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La mappa di Hao

p. 73-75


Texte intégral

1Bismarck diceva che, trattandosi di una nozione geografica, chiunque parlasse di Europa si stava sbagliando. In generale viene considerata come un’unione politica, geograficamente mutevole, dai 6 stati dei trattati di Parigi e di Roma ai 28 attuali. Non ci sono però frontiere naturali che ospitano un’unica nazione. L’Europa, tuttavia è un continente?

2Alla fine della Grande Guerra, di cui ora ricorre il centenario, Paul Valéry scriveva: «Noi, civiltà, sappiamo ora che siamo mortali»1. Si attribuisce a Napoleone l’idea che la geografia sia il destino. La questione è se la realtà geografica sia sufficiente per determinare il destino di una civiltà. Al tempo di Valéry, a differenza di ora, la realtà geografica dell’Europa era coloniale; la sua configurazione fisica come lembo occidentale dell’Asia non definiva sufficientemente il suo destino. Valéry descriveva l’Europa comparando il suo essere – una piccola estremità del continente asiatico – e la sua immagine, «la parte preziosa dell’universo terrestre, la perla della sfera, il cervello di un vasto corpo»2. Queste enfatizzazioni segnalavano ironicamente un destino infausto che non avrebbe tardato a realizzarsi.

3Questo era lo spirito europeo, “autore di prodigi” – e di orrori, bisogna dirlo. L’Europa – capo – «guarda naturalmente verso ovest»3. A detta di Valéry, i suoi abitanti, o cittadini, figuravano come debitori di tre tradizioni: Gerusalemme, Grecia e Roma: morale soggettiva, costante riferimento alla perfezione del corpo e allo spirito umano, e politica imperiale. Tutto ciò soggetto a una disciplina da cui sarebbe nata la scienza. Questa era l’Europa.

4Jacques Derrida, commentando le asserzioni di Paul Valéry, aggiungeva qualcosa che al poeta sfuggiva: proprio il valore di questa punta continentale estrema, questo finis terrae, come «punto di partenza verso la scoperta, l’invenzione e la colonizzazione»4. Con ciò Derrida ci conduce dal capo alla capitale. L’Europa avrebbe fallito sempre nel momento del suo evento capitale: apparire di fronte a se stessa; lo specchio si è rotto nel momento di assumere se stessa. Ossia: l’Europa non ha capitale; Europa non è la capitale del mondo. Capitaliste, le capitali lo sono state come metropoli delle loro colonie.

5A ciò rispondeva la mappa usuale che, ancora oggi, segue le proiezioni del fiammingo Mercator (il nome non dice la cosa, però quasi). Nonostante la mappa originale avesse il centro nell’oceano Atlantico (nella longitudine di Fuerteventura), le versioni successive lo traslarono nel meridiano di Parigi, Madrid, Lisbona, eccetera, fino a fissarlo a Greenwich. Nel centro della mappa c’è quindi l’Europa, e nella sua periferia le terre colonizzabili. Dalla sua posizione di predominio, l’Occidente ama contemplare le altre civiltà come integrabili in un grande progetto universalizzante5.

6Il nostro «modo di godimento» si impone, con il dovuto rispetto all’Altro, trattandolo come «sottosviluppato»6. Senza riconoscere la precarietà del nostro mondo, che «si situa solo come plusgodere». Mascheriamo le nostre esazioni con una finta e cortese umanitarieria7. Ringraziamo per il cioccolato e per il sangue con baci e con musei.

7È stato così per secoli. Fino a che il cartografo cinese Hao Xiaoguang ha disegnato le cose in altro modo. Nel 2004, Hao ha disegnato un mappamondo verticale8. In principio è servito per pianificare i viaggi della marina cinese, una forza militare in ascesa; nel 2006 si è convertito nella mappa ufficiale dell’esercito; dal 2014 è pubblica.

8Come commenta Anne-Marie Brady, una politologa australiana del Wilson Center, nel suo libro China as polar great power, «la carta verticale risistema completamente il mappamondo per mettere in evidenza il ruolo degli oceani e delle regioni polari, con cui crea una nuova prospettiva geografica». Il risultato è una grande isola formata da Europa, Asia e Africa, circondata da vasti oceani. La Cina occupa un posto centrale, gli Stati Uniti rimangono a lato, l’Africa è un grande patio e l’Europa si accuccia in un angolo. Con questa mappa, «prende forma una nuova geopolitica che riflette il livello senza precedenti dell’interconnetività del commercio, della comunicazione e delle migrazioni; i prioritari ed emergenti interessi del futuro, che includono la somministrazione di alimenti e la sicurezza delle fonti di energia; le conseguenze del cambio climatico nella geopolitica; e, infine, l’ascesa del nuovo potere globale. La Cina ambisce a essere al cuore di questo nuovo ordine»9.

9Per leggere la mappa di Hao bisogna abituare lo sguardo alla pittura tradizionale cinese, come per esempio le opere di Shi Tao, con la sua arte degli spazi vuoti. Più che in Cina, il centro è nell’Oceano indiano. I poli non sono più una terra incognita.

10L’Antartide, nel centro della metà inferiore, rimane ridotta a una dimensione più “naturale” che nella mappa di Mercator. Il Polo Nord è la via marittima tra Asia, America del Nord. Australia, Asia e Africa appaiono come un immenso continente; l’Europa rimane là in alto a sinistra, finis terrae in un altro senso. La base della mappa è il mare, come la via più economica di comunicazione.

11Qui non ci sono più Oriente e Occidente; i solchi tracciati dalla pioggia nella superficie siberiana che attirarono l’attenzione di Lacan10, si convertono in ampie autostrade dell’oceano, dove le rotte si tracciano liquide come gli ideogrammi sulla carta, dove si installano i grandi cavi della interconnessione planetaria, dove si trasportano le merci che condensano il plusgodere, dove si annodano le nuove relazioni di potere. E dove, uno alla volta, svaniscono i corpi.

Notes de bas de page

1 P. Valéry, Varietà, Milano, Rizzoli, 1971.

2 Ibidem.

3 Ibidem.

4 J. Derrida, L’Europa in capo al mondo, Napoli-Salerno, Orthotes, 2018.

5 Cfr. C. Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia: le regole che condizionano il pensiero e la vita dell’uomo, Torino, Einaudi, 1967.

6 J. Lacan, Televisione (1973), in Altri Scritti, Torino, Einaudi, 2013, p. 528.

7 Cfr. Id., Radiofonia (1970), in Altri Scritti, Torino, Einaudi, 2013. Il termine “esazione” si chiarisce in Kant con Sade: J. Lacan, Kant con Sade (1963), in Scritti, Torino, Einaudi, 1974).

8 Http://english.whigg.cas.cn/ns/es/201312/t20131211_114311.html.

9 A.-M. Brady, China as polar great power, Cambridge, Cambridge University Press, 2017. Cfr. anche Limes. Rivista italiana di geopolitica, 11, 2018, mappa 8 e p. 34. Più che tracciare un universo sinocentrico, sembra privilegiare le vie liquide di comunicazione.

10 Cfr. J. Lacan, Lituraterra (1971), in Altri Scritti, Torino, Einaudi, 2013, pp. 14-15.

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