La nouvelle classique: rottura o continuità?
p. 75-90
Texte intégral
1Le tappe secentesche della nascita e diffusione del romanzo in Francia sono state ampiamente delineate dalla critica1. La composizione delle opere e i discorsi teorici attestano come il genere narrativo che viene definito come roman comprenda in verità una serie di testi in prosa appartenenti almeno a due generi fondamentalmente diversi: quello del romanzo e quello della novella. Genere quest’ultimo che acquisisce un’esistenza a sé stante e prende il nome di nouvelle classique tra il 1660 e il 1680, ossia tra l’inizio del regno personale di Luigi XIV e la crisi politica e sociale che comincia negli anni Ottanta2.
2Dopo un primo lavoro di Frédéric Deloffre del 19673, René Godenne4, con i suoi studi e le sue edizioni critiche, ha fatto emergere un nuovo interesse verso quel genere narrativo diverso dal romanzo e poco stimato dalla critica moderna ma anche dagli stessi narratori secenteschi, che consideravano, almeno nella prima metà del secolo, il genere breve inferiore al lungo. La pubblicazione degli atti di una serie di convegni5 e la raccolta di novelle secentesche edita nella prestigiosa «Bibliothèque de la Pléiade»6 evidenziano questa rinascita d’interesse in Francia nei confronti del genere narrativo breve secentesco.
3Nuovi studi critici sono stati dedicati alle novelle della seconda metà del secolo: Nathalie Grande7 ha studiato la scrittura femminile nel periodo che va dal 1654 al 1678 sia nelle novelle che nei romanzi; Edvige Keller8 si è interessata, nello stesso anno, al tema della morte nella nouvelle classique; Christian Zonza9 ha pubblicato, nel 2007, uno studio sulla novella storica nella seconda metà del Seicento.
4La definizione di un corpus di “novelle classiche” ha però da sempre creato difficoltà agli studiosi. La novella francese della seconda metà del Seicento comprende opere appartenenti a generi o sottogeneri diversi: novelle sottotitolate storiche, come Dom Carlos di Saint-Réal, novelle apparentemente storiche ma non sottotitolate, come La Princesse de Montpensier di Madame de Lafayette, romanzi epistolari come Les Lettres portugaises, novelle galanti come le Nouvelles galantes, comiques et tragiques di Donneau de Visé.
5In tutti i lavori critici citati, emerge la difficoltà da parte degli studiosi nel definire il genere della “novella classica”. Christian Zonza, per esempio, nell’individuare un corpus di novelle a sfondo storico su cui lavorare, si trova a dover affrontare una serie di problemi, che lo inducono a intitolare significativamente il primo capitolo del suo studio En Quête d’un corpus.
6La delimitazione cronologica alla base dei volumi citati prende in considerazione gli anni che vanno dal 1657 (anno di pubblicazione delle Nouvelles françaises di Segrais, di cui parleremo più avanti) o dal 1660, primo anno di regno personale di Luigi XIV, all’inizio degli anni Ottanta del Seicento; poi si passerebbe dalla novella al petit roman, considerato da alcuni critici come qualcosa di diverso rispetto alla novella (da Deloffre, per esempio, non da Zonza che estende il limite cronologico del suo studio fino al 1700).
7Con la sparizione dei lunghi romanzi epici nuove strade si offrono ai romanzieri, e sotto la denominazione di nouvelle classique in realtà si celano pratiche e strutture narrative diverse. Kibédi-Varga10 fa un tentativo di definizione della nouvelle classique, proponendo due suddivisioni possibili: la prima formale (novelle intercalate o inquadrate e novelle indipendenti), la seconda di tono (grave, comico, realista, borghese). Se la prima suddivisione formale è piuttosto evidente, la seconda non è sempre facilmente applicabile al corpus novellistico eterogeneo della seconda metà del secolo, che comprende un numero elevato di testi narrativi in prosa, la maggior parte dei quali ancora da analizzare.
La novella francese e le eredità italiane e spagnole
8La novella in Francia fa la sua apparizione fin dal xv secolo con Les Cents Nouvelles e con l’Heptaméron di Margherita d’Angoulême, regina di Navarra del 1558-59, tributari entrambi dei modelli italiani e delle novelle di Boccacio. Sempre l’Italia e le novelle di Bandello sono le fonti delle Histoires tragiques di fine Cinquecento, che pur non chiamandosi nouvelle sono un genere breve di grande successo nei primi decenni del secolo. Si tratta di racconti, talvolta ispirati a fatti di cronaca nera, che andavano incontro al gusto del pubblico per l’orrido e il macabro, aspetto che si ritrova anche nella produzione teatrale di questo periodo (penso, in particolare, al teatro di Alexandre Hardy).
9All’inizio del Seicento, le Novelas ejemplares di Cervantes del 1613, tradotte due anni dopo in francese da Rosset e Audiguier e poi ripubblicate più volte nel corso del secolo, conoscono in Francia un successo immediato e durevole. Se ne avverte l’influenza nelle Nouvelles françaises di Sorel del 1623, cinque racconti poi rimaneggiati e ripubblicati nel 1645 con il titolo di Les Nouvelles choisies, con l’aggiunta di due nuovi e l’inserimento in un racconto cornice, occasione per l’autore per precisare (ed è il primo a farlo) le sue opinioni su un genere che sente essere diverso dal romanzo, per il quale rivendica soggetti tratti dalla realtà contemporanea (parigina in particolare) e uno stile incentrato sulla semplicità.
10Dopo Sorel, riprendono le novelle spagnole Scarron nel 1655 con Les Nouvelles tragi-comiques, d’Ouville con Les Nouvelles amoureuses et exemplaires del 1656 (una raccolta che comprende quattro novelle riprese da una raccolta di María de Zayas e due tratte da Castillo Solórzano), suo fratello, l’abbé Boisrobert, un anno dopo, con Les Nouvelles héroiques e amoureuses. Le novelle incluse nel Roman comique di Scarron occupano un terzo del romanzo e derivano anch’esse dalle novelle spagnole. D’Ouville aveva pubblicato, inoltre, qualche anno prima, nel 1643, una raccolta di Contes, intitolata Les Contes aux heures perdues, comprendenti aneddoti ripresi in parte dalle Facezie di Poggio Bracciolini, in parte da autori spagnoli. Questi racconti molto brevi (trecentosettantanove in tutto), giudicati, in seguito, volgari e licenziosi, ebbero un enorme successo: furono ristampati diverse volte nel Seicento, poi sistemati secondo un ordine diverso e arricchiti con altri racconti di altri autori, ripubblicati nel 1663 con il titolo di Les Récreations françaises e nel 1678 come Nouveaux Contes à rire. Notevole il successo settecentesco di questi brevi racconti, che sono stati inseriti insieme alle traduzioni francesi delle novelle di Boccaccio in alcune raccolte di novelle settecentesche.
11Nel 1657, la pubblicazione da parte di Segrais delle Nouvelles françaises segna un punto di svolta nell’evoluzione del genere in Francia. Anch’egli debitore nei confronti della novellistica spagnola, Segrais si sforza di definire un genere che contrappone a quello del romanzo e di renderlo autoctono. Il racconto cornice nel quale sono inserite le novelle, che come quelle di Sorel sono ormai francesi, serve all’autore per abbozzare una definizione di quella forma narrativa che anche lui, come Sorel, considera diversa e nuova.
12Con la pubblicazione nel 1662 de La Princesse de Montpensier si apre, poi, l’epoca della novella indipendente, storica e galante, che genera, secondo la critica, una rottura tra la nuova novella di metà Seicento, la nouvelle classique, e la produzione precedente, legata all’influenza italiana e soprattutto spagnola. Le nuove novelle storiche e galanti conoscono simultaneamente un grande successo, che si manifesta con una vasta produzione (Mademoiselle de Scudéry, Madame de Lafayette, C. de Saint Réal, Le Noble, Madame de Villedieu, J. de Préchac) e nello stesso tempo con la stesura di una serie di testi critici. Il «Mercure galant», rivista mensile con informazioni politiche, mondane e culturali, giocò un ruolo fondamentale nella diffusione e nella definizione del genere della novella della seconda metà del Seicento. Dal 1672 al 1710, anno della morte del fondatore, Donneau de Visé, più di trecentosettanta novelle, quasi tutte anonime, furono pubblicate sulla rivista11. Si tratta, per lo più, di novelle galanti e storiche, con una struttura lineare concentrata su pochi personaggi che agiscono in una realtà prossima a livello spazio-temporale. Lo stesso De Visé scrisse, però, ben quattro raccolte di novelle tra il 1663 e il 1669, alcune delle quali, le Nouvelles nouvelles del 1663, ancora molto legate al modello di Segrais e quindi alla Spagna, altre, le Diversités galantes del 1664, con forti legami con le novelle rinascimentali italiane.
13Grandi contraddizioni si percepiscono, dunque, nel definire e teorizzare il genere della novella secentesca francese. Noi in questa sede cercheremo di definire la nouvelle classique e ci interrogheremo sul rapporto di continuità o di rottura che essa ha con la produzione novellistica francese precedente e con il romanzo del primo Seicento.
La novella secentesca in Francia: alla ricerca di una definizione
14Il genere della novella non offre nel Seicento, come abbiamo visto, una definizione univoca né presenta delle caratteristiche omogenee. Si parla di nouvelle, histoire, historiette, histoire galante, nouvelle galante, nouvelle historique, petit roman. Le frontiere sono mobili e non definite, visto che gli autori secenteschi non scrivevano i loro testi basandosi su una classificazione che la critica vorrebbe stabilire in maniera razionale e logica, come se tutta l’organizzazione della produzione letteraria del secolo fosse stata composta seguendo un’organizzazione prestabilita.
15Nel 1664, nella sua Bibliothèque française, accurato catalogo delle forme romanzesche francesi secentesche, Sorel, già autore qualche anno prima, come abbiamo visto, di una raccolta di Nouvelles françaises, ritorna sulla definizione già abbozzata in precedenza specificando che spesso le novelle sono più brevi dei romanzi e che, pur non avendo sottotitolo e non essendo cioè definite nouvelles dal loro stesso autore, si riconoscono perché hanno come argomento degli avvenimenti recenti. Specifica, poi, peraltro, che non sempre queste regole sono seguite e d’altra parte lui stesso, sempre nella sua Bibliothèque française, mette sullo stesso piano la nouvelle historique e la nouvelle galante, utilizza il termine histoire per le opere che utilizzano la storia, poi confonde le historiettes con le nouvelles e chiama le novelle un po’ più lunghe dei petits romans.
16Du Plaisir nel 1683, nei Sentiments sur les lettres et sur l’histoire, considera la novella un racconto breve e aggiunge che l’epoca in cui si svolge la vicenda narrata deve essere recente e i luoghi vicini e non esotici. Nel 1699, l’Abbé de Villiers, nei suoi Entretiens sur les contes de fées et sur quelques autres ouvrages du temps, considera come romanzi tutte le opere narrative, lunghe o brevi che siano.
17Furetière, nel Dictionnaire, sostiene che l’histoire è «un petit récit», mentre l’historiette è «une petite histoire vraie»12. Nel Dictionnaire di Richelet la nozione di brevità quantitativa non è menzionata e la novella è definita come «le récit ingénieux d’une aventure agréable»13. L’idea di unità, contenuta nel termine aventure, e la nozione di piacere, contenuta nell’aggettivo agréable, sembrano sostituire i concetti di brevità e di realismo, ma la confusione resta.
18Il xviii secolo non porta maggiore precisione nella definizione dei generi. Nei dizionari dell’Académie française e di Trévoux nouvelle e histoire sono sinonimi, nei cataloghi di vendita le novelle storiche sono definite come romanzi storici, nella Bibliothèque universelle des romans di J.F. Bastide del 1782 le novelle storiche e i contes sono inseriti insieme, in maniera confusa, nel settimo gruppo, dopo i romanzi comici.
19Nel xx secolo la critica, nel tentativo di definire in maniera razionale la novella secentesca francese, ha dovuto fare i conti con una grande confusione di termini e di prassi. I termini che definiscono i due generi romanzo e novella sono, infatti, come abbiamo detto, oscillanti nel xvii secolo.
20Dalle definizioni di Sorel e di Du Plaisir emergono due idee fondamentali per quanto riguarda la definizione della novella in contrapposizione al romanzo: quella di brevità e quella di realismo. Alcuni dei nomi che all’epoca sono attribuiti alla novella rinviano, in effetti, all’idea di brevità: historiette, petite histoire, petit roman. Ma la definizione mensurale, basata sull’opposizione breve/lungo, non è sempre efficace. Noi consideriamo la novella secondo una concezione moderna, nata nell’Ottocento, che ritiene che uno dei criteri essenziali per la sua definizione sia la brevità che la contrappone al romanzo. Secondo la definizione moderna di “novella”, oggi saremmo tentati di inserire molte delle novelle del xvii secolo nel genere del romanzo, perché sono molto lunghe. È il caso della Princesse de Clèves, chiamata novella nel xvii secolo dalla sua autrice, ma considerata oggi come un romanzo, o di Cléonice ou le Roman galant di Madame de Villedieu, sottotitolata nouvelle.
21Per quanto concerne la definizione mensurale, bisogna esaminare, dunque, i testi narrativi secenteschi con gli occhi del lettore del xvii secolo, per il quale il romanzo è strutturato in diversi tomi lunghi centinaia di pagine ognuno. Comparando le novelle cinquecentesche e secentesche con i due romanzi di La Calprenède pubblicati tra il 1642 e il 1647, Cassandre di 5483 pagine e Cléopatre di 4153, ci si accorge che effettivamente anche un testo di trecento o quattrocento pagine poteva essere considerato breve. Anche il concetto di “realismo” non è sempre efficace e si andrà perdendo, come abbiamo visto, verso la fine del secolo.
22Se il genere della novella non offre, quindi, nel Seicento, una definizione univoca, anche il termine roman non ha lo stesso significato all’inizio e alla fine del secolo: all’inizio designa il romanzo barocco, che moltiplica le peripezie a scapito della verosimiglianza, dalla metà del secolo in poi sembra invece prendere in considerazione la globalità delle opere narrative in prosa. Bisognerà aspettare il Traité de l’origines des romans di Huet del 1671 per scorgere un primo abbozzo di teorizzazione del genere.
23Il contesto storico modifica, quindi, il senso dei termini nouvelle e roman, che dovrebbero essere considerati più come “sintagmi idiomatici”, in continua evoluzione, e rende pressoché impossibile una definizione netta e precisa di due generi che sono collegati tra loro in maniera inestricabile.
Rottura o continuità tra le novelle del primo e del secondo Seicento?
24Nel 1671, in De la Connoissance des bons livres Sorel scrive: «Depuis quelques années, les trop longs romans nous ayant ennuyés, on a composé plusieurs petites histoires qu’on a appelées des Nouvelles ou des Historiettes»14.
25Nel 1679, l’abbé de Charnes, nelle sue Conversations sur la critique de la Princesse de Clèves (pubblicate con il sottotitolo di nouvelle historique), osserva che non si può trovare la descrizione di una novella presso gli Antichi: «puisque ces sortes d’ouvrages sont une inventions de nos jours»15.
26Le Sieur Du Plaisir, nei suoi Sentiments sur les Lettres et sur l’Histoire avec des scrupules sur le style (1683), oppone l’Histoire véritable, che si definisce per lo stile elevato, l’ordine e la verità, alla nouvelle, che è verosimile, poi contrappone gli Anciens romans a una nuova forma di narrativa che chiama petite histoire nouvelle o roman nouveau. Conclude, sottolineando che «les petites histoires ont entièrement détruit les grands romans»16.
27Basandosi sulle affermazioni di Sorel e Du Plaisir, Deloffre, per primo, ne La Nouvelle en France à l’âge classique ha affermato che dal 1660 si assiste in Francia al trionfo dei generi narrativi brevi, Le triomphe des genres brefs, come chiama Deloffre il capitolo del suo libro dedicato alla novella. A dire il vero, i cosidetti genres brefs esistevano e avevano successo già prima del 1660, come abbiamo delineato in apertura. La constatazione che non ci siano raccolte di novelle importanti nella prima metà del Seicento è, come abbiamo visto, priva di fondamento, com’è priva di fondamento l’affermazione che la novella nella prima metà del secolo sia schiacciata dal successo del romanzo. Esistono le Histoire tragiques, che hanno un enorme successo, esistono le novelle di origine spagnola di Scarron, Boisrobert, d’Ouville, esistono traduzioni e adattamenti di novelle del Boccacio. La novella non appare dunque a metà Seicento, ma è già presente in Francia e ha successo contemporaneamente al romanzo eroico.
28I critici concordano nell’affermare che la lunghezza delle opere narrative diminuisce radicalmente nel corso del Seicento e che questa riduzione quantitativa si deve all’evoluzione della poetica del romanzo. Effettivamente, i grandi romanzi d’inizio secolo, dall’Astrée (1607-1619) alla Polexandre di Gomberville del 1637, alle opere di La Calprenède, per citare alcuni esempi, sono opere di vari volumi, veri romans fleuve, come si direbbe oggi. Ma se è vero che verso la metà del secolo si diradano i lunghi romanzi, non è corretta l’asserzione che la novella nasce, si sviluppa e ottiene un grande successo in Francia solo a partire da questo periodo. Scompaiono, sì, le opere lunghe, ma non appaiono quelle brevi, che erano già presenti nella prima metà del secolo, e non erano minori, come la critica spesso le ha definite.
29La novella non nasce, dunque, in sostituzione ai lunghi romanzi barocchi, sorpassati, noiosi e disprezzati ormai da critici e lettori, ma esiste già, senza peraltro essersi mai contrapposta al romanzo.
30Contrariamente alle tesi di Du Plaisir, il 1660 vede la sparizione dei lunghi romanzi ma non l’apparizione di quelli brevi. D’altra parte Du Plaisir porta avanti una visione della storia letteraria che prevede la scomparsa del romanzo barocco, lungo, inverosimile e immorale, e la nascita di una nuova forma narrativa più breve, verosimile e moralmente corretta, che rappresenta il classicismo voluto da Luigi XIV. L’idea del passaggio dal disordine all’ordine, dal barocco al classicismo, viene utilizzata non solo a livello teatrale (per capirci si passa da Hardy a Racine) ma anche a livello narrativo, ossia si passa dal romanzo barocco alla novella, che la critica definirà classique. D’altra parte l’ideale classico non può che celebrare l’idea della concentrazione che permette quindi la riduzione.
31Abbiamo parlato in apertura dei numerosi volumi pubblicati sulla famosa nouvelle classique, ossia la novella della seconda metà del secolo. Ma esiste effettivamente questa forma di novella e non ha nessun rapporto con le novelle precedenti?
32Godenne passa sotto silenzio il fenomeno della traduzione delle novelle spagnole e l’influenza che quest’ultime hanno avuto sulla novella francese, Deloffre propone un capitolo dal suggestivo titolo De la novela espagnole à la nouvelle française: Sorel, Scarron et Segrais17, sottolineando che la nuova concezione della novella francese potrebbe avere un’impronta spagnola non meglio identificata.
33Nel suo studio Parentés franco-espagnoles, Guiomar Hautcoeur18 si chiede, polemicamente, se sia possibile che dagli anni Sessanta in poi la novella francese perda ogni contatto con quella spagnola, che aveva avuto un grande successo qualche decennio prima e che continuava a essere tradotta in Francia.
34Il legame tra le novelle definite “classiche” e le novelle imitate da modelli spagnoli e italiani è presente negli scritti teorici dei narratori secenteschi. Sorel, per primo, nel 1664 nella sua Bibliothéque française, evidenzia un legame tra la novella francese e le novelle italiane e spagnole, tracciando la storia tortuosa della novella in Francia, novella che, dopo aver subito la profonda influenza delle opere di Bandello e Boccacio, ha preferito seguire la via di Cervantes e di altri autori spagnoli. Lo scopo di Sorel è dimostrare che il modello spagnolo da lui utilizzato è stato migliorato e che, grazie alle sue raccolte e a quelle degli altri narratori francesi (Segrais, ma anche d’Ouville, Scarron e Boisrobert), la novella è diventata “francese”.
35L’atteggiamento nei confronti dei modelli stranieri dei narratori francesi secenteschi è uguale a quello dei drammaturghi che, pur criticando la Spagna e i suoi autori, hanno adattato e imitato molte delle opere provenienti dal paese limitrofo.
36Oggi gli storici hanno superato l’interpretazione dicotomica, secondo la quale l’affermazione del classicismo francese segna la fine della preponderanza spagnola, e hanno abbandonato la visione di una Francia moderna che disprezza una Spagna arcaica nella seconda metà del xvii secolo19.
37I critici considerano, inoltre, Sorel e Segrais come dei precursori per la novellistica francese e leggono le loro riflessioni teoriche come le basi per la creazione della nouvelle classique, dimenticandosi però che le loro novelle e la loro concezione del genere sono debitrici nei confronti della novellistica spagnola.
38Nel xvii secolo le querelle letterarie riguardano principalmente il teatro, genere ritenuto superiore e direttamente sovvenzionato dal potere monarchico, che diventa l’oggetto di lunghi dibattiti tra seguaci della poetica antica e di quella moderna. Anche l’epopea, seppur in maniera minore, è oggetto di querelle e dibattiti, mentre il romanzo è escluso dalle teorizzazioni, ma è in pieno periodo di formazione.
39Il teatro classico francese vedrà l’affermazione del genere tragico e la condanna della tragicommedia di derivazione italiana e spagnola. Le opere spagnole e italiane troveranno rifugio nella novella, genere in formazione e quindi più libero, e molti drammaturghi francesi diventeranno narratori verso la fine degli anni Cinquanta.
40La novella francese storica e galante di metà Seicento non nasce quindi dal nulla, ma è un vasto campo di sperimentazione poetica che mischia e confronta la tradizione spagnola e italiana con la nascente teorizzazione francese.
Rottura o continuità tra romanzo e novella?
41Entriamo, ora, nella seconda parte della nostra trattazione, relativa alla contrapposizione tra i due generi romanzo e novella che nasce, come abbiamo visto, a metà Seicento, con Segrais, e che prevede il successo del romanzo e l’offuscamento del genere della novella nella prima parte del secolo e il successo della novella e la distruzione del romanzo nella seconda parte.
42La celebre affermazione di Segrais: «Le roman écrit les choses comme la bienséance le veut et à la manière du poète, mais […] la nouvelle doit un peu davantage tenir de l’histoire et s’attacher plutôt à donner les images des choses comme d’ordinaire nous les voyons arriver que comme notre imagination se les figure»20 mette in relazione due forme narrative che fino a quel momento non erano considerate contrapposte. Inserendo il termine di bienséance e “à la manière du poète” dà una definizione del romanzo di metà Seicento, definizione che è ormai differente da quella di inizio secolo di opera in prosa ricca di peripezie inverosimili. Il romanzo di metà Seicento deve rispettare le bienséances, anche se può permettersi di mostrare le vicende rielaborate dai poeti, la novella implica una volontà di realismo maggiore, che può andare di pari passo con le bienséances e che esige il rispetto della verità storica, un nuovo verosimile, insomma, che sia in accordo con l’opinione comune. Segrais introduce un prototipo che sarà ripreso da Madame de Villedieu, da Madame de La Calprenède o da R. Challe.
43Gli autori del xvii secolo, come si sa, si nutrono della Poetica aristotelica che considera il verosimile, ossia l’apparenza del vero, come superiore al vero storico. Il discorso teorico che oppone il verosimile al vero infiamma le anime dei critici di questo periodo, come ben illustra Gunter Berger nel suo Pour ou contre le roman21. Non entro qui nel merito della famosa critica sull’immoralità del romanzo, che vede schierati, tra gli altri, oltre a Segrais, Pierre Daniel Huet, Sorel, ma continuerò invece a seguire il genere della novella. Da questo momento, infatti, la novella inizierà a definirsi, nei tentativi dei critici secenteschi di classificare un genere sfuggente, in contrapposizione al romanzo barocco della prima metà del secolo.
44Nel momento in cui il romanzo entra in crisi, e i teorici gli rinfacciano la sua immoralità e la messa in scena di un mondo chimerico e inverosimile, la novella si definisce in antitesi. Portando in scena la storia può, infatti, più facilmente raccontare la verità. La novella deve quindi occuparsi di azioni e di personaggi reali o storici, conservando però la piacevolezza del romanzo. Segrais, più nella teoria che nella pratica, pone le basi teoriche di questa nuova forma letteraria, che come ribadiamo ancora viene definita in contrapposizione al romanzo. Ma per mettere in luce le contraddizioni interne alla definizione stessa di Segrais bisogna ricordare che gli Scudéry, nella prefazione del loro romanzo Ibrahim ou l’illustre Bassa (1641), fissavano la vraisemblance come uno dei precetti fondamentali per il romanzo.
45Se alcune opere rivelano, in effetti, delle differenze marcate con i romanzi precedenti (La Princesse de Montpensier o La Comtesse de Tende di Madame de La Fayette, per esempio) altre, come le novelle di Mademoiselle de Scudéry, si mostrano però in larga misura tributarie nei confronti del romanzo22.
46Godenne afferma che questa nuova forma di narrazione breve della seconda metà del secolo è collegata al romanzo eroico, essendo una forma ridotta dei lunghi romanzi. Da qui deriverebbe il nome di petit roman, che è utilizzato, a volte, per designare la novella classica. I novellieri si mettono alla scuola dei romanzieri, concentrando le peripezie dei romanzi eroici, eliminando alcuni personaggi, e creando dei romanzi ridotti che passano dalle 2500 alle 250 pagine. La novella classica differirebbe quindi dal romanzo eroico solo per la lunghezza e non per la struttura.
47Come ha evidenziato N. Grande in un interessante articolo dedicato a Madelaine de Scudéry, dal significativo titolo Du Long au court: réduction de la longueur et invention de formes narratives23, la situazione non è così facilmente schematizzabile. Nella narrazione breve non ci sono l’inizio in medias res, tipica del romanzo, né i flashback; ci sono però lettere, poemi e racconti. Non diminuisce solo il numero dei personaggi, ma anche la loro natura (sono ancora nobili, a volte, ma non più principi); le peripezie del romanzo eroico (rapimenti, duelli, battaglie, incendi, tempeste, naufragi) lasciano il posto all’analisi dei turbamenti psicologici dei personaggi. Si taglia, ma privilegiando alcuni elementi piuttosto che altri. Si interviene sulla lunghezza ma anche sul contenuto. Queste novelle della seconda metà del secolo, sottotitolate a volte nouvelle galante o nouvelle historique, hanno dei legami blandi con il romanzo. Si inseriscono piuttosto come contenuto, struttura e dimensioni nei generi in voga all’inizio del secolo, le Histoires tragiques, di cui abbiamo parlato, per esempio, e i loro legami con le novelle precedenti, come abbiamo detto, sono facilmente rintracciabili.
48Dal 1660 al 1670 si elaborano nuove forme narrative. I tentennamenti di questo periodo spiegano le difficoltà terminologiche nel qualificare un genere che non ha una definizione precisa e ha pratiche contraddittorie. Il récit quadre delle Nouvelles françaises di Segrais, uno dei rari testi teorici sulla questione della novella, è rivelatore di ricerche e contraddizioni. Segrais porta avanti delle riflessioni sul genere invocando delle regole che nelle sue sei novelle trova difficoltà ad applicare. Perché tra genere lungo e breve la differenza non è solo nelle dimensioni, ma nella natura e nella struttura.
49Anche la famosa concentrazione proposta da Godenne per definire la novella classica in contrapposizione al romanzo non è facilmente applicabile. Il romanzo, come abbiamo detto in apertura, non era oggetto nel Seicento di discorso prescrittivo, non aveva quindi frontiere di genere. Aveva al suo interno forme di scrittura diverse ed elementi eterogenei (lettere, poemi, biglietti), lunghe conversazioni, descrizioni dettagliate, racconti intercalati. Le nuove forme brevi che appaiono a metà secolo, eredi delle novelle precedenti, non nascono dalla riduzione e concentrazione dei romanzi, ma semmai dalla loro dispersione. Ereditano i récits inseriti all’interno della narrazione e non le azioni principali. Il romanzo non si riduce per dare origine a forme brevi, ma scompare originando differenti forme brevi. Non si tratta quindi dell’atrofia di un genere sorpassato che viene ridotto e rinnovato, ma della rinascita sotto altre forme, già esistenti, e non nuove, di quello stesso genere.
50La storia del romanzo, o meglio delle forme narrative in prosa, brevi o lunghe che siano, del xvii secolo è un cantiere aperto: lo studio della loro evoluzione attraverso quel secolo è rallentato dalla varietà delle forme e dall’ignoranza che noi ancora oggi abbiamo di molte opere (1200 romanzi o novelle pubblicati nell’arco del secolo vengono recensiti, molti dei quali ancora sconosciuti). Le relazioni tra forme lunghe e brevi non possono essere però ricondotte, in conclusione, a un antagonismo fittizio, creato dalla necessità di far rientrare tutte le opere in una storia del romanzo francese del xvii secolo che renda valida una gerarchizzazione istituita dalla critica fin dalla fine del Seicento, una gerarchizzazione che non rappresenta però l’eterogeneo panorama secentesco delle forme narrative in prosa.
Notes de bas de page
1 Si veda, per esempio, H. Coulet, Le Roman jusqu’à la Révolution [1967], Paris, A. Colin, 1985; M. Lever, Le Roman français au xviie siècle, Paris, PUF, 1981 o ancora il numero speciale della «Revue d’Histoire Littéraire de la France» dal titolo Le Roman au xviie siècle del 1977.
2 Per la definizione e le caratteristiche della nouvelle classique si veda: N. Boursier, Le Centre et la Circonférence. Essai sur l’objet dans la nouvelle classique, Paris, Gunter Narr Verlag, 1983.
3 F. Deloffre, La Nouvelle en France à l’âge classique, Paris, Didier, 1967.
4 Cito di R. Godenne il suo studio fondamentale Histoire de la nouvelle française au xviie et au xviiie siècle, Genève, Droz, 1970, poi ripubblicato come Etudes sur la nouvelle française nel 1985 e ripreso ancora recentemente nel 1995, con il titolo di La Nouvelle, Paris, Champion, 1995.
5 Si veda, per esempio, la sezione consacrata al xvii secolo del convegno La Nouvelle de langue française aux frontières des autres genres, du Moyen âge à nos jours, éd. V. Engel et M. Guissard, Ottignies, Quorum, 1997.
6 Nouvelles du xviie siècle, éd. J. Lafond et R. Picard, Paris, Gallimard («Bibliothèque de la Pléiade»), 1997.
7 N. Grande, Stratégies de romancières. De Clélie à La Prencesse de Clèves (1652-1678), Paris, Champion, 1999.
8 E. Keller, Poétique de la mort dans la nouvelle classique (1660-1680), Paris, Champion, 1998.
9 Ch. Zonza, La Nouvelle historique en France à l’âge classique (1657-1703), Paris, Champion, 2007.
10 A. Kibédi-Varga, Pour une Définition de la nouvelle à l’âge classique, «CAIEF», 18, 1966, pp. 53-65.
11 Si rimanda all’Anthologie des nouvelles du Mercure Galant (1672-1710), Paris, Société des Textes français modernes, 1996.
12 A. Furetière, Dictionnaire universel [1690], Genève, Slatkine Reprints, 1979.
13 P. Richelet, Dictionnaire français contenant les mots et les choses, plusieurs nouvelles remarques sur la langue française [1680], Genève, Slatkine Reprints, 1970.
14 Poétiques du roman. Scudéry, Huet, Du Plaisir et autres textes du xviie siècle sur le genre romanesque, éd. C. Esmein, Paris, Champion, 2004, pp. 47-48.
15 J.A. de Charnes, Conversations sur la critique de la Princesse de Clèves, Tours, Université de Tours, 1973, p. 130.
16 Poétiques du roman cit., p. 762.
17 F. Deloffre, La Nouvelle en France cit., p. 19.
18 G. Hautcoeur, Parentés franco-espagnoles au xviie siècle. Poétique de la nouvelle de Cervantes à Challe, Paris, Champion, 2005.
19 Si veda J.F. Scaub, La France espagnole. Les racines hispaniques de l’absolutisme français, Paris, Seuil, 2003.
20 Poétiques du roman. Scudéry, Huet, Du Plaisir cit., pp. 24-35.
21 G. Berger, Pour ou Contre le Roman: anthologie du discours théorique sur la fiction narrative en prose du xviie siècle, Paris-Seattle-Tübingen, Pfscl, 1996.
22 Si veda D. Denis, Récit et devis chez M. de Scudéry: la nouvelle entre romans et Conversations, in La Nouvelle de langue française aux frontières cit., t. 2, pp. 90-107 e nello stesso volume Ch. Noille-Clauzade, La Nouvelle au xviie siècle ou la vérité de la fiction, pp. 149-158.
23 N. Grande, Du Long au court: réduction de la longueur et invention des formes narratives, l’exemple de Madeleine de Scudéry, «xviie siècle», 215, 2002, pp. 263-272.
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