Il centro diurno come mediatore
p. 149-153
Texte intégral
1La nostra riflessione sulla condizione giovanile nella società contemporanea nasce dal lavoro clinico, a orientamento psicoanalitico lacaniano, svolto all’interno di un Centro diurno di riabilitazione psicosociale, che nasce a partire da una riforma delle politiche del welfare voluto dalla Regione Lombardia.
2L’attivazione della sperimentazione riguardante i Centri Diurni PsicoSociali lombardi, secondo una delibera del 20121, nasce da una riflessione riguardante l’evoluzione del contesto e dei bisogni delle famiglie, secondo cui i cambiamenti che interesseranno i contesti familiari daranno luogo a bisogni sempre più complessi e dinamici. Due fattori quali l’allungamento della vita, con il conseguente aumento di malattie quali la demenza senile e il concepimento in età sempre più matura, porteranno le famiglie a essere impegnate simultaneamente su due fronti assistenziali: da un lato l’assistenza dei familiari anziani e dall’altro quella dei figli. A questi fattori si aggiunge l’aumento delle conflittualità familiari e delle separazioni, che comporterà un maggiore impoverimento delle famiglie e un conseguente aumento del bisogno di sostegno, sia psicologico che pedagogico di bambini, preadolescenti e adolescenti.
3Secondo la delibera il bisogno di minori affetti da patologie a alto impatto sociale si fa sempre più pressante; inoltre le attuali modalità diagnostiche evidenziano un ventaglio sempre più ampio di patologie che riguardano l’apprendimento e il comportamento, alle quali le istituzioni educative non riescono a rispondere adeguatamente. A nostro avviso quello che è in aumento è la tendenza a rilevare, attraverso strumenti come test e questionari, una gamma sempre maggiore di disagi: la ricerca viene utilizzata per nominare, e quindi etichettare, diversi malesseri che prendono la forma di difficoltà di apprendimento o di comportamento.
4In altre parole, a partire da una nostra riflessione su quanto osservato nel contesto clinico dove ci troviamo a operare, possiamo dire che l’istituzione familiare contemporanea si presenta più fragile e “liquida”. Le famiglie che incontriamo sembrano avere una difficoltà che le accomuna nel vedere e riconoscere la problematicità della condizione singolare del proprio figlio, che spesso non a caso viene rilevata da altri, come gli insegnanti. Nei discorsi della stragrande maggioranza dei genitori le difficoltà dei figli vengono percepite come transitorie e legate alla fase evolutiva, dunque destinate a risolversi con la crescita. In linea con questo pensiero, le famiglie con cui lavoriamo non si sentono implicate nel disagio dei figli e tendono ad avere un atteggiamento di delega verso le istituzioni che lavorano con essi.
5Secondo il nostro parere i Centri Diurni di riabilitazione psicosociale rispondono al bisogno dell’istituzione familiare e delle istituzioni sanitarie di trovare un posto per trattare il disagio di questi ragazzi, lavorando con loro per aiutarli affinché possano essi stessi trovare una nuova modalità per inserirsi nell’ambito sociale. Il Centro, al contempo, offre uno spazio di ascolto ai familiari dei ragazzi, rendendoli parte attiva nel progetto terapeutico dei figli
6Al Centro giungono minori inviati per lo più dalle Neuropsichiatrie Infantili, da Istituzioni che accolgono nuclei madre-bambino in semi-autonomia e nell’ultimo anno anche da Centri di prima accoglienza per immigrati, arrivati in Italia attraverso i cosiddetti “viaggi della speranza”. Nella maggior parte dei casi i nostri ospiti sono seguiti dalle Neuropsichiatrie e/o dai Servizi Sociali.
7Il nostro Centro è un dispositivo che accoglie bambini e ragazzi fino a 25 anni, ordinato da un tempo (quattro ore pomeridiane) e da uno spazio (una stanza con diverse aree ben definite: artistica, computer, giochi vari, gioco di carte…). Il tempo è scandito da momenti di lavoro e momenti di svago: il primo atelier parte dopo l’accoglienza, il momento di break dove si può prendere parte alla merenda e il secondo atelier che si conclude con i saluti. Ogni ospite segna sul programma a quale atelier desidera partecipare. Ciascun ospite, al quale viene assegnato un tutor tra le due psicologhe del servizio, ha stipulato un progetto individuale che prevede anche dei momenti di monitoraggio con la coordinatrice, la famiglia e l’inviante. Questo progetto creato ad hoc permette di ritagliare uno spazio singolare all’interno del Centro per ogni ospite e orienta le azioni e gli interventi dell’équipe.
8Gli ospiti del Centro diurno sono soggetti con svariate diagnosi neuropsichiatriche, diverse fasce di età, diverse origini e diverse madrelingua. Per quanto riguarda le diagnosi, arrivano ragazzi con disturbi dello spettro autistico, ritardo generalizzato dello sviluppo, ritardo mentale di diversa entità, e sindrome da deficit di attenzione e iperattività o Adhd. In alcuni casi si tratta di soggetti che provengono da famiglie le cui condizioni socioeconomiche agiate garantiscono apparentemente un buon livello di cura dei figli. Questi aspetti lasciano in ombra alcuni fenomeni preoccupanti come, per esempio, il ritiro sociale o gli agiti aggressivi autodiretti o eterodiretti che si protraggono da tempo. Secondo una nostra lettura in alcuni casi si sottovaluta la condizione clinica dei giovani pazienti tanto da non ritenere necessario un inserimento immediato in strutture residenziali, come le Comunità Terapeutiche, in quanto non si sono verificati episodi gravi come scompensi psicotici che farebbero precipitare la situazione clinica.
9Il Centro Diurno agisce da contenitore che accoglie quei casi che le istituzioni non riescono a trattare esclusivamente con la parola, attraverso il colloquio psicologico o la psicoterapia individuale. Sono casi per i quali è necessario inventare una nuova modalità di approccio passando attraverso un’attività, in quanto per questi ragazzini è più facile poter parlare durante un atelier di pittura, mentre si va a fare una passeggiata per fare la spesa, o durante l’atelier di teatro, che non quando sono chiamati a esprimersi su di sé in un colloquio vis a vis.
10La gran parte degli ospiti con cui lavoriamo sono soggetti che presentano sintomi ipermoderni come, per esempio, la sopracitata Adhd, patologia a sua volta correlata con disturbi di concentrazione, di apprendimento, aggressività, difficoltà nel controllo degli impulsi e ribellione all’autorità. Questi sintomi che hanno come prerogativa l’assenza del limite, sono legati ai profondi cambiamenti epocali cui stiamo assistendo ormai da anni, come il declino dell’ideale paterno in un’epoca in cui prevale una logica consumistica e permissiva in cui “si può tutto” e l’imperativo sociale è quello di godere a ogni costo. L’iperattività e molti dei disturbi a essa correlati riguardano il corpo e, se in molti casi risultano poco chiari durante i primi cinque anni di vita, con l’ingresso a scuola si presentano in tutta la loro irruenza. La scolarizzazione implica, infatti, una limitazione alla libertà del movimento corporeo del bambino, a cui viene chiesto di stare seduto per diverse ore, attento a quello che dice l’insegnante e di sottostare alle regole del dispositivo scolastico. Il punto è che questi bambini non accettano e non possono incorporare la legge a causa di un mancato incontro tra essi e l’ordine simbolico, in quanto esiste in loro una debolezza o assenza della regolazione che la “funzione paterna” esercita sulla pulsione. Quando parliamo di “funzione paterna” bisogna specificare che non ci riferiamo al padre nella realtà del bambino, ma a un elemento terzo capace di separare il bambino dalla madre, a patto che nel discorso materno ci sia il riconoscimento di quella posizione. Questa triangolazione permette al bambino di stabilire un ponte verso l’esterno della famiglia, verso la società. Questi bambini non hanno incorporato la funzione del limite che dovrebbe frenarli dall’agire gli impulsi aggressivi che possono nascere da situazioni frustranti.
11Le difficoltà legate a un atteggiamento oppositivo e aggressivo, che talvolta sfocia in una forte esplosività, rendono difficile non solo l’inserimento nel contesto scolastico, ma anche in altri contesti sociali meno strutturati. Ciò che accomuna i nostri ospiti è il fatto di non riuscire a incontrare altri ragazzini con cui fare legame in maniera spontanea, con le proprie risorse, tanto da aver bisogno di un mediatore. È una difficoltà estremamente attuale e in sintonia con l’era dei social, in cui si mette in rilievo che l’incontro in carne e ossa con altri coetanei e adulti non è così semplice, come e questi ospiti ci fanno presente. Si può dire che in generale gli ospiti del nostro Centro condividono la difficoltà nello stare con l’Altro incarnato dall’altro simile, dall’altro dell’autorità, per esempio, dalle maestre, dall’altro della famiglia. Il Centro è un luogo di incontro con altri e dunque offre uno spazio di socializzazione che ha la caratteristica di essere regolato e mediato dagli operatori.
12Il dispositivo del Centro diurno permette di aprire una finestra anche sulle famiglie di appartenenza di questi bambini o ragazzi, che scopriamo essere in grosse difficoltà. Da una parte, per quanto riguarda il setting di lavoro (orario e sede), avvertiamo come non sia scontato per i genitori stare all’interno delle coordinate spazio-temporali che fanno da bordo nel lavoro con i figli. Spesso riscontriamo dei ritardi importanti nell’accompagnare il figlio al Centro o venire a riprenderlo. In corrispondenza, non è assodato per gli ospiti accettare che l’atelier sia giunto a termine o che ci sia un dentro e fuori il Centro.
13Infine, una caratteristica che lega come un filo rosso quasi tutte le storie degli ospiti riguarda la loro origine. La non elaborazione di aspetti collegati alla loro storia, all’origine dei loro genitori, al fatto di crescere in un paese diverso da quello delle proprie famiglie, di parlare un’altra lingua, sono punti che rappresentano un «ritorno del rimosso» nelle loro vite. È forse in queste situazioni che il Centro Diurno può costituire uno spazio nel quale questi soggetti possono elaborare questi e altri aspetti, provando a costruirsi una storia e di conseguenza un posto singolare attraverso la parola e il racconto, per poter passare poi ad altre istituzioni sociali avendo costruito una trama della loro identità.
14A questo proposito vorremmo mettere in evidenza un tipo particolare di migrazione, quella tipica della comunità cinese di Milano. Sembra che questi ragazzini “subiscano” la decisione di migrare dei genitori. Spesso si tratta di soggetti che si trovano catapultati in un sistema culturale completamente differente rispetto a quello di appartenenza, senza che da parte dei genitori ci sia stata una parola su quanto avviene. Si tratta nella maggioranza dei casi di minori allontanati molto presto dalle figure parentali, che rimangono in Italia, e vengono cresciuti dai nonni in Cina. I ragazzi vengono richiamati in Italia dai genitori, senza neanche una parola o un perché, in preadolescenza o in piena fase adolescenziale. Questi ragazzi sono fortemente ancorati alla loro identità di origine e sembrano rifiutare tutto quello che è legato al nuovo contesto sociale e culturale in cui vivono, presentando notevoli difficoltà nell’integrazione scolastica, che rappresenta la prima forma di realtà sociale in cui si trovano immersi.
15Anche in questo settore dell’immigrazione ormai presente nella nostra società, il Centro diurno agisce come una “terra di mezzo”, un cuscinetto tra le istituzioni sociali come quella scolastica, quella sanitaria, che si trova a fronteggiare una certa impasse derivante dal fatto di non riuscire a fronteggiare un disagio “di relazione”, e le famiglie che faticano nel compito di introdurre il soggetto nella logica della perdita di godimento. Il soggetto, come già aveva insegnato Freud, punta alla soddisfazione ma, per poter stare nella società con gli altri, bisogna poter rinunciare alla soddisfazione completa. Se un bambino, per esempio, vuole giocare a calcio con altri, deve poter essere in grado di accettare le regole che una partita di calcio comporta, di subire un goal o di perdere la partita. Tutto questo non è per nulla scontato, come ci dimostrano quotidianamente i ragazzini con cui lavoriamo.
Notes de bas de page
1 Ex Dgr Regione Lombardia 3239/12.
Auteurs
Psicologa, psicoterapeuta, partecipante Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, cooperativa sociale Artelier, operatrice presso il Centro Diurno di Riabilitazione Psicosociale Antennina di Cerro Maggiore (MI).
Psicologa, psicoterapeuta, cooperativa sociale Artelier, operatrice presso il Centro Diurno di riabilitazione psicosociale Antennina di Milano.

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