Introduzione
Gabriel Tarde tra metafisica e sociologia
p. 11-27
Texte intégral
1. Tarde, l’inattuale
1Sappiamo troppo poco di Gabriel Tarde. Ai più il suo nome è noto soltanto per essere stato il rivale sfortunato di Durkheim e per aver scritto praticamente un solo libro, Le leggi dell’imitazione. Altri lo conoscono per una lunga nota a piè di pagina dedicatagli da Gilles Deleuze nel 1968 all’interno di un suo lavoro capitale come Differenza e ripetizione e per un entusiastico “omaggio” contenuto in Millepiani (1980, con Guattari)1. Tutto questo ha permesso al nostro autore di godere di una piccola notorietà postuma, superficiale sicuramente, ma che gli consente ancora, talvolta, di beneficiare di qualche riga all’interno di alcuni manuali di sociologia. Eppure il pensiero, come anche l’opera sociologica e filosofica di Gabriel Tarde, meriterebbero tutt’altra considerazione. Pubblicando, per la prima volta, l’edizione integrale delle Leggi dell’imitazione ci proponiamo di sottrarre il nostro autore a un’ingiustificabile disattenzione italiana. Tanto più ingiustificabile, forse, se consideriamo che alcune sue intuizioni hanno manifestato, nel tempo, una sorprendente vitalità, sintomo del fatto che nella sua riflessione è contenuto qualcosa di pervicacemente inattuale, un elemento autenticamente filosofico che sembra resistere allo scorrere del tempo come a quello delle mode intellettuali2.
2Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di inquadrare la figura di Tarde all’interno del suo tempo, così da poterne meglio comprendere l’originalità.
2. Notizia biografica
3Jean-Gabriel Tarde nasce il 12 marzo 1843 a Sarlat, in Dordogna, da una famiglia della buona borghesia cittadina. La sua educazione è di tipo tradizionale, frequenta il collegio dei gesuiti della stessa città, e si laurea alla Facoltà di diritto a Toulouse. Parallelamente agli studi giuridici, il giovane Tarde coltiva interessi diversi, concentrati soprattutto sulla poesia e sulla filosofia. Proprio durante il periodo universitario si appassiona alla lettura di Maine de Biran, di Cournot e di Hegel. La formazione filosofica di Tarde ha luogo, come vedremo, all’interno del clima culturale dello “spiritualismo” francese. In questo periodo, i suoi interessi sono equamente suddivisi tra lo studio della mistica (Gratry, Fénelon, l’Imitatio Christi, Santa Teresa d’Avila) e la passione per le scienze trasmessagli dagli autori positivisti alla moda (soprattutto Comte, Spencer, Taine e Renan).
4Terminati gli studi giuridici, Tarde intraprende la carriera di magistrato, che svolge fino al 1894 nella sua città natale. Nonostante il moltiplicarsi degli impegni lavorativi, continua a coltivare in proprio lo studio della filosofia. Egli stesso ammetterà, in uno scritto autobiografico, che il suo sistema filosofico ha preso corpo tra i 25 e i 30 anni3. È a questo periodo che risale un’importante opera metafisica, tuttora inedita, sulla Répétition et l’évolution des phénomènes (1874). Alla fine degli anni Settanta Tarde entra in contatto epistolare con Théodule Ribot, direttore della “Revue Philosophique”, alla quale comincia a inviare i propri articoli fin dal 18804. Durante questo decennio egli partecipa attivamente anche agli “Archives d’Anthropologie Criminelle” diretti da A. Lacassagne, di cui diventerà co-direttore nel 1893. Fin dall’inizio, la sua produzione, maturata in ambito extra-accademico, è caratterizzata da un evidente eclettismo: i suoi interessi spaziano dalla filosofia alla poesia, dalla criminologia alla sociologia, alla politica. Con la pubblicazione delle Leggi dell’imitazione 5 (Alcan, 1890) la figura di Tarde esce una volta per tutte dall’anonimato di provincia, per diventare un nome di primo piano, celebrato all’interno degli ambienti accademici e letterari francesi. Il 1890 segna quindi un vero e proprio spartiacque nella sua vita. A partire da questo momento la sua produzione editoriale conosce una decisa accelerazione: pubblica diversi volumi6, e i suoi contributi cominciano ad apparire sulla celebre “Revue des Deux Mondes”, sulla “Revue Internationale de Sociologie” (diretta dall’amico René Worms) e sulla neonata “Revue de Métaphysique et de Morale”. Nel 1895 viene chiamato a ricoprire l’incarico di direttore della statistica giudiziaria presso il ministero della Giustizia, a Parigi, dove si trasferisce insieme alla famiglia. Diventa così un personaggio noto all’interno dei salotti intellettuali della capitale, dove partecipa attivamente alla vita mondana, stringendo legami di amicizia o di rivalità con le personalità più in vista dell’epoca: Espinas, Lévy-Bruhl, Durkheim, Bergson.
5Nonostante i tanti riconoscimenti, la carriera accademica di Tarde comincia soltanto nel 1896, quando inizia la sua attività di insegnamento con un corso all’École Libre de Sciences Politiques di Parigi e con un ciclo di conferenze presso il Collège Libre des Sciences Sociales, prima di essere chiamato, nel 1900, al Collège de France, per ricoprire la cattedra di Filosofia moderna. Per il posto vacante viene preferito a Bergson, al quale sarà affidata l’anno seguente, nel 1901, la cattedra di Filosofia greca e latina. Tarde tiene la sua lezione inaugurale l’8 marzo 1900. Contestualmente egli si dimette dalle sue funzioni ministeriali per dedicarsi esclusivamente all’attività accademica. Nei quattro anni successivi egli tenne regolarmente i suoi corsi. La morte lo colse, prematuramente, il 12 maggio 1904, all’età di 61 anni. Lascia un’opera che comprende 15 volumi e un centinaio di articoli.
3. Struttura dell’opera
6È impossibile condensare nello spazio di un’introduzione i contenuti di un testo, come quello delle Leggi dell’imitazione, ricchissimo di spunti e di illuminazioni. Del resto, non ci dobbiamo aspettare da Tarde un’esposizione sistematica della materia. La sua caratteristica è quella di essere uno scrittore brillante, ricco di folgorazioni che conducono il lettore in territori inesplorati e lo mettono di fronte ai più scioccanti paradossi. Bergson sosteneva che
La storia della filosofia ci insegna a distinguere due tipi di pensatori. Ce ne sono alcuni che scelgono la loro direzione e procedono metodicamente verso il proprio fine, innalzandosi, di grado in grado, a una sintesi voluta e premeditata. E ce ne sono altri che procedono senza metodo apparente, là dove la loro fantasia li conduce, ma il cui spirito è così ben accordato all’unisono con le cose, che tutte le loro idee si accordano naturalmente. La loro riflessione, partendo da un punto qualsiasi, e scegliendo una strada qualsiasi, si aggiusta per portarli sempre allo stesso punto. Le loro intuizioni, che non hanno nulla di sistematico, si organizzano spontaneamente in sistema. Essi sono filosofi senza aver cercato di esserlo, senza avervi pensato.
7Ovviamente, «a questa razza appartiene Gabriel Tarde»7. Convenendo con la definizione di Bergson, ci limiteremo pertanto a indicare qualche pista di lettura, che possa essere utile a orientare il lettore moderno, permettendogli di avvicinarsi a un testo che non è privo di una certa complessità, sia terminologica che concettuale. Questa complessità è accresciuta dall’andamento a volte erratico della riflessione di Tarde, che tuttavia costituisce la cifra stilistica del suo modo di argomentare, ricco di digressioni ed esempi.
8Alla base di tutto, un problema. Nel momento in cui Tarde scrive le Leggi dell’imitazione egli intende prendere posizione rispetto a specifiche questioni di “fondazione” che animavano il dibattito sociologico del suo tempo. La sociologia, un campo di studi in fieri, di nascita recente, doveva ancora trovare una sua definizione rigorosa e condivisa, così da potersi costituire in “scienza” sociale. Si tratta quindi di definirne il possibile ruolo futuro, i concetti e il metodo, attraverso la scoperta delle sue specifiche “leggi” di sviluppo, che secondo Tarde debbono possedere lo stesso valore di quelle vigenti nell’ambito delle scienze fisiche e naturali.
9Il mondo fisico, il mondo vivente e il mondo sociale costituiscono perciò i tre «comparti» della realtà governati, per analogia, dalle medesime leggi. Così facendo, la sociologia non figura più come un corpo estraneo rispetto alle altre scienze, distaccato dal resto della realtà. Tarde non sottoscriverebbe la distinzione diltheyana tra “scienze della natura” e “scienze dello spirito”. Egli è rigidamente monista: tutto dev’essere ricondotto, al di là delle differenze apparenti, a uno stesso principio superiore di ordine cosmico, la dialettica tra differenza e ripetizione.
10Nel mondo sociale, la dialettica differenza/ripetizione assume la forma della dialettica tra l’invenzione e l’imitazione. Questa intuizione costituisce per Tarde una scoperta capitale sulla quale può pensare di edificare il suo sistema sociologico. Allo stesso titolo dell’ondulazione nel mondo fisico, e dell’ereditarietà nel mondo vivente, l’imitazione costituisce l’autentica ripetizione sociale: «tutte le somiglianze sono dovute a delle ripetizioni» (p. 57). Ogni imitazione ha come oggetto un’invenzione precedente e conduce a sua volta a nuove invenzioni. Come ha osservato Deleuze, «la ripetizione è “per” la differenza»8. Si potrebbe rappresentare graficamente il sistema di Tarde come una lunga spirale: alla base si trova una singolarità individuale, che si ripete incontrando sul proprio cammino continui ostacoli, che la costringono a modificarsi producendo sempre nuove singolarità, che a loro volta vanno incontro allo stesso destino. Di variazione in ripetizione, e di ripetizione in variazione, si compie tutto lo sviluppo delle società umane, senza che possa essere posto un termine definitivo.
11Da questi presupposti teorici discendono le principali leggi dell’imitazione. In primo luogo, la tendenza a una progressione geometrica, attraverso veri e propri «contagi» dell’esempio imitato. Tarde, influenzato dalla teoria atomica divulgata da Wurtz9, ritiene che la caratteristica fondamentale di ogni essere, di ogni cosa (fisica, vivente, sociale), sia la sua infinita «ambizione» o «avidità»: se non viene ostacolata, essa tende a conquistare l’intero universo. Ogni “monade” è infatti caratterizzata da una forza interna di espansione, una potenza che la spinge a diffondersi fino a raggiungere il proprio limite. Ma una progressione lineare di questo tipo non sarebbe concepibile, se non in maniera astratta. L’allargamento indefinito dell’esempio imitato incontra sempre sul proprio cammino degli ostacoli che ne modificano l’azione conquistatrice, accelerandola o rallentandola, resistenze che possono essere di due tipi: «interferenze-combinazioni», quando agiscono da stimolo moltiplicando la forza contagiosa dell’esempio, aiutandolo a diffondersi ancora più velocemente e a maggiore distanza, e «interferenze-lotte», che hanno invece un’influenza negativa, costringendolo ad arrestarsi o a retrocedere. Si tratta di un vero e proprio processo di selezione.
12Invenzioni o imitazioni, la caratteristica dei fenomeni sociali è quella di avere luogo all’interno della mente degli individui, nella loro infra-psicologia. I fenomeni macroscopici che possiamo osservare all’interno delle società si verificano anche in piccolo all’interno della mente umana. Anche qui, a livello microfisico, ogni nuova idea deve attraversare il calvario della ripetizione e dell’interferenza universale. Tarde ci offre una teoria psicologica assolutamente originale (il termine di paragone più appropriato sembrerebbe essere il Bentham dell’aritmetica morale), basata sui due concetti di «credenza» e «desiderio», che rappresentano le vere quantità psicologiche. Si tratta di forze suscettibili di essere misurate statisticamente. Il cervello umano è dunque il teatro di una lotta tra le due forze psichiche fondamentali, che possono essere concordi o rivali, intervenendo l’una sull’altra per rafforzarsi o per indebolirsi a vicenda.
13Questa dinamica appare evidente se pensiamo al significato dell’invenzione sociale:
ogni invenzione si riduce all’incontro fortunato, all’interno di un cervello intelligente, di una corrente imitativa, sia con un’altra corrente imitativa che la rinforza, sia con un’intensa percezione esterna […] oppure con il vivo sentimento di un bisogno […]. Tutte le invenzioni – continua Tarde – sono dunque dei composti che hanno come elementi di base delle imitazioni precedenti (pp. 82-83)
14Il mondo sociale è costituito da lunghe serie di invenzioni e di imitazioni di questo tipo, che al sociologo sarebbe possibile risalire o discendere partendo dalle invenzioni-madri, in modo da formare una specie di “albero genealogico” delle invenzioni riuscite. Si tratta di un gioco delicato al limite tra determinismo e indeterminismo che Tarde ha concettualizzato in una teoria dei possibili10: ogni volta che un’invenzione appare, la sua nascita rende impossibile, da ora in avanti, tutta una folla di altre invenzioni, determinando vagamente il senso in cui avranno luogo i progressi futuri.
15Date queste premesse, che cos’è una società? Una società è costituita da un insieme di individui associati tra loro sulla base di «un fondo comune» reso possibile da un’assimilazione mentale ottenuta per imitazione. I veicoli principali di questa assimilazione sono innanzitutto il linguaggio e l’educazione. L’imitazione si caratterizza perciò come «un’azione a distanza da una mente all’altra […] che consiste in una riproduzione quasi fotografica di un’impronta cerebrale attraverso la piattaforma sensibile di un altro cervello» (p. 38)11.
16Tarde afferma che le leggi che presiedono al destino di tutte le imitazioni (e che costituiscono l’oggetto della sociologia) possono essere di due tipi: logiche o extralogiche: «Le cause logiche agiscono nei casi in cui l’innovazione viene scelta da una persona in quanto la ritiene più utile o più vera delle altre, cioè più concorde con i fini o con gli scopi già consolidati nella sua mente» (p. 164). Sappiamo infatti che ogni individuo è un autentico «sistema», in quanto la sua mente è composta da un numero di idee, di credenze e di desideri che si accordano logicamente tra loro. Ogni nuova idea, credenza o desiderio, che fa il suo ingresso all’interno di questa mente può creare un’interferenza con il contenuto in essa già consolidato, e allora si potranno produrre dei «duelli logici»; in caso contrario avranno luogo degli «accoppiamenti logici». Il risultato di queste lotte o di questi accoppiamenti può essere o un rafforzamento delle idee (credenze e desideri) dell’individuo in questione, oppure un loro indebolimento. Tutto ciò influisce sulla velocità di propagazione e sulla distanza percorsa dalle imitazioni all’interno del campo sociale.
17Ma le cause logiche non sono le sole ad agire nella società. Se così fosse, bisognerebbe ammettere che gli uomini sono esseri assolutamente razionali, fatto contraddetto ogni giorno di più dalla nostra esperienza. Nel campo sociale hanno grande importanza le cause extralogiche di favore o sfavore nei confronti di ogni innovazione che si presta a essere adottata. Conseguentemente, Tarde definisce tre leggi extralogiche essenziali allo sviluppo della società.
18In primo luogo, la legge dell’imitazione dall’interno all’esterno. «Questo corso dall’interno all’esterno – precisa Tarde – significa due cose: 1) che l’imitazione delle idee precede quella della loro espressione; 2) che l’imitazione dei fini precede quella dei mezzi. L’interno è costituito dai fini o dalle idee; l’esterno, dai mezzi o dalle espressioni». L’imitazione, essendo un’azione a distanza, si esercita prima di tutto sul contenuto mentale fatto di idee, credenze e desideri, prima di potersi esprimere in atteggiamenti, modi di fare, comportamenti ecc. In secondo luogo, sostiene Tarde, la persona imitata emana una certa forma di «prestigio», una specie di magnetizzazione inconscia che trasmette agli individui inferiori il desiderio irresistibile di copiarlo. Tutto questo presuppone che in tutte le società, anche in quelle organizzate democraticamente, sia presente una gerarchia sociale. La cosa interessante è che Tarde non fa nessuna diffenza tra forme di governo aristocratiche e democratiche, perché la tendenza a imitare il superiore è un dato di fatto antropologico primordiale, una caratteristica essenziale dell’essere umano, e come tale inalterabile.
19Ma Tarde è anche il teorico della moda. Un’altra legge extralogica molto importante riguarda infatti l’alternanza tra la moda e la consuetudine, cioè il «consolidamento consuetudinario di ciò che ha iniziato col diffondersi contagiosamente da contemporaneo a contemporaneo» (p. 248). Tarde suddivide la storia dell’umanità in epoche di moda, in cui le innovazioni si diffondono rapidamente all’interno di un territorio sempre più vasto, e in epoche di consuetudine, nelle quali questa diffusione contagiosa rallenta e si consolida in tradizioni e in costumi nazionali. Questa legge vuole che «l’imitazione, inizialmente consuetudine, poi moda, ritorna consuetudine, ma in una forma singolarmente allargata ed esattamente inversa rispetto alla prima» (pp. 256-257)12.
20Come vediamo, il confine tra sociologia e filosofia della storia in Tarde è molto labile. Questo gli consente di arrischiare qualche previsione sui destini finali dell’umanità. Innanzitutto, in base a quanto detto in precedenza, è evidente che «la tendenza a un’assimilazione cosmopolita e democratica è una tendenza storica inevitabile» (p. 366). In secondo luogo, egli prevede che, per effetto dell’assimilazione universale sviluppata in strati concentrici sempre più ampi, «gli agglomerati nazionali si ingrandiranno sempre di più» finendo per riunirsi all’interno di un grande «impero colossale» organizzato in maniera federale. Nonostante questa tendenza, Tarde non crede che vedremo mai sorgere un unico stato esteso a tutta la terra, perché la tendenza all’espansione del contagio imitativo deve conoscere necessariamente un limite al suo sviluppo. Per questo motivo, è più probabile che assisteremo alla nascita di diversi stati colossali, in equilibrio tra loro13.
21Al termine del suo libro Tarde ci fornisce una visione tutto sommato ottimistica della storia. La somiglianza universale, in base al principio della dialettica tra differenza e ripetizione, non può costituire il termine finale dello sviluppo sociale. Se è vero che la ripetizione (e l’uniformazione) nasce dalla variazione, e alla variazione ritorna, è necessario che la somiglianza universale conduca infine al fiorire della differenza e dell’individualità più originale, alla vita estetica, alla « singolarità profonda e sfuggente delle persone», che costituisce il vero obiettivo del movimento, altrimenti monotono e insensato, dell’intero universo.
4. Una sociologia critica
22Questi, a grandi linee, i contenuti dell’opera. Se adesso ci chiediamo quale sia il posto di Tarde all’interno della storia del pensiero sociologico della seconda metà dell’Ottocento, dobbiamo convenire sul fatto che la sua sociologia si presenta principalmente come una sociologia critica perché si oppone alle correnti dominanti nella scienza sociale del suo tempo, in primo luogo all’evoluzionismo di Herbert Spencer e al “realismo” di Durkheim.
23Il suo lavoro sociologico può essere letto come una lunga dichiarazione di guerra contro l’evoluzionismo14. A Spencer vengono contestate principalmente due cose: la famosa “legge della differenziazione progressiva”15 e l’idea del progresso lineare. La tesi della differenza universale – asse portante dell’intera metafisica di Tarde – si presenta in effetti come l’esatto contrario della posizione spenceriana: «L’eterogeneo e non l’omogeneo sta nel cuore delle cose. Che cosa c’è di più inverosimile, o di più assurdo, della coesistenza di innumerevoli elementi nati co-eternamente simili? Simili non si nasce, lo si diventa» (p. 105). Secondariamente, non può essere nemmeno affermato che l’evoluzione proceda in maniera continua e lineare:
il progresso sociale si compie – sostiene Tarde – attraverso una serie di sostituzioni e di accumulazioni. È sicuramente importante distinguere questi due processi, e l’errore degli evoluzionisti è di averli confusi, in questo come in tutti gli altri casi. Il termine evoluzione è forse inadatto. Eppure si può dire che c’è evoluzione sociale quando un’invenzione si diffonde tranquillamente per imitazione, che è il fatto sociale elementare; e anche quando una nuova invenzione, imitata a sua volta, si innesta su un’invenzione precedente, che perfeziona e favorisce. Ma, in quest’ultimo caso, perché non dire piuttosto che avviene un’inserzione, che sarebbe più preciso? Una filosofia dell’inserzione universale apporterebbe una valida rettifica alla teoria dell’evoluzione universale (p. 200)
24Tarde elabora dunque un nuovo concetto di evoluzione, discontinua e multilineare, assolutamente indeterminata nel suo sviluppo in quanto sottomessa all’azione degli individui, che sono i soli agenti del progresso umano. La storia non si svolge con un andamento piano e rettilineo, ma è fatta di continui crocevia, di continue biforcazioni, che pongono gli uomini che la vivono, e che materialmente la “fanno”, di fronte a delle scelte che non sono in nessun caso sovradeterminate da una legge necessaria. Non è dunque possibile, se non per astrazione, espellere l’elemento umano dal suo sviluppo.
25Rispetto a Durkheim la posizione di Tarde è più complessa. Non è certamente questa la sede per ricostruire la genesi e lo sviluppo di una polemica che ha perduto oggi gran parte del suo interesse16. Ci limitiamo pertanto a segnalare quale fosse la posta in gioco, soprattutto ai fini di una chiara comprensione del sistema di Tarde. Nel testo delle Leggi dell’imitazione il nome di Durkheim non compare mai. Ma in un passaggio della Prefazione alla seconda edizione Tarde allude implicitamente a questo autore quando afferma che
è proprio perché gli atti umani imitati possiedono questo carattere dogmatico o imperioso che l’imitazione costituisce un legame sociale; poiché ciò che lega gli uomini è il dogma o il potere. (Si è vista soltanto la metà di questa verità, e la si è vista male, quando si è detto che la specificità dei fatti sociali era quella di essere obbligati e forzati. Significa misconoscere ciò che vi è di spontaneo nella maggior parte della credulità e della docilità popolari) (p. 40)
26L’allusione al primo capitolo delle Regole del metodo sociologico (Che cos’è un fatto sociale?)17 è chiara. Durkheim sosteneva infatti che la caratteristica dei fatti sociali fosse quella di essere coercitivi, cioè di imporsi agli individui dall’esterno attraverso una pressione dell’ambiente. Nella Prefazione alla Logica sociale Tarde è ancora più esplicito:
Ancora più ristretta e lontana dalla verità – afferma Tarde – è la definizione elaborata di recente da un rinomato sociologo che pone come proprietà caratteristica degli atti sociali quella di essere imposti dall’esterno per costrizione. Questo significa non riconoscere, in fatto di legami sociali, nient’altro che i rapporti tra padrone e sottoposto, tra professore e allievo, tra genitori e figli, senza avere il minimo riguardo per le libere relazioni tra uguali […]. Non si riuscirebbe a spiegare un tale errore se non collegandolo a quest’altro, cioè che un fatto sociale, in quanto sociale, esiste al di fuori di tutte le sue manifestazioni individuali. Sfortunatamente, spingendo al limite e oggettivando la distinzione, o piuttosto, la separazione tutta soggettiva del fenomeno collettivo e degli atti particolari di cui è composto, Durkheim ci riporta in piena scolastica. Sociologia non vuol dire ontologia. Faccio molta fatica a comprendere, lo confesso, come si possa dire che «esclusi gli individui, rimane la Società»18
27In definitiva, l’obiettivo polemico di Tarde è il “realismo” di Durkheim, l’oggettivazione del legame sociale al di là delle sue manifestazioni individuali. L’opera di Tarde si caratterizza dunque come una presa di posizione critica contro i grandi miti del proprio tempo, l’evoluzionismo di Spencer e il “realismo scolastico” di Durkheim. Posizione che era destinata a relegarlo ai margini del dibattito sociologico del suo tempo.
5. Le ragioni di un oblio
La storia commette delle strane ingiustizie. Essa è stata particolarmente severa con Gabriel Tarde. Quest’uomo fu salutato dai suoi contemporanei come uno dei più grandi pensatori della sua epoca. Gli sono stati attribuiti gli onori più invidiabili: è professore al Collège de France, con Henri Bergson; è membro dell’Institut; è presidente delle Società Internazionali di Sociologia e di Diritto. Lascia un’opera di più di quindici volumi, che attraverso numerose edizioni e traduzioni estende la sua fama fino alla Russia e all’America. Alla sua morte, viene paragonato a Auguste Comte, a Taine, a Renan, come anche a Darwin e a Spencer; e Bergson, solitamente sobrio nei suoi omaggi, lo considera un maestro eminente. Ora, lo stesso uomo conosce, qualche anno dopo la sua morte, un inspiegabile oblio19.
28Con queste parole iniziava la bella monografia di Jean Milet su Gabriel Tarde et la philosophie de l’histoire, a tutt’oggi l’opera più completa di cui disponiamo sulla vita e sul pensiero del nostro autore.
29Sono in molti a essersi interrogati sulle ragioni di questo «inspiegabile oblio». Tra i commentatori, è ancora Lubek ad avere avanzato le ipotesi più interessanti per rendere conto di una «psicologia sociale perduta». Egli sostiene che a concorrere all’oblio del nome di Tarde hanno contribuito tutta una serie di motivazioni complementari. Certamente molto ha influito il dibattito con Durkheim e i suoi allievi. Tarde, a differenza di Durkheim, non ha fondato una vera e propria “scuola”, in quanto è stato principalmente un pensatore solitario, e per di più autodidatta. Gli unici discepoli propriamente detti furono i suoi figli (Alfred, Paul e Guillaume)20. Egli inoltre non ha beneficiato, a differenza del gruppo durkheimiano, riunito attorno alla “Année sociologique”, del supporto istituzionale indispensabile al perseguimento di una propria linea di ricerca. In breve, «l’interpsicologia è stata l’inizio di un “paradigma/esemplare” al quale è mancato il sostegno di un “paradigma/comunità” per svilupparsi e sopravvivere alla morte di Tarde»21. Negli stessi anni il gruppo riunito attorno a Durkheim si sforzava di definire i canoni della sociologia delineando ciò che poteva o non poteva essere, fissando una volta per tutte i princìpi e le regole del metodo sociologico, contribuendo così alla definizione scientifica della disciplina nel suo assetto moderno, rigorosamente anti-tardiano.
30Infine, un peso non indifferente ha avuto anche lo “spirito del tempo”. Gli ultimi decenni dell’Ottocento, e gli inizi del nuovo secolo, hanno segnato, in Francia e in Europa, l’emergere delle questioni sociali, dei movimenti sindacali, del pensiero socialista, istanze alle quali Tarde, che esprimeva, in un certo senso, il punto di vista dell’alta borghesia cattolica, si è mostrato sempre freddo se non indifferente, contrariamente a Durkheim. Questa sorta di incompatibilità ambientale con il contesto politico e sociale ha indubbiamente favorito il diffondersi di una vulgata che vedeva in lui un pensatore fondamentalmente individualista e liberale.
6. Una metafisica “esoterica”
31Come abbiamo anticipato, le linee portanti del sistema filosofico di Tarde sono state elaborate nel corso degli anni Settanta dell’Ottocento. Si potrebbe perfino affermare che tutta la sua metafisica sia contenuta, in nuce, all’interno di quel lungo manoscritto intitolato La répétition et l’évolution des phénomènes che Tarde inviò all’editore Germer Baillière già nel 1875, e che, per ragioni contingenti, non fu mai pubblicato22.
32Tra i primi ad aver riconosciuto la rilevanza filosofica del pensiero di Tarde fu sicuramente Espinas. Nel 1909, nell’ambito dei discorsi commemorativi tenuti a Sarlat in occasione dell’inaugurazione del monumento dedicato a Gabriel Tarde, egli affermava che «una convinzione che ci si impone in seguito a una rilettura dei suoi scritti, è che tutto quello che ha fatto deriva da una concezione generale del mondo e della vita che era già trasparente fin dal suo primo tentativo, e che il compito principale di chiunque voglia comprendere le sue teorie parziali, dev’essere quello di comprendere e di penetrare questa dottrina filosofica, questa visione universale delle cose e del loro divenire». Per Espinas, la sociologia di Tarde non sarebbe nient’altro che il «prolungamento della sua filosofia». «Così come – continua Espinas – nel xvii secolo ogni filosofia comportava una fisica e nel xviii una biologia generale, nel xix, una filosofia deve contenere, necessariamente, una sociologia»23.
33La prima produzione filosofica di Tarde rappresenta perciò un momento “metafisico” molto caratterizzato della sua riflessione, la cui importanza è stata spesso sottovalutata dagli interpreti del suo pensiero sociologico e criminologico. Bisogna dire che lo stesso Tarde sembra che non avesse fatto nulla per metterla in evidenza. Si sarebbe tentati di parlare, anche sulla base di quanto riferisce Espinas, di un Tarde esoterico. Egli infatti non parlava volentieri della sua metafisica:
Tutte le volte che si lascia scappare qualche concezione metafisica, si scusa a lungo, cerimoniosamente, della libertà che si sta prendendo […]. Noi avremmo voluto, in una di quelle discussioni tra filosofi avversari che sigillano le amicizie, ricevere da lui abbondanti spiegazioni sui suoi veri princìpi; è un piacere al quale abbiamo dovuto rinunciare. Mai ci ha parlato dei libri che conservava in manoscritto, né dell’insieme delle sue concezioni. Tarde aveva dunque, a proposito della messa in luce della sua filosofia (al di fuori delle tre leggi che costituivano il credo in qualche modo ufficiale del “tardismo”: Invenzione e Imitazione, Opposizione, Adattamento), una tattica assai complicata: questa filosofia, l’aveva lasciata intravedere, inizialmente per rapidi accenni, poi l’aveva esposta in maniera un po’ più completa, e infine l’aveva divulgata in una rivista settoriale per non ritornarvi mai più; non sembrava desideroso che la si guardasse da vicino, la mostrava e la nascondeva allo stesso tempo24.
34In effetti, se consideriamo il testo delle Leggi, che intende comunque presentarsi come l’opera di un sociologo, questa metafisica nascosta si può rinvenire soltanto per brevi frammenti, rapide illuminazioni, che costituiscono una specie di sfida al lettore. In Tarde è dunque ammissibile l’opposizione tra un pensiero esoterico, accuratamente nascosto, e una riflessione essoterica, divulgativa, che si presenta come la riflessione di un sociologo positivista. Tuttavia, come è stato più volte ribadito dai commentatori più avveduti, questo credo tardiano esplicito non è comprensibile fino in fondo se non si fa riferimento a quei concetti metafisici definiti all’interno del suo “laboratorio” filosofico.
7. Princìpi della filosofia di Tarde
35Veniamo quindi alla filosofia di Gabriel Tarde. Come abbiamo visto, egli è un autore difficilmente classificabile. Non è appartenuto a nessuna scuola e non ha avuto maestri diretti, in quanto è stato un pensatore fondamentalmente autodidatta. Eppure nel suo pensiero è possibile rinvenire alcuni tratti che lo avvicinano al «positivismo spiritualistico»25 del suo tempo, soprattutto a proposito di un certo «scientismo»26 di fondo e per un «primato ontologico» accordato allo psichico27 che indubbiamente lo contraddistingue. Così facendo, egli sembra perseguire una difficile terza via, alternativa sia al materialismo che all’idealismo imperanti. Se dovessimo indicare un testo nel quale questa metafisica possa essere rinvenuta nella sua formulazione più completa, dovremmo indubbiamente rivolgerci all’articolo Monadologie et sociologie, che ne costituisce in qualche modo il “manifesto teorico”.
36Alla base, un’intuizione di cui Tarde ha la chiara visione, quella della differenza universale. Come sappiamo, la Ripetizione costituisce soltanto un termine medio, che proviene dalla variazione, e alla variazione ritorna: «La differenza è l’alfa e l’omega dell’universo; con lei tutto comincia […] con lei tutto finisce […]. Tutte le somiglianze, tutte le ripetizioni dei fenomeni non mi sembrano essere nient’altro che degli intermediari inevitabili tra le diversità elementari»28. Tutte le cose differiscono tra loro e tendono ad accentuare, attraverso infinite ripetizioni e infiniti adattamenti, la loro originalità caratteristica: «la differenza va differendo» proprio perché «esistere significa differire»29. Il ragionamento di Tarde, che si vuole coerente con le ipotesi scientifiche più aggiornate, parte dall’infinitesimale, che rappresenta «la chiave dell’intero universo»30. Questa tesi metafisica viene presentata come l’attualizzazione dell’ipotesi monadologica avanzata a suo tempo da Leibniz, e conduce Tarde all’elaborazione di una neo-monadologia: «tutto l’universo è composto di anime diverse dalla mia, ma in fondo simili alla mia»31. La spiritualizzazione dell’universo, lo «psicomorfismo universale», si oppone polemicamente al dualismo cartesiano: anche nella materia c’è dello spirito, poiché ogni atomo è dotato di un’anima che differisce da quella umana soltanto per il grado di coscienza.
37Questa tesi, per quanto paradossale possa apparire, dev’essere presa sul serio, in quanto fondata su un attento studio degli sviluppi della scienza del suo tempo, e ha delle ricadute importanti sul piano della infra-psicologia. Precorrendo di mezzo secolo quelli che saranno gli esiti della critica della soggettività maturata in ambito francese nella seconda metà del Novecento, Tarde ci offre una nuova immagine del cogito, o meglio, una sua radicale decostruzione. La soggettività, il soggetto, la coscienza, non costituiscono quell’unità apparente che pretendono di essere. Sono a loro volta dei composti, fatti da una molteplicità di monadi in conflitto tra loro. Tarde afferma che all’interno della mente umana esiste una gerarchia: «la nostra coscienza individuale, nostra in quanto monadi dirigenti, elementi-direttivi del cervello, ha come collaboratrici necessarie, costanti, durante la nostra vita o principato cerebrale, innumerevoli altre coscienze»32. Il cervello costituisce dunque una specie di “grande Io” al quale si contrappongono gli innumerevoli “piccoli Io” delle singole cellule corporee, ciascuno dei quali ambisce a impossessarsi della monade dirigente: «Coscienza significa gloria cerebrale, in qualche modo, dell’elemento più influente e più potente del cervello»33.
38La caratteristica più interessante delle monadi tardiane è proprio questa «ambizione», questa smisurata «avidità» che le spinge a colonizzare e a sottomettere incessantemente tutto ciò che le circonda, tendenza arrestata e limitata soltanto dalla resistenza opposta dalle altre monadi. È questo il fatto capitale, e qui Tarde sembra avvicinarsi al concetto di “volontà di potenza”, così come veniva elaborato da Nietzsche negli stessi anni. Bisognerebbe sostituire, sostiene Tarde, alla metafisica dell’essere così come ha regnato incontrastata in tutta la storia della filosofia Occidentale, una metafisica dell’Avere capace di rendere conto di questi micro-rapporti di dominazione che si giocano a livello infinitesimale:
Tutta la filosofia si è fondata fino ad oggi sul verbo Essere […]. Si può affermare che, se essa fosse stata fondata sul verbo Avere, molti dibattiti sterili, molte stagnazioni dello spirito sul posto sarebbero state evitate. – Da questo principio, io sono, è impossibile dedurre, malgrado tutta la sottigliezza del mondo, nessun’altra esistenza al di là della mia; di qui, la negazione della realtà esterna. Ma ponete innanzitutto quest’altro postulato: “Io ho” come fatto fondamentale […]. Al posto del famoso cogito ergo sum, direi volentieri: “Io desidero, io credo, dunque io possiedo”34.
39È proprio la possessione il fatto essenziale35, il principio che consente a Tarde di allargare la sua sociologia all’intero universo fino a trasfigurarla in una filosofia della natura36, e che gli permette di guadagnare il punto di vista del sociomorfismo universale. Se «ogni cosa è una società», allora il punto di vista sociologico permette di gettare luce sul fatto più importante, la possessione e l’impossessamento reciproco delle monadi tra loro, fatto che conosciamo molto bene, in quanto si differenzia soltanto per il grado dal processo che avviene all’interno del nostro stesso cervello. In fondo, l’abbiamo visto, che cos’è una società? La possessione reciproca, il risultato della forza intercerebrale e subrappresentativa che consente di condividere una credenza, un’idea, un desiderio, uno stato d’animo.
Dato che l’essere è l’avere – conclude Tarde – ne consegue che ogni cosa dev’essere avida. Ora, se c’è un fatto che avrebbe dovuto saltare agli occhi, è proprio l’avidità, l’ambizione immensa che da un capo all’altro del mondo, dall’atomo vibrante o dall’animaletto più prolifico fino al re conquistatore, costituisce e muove tutti gli esseri37.
Ferrara, marzo 2012
Notes de bas de page
1 Cfr. G. Deleuze, Differenza e ripetizione, trad. di G. Guglielmi riv. da G. Antonello e A.M. Morazzoni, Milano, Cortina, 1997, pp. 103-104 e G. Deleuze - F. Guattari, Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, trad. di G. Passerone, Roma, Castelvecchi, 2006, pp. 326-328.
2 Recentemente in ambito francese la figura di Tarde è stata al centro di un vero e proprio “caso editoriale” in seguito alla scelta, da parte dalle edizioni Les empêcheurs de penser en rond di pubblicarne le Œuvres sotto la direzione del filosofo Éric Alliez. Tra il 1999 e il 2004 sono apparsi otto volumi.
3 G. Tarde, Lettre autobiographique a G.L. Dupont del 29 gennaio 1904, citata nella Necrologie che gli dedica la “Revue universelle”, n. 112 (1904), p. 333.
4 La croyance et le désir. La possibilité de leur mesure, “Revue philosophique”, t. x (août et septembre 1880), pp. 150-180 e pp. 264-283.
5 Le leggi dell’imitazione è un testo che, come molti scritti di Tarde, ha avuto una storia travagliata. Da un esame approfondito dei documenti personali conservati presso gli archivi privati di Gabriel Tarde, lo storico della sociologia Ian Lubek (cfr. Id., Histoire des psychologies sociales perdues: le cas de Gabriel Tarde, “Revue Française de Sociologie”, a. xxii, 1981, pp. 361-395) ne ha ricostruito la genesi. L’opera era stata preparata, nelle sue linee essenziali, fin dal 1884, e doveva trattarsi di un lavoro in due parti, da intitolare La psychologie sociale: essai sur la science des sociétés. Ma il volume originariamente progettato non vedrà mai la luce nella forma in cui era stato concepito. La decisione dell’editore di pubblicare separatamente i due tomi di un progetto pensato come unitario, ha dato luogo, nella dinamica di lungo periodo, a qualche malinteso sul senso dell’impresa sociologica di Tarde. Le Lois de l’imitation e La logique sociale hanno avuto infatti destini molto diversi.
6 Il suo sistema di sociologia alla fine del 1897 poteva dirsi compiuto. Esso è composto da una trilogia costituita, oltre che dalle Leggi dell’imitazione, dalla Logique sociale (Alcan, 1895) e dalla Opposition universelle (Alcan, 1897). Nell’esposizione divulgativa fornitane da Tarde nelle Lois sociales (Alcan, 1898) egli sostiene che ciascuna di queste opere si concentra principalmente su un singolo “momento” dello sviluppo sociale: la Ripetizione, l’Opposizione e l’Adattamento.
7 H. Bergson, Lettre de M. Bergson, in Discours sur Gabriel Tarde, Sarlat, Michelet, 1909, pp. 94-95 [traduzione mia].
8 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p. 103 [corsivo mio].
9 A. Wurtz, La théorie atomique, Paris, Baillière, 1879. Trad. it. La teoria atomica, Milano, Dumolard, 1879.
10 G. Tarde, Les possibles. Fragment d’un ouvrage de jeunesse inédit (“Archives d’Anthropologie Criminelle”, t. xxv, n. 193-194, 1910, pp. 8-41).
11 Bergson, che fu tra i primi a riconoscere l’originalità del pensiero sociologico di Tarde, ha visto proprio in questa concezione una delle sue idee più feconde: «Quello che domina tutta la sua filosofia – scrive a proposito di Tarde – è un certo punto di vista molto originale sulla causalità. La causalità per eccellenza è, ai suoi occhi, quella che opera all’interno delle società umane, in cui un individuo inventa e gli altri individui lo imitano. Essa non si rifà a nessuno dei tipi di causalità descritti dai fisici e dai metafisici. L’imitazione, in effetti, non manifesta né un impulso meccanico e nemmeno un’attrazione morale propriamente detta. Si tratta di una certa azione sui generis che si esercita da una mente all’altra» (H. Bergson, Préface, in Gabriel Tarde. Introduction et pages choisies par ses fils, Paris, Michaud, 1909, p. 6).
12 Su tutti questi temi (il prestigio, la moda, la folla, la grande città) si potrebbe aprire un proficuo confronto con la sociologia di Simmel o di Le Bon, autori che a Tarde non erano certamente sconosciuti. Cfr. in particolare G. Simmel, La moda (Milano, SE, 1996) e Le metropoli e la vita dello spirito (Roma, Armando, 1995). Per quanto riguarda G. Le Bon si veda il classico La psicologia delle folle (Milano, Longanesi, 1970). Simmel fu tra i primi recensori delle Leggi dell’imitazione, già nel numero della “Zeitschrift für Psychologie und Physiologie der Sinnesorgane” del 1891.
13 Cfr. J. Milet, Gabriel Tarde et la philosophie de l’histoire, Paris, Vrin, 1970, pp. 358-372. Si direbbe che Tarde abbia previsto con largo anticipo il fenomeno della globalizzazione, oggi al centro del dibattito internazionale. Egli prevede la nascita di una democrazia universale, consolidata in tre grandi “blocchi” rivali (europeo, russo e americano).
14 È anche vero che l’intera sociologia di Tarde si presenta come un «évolutionnisme à rebours» (cfr. A. Espinas, Discours de M. Espinas, in Discours sur Gabriel Tarde, cit., p. 39).
15 Cfr. H. Spencer, I primi principii, Milano, Bocca, 1901. Si veda in particolare il capitolo xv, §§ 116-127.
16 Rimandiamo all’articolo di P. Besnard, Durkheim critique de Tarde: des Règles au Suicide, in La sociologie et sa méthode. Les Règles de Durkheim un siècle après (a cura di M. Borlandi e L. Mucchielli), Paris, L’Harmattan, 1995, pp. 221-243.
17 Apparso originariamente nel numero di maggio 1894 della “Revue philosophique” (t. xxxvii, pp. 466-475). Trad. di F. Airoldi Namer, Le regole del metodo sociologico. Sociologia e filosofia, Torino, Einaudi, 2008, pp. 25-33.
18 G. Tarde, La logique sociale, Paris, Les empêcheurs de penser en rond, 1999, p. 62.
19 J. Milet, Gabriel Tarde, cit., p. 9.
20 Cfr. Gabriel Tarde. Introduction et pages choisies par ses fils, cit., pp. 7-67.
21 I. Lubek, Histoire, cit., p. 371.
22 Cfr. A. Espinas, Notice, cit., pp. 321-322. Di quest’opera, furono invece pubblicati, qualche anno più tardi, diversi estratti: l’articolo intitolato Les trois Formes de la Répétition universelle (“Revue philosophique”, t. xiv, 1882, pp. 270-291); La variation universelle (in Essais et mélanges sociologiques, Paris, Maloine, 1895, pp. 391-422); L’action des faits futurs (“Révue de métaphysique et de morale”, n. 2, 1901, pp. 119-137); Les possibles, cit. Si veda inoltre l’articolo Maine de Biran et l’évolutionnisme en Psychologie, risalente al 1876 e recentemente ripubblicato (nel 2000) come volume hors série dalle edizioni Les empêcheurs de penser en rond nell’ambito delle Œuvres de Gabriel Tarde.
23 A. Espinas, Discours, cit., p. 36.
24 A. Espinas, Notice, cit., p. 403.
25 Cfr. R. Ciccarelli, Immanenza. Filosofia, diritto e politica della vita dal xix al xx secolo, Bologna, il Mulino, 2008, pp. 235-251.
26 D. Janicaud, Ravaisson et la métaphysique. Une généalogie du spiritualisme français, Paris, Vrin, 19972, pp. 169-178.
27 H. Gouhier, Introduction a Maine de Biran, Œuvres choisies, Paris, Montaigne, 1942, p. 23.
28 G. Tarde, Monadologie et sociologie, Paris, Les empêcheurs de penser en rond, 1999, p. 73.
29 Ibidem, p. 72.
30 Ibidem, p. 37.
31 Ibidem, p. 44. Su questo aspetto cfr. J. Milet, Gabriel Tarde, cit., pp. 164-167.
32 Ibidem, p. 46.
33 Ibidem, p. 66.
34 Ibidem, pp. 86-87.
35 Cfr. D. Debaise, Une métaphysique des possessions. Puissances et sociétés chez Gabriel Tarde, “Revue de métaphysique et de morale”, n. 4 (2008), pp. 447-460.
36 Cfr. Cfr. P. Montebello, L’autre métaphysique. Essai sur la philosophie de la nature: Ravaisson, Tarde, Nietzsche et Bergson, Paris, Desclée de Brouwer, 2003, pp. 112-156.
37 G. Tarde, Monadologie et sociologie, cit., p. 95.
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