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«Manifestazioni residue»

p. 89-94


Texte intégral

1Se intendiamo la politica come l’arte di governare la cosa pubblica e se seguiamo la tesi freudiana ripresa recentemente da Jacques-Alain Miller, secondo cui l’individuale è il sociale, allora possiamo dire che la politica di Freud – la sua interpretazione della soggettività della sua epoca, ma non solo – sia l’inconscio.

2Una delle due ipotesi fondamentali della psicoanalisi sostenuta da Freud nel Compendio, riguarda «[…] l’esistenza di processi fisici o somatici concomitanti allo psichico, […] alcuni di essi hanno in parallelo dei processi coscienti e altri invece no»2. In essi occorre riconoscere il vero e proprio psichico; ai processi coscienti riguarda un altro tipo di caratterizzazione. Per la filosofia e per altre discipline, l’inconscio psichico è un controsenso.

3In Alcune lezioni elementari di psicoanalisi, scrive: «Reputiamo liquidato […] il problema dei rapporti fra cosciente e psichico: la coscienza è soltanto una qualità dello psichico, incostante per giunta»3. In questo testo Freud ribadisce la sua posizione di sempre, affermando nuovamente come solo l’inconscio abbia pieno diritto di essere eguagliato allo psichico, mettendo in risalto che soltanto dopo il mutamento, operato da lui, nella definizione dello psichico, sia stato possibile creare una teoria compatta e coerente della vita psichica.

4La citazione del Compendio mostra la specificità dell’inconscio freudiano: esso è equiparabile allo psichico. La norma è l’inconscio, non la coscienza, che è appena una qualità incostante. Nell’inconscio si svolge il lavoro di articolazione di rappresentazioni rimosse, lì residui di cose percepite e udite si sono sedimentati come tracce mnestiche, talvolta collegate. Grazie a legami associativi, queste potranno essere attivate dalle rappresentazioni fino a produrre le formazioni che si manifesteranno a livello cosciente. La struttura causale e fondante di ciò che avviene nella coscienza è l’inconscio. Seguendo la traccia del saggio sul moto di spirito, possiamo dire che l’inconscio è la struttura, ma anche ciò che si realizza in atto in un legame, facendo sì che il legame stesso, in quell’atto, si costituisca.

5L’ipotesi dell’inconscio ha marchiato la civiltà. La coscienza, l’Io, non governano; l’inconscio è il vero padrone! Difficile da digerire.

6Freud considerava che la trasmissione e l’accoglienza di quest’ipotesi fossero tra i compiti principali e di maggiore difficoltà per gli psicoanalisti.

7L’ipotesi dell’inconscio ha un valore politico non solo per i soggetti uno per uno. Essa è una presa di posizione epistemologica e culturale. In Alcune lezioni elementari Freud riprende una dichiarazione del filosofo tedesco Lipps: da tempo l’inconscio bussava alle porte della psicologia senza essere accolto, la scienza non sapeva cosa farsene e la filosofia e la letteratura sovente si gingillavano con lui.

8Solo Freud, con la psicoanalisi, ha saputo ritagliare per l’inconscio un campo specifico, creandogli il posto che gli spettava tra le discipline scientifiche, nel discorso sociale, culturale, politico, economico, artistico. Da quando l’inconscio freudiano esiste, diversi saperi lo hanno corteggiato, utilizzato, negato, criticato, modi diversi di prenderlo in considerazione.

9In Analisi terminabile e interminabile, interrogandosi su cosa si debba intendere con l’espressione fine dell’analisi, Freud individua nella forza pulsionale del momento, il fattore determinante da considerare nel prospettare l’esito di un’analisi. È possibile giungere, mediante l’analisi, a una liquidazione permanente e definitiva del conflitto tra l’Io e la richiesta pulsionale patogena?, si domanda. Cosa intendere, però, con «liquidazione permanente di una richiesta pulsionale»4? Freud conclude che questa sarebbe impossibile e non auspicabile.

10Si può giungere con l’analisi all’ «imbrigliamento della pulsione». Significa che questa, perfettamente inglobata nell’Io diventa accessibile ai suoi influssi e «non segue più un proprio autonomo binario per raggiungere il soddisfacimento»5.

11«Il risultato vero e proprio della terapia analitica consisterebbe dunque nella posticipata rettifica dell’originario processo di rimozione»6. Con l’analisi si realizza una specie di revisione o ristrutturazione delle antiche rimozioni dell’Io, che si rinnovano ottenendo una tenuta del tutto diversa rispetto a quella precedente.

12Imbrigliamento della pulsione e rettifica del processo di rimozione sono i modesti risultati dell’analisi secondo Freud. Inoltre, troviamo un monito etico fondamentale: la liquidazione permanente di una richiesta pulsionale non solo è impossibile, essa non è auspicabile!

13La liquidazione del pulsionale, ciò che costituisce l’irriducibile singolarità del soggetto è un limite etico dinanzi al quale la psicoanalisi freudiana si ferma.

14Freud è sensibile al rischio di una deriva autistica, esasperatamente individualistica, verso la quale la fine dell’analisi avrebbe potuto condurre il soggetto analizzato. Egli salva a spada tratta il diritto inalienabile del soggetto al proprio godimento. A differenza del godimento del soggetto non analizzato, occorre però che esso sia agganciato ad un’altra istanza, che non resti autonomo.

15Psicoanalisi per tutti? Perché no!

16Al di là della boutade c’è a mio parere una questione da porre a tutti noi: siamo, saremo capaci, noi freudiani e lacaniani di aprire nel mondo immondo la breccia necessaria, quella attraverso cui la civiltà contemporanea può prendere atto del proprio rovescio, ma anche del fatto reale che l’inconscio pulsionale che ci governa può e deve a sua volta essere governato e non cancellato, logica questa che regge il legame sociale della nostra contemporaneità? Come causare, quando e come conviene, questo trauma?

17L’inconscio pulsionale e le manifestazioni residue, ecco la politica di Freud. Un’analisi insegna a restare vigili a ciò che cade dal discorso. L’analista si situa lì, nel posto del residuo, creando così le condizioni perché si produca il rovescio del discorso e con esso del soggetto del desiderio. La politica di Freud comporta restare vigili rispetto ai residui, sapere che dicono l’essenziale di ogni discorso e che sono ineliminabili.

Dibattito

Rosa Elena Manzetti

18Lei ha messo in gioco l’inconscio freudiano, che incide anche sulla politica del suo tempo, e il modo con cui è stato accolto, e interroga la fine dell’analisi al tempo di Freud e con Freud, facendo anche qualche passo in più. A un certo punto ha detto che l’inconscio è il vero padrone, non è l’Io a governare. Volevo chiederle come potremmo interrogare, partendo dalla stessa lettera di Freud, dal suo lavoro e dall’ipotesi dell’inconscio, i fenomeni contemporanei, che a volte non sono neppure sintomi, in particolare fra i giovani. Mi riferisco per esempio alle questioni di violenza. Si tratta di fenomeni che sembrano non mettere in conto niente dell’ipotesi dell’inconscio, per come viene posta la problematica dal soggetto stesso. Non so cosa ne dice lei, lei che fa esperienza in un Centro di trattamento dei malesseri contemporanei. Sembra che incontriamo delle persone che non dicono quasi niente di se stessi come soggetti. Come incide questo nella politica e cosa ci può insegnare Freud stesso da questo punto di vista, per come lei lo ha interrogato?

Maria Laura Tkach

19Questi fenomeni, che non sono sintomi ma esplosioni fenomeniche, ci convocano in prima persona come analisti quando, in un modo o nell’altro, li incontriamo. Credo che la scommessa sia, e questo lo impariamo come analizzanti, quella di spendere parole per tentare di creare le basi per un incontro, per un legame possibile, per sperimentare un legame puntuale, senza nemmeno pretendere che esso possa perdurare. Si scommette, in questi casi abbastanza “limite”, che non sono poi così pochi, sulla possibilità di creare dell’incontro, cioè di trovare quel punto in cui il discorso trova il suo rovescio, ed è quello l’inconscio freudiano, per poter mettere anche solo puntualmente le basi di un legame possibile.

Intervento dalla sala

20L’inconscio freudiano metteva in evidenza un senso che era legato a qualcosa di scandaloso, mentre nel contemporaneo non si tratta più di un senso che questi fenomeni portano e che interrogano un soggetto, ma si tratta di qualcosa che non ha nessun versante di domanda. Quindi volevo reinterrogare questo, proprio partendo da quello che diceva sulla parola.

Maria Laura Tkach

21Per associazione, per partire dalla parola “scandaloso” che lei ha utilizzato, direi che dello scandaloso dobbiamo metterlo noi, trovando il modo e il tempo opportuno per – se si può dire così, perché non è mai del tutto opportuno – creare un trauma, che sia un risveglio anche solo momentaneo, una volta, una volta e un’altra volta ancora.

Intervento dalla sala

22Volevo sapere se il vecchio schema del testo di Jacques Alain Miller Clinica sotto transfert può essere applicato in questa logica: in questo caso avremmo a che fare con sintomi egosintonici identificati al tran tran della vita quotidiana, allo statuto immaginario del sintomo. Allora se non capisco male, nell’incontro si scommette su questo passaggio allo statuto simbolico, cioè alla nevrosi di transfert; questo è l’inizio della cura. Se è questo, e questa fragilità estrema nel momento in cui lo statuto reale del sintomo passa all’angoscia, lì sono dolori se noi stiamo ammettendo che c’è una debolezza, uno sfilacciamento.

23Sulla questione del politico c’è un articolo di André Breton, pubblicato nella rivista Combat, nel 1950, morta Simone Weil, che parla della soppressione dei partiti politici. Breton fa un elogio del Manifesto per la soppressione dei partiti politici, però precisa che vuole sostituire la parola “soppressione”, che gli pare troppo forte, con “messa al bando”. Simone Weil dice che non bisognerà passare ad atti violenti per ottenere lo scopo della soppressione, lui parla di messa al bando e dice che ci vorrà un processo molto lungo di disinganno della popolazione. Trovo che probabilmente ci siano delle analogie con la seduta analitica e con il trattamento delle nuove forme del sintomo.

Maria Laura Tkach

24Le situazioni e i fenomeni a cui ci stiamo riferendo, non so fino a che punto possano essere equiparati a dei sintomi egosintonici, appunto perché non partiamo da un sintomo, ma da passaggi all’atto e perché chi incontriamo non è venuto a domandare, ma è stato inviato, quindi credo che sia un tempo diverso, sicuramente preliminare, ma non so se sia nemmeno tale, comunque un tempo diverso da quello sintomatico. Quando parlavo della scommessa di puntare noi analisti sulla parola, di spenderci in qualche modo a questo livello, questo ha di mira la possibilità, non certa, che qualcosa di una formazione sintomatica si possa eventualmente produrre.

Intervento dalla sala

25È sempre garantito che sia in atto l’inconscio in questa epoca, a partire dal fatto che i quattro discorsi non sono più articolati come dovrebbero?

Maria Laura Tkach

26Sì, è vero, forse non è sempre garantito, occorre eventualmente produrlo.

Intervento dalla sala

27Lei dice a un certo punto che occorre governare e non cancellare l’inconscio pulsionale. Alla luce di quanto è emerso stamattina, poiché Freud collocava il governare tra le professioni impossibili, come possiamo declinare la questione del governare in relazione alla politica?

Maria Laura Tkach

28Quando ho usato il termine “governare” mi sono posta questa questione, ma ho voluto lasciare questo termine, perché credo che si tratti di un obiettivo etico. Si tratta di non desistere rispetto al fatto che certamente c’è dell’ingovernabile, ci sono dei residui, ma la politica, magari illuminata dalla psicoanalisi, può non essere così miope rispetto all’ingovernabile e la politica o i politici non devono necessariamente cedere le armi dinanzi all’impossibile.

Notes de bas de page

1 S. Freud, Analisi terminabile e interminabile [1937], in Opere, vol. 11, Torino, Bollati Boringhieri, 1989, p. 511.

2 Id., Compendio di psicoanalisi [1938], in Opere, vol. 11, cit., pp. 584-585.

3 Id., Alcune lezioni elementari di psicoanalisi 1938], in Opere, vol. 11, cit., pp. 643-644.

4 Id., Analisi terminabile e interminabile cit., p. 507.

5 Ivi, p. 508.

6 Ivi, p. 510.

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