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1. Vivere in un mondo nuovo

p. 7-9

Dédicace

A Manuela ed Elena,
che mi mettono in crisi
ogni giorno.


Texte intégral

1Il mondo è cambiato e sono cambiate le relazioni tra i sessi. Dagli anni Settanta del secolo scorso a oggi è avvenuto un mutamento profondo non solo nei ruoli lavorativi o sul piano dei diritti, ma anche nell’immaginario, nelle rappresentazioni e nei linguaggi.

2Ma il cambiamento non è mai lineare. Assistiamo ad apparenti novità che ripropongono vecchi modelli e a realtà inedite che non riusciamo a riconoscere. Le rappresentazioni sociali di donne e uomini sono in continuo mutamento e rivelano, al tempo stesso, continuità carsiche.

3Eppure su una cosa tutti sembrano essere d’accordo: se prendiamo un periodico di moda o ascoltiamo in TV uno di quegli esperti a cui ci si affida per capire dove vanno le nostre vite, tutti ci diranno che “gli uomini sono in crisi”: frustrati, disorientati, messi all’angolo e privati delle loro tradizionali attitudini. Una delle rappresentazioni più diffuse, diventata luogo comune, descrive uomini depressi, intimoriti dalla perdita di ruolo, di riferimenti per la propria identità, aggrediti da un femminismo che avrebbe “esagerato”, messi in crisi dalla libertà e dall’autonomia delle donne, castrati dal confronto con una sessualità femminile disinvolta e aggressiva.

4Gli uomini sarebbero dunque minacciati dal cambiamento: da un cambiamento frutto di un riequilibrio di diritti e poteri ormai inevitabile, dopo tante disparità e discriminazioni, ma comunque fonte di sofferenza e disagio, di reazioni rancorose e desideri di rivincita su cui sempre più fanno leva le retoriche di emergenti leader xenofobi e reazionari.

5La categoria ambigua e generica della “crisi” è utilizzata per rappresentare il quadro confuso di conflitti, nuovi desideri e disagio, che emergono al mutare di ruoli consolidati, allo stravolgimento dei tradizionali luoghi di socializzazione maschile e al venire a mancare di modelli di riferimento in grado di conferire senso ai nostri progetti di vita.

6Ma la “crisi” può essere intesa in modi molto diversi cambiando il modo in cui la viviamo e in cui reagiamo. La caduta di un ordine di dominio viene rappresentata come una minaccia all’identità di ogni uomo: alla “crisi dell’ordine patriarcale” corrisponderebbe linearmente la crisi dei singoli uomini. Il carattere ambivalente e aperto del concetto di crisi lascia così il posto a una rappresentazione depressiva e ripiegata su se stessa: la perdita di efficacia di un ordine, di un sistema di riproduzione sociale, viene rappresentata come causa della crisi di ogni singolo uomo e non invece come il contesto in cui gli uomini possano ridefinire la propria identità, il proprio rapporto con il lavoro, la propria collocazione nelle relazioni, la propria sessualità.

7La retorica sulla crisi della virilità non è una novità, riaffiora in tutte le fasi di mutamento e, soprattutto, non è neutrale: è una costruzione retorica che agisce almeno dalla fine dell’Ottocento e ha l’effetto di riproporre un sistema gerarchico di relazione tra i sessi.

8Le narrazioni e le rappresentazioni dominanti contribuiscono a dare forma alle esperienze delle persone. Il modo in cui il mutamento viene rappresentato ne è esso stesso parte cambiandone la percezione. Come in una sorta di profezia che si autoavvera, le aspettative maschili rispetto al mutamento in corso creano il contesto in cui gli uomini si trovano ad agire.

9La possibilità di sviluppare elaborazioni differenti dipende dalla disponibilità di strumenti di lettura, di reti di relazioni e, soprattutto, di rappresentazioni alternative. Il fatto che non siano disponibili forme diverse per esprimere come gli uomini stanno nel cambiamento, costringe questa esperienza e la sua percezione in una dimensione frustrata e regressiva.

 

10Se il mondo è cambiato dobbiamo cambiare gli occhi con cui lo guardiamo.

11È tramontato un mondo in cui il lavoro era prerogativa maschile ed era il riferimento prioritario per la costruzione dell’identità e nel quale le genealogie maschili si fondavano su saperi e ruoli consolidati. Ciò che siamo e ciò che sappiamo sul mondo si basa sempre meno sull’eredità esclusiva dei nostri padri e il lavoro è un’attività sempre più precaria e frammentata. I saperi di una generazione sul mondo e sul lavoro diventano rapidamente obsoleti. I luoghi del lavoro e delle professioni, le competenze, il ruolo di sostentamento economico sono sempre meno esclusive maschili.

12Allo stesso tempo le donne hanno messo in discussione i ruoli nella sessualità, i modelli relazionali, i riferimenti simbolici, i codici della seduzione, la percezione dei corpi, i canoni di autorevolezza e autonomia.

13È, infine, andata avanti una generica secolarizzazione della società, delle sue regole e dei modelli familiari.

14La crisi dei riferimenti tradizionali per la costruzione dell’identità maschile, la nuova libertà femminile e la “laicizzazione” della società ci dicono che l’essere uomo non passa più dal “portare i soldi a casa”, insegnare un mestiere, spiegare come va il mondo, verificare la propria virilità a letto, dimostrare la propria autosufficienza, affermare la propria autorevolezza attraverso l’autorità.

15Questo sommovimento ci costringe a ripensare il senso del nostro essere padri, compagni e uomini. Ma ci apre uno spazio inedito per reinventare il nostro rapporto col lavoro, con il denaro e con il potere, la nostra sessualità, il nostro modo di essere figli e padri.

16La stessa costruzione del potere maschile – sociale, simbolico e nelle relazioni – si è incrinata: sono entrate in crisi istituzioni maschili che riproducevano privilegio, controllo e autorità, ma si è anche andata esaurendo la capacità di questi ruoli, di questi modelli, di dare identità, di produrre saperi e di rispondere alla domanda di senso degli stessi uomini.

17Anche se vecchi modelli stereotipati tornano ambiguamente in forme sempre aggiornate, è irrimediabilmente entrata in crisi l’illusione che attitudini e ruoli di genere consolidati siano “naturali”. Questo mutamento rende ormai impossibile per gli uomini pensare il proprio posto nel mondo, la percezione che hanno di sé come un dato naturale: anche il maschile si mostra essere un genere costruito socialmente.

18Come stare in questo enorme processo di cambiamento come uomini? Come riconoscere le opportunità che si aprono per le nostre vite concrete e le nostre prospettive esistenziali, oltre il disagio, la frustrazione e il disorientamento?

19È possibile una lettura della collocazione degli uomini nel cambiamento diversa dalla semplice categoria di crisi o che sappia interpretare senso e potenzialità di questa crisi? C’è una specificità della fase che stiamo vivendo oltre l’eterno ritorno della retorica sul rischio di svirilizzazione degli uomini e di smarrimento della virilità che ha attraversato gli scorsi due secoli?

20E se il cambiamento in cui siamo immersi non fosse una minaccia ma un’opportunità per gli uomini?

21Questo libro vuole provare a capire se siano possibili letture e risposte diverse in grado di interpretare la nuova esperienza maschile. Se sia possibile cercare un’altra strada oltre le spinte regressive della nostalgia, della frustrazione o del vittimismo e oltre i richiami normativi, i sensi di colpa o gli appelli volontaristici alla mera “assunzione di responsabilità” o gli omaggi di maniera alle qualità femminili.

22Cercare parole per dar voce a un possibile desiderio di cambiamento degli uomini.

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