle contraddizioni attuali che ci oppongono e ci negano, ciascuno potenzialmente combacia con ogni altro, in una “geometria” reale-fantasiosa e intersoggettivamente libera, come un caleidoscopio mirabile cui si aggiungono, via via, nuove preziosissime pietre12.
23Mieli introduce alcune nozioni e pratiche che si stanno sviluppando nella contemporaneità, con forme e uso di termini relativamente nuovi, come polifedeltà, monogamia seriale, legate, soprattutto la prima, alle pratiche di poliamore13, mentre la monogamia seriale in qualche modo salva la concezione di una fedeltà di coppia prevedendo però un formarsi e un accedere, per l’appunto seriale, a una sequenza di coppie da parte del/della stessa partner in tempi successivi l’uno all’altro.
24Ma i ragionamenti che vengono fatti sui temi di fedeltà e infedeltà non si discostano molto da un ambito di riflessione che potrebbe essere eterosessuale, anche se, naturalmente, come già si accennava, il tema ha un diverso spessore, un’urgenza differente per le e gli omosessuali.
La definizione che dò della fedeltà è l’intensità dei sentimenti che provo per una persona, ma non riguarda un’esclusività della relazione […]. Posso veramente amare molto una persona, avere delle relazioni sessuali veramente soddisfacenti con lei, ma questo non vuol dire che io voglio che si appropri di quello che sono. Non voglio che, in una relazione a due, ci sia l’esibizione di quanto tu possieda l’altra, o che l’altra ti appartenga, ma invece che ci sia un desiderio reale di stare insieme, di dedicarsi del tempo, senza che l’una si appropri dell’altra14.
25Così il dire o non dire, nel caso di un’altra relazione al di fuori della coppia, resta un motivo presente e dominante in ogni rapporto, chiunque ne siano i o le componenti. In altra parte del racconto letterario già citato si riflette proprio su questo tema all’interno di una coppia di uomini.
Una volta, nei primi anni della nostra relazione, mi hai detto: «Se mi tradisci me lo dici?»
– No.
– Perché no?
– Perché staresti malissimo.
– Starei malissimo se mi tradissi.
– E in più se te lo dicessi. Doppia sofferenza.
– Mi tradisci?
– No.
[…] Desiderare un altro al di fuori del proprio ménage. Può succedere. Conciliare il desiderio con la storia che si ha in corso. […]. Certo non mi farebbe piacere saperti fra le braccia di un altro, ma come faccio a escludere che un altro ti faccia ridere, che ti faccia venire un po’ di batticuore – o una cordiale erezione? Come posso escludere che possa succedere a me? A noi?
Ogni coppia deve trovare da sé la risposta. Che non c’è quasi mai. Pensa a quante relazioni si reggono sul famoso “non detto”. Ma non per questo sono meno stabili, felici, ammirevoli. E durature, che pare sia una qualità […]. Ci sono cose che non si devono dire, neanche nei più indissolubili sodalizi. E poi pochissime persone sanno trovare le parole. E le parole per dirlo fanno la differenza15.
26Riflessioni in una coppia gay che potrebbero appartenere a qualsiasi altro tipo di relazione, poiché comprendono i temi della gelosia, del possesso, della fiducia, del silenzio o della confidenza e molto altro.
27Durante l’intervista che le faccio, Alice16 invece ci presenta, con un avvio ironico, uno spaccato della realtà lesbica milanese – ma forse la collocazione potrebbe essere più ampia – decisamente divisa in due.
Se penso alle situazioni che frequento mi si presentano due lati della medaglia: da una parte le dieci mosse per essere una coppia lesbica perfetta, quindi la casa a Nolo (quartiere più in di Milano per le coppie lesbiche, Nolo sta per “a Nord di piazzale Loreto”) e tutto il resto di conseguenza, coppie chiuse, forse anche figli o figlie, questo nel contesto lesbico è molto forte. Ci sono poi degli ambienti più di nicchia, l’altra faccia della medaglia, io ho sempre vissuto in quelli, e ho sempre avuto forti spinte fuori dalla coppia, oltre la coppia. Ci interroghiamo molto su questo tema della coppia aperta, ma in generale anche tra le mie coetanee c’è molta resistenza. Certo si può usare una chat per localizzare altre donne vicine, però non se ne fa un uso così assiduo, quotidiano come fanno molti gay; questi spazi di Wapa17 vengono vissuti più come spazi per le persone che fanno più fatica a interagire nella realtà, diventano un po’ come territori del disagio.
28In un’altra narrazione, invece, il tema della coppia inusualmente si dilata, non aprendosi a plurimi altri ingressi, ma mantenendo le caratteristiche del binomio che però diviene un trio. Le contraddizioni, i problemi paiono tutti superabili se non già superati in un racconto autobiografico con tre narratori che affidano la loro storia alla scrittura di un amico. Si tratta di una coppia di uomini che vive a Parigi, persone privilegiate, benestanti, intellettuali: una coppia che ha alle spalle molti anni di convivenza. E poi arriva un terzo, David. La relazione a tre cresce al punto che D. vorrebbe andare a vivere con la coppia originaria, Jb. e K., ma loro non accettano; si lasciano allora per poi riformare dopo un breve periodo il trio, il trouple, come più efficacemente lo chiamano in francese. Racconta K.:
Oggi, anche se D. ha un suo appartamento, noi facciamo insieme tutti i nostri progetti, comprese le vacanze. Siamo diventati quello che noi definiamo un trouple, cioè una cellula amorosa composta da tre persone […]. Jb. e io formavamo una coppia prima di conoscere D. Questa coppia esiste tuttora ed ama D. : ma contemporaneamente sono nate anche relazioni bilaterali tra D. e Jb., D. e io.
29Ora parla D.:
«Mi sono reso conto che non era facile nominare un tipo di relazione così poco diffusa nella nostra società, alcuni l’associano alla poligamia – che fra l’altro è malvista – ma per me è una relazione amorosa tra tre uomini consenzienti. […]». Rispetto ad avventure esterne – commenta l’amico cui è stata affidata la narrazione – il trouple è ovviamente permissivo e tollerante, con la regola del non dirsi nulla e proteggersi sempre, ma D. confessa di essere sempre molto geloso18.
30Un’amica che intervisto nell’occasione proprio di questo testo si dichiara apertamente favorevole alla scelta della coppia, anche con partner di sesso diverso.
Sia con uomini che con donne ho sempre pensato alla coppia, io sono un animale da coppia, in due funziono meglio e non ho mai pensato alla coppia aperta perché non corrisponde a una proiezione di me, forse sono troppo insicura per pensare che la persona che amo possa stare con altri e viceversa. Quando ho tradito è stato perché volevo uscire dalla coppia, era un modo per uscirne.
31Sveva è convinta che l’orientamento, la preferenza sessuale – e non fa distinzione tra i due termini – possa nel corso della vita rivolgersi in diverse direzioni e rapidamente traccia il proprio percorso.
La mia storia affettiva inizia con il primo grande amore adolescenziale per un ragazzo, poi dopo alcuni rapporti meno importanti inizia una relazione importante, che dura dieci anni, con una donna. Finita quella inizia un rapporto con un uomo che nasce come una sfida, come tentativo di tenere insieme una bisessualità di coppia; dopo questa relazione un’altra meno importante sempre con un uomo e poi ancora un amore, molto complesso, molto articolato con una donna. Questo alternarsi di storie inizia che ho 18 anni e prosegue fino ad ora che ne ho 41, sono quindi 20 anni di trasformazioni.
32Aggiunge che in ogni caso vi è stata sempre nella sua vita una relazione di coppia, solo che con gli uomini questi rapporti sono durati meno. È naturale allora chiederle quali siano le differenze che ha sentito tra un partner uomo e una donna.
Quando ho pensato a questa intervista ho iniziato a riflettere sulle differenze tra una coppia eterosessuale e una lesbica e per me c’è una profondità emotiva molto diversa, continuo a registrare una capacità sul piano emotivo molto diversa tra maschile e femminile e ho sperimentato una differente complessità con una partner donna, mentre cogli uomini è senz’altro minore. Questo dato ha degli aspetti positivi e degli aspetti negativi, ma questi ultimi sono senz’altro maggiori. Per quanto riguarda i primi ho osservato che il maschile è più capace di lasciar perdere, lasciar correre per quella che è la mia esperienza e non voglio naturalmente generalizzare. Ma quello che cambia molto è il ruolo verso cui vieni sospinta, il genere è davvero un concetto relazionale, e quando io sto con un uomo mi trovo a ricadere in un ruolo femminile più tradizionale. A livello sociale è proprio un gioco malefico: ci sono vantaggi, godo di maggiore libertà, posso muovermi di notte senza problemi, se hai un uomo accanto ti senti protetta, mentre due donne in giro sole diventano spazio pubblico. Eppure, anche se ho avuto rapporti con uomini non tradizionali rispetto alla cultura dei ruoli, nel momento in cui tu entri in un luogo con altre persone non sei più tu, sei la compagna di lui, un insieme di cose e di comportamenti sono pertinenti al tuo ruolo. Era una cosa che a diciotto anni odiavo e rifiutavo e a quasi quaranta mi veniva di nuovo richiesta. Mentre il gioco dei ruoli in una coppia di donne è variabile e di fatto viene definito dalla coppia stessa. Ci sono aspettative di genere molto diverse.
Dirsi lesbiche o gay, prime riflessioni sulle politiche identitarie
33Il discorso su queste forme relazionali in una coppia di donne continua e si approfondisce, passando dalla particolare esperienza di Sveva a considerazioni più generali.
Ora, dopo i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, nella coppia lesbica la progettualità può avvicinarsi molto a quella eterosessuale, se voglio sposarmi posso farlo, se voglio avere un figlio posso – anche se a me del matrimonio non è mai importato nulla – ci si confronta insomma con gli stessi nodi.
Mi sembra che nelle coppie lesbiche ci sia una grande normalità, molto vicina anche alle donne eterosessuali che si interrogano sul genere; la maternità ad esempio, chiedersi se fare figli oppure no, se sposarsi, se andare a vivere insieme: questo tipo di progettualità mi sembra molto normale. Nell’immaginario del desiderio ci sono differenze con gli uomini, perché l’attivo/passivo non esiste, almeno non per me nelle relazioni in cui sono stata. Certamente l’immaginario erotico mainstream19 non corrisponde alle pratiche delle lesbiche. Io sento di aver avuto sempre un grande margine di gioco. Quanto a una normatività di ruolo, ad esempio con le definizioni di butch o femme, direi che le figure tradizionali sono molto più sfumate oggi, se penso alle persone, soprattutto quelle con meno implicazioni politiche, mi riesce veramente difficile attribuire loro un ruolo preciso. Ormai c’è più libertà e meno bisogno di definirsi maschio o femmina nella coppia.
34Il discorso in cui entriamo successivamente affronta il tema complesso che si muove tra la definizione di identità lesbica, nel suo valore anche politico, e la libertà del soggetto, che all’interno di un’affermazione identitaria univoca e perentoria si sente ancora una volta limitato, costretto entro confini precisi.
Io riconosco ancora il valore politico del dirsi lesbica, perché se è una cosa che ancora fa scandalo in Italia – quando io dico “la mia compagna” la gente casca dalla sedia – è ancora importante assumersi la responsabilità politica di chi si è. Eppure so che nel dichiararmi lesbica io pratico una politica identitaria che ha piegato e indebolito il movimento omosessuale: negli anni Ottanta c’è stata l’epidemia di Aids e gli omosessuali sono stati accusati di esserne la causa, per cui è stato necessario dichiarare la propria normalità e al tempo stesso rendere esplicite le proprie scelte. Ma questo credo che abbia annullato le possibilità di una rivoluzione che avrebbe potuto essere ben più radicale: quindi sulla carta io mi sento di affermare che le politiche identitarie non ci portano da nessuna parte, ma, visto il contesto italiano, riconosco che il dirsi lesbica mantiene un valore politico.
35Si percepisce nelle parole di Sveva il fastidio di un limite che si sente imposto con una dichiarazione di identità che, l’abbiamo visto in precedenza, ad altre appare come un’affermazione di appartenenza e che richiede un lavoro lungo di continua ridefinizione di sé20. Come scrive Natacha Chetcuti:
L’autonominazione emerge, così, come una presa di parola con effetto performativo. Iscrivendo un’esistenza individuale in una storia collettiva di lotte, di rivendicazioni politiche, il dirsi lesbica (e lo stesso vale per le altre forme di risoggettivazione minoritaria) produce una appartenenza situazionale a una identità collettiva che è prodotta da specifici meccanismi sociali di oppressione21.
36Si tratta dunque di un dibattito aperto ancora nei movimenti, nella consapevolezza che le dichiarazioni identitarie possono essere riduttive della complessità che rappresenta ogni soggetto e riduttive rispetto alle sue scelte mutevoli nel tempo, a un desiderio di essere ed essere con che può trasformarsi negli anni.
37Mario Mieli motiva le scelte delle dichiarazioni univoche di appartenenza identitaria con la persecuzione verso gli/le omosessuali e i conseguenti sensi di colpa che gli stessi soggetti hanno elaborato nella propria interiorità.
La dura persecuzione dell’omosessualità ha indotto noi gay a vincolarci strettamente alla nostra identità di omosessuali: per difenderci, per affermarci, dovevamo innanzitutto saper resistere, saper essere omosessuali. Per questo il movimento gay ha particolarmente enfatizzato la tematica dell’identità omosessuale. Nostro primo compito è stato quello di imparare a riconoscerci, scoprirci e amarci per quello che siamo, di estirpare il senso di colpa che ci avevano inculcato con la forza, per poterci porre in modo cosciente davanti alla vita, alla società, al mondo22.
38Come sempre la poetica letteraria trova una sintesi narrativa impossibile da ricreare con altrettanta efficacia in altra forma discorsiva. Virginia Woolf che ha conosciuto l’amore lesbico, in particolare con Vita Sackwille-West, e ha mantenuto la sua vita sui binari di un matrimonio con un uomo con cui ha condiviso tempi e progetti, scrive in uno dei suoi romanzi.
Ondeggio. Mi increspo. Galleggio come una pianta nel fiume, scorro pur restando radicata, così che lui possa giungere a me23.
39Raccolgo le suggestioni che mi propongono le sue parole, la fluidità e il riconoscimento di radici profonde che connotano la ricerca di soggettività, anche se è difficile separare quanto scrive dall’immagine e dalla consapevolezza di quella che sarà in seguito la sua scelta suicida. Con le tasche piene di sassi entra nell’acqua del fiume e si fa da essa trascinare e sommergere fino alla morte.
Amarsi, fare coppia con se stesso
40Gianmarco, una persona trans f/m mi racconta la sua storia, che è anche la storia di un amore conquistato a fatica, la fatica di imparare ad amarsi.
Mi sono reso conto – e non da molto tempo – che la prima vera relazione d’amore l’ho avuta con me stesso, perché per me non è mai stato spontaneo né facile prendermi cura di me ed amarmi, anzi mi sono fatto una guerra senza pari, perché nell’età dello sviluppo, quando il mio corpo cominciava a modificarsi in una direzione che sentivo non mia, io l’ho massacrato. Dai quattordici anni ai ventuno ho sofferto di anoressia, in forma grave, così sono riuscito a bloccare il ciclo, a bloccare la crescita. Non del tutto consapevolmente, me ne sono reso conto solo in seguito.
Mi odiavo perché non era quello il corpo che volevo, non volevo crescere, perché per me era mortificante dover subire quel ciclo ogni mese. Ho ancora gli incubi adesso: le mestruazioni che tornano, il seno che mi ricresce, insomma mi si ripresentano quelle forme di femminilità che allora mi disturbavano più di ogni altra cosa. Il rapporto d’amore con me l’ho costruito nel tempo e grazie a questo ho potuto iniziare il percorso di transizione, certamente anch’esso una serie di passaggi non facili e non sempre spontanei da affrontare.
41Anche il tempo della transizione segna naturalmente difficoltà, non cancella miracolosamente un disagio rispetto a sé e al proprio corpo durato decenni. Gianmarco lo racconta con un esempio molto significativo.
Fino a trentacinque anni – ho cominciato la transizione tardi – non guardavo le vetrine, perché erano piene di abiti che non mi potevano interessare per motivi diversi. Quelli maschili non mi sentivo legittimato a usarli, quelli femminili mi infastidivano, inoltre, se guardavo le vetrine mi vedevo, e non potevo sopportare la vista di me stesso donna. Quando mi sono accorto, a transizione avviata, che cominciavo a guardare le vetrine e andavo in cerca degli abiti, mi sono reso conto che cominciavo a piacermi: ora sono quattro/cinque anni che più o meno mi piaccio, ma ne ho passati trentacinque a odiarmi e la proporzione è fortemente sbilanciata. Continua dunque ad esistere dentro di me una parte di non accettazione, di non amore, e allora ho pensato che l’unico modo per superare il problema è quello di imparare ad amare Maria, la donna che ero. È stato importante iniziare una relazione d’amore con me per riuscire a sopravvivere e anche oggi è necessario che io tenga vivo questo rapporto, perché ci sono state persone che dopo la transizione si sono suicidate, perché la transizione non ti risolve tutti i problemi del mondo, ti risolve quella particolare area di disagio ma il resto rimane, e l’aver cambiato corpo nella nostra società ti apre tutta un’altra serie di problemi.
42Problemi di relazioni amorose con altri e altre, le difficoltà – che possono apparire insuperabili – di creare una coppia.
Ora mi sento un po’ come un adolescente e sono alle prime esperienze col mio nuovo corpo e paradossalmente sono più in difficoltà di prima, faccio fatica perché mi ritrovo ad avere un aspetto maschile con genitali femminili. Se si avvicina una ragazza mi pongo immediatamente il grande quesito “glielo dico subito o aspetto?”; se glielo dico subito rischio di precludermi anche la possibilità della conoscenza, poi perché devo dirlo subito? Ma se glielo dico dopo, quando è il momento giusto? Rischio che si rompa quel primo filo di attrazione, ma comunque glielo devo dire perché potrebbe pensare che l’ho presa in giro. D’altronde io non mi caratterizzo per il fatto di avere un pene o una vagina, ciò che mi caratterizza è qualcos’altro che è nel mio cervello, nel mio modo di pormi, in quello che l’altro percepisce di me, c’è un insieme di colori in questo arcobaleno. È un interrogativo che comunque resta aperto. Dopo alcune esperienze ho pensato che sia meglio dirglielo subito e poi se lei non vorrà approfondire con me perché spaventata da questa cosa, comunque si sarà dimostrata una persona non capace di comprendermi e allora è meglio che ognuno prenda la sua strada. Ho avuto recentemente una relazione di intimità con una ragazza, che già aveva avuto esperienza con un trans e allora ho dato per scontato che potesse conoscere le mie esigenze perché lei era una che già sapeva, ma non è stato così, perché ognuno, anche tra noi, è diverso dall’altro. Si è comportata in un modo che mi ha messo in crisi perché ha detto che le piaceva anche il mio essere femminile, mi percepiva anche come una donna e io, per quello e perché oltre a questo lei si definiva lesbica mentre usciva con me, mi sono chiesto come mi vedesse: perché io non sono semplicemente un uomo dalla cintura in su e una donna dalla cintura in giù. Sono andato in crisi e l’ho frequentata ma senza più permettere che mi toccasse. È stata una cosa gravissima che ho fatto su di me e sono regredito a prima della transizione standoci ancora peggio, perché mi sembrava di rimettere tutto in discussione. Credo che sarà difficile, con questo corpo, mettermi in relazione con una ragazza; oltre a tutto, dopo questo episodio, accaduto l’estate scorsa, ho cominciato a pensare di farmi operare ed è stato difficile fermarmi, ma ho capito che se l’avessi fatto sarebbe stato solo per paura che un’altra donna potesse giudicare chi sono a partire dai miei genitali. Mi sono fermato e devo capire se quella operazione la voglio fare per me e non per un’altra persona. Siamo abituati tutti a sapere che l’uomo ha il pene e la donna ha la vagina, ma noi siamo differenti e allora è difficile, perché dopo tanti anni che si è odiato il proprio corpo, non è facile imparare ad amarsi. Ogni volta rimetti in gioco le poche certezze che ti sei costruito.
Notes de bas de page
1 Per eteronormatività si intende l’imposizione dell’eterosessualità come norma in quanto unico orientamento sessuale culturalmente e socialmente accettabile e accettato, al contrario di altri orientamenti ritenuti anomali e/o devianti.
2 Testimonianza di F. Galantucci, in B. Mapelli, A. Miceli (a cura di), Infiniti amori, Roma, Ediesse, 2013, pp. 236, 7, 8.
3 G. Farinetti, Eyes Wide Shut, in D. Scalise (a cura di), Men on men 2. Antologia di racconti gay, Milano, Mondadori, 2003, pp. 239, 40.
4 Istat, La popolazione omosessuale nella società italiana. Anno 2011, “Statistiche Report”, 17 maggio 2012.
5 «Lesbica è un termine che in Italia nasce “brutto”, viene considerato cacofonico e spesso utilizzato come insulto: riappropriarsi della parola lesbica richiede un lavoro di consapevolezza e una comunità di riferimento che, nell’uso quotidiano, aiuti a svuotare il termine delle sgradevolezze di cui è stato riempito e lo ricollochi in un ambito di piacere e orgoglio». Così scrive Maria Grazia Manfredonia e aggiunge, quindi, che alcune omosessuali non desiderano essere nominate come lesbiche (M.G. Manfredonia, Donne che amano donne, in B. Mapelli, A. Miceli (a cura di), Infiniti amori cit., pp. 105-126). Uso comunque il termine, non solo per praticità del discorso, ma proprio perché penso che debba essere adottato per i motivi che adduce l’autrice.
6 N. Chetcuti, Dirsi lesbica. Vita di coppia, sessualità, rappresentazione di sé, Roma, Ediesse, 2014, p. 158
7 Butch è la lesbica che sceglie di vestire abiti maschili e di assumere anche atteggiamenti che mimano l’altro sesso, mentre femme è invece la donna omosessuale che si presenta come femminile, sottolineando anzi i caratteri di questa sua femminilità.
8 J. Butler, Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Milano, Sansoni, 2004, pp. 174-175.
9 M. Mori, Un amore che resiste, in B. Mapelli, A. Miceli (a cura di), Infiniti amori cit., pp. 228-229.
10 Vedi cap. precedente, nota 14.
11 11P. Paterlini, Matrimoni gay. Dieci storie di famiglie omosessuali, Torino, Einaudi, 2006, pp. 44, 5.
12 M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Milano, Feltrinelli, 2017, p. 124. Si accenna nel brano riportato a una delle concezioni centrali di Mieli: l’affermazione che tutti e tutte siamo transessuali, omo ed etero. Il significato che l’autore offre al termine è però molto diverso da come lo intendiamo oggi: riprenderò in seguito a svilupparne, seppure sinteticamente, il pensiero.
13 «Poliamore (neologismo che esprime il concetto di “amori molteplici”) è la posizione filosofica che ammette la possibilità che una persona abbia più relazioni intime (sentimentali e/o sessuali) contemporaneamente, nel pieno consenso di tutti i partner coinvolti, in opposizione al postulato della monogamia sociale come norma necessaria. La cultura poliamorosa (cioè nata entro la filosofia del poliamore) ha sviluppato un ideale di relazione poliamorosa basata sul consenso di tutte le parti coinvolte, che devono essere informate del contesto relazionale in cui si trovano inseriti. L’idea di relazione poliamorosa non include dunque le relazioni caratterizzate da clandestinità, come quelle adulterine. Il consenso delle parti implica una necessità di comunicazione trasparente tra i partner e un rispetto dei sentimenti di ognuno. [Coloro che si riconoscono in questa filosofia (i “poliamorosi” o “poliamoristi”) rivendicano il diritto di poter scegliere una seconda strada rispetto a quella della monogamia sociale e sessuale come modus vivendi unico e dominante a cui la società ci educa sin dai primi anni dell’infanzia» (Wikipedia, ultima consultazione 29 aprile 2018).
14 N. Chetcuti, Dirsi lesbica cit., p. 183.
15 G. Farinetti, Eyes Wide Shut cit., pp. 236-237.
16 Vedi cap. precedente.
17 Applicazione che geolocalizza donne lesbiche, simile a quella degli uomini ma meno caratterizzata dalla ricerca prevalentemente sessuale.
18 A. Pini, Uomini che amano uomini. Mille variabili nei modi di stare insieme. Frontiere in via di esplorazione, in B. Mapelli, A. Miceli (a cura di), Infiniti amori cit., p. 205 sgg.
19 «Da un punto di vista sociologico sono definite mainstream quelle tendenze nel campo delle idee, delle preferenze, dei gusti, della moda, dei consumi, dei comportamenti collettivi o individuali, che sono seguiti dalla maggioranza delle persone e costituiscono “tendenza”. In questo senso ciò che è mainstream si contrappone alle culture minoritarie» (Wikipedia, ultima consultazione 11 giugno 2018).
20 In una ricerca svolta alcuni anni fa nell’area metropolitana torinese con persone gay, lesbiche e transessuali si osservava come il tema della definizione identitaria tra gli/le omosessuali risultasse dall’indagine con alcune differenze tra donne e uomini. «Dare un nome al proprio orientamento sessuale vuol dire, per il 68 % degli uomini, definirlo esclusivamente omosessuale. Diverso è il caso delle donne, dove tale definizione è adottata solo da un terzo o poco più. Si può sostenere, dunque, che mentre le donne dimostrano una maggiore coerenza nel riconoscere l’eventuale bisessualità e nel dichiararsi in tal senso, nel mondo gay invece si ha una netta differenza tra autodichiarazione e pratiche di vita. […] Occorre, tuttavia, anche notare che questa disposizione femminile non è omogenea nelle diverse età poiché si presenta nettamente maggiore tra le più giovani. In parte è possibile interpretare tale differenza alla luce dei passaggi storici. L’affermazione del movimento femminista nella sua fase più partecipata e militante si era accompagnata spesso a dichiarazioni orgogliose e polemiche di lesbismo esclusivo; battaglie in buona misura attinenti al linguaggio e alla radicalizzazione di principio, com’era giusto che fosse in quella fase storica» (C. Saraceno, a cura di, Diversi da chi? Gay, lesbiche, transessuali in un’area metropolitana, Milano, Guerini, 2003, p. 245.
21 N. Chetcuti, Dirsi lesbica cit., p. 27.
22 M. Mieli, Elementi di critica omosessuale cit., p. 198. La frase prosegue dichiarando che una volta conseguita questa identità si possono liberare tutte le tendenze del desiderio, anche quelle di amare e desiderare le donne. «Creeremo così con loro rapporti gay totalizzanti, che ci permetteranno di scoprire il desiderio reciproco, una nuova reciprocità totalmente altra rispetto all’asimmetria delle tradizionali relazioni eterosessuali, una solidarietà rivoluzionaria. Ed è anche (e forse soprattutto) approfondendo le amicizie con le donne che noi uomini gay potremo riscattare la nostra Anima, ciò che ci accomuna alle donne, e diventare più “donne” (altro che Myra Breckinridge e Raquel Welch!). Noi potremo offrir loro la possibilità di rapporti nuovi e (pro) positivi con persone di sesso maschile: le donne e le checche». Queste affermazioni possono stupire ma appartengono al pensiero di Mieli, al suo nucleo centrale secondo il quale ogni scelta sessuale univoca è una mutilazione del desiderio, poiché «siamo tutti transessuali, siamo stati tutti bambini transessuali e ci hanno costretto a identificarci con un ruolo monosessuale specifico, maschile o femminile […] sia il desiderio gay che quello per l’altro sesso sono espressioni del nostro essere transessuale profondo, tendenzialmente polimorfo, costretto dalla repressione ad adattarsi a una monosessualità che lo mutila. […] La nostra condizione di omosessuali, tuttavia, la nostra ambiguità sessuale, il tipo di equilibrio raggiunto in noi tra connotati soggettivi e connotati del rimosso è tendenzialmente ermafrodito, è espressione di transessualità». La condizione di transessualità per Mieli non ha evidentemente il significato che le attribuiamo attualmente – già lo si diceva – ma è, semplificando, lo stato iniziale di ogni nuovo nato o nata, quando non è ancora avvenuta la “mutilazione” che l’ “educastrazione” impone a ognuno, obbligando a scelte sessuali e affettive univoche; si libera così il polimorfismo che possiede in sé tutte le possibilità dell’eros, lo stato naturale liberato in cui tutte le potenzialità possono essere espresse e attualizzate. Ivi, pp. 21, 32, 197-198.
23 V. Woolf, Le onde, Milano, Mondadori, 1956, p. 70.
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Nuove intimità
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