Democrazia e narrazione
p. 46-49
Texte intégral
1Prima di entrare nel merito del rapporto tra democrazia e narrazione, è utile tenere presente che la democrazia è la sola forma di organizzazione sociale che si fonda sul conflitto.
2Il contrasto di opinioni, di posizioni, di visioni di mondo – il contrasto dei desideri, per stare nel quadro che ci siamo dati oggi – nelle oligarchie e nelle dittature è considerato un problema che minaccia la struttura del governo e viene affrontato con appositi provvedimenti tesi a mantenere l’ordine; in democrazia invece la differenza anche aspra tra le idee e la possibilità di manifestarle è il fondamento dello stare insieme: se viene a mancare, viene meno la democrazia stessa.
3Questo dovrebbe renderci molto attenti verso le forme di governo – anche quelle apparentemente democratiche – per le quali l’ordine sociale passa per la repressione o la limitazione delle manifestazioni del dissenso.
4Un sistema che voglia dirsi democratico deve incentivare la presenza, l’organizzazione e l’espressione della massima pluralità di posizioni, con la sola eccezione di quelle degli intolleranti, per ragioni già esposte da Popper1.
5Questo significa allenarsi costantemente a fare i conti con la complessità, fornire al maggior numero di persone gli strumenti per il discernimento e garantire spazi e modalità di partecipazione a chiunque voglia servirsene per contribuire alla costruzione sociale.
6Fatta questa premessa, è conseguente rilevare come il crescere dei populismi in Europa non sia un segnale di sviluppo democratico. Il populismo, che è la matrice prepolitica del fascismo, infatti nega la complessità (e quindi la diversità) e non fa nulla per diffondere strumenti per decodificarla. Al contrario, il leader populista si pone come unico interprete di un presupposto sentire collettivo e si serve di un linguaggio semplificato che, dietro l’apparenza di una maggiore comprensibilità, mistifica la realtà a favore della propria lettura. Alla diversità delle idee che è democrazia, il populismo contrappone l’univocità dei sentimenti, meglio ancora degli umori, e il più forte dei sentimenti è la paura. È un meccanismo politicamente molto vantaggioso, perché offre un consenso trasversale: anche venti persone che hanno democraticamente venti idee diverse possono avere populisticamente la stessa paura. Ecco perché non dovrebbe stupire che talvolta da lati diversi dello schieramento politico possano provenire soluzioni simili quando entrano in gioco temi associabili alla paura: sicurezza come paura del disordine, xenofobia come paura dello straniero, divario economico come paura di perdere il benessere, razzismo come paura di perdere l’identità etnica.
7In questo discorso il mestiere della scrittura entra con entrambi i piedi, ma è di varia declinazione: dipende moltissimo da chi lo interpreta e in nessun caso è lecito stabilire gerarchie tra chi scrive libri per influire sul proprio mondo e chi lo fa solo perché ha una storia da raccontare, senza alcuna ambizione di tipo etico o politico.
8Chi invece come me considera la scrittura uno strumento di azione politica e un luogo di organizzazione del dissenso, non può non avvertire il dovere di agire in contrasto con le tendenze populiste, opponendogli quello che Erri De Luca definisce la parola contraria2. Se è ovvio immaginare che sia possibile fare questo con lo strumento saggistico, sono meno evidenti le potenzialità democratiche della narrazione letteraria, perché la sua natura finzionale può indurre facilmente a supporre l’intento di una fuga dalla realtà, piuttosto che di un impegno per cambiarla.
9Invece la letteratura rappresenta un potentissimo innesco per il pensiero democratico, almeno per due motivi.
10Il primo è che edifica l’immaginario di chi legge e fornisce a livello individuale chiavi di comprensione per il presente, andando alla radice delle nevrosi sociali e disvelandole in forma catartica. Più la letteratura si serve del potere immaginifico, più vicino arriva al cuore del reale, e non è un caso che siano proprio il fantastico, il distopico e il fantascientifico i generi più politicamente sensibili. Nessun saggio ha cambiato il nostro modo di guardare ai legami familiari come ci ha costretti a fare lo scarafaggio Gregor Samsa, né alcuno storico ha mai attualizzato per sempre la brutalità del totalitarismo con la stessa forza dei roghi di Fahreneit 451. Gli studi più avanzati dei neurologi – in particolare il lavoro di Hannah Monyer3 nel centro di studi neurologici e genetici di Heidelberg – hanno dimostrato che l’esperienza intensa della lettura lascia nella memoria le medesime tracce di ricordo generate dall’esperienza reale.
11A questo proposito consentitemi un aneddoto personale, che risale a quando avevo undici anni e sperimentai il primo lutto della mia vita: piansi lacrime amarissime per la morte di Nemecek, il piccolo personaggio del romanzo di Molnar I ragazzi della via Pal. Al terzo giorno di lacrime mia madre mi chiese perché stavo piangendo e io risposi: «È morto Nemececk!» E lei: «Chi diavolo è Nemecek?». Dissi che era un personaggio del romanzo e lei, rassicurata, commentò: «Ah, allora non è vero!», e io compresi in quel momento che al mondo esistono due tipi di persone: quelle che credono che i libri siano veri e quelli che invece non lo credono. Io e mia madre evidentemente non eravamo dello stesso tipo.
12Il secondo motivo per cui la letteratura è un innesco per il pensiero democratico è nell’oggetto libro, che è esso stesso uno strumento democratico, e lo dico in relazione a altri strumenti di fruizione di contenuto che così democratici non sono. Il libro con la sua materialità impone l’attivismo, esclude la passività, richiede il protagonismo diretto del lettore, l’azione fisica della lettura lo chiama in causa personalmente e lo costringe a mettere in gioco la sua esperienza rispetto al contenuto che sta leggendo. La storia contenuta in un libro non raggiunge mai il lettore come un vettore diretto, impositivo e imperioso: l’esperienza personale del lettore la incontra prima, attraverso un processo che nella comunicazione relazionale si chiama “ponte narrativo”: l’esperienza della lettura è una esperienza di incontro e di mediazione, che è la sintesi stessa dell’esercizio della convivenza democratica.
13Capite bene che se questa è la conseguenza della letteratura, e la censura sui libri a opera di ogni dittatura ne è la prova, uno degli atti di resistenza più alti che possiamo opporre al populismo è leggere e far leggere quante più persone possibili. Dal libro alla realtà c’è un passo molto piccolo.
Éric Laurent
14Grazie a Michela Murgia, che ci ha proposto come la letteratura possa essere una parola contraria che si indirizza al “Non voglio sapere nulla”. Questa dimensione esiste e su di essa è costruita la bugia sociale o un certo falso montaggio. Credo che effettivamente la letteratura accompagni la democrazia e nello stesso tempo la crisi della letteratura e la crisi della democrazia vanno insieme. Abbiamo una crisi della lettura. È sicuramente un nodo. La letteratura interpreta la civiltà. Abbiamo bisogno di un discorso continuo per andare incontro alle menzogne e ai silenzi.
Notes de bas de page
1 K.R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Milano, Armando Editore, 1945: «La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi».
2 E. De Luca, La parola contraria, Milano, Feltrinelli, 2016.
3 H. Monyer, La memoria geniale, Milano, Rizzoli, 2017.

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