L’uso del tempo
p. 113-115
Texte intégral
1Nella pratica analitica è necessario l’uso del tempo non come un mero strumento, ma a partire da una posizione etica che il desiderio dell’analista rende presente in questa esperienza, che sia fatta con il taglio della seduta o con l’interpretazione analitica stessa. L’uso del tempo logico, il tempo che introduce la significazione del soggetto, va controcorrente rispetto all’inerzia depressiva del tempo della ripetizione. Di certo, il tempo della globalizzazione tende a eliminare la gioia, questo tempo dell’Altro che massifica e in modo sincronico si installa in ogni luogo allo stesso modo e tende a cancellare la gioia della vita. Ad esso dobbiamo anteporre il tempo particolare di ciascun soggetto come qualcosa di irriducibile. La psicoanalisi è diretta a far valere il tempo dell’atto particolare di ciascun soggetto, come qualcosa che non può adeguarsi al tempo della globalizzazione, che vorrebbe un tempo senza resto, un tempo dove tutti i resti abbiano immediatamente il proprio posto, senza dover fare lunghi duelli, né nient’altro del genere. Il tempo del soggetto è, in primo luogo, il tempo del transfert inteso come un tempo del sapere che non si può determinare in entrata, può solo modularsi, attivarsi con l’interpretazione.
2In questo senso possiamo dire che l’analisi è lunga a patto di esser breve, a patto di introdurre sedute brevi, ma ciò implica un tempo soggettivo molto più lungo di quel tempo verso cui spinge la globalizzazione, che tende appunto a cancellare il tempo del soggetto del transfert.
3Ai colleghi dell’IPA, in effetti, dovremmo saper spiegare: il perché l’uso del tempo non è una questione tecnica ma una questione etica e che le sedute, così come vengono pensate nella seduta lacaniana, mirano proprio a questa dimensione etica del soggetto dell’inconscio che ha una temporalità di pulsazione, di retroazione anche, mai continua né unidirezionale.
4Ci sono due modi per concepire il tempo del transfert.
5Uno è un modo del transfert inteso unicamente come ripetizione, un tempo che segue una certa burocratizzazione, che in qualche modo è sempre presente nella regolarità della seduta analitica, di ciò che torna sempre allo stesso posto. Questo modo, di per sé, questo effetto del tempo standardizzato che ad un certo punto si è imposto nell’IPA, porta alla burocratizzazione del tempo e del transfert. È il tempo dell’orologio cronologico per cercare di regolare ciò che sfugge al tempo di ciascun soggetto. L’ideale ossessivo, sostiene la possibilità di regolare ciò che è fuori dal tempo attraverso la sua burocratizzazione.
6Di fronte a ciò Lacan propone di introdurre il tempo e il transfert nella dimensione dell’atto. È nel Seminario XI1 che introdurrà il tema del transfert come messa in atto della realtà dell’inconscio, vale a dire, come qualcosa che non si può prevedere in entrata con una durata determinata, ma che appare sempre lì dove non era atteso. Pertanto, la questione è come produrre quel tempo inaspettato in ciascun soggetto e qui credo che si arrivi a una concezione differente che solitamente si attribuisce a Freud: quella dell’inconscio senza tempo che occorrerebbe modellare con il tempo cronologico. L’inconscio freudiano non introduce soltanto una nuova temporalità differente da quella cronologica, una temporalità che Lacan ha situato nel suo tempo logico, ma l’inconscio stesso è la causa del tempo. Se intendiamo l’inconscio come incontro inatteso, come qualcosa che fa atto nel soggetto, allora l’inconscio è la causa di quel tempo. Dire che l’inconscio è fuori dal tempo cronologico non è la cosa più importante della posizione di Freud, ma lo è dire che: l’inconscio è la causa del tempo e se percepiamo il tempo in un determinato modo è a causa sua.
7Nelle brevi annotazioni di Freud che sono state riunite sotto il titolo Risultati, idee, problemi2, c’è un’idea molto interessante intorno all’apparato psichico: al posto dell’a priori kantiano, dice Freud qui, dobbiamo situare le condizioni del nostro apparato psichico3. Vale a dire, al posto dell’a priori kantiano definito dalle coordinate del tempo e dello spazio precedente a qualsiasi esperienza soggettiva, occorre collocare le condizioni dell’apparato psichico. Pertanto, l’apparato psichico freudiano, l’inconscio, è lì come causa del tempo e dello spazio. Ed è vero, percepiamo il tempo e lo spazio tramite i nostri fantasmi, tramite la nostra storia ed è per questo che l’analisi può intervenire in questa soggettivazione del tempo.
8Per concludere diciamo che se l’analisi fa un uso etico del tempo è perché segue quella massima di Gracián secondo la quale «la verità giunge sempre tardi e per ultima, zoppicando a fianco del Tempo»4.
Notes de bas de page
1 J. Lacan, Il Seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964], Torino, Einaudi, 1979 e 2003.
2 S. Freud, Risultati, idee, problemi [1938], in Opere, Torino, Bollati Boringhieri, 1979, vol. 11.
3 Cfr. ivi, p. 566.
4 B. Gracián, Oracolo manuale ovvero l’arte della prudenza, Milano, Adelphi, 2020, p. 50.
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