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Democrazia e lutto dell’Uno. Fiducia, diversità, crisi della democrazia e dell’Unione Europea

p. 89-103


Texte intégral

Una domanda preliminare

1Penso sia utile partire da una domanda preliminare: quale contributo può fornire un economista sul tema «Amore e odio per l’Europa»? La mia risposta si fonda su una convinzione maturata negli ultimi anni, e cioè che economia e psicoanalisi condividono, tra altre cose, una premessa metodologica cruciale e forse non scontata, e cioè “prendere sul serio ciò che dicono le persone”. Prendere le persone sul serio, in questo contesto, mi sembra significhi due cose precise:

  1. riconoscere le manifestazioni di malessere e di crisi;
  2. accoglierle.

2In questo contesto, riconoscere e accogliere penso significhi considerare l’evidenza empirica e contribuire alla ricerca di una comprensione dei motivi di questa sofferenza, senza impartire lezioni e senza insegnare il modo “corretto” di pensare.

3Cercherò di seguire questi due principi, esponendo quelli che mi sembrano i sintomi di una duplice crisi, e cioè di una crisi di fiducia dei cittadini europei nella democrazia e nell’Unione Europea, proponendo due possibili spiegazioni basate sulla mia ricerca, e concludendo con una possibile (non)risposta.

4Per evidenziare i sintomi di crisi della democrazia e della UE le pagine che seguono useranno alcuni grafici in modo puramente evocativo, grafici senza alcun valore di indagine causale ed econometrica. In particolare presenterò dei fatti stilizzati che sembrano contradditori, quindi argomenterò perché penso che l’interpretazione che si focalizza sui sintomi di crisi sia più convincente e quindi proporrò delle possibili interpretazioni di queste manifestazioni di crisi della democrazia rappresentativa nell’Unione Europea, e non solo.

5Un’ultima premessa riguarda la distinzione tra Europa e Unione Europea: considero l’Europa una comunità di Storia e di storie, di idee, culture, mentalità e sentimenti, da distinguere dall’Unione Europea che è una particolare organizzazione politica sovranazionale. Certamente i due oggetti di indagine sono interconnessi, anche perché lo studio del processo di integrazione europea non può prescindere dalla storia dell’idea di Europa2, ma in questo lavoro sono interessato all’analisi della crisi politica attuale e pertanto mi concentro sull’Unione Europea.

I sintomi

6La prima cosa sulla quale interrogarsi è se effettivamente possiamo rilevare dei sintomi di crisi della democrazia e dell’Unione Europea.

Crisi della democrazia?

7Esiste oggi una crisi della democrazia?

8Due sono le risposte presenti nella ricerca contemporanea.

9Una prima posizione sostiene che le statistiche non rivelano trend significativi3, per esempio i dati delle figure 1 e 2 sembrano mostrare una sostanziale tenuta del sostegno democratico sia tra paesi sia nel tempo.

10Se escludiamo l’andamento peculiare dell’indice per l’Italia e per il Portogallo, che meriterebbero uno studio a parte, questi grafici sembrano indicare che non siamo di fronte a sintomi di crisi di tenuta della democrazia nelle preferenze dei cittadini, in particolare di quelli europei.

11Tuttavia, una maggiore disaggregazione di questi dati, fa emergere un fenomeno molto preoccupante, fenomeno alla base della seconda posizione, e cioè che in alcuni dei principali paesi democratici industrializzati al diminuire dell’età anagrafica diminuisce la valutazione positiva della democrazia, evidenziando i segni di un possibile “deconsolidamento” della democrazia per le generazioni più giovani.

Figura 1 - fonte R. Wike, K. Simmons, B. Stokes, J. Fetterolf, Globally, Broad Support for Representative and Direct Democracy, Washington, Pew Research Center, 2017. Grafico costruito dal sulla base di un sondaggio (Global Attitudes Survey) svolto nei principali paesi del mondo. Qui, oltre ai risultati per Stati Uniti e Canada, riporto solo gli esiti per alcuni dei principali paesi UE

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Figura 2 - fonte L. Ezrow e G. Xezonakis, Satisfaction with democracy and voter turnout: A temporal perspective, “Party Politics”, 22, 1, pp. 3-14. L’andamento dell’indice di soddisfazione per il funzionamento della democrazia da parte dei cittadini di alcuni paesi UE (linea tratteggiata) è costruito da Ezrow e Xezonakis 2016 sulla base dei sondaggi condotti da Eurobarometro dal 1976 (primo anno nel quale viene somministrato il sondaggio) al 2011

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12Se escludiamo l’andamento peculiare dell’indice per l’Italia e per il Portogallo, che meriterebbero uno studio a parte, questi grafici sembrano indicare che non siamo di fronte a sintomi di crisi di tenuta della democrazia nelle preferenze dei cittadini, in particolare di quelli europei.

13Tuttavia, una maggiore disaggregazione di questi dati, fa emergere un fenomeno molto preoccupante, fenomeno alla base della seconda posizione, e cioè che in alcuni dei principali paesi democratici industrializzati al diminuire dell’età anagrafica diminuisce la valutazione positiva della democrazia, evidenziando i segni di un possibile “deconsolidamento” della democrazia per le generazioni più giovani.

Figura 3 - fonte R. Stefan Foa, Y. Mounk, The Sign of Deconsolidation, “Journal of Democracy”, 28, 1, pp. 5-15. Valutazione dell’importanza di vivere in una democrazia in base al decennio di nascita, grafico costruito da Foa e Mounk 2017 per alcuni paesi di democrazia consolidata usando i sondaggi European and World Values Surveys 2005-2007 e 2010-2014; in grigio sono riportati gli intervalli di confidenza

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14Alla luce dei grafici della figura 3, mi sembra legittimo concludere che effettivamente siamo in presenza di una crisi di fiducia nel funzionamento dei sistemi democratici.

Crisi dell’Unione Europea?

15Anche in questo caso, si fronteggiano due visioni contrapposte, la prima che respinge l’idea che ci sia una crisi di consenso verso l’UE, un’altra che al contrario ne evidenzia molteplici sintomi. La prima posizione fa riferimento a dati, come quello riportato in figura 4.

Figura 4 - fonte K. Brudzin´ska, A. Kudzko e O. Raczova, Europe’s Integration Myths, GLOBSEC Policy Institute, 2018. Andamento dal 2007 al 2014 della percentuale di cittadini UE ottimisti e pessimisti sul futuro dell’Unione misurata sulla base dei sondaggi riportati da Eurobarometro

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16D’altra parte, se si considera l’andamento delle opinioni dei cittadini di alcuni importanti paesi dell’UE in merito all’integrazione europea considerando un arco temporale più lungo, nello specifico il periodo 1952-2017, il trend è molto più inquietante e la crisi di confidenza nell’UE a partire dalla fine degli anni Ottanta / inizio anni Novanta si evidenzia in modo chiaro.

Figura 5 - fonte C.J. Anderson, J.D. Hecht, The preference for Europe: Public opinion about European integration since 1952, “European Union Politics”, 19, 4, pp. 617-638. Indice di sostegno al processo di integrazione europea costruito da Anderson e Hecht 2018 sulla base di sondaggi annuali svolti dall’United States Information Agency a partire dal 1952 per 10 anni, combinato coi successivi dati Eurobarometro, usando specifiche tecniche statistiche di omogeinizzazione dell’informazione

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Una proposta di analisi

17Una volta evidenziati i sintomi di sofferenza, mi sembra importante proporre due elementi che penso contribuiscano alla comprensione dei motivi sottostanti a questo malessere.

Aspetti della democrazia liberale

18L’analisi politico-economico del funzionamento della democrazia liberale rappresentativa4 ha mostrato che il suo funzionamento si basa su due distinti meccanismi:

1. la rendicontazione politica (accountability), cioè il collegamento tra esiti di governo e sanzioni (sconfitta elettorale) o premi (rielezione) da parte dei cittadini;

2. la reattività politica (responsiveness), cioè la ricettività degli eletti agli interessi e alle preferenze dei cittadini, e al cambiamento nel tempo di tali interessi e preferenze.

19L’efficace funzionamento del sistema democratico rappresentativo si fonda sul corretto funzionamento di entrambi questi meccanismi.

20Nelle prossime righe intendo argomentare come la rendicontazione politica possa funzionare perversamente col venire meno della fiducia dei cittadini negli eletti e come la reattività politica possa essere ostacolata da un aumento della diversità nelle preferenze degli elettori.

Fiducia e rendicontazione politica

21La situazione. La fiducia nelle istituzioni politiche nazionali e dell’UE è sia bassa sia decrescente nel tempo per la maggior parte dei paesi industrializzati, come mostrano le figure 6 e 7.

Figura 6 - fonte J. Citrin, L. Stoker, Political Trust in a Cynical Age, “Annual Revue of Political Science”, 21, pp. 49-70. La figura è costruita sulla base del World/European Values Surveys calcolando per i due decenni 1981-1990 e 2007-2013 una media ponderata dei livelli di fiducia nei governi nazionali per i principali paesi industriali: una posizione verso l’angolo in basso a sinistra indica un basso livello di fiducia, mentre un posizionamento sotto la bisettrice denota una riduzione nel tempo della fiducia

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Figura 7 - fonte J.I. Torreblanca, M. Leonard, The Continent Wide Rise of Euroscepticism, European Council on Foreign Relations, 2018. Andamento della fiducia verso l’UE costruita sulla base dei sondaggi Eurobarometro

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22È plausibile che questi cambiamenti nei sentimenti politici pubblici abbiano conseguenze nel voto, infatti la figura 8 conferma la relazione tra mancanza di fiducia nelle istituzionali parlamentari e probabilità di voto per i partiti populisti.

Figura 8 - fonte C. Dustmann, B. Eichengreen, S. Otten, A. Sapir, G. Tabellini, G. Zoega, Europe’s Trust Deficit: Causes and Remedies, Cepr’s Policy Portal, 2017. Probabilità di votare un partito populista sulla base della fiducia verso il parlamento nazionale e verso il parlamento Europeo. La classificazione di un partito come populista si basa sulle definizioni di Inglehart e Norris (2016), mentre la fiducia è calcolata usando i dati dell’European Social Survey

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23Una prospettiva personale. La figura 8 mostra una correlazione tra mancanza di fiducia nelle istituzioni parlamentari e probabilità di voto per i partiti populisti, ma non specifica alcuna relazione causale.

24La ricerca di un possibile nesso tra mancanza di fiducia negli eletti e malfunzionamento della democrazia rappresentativa è esattamente l’oggetto di studio di un mio recente lavoro5.

25In questo lavoro mostro come la mancanza di fiducia nei rappresentanti politici inceppi il funzionamento dei meccanismi di rendicontazione politica nelle democrazie liberali. I modelli di funzionamento delle democrazie rappresentative mostrano che la rendicontazione politica funziona come meccanismo di incentivazione al comportamento corretto dei leader perché gli elettori puniscono gli eletti che hanno implementato politiche con effetti negativi, e premiano i leader che hanno scelto politiche che hanno avuto effetti positivi. Di conseguenza pure i leader corrotti o autointeressati sono incentivati a comportarsi correttamente per evitare di essere puniti alle urne.

26Ovviamente, per funzionare, questo meccanismo necessita che siano soddisfatte diverse condizioni che permettano agli elettori di valutare senza distorsioni gli esiti politici. Tuttavia, l’aspetto più interessante è che la rendicontazione politica necessita anche che le politiche che hanno esiti positivi si traducano in una maggiore fiducia nei politici eletti, e specularmente che le politiche con esiti negativi inducano sfiducia negli eletti. Quando invece prevale la sfiducia a prescindere (“tutti i politici sono ladri e incapaci”), e di conseguenza viene trascurata l’informazione fornita dalle conseguenze delle politiche scelte, allora il comportamento razionale degli elettori è di votare a caso, nel senso letterale dell’espressione. Questa scelta non solo rende fragili i governi, inducendo una continua turnazione dei governi, soprattutto distrugge i meccanismi di incentivazione per tutti i leader eletti, compresi quelli capaci, e di conseguenza induce politiche inefficienti.

27È questo l’aspetto più importante di questa analisi: se gli elettori si aspettano politici incapaci ed esclusivamente autointeressati, allora inducono tutti i politici eletti a comportarsi in modo inefficiente, finendo col realizzare le loro stesse aspettative, in una sorte di perverso “effetto di Edipo6.

Diversità e ricettività politica

La situazione

28Non è facile misurare il tasso di diversità, ma possiamo considerare il tasso di immigrazione extra EU plausibilmente correlato alla diversità culturale, e quindi un buon indicatore di diversità.

29Che il tasso di immigrazione extra UE nei paesi europei sia aumentato emerge chiaramente dalle figure 9 e 10.

Figura 9 - fonte Eurostat, Key figures on Europe, Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2017

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Figura 10 - fonte European Economic Advisory Group, The EEAG Report on the European Economy, Munich, CESifo, 2017. Il grafico è costruito elaborando i dati del Wittgenstein Center for Demography e del Global Human Capital

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30Le figure 11, 12 e 13 mostrano invece l’importanza del tasso di immigrazione come fattore correlato alla crescita dei partiti populisti e dell’euroscetticismo.

Figura 11 - fonte C. Dustmann, B. Eichengreen, S. Otten, A. Sapir, G. Tabellini, G. Zoega, Europe’s Trust Deficit: Causes and Remedies, Cepr’s Policy Portal, 2017. Grafico costruito sulla base dei dati dell’European Social Survey

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Figura 12 - fonte M. Halla, A.F. Wagner e J. Zweimuller, Immigration and Voting for the Far Right, “Journal of the European Economic Association”, 2017.

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Regressione basata su dati Eurostat considerando le elezioni generali nel periodo 1970-2013, mostra come al crescere della quota degli immigrati extra UE cresce la proporzione di voti per i partiti di estrema destra

Figura 13 - fonte A. Myrseth, Euroscepticism in the EU15, University of Oslo, 2014

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Analisi statistica delle determinanti principali dell’euroscetticismo nei paesi UE sulla base dei dati Eurobarometro 2012. Nel grafico ho evidenziato i fattori plausibilmente collegati alla paura per la diversità.

31Due sono le possibili risposte a questi sintomi: ritenere che siano frutto di pregiudizi, ignoranza e manipolazione, con conseguente arrocco in una supposta superiorità morale e intellettuale oppure prenderli sul serio e cercare di capire se la democrazia liberale può effettivamente entrare in crisi quando sottoposta a un improvviso e non governato aumento di diversità.

Una prospettiva personale

32In un lavoro del 2010, un collega e io7 studiamo gli effetti di un aumento della diversità sul funzionamento dei sistemi socio-economico, diversità misurata in termini di differenze nelle preferenze (individuali e socio-politiche) nonché di diseguaglianza economica.

33Il lavoro mostra che tali differenze possono avere effetti positivi sul funzionamento di un sistema economico, come esemplificato dai processi di specializzazione, ma al contempo le stesse differenze possono generare significativi problemi quando si tratta di decidere quali e quanti beni pubblici offrire, perché per definizione i beni pubblici vengono forniti a tutti nella medesima quantità.

34Il ruolo dei sistemi politici è esattamente quello di decidere quali e quanti beni pubblici offrire in presenza di eterogeneità nelle preferenze dei cittadini. In particolare il sistema democratico liberale ha un modo efficace e semplice di esercitare la reattività politica, aggregando le preferenze tramite il voto. D’altra parte, per definizione, questo sistema di aggregazione si traduce in vincitori e perdenti, generando frustrazione, sofferenza e conflittualità proprio in presenza di divaricazione significativa nelle preferenze (polarizzazione)8.

35È quindi possibile che un aumento della diversità possa mettere in fibrillazione l’efficace funzionamento di un sistema democratico liberale, favorendo tra l’altro spinte secessionistiche alla ricerca di una pretesa e irraggiungibile omogeneità: «È questo che il populismo ricerca, la virtù innata d’identità che abolirebbe l’immediata discordia e farebbe dell’Uno egemonico la nuova legge del cuore del popolo»9. A fronte dei problemi posti dalla diversità, i movimenti populisti presuppongono un sentire comune del popolo che è la negazione stessa della diversità e dei problemi che può generare. In questo senso il populismo è la negazione della democrazia liberale: «Tutte le volte che nominiamo al singolare la pluralità sociale ci apprestiamo a favorire la tirannia»10.

Una domanda finale

36L’analisi proposta ci porta a ipotizzare che il cattivo funzionamento della democrazia rappresentativa a livello nazionale e di Unione Europea sia conseguente ai meccanismi analizzati, e quindi possa contribuire a spiegare il successo dei partiti populisti. In altre parole, la spiegazione che propongo in questo lavoro si fonda sulla seguente catena causale: la sfiducia nei politici eletti e l’aumento di diversità conseguente all’immigrazione extra-europea ha messo in crisi il corretto funzionamento dei due meccanismi alla base di un buon funzionamento della democrazia rappresentativa – la rendicontazione e la reattività politica –, a sua volta il cattivo funzionamento della democrazia rappresentativa giustifica la mancanza di fiducia nella democrazia stessa e quindi il successo di movimenti che rifiutano la democrazia rappresentativa, come quelli populisti. Un meccanismo autodistruttivo.

37A fronte di questi sintomi e alla luce degli elementi di analisi proposta, la domanda che sorge naturale è “che fare?”, ossia in che modo possiamo cercare di contribuire a una soluzione della crisi?

38La risposta onesta è che non ho risposte, però penso di potere suggerire cosa non fare.

39In primo luogo penso sia opportuno evitare la tentazione di pensare di avere la soluzione corretta da proporre/imporre alle persone in crisi.

40La seconda tentazione da evitare, penso sia quella di giudicare le persone attratte dalla proposta populista come disinformate, incapaci, manipolate e, in ultima istanza, ignoranti. Questo è uno dei gravi rischi che io vedo oggi nella analisi proposte da alcune forze progressiste ed europeiste, in particolare quando si parla di fake news e di ceti non istruiti che votano partiti populisti e sovranisti. Non che queste osservazioni siano false. Ma se i sostenitori delle posizioni populiste e sovraniste spesso sono poco istruiti e, forse, più frequentemente vittime di notizie false e manipolate, probabilmente è perché i più colpiti dai cambiamenti degli ultimi anni sono proprio le persone meno istruite. E se sono più manipolabili forse è perché le persone in crisi cercano sostegno come e dove possono. In altre parole, penso che in molte analisi non si individui il corretto meccanismo causale sottostante alla correlazione non istruito/populista. È la crisi della democrazia che colpisce maggiormente le persone meno istruite a renderle più manipolabili, e la loro risposta è “naturalmente” quella di rivolgersi ai movimenti antidemocratici. Ma la causa prima è la crisi, non la mancanza di istruzione o la manipolabilità.

41Una volta riconosciuta la crisi e indagate alcune possibili cause, è possibile si apra uno spazio per cercare di portare sostegno (economico e sociale) alle persone in crisi, a partire dal riconoscimento della legittimità della loro sofferenza, non con la pretesa di fornire la corretta strumentazione mentale per interpretare il mondo, ma con l’umiltà di ascoltare e cercare insieme delle possibilità. Insomma, penso sia importante riconoscere la legittimità della sofferenza delle persone in crisi, ma questo dovrebbe suonare ovvio alla psicoanalisi, forse meno alle scienze sociali e alla politica.

Notes de bas de page

1 «La Democrazia è il lutto dell’Uno. Il populismo è l’entusiasmo dell’egemonia, la restaurazione dell’Uno», É. Laurent in R.E. Manzetti (a cura di), Desideri decisi di democrazia in Europa, Torino, Rosenberg & Sellier, 2018, p. 22.

2 F. Chabod, Storia dell’idea d’Europa, Roma-Bari, Laterza, 2018.

3 Per esempio: L. Ezrow, G. Xezonakis, Satisfaction with democracy and voter turnout: A temporal perspective, “Party Politics”, 22, 1, pp. 3-14; R. Wike, K. Simmons, B. Stokes, J. Fetterolf, Globally, Broad Support for Representative and Direct Democracy, Washington, Pew Research Center, 2017.

4 Si veda per esempio A. Przeworski, S.C. Stoke, B. Manin (a cura di), Democracy, Accountability, and Representation, Cambridge, Cambridge University Press, 1999.

5 M. Gilli, Populism, the Backlash against the Elites and the Malfunctioning of Representative Democracy, Dems WP, 2018.

6 Vedi K. Popper, Miseria dello storicismo, Milano, Feltrinelli, 1999, p. 27: «suggerirei di denominare “effetto di Edipo” l’influenza della previsione sull’evento predetto (o, più generalmente, l’influenza di un elemento d’informazione sulla situazione cui l’informazione si riferisce)».

7 M. Gilli, F. Gregorini, Social Welfare and Diversity in Competitive Economies, Dems WP, 2010.

8 Chiaramente questo problema è più significativo per gli immigrati extra Ue di seconda generazione con diritto di voto.

9 É. Laurent in R.E. Manzetti (a cura di), Desideri decisi di democrazia in Europa cit., p. 22.

10 Ibidem.

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