The fast-object o la bulimia degli oggetti
p. 63-70
Texte intégral
Preferisco avere una cosa subito, o sapere di non poterla avere mai, così non ci devo pensare. Per questo certi giorni vorrei essere molto vecchio,
così non dovrei pensare di diventare vecchio1.
1Qual è la relazione dei giovani con gli oggetti oggi? Forse si potrebbe dire che l’oggetto dell’era consumistica è diventato un fast-object, simile al fast-food. Come nelle parole di uno dei maggiori rappresentanti della Pop Art, citate sopra, oggi molte persone vogliono avere tutto subito. Già Jacques Lacan, descrivendo l’oggetto del xx secolo, dà una visione differente rispetto a come ne ha parlato Sigmund Freud.
2Freud ha parlato di due tipi di oggetti. Oggetto (Objekt) che è un oggetto al quale ci si identifica, l’oggetto d’amore, l’oggetto della pulsione, in opposizione all’oggetto perduto del soddisfacimento mitico, la Cosa2 (das Ding). Questo ultimo è un oggetto assoluto. È diverso dagli oggetti del mondo o sostitutivi, quelli che soddisfano i bisogni. L’identificazione in Freud si produce a prezzo di una perdita di questo oggetto.
3Un altro oggetto, introdotto da Lacan, è l’oggetto a. Non è un oggetto rappresentabile se non sotto forma di “frammenti” parziali del corpo: l’oggetto orale, anale, la voce e lo sguardo3. Si tratta quindi di un oggetto impossibile da afferrare, diverso dalla Cosa, ma ne viene in qualche modo al suo posto.
4Come dicono entrambi gli autori nelle loro opere, il desiderio dell’uomo non può mai soddisfarsi del tutto. Come spiegare dunque questa corsa frenetica per inseguire gli oggetti, tenendo conto che non fanno in tempo a essere acquistati che già perdono il loro valore? Forse è una visione caricaturale e esagerata, perché non tutti hanno lo stesso rapporto con gli oggetti, ma le conseguenze del capitalismo nella sua declinazione consumistica investono comunque l’intera società. Non c’è più convenienza nell’aggiustare un abito, un mobile o uno strumento domestico. È meno dispendioso buttarlo via e comprarne uno nuovo. Questo fa pensare alle parole di Andy Warhol, ne La cosa più bella di Firenze è McDonald’s: «La mia mente è come un registratore con un solo tasto: “Cancella”»4. La vita quotidiana è diventata una corsa contro il tempo. Si mangia velocemente, si compra di fretta usando casse automatiche oppure attraverso un clic su internet, per avere l’ultimo modello di cellulare e per dimenticare il modello ormai obsoleto comprato appena qualche mese fa.
5Questo approccio all’oggetto è la norma per molte persone oggi. Il loro desiderio è facilmente appagabile grazie ai prezzi accessibili e alla vasta scelta. Siamo circondati da oggetti di vario tipo, dei quali si può scegliere il colore, la forma, grazie anche ai supermercati aperti sette giorni su sette. Si possono acquistare le cose immediatamente. Se non le si trova subito, c’è comunque la possibilità di acquistarle online. Gli oggetti sono presenti nelle pubblicità che si trovano ovunque: per strada, in Tv, alla radio e su internet ci viene “ricordato” di comprare cose di cui prima forse non avevamo neanche bisogno.
6Ovviamente questo approccio agli oggetti non manca di avere un’influenza sul lavoro clinico in comunità. Quello che emerge dalla pratica quotidiana è un attaccamento rivolto non tanto al singolo oggetto, quanto alla sua collezione o a una continua richiesta di oggetti nuovi. Questa frenesia all’acquisto mette in campo un “senza limite”, o almeno l’illusione che non ci sia limite al possesso di oggetti. Per i ragazzi «in situazione di evidente disagio psico-sociale e/o con gravi disturbi di comportamento»5 che ospitiamo in comunità questo ha delle conseguenze ancora più evidenti. Anche per loro la società del super-mercato, del fast-object e del fast food, dell’oggetto liquido, parafrasando il concetto della «modernità liquida» di Zygmunt Bauman6, produce degli effetti. Questa disponibilità di oggetti non può essere considerata a priori come una variabile negativa. Si innesta però su dei quadri clinici nei quali il rapporto con l’oggetto è di per sé problematico in quanto questi giovani presentano, per le loro caratteristiche, una particolare difficoltà a mettere in atto il limite.
7Nella teoria psicoanalitica c’è una distinzione tra l’oggetto perduto, descritto da Freud e sviluppato successivamente da Lacan, e gli oggetti del mondo. Gli oggetti di consumo fanno parte degli oggetti del mondo. Per la maggior parte dei soggetti si può parlare dell’esistenza dell’oggetto perduto, come nella nevrosi, ma altri non hanno mai perso il loro oggetto fondamentale, ce l’hanno addosso, o – come dice Lacan – l’hanno in tasca7.
8La metonimia infinita è la struttura del significante, ossia del linguaggio. Non è una specificità della nostra epoca, che invece è caratterizzata, come dice Lacan, dal Discorso del Capitalista. La nostra epoca fa però un utilizzo della metonimia infinita della struttura del significante facendo credere che non si incontri mai il reale, che è ciò che costituisce il limite, ciò contro cui ci si scontra in quanto è uno dei nomi dell’ «impossibile» . Nel caso dei nostri ragazzi non si tratta di una ricerca dell’oggetto perduto, ma di una metonimia incessante di oggetti, che può diventare un eccesso difficile da gestire.
9Lacan introduce il Discorso del Padrone nel Seminario XVII8, dove parafrasando il concetto di Marx di plusvalore, crea il concetto di plusgodere, mentre abbozzerà il Discorso del Capitalista nella conferenza a Milano del 19729 dove parlerà di quest’ultimo come cifra della modernità, in cui il consumo degli oggetti è visto come il modo di narcotizzare il soggetto nella ripetizione di un godimento fasullo, che porta l’illusione di un falso riempimento, di un falso soggetto completo. Nel Discorso del Capitalista il soggetto si trova allo stesso tempo unito al suo oggetto e in posizione di sembiante, vale a dire in posizione di credersi assoggettato a nulla, padrone delle parole e delle cose, in una specie di io-crazia10. Qui l’alienazione raddoppia in un radicale misconoscimento. «La società dei consumi ha senso in quanto, all’elemento cosiddetto umano tra virgolette, viene dato come equivalente omogeneo un qualsiasi più-di-godere prodotto dalla nostra industria – un più di godere fasullo»11.
10Freud nel suo testo Il disagio della civiltà12 parla della ricerca della felicità nella quale si trova impegnato l’uomo. Nota però, parafrasando Goethe, che il perdurare a lungo di una situazione dominata dal principio di piacere crea soltanto «un sentimento di moderato benessere»13. Si può quindi dire che la mancanza di un termine d’opposizione al benessere, quindi la mancanza di una mancanza, non porti alla felicità. Come dice Goethe a Weimer: «Niente è più difficile da sopportare di una serie di belle giornate»14. La felicità spesso nasce dal fatto di sfuggire all’infelicità o dal risolvere un problema. Nello stesso testo Freud indica come il «soddisfacimento sfrenato di tutti i bisogni» possa sembrare il termine ideale della felicità, ma questo rivela esattamente il contrario, «implica il proprio castigo»15. Così si rende necessario un freno al godimento16.
11Freud nel testo Caducità17 descrive il rischio dell’infelicità generata dal non apprezzare le cose. È proprio la natura effimera delle cose a aumentare il loro valore. A suo parere il limite posto al godimento aumenta la preziosità dell’oggetto18. Freud afferma: «Nel corso della nostra esistenza, vediamo svanire per sempre la bellezza del corpo e del volto umano, ma questa breve durata aggiunge a tali attrattive un nuovo incanto»19. Questo discorso è rivolto a un giovane poeta, il quale non riusciva a godere della bellezza del paesaggio poiché troppo preso a pensare alla caducità delle cose. Freud legge il suo comportamento come una ribellione psichica di fronte al lutto, al prezzo della perdita del godimento di ciò che è bello. Si chiede dunque come mai il distacco della libido dagli oggetti dell’Io sia un processo così doloroso20. In Lutto e melanconia21 affronta la questione della necessita di un «lavoro del lutto». La separazione dall’oggetto d’amore necessita del tempo, non è immediata. La libido che prima è stata legata all’oggetto d’amore o a un’ideale, perde la sua meta. Piano piano deve distaccarsi da essa. Ma durante il lutto, al posto dell’oggetto, spesso si sostituiscono dei ricordi e delle immagini, in alcuni casi anche le allucinazioni. Le aspettative e i ricordi subiscono quindi un sovrainvestimento22. Il lavoro del lutto procede proprio in questo modo, distaccando gradualmente l’energia della libido dall’oggetto perduto. Una volta che questa separazione viene superata, l’Io del soggetto perde l’inibizione legata al lutto23. Il giovane poeta, invece non riesce ad accettare che esista un ciclo naturale di morte e di rinascita o di riparazione. Questo fa pensare alla situazione opposta, ovvero a un eccesso di godimento, un “troppo” senza fine.
12Questa lettura di Freud sull’atteggiamento pessimista di fronte alla caducità apre un’ipotesi rispetto al rapporto dell’uomo con l’oggetto al giorno d’oggi. Come il poeta che circa cento anni fa non riusciva a godere della bellezza delle cose poiché erano destinate a finire, così oggi il ricambio continuo degli oggetti potrebbe corrispondere alla stessa difficoltà nell’accettazione della loro caducità. Pur di riempire lo spazio della mancanza d’oggetto fondamentale, ci si riempie di oggetti con le loro copie infinite.
13Jacques Lacan nel Seminario IV24 riprende i testi di Freud per studiare l’oggetto e il concetto di relazione oggettuale. Riprende dunque il pensiero di Freud, secondo il quale ogni uomo ricerca degli oggetti come conseguenza di una primitiva perdita d’oggetto (la Cosa): si tratta quindi sempre di un oggetto da ritrovare, che tuttavia non è un oggetto pienamente soddisfacente. Si tratta di una ripetizione e di una nostalgia che lega il soggetto all’oggetto perduto, le quali fungono da motore nella ricerca25. Questa ricerca crea una tensione fondamentale, «che fa sì che ciò che è ricercato non lo è allo stesso titolo di ciò che sarà trovato»26. La ripetizione rimane impossibile da soddisfare. Il principio di piacere si realizza in formazioni irrealistiche e il principio di realtà, al contrario, può comportare che ciò che il soggetto trova sia diverso da ciò che desidera. Per Lacan l’oggetto ha una funzione centrale per il soggetto: è uno strumento per mascherare lo sfondo di angoscia che caratterizza il rapporto del soggetto con il mondo27.
14Sempre riguardo all’oggetto, Lacan descrive la dialettica del dono e dello scambio in cui il soggetto entra dai primi giorni di vita. Parlando della frustrazione, descrive la relazione primitiva madre-bambino. La frustrazione è il rifiuto di un dono e il dono è il simbolo d’amore. Lacan dice che ciò che è fondamentale in una relazione d’amore è che non vi è soltanto un oggetto, bensì anche un essere, e nota: «C’è dono solo perché c’è una immensa circolazione di doni che ricopre tutto l’insieme intersoggettivo. Il dono emerge da un aldilà della relazione oggettuale»28. Il dono appare quindi solo su uno sfondo di assenza, perché non c’è dono se non costituito dall’atto che lo ha preliminarmente annullato o revocato. E per questo che il dono «si dà o meno all’appello»29. L’appello non si sostiene se non con il suo contrario, come mostra il gioco del Fort-Da isolato da Freud, e si fa sentire quando l’oggetto non c’è. Quando c’è, l’oggetto si manifesta essenzialmente solo come segno del dono, vale a dire come niente in quanto oggetto di soddisfacimento, per questo il gioco è fondamentalmente deludente per il bambino30.
15Come fa notare Jacques-Alain Miller, Lacan ci dimostra che ciò che è fondamentale rispetto all’oggetto è che sia dato con l’amore assumendo lo statuto del dono. Quando manca l’amore, il valore dell’oggetto cade, perché l’amore non ha niente di materiale31. L’oggetto, in quanto dono, è un segno d’amore per il soggetto e ha un valore per il soggetto solo se c’è questa componente fondamentale. Gli oggetti moltiplicati all’infinito, accessibili ma senza una presenza, non valgono niente.
Conclusioni
Possiedo tanto, e il sentimento per lei inghiotte tutto; possiedo tanto, e senza di lei tutto mi diventa nulla32.
16La società consumistica ricambia gli oggetti senza soffermarsi su nessuno di loro, li colleziona desiderando sempre quello che appartiene all’altro e, infine, lo fa sempre più rapidamente attraverso la tecnologia più avanzata, accorciando i tempi di acquisto. Parlando di soggetti che hanno perso l’oggetto primordiale si potrebbe supporre che questa ricerca sia atta a ritrovarlo fra gli oggetti del mondo. La stessa cosa non si può dire per i soggetti privi di questa mancanza fin dall’inizio, come nelle condizioni di psicosi o di autismo. In questi casi, i soggetti sono sensibili alla mancanza del limite tipica degli oggetti di consumo.
17Ci si può chiedere se nella società d’oggi succeda quello di cui ha parlato Freud riguardo la caducità. L’accettazione della perdita delle cose, della loro caducità necessita tempo. Si potrebbe dire che questa corsa al ricambio veloce degli oggetti serva ad accorciare i tempi della sofferenza legata alla perdita d’oggetto. Ma, paradossalmente, l’insoddisfazione non si riduce. Il pessimismo del poeta del suo tempo sembra essersi trasformato nella felicità illusoria d’oggi. La mancanza d’oggetto non può essere coperta da una moltiplicazione degli oggetti e la sostituzione veloce non aiuta a essere felici. Ci potrebbe essere però qualcosa in più. Riprendendo Lacan, l’oggetto del mondo diventa il segno d’amore, ma l’oggetto in sé è un “niente” quindi non può mai soddisfare del tutto la richiesta d’amore. La mancanza di un riconoscimento simbolico (amore) snatura il rapporto con gli oggetti, così come se moltiplichiamo all’infinito gli oggetti arriviamo a un punto in cui non riusciamo più a contarli e perdono il loro valore iniziale.
18Credo che il fast-object, attraverso il quale viene soddisfatto il desiderio inappagato dell’oggetto perduto, sia diverso da quello dei tempi di Goethe. Si tratterebbe quindi piuttosto di “tappare” una mancanza di riconoscimento simbolico, di una ricerca di un oggetto facile e veloce da ottenere senza entrare troppo nel gioco delle relazioni umane. Ciò che sta succedendo con gli oggetti nella società moderna non riguarda soltanto gli oggetti ma investe la vita in uno spettro più ampio. La fretta è una caratteristica estesa a tutta la società d’oggi. Il tempo che dedichiamo al lavoro è maggiore di una volta. Le persone hanno meno tempo da passare assieme. Il fast-object è quell’oggetto del mondo di cui parla Lacan, il quale viene a soddisfare il soggetto durante il gioco simbolico di assenza-presenza. Le relazioni interumane non sono facili, comportano frustrazione, possono essere deludenti. È meno costoso sul piano personale ottenere degli oggetti evitando il contatto umano. Ottenere gli oggetti in questo modo è meno frustrante ma è una felicità illusoria. L’oggetto acquista valore se è dato o fatto con amore. Un esempio che illustrerebbe questo meccanismo è l’oggetto artigianale, ma anche il prodotto di fabbrica quando esso è donato con amore. Presenza e amore donano all’oggetto uno statuto “senza prezzo”. Ma anche in questo caso un oggetto non può sostituirsi alla presenza. Quello che è più difficile ai tempi d’oggi è proprio quest’ultimo punto. Gli oggetti prodotti da questa macchina moderna sono talmente tanti da perdersi. Siamo però capaci di scegliere, di decidere a cosa dedicare il nostro tempo e a cosa no.
19Come dice Freud esiste la pulsione di vita (principio di piacere) e pulsione di morte (al di là del principio di piacere)33. L’inconscio non è soltanto una macchina della ripetizione. Questo fa pensare all’oceano vivo del romanzo di fantascienza Solaris di Stanisław Lem34. È un mare che entra in relazione con gli uomini ed è un essere a sé stante. Ricorda un inconscio vivo e pulsante. Come si può evitare che la dialettica d’oggetto non diventi una macchina senza freni? Far sì che oltre al tasto “cancella”, appaia anche “registra”? Per non far diventare gli oggetti liquidi e senza forma, perché qualcosa manchi e quindi resti. Forse quello che fa la differenza e quello che resta è proprio l’amore e la presenza, il tempo dedicato a una persona al di là dell’oggetto.
Notes de bas de page
1 A. Warhol, La cosa più bella di Firenze è McDonald’s: aforismi mai scritti, a cura di M.B. Bianchi, Viterbo, Nuovi Equilibri, 1994, p. 38.
2 S. Freud, Progetto di una psicologia [1895], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 2014, vol. 2, pp. 193-284; e La negazione [1925], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 2012, vol. 10, pp. 195-206.
3 J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L’angoscia [1962-1963], Torino, Einaudi, 2007.
4 A. Warhol, La cosa più bella di Firenze è McDonald’s cit., p. 12.
5 Definizione che si trova nella Dgr della Regione Veneto n. 242 del 2012, Allegato A [N.d.A.].
6 Z. Bauman, Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2011.
7 Cfr. J.-L. Gault, Oggetto in tasca, in Aa. Vv., Scilicet. Gli oggetti a nell’esperienza psicoanalitica, Macerata, Quodlibet, 2008, pp. 254-257.
8 J. Lacan, Il seminario, Libro XVII, Il rovescio della psicoanalisi [1969-1970], Torino, Einaudi, 2001.
9 Id. (1974), Del discorso psicoanalitico, in Lacan in Italia, Milano, La Salamandra, 1978, p. 196.
10 Id., Il Seminario, Libro XVII, Il rovescio della psicoanalisi [1969-1970], Torino, Einaudi, 2001, p. 95.
11 Ivi, pp. 96-97.
12 S. Freud, Il disagio della civiltà [1929], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 2012, vol. 10, pp. 553-630.
13 Ivi, p. 568.
14 Ibidem, in nota.
15 Ibidem.
16 Ibidem.
17 S. Freud, Caducità [1915], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 2011, vol. 8, pp. 169-176.
18 Ivi, pp. 173-174.
19 Ivi, p. 174.
20 Ivi, pp. 174-175.
21 Id., Lutto e melanconia, in Metapsicologia [1915], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 2011, vol. 8, pp. 102-118.
22 Ivi, p. 104.
23 Ivi, pp. 104-112.
24 J. Lacan, Il seminario, Libro IV, La relazione oggettuale [1956-1957], Torino, Einaudi, 2007.
25 Ivi, pp. 8-9.
26 Ibidem.
27 Ivi, p. 16.
28 Ivi, p. 181.
29 Ibidem.
30 Ivi, pp. 181-182.
31 J.-A. Miller, Delucidazioni su Lacan, Torino, Antigone, 2008, p. 304.
32 J.W. Goethe, I dolori del giovane Werther, vol. II, Milano, Feltrinelli, 2015, p. 107.
33 S. Freud, Al di là del principio di piacere [1920], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 2013, vol. 9, pp. 187-249.
34 S. Lem, Solaris [1961], Sellerio, Palermo, 2013.
Auteur
Psicologa, psicoterapeuta, partecipante Scuola Lacaniana di Psicoanalisi, cooperativa sociale Il Lievito, operatrice presso la comunità educativa-riabilitativa Antennina di Venezia delle Opere Riunite Buon Pastore.
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