Riferimenti normativi e progetto polite
p. 61-82
Texte intégral
1. Breve excursus sulla legislazione internazionale sulle pari opportunità
1Prima di addentrarsi nel Progetto Polite, pare utile fare un breve resoconto dei principali riferimenti internazionali ed europei inerenti alle pari opportunità, con particolare attenzione alle proposte legislative che promuovono sia l’eliminazione degli stereotipi sessisti che il rispetto dei diritti delle donne e di ambedue i generi1.
Le Nazioni Unite e l’UNESCO
2Un primo, necessario, riferimento è la Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che all’articolo 1 sancisce che «tutti gli esseri umani nascono liberi ed hanno pari dignità e diritti», e all’articolo 2 che «tutti devono usufruire dei diritti e delle libertà stabilite in questa Dichiarazione senza distinzioni di sorta, né di razza, di colore, di sesso, lingua, religione, politica o altre opinioni»2. Quando le Nazioni Unite furono create, nel 1945, le donne avevano lo stesso diritto al voto degli uomini solo in trenta su cinquantuno Stati membri originari, pertanto, durante la prima sessione dell’assemblea generale del 1946, tutti gli stati membri, che non lo avevano già fatto, furono sollecitati ad adottare dei provvedimenti speciali per garantire alle donne gli stessi diritti politici degli uomini, nel pieno rispetto degli scopi della Carta. Nello stesso anno il Consiglio Economico e Sociale ritenne opportuno creare la Commissione sulla Condizione Femminile, organo che aveva il compito di preparare raccomandazioni e rapporti per la promozione dei diritti delle donne e per l’implementazione del principio che uomini e donne devono avere pari diritti e opportunità.
3Tra gli strumenti normativi per garantire l’eliminazione della discriminazione contro le donne in tutti i settori della vita pubblica e privata, promossi e sollecitati dalla Commissione sulla Condizione Femminile, un posto importante occupa la Dichiarazione per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne, adottata nel novembre del 1967 dopo ben quattro anni di dibattiti. All’articolo 1 si enuncia che la discriminazione contro le donne è ingiusta e costituisce un’offesa alla dignità umana, e si reclama l’abolizione di tutte quelle leggi, regole, usi e costumi che sono discriminatori contro le donne. Questa Dichiarazione può essere considerata come il primo tentativo esaustivo di codificazione in un unico atto dei principi che precedentemente erano disseminati in documenti diversi3. Un notevole passo avanti per il conseguimento dell’obiettivo della parità di diritti per le donne è stato fatto il 18 dicembre 1979, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne che si configura come un patto internazionale per garantire i diritti delle donne. Nel riconoscere che i precedenti meccanismi e strumenti per la tutela dei diritti umani erano insufficienti nel caso dei diritti alle donne, il CEDAW (Convention on the Elimination of all Forms of Discrimination Against Women) ha il vantaggio non solo di riunire, in un unico trattato, le istanze previste nei precedenti documenti delle Nazioni Unite riguardo alla discriminazione basata sul sesso, ma di estenderle e approfondirle così da creare uno strumento dedicato all’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne. I temi chiave richiamati riflettono la gravità delle esclusioni e delle restrizioni operate contro le donne a causa del loro sesso, quindi si ribadisce con forza la necessità di ottenere, per le donne, uguali diritti in tutti i settori (politico, economico, sociale, culturale e civile). L’obiettivo finale è far sì che le donne abbiano ovunque gli stessi diritti dell’uomo.
Le Conferenze Mondiali
4Allo scopo di creare una coscienza pubblica sui temi legati alla parità tra donne e uomini, e per promuovere delle azioni concrete in questa direzione, le Nazioni Unite hanno promosso una serie d’iniziative e preparato delle strategie d’azione comune che sono state elaborate e discusse nell’ambito delle varie conferenze mondiali sulle donne succedutesi dalla seconda metà degli anni Settanta fino ad oggi.
5Durante la prima Conferenza Mondiale sulle Donne tenutasi a Città del Messico nel 1975, furono adottati la Dichiarazione sulla parità delle donne e sul loro contributo allo sviluppo e alla pace e il Programma d’azione mondiale per l’implementazione degli obiettivi stabiliti durante l’anno internazionale delle donne. In quest’ultimo le raccomandazioni rivolte ai governi riguardavano la necessità di garantire sia agli uomini sia alle donne gli stessi diritti di fronte alla legge, pari opportunità nell’istruzione e nella formazione e pari opportunità nell’ambito lavorativo. In linea con le proposte formulate durante la Conferenza di Città del Messico, l’assemblea generale ha dichiarato gli anni tra il 1976 e il 1985 il “Decennio delle Nazioni Unite per le Donne: parità, sviluppo, pace”. Questi tre temi sono stati i punti cardine delle discussioni e del Programma d’azione della seconda Conferenza Mondiale sulle Donne, tenutasi a Copenaghen nel 1980. Il Decennio delle Nazioni Unite per le Donne si conclude con la terza Conferenza Mondiale sulle Donne tenuta a Nairobi nel 1985, durante la quale sono state analizzate le attività svolte in quei dieci anni e si sono tracciati i percorsi e gli eventuali scenari futuri contemplati nelle “Strategie per il futuro e per l’avanzamento delle donne”.
6La quarta Conferenza mondiale sulle donne si è tenuta nel 1995 a Pechino; il tema principale è stato “Azione per la parità, lo sviluppo, e la pace”. Durante la Conferenza, oltre alla Dichiarazione, è stata adottata una Piattaforma d’azione che costituisce una vera e propria agenda per la promozione e la realizzazione dell’empowerment delle donne. Essa individua dodici aree critiche che rappresentano altrettanti obiettivi strategici da perseguire: povertà, istruzione e formazione, salute, violenza, conflitti armati, economia, potere e processi decisionali, meccanismi istituzionali, diritti umani, informazione e mass media, ambiente, bambine. Per i nostri scopi è opportuno soffermarsi sul secondo obiettivo strategico stabilito dalla Conferenza di Pechino, quello che riguarda L’istruzione e la formazione delle donne. Al punto 69 della Piattaforma si afferma che: «L’istruzione è un diritto fondamentale e uno strumento essenziale per ottenere l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace. Un’istruzione non discriminatoria arreca benefici sia alle ragazze che ai ragazzi, e perciò contribuisce a creare relazioni più paritarie tra donne e uomini». A seguire, si legge che: «la creazione di un ambiente sociale e educativo sano, nel quale tutti gli esseri umani, donne e uomini, bambini e bambine, siano trattati in modo imparziale e costantemente incoraggiati ad esprimere appieno il loro potenziale, rispettando la loro libertà di pensiero, coscienza, religione e di credo e dove gli strumenti educativi promuovano immagini non stereotipate di donne e uomini, sarebbe certamente efficace nell’eliminazione della discriminazione contro le donne e delle disuguaglianze tra donne e uomini» (al punto 72). Si prende però atto che, ancora oggi, i sistemi educativi non sono in grado di garantire un’effettiva parità: «I programmi scolastici e i materiali didattici rimangono in larga misura pervasi da pregiudizi sessisti e raramente essi sono sensibili alle esigenze particolari delle bambine e delle donne. Ciò rafforza i ruoli tradizionali delle donne e degli uomini e preclude alle donne il raggiungimento di una piena e uguale partecipazione alla vita della società. La mancanza di consapevolezza da parte degli insegnanti a tutti i livelli dei problemi relativi alle donne rafforza le disuguaglianze esistenti e le tendenze discriminatorie, indebolendo l’autostima delle bambine» (punto 74)4.
7L’obiettivo B (Istruzione e formazione delle donne) è suddiviso in ulteriori micro-obiettivi, ciascuno accompagnato dalle relative “iniziative da assumere”: Garantire uguale accesso all’istruzione (B.l); Eliminare l”analfabetismo tra le donne (B.2); Migliorare l’accesso delle donne alla formazione professionale, all’insegnamento scientifico e tecnico e all’educazione permanente (B.3); Mettere a punto sistemi d’istruzione e di formazione non discriminatoria (B.4); Stanziare risorse sufficienti per le riforme del sistema educativo e la verifica della loro applicazione (B.5); Promuovere l’educazione e la formazione permanente per donne e ragazze (B.6). Per la presente trattazione sembrano particolarmente pertinenti due iniziative suggerite per il raggiungimento dell’obiettivo B.4. La prima consiste nel «formulare raccomandazioni e mettere a punto programmi, libri di testo e materiali didattici liberi da stereotipi sessuali a tutti i livelli di istruzione, incluso quello della formazione di insegnanti, in collaborazione con tutte le parti interessate: editori, insegnanti, autorità pubbliche e associazioni di genitori»; la seconda nel «mettere a punto programmi di formazione professionale e materiali per insegnanti e docenti che contribuiscano ad aumentare la consapevolezza circa lo stato giuridico, il ruolo e il contributo delle donne e degli uomini nella famiglia e nella società; in questo contesto, promuovere la nozione di parità, la collaborazione, il reciproco rispetto e la condivisione delle responsabilità tra ragazze e ragazzi fin dal livello prescolare e sviluppare, in particolare, modelli educativi per fare in modo che i ragazzi abbiano le conoscenze e le capacità necessarie per prendersi cura delle proprie esigenze domestiche e per condividere le responsabilità della loro vita familiare e la cura di quanti vi dipendano».
8Nel 2005 si è tenuta a New York la quinta Conferenza Mondiale sulle Donne, significativamente denominata “Pechino+10” in quanto il suo scopo è stato quello di verificare quali e quanti traguardi siano stati raggiunti tra quelli stabiliti nella Piattaforma del 1995. Nel ribadire gli obiettivi stabiliti a Pechino, il Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan nel suo intervento introduttivo ha indicato sette priorità strategiche, rispetto alle quali vanno mobilitate ulteriori risorse ed energie a livello internazionale: diritto all’istruzione, diritto alla salute e a una procreazione sicura e assistita, diritto al tempo, diritto alla proprietà e all’eredità, diritto al lavoro, diritto alla rappresentanza politica, protezione contro ogni forma di violenza. In quella sede l’Italia è stata criticata ufficialmente dal Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne. Il Comitato (organismo dell’ONU appositamente predisposto per vigilare sull’attuazione della Convenzione del 1979) ha letteralmente espresso “forti preoccupazioni” per la condizione delle donne italiane. Donne ancora concepite come madri e come oggetti sessuali soprattutto attraverso i messaggi veicolati dalla pubblicità e dalla televisione; inserite marginalmente nella vita politica e spesso vittime di discriminazioni sul lavoro.
L’Unione Europea
9Approdando al contesto europeo, si può constatare che dall’inizio degli anni Ottanta la Comunità Economica Europea promuove l’applicazione del principio di pari opportunità attraverso l’adozione di programmi d’azione che, sebbene dispongano di risorse finanziarie limitate, hanno avuto un effetto positivo per quel che riguarda le attività che ne sono scaturite nei diversi Stati membri. Di conseguenza la Commissione ha inserito la realizzazione delle pari opportunità per uomini e donne tra le sue preoccupazioni prioritarie, facendola diventare un’azione trasversale – definita di mainstreaming – che implica la sua applicazione in tutti i settori. Il Primo Programma d’azione (1982-85) ha avuto come risultato la Risoluzione del Consiglio dei Ministri dell’istruzione del 3 giugno 1985, che contempla un programma per la promozione dell’uguaglianza di opportunità per le ragazze ed i ragazzi in materia di istruzione. Nella premessa si sottolinea il ruolo centrale dell’educazione, sia formale che non, per creare un terreno fertile per le pari opportunità nella vita lavorativa, ma anche e soprattutto per sradicare gli stereotipi ed incoraggiare la diffusione del principio di condivisione delle responsabilità sia in famiglia che sul lavoro. La Risoluzione propone dieci azioni, tra cui la prima consiste nel «creare la consapevolezza tra tutti gli agenti del processo educativo, del bisogno di raggiungere una condizione di effettiva uguaglianza tra ragazze e ragazzi». Uno dei metodi suggeriti per la sua realizzazione è di «incoraggiare l’abolizione degli stereotipi sessisti attraverso un’azione coordinata di campagne d’informazione, seminari, lezioni, dibattiti o semplici discussioni». L’azione n. 8 fornisce poi specifiche indicazioni per l’eliminazione dei persistenti stereotipi sessisti dai libri di testo o dal materiale didattico in generale. A tale scopo si propone di «creare delle strutture o di utilizzare quelle già esistenti nel campo delle pari opportunità tra ragazzi e ragazze, per stabilire dei criteri ed elaborare delle raccomandazioni che contribuiscano all’eliminazione degli stereotipi sessisti dai libri di testo o dal materiale didattico, tenendo in considerazione tutte le parti in causa, cioè editori, insegnanti, autorità pubbliche e associazioni dei genitori». Un’altra condizione per facilitare l’applicazione di queste misure è la «progressiva sostituzione del materiale che contiene degli stereotipi sessisti con materiale non sessista».
10Nel Secondo Programma (1986-90) si sollecita la Commissione a sostenere e ampliare la portata della parità a nuove sfere di azioni positive nella formazione, nelle nuove tecnologie, nella conciliazione della vita professionale con quella familiare, e nello sviluppo locale. Il Terzo Programma d’azione per le pari opportunità (1991-95), promosso con la Risoluzione del Consiglio del 21 maggio del 1991, è stata l’occasione per tracciare un bilancio delle azioni condotte dalla Comunità Europea. Sebbene il concetto di mainstreaming fosse stato incluso già nel Terzo Programma d’azione, è solo con il Quarto Programma (1996-2000) che troviamo una sua applicazione in tutti i settori. Divenuta una parola d’ordine durante la Piattaforma di Pechino (insieme a Women’s Empowerment), l’espressione Gender Mainstreaming indica un processo sistematico che integra il perseguimento delle pari opportunità in tutte le politiche comunitarie. Questo avviene a livello della loro pianificazione, applicazione e valutazione sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Il Gender mainstreaming è definito dalle Nazioni Unite come:
Il processo attraverso cui sono valutate tutte le implicazioni per le donne e per gli uomini di ogni azione progettata, in tutti i campi e a tutti i livelli, compresa l’attività legislativa, politica e di programmazione. È una strategia volta a rendere le preoccupazioni e le esperienze sia delle donne che degli uomini una dimensione integrale della progettazione, dell’attuazione, del monitoraggio e della valutazione delle politiche e dei programmi in tutte le sfere politiche, economiche e sociali, cosicché donne e uomini ne possano trarre gli stessi vantaggi e non si perpetui la disuguaglianza. L’obiettivo è il raggiungimento della parità di genere5.
11Riconoscendo l’importanza di questa nuova strategia per le pari opportunità non si vuole rinnegare o dimenticare quella delle “azioni positive”6, anzi le due sono complementari e devono essere portate avanti parallelamente.
12Concludo questa rassegna sulla legislazione internazionale citando due casi di inadempienza denunciati contro il nostro Paese in materia di parità con particolare riferimento al contesto scolastico. Un primo “rimprovero” viene mosso in sede Onu già nel 1997, per mancato adempimento dei principi di parità stabili in ambito educativo. Il Comitato Onu responsabile del monitoraggio della CEDAW manifesta il suo dissenso verso le scarse iniziative compiute in Italia per eliminare gli elementi sessisti dai testi scolastici. Secondo il rapporto nel nostro paese «i testi scolastici comunicano una presunta conoscenza di genere neutro, che è in realtà caratterizzata dall’invisibilità delle donne. I testi della scuola primaria trasmettono stereotipi tradizionali e messaggi di ineguaglianza», per cui «il Comitato ha espresso preoccupazione per l’inadeguatezza degli sforzi compiuti per combattere contro gli stereotipi attraverso l’istruzione e […] ritiene essenziale che i libri di testo e i materiali formativi vengano esaminati e revisionati, con l’obiettivo di presentare il ruolo delle donne e degli uomini in maniera non stereotipata».
13Più recentemente, un secondo campanello d’allarme risuona da un Rapporto della Commissione Europea (Gender Differences in Educational Outcomes: Study on the Measures Taken and the Current Situation in Europe, 2010) basato su una ricerca promossa dalla rete Eurydice volta ad esaminare in che modo venga affrontata nei paesi europei il problema della diseguaglianza tra i sessi nell’ambito dell’istruzione. Dallo studio comparato emerge che tutti i paesi europei, tranne poche eccezioni, si stanno mobilitando per mettere in atto politiche in materia di parità. Tra le eccezioni rientra proprio l’Italia che viene annoverata all’interno di quei Paesi «sprovvisti di politiche sostanziali in materia di parità tra i sessi nel campo dell’istruzione» (al pari del Portogallo, la Grecia, la Romania, l’Estonia, la Slovacchia e la Repubblica Ceca). Considerando questi due punti di riferimento temporali, si può affermare che nell’ultimo decennio, cioè dalla fine degli anni Novanta ad oggi, anziché tentare di superare lo scarto che da sempre contraddistingue (in negativo) il nostro Paese in materia di parità di genere, si è vissuto un periodo di stallo (augurandoci che non sia una recessione) per cui le tematiche di pari opportunità, e in particolare quelle che riguardano l’ambito educativo-formativo, non sono senz’altro state poste all’ordine del giorno nell’agenda dei nostri governanti. Eppure è proprio alla fine degli anni Novanta che si inaugura una parentesi positiva, il Progetto Polite, sui cui effetti di lungo periodo viene a questo punto spontaneo interrogarsi.
2. Il progetto Polite
14Per introdurre il discorso sul progetto Polite sembra efficace citare un brano che ne chiarisce immediatamente il significato e gli scopi:
Polite è un progetto europeo di autoregolamentazione per l’editoria scolastica nato con l’obiettivo di promuovere una riflessione culturale, didattica ed editoriale il cui esito sia quello di ripensare i libri di testo in modo tale che donne e uomini, protagonisti della cultura, della storia, della politica e della scienza siano presenti sui libri di testo senza discriminazioni di sesso. Più in generale, Polite vuole garantire che l’immagine di donne e uomini sia trattata in modo equilibrato nei libri di studio, così che l’analisi del mondo contemporaneo e la costruzione dei saperi per le nuove generazioni proceda sulla strada di una migliore consapevolezza delle identità di genere, in grado di favorire nuove e diverse relazioni fra uomini e donne. È proprio nella scuola, infatti, che il riconoscimento delle differenze può diventare una possibilità reale e praticabile di crescita collettiva e, quindi, patrimonio personale di tutti i giovani, in una prospettiva di uguaglianza delle opportunità. Da qui l’acronimo Polite, Pari Opportunità e LIbri di Testo7.
15Polite nasce dalla considerazione che la differenza di genere e le sue implicazioni in ambito sociale, economico, ma soprattutto culturale, sono ancora relativamente poco visibili. Gli innegabili cambiamenti che l’esperienza e gli studi delle donne hanno prodotto negli ultimi decenni, pur avendo mutato in parte atteggiamenti e comportamenti, non hanno ancora significativamente inciso sul piano simbolico dei due generi. Da qui la necessità di progettare una traduzione sociale e culturale dei cambiamenti intervenuti: partire dalla scuola è un passaggio fondativo. Ragazze e ragazzi devono essere aiutati ad acquisire un’identità consapevole della loro appartenenza al genere femminile e maschile, una consapevolezza che sappia essere strumento per la conoscenza di sé e del mondo che li circonda, che li orienti nella scelta degli studi e delle professioni, che li motivi ad avviare nuove modalità di relazione nella sfera pubblica e in quella privata. Se la scuola viene scelta come luogo ideale per innescare il cambiamento, è necessario che abbia a disposizione strumenti operativi adeguati ed è a tale scopo che il progetto Polite ha elaborato un Codice di autoregolamentazione degli editori, affinché la prospettiva di genere divenga criterio orientativo nella stesura dei libri di testo. Il Codice è stato adottato dagli editori italiani associati all’AIE (Associazione Italiana Editori). È evidente che il Codice non sarà sufficiente da solo a muovere il cambiamento della scuola, ma rappresenta un passo significativo e necessario per una innovazione più generale.
16Polite si inserisce a pieno diritto nel solco aperto dal Quarto Programma d’Azione per la promozione delle pari opportunità (1996-2000) che mira a sostenere esperienze e politiche che riconoscano, valorizzino e diano forza alla cultura di entrambi i generi, in tal modo oltrepassando l’ottica della tutela del genere debole. Polite si configura come un progetto a rete, che ha coinvolto quattro partner italiani8 e due partner transnazionali, il Portogallo (Commissao para igualdade e para os diritos das mulheres) e la Spagna (Federation de Gremios de Editores), paesi che presentano caratteristiche di somiglianza con l’Italia per cui è apparso proficuo uno scambio di esperienze.
17Per comporre il quadro di riferimento entro il quale collocare il Codice di autoregolamentazione è stata condotta una ricerca con l’obiettivo di conoscere, analizzare e confrontare le buone prassi esistenti nei diversi paesi europei (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, oltre naturalmente a Italia, Spagna, Portogallo).
2.1. La ricerca nell’Unione Europea
18La ricerca ha posto sotto esame i seguenti macro-argomenti: l’organizzazione del sistema scolastico; il curriculum di studi; l’evoluzione delle politiche di pari opportunità nell’istruzione; le politiche specifiche in materia di libri di testo. Relativamente al primo aspetto, l’indagine si è occupata di individuare le principali caratteristiche di ciascun sistema scolastico: anni dell’obbligo, finalità e articolazione del sistema. Elementi comuni a tutti i paesi europei in esame sono risultati l’uguale diritto all’istruzione per ragazze e ragazzi e una durata media dell’obbligo di dieci anni. Per quanto concerne il curricolo di studi, nella grande maggioranza dei paesi esaminati, trova spazio al suo interno il tema delle pari opportunità tra i due generi, con valenze e formulazioni differenti. In alcune legislazioni (Finlandia, Paesi Bassi) i curricoli propongono una disciplina specifica relativa alla cura9 oppure sono previste, tra i temi interdisciplinari, la conoscenza e la valutazione del significato sociale del lavoro pagato e non pagato. L’elemento di maggiore innovazione è costituito dalla legislazione della Norvegia e dei Paesi Bassi che hanno recepito ed attuato una vera e propria politica di mainstreaming integrando il punto di vista di genere nelle diverse discipline e ciò ha condotto a un ripensamento globale dell’approccio epistemologico ai diversi saperi:
Non si tratta tanto di dare conto del contributo che entrambi i generi hanno apportato alla storia, alla letteratura e alla cultura in generale (il che comunque non va sminuito), quanto di rintracciare e leggere i segni delle trasformazioni prodotte dai generi nella cultura, fino a svelare, erodendone i presupposti, la sua pretesa neutralità come pregiudizio. Se questo diverso approccio riguarda tutte le discipline, assume particolare rilevanza in quelle di area tecnico-scientifica, che sembrano ancora appannaggio del genere maschile (indicazione che emerge unanimemente da tutti i Paesi esaminati)10.
19Una terza sezione della ricerca europea è stata dedicata all’analisi delle modalità attraverso cui è entrato in vigore in Europa il criterio secondo cui il sistema formativo di un paese deve fornire a ragazze e ragazzi pari opportunità. Il processo non è ovviamente univoco per tutti i paesi ma si può rintracciare un filo rosso costituito dalle tappe fondamentali condivise dalla maggioranza dei paesi esaminati. Un primo passo è rappresentato dall’adesione alla già citata Convenzione delle Nazioni Unite relativa all’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW). Essa sottolinea l’importanza di garantire a uomini e donne pari opportunità di accesso all’istruzione, colmando lo scarto a livello di formazione, e di eliminare concezioni stereotipate dei ruoli. Gli anni Ottanta sono caratterizzati da politiche che mirano alla tutela dei soggetti deboli. In ottemperanza alla Convenzione e alle direttive del Consiglio europeo (del 1976, 1984, 1985), gli stati avviano così interventi relativi alla formazione e alla qualificazione professionale delle ragazze (soprattutto per garantire loro l’ingresso nel mercato del lavoro, non solo in posizioni subalterne), alla formazione o riqualificazione di donne adulte, all’orientamento professionale (per azzerare quei fattori che limitano la scelta delle ragazze verso percorsi precostituiti). Nel corso degli anni la sfida diventa quella di estendere le politiche di pari opportunità al sistema scolastico nel suo complesso e non soltanto ad azioni che riguardino le ragazze, e di sviluppare strategie per integrarle a tutti i livelli della politica educativa.
20Nei primi anni Novanta le pari opportunità vengono ulteriormente promosse nell’ambito dell’istruzione finché, nel 1995, la piattaforma di Pechino muta la fisionomia delle politiche di genere. Empowerment e mainstreaming divengono concetti chiave che aprono nuovi scenari: non più politiche di tutela in senso difensivo, guardando al genere femminile soltanto come ad un soggetto da proteggere o da promuovere, ma azioni per riconoscere e valorizzare la specificità di cui entrambi i generi sono portatori. I documenti successivi raccomandano l’importanza che studenti e studentesse acquisiscano un’identità di genere attraverso insegnamenti e materiali didattici adeguati, approfondiscano le loro attitudini e raggiungano un’autonomia socioculturale che li renda capaci di organizzare e mantenere il controllo della propria esistenza, di assumere responsabilità familiari e sociali, di capire la realtà che li circonda per prefigurarne i possibili cambiamenti. Non meno importante il ruolo delle e degli insegnanti: esse/i devono essere consapevoli innanzitutto della propria appartenenza di genere, che determina differenti assunzioni del ruolo educativo, per essere in grado di rispondere alle differenti attese di ragazze e ragazzi, innovare modelli di comportamento, porsi in modo critico nei confronti del sapere, evitando una trasmissione culturale falsamente neutra11.
21La quarta e ultima area di indagine, quella più interessante per gli scopi di questo volume, è dedicata agli interventi e alle politiche specifiche in materia di libri di testo. Le ricerche e le prime azioni per rinnovare i libri di testo in relazione alle tematiche di genere iniziano in Europa, anche se non in tutti i paesi, intorno alla fine degli anni Settanta. Non si parlava allora esplicitamente di tematiche di genere, ma emergeva la preoccupazione che i testi in uso non fornissero a ragazze e ragazzi un’immagine delle donne e degli uomini corrispondente a realtà ormai mutate o in via di rapido cambiamento. Questa prima fase ha riguardato essenzialmente l’esame dei libri di testo esistenti e ha focalizzato l’attenzione sulla stigmatizzazione di quegli elementi che, in qualche modo, costituivano un ostacolo ad una piena fruizione delle opportunità che il sistema scolastico offriva a ragazzi e ragazze. A seguire, è iniziato un lavoro di revisione dei testi, ma in particolare si sono affinate le metodologie d’intervento che tendono ora non soltanto a giudicare i testi12, quanto piuttosto a fornire linee-guida per la loro produzione.
2.2. Analisi dei libri di testo in uso
22Relativamente alle modalità di analisi proposte dai vari paesi per una lettura critica dei libri di testo in ottica di genere riporterò le variabili che molti paesi hanno ritenuto significative per questo tipo di analisi; dopodiché presenterò i risultati ottenuti da questa lettura comparata dei testi scolastici per concludere con una rassegna delle linee-guida proposte per la produzione dei nuovi libri di testo che, integrate tra loro, hanno dato vita al Codice di autoregolamentazione. Per valutare i materiali didattici molti paesi consigliano di considerare tre aspetti fondamentali: le illustrazioni, i testi e il linguaggio. Possiamo condurre un’analisi congiunta del testo scritto e di quello visivo mentre occorre fare una riflessione a sé stante sul linguaggio.
23L’analisi delle illustrazioni e dei testi si basa su criteri quantitativi e qualitativi. Per quanto riguarda l’aspetto quantitativo si tratta di vagliare quante volte nelle immagini e nei testi sono rappresentate le donne e quante volte gli uomini, in quale ruolo appaiono e in quale contesto. A tale scopo sono state create griglie di analisi costituite da una serie di domande-guida, tra cui: quanti protagonisti di genere maschile compaiono e quante protagoniste di genere femminile?; quante donne e quanti uomini figurano nei diversi ambiti professionali e nelle diverse fasce sociali?; quante donne e quanti uomini sono rappresentate/i in funzione direttiva e in ruoli gerarchicamente di minor rilievo?; quante ragazze-donne e ragazzi-uomini sono raffigurate/i da sole/i o in gruppi misti?; quanti testi sono scritti da autori e quanti da autrici?
24L’analisi qualitativa riguarda invece le connotazioni del femminile e del maschile, sia nelle immagini che nei testi, in relazione a diversi aspetti, tra cui i principali sono: il lavoro; il comportamento nella vita quotidiana; la società. Relativamente alla sfera professionale le domande da porsi per valutare i materiali didattici sono: quali possibilità vengono offerte alle ragazze e ai ragazzi per immaginare il proprio futuro lavorativo?; quali lavori vengono attribuiti agli uomini e alle donne?; donne e uomini vengono rappresentati mentre svolgono lavori atipici per il loro genere?; sono rappresentate donne in ruoli direttivi?; vengono esposte le cause che hanno determinato la divisione del lavoro per genere?; vengono messe a tema le motivazioni per cui le donne, contrariamente agli uomini, spesso scelgono forme di lavoro part-time o atipiche e gli effetti che tali scelte producono in relazione alle possibilità di carriera e allo stipendio?; il lavoro di cura e familiare viene valorizzato nello stesso modo del lavoro per il mercato?
25Per quanto concerne il comportamento nella vita quotidiana è necessario domandarsi: quali sono le attività nelle quali sono rappresentate donne/ ragazze e uomini/ragazzi?; quali caratteristiche vengono attribuite ai due generi? (per esempio le ragazze/donne vengono fatte apparire soltanto emotive, tranquille, buone, passive e i ragazzi/uomini al contrario solo concreti, attivi, prepotenti, aggressivi?); atteggiamenti, modi di essere e di fare dei due generi vengono proposti come fossero determinati, quasi biologicamente, dal sesso oppure come esiti di un processo storico, politico e culturale e, come tali, modificabili?; ragazze e ragazzi, madri e padri partecipano in modo eguale a tutte le attività familiari e di cura, superando tradizionali divisioni di compiti?; alle ragazze/donne vengono associati comportamenti e situazioni che tradizionalmente sono collegati con l’altro genere? (per esempio esistono ragazze che praticano attività sportive e ragazzi premurosi?); quale giudizio viene dato, in modo esplicito o implicito, nel caso vengano descritti comportamenti di uno dei due generi non conformi alle aspettative sociali?
26Infine, relativamente alla rappresentazione della società presentata dai libri di testo, ci si potrà chiedere: le differenze di genere, i privilegi, le discriminazioni esistenti vengono tematizzati o negati?; sono presenti biografie di personalità significative di entrambi i generi?; vengono trasmessi elementi relativi alla cultura delle donne: storia, idee, scoperte, attività?; le donne vengono rappresentate mentre svolgono attività politiche sia a livello locale che nazionale?; vengono forniti strumenti per un’analisi critica degli stereotipi che spesso i mezzi di comunicazione propongono in relazione ai ruoli sociali di uomini e di donne?; le immagini sono stereotipate in accordo con il testo oppure contraddicendo quanto il testo afferma?13
27Analizzando i libri di testo in base a queste batterie di domande si è pervenuti ai risultati generali dell’indagine, peraltro piuttosto sconfortanti. Dall’analisi quantitativa emerge che il genere maschile è rappresentato in misura sensibilmente superiore al genere femminile, sia nelle illustrazioni che nel testo; inoltre al maschile sono associati ruoli attivi e contesto pubblico, mentre al femminile spettano ruoli passivi e spazi privati. L’analisi qualitativa mette in luce che i testi scolastici, sin dal primo anno di scuola, trasmettono l’idea che vi sono spazi, attività e funzioni differenti che definiscono gli uomini e le donne:
Quando bambini e bambine entrano per la prima volta nella scuola e siedono nello stesso banco, probabilmente con aspettative e sogni simili, vedono nello strumento che utilizzeranno quotidianamente l’immagine maschile e, per quanto possano cercare, le bambine incontrano poche immagini che si riferiscono a loro: un bambino pratica surf, una mamma porta la merenda, l’uomo guida la macchina, ha la libertà di spostarsi e di viaggiare alla ricerca d’avventure. Alle bambine non resta che descrivere ciò che gli altri fanno14.
28Il tema del lavoro è quello che presenta la maggiore discriminazione nei confronti delle donne: mentre ai maschi viene associata un’ampia gamma di tipologie professionali, le donne si vedono attribuire un ristretto numero di possibilità lavorative, peraltro economicamente e socialmente poco appetibili. La maggior parte delle donne viene infatti indicata come casalinga o al massimo insegnante. Un’altra immagine ricorrente del femminile è quella legata alla magia: la donna anche nelle vesti di strega o fata, è sempre messa in relazione con attività di cura o domestiche. Anche nelle attività non professionali il ruolo delle donne è considerevolmente limitato: per esempio, esse non eseguono quasi mai attività da sole, senza cioè essere accompagnate da un personaggio maschile. Inoltre, spesso, mentre intorno alle professioni maschili e alla loro utilità sociale vengono proposte attività, nessun analogo spunto emerge intorno all’importanza sociale del lavoro familiare: questo può lasciar supporre che il lavoro familiare non ha valore, non ha statuto sociale, non produce ricchezza.
29Relativamente alla caratterizzazione dei personaggi emerge che personalità e tratti socio-emozionali ricalcano modelli stereotipati: le donne amano i vestiti, sono gentili, pazienti, generose, proteggono le altre persone, lavorano molto ma sono povere, vivono spesso in modo triste. Le bambine giocano con le bambole o con piccoli animali, si spaventano facilmente e vengono severamente punite per gli errori commessi. Gli uomini sono indipendenti, fieri, simpatici, amano le automobili e dispongono di molto denaro. I ragazzi sono intraprendenti, avventurosi, praticano sport, e non sono puniti per le loro infrazioni, che a volte appaiono anzi come episodi di audacia. Si nota in particolare che l’immagine dell’uomo è decisamente sopravvaluta rispetto a quella della donna; le caratteristiche più enfatizzate del “maschio adulto” sono: «la calma (contrapposta all’isteria femminile), la capacità di mantenere il controllo (mentre le donne piangono), di prendere decisioni (piuttosto che accettare quelle degli altri)»15.
30L’occupazione degli spazi sottolinea ulteriormente le diverse caratteristiche che culturalmente vengono associate ai due generi: l’uomo vive a suo agio nello spazio pubblico, la donna può soltanto osservarlo o immaginarlo e se ne è partecipe ha bisogno del tramite dei sentimenti (è infermiera o insegnante cioè si preoccupa di altre persone). Persino all’interno della casa le immagini ritraggono uomini e donne in spazi diversi che indicano la posizione gerarchica in cui sono iscritti i due generi: l’uomo è spesso collegato ad un divano, ad una poltrona, al soggiorno, cioè al locale di rappresentanza, mentre la donna è ritratta in cucina, spesso vicino ai fornelli: a lei spetta occuparsi del nutrimento, della necessità immediata. Sono proprio le immagini che accompagnano i testi a indurre una sorta di identificazione dell’ambito domestico con il genere femminile e di tutti gli altri con il genere maschile; questo processo oscura la partecipazione e l’apporto delle donne alla società, rafforzando implicitamente una visione del mondo soltanto parziale. Dalle immagini si deduce anche che la responsabilità dell’organizzazione familiare ricade sulle donne e non è divisa con gli uomini che solo in rari casi vengono raffigurati mentre svolgono lavori in casa, rivestendo anche in tali situazioni un ruolo da protagonisti, quasi continuassero nel privato un’attività pubblica (ad esempio cucinano in giacca e cravatta o collaborano in occasione di feste). Inoltre, quando si compara il messaggio visivo con quello scritto, si osservano numerose contraddizioni (accanto ad un’immagine che rappresenta un uomo in cucina, il testo fa riferimento alla madre), evidenziando ulteriormente un approccio molto superficiale alle tematiche della condivisione del lavoro familiare e di cura.
31Quando viene rappresentato il mondo della scuola, le immagini veicolano, per le donne, piuttosto l’aspetto della cura (consolano, coccolano) che quello dell’insegnamento, che è appannaggio degli uomini (soprattutto in campo scientifico). Se, in rari casi, lo stereotipo si rompe, ciò avviene solo nel mondo infantile; le donne adulte ricalcano i modelli tradizionali e vengono rappresentate ancora come spettatrici, anche in situazioni in cui sono protagoniste (nelle attività professionali, in politica). Volendo fare un quadro conclusivo si può affermare che:
I bambini dispongono di numerosi modelli di identificazione nei quali proiettare desideri, interessi, progetti per il futuro, poiché incontrano nei testi un mondo maschile dove gli uomini si muovono da protagonisti, sia nella sfera pubblica che in quella privata, praticando un ampio ventaglio di professioni (ingegneri, medici, giornalisti, meccanici, poliziotti, pompieri, ecc.). Le bambine, invece, non incontrano uno spazio altrettanto ampio dove disegnare il proprio progetto futuro e sono costrette ad uno sforzo immaginativo per comprendere che i modelli proposti sono adatti anche a loro16.
2.3. Analisi del linguaggio
32Il linguaggio utilizzato nei libri di testo costituisce forse l’ostacolo più grande al processo di identificazione delle bambine. L’uso del maschile è pervasivo, anche nelle consegne degli esercizi ( “immagina di essere un annunciatore della radio”, “immagina di essere un reporter”, ecc.). Ciò riflette nella sfera simbolica l’organizzazione di un pensiero androcentrico, che vede gli uomini come misura unica di ogni esperienza, sintesi complessiva che contiene in sé i due pensieri, quello maschile e quello femminile. Come abbiamo avuto già modo di constatare, il silenzio linguistico riflette e al tempo stesso determina l’invisibilità delle donne. Le allieve sono perciò costrette ad uno sforzo continuo per leggere in messaggi apparentemente neutri la loro inclusione o la loro esclusione.
33Il sessismo linguistico si manifesta nei libri di testo in varie modalità: uso del genere grammaticale maschile come generico per uomini e donne (esempio: l’espressione “I bambini giocano nel cortile” esclude il genere femminile); posizionamento dell’uomo come unico soggetto referente e della donna in funzione subordinata (esempi: “Il presidente e sua moglie”, “I cittadini africani e le loro famiglie”, ecc.); trattamenti differenti per i due generi che sminuiscono le donne (ci si rivolge all’uomo chiamandolo signore, la donna viene invece chiamata signora o signorina, a seconda del suo stato civile); tendenza a squalificare le donne, oppure i valori, i comportamenti e le attitudini che vengono loro comunemente associati (esempio: “piangi come una bimba”); utilizzo di un’aggettivazione che rafforza gli stereotipi di genere (alto, forte, generoso sono associati a personaggi maschili, mentre piccola, furba, chiacchierona sono legati a personaggi femminili).
2.4. Linee-guida per la produzione dei futuri libri di testo
34Dopo un’analisi critica dei libri di testo esistenti è necessario avanzare delle proposte per la produzione del materiale futuro. Tutti i paesi dell’Unione europea hanno individuato alcune linee-guida che dovrebbero garantire un’effettiva parità tra i due generi nei materiali didattici. Le raccomandazioni rivolte alle case editrici e ad autori e autrici di libri di testo hanno l’obiettivo di eliminare le rappresentazioni stereotipate dei due generi in area socio-professionale, nell’ambito familiare e nelle descrizioni fisiche, psicologiche e morali di uomini e donne. Si tratta di: rappresentare in modo paritario i due generi; eliminare gli stereotipi relativi a caratteristiche psicologiche (con particolare attenzione agli aspetti di attività/passività); valutare cause e forme di divisione del lavoro e motivi che hanno condotto ad una presenza sbilanciata dei due generi in ambito familiare e socio-professionale; assegnare un’ampia gamma di professioni ad entrambi i generi; analizzare le valenze del lavoro domestico e proporre la condivisione del lavoro familiare e di cura tra uomini e donne; fornire numerosi modelli di identificazione alle ragazze, rendendo visibili i successi delle donne e il loro importante ruolo nella letteratura, nella storia, nell’arte, nell’educazione, cioè nella cultura di ogni paese; adottare un linguaggio non sessista, attento ai due generi.
35Occorre a questo punto esplicitare la funzione dei testi scolastici che è sottesa a tali raccomandazioni. A mio parere l’idea forte che sta alla base delle diverse linee-guida proposte è quella secondo cui compito fondamentale dei testi scolastici non è solo quello di riflettere la realtà ma di anticiparne i mutamenti, contribuendo in tal modo a superare pregiudizi e immagini precostituite. Secondo questa prospettiva: «Le donne devono essere mostrate in un gran numero di ruoli professionali, malgrado il fatto che esse occupino nella realtà uno spazio minore in talune attività, come la chirurgia o l’ingegneria, in modo da non limitare le aspirazioni delle ragazze, avvalorando lo stereotipo del maschio chirurgo o ingegnere»17. La funzione dell’educazione infatti «non è solo quella di trasmettere la cultura, ma soprattutto quella di offrire prospettive intorno alle quali prospettare il cambiamento. La scuola deve aiutare ragazze e ragazzi a crescere intorno alla cultura e a vivere in essa avventurosamente, cercando di contribuire al suo sviluppo, non semplicemente conformandosi»18. I diversi studi europei dimostrano che siamo ancora lontani dal raggiungere questo obiettivo: emerge infatti un po’ ovunque l’arretratezza dei materiali didattici che, ben lungi dallo stimolare il cambiamento, non sono neppure in grado di recepire le trasformazioni che sono avvenute nella società negli ultimi decenni. Questa mancanza di realismo è evidente nelle rappresentazioni stereotipate di donne e di uomini rigidamente fissate in ruoli e mansioni non più adeguate alla realtà.
3. Il Codice di autoregolamentazione
36Il progetto Polite nasce in Italia nel 1998 e si sviluppa attraverso due edizioni successive, grazie al rinnovato sostegno della Direzione Occupazione e Affari Sociali della Commissione Europea. La prima edizione del progetto (1998/99) ha sviluppato i seguenti prodotti: una ricerca europea (appena analizzata) su come le pari opportunità vengono recepite dai libri di testo e un Codice di autoregolamentazione attento alla prospettiva di genere, oltre a vari seminari e convegni di sensibilizzazione. La seconda edizione del Polite si struttura in due annualità (1999/2000 e 2000/2001) e i suoi prodotti più importanti sono stati due Vademecum19, strumenti complementari al Codice di autoregolamentazione, che propongono percorsi curricolari per rivisitare i vari saperi (filosofia, letteratura, storia, matematica, scienza, lingua, economia) in un’ottica di genere. Il presupposto da cui si parte è, ancora una volta, il superamento della presunta neutralità del sapere che ha finito per oscurare i due generi, femminile e maschile. Una neutralità, afferma Ethel Porzio Serravalle:
Così presunta che nella realtà e nella lingua questo terzo genere non esiste, e non solo in Italia, mentre prevale quasi sempre il maschile. Per necessità storica, forse, ed oggi probabilmente per abitudine e pigrizia, ma mai senza concrete giustificazioni ideologiche e storiche, teorizzate nel tempo, quando non addirittura biologiche e psicologiche. Ma mai senza caro prezzo per il genere femminile, di fatto tendenzialmente emarginato dalla sfera pubblica e ufficiale, per colpe variamente distribuite, ed in qualche modo anche per quello maschile, costretto a sua volta ad adeguarsi a ruoli e protagonismi solo in apparenza liberamente scelti e gratificanti20.
37La revisione dei libri di testo dovrà essere orientata al riconoscimento e al superamento degli stereotipi sessisti, per poi stimolare studenti e studentesse a prendere coscienza della propria individualità sessuata. Il Codice di autoregolamentazione fornisce utili indicazioni in tal senso. Merita sottolineare una peculiarità del Codice, che caratterizza l’intero progetto Polite, cioè il superamento di una dimensione polemica e rivendicativa tra soggetti e categorie: non si tratta più di cercare il “colpevole” (l’editore, l’autore, il corpo docente) ma di riconoscere che il problema – per la sua natura socio-politica, culturale e antropologica – tocca trasversalmente tutti, e che ciascuno deve trovare il proprio terreno d’impegno, senza mai perdere il contatto con gli altri. Il Codice di autoregolamentazione non ha neppure intenti normativi o censori, ma, al contrario, affida alle capacità innovative di editori, autori e autrici, alla loro libertà e cultura il compito di creare nuovi testi e strumenti didattici.
38La prima parte del Codice vuole inquadrare il contesto storico-culturale in cui ci si muove. Viene richiamata la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 marzo 1997 (G.U. 21-5-1997, n. 116) recante “Azioni volte a promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini”. Con questa direttiva il Governo italiano pone tra gli obiettivi prioritari volti a promuovere la parità tra uomini e donne «la formazione a una cultura della differenza di genere» ed individua tra le azioni specifiche di tale obiettivo l’aggiornamento dei materiali didattici. In questo contesto si colloca il Progetto Polite che vede gli editori italiani associati all’Aie impegnati a darsi un Codice di autoregolamentazione, «volto a garantire che nella progettazione e realizzazione dei libri di testo e dei materiali didattici destinati alla scuola vi sia attenzione allo sviluppo dell’identità di genere intesa come fattore decisivo nell’ambito della educazione complessiva dei soggetti in formazione»21.
39A seguire c’è un segmento dedicato a “Il libro di testo in Italia” dove si legge che «la peculiarità del libro di testo consiste essenzialmente nell’essere destinato a soggetti in età scolare (tra i 6 e i 19 anni d’età in Italia) che ne fanno uso sotto la guida di professionisti responsabili della loro istruzione e formazione»22. Subito dopo si riconosce e si rivendica l’autonomia degli insegnanti nella scelta e nella valutazione dei materiali didattici: «Chi è titolare dell’insegnamento ha pertanto piena libertà di valutazione della funzionalità dei testi proposti dagli editori rispetto non solo alla qualità scientifica e didattica dei contenuti e alle scelte metodologiche e di stile espositivo, ma anche allo specifico tipo di percorso che ciascun docente intende seguire per portare alunni e alunne a raggiungere i risultati voluti, nel quadro della libertà d’insegnamento e dell’autonomia scolastica»23. Da qui si prende atto della complessità dell’operazione avviata dal Codice che deve tener conto delle diverse sensibilità pedagogiche, culturali e sociali nel trattare temi delicati come quelli legati all’identità di genere, al rispetto e alla valorizzazione delle differenze, alle pari opportunità, pervenendo a questa conclusione:
In tale situazione, in cui l’ampio insieme delle libertà tutelate non può ammettere l’esistenza di norme limitative della libertà di edizione, di compilazione, di adozione, il Codice […] si pone quale strumento idoneo a rendere espliciti gli impegni dell’attività editoriale rivolta alla scuola, chiarendone le nuove finalità e i vincoli compatibili, nell’interesse di un corretto e trasparente rapporto con gli utenti, al fine di configurare un quadro normativo, non imposto dall’esterno, che garantisca, oltre alla libertà di scelta e al rispetto di coloro ai quali i libri sono rivolti (docenti, studenti, famiglie), la disponibilità di prodotti che riservino la necessaria cura alle differenze di genere e alla parità delle opportunità24.
40Gli editori che aderiscono all’Associazione Italiana Editori si impegnano a conformare i propri comportamenti alle norme contenute nel Codice e, in caso di inosservanza del Codice Polite, oltre a quanto previsto dal codice civile in materia di concorrenza sleale, l’Aie si riserva di valutare con i propri organi le ricadute sul settore e di darne pubblica comunicazione.
41Date queste premesse, si arriva alla parte conclusiva del Codice che contiene le “Regole di comportamento” che si sostanziano in tre compiti essenziali cui le case editrici devono adempiere:
- L’editore è impegnato ad operare per una sempre più puntuale qualificazione dei libri che propone per l’adozione, anche nel senso di una specifica attenzione allo sviluppo dell’identità di genere e della cultura delle pari opportunità, in quanto aspetti decisivi dell’educazione dei soggetti in formazione, di entrambi i sessi;
- L’editore, nel rispetto dell’impostazione culturale e scientifica di ciascuna opera, ha cura di verificare l’idoneità a soddisfare, anche sotto il profilo dell’identità di genere e dello sviluppo di una cultura delle pari opportunità, le esigenze di coloro cui è rivolta, tenendo conto dell’età, delle diverse sensibilità, nonché delle specifiche caratteristiche degli argomenti di studio a cui la trattazione fa riferimento;
- L’editore verifica che l’approccio al sapere proposto dal testo agevoli nei destinatari un atteggiamento consapevole della evoluzione delle conoscenze e dei percorsi attraverso cui esse vengono arricchendosi e trasformandosi grazie ad un’attività di ricerca scientifica ed espressiva che può vedere coinvolti uomini e donne25.
42Il Codice è affiancato da un Documento accompagnatorio che individua analiticamente le “caratteristiche auspicabili di un libro attento all’identità di genere”:
a) Evitare il sessismo e gli stereotipi sessisti
43I libri di testo ispirati a una sensibilità di genere evitano le diverse forme di sessismo e gli stereotipi sessuali. Per “stereotipo” deve intendersi non soltanto ciò che esclude e sottorappresenta le donne, ma anche ogni forma di giudizio schematico o di pregiudizio che rende indifferenziato al proprio interno un gruppo o una categoria di persone, ne immobilita i ruoli, ne rende indistinti desideri, vocazioni, modi di essere e di pensarsi. La raccomandazione di evitare gli stereotipi si riferisce ad ambedue i generi. Le differenze di genere vanno considerate come risorse personali e non come categorie collettive, che possono trasformarsi in altri stereotipi semplicemente aggiornati. Per “sessismo” si intende la svalutazione o l’esclusione di un sesso, che esprime atteggiamenti discriminatori nei confronti degli appartenenti a quel sesso in tutti gli ambiti sociali, in ragione esclusiva della propria appartenenza di genere.
b) Fornire rappresentazioni equilibrate delle differente
44Nei testi scolastici occorre introdurre una rappresentazione equilibrata di donne e uomini; si richiede un equilibrio nella frequenza con la quale i generi vengono rappresentati, nel grado e nell’importanza dei ruoli e delle attività svolti, nonché nelle loro rappresentazioni sia come individui, sia in contesti collettivi. È importante che entrambi i sessi appaiano in un’ampia varietà di situazioni in ambiti professionali, pubblici e privati, offrendo una visione delle trasformazioni in atto nelle famiglie, il più aderente possibile alla vita reale nella divisione del lavoro e dei compiti di cura. Occorre inoltre superare ogni rappresentazione legata a vecchi e nuovi stereotipi, relative a presunte propensioni e caratteristiche innate di ragazze e ragazzi, tanto per ciò che attiene alla sfera delle attività praticabili, tanto per ciò che attiene alla sfera dell’affettività e dei ruoli relazionali. È auspicabile infine che i libri di testo offrano una lettura sempre più aderente allo sviluppo della nostra società in direzione della multiculturalità e della multietnicità.
c) Promuovere la formazione a una cultura della differenza di genere
45Gli autori e le autrici sono invitati a includere nel contenuto dei loro libri la tematica di genere. Il sapere delle donne e sulle donne, infatti, è parte integrante dei contenuti educativi. La visibilità delle donne in qualsiasi disciplina è un punto nodale; i libri di testo hanno il compito di riconoscere la produzione culturale e scientifica delle donne e di offrire elementi di conoscenza sia delle condizioni storico-sociali nelle quali tale produzione si è sviluppata, sia delle difficoltà che le autrici hanno incontrato per ottenere il riconoscimento del loro lavoro. I libri di testo riconoscono altresì al lavoro di cura, sviluppato dalle donne in ambito familiare ed extra-familiare, il contributo portato alla crescita della cultura e delle relazioni tra gli esseri umani, mostrandone il valore di patrimonio comune, oltre che di attività, di entrambi i generi.
d) Ripensare il linguaggio
46Va alimentata l’attenzione che autori e autrici dedicano al linguaggio; esso deve risultare non sessista e includente il genere. Anche nell’uso della lingua occorre pertanto evitare: gli stereotipi; l’esclusione di uno dei generi; l’irrilevanza e l’insignificanza dell’appartenenza di genere; il carattere neutro dell’informazione. Si incoraggia l’utilizzo di un linguaggio attento ai generi, senza che esso risulti artificiale.
e) Aggiornare e adeguare la scelta delle illustrazioni
47È opportuno che le illustrazioni mostrino donne e uomini in modo equilibrato, sia per quanto riguarda le loro individualità, sia per quanto riguarda le collocazioni professionali. A tal fine è bene che anche nelle illustrazioni vengano rappresentati: donne e uomini in attività sia professionali sia domestiche; la compresenza di donne e uomini in situazioni e ruoli analoghi.
48In sostanza, come si evince da queste indicazioni, il Codice non impone regole rigide ma si propone di offrire spunti di sensibilizzazione, lasciando massima libertà alla creatività di autori e autrici per interpretare i punti di attenzione proposti e tradurli in opere rispettose dell’identità sia femminile che maschile.
Notes de bas de page
1 Una sintesi di questi aspetti è presente in: CISEM, Polite. I partner europei e i riferimenti internazionali, in “Informazioni. Quindicinale del CISEM”, nn. 5/6, 1999.
2 La Carta delle Nazioni Unite del 26 giugno 1945 e la Dichiarazione universale dei diritti umani del 10 dicembre 1948, esprimono l’universalità del principio di uguaglianza e consacrano quello di non discriminazione. La Dichiarazione universale dei diritti umani prende in considerazione due categorie di diritti, quelli civili e politici, e quelli economici, sociali e culturali.
3 La Dichiarazione prende in considerazione i principi sanciti da: Convenzione sui Diritti Politici delle Donne (1952), Convenzione sulla Nazionalità delle Donne Sposate (1957), Convenzione sul Consenso al Matrimonio, Età Minima per il Matrimonio e Registrazione dei Matrimoni (1962), Convenzione per la Soppressione del Traffico degli Esseri umani e Sfruttamento della Prostituzione femminile (1949), Convenzione contro la discriminazione nell’Educazione UNESCO (1960), e Convenzioni ILO per una Equa Retribuzione (1951) e Discriminazione sul lavoro e occupazione (1958).
4 La Piattaforma d’azione di Pechino si definisce come an agenda for women’s empowerment. Il termine empowerment deriva dal verbo to empower che in italiano è di difficile traduzione: può essere reso con “conferire o attribuire poteri”, “mettere in grado di”, “dare autorità a”, “accrescere in potere”. L’espressione nasce negli Stati Uniti già a partire dagli anni Sessanta in relazione alle strategie di intervento contro l’emarginazione sociale messe in atto da gruppi impegnati per i diritti civili, in particolare a favore della popolazione afroamerica. Con riferimento alla condizione femminile (Women’s Empowerment), il termine definisce un’assunzione progressiva di autonomia e di responsabilità da parte delle donne, accompagnata da crescita costante, progressiva e consapevole delle proprie potenzialità per approdare ad una piena partecipazione ai processi decisionali in ambito politico, economico e sociale.
5 Consiglio Economico e Sociale, Agreed conclusions 1997/2, UN doc. A/52/3, capitolo IV, par. 4.
6 Per “azione positiva” si intende una misura volta a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione delle pari opportunità uomo-donna. Il concetto di azione positiva trova fondamento nel nostro ordinamento nell’articolo 3 della Costituzione. La legge 125/91 “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” oggi confluita nel “Codice delle pari Opportunità tra Uomo e donna” (Decreto Legislativo n. 198 dell’11a- prile 2006), prevede il finanziamento di azioni positive volte a: eliminare la disparità nella formazione scolastica e professionale, nell’accesso al lavoro e nella progressione di carriera; promuovere l’inserimento delle donne in settori, in attività ed in livelli di responsabilità in cui sono sottorappresentate; favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne attraverso l’orientamento e la formazione professionale; sostenere l’accesso al lavoro autonomo e l’imprenditoria femminile; superare un’organizzazione del lavoro che possa essere per i lavoratori e le lavoratrici pregiudizievole per l’avanzamento professionale e di carriera ed il trattamento retributivo; favorire l’adozione all’interno delle aziende di un’organizzazione del lavoro tale da consentire un migliore equilibrio tra responsabilità lavorative e familiari.
7 Il brano citato, fino a poco tempo fa, era pubblicato su Internet al seguente link: http://www.aie.it/polite. Attualmente la pagina è stata rimossa, segno evidente, questo, di un blocco delle attività.
8 La Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le Pari Opportunità; l’AIE (Associazione Italiana Editori); il CISEM (Centro Innovazione e Sperimentazione Educativa Milano); Poliedra Progetti Integrati di Torino (una società di consulenza nell’ambito della formazione e nella elaborazione di progetti comunitari).
9 In Finlandia è obbligatorio un corso di economia domestica per gli allievi di sesso maschile. Sul concetto di cura si vedano: Aa. Vv., Il libro della cura: di sé degli altri del mondo, Torino, Rosenberg & Sellier, 1999; B. Mapelli, G. Bozzi Tarizzo, D. De Marchi, Orientamento e identità di genere. Crescere donne e uomini, Milano, La Nuova Italia, 2001 (in particolare il capitolo dedicato a “Educare alla cura”).
10 CISEM, Polite. La ricerca nell’Unione Europea, in “Informazioni. Quindicinale del CISEM”, nn. 1-2 e 3-4, 1999, p. 3.
11 Ivi, pp. 4-5.
12 Oggi in Europa i testi vengono, di solito, scelti liberamente tra quelli offerti dal mercato, ma in Germania, Grecia, Lussemburgo e Irlanda essi devono ricevere un’approvazione formale da organismi collegati al Ministero dell’Istruzione e tale approvazione viene fornita in base alla loro rispondenza a determinati criteri, tra i quali figura quello – variamente denominato – relativo al rispetto dei due generi.
13 Cfr. CISEM, Polite. Libri di testo: casi europei, in “Informazioni. Quindicinale del CISEM”, nn. 15-16 e 17-18, 2000, pp. 18-20.
14 Ivi, p. 14.
15 Ivi, p. 15.
16 Ivi, p. 34.
17 T. Laverty, Sex-Role Stereotyping in Early Reading Text-books, Belfast, Queen’s University, 1987, p. 61 (cit. in CISEM, Polite. Libri di testo cit., p. 30).
18 J. Callan, Curriculum Development and Irish Studies, in “Oideas”, n.16, 1976, pp. 69- 70 (cit. in CISEM, Polite. Libri di testo cit., p. 30).
19 E. Porzio Serravalle (a cura di), Saperi e libertà: maschile e femminile nei libri, nella scuola e nella vita, Milano, Associazione Italiana Editori, 2000; Ead. (a cura di), Saperi e libertà: maschile e femminile nei libri, nella scuola e nella vita. Vademecum II, Milano, Associazione Italiana Editori, 2001.
20 E. Porzio Serravalle (a cura di), Saperi e libertà… Vademecum II cit., p. 11.
21 Ead. (a cura di), Saperi e libertà cit., p. 137.
22 Ivi, p. 138.
23 Ibidem.
24 Ibidem.
25 Il Codice è stato approvato dal Consiglio del Settore Editoriale Educativo dell’Associazione Italiana Editori l’11 maggio 1999; esso entra in vigore immediatamente ma i suoi effetti potranno utilmente manifestarsi nelle opere nuove prodotte dopo tale data, nei tempi indispensabili per una sua applicazione ragionata.
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