1 É. Durkheim, Sociologie et philosophie, Paris, puf, 1967, pp. 46-51 [trad. it. F. Airoldi Namer, Le regole del metodo sociologico. Sociologia e filosofia, Torino, Einaudi, 2008].
2 E. Canetti, Masse und Macht , München, Hanser, 1960 [trad. it. F. Jesi Massa e potere, Milano, Adelphi, 1981, pp. 273-302, qui p. 275].
3 Nel primo volume della sua opera dedicata al problema della «servitù volontaria», Les morts d’accompagnement, Paris, Errance, 2004, Alain Testart studia la pratica quasi universale che un tempo consisteva nell’uccidere i fedelissimi di un capo al momento della sua morte per seppellirli insieme a lui. Quegli uomini di fiducia erano spesso degli schiavi di alto rango oppure uomini poveri e assoggettati, privati di qualunque altra forma di appartenenza e di ogni altro legame (specialmente di parentela) e quindi leali soltanto al loro capo. Alain Testart scorge in questa pratica una delle origini dello Stato. Essa tende a scomparire (per esempio in Cina) quando iniziano a prendere piede gli apparati burocratici.
4 Y. Moulier Boutang, Le capitalisme cognitif. La nouvelle grande transformation, Paris, Éditions Amsterdam, 2007.
5 È noto che dal punto di vista statistico la speranza di vita media delle fasce meno abbienti delle società occidentali, senza parlare di quelle del Sud del mondo, risulta di gran lunga inferiore a quella degli esponenti delle classi più agiate.
6 M. de Certeau, L’invention du quotidien, vol. i, Art de faire, Paris, Gallimard, 1990 [trad. it. M. Baccianini, L’invenzione del quotidiano, Roma, Lavoro, 2001].
7 C. Lévi-Strauss, Le sorcier et sa magie, in Id., Anthropologie structurale 1, Paris, Plon, 1958, pp. 183-204 [trad. it. P. Caruso, Lo stregone e la sua magia, in Id., Antropologia strutturale 1, Milano, il Saggiatore, 1966, 189-209].
8 Questo schema – estremamente semplicistico, va ammesso – si avvale delle numerose descrizioni di società fondate su un modello iniziatico messe a disposizione dall’antropologia sociale (vedi in particolare il già ricordato fascicolo monografico che la rivista “Incidence” ha dedicato a questo tema nel 2006; accanto alla già citata riedizione dell’articolo di Octave Mannoni, Je sais bien, mais quand même... e al Babbo natale giustiziato di Claude Lévi-Strauss, il numero presenta studi di e su Donald Tuzin a proposito del Tambaran, il rituale di iniziazione maschile degli Arapesh della Nuova Guinea). Un possibile esempio, come osserva Octave Mannoni, è la società Hopi così come essa è descritta nelle memorie autobiografiche di Talayesva (D.C. Talayesva, Sun Chief. The Autobiography of a Hopi Indian, New Haven, Yale University Press, 1942 [trad. it. A. Paleari, Capo Sole. L’autobiografia di un indiano hopi, Milano, Rusconi, 1996]). Un modello di questo genere comporta quattro tipologie di attori. In primo luogo, dei bambini in preda all’illusione: i bambini credono davvero che in occasione di certe festività i katcina vengano a danzare sulla piazza del loro villaggio e che essi abbiano il potere di punirli o ricompensarli. In secondo luogo, gli adolescenti in corso di iniziazione che dopo aver preso coscienza del fatto che i katcina altro non sono che i loro padri e i loro zii mascherati cadono in preda a una sorta di inquietudine che può giungere fino al nichilismo, fenomeno non dissimile da quella che nelle nostre società è detta crisi adolescenziale. In terzo luogo, gli uomini adulti, gli iniziatori, che con il loro operato ripristinano la fiducia degli adolescenti, in altri termini li inducono ad ammettere che se da un lato i corpi che con timore e tremore vedevano danzare sulla piazza del villaggio non erano propriamente, letteralmente, in senso proprio i corpi di spiriti, gli spiriti erano comunque presenti… in spirito. Infine, in quarto luogo, le donne, escluse dal processo iniziatico, che da un lato devono comportarsi come se le manovre degli uomini ingannassero anche loro, come i bambini, ma dall’altro sanno tutto dei sotterfugi ai quali prestano discretamente il loro concorso (il che concorre, peraltro, ad accreditare l’idea che il dominio maschile sia l’archetipo del dominio tout court, perché in fin dei conti sono le donne che il processo rituale mantiene in modo costante sotto un duplice dominio da parte degli uomini, per quanto in apparenza con il loro consenso).
9 P. Corcuff, La société de verre. Pour une éthique de la fragilité, Paris, Armand Colin, 2002.
10 Sulla plasticità del concetto di proprietà vedi M. Xifaras, La propriété. Étude de philosophie du droit, Paris, puf, 2004, che si occupa del pensiero giuridico del xix secolo. Particolarmente pertinenti per il nostro problema risultano le pagine dedicate alla definizione del concetto di proprietà e alle difficoltà che presenta a questo riguardo il problema della vendita della forza lavoro, trattata come un’entità separata dal lavoratore e della quale il lavoratore sarebbe il «proprietario» (ibidem, pp. 43-84).
11 Mi richiamo qui alla tesi di dottorato di B. Hamidi-Kim, Les cités du théâtre politique en France de 1989 à 2007, Paris, Entretemps, 2009.
12 Questa è una delle principali tensioni che affliggono gli orientamenti di pensiero di matrice libertaria e i movimenti di ispirazione anarchica, distribuiti, per semplificare, tra un polo individualista, il cui grande punto di riferimento è Max Stirner, e un polo comunista rappresentato da Michail Bakunin e/o altruista e ugualitario (Pëtr Kropotkin), vedi D. Guérin, Ni Dieu ni maître. Anthologie de l’anarchisme [1970], 2 voll., Paris, La Découverte, 1999, e P. Marschall, Demanding the Impossible. A History of Anarchism, London, Harper Perennial, 2008. Come dimostra Irène Pereira nella sua tesi di dottorato (Un nouvel esprit contestataire. Une grammaire pragmatiste dans le syndicalisme d’action directe d’inspiration libertaire, 2009) tali tensioni potrebbero risultare attenuate dall’attuale convergenza tra correnti ispirate al pragmatismo e correnti legate alla tradizione libertaria. Nella stessa direzione va il lavoro profuso da Philippe Corcuff per instaurare un compromesso tra «individualismo contemporaneo» e «giustizia sociale» (vedi P. Corcuff, J. Ion e F. de Singly, Politiques de l’individualisme, Paris, Textuel, 2005).
13 C. Lefort, Permanence du théologico-politique?, in Id., Essais sur le politique, Paris, Seuil, 1986, pp. 275-329.
14 J. Derrida, Force de loi, Paris, Galilée, 1994 [trad. it. F. Garritano, Forza di legge: il fondamento mistico dell’autorità, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, p. 66].