1 P. Bourdieu, J.C. Passeron e J.C. Chamboredon, Le métier de sociologue, Paris, Mouton, 1968 [trad. it. F. Rositi, Il mestiere di sociologo, Firenze, Guaraldi, 1976].
2 Vedi W. Buxton, Talcott Parsons and the Capitalist Nation-State, Toronto, University of Toronto Press, 1985.
3 I lavori che ambiscono a presentare la sociologia di Pierre Bourdieu e talvolta a sottoporla a un vaglio critico sono ormai moltissimi. Sarebbe prolisso ricordarli tutti. In lingua francese si può fare riferimento soprattutto ad A. Accardo e P. Corcuff, La sociologie de Bourdieu, Bordeaux, Le Mascaret, 1989; B. Lahire (a cura di), Le travail sociologique de Pierre Bourdieu. Dettes et critiques, Paris, La Découverte, 1999; L. Pinto, Pierre Bourdieu et la Théorie du monde social, Paris, Seuil, 2002; P. Corcuff, Bourdieu autrement. Fragilité d’un sociologue de combat, Paris, Textuel, 2003; P. Encrevé e R.M. Lagrave (a cura di), Travailler avec Bourdieu, Paris, Flammarion, 2003; J. Bouveresse e D. Roche (a cura di), La liberté par la connaissance: Pierre Bourdieu (1930-2002), Paris, Odile Jacob, 2004; P. Champagne e O. Christin, Pierre Bourdieu. Mouvement d’une pensée, Paris, Bordas, 2004. Un punto di vista critico interessante è quello sviluppato in J.C. Alexander, Fin de siècle Social Theory: Relativism, Reduction and the Problem of Reason, London, Verso, 1995.
4 Va peraltro osservato che le ricerche condotte negli anni Settanta da Pierre Bourdieu o dai suoi allievi, pur servendosi a oltranza di strumenti cognitivi di questo tipo (specialmente le categorie socioprofessionali), hanno contemporaneamente posto il problema delle condizioni sociali della loro formazione e dei loro usi. Questa prospettiva a doppio binario è probabilmente debitrice del duplice radicamento disciplinare di Pierre Bourdieu, al tempo stesso sociologo e antropologo sociale. Vedi in particolare P. Bourdieu e L. Boltanski, Le titre et le poste: rapports entre système de production et système de reproduction, in “Actes de la recherche en sciences sociales”, vol. i, n. 2, 1975, pp. 12-23; L. Boltanski, Taxinomies populaires, taxinomies savantes: les objets de consommation et leur classement, in “Revue française de sociologie”, vol. xi, n. 3, 1970, pp. 99-118; A. Desrosières, Éléments pour l’histoire des nomenclatures socioprofessionnelles, in J. Affichard (a cura di), Pour une histoire de la statistique, Paris, insee/Economica, 2 voll., vol. ii, pp. 35-56.
5 Vedi L. Boltanski e L. Thévenot, Finding one’s way in social space: a study based on games, in “Social Science Information”, vol. xxii, nn. 4-5, 1983, pp. 631-680. Quello studio, fondato su procedure sperimentali che facevano riferimento alle capacità classificatorie delle cosiddette persone «comuni», aveva messo in luce gli effetti di riflessività indotti dalle categorie socioprofessionali dell’insee e probabilmente anche dalla presenza massiccia e diffusa (nel discorso politico come nella letteratura, nel cinema…) di una rappresentazione del mondo sociale nella quale la divisione in classi sociali era considerata come un dato di fatto scontato, se non addirittura come la classificazione principale. Sarebbe interessante ritentare oggi, a distanza di vent’anni, un’operazione dello stesso tipo: un esame comparato degli esiti delle due ricerche consentirebbe di valutare se il progressivo venire meno delle classi sociali ha toccato soltanto il campo della rappresentazione ufficiale (soprattutto mediatica) oppure se, al contrario, ha messo radici profonde nelle capacità cognitive delle persone (a questo proposito vedi anche A. Desrosières, La politique des grands nombres, Paris, La Découverte, 1993 e Id. e L. Thévenot, Les catégories socio-professionnelles, Paris, La Découverte, 1988).
6 Nella sociologia di Pierre Bourdieu il riassorbimento dell’incertezza con la quale l’agire in situazione si trova a fare i conti è agevolato dalla posizione temporale adottata dallo studioso rispetto all’oggetto di studio, posizione che nella maggior parte dei casi è retrospettiva. Considerato a posteriori, però, ciascuno dei momenti in cui si articola il decorso di un’azione può venire investito di una sorta di necessità che scaturisce dal rapporto (postulato in sede di analisi) che lega quel momento a quelli che lo hanno preceduto e seguito. Esaminare una successione di accadimenti o di azioni nell’ordine cronologico, però, induce anche solo inconsciamente a reinvestire nella descrizione una logica della causalità che è dell’ordine del determinismo. La posizione che al contrario consiste nello scorporare ciascun momento dell’azione per esaminarlo in qualche modo come tale (tendenzialmente adottata dal pragmatismo) fa spiccare invece con maggiore nettezza l’incertezza con la quale gli attori si trovano a fare i conti (ringrazio Matthew Carrey per questa osservazione).
7 Sulla storia e i fondamenti della teoria sociologica dell’agire vedi H. Joas, Die Kreativität des Handelns, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1992.
8 I primi studi comparativisti sulla sociologia critica e la sociologia pragmatica della critica sono T. Benatouil, Critique et pragmatique en sociologie, “Annales. Histoire, Science Sociale”, 1999, vol. liv, n. 2, pp. 281-317 e P. Corcuff, Les nouvelles sociologies, Paris, Armand Colin, 1999.
9 J. Rancière, Le philosophe et ses pauvres [1983], Paris, Flammarion, 2007.
10 Questa critica ricorda per certi aspetti le obiezioni mosse da Sartre ai marxisti francesi (che peraltro Pierre Bourdieu condivideva). Vedi la prima parte di J.-P. Sartre, Critique de la raison dialectique. Questions de méthode, Paris, Gallimard, 1960, specialmente la sezione Le problème des médiations [trad. it. P. Caruso, Critica della ragione dialettica, 2 voll., Milano, il Saggiatore, 1963, vol. i].
11 L. Boltanski e É. Claverie, Du Monde social en tant que scène d’un procès, in L. Boltanski, É. Claverie, N. Offenstadt e S. Van Damme, Affaires, scandales et grandes causes, Paris, Stock, 2007, pp. 395-452.
12 L’osservazione è di Cyril Lemieux, di cui vedi Le devoir et la grâce, Paris, Economica, 2009.
13 F. Chateauraynaud, La faute professionnelle. Une sociologie des conflits de responsabilité, Paris, Métailié, 1991. N. Dodier, Les hommes et les machines, Paris, Métailié, 1995. P Corcuff, Sécurité et expertise psychologique dans les chemins de fer, in L. Boltanski e L. Thévenot (a cura di), Justesse et justice dans le travail, Paris, puf, 1989, pp. 307-318.
14 N. Dodier, L’expertise médicale, Paris, Métailié, 1993.
15 M. Pollak, Les homosexuels et le sida. Sociologie d’une épidémie, Paris, Métailié, 1988.
16 C. Lemieux, Mauvaise presse. Une sociologie compréhensive du travail médiatique et de ses critiques, Paris, Métailié, 2000.
17 D. de Blic, Le scandale financier du siècle, ça ne vous intéresse pas? Difficile mobilisation autour du Crédit Lyonnais, in “Politix”, n. 52, 2000, pp. 157-181.
18 N. Heinich, L’art en conflit, Paris, La Découverte, 2002.
19 F. Eymard-Duvernay e E. Marchal, Façons de recruter: le jugement des compétences sur le marché du travail, Paris, Métailié, 1997.
20 J.L. Derouet, École et justice, Paris, Métailié, 1992.
21 C. Lafaye, Situations tendues et sens ordinaire de la justice au sein d’une administration municipale, in “Revue française de sociologie”, vol. xxxi, n. 2, 1990, pp. 199-223.
22 P. Boisard e M.T. Letablier, Un compromis d’innovation entre tradition et standardisation dans l’industrie laitière, in L. Boltanski e L. Thévenot (a cura di), Justesse et justice dans le travail cit., pp. 135-208.
23 C. Lafaye e L. Thévenot, Une justification écologique? Conflits dans l’aménagement de la nature, in “Revue française de sociologie”, vol. xxxiv, n. 4, 1993, pp. 493-524.
24 É. Claverie, Les guerres de la Vierge. Une anthropologie des apparitions, Paris, Gallimard, 2003.
25 Vedi in particolare L. Boltanski, La dénonciation publique des injustices, in Id., L’amour et la justice comme compétences. Trois essais de sociologie de l’action, Paris, Métailié, 1990, pp. 255-366. É. Claverie, Procès, affaire, cause. Voltaire et l’innovation critique, in “Politix”, n. 26, 1994, pp. 76-86 e Ead., La naissance d’une forme politique: l’affaire du chevalier de La Barre, in P. Roussin (a cura di), Critique et affaires de blasphème à l’époque des Lumières, Paris, Honoré Champion, 1998. Vedi anche L. Boltanski, Une étude en noir, in “Tracés. Revue de Sciences humaines”, n. 20, 2011, pp. 49-73.
26 Vedi D. de Blic e C. Lemieux, Le scandale comme épreuve. Éléments de sociologie pragmatique, in “Politix”, n. 71, 2005, pp. 9-38.
27 Le città identificate in De la justification erano sei: la città ispirata, la città domestica, la città della fama, la città civica, la città mercantile e la città industriale. Altre città ancora in corso di formazione, soprattutto la nascente città ecologica e una città progettuale, sono state indagate in altri studi a carattere esplorativo, come C. Lafaye e L. Thévenot, Une justification écologique? cit., e L. Boltanski e È. Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme, Paris, Gallimard, 1999.
28 Il concetto di «épreuve» [qui tradotto con «verifica», N. d. T.] si ispira all’opera di Bruno Latour (vedi per esempio B. Latour, Pasteur: paix et guerre entre les microbes [1984], Paris, La Découverte, 2001). In questa sede, però, mi sono in parte discostato dall’uso che ne fa Latour per applicare la categoria al problema del giudizio e a quello della legittimità.
29 Nella città ispirata la grandezza è quella del santo capace di accedere a uno stato di grazia oppure quella dell’artista in vena di creare, e si manifesta nel corpo proprio in quanto preparato da un’ascesi, le cui forme di espressione privilegiate sono manifestazioni ispirate (santità, creatività, senso artistico, autenticità…). Nella città domestica l’ordine di grandezza è in funzione della posizione gerarchica occupata dalle persone in una catena di dipendenze personali. Il legame politico tra gli esseri è concepito sul modello della subordinazione famigliare come una generalizzazione del legame generazionale che fonde tradizione e prossimità. Il «grande», in questo caso, è chi è più anziano, l’antenato, il padre, al quale si deve rispetto e fedeltà, e che a sua volta elargisce protezione e sostegno. Nella città della fama la grandezza dipende esclusivamente dall’opinione degli altri, cioè dal numero di persone disposte ad accordare la loro fiducia e la loro stima. Il «grande» della città civile è il rappresentante che incarna la volontà generale di una collettività Nella città mercantile il «grande» è colui che si arricchisce proponendo merci ambite su un mercato concorrenziale, colui che sa «cogliere al volo l’occasione». Nella città industriale, infine, la grandezza si fonda sull’efficacia e dà luogo a una scala di misurazione delle capacità professionali. Ciascuno di questi regimi di giustificazione poggia su un diverso principio di valutazione che prende in considerazione gli esseri da un certo specifico punto di vista (escludendo cioè altri tipi di qualifica) e così facendo consente di instaurare un ordine. Parlo a questo riguardo di un «principio di equivalenza» perché ciascun principio di valutazione sottintende il riferimento a una forma di equivalenza generale (un metro di misura) in assenza della quale sarebbe impossibile confrontare gli esseri tra loro. Si dirà allora: da questo o quel punto di vista (per esempio l’efficacia nella città industriale) le persone messe alla prova si sono rivelate più o meno valide. Il termine «grandezza» designa il valore attribuito a quelle persone da quello specifico punto di vista in seguito allo svolgimento di una procedura legittima.
30 Vedi P. Bourdieu e J.-C. Passeron, La reproduction. Éléments pour une théorie du système d’enseignement, Paris, Minuit, 1970 [trad. it. G. Bechelloni, La riproduzione: per una teoria dei sistemi di insegnamento, Rimini-Firenze, Guaraldi, 2006].
31 L. Boltanski e È. Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme cit.
32 N. Dodier, L’espace et le mouvement du sens critique, in “Annales hss”, n. 1, 2005, pp. 7-31.
33 Sui rapporti tra il concetto di esperienza in John Dewey e certi aspetti della sociologia pragmatica della critica vedi J. Stavo-Debauge e D. Trom, Le pragmatisme et son public à l’épreuve du terrain, in B. Karsenti e L. Queré (a cura di), La croyance et l’enquête. Aux sources du pragmatisme, Paris Éditions de l’ehess, 2004, pp. 195-226. Sulla nozione di «esperienza» vedi anche la prefazione di J. Zask a J. Dewey, Le public et ses problèmes [The Public and its Problems], Paris, Farrago / Léo Scheer, 2003.
34 M. Walzer, Interpretation and Social Criticism, Cambridge (Mass.) - London, Harvard University Press, 1987 [trad. it. A. Carrino Politica e profezia, Roma, Lavoro, 1998].
35 Vedi M. Lamont e L. Thévenot, Rethinking Comparative Cultural Sociology. Repertoires of Evaluation in France and the United States, Cambridge, Cambridge University Press, 2000.
36 Le grandi persecuzioni di streghe che sul finire del xvi secolo e nei primi decenni del xvii hanno funestato alcune regioni europee (Lorena, Germania, Svizzera…) sono un esempio classico e particolarmente drammatico della reinterpretazione di pratiche popolari da parte delle élite al potere, nella fattispecie autorità ecclesiastiche. Facendo seguito a denunce legate a conflitti locali, quelle autorità hanno finito per riqualificare in termini di crimini contro la religione gesti e tecniche che appartenevano a una terapeutica tradizionale (vedi R. Briggs, Witches and Neighbours, London, Fontana Press, 1996).
37 Il tema è stato affrontato già negli anni Cinquanta da Michael Young nel saggio di critica fantascientifica The Rise of Meritocracy [1958], London, Transaction Publishers, 1994 (nuova edizione aggiornata) [trad. it. C. Mannucci, L’avvento della meritocrazia, Milano, Comunità, 1962]
38 J.-P. Sartre, Critique de la raison dialectique cit. [trad. it. cit., vol. I].
39 Vedi L. Boltanski, La dénonciation publique des injustices cit.
40 La psicologia sociale degli anni 1940-1950, oggi quasi del tutto dimenticata, ne aveva fatto uno dei suoi temi prediletti. Vedi per esempio E. Maccoby, T. Newcomb e E. Hartley (a cura di), Readings in Social Psychology, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1952.
41 R. Girard, Mensonge romantique et vérité romanesque, Paris, Grasset, 1961 [trad. it. L. Verdi-Vighetti, Menzogna romantica e verità romanzesca, Milano, Bompiani, 2002].
42 Mi richiamo qui alle ricerche di Natalia Suárez sulla vita quotidiana in situazione di guerra civile in Colombia, sviluppate in N. Suárez Bonilla, La compétence du savoir-(sur)vivre. Épreuves d’identité dans la guerre civile colombienne, tesi di dottorato in sociologia, Parigi, ehess, 2010.
43 Vedi L. Boltanski, Les cadres. La formation d’un groupe social, Paris, Minuit, 1982 e A. Desrosières e L. Thévenot, Les catégories socioprofessionnelles cit.
44 Vedi L. Boltanski e È. Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme cit., pp. 376-414.
45 Vedi A. Desrosières, L’État et la formation des classes sociales. Quelques particularités françaises, in Id., L’argument statistique, Paris, Mines - ParisTech, 2008, 2 voll., vol. II, Gouverner par les nombres, pp. 293-304.
46 L. Boltanski, Les cadres cit.
47 Vedi P. Bourdieu e L. Boltanski, Le titre et le poste: rapports entre système de production et système de reproduction, in «Actes de la recherche en sciences sociales» cit.
48 Vedi Christian Laval, L’homme économique. Essai sur les racines du néolibéralisme, Paris, Gallimard, 2007 e P. Dardot e C. Laval, La nouvelle raison du monde. Essai sur la société néolibérale, Paris, La Découverte, 2009 [trad. it. P. Napoli, La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista, Roma, Derive e Approdi, 2013]
49 N. Abercrombie e B. Turner, The dominant ideology thesis, in “The British Journal of Sociology”, vol. XXIX, n. 2, 1978, pp. 149-170.
50 R. Aron, Les étapes de la pensée sociologique, Paris, Gallimard, 1967, pp. 407-496 [trad. it. A. Devizzi, Le tappe del pensiero sociologico, Milano, Mondadori, 1972, pp. 371-445].
51 J.-P. Sartre, Critica della ragione dialettica cit., libro i, Dalla praxis individuale al pratico-inerte [trad. it. cit., vol. I]
52 G. Agamben, Stato di eccezione, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.
53 Vedi M. Mann, State, War and Capitalism. Studies in Political Sociology, Oxford, Basil Blackwell, 1988.
54 Vedi N. Fraser, Abnormal Justice, in “Critical Inquiry”, vol. xxxiv, n. 3, 2008, pp. 393-422.
55 Come lo sono del resto gli esseri a proposito dei quali Bruno Latour pone il problema del loro ingresso nella sfera politica, vedi B. Latour, Politiques de la nature, Paris, La Découverte, 1999 [trad. it. M. Gregorio, Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze, Milano, Cortina, 2000].
56 H. Marcuse, Eros and Civilization. A Philosophical Inquiry into Freud, Boston, Beacon Press, 1955 [trad. it. G. Jervis, Eros e civiltà, Torino, Einaudi, 1967, p. 87].
57 A. Honneth, Verdinglichung: eine anerkennungstheoretische Studie, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 2005 [trad it. C. Sandrelli, Reificazione: uno studio in chiave di teoria del riconoscimento, Roma, Meltemi, 2007].
58 Vedi Z. Bauman, Modernity and Ambivalence, Cambridge, Polity Press, 1993 [trad. it. C. D’Amico, Modernità e ambivalenza, Torino, Bollati Boringhieri, 2010] e M. Bull, Seeing Things Hidden. Apocalypse, Vision and Totality, London, Verso, 1999.
59 Una ricerca mossa da intenzioni simili, ma condotta con mezzi in parte diversi, è portata avanti da Cyril Lemieux, di cui vedi in particolare De la théorie de l’habitus à la sociologie des épreuves: relire «L’expérience concentrationnaire», in L. Israël e D. Voldman (a cura di), Michael Pollak. De l’identité blessée à une sociologie des possibles, Paris, Complexe, 2008, pp. 179-206.