1Terza lezione, 15 febbraio 2001.
2Cfr. la traduzione italiana: J. J. Winckelmann, Pensieri sull’imitazione, a cura di Michele Cometa, Palermo, Aesthetica, 1992.
3In Germania si conosceva Raffaello anche dalle incisioni che Marcantonio de Raimondi aveva realizzato a partire dalle opere raffaellesche, incisioni che, a partire dal Cinquecento, girarono molto nelle collezioni europee e fornirono il modello per una serie pressoché infinita di rielaborazioni e imitazioni.
4Va detto che Winckelmann in quel tempo per quanto concerne l’arte greca non aveva visto che qualche copia in gesso di statue greche che in realtà erano a loro volta copie romane. Le opere greche autentiche che Winckelmann vide erano prevalentemente delle gemme da sigillo o da anello. All’epoca di Winckelmann, inoltre, parlare di opere greche o di copie era un’impresa: la disciplina che si occupava di questo era l’antiquaria, una disciplina di tipo pratico, proposta da mercanti o da eruditi che accumulavano materiale artistico senza affrontarlo con metodo critico e senza conoscerne la successione di stili e forme dell’arte antica. Sarà proprio Winckelmann che a Roma scrisse la Storia dell’arte antica a fondare la disciplina della storia dell’arte antica. Solo tra il 1750 e il 1790 nasce, infatti, la Storia dell’Arte come disciplina autonoma, basti pensare all’opera dell’abate Lanzi, alla fine del Settecento, che è il vero e proprio fondatore della storia dell’arte moderna, il quale ha dato il segno di come si organizza una galleria d’arte attraverso la sistemazione degli Uffizi secondo un criterio misto tra cronologia e scuole. Con Winckelmann nasce la cosiddetta distinzione delle diverse “mani”, degli stili e dei modi in cui, dall’epoca arcaica fino alla tarda romanità, l’arte antica si sviluppa.
5È questo il modo in cui Winckelmann, a modo suo, tratta un classico problema che, dalla fine del Seicento, occupava le menti dei teorici della letteratura e della cultura in genere; problema che da Perrault, fratello dell’architetto scelto da Luigi XIV per la facciata del Louvre, era stato caratterizzato come la querelle des anciens et des modernes, ossia disputa degli antichi e dei moderni, in cui Perrault stesso prendeva le parti dei moderni contro il classicismo antichizzante di Boileau.
6Su Palladio e il Palladianesimo vedi supra, lezione 2, e infra, lezione 4.
7La moda del rococò è un fenomeno complicato su cui non si propongono analisi sottili. In essa sussiste l’elemento del capriccio, della linea sinuosa, dello stilema esagerato, di una gestualità spesso molto plateale, con figure avvinghiate su se stesse per esempio. Non è un caso che la grande arte veneziana nasca in parte dalla ripresa del manierismo veneto del tardo Cinquecento. Si vedano le prime opere di Tiepolo al Patriarcato di Udine per rendersi conto che c’è una notevole ripresa di certi aspetti della pittura veneta, tra Veronese e Tintoretto, che sono i rappresentanti della “grande maniera” in ambiente veneto.
8Winckelmann era un grande lettore di Bellori, grande teorico del classicismo del Seicento, che nelle sue Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni aveva esposto una visione anti-caravaggesca e anti-berniniana propria di un classicismo romano e, in buona parte, bolognese/emiliano: i Carracci e Guido Reni sono qui considerati come gli eredi di Raffaello contro la maniera moderna di imitazione naturalistica.
9Delle buone utilizzazioni della linea ellittica nell’arte moderna si possono vedere nel Sant’Andrea al Quirinale di Bernini, o in altri edifici che utilizzano l’ellisse per la costruzione di uno spazio che dev’essere contemporaneamente unito, ma dilatato.
10Pubblicato da un erudito milanese, Andrea Alciati, nel 1531.
11Winckelmann chiama il simbolo “allegoria”. Il Romanticismo tenderà a distinguere simbolo e allegoria, considerando l’allegoria alla stregua di un’operazione intellettuale che attribuisce una serie di caratteri pensati attraverso un discorso a una figura (per cui la Forza avrà la clava di Ercole, la Giustizia avrà la spada e la bilancia ecc.), attribuendo al solo termine “simbolo” le caratteristiche evidenziate dal Winckelmann.
12Si ricordi soltanto che questa corrispondenza di corpo e di anima si trova già come ideale nel primo libro degli emblemi di Andrea Alciati. Alciati rappresenta se stesso con in mano un cesto di pesche nel raggiungere la Francia lasciando Milano. Delle pesche si diceva che, velenose nel paese d’origine, divengono buone se portate in terra straniera. Ora, dato che la forma della foglia di pesca è simile a una lingua, e quella del frutto somiglia al cuore, la pesca venne utilizzata per rappresentare la concordanza della lingua e del cuore, di ciò che si dice e di ciò che si pensa. Questa immagine, che Alciati pone come rappresentazione di sé e del proprio miglior destino nella nuova patria, è in qualche modo l’ideale di quella rappresentazione simbolica in cui ciò che si dice è anche il pensiero contenuto all’interno del “corpo” che viene presentato, e che, come si vedrà, sarà chiamato da Coleridge tautegoria, ovvero la cosa “significa” di per sé e non è necessario ricorrere a qualcos’altro per comprenderla.
13Uno dei motti che più si ripetono e che si trova all’inizio delle Vite de pittori, scultori e architetti moderni di Giovan Pietro Bellori è tratto da un aneddoto secondo cui Raffaello, che dipinse alla Farnesina l’immagine di Galatea sul carro, quando gli fu chiesto chi fosse la donna che aveva raffigurato come Galatea, rispose: “Nessuna in particolare, ma è un certo qual concetto che io mi sono liberamente fatto”. Erwin Panofsky vi scrisse un saggio che raccomando, intitolato appunto Idea del 1924, in cui parte proprio da Bellori.
14Come furono, ad esempio, la bottega dei Tiepolo, o in fondo anche quella di Rubens e le grandi botteghe dei pittori classici come Raffaello o i Carracci che erano strutturate come vere e proprie imprese.
15Vasari, Giorgio (1511-1574), pittore, architetto, storico e teorico dell’arte italiano esordisce a Firenze come pittore manierista. Di eclettica e vasta cultura, è grande ammiratore dell’arte e della figura di Michelangelo, di cui crea un vero e proprio mito. È autore del primo testo di storia dell’arte italiana, le celeberrime Vite de più eccellenti architetti, pittori e scultori, pubblicato a Firenze nel 1550.
16Si pensi alle differenze che emergono da questa rivoluzione innescata da Winckelmann e dalla sua visione del carattere divino dell’arte, tra due personaggi come Haydn e Mozart, molto vicini temporalmente: mentre Haydn, alla corte dei principi Esterházy porta la livrea, mangia con i servi e si occupa di dilettare i principi con la musica, Mozart viene cacciato dalla cucina dell’arcivescovo di Salisburgo, non porterà più livree e non servirà più nessuno presentandosi come genio o artista, nel senso elevato del termine.
17Dietro a questo c’è Cicerone e tutta l’eredità di un certo Rinascimento ripensato soprattutto dall’estetica inglese nel corso del Settecento.
18Poussin, Nicolas (1594-1665), pittore francese, si forma a Parigi sulla pittura italiana e le opere antiche delle collezioni reali, sulle incisioni di Raffaello e Giulio Romano. Nel ’24 giunge a Roma, da dove, salvo un soggiorno a Parigi dal ’40 al ’42, non partirà più. È celebre per i suoi paesaggi con episodi del mito antico.
19Gellée, Claude detto Lorrain o Lorenese (1600-1682) pittore francese. Unisce l’osservazione minuta della realtà dei paesaggisti nordici all’idealizzazione del paesaggio dei pittori bolognesi. Lorrain crea una visione ideale della natura, organizzando in studio gli appunti presi dal vero.
20Non penso di sbagliare nel dirlo perché Nietzsche in fondo è un classico di Weimar fuori posto dal punto di vista temporale. Per ironia del destino, quando impazzì, sua sorella lo portò proprio a Weimar: un atto simbolico di cui certamente non si rese conto.
21Gibbon, Edward (1737-1794), storico inglese di formazione naturalista. La sua opera più nota è Storia della decadenza e della caduta dell’impero romano.
22Vi erano anche delle questioni molto pratiche: se c’era stato un lavoro di Goethe che era stato tradotto in tutte le lingue europee e aveva avuto un enorme successo, era proprio I dolori del giovane Werther. Presentarsi nel paese del Papa con le credenziali di un romanzo sul suicidio probabilmente non sarebbe stato molto prudente e Goethe non amava rischiare.
23Questo ha gettato un’ombra sulla sua attività di disegnatore in Italia, un’ombra ingiusta perché, se è vero che i suoi non sono i disegni di Claude Lorrain o di Raffaello, è pur vero che sono significativi e per molti versi anticipano le tendenze dell’arte romantica successiva, anche se poi a Goethe quell’arte non piacque per nulla.
24Ruysdael, nome di una famiglia di pittori olandesi di Haarlem: Salomon (1600-1670) fu pittore di paesaggi e il nipote Jacob divenne il maggior paesaggista olandese.
25Quarta lezione, 20 febbraio 2001.
26J. W. Goethe, Viaggio in Italia, trad. it. di Emilio Castellani, Milano, Mondadori, 1994, p. 27 (Torbole, 12 settembre 1786). Per semplificare la consultazione, di seguito il riferimento al testo avrà il numero di pagina, la data e il luogo del diario.
27Cit. in Ibid. Il passo proviene dalle Georgiche, II, 160.
28J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 27 (Torbole, 12 settembre 1786).
29Ivi, p. 39 (Verona, 16 settembre 1786).
30Ivi, pp. 39-40 (Verona, 16 settembre 1786).
31di Pietro della Gondola, Andrea detto Palladio (1508-1580) architetto. A Roma studia l’arte del primo Cinquecento, in particolare Giulio Romano. Amico di Trissino, che lo avvia nei circoli culturali veneti, realizza molte opere di richiamo classico. Attivo a Vicenza e a Venezia, dopo il 1570 è architetto della Serenissima. Progetta varie tipologie di edifici (ville, chiese e palazzi) che rivelano la conoscenza dell’arte antica di Vitruvio, mediata dalla volontà del nuovo.
32J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 54 (Vicenza, 19 settembre 1786).
33Runge, Philipp Otto (1777-1810), pittore tedesco, corrispondente di Goethe. Iniziatore della pittura romantica tedesca, insieme a Friedrich, Runge ne è il massimo teorico. Stimolato dalla teoria sui colori di Goethe, porta avanti gli studi sul colore e la ricerca di forme simboliche per rappresentare la potenza divina caratterizza la sua attività.
34Alberti, Leon Battista (1404-1472), umanista di ingegno e attività multiformi: architetto, scrittore di trattati d’arte e di scienza, poeta ed autore di dialoghi in latino e in volgare. Di nobile famiglia fiorentina esiliata a Genova, studiò a Padova e poi a Bologna, dove conseguì la laurea in Diritto Canonico; passò parte della sua vita a Roma, membro della cancelleria pontificia. Ottimo disegnatore e prospettico, iniziò nel 1450 il rivestimento della chiesa di San Francesco a Rimini, il Tempio Malatestiano.
35J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 54 (Vicenza, 19 settembre 1786).
37Bertotti, Ottavio (1719-1790) aggiunse al suo nome quello di Scamozzi in onore del discepolo di Palladio, Vincenzo Scamozzi (1552-1616), architetto ed autore di trattati sull’architettura, uno dei principali eredi della tradizione palladiana. Eseguì tra l’altro il Palazzo Trissino a Vicenza (1577-79) e le Procuratie Nuove a Venezia (1582-85). Sua principale opera teorica è il trattato Dell’idea dell’architettura universale (1615). Il Bertotti-Scamozzi ricevette il vitalizio scamozziano (da ciò l’aggiunta del nome) e pubblicò dal 1776 Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio, l’opera in quattro volumi acquistata da Goethe.
38J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 57 (Vicenza, 21 settembre, sera).
39Morgagni, Giambattista (1682-1771), anatomista e patologo. Laureatosi a Bologna nel 1701, nel 1715 ottenne la cattedra di anatomia a Padova. È riconosciuto come il fondatore della anatomia patologica.
40Fabrici d’Acquapendente, Girolamo (1533-1619), allievo e successore di Falloppio alla cattedra di anatomia a Padova, costruisce il teatro anatomico. A lui si deve l’esatta descrizione delle valvole delle vene. Conduce accurate ricerche embriologiche sul feto di vari mammiferi e studia la fisiologia dei muscoli e l’anatomia dell’utero. In chirurgia dà contributi fondamentali alla tecnica operatoria.
41Harvey, William (1578-1657), medico, anatomista, fisiologo ed embriologo di formazione aristotelica, ricevuta a Padova, dove risiede tra il 1598 e il 1602, anno in cui si addottora, dopo essere stato allievo di Girolamo Fabrici d’Acquapendente. Nel 1628 pubblica l’opera De motu cordis, in cui espone la circolazione del sangue, alla cui scoperta è legato il suo nome, contribuendo così in maniera decisiva al superamento della medicina galenica. Le sue ricerche stimolano lo sviluppo di un’importante tradizione di studi sperimentali a Oxford.
42J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 63 (Padova, 27 settembre 1786).
43Wolff, Christian (1679-1754), filosofo tedesco, discepolo di Leibniz. Professore a Halle, passerà poi a Marburgo per l’opposizione dei pietisti. A lui si deve il metodo della fondazione che culmina nell’opera di Kant. La sua maggiore influenza riguarda la terminologia filosofica.
44Klein, Felix (1849-1925), matematico tedesco, fu professore alle università di Erlangen, Monaco, Lipsia e Gottinga. Gli si devono importanti lavori nel campo dell’analisi matematica e dell’algebra, in particolare sull’applicazione della teoria dei gruppi alla geometria che costituisce la prima chiara formulazione del concetto moderno di geometria. Questa applicazione viene sviluppata nel cosiddetto Erlanger Programm (Programma di Erlangen, il cui titolo originale è Osservazioni comparative sulle moderne ricerche in Geometria) enunciato nel 1872.
45J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 67.
46Vitruvio, Marco Pollione (81-15 a.C.), architetto romano. Il testo completo del suo trattato De Architectura, in cui tratta di costruzioni, templi, teatri, stili, ma anche di idraulica, geometria, astronomia e macchine da guerra, fu scoperto da Poggio Bracciolini nel 1412 e troverà grande fortuna in età umanistica e per tutto il Rinascimento.
47J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 75 (2 ottobre 1786).
48Ivi, p. 77 (3 ottobre 1786).
50Ivi, p. 87 (6 ottobre 1786).
51Ivi, p. 98 (9 ottobre 1786).
52Lamarck, Jean-Baptiste (1744-1829), interessato alla chimica, alla mineralogia e alla botanica, gode della protezione di Buffon. Dal 1793 insegna zoologia al Musée d’Histoire Naturelle. Inizialmente è convinto della fissità delle specie insieme a Cuvier, il quale rifiuta poi il radicale mutamento delle convinzioni di Lamarck e ne ostacola la diffusione con un atteggiamento ostile anche sul piano personale. L’opera più famosa di Lamarck, dal titolo Filosofia zoologica; viene pubblicata nel 1809: è qui che Lamarck congeda definitivamente il fissismo, in favore di una concezione trasformista.
53J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 100 (9 ottobre 1786).
54Haeckel, Ernst (1834-1919), naturalista tedesco, insegnò zoologia all’università di Jena. Fu uno dei più accesi sostenitori del Darwinismo, dando una forte impronta evoluzionista anche all’embriologia. La sua opera più nota, che riassume le concezioni scientifiche e filosofiche dell’autore, improntate ad un radicale monismo, è Gli enigmi dell’Universo (1899). Il nome di Haeckel è però rimasto legato ad un principio generale (in stretta dipendenza dalle ricerche di Geoffroy de Saint-Hilaire), noto come legge biogenetica fondamentale, che lega ontogenesi e filogenesi. Nella sua formulazione più compiuta essa suona “l’ontogenesi è una ricapitolazione abbreviata ed incompleta della filogenesi”.
55Goldoni, Carlo (1707-1793), commediografo italiano. Nel 1734 comincia a scrivere teatro per la compagnia Irner, dal 1748 al 1753 collabora con il Teatro Sant’Angelo di Venezia, passando poi al San Luca. Aderisce e riforma la Commedia dell’Arte, scrive un centinaio di commedie, tra cui molto note sono La Locandiera e Le baruffe chiozzotte.
56Quinta lezione, 21 febbraio 2001.
57Carracci, Agostino (1557-1602), pittore e incisore di origine bolognese, fonda, assieme al fratello Annibale (1560-1609) e al cugino Lodovico (1555-1619), l’Accademia del Naturale (poi Accademia degli Incamminati) che si propone di superare la cultura manierista bolognese attraverso lo studio del naturale. In essa Agostino svolge un ruolo primario di animatore teorico e didattico. Come incisore riproduce e diffonde le opere dei maestri del Cinquecento (soprattutto Correggio e Veronese). Partecipa inoltre alle imprese decorative dei Carracci a Bologna (Palazzo Fava e Palazzo Magnani). Annibale è chiamato nel 1595 a Roma da Odoardo Farnese; qui entra in contatto con le opere di Raffaello e Michelangelo e con la scultura antica. Decora il Camerino e la Galleria di Palazzo Farnese.
58Reni, Guido (1575-1642), pittore italiano. La sua formazione a Bologna si compie dapprima nella scuola del manierista Calvaert, poi nell’Accademia dei Carracci. Nel 1601 compie un viaggio a Roma dove rimane fino al 1614. Tra i suoi referenti Annibale Carracci, Caravaggio, ma soprattutto Raffaello, dal quale deriva il classicismo delle opere della sua maturità (Strage degli Innocenti). Dal 1614 è definitivamente a Bologna.
59Albani, Francesco (1578-1660), pittore italiano. Come Reni, è allievo di Calvaert e dei Carracci. La lirica leggerezza che distingue il suo stile emerge particolarmente nei paesaggi in cui inserisce miti e allegorie. A Roma collabora con Annibale Carracci. Dopo il rientro a Bologna, subisce l’influsso di Reni e si addentra in speculazioni teoriche di stampo classicista.
60Zampieri, Domenico detto il Domenichino (1581-1641), pittore italiano, allievo anch’egli del Calvaert, si forma alla scuola di Ludovico Carracci. A Roma dal 1602, collabora alla decorazione di Palazzo Farnese con Annibale Carracci. Esegue gli affreschi per la tribuna di Sant’Andrea della Valle che saranno affiancati, nella cupola, dalla decorazione barocca di Lanfranco. Dal 1630 si ritira a Napoli. È notevole la sua pittura di paesaggio.
61Barbieri, Giovanni Francesco detto il Guercino (1591-1666), pittore italiano, si forma a Cento e a Bologna, nella cerchia dei Carracci, e a Venezia (1618). Adotta una stesura pittorica “a macchia”, in equilibrio tra naturalezza espressiva e una certa tendenza idealizzante. Nella fase tarda, si orienta verso il classicismo di Reni, di cui eredita a Bologna il ruolo di caposcuola.
62In tedesco “ragione” si dice Vernunft, questo termine ha un’immediata parentela con il verbo vernehmen che vuol dire “afferrare” (cosa comune anche al capere latino da cui il nostro “capire”), ma è anche in relazione con wahrnehmen, ossia “percepire”, per cui questa Vernunft è ragione percipiente ossia che “percepisce, tocca e afferra”.
63Francesco de’ Rossi Salviati, detto Checchino (1509-1563), pittore italiano, uno dei maggiori rappresentanti del tardo manierismo. Amico di Vasari fu allievo tra gli altri di Andrea del Sarto. Nel 1531 si stabilì a Roma, dove entrò al servizio del cardinale Giovanni Salviati, da cui prese il nome. Dal 1543 al 1548 fu a Firenze, dove eseguì affreschi in Palazzo Vecchio e alcuni quadri di altare.
64d’Agnolo di Francesco, Andrea detto Andrea del Sarto (1486-1530), pittore italiano. Dopo un esordio come orafo, diventa allievo di Piero di Cosimo. Importante per la sua formazione è la conoscenza dell’opera fiorentina di Leonardo e di Raffaello, da cui deduce le istanze classiciste.
65Giovanni Battista di Jacopo, detto Rosso Fiorentino (1494-1540) pittore italiano, esponente di rilievo del manierismo internazionale e della scuola di Fontainebleau. Rosso Fiorentino rifiuta i dettami del classicismo rinascimentale e interpreta autonomamente i modelli di Raffaello e Michelangelo attraverso lo studio della forma anatomica e l’uso di particolari piani cromatici e luministici.
66Dughet, Gaspard (1615-1675), pittore di origine francese vissuto a Roma. Nel 1630 è allievo di Poussin. Profondamente influenzato dal maestro nella vasta produzione paesaggistica, risente anche l’influsso di Lorrain per i paesaggi a soggetto classico; i paesaggi con montagne e dirupi guideranno le atmosfere dei pittori inglesi del genere.
67J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 112 (Bologna, 18 ottobre, notte).
68Ivi, pp. 127-130 (Perugia, 25 ottobre, sera).
69Ivi, p. 134 (Terni, 27 ottobre, sera).
70Ivi, p. 137, con qualche leggera variazione nella traduzione (Roma, 1° novembre 1786).
71Ivi, p. 138 (Roma, 1° novembre 1786).
72Ivi, pp. 138-139 (Roma, 1° novembre 1786).
75Sull’edizione Mondadori, qui in uso, è erroneamente scritto 7 novembre. Si tratta invece del 5, come si può ricostruire sulla base di lettere parallele.
76J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 143.
78Sesta lezione, 22 febbraio 2001.
79W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 185 (Roma, 28 gennaio 1787).
81Ivi, pp. 185-186, con qualche leggera variazione nella traduzione (Roma, 28 gennaio 1787).
86Ivi, p. 192 (Roma, 17 febbraio 1787).
88Luigi Pareyson (1918-1991), filosofo e accademico, protagonista dell’esistenzialismo italiano. Fu grande innovatore dell’interpretazione dell’idealismo tedesco – Fichte e Schelling su tutti – nonché della storiografia filosofica tedesca. Fondamentali i suoi studi di estetica, filosofia della religione, ontologia.
89Cfr. Ivi, p. 209 (Napoli, 5 marzo 1787).
90Cfr. Ivi, p. 211 (Napoli, 5 marzo 1787).
91Ivi, p. 212 (Napoli, 5 marzo 1787).
92Ivi, pp. 213-214 (Napoli, 6 marzo 1787).
95Ivi, p. 216 (Napoli, 6 marzo 1787).
96Jacob Philipp Hackert (1737-1807), pittore tedesco. Studia a Berlino e, dopo avere compiuto alcuni viaggi in Svezia e Francia, dimora in Italia dal 1768. La sua attività si lega principalmente alle commissioni per il re di Napoli, Ferdinando IV, che nel 1786 lo nomina pittore di corte. Permeata di cultura classicista, l’opera di Hackert si colloca nell’ambito della produzione paesaggista del Settecento, attraverso un’attenta analisi del dettaglio.
97Vanvitelli, Luigi (1700-1773), architetto napoletano che seguì un indirizzo neoclassico. La sua opera più importante è la Reggia di Caserta.
98J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., p. 253 (in traversata, domenica 1° aprile).
99Settima lezione, 28 febbraio 2001.
100Cagliostro, nome per cui è noto Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro (1743-1795), alchimista, negromante e guaritore. Stabilitosi a Parigi, è implicato nello scandalo della “collana della regina” ed esiliato. Rientrato a Roma, nel 1785 fonda la massoneria di rito egizio. Coinvolto in scandali, nel 1789 è condannato al carcere dal Tribunale dell’Inquisizione nella fortezza di San Leo, dove muore in breve tempo.
101Ivi, pp. 281-293 (Palermo, 13 e 14 aprile 1787).
102Sul concetto di Gestell in Heidegger cfr. M. Heidegger, La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, ed. it. a cura di G. Vattimo, Milano, Mursia, 1991, pp. 5-27.
103J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., pp. 295-296 (Palermo, 17 aprile 1787).
104Cfr. J. W. Goethe, Viaggio in Italia cit., pp. 269-274 (Palermo, 9 aprile 1787).
105Ortega y Gasset, José (1883-1955), filosofo spagnolo. Dal 1910 al 1936 insegnò metafisica all’università di Madrid.
106J. Ortega y Gasset, Il tema del nostro tempo, Varese, Sugarco, 1996. Ortega è uno dei pochi ad aver scritto cose sensate su Goethe e lui stesso lo sapeva e aveva ragione; tutte queste contraddizioni dell’immagine goethiana per Ortega erano le contraddizioni della nostra immagine dell’Europa. Goethe è in un certo senso la chiave per comprendere tutte le follie e le grandezze dell’anima europea, al pari dell’analisi di un altro critico della cultura di quell’epoca: Spengler.
107F. Masini, Lo scriba del caos. Interpretazione di Nietzsche, Bologna, il Mulino, 1978.
108Ottava lezione, 6 marzo 2001.
109Come vedete c’è qualcosa della trasgressione dionisiaca non estranea all’apollineo, che poi Nietzsche renderà così nota con la sua Nascita della tragedia. Nietzsche sentiva paradossalmente in quell’opera le affinità sia positive che negative che esistevano tra Goethe e Wagner, ma questo sarebbe un discorso diverso.
110Per questo e i testi immediatamente prima citati si veda J. W. Goethe, Gli scritti scientifici, Volume I. Morfologia I: Botanica, a cura di E. Ferrario, Milano, Il Capitello del Sole, 1996, p. 259 (la traduzione presenta alcune differenze).
112J. W. Goethe, Nachgelassene Schemata und Betrachtungen zur Geschichte der botanischen Studien des Verfassers 1817-1831. [Schema der Fortsetzung. Undatiert], in J. W. Goethe, Gesamtausgabe der Werke und Schriften in zweiundzwanzig Minden, Stuttgart, J. G. Cotta, 1956, vol. XIX, p. 620.
117Da un Notizbuch del 1793, in J. W. Goethe, Schriften cit., vol. XVIII, p. 938.
118J. W. Goethe, [Schema des Abschlusses] cit., p. 628.