Posizione dello psicoanalista
p. 13-14
Texte intégral
1Da marzo 2017 il Campo freudiano è un vortice, quello che produce un’interpretazione, in questo caso di Jacques-Alain Miller, che fa posto al reale della contingenza.
2Come Jacques-Alain Miller dice nel suo corso del 24 maggio 2017, il significante “Campo freudiano Anno Zero” è una interpretazione «qui percute».
3Sin dall’invenzione della psicoanalisi da parte di Freud si è vociferato dell’indifferenza degli psicoanalisti nei confronti della politica. Al di là della posizione che un’istituzione psicoanalitica può avere in rapporto alla politica, si tratta di sapere quale sia la posizione degli psicoanalisti lacaniani in relazione alla questione politica.
4Lacan ne traccia le linee direttrici, quando pone la politica come la leva su cui poggiano la tattica e la strategia di una cura. La dimensione politica, la posizione dello psicoanalista, condiziona radicalmente la finalità di una cura.
5Esiste però un’altra dimensione che concerne la politica della psicoanalisi e riguarda le condizioni che permettono l’esistenza della psicoanalisi stessa. Si tratta oggi di che cosa possa essere una politica che fa perno sul discorso analitico invece di appoggiarsi sulla spinta verso il plus-godere, sulla dittatura del prodotto proposto dal mercato. Quello che ha messo in moto Jacques-Alain Miller ci dimostra che, come diceva Lacan, non c’è altra resistenza se non quella dello psicoanalista.
6L’invenzione da parte di Lacan del discorso analitico sovverte i rapporti della psicoanalisi con la politica. Dalla teoria dei discorsi che costituiscono i legami sociali, si traggono due insegnamenti: che «l’inconscio sia la politica» non significa che la psicoanalisi sia la politica, mentre si può affermare che ci sia una politica della psicoanalisi che si deduce dalle finalità che ciascuna cura rende effettive alla fine.
7Il discorso analitico esiste soltanto in relazione agli altri discorsi. E in quanto Lacan afferma che il discorso del padrone, vale a dire la visione politica del mondo, è il rovescio della psicoanalisi, invita allo stesso tempo gli psicoanalisti a essere avvertiti e prendere sul serio la cosa politica. La posizione dell’analista, la sua presa di posizione, concerne quindi anche il destino del discorso analitico nell’epoca in cui egli vive.
8Politica della psicoanalisi sarà quella che sostiene l’atto dell’analista.
9Che cosa ci insegna Lacan elevando la politica alla struttura di un legame sociale fondamentale, quello del discorso del padrone: forse che la politica non è un sapere ma un discorso, un legame che assicura la coesistenza sincronica di corpi parlanti. Il che introduce subito il godimento nella faccenda.
10Freud formula una teoria della folla e dei gruppi, che esplicita il processo secondo cui un soggetto si inscrive in una comunità, offrendoci una teoria del sociale. Egli lascia tuttavia in attesa, salvo qualche piccolo riferimento, il legame sociale propriamente detto, che è sempre fondato su ciò che vi è di più eterogeneo rispetto a esso, il godimento. Lacan costruisce la teoria dei discorsi a partire dai legami sociali, che non hanno atteso la psicoanalisi per esistere, e istituisce il quarto discorso in cui al posto di agente viene precisamente ciò che fa obiezione al legame sociale e mette il soggetto al lavoro di produrre i significanti, più o meno inediti, capaci di risponderne, di accogliere l’obiezione, di trattarla.
11Non è forse ciò che l’atto di Jacques-Alain Miller ci mette ora in condizione di praticare?
12Quale posizione hanno gli psicoanalisti di fronte allo scombussolamento che il capitalismo ha introdotto nel modo di vita di ciascuno e l’emergenza di segni più o meno feroci del disagio della civiltà? Come interpretano la crescita dei razzismi, della segregazione, della chiusura delle frontiere, del ritorno della religione? Che cosa possono dire di fronte alle condizioni dei legami sociali attuali e al disagio che ne consegue? Come preservare il posto del soggetto?
13ì
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