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Interpretazione evento e evento di scuola

p. 99-110


Texte intégral

«L’interpretazione non è fatta per essere compresa è fatta per produrre delle onde.
Pertanto, non c’è da procedere come un elefante in una cristalleria, ma conviene spesso stare in silenzio, solo che occorre sceglierlo»1.

1Lacan, tra il suo primo insegnamento e l’ultimissimo, come ci insegna Miller, sposta l’asse dell’interpretazione, dal significante a la lalangue e al corpo, passaggio dal soggetto al parlêtre, dalla verità all’evento. Dal desiderio è la sua interpretazione, dove il desiderio è il desiderio di essere, al «desiderio [è] una difesa»2 come lo stesso Jacques-Alain Miller e Antonio Di Ciaccia indicano ne l’uno-tutto-solo.

2C’è uno spostamento dall’interpretazione puntuazione, dall’analista editore all’interpretazione risonanza ed equivoco, che tocca il corpo e desta un evento. Tutto ciò implica una torsione, una interpretazione al rovescio con un movimento dalla puntuazione, che appartiene al sistema di significazione, semantica, alla post interpretazione, orientata dal silenzio davanti al delirio di senso, e dalla lalangue che «rivela, [qualcosa senz’altro] ma cosa? – se non una opacità irriducibile [nel rapporto] del soggetto con lalingua»3. Perciò, l’interpretazione punta a isolare gli S1 senza aggiungere nulla.

3Miller lo dice senza fare tanti giri:

Fare risonanza, alludere, sottintendere, fare silenzio, fare l’oracolo, fare enigma, dire a metà, rivelare – ma chi è che lo fa? Chi lo fa meglio di voi? Chi da sempre maneggia questa retorica, mentre voi vi affannate a impararne i rudimenti? Chi? – se non l’inconscio?
Tutta la teoria dell’interpretazione non ha avuto che [un unico] scopo […]: insegnarvi a parlare come l’inconscio4.

4Quindi, l’interpretazione analitica tiene conto della lunghezza d’onda dell’inconscio. La formazione dell’analista punta a essere all’altezza di questa sfida.

5Dunque, l’interpretazione puntuazione consiste nel mettere tra virgolette le citazione sul detto, se ne deduce «l’interpretazione minimale “non te lo faccio dire”»5. La post interpretazione d’altronde, è orientata dai nodi, per via della “manipolazione” che tensionano le trecce, le corde, per fare così emergere gli Uno-totalmente-soli e liberare il sinthome.

6Però, la post interpretazione implica che bisogna non alimentare l’inconscio. Perciò ci vuole silenzio e produrre, provocare equivoci con lalangue «Quando l’interpretazione si fa seguace dell’inconscio, [mobilita] le risorse, le più sottili della retorica, in definitiva quando si modula sulla lettura delle formazioni dell’inconscio, non fa altro che nutrire questo delirio. Là dove invece bisogna affamarlo»6.

7La posizione dell’analista con la scelta del «fare silenzio» costituisce il fondale del non fare attivo su cui “il leone salta solo una volta”, per dirla in freudiano.

L’interpretazione di Scuola

8Benché l’interpretazione non sia un concetto fondamentale della psicoanalisi, la Scuola sì lo è. È il quinto concetto, ci avverte Miller.

9Freud non annodò la sua Associazione, l’IPA, al registro dell’inconscio, dunque non azzardò formulare l’interpretazione indirizzata all’istituzione. L’apparato psichico e il movimento psicoanalitico erano due sponde diverse. La sua preoccupazione per l’avvenire della psicoanalisi, la sua sopravvivenza veniva protetta con una struttura che dava posto al padre. Non andava interpretato.

10Lacan aveva la stessa preoccupazione per l’avvenire della psicoanalisi, ma soprattutto all’interno della sua Scuola. Perciò separava il mutualismo dal discorso analitico.

11Freud si preoccupava degli effetti di segregazione contro la psicoanalisi nella società, nel suo rapporto con la scienza, e cercava, all’inizio con mano ferrea, di salvaguardare il movimento, denunciando gli eretici per quanto riguardava la dottrina e la pratica. L’IPA non si interpreta perché non gli si suppone vita di Scuola. Anche se gli si toglie il fiato, come diceva Otto Kernberg denunciando il modello in un articolo, oramai vecchio, intitolato Trenta metodi per distruggere la creatività dei candidati analisti7. Scritto poco prima della sua Presidenza, quel testo non fu preso come una interpretazione, né portò a un cambiamento politico anche se tempo dopo iniziarono le frammentazioni all’interno dell’IPA in tutto il mondo.

12La vita di Scuola si può interpretare se viene trattata come un soggetto, e come ogni soggetto, ha una mancanza-a-essere. È una domanda permanente tra di noi: cos’è una Scuola? È essenzialmente bucata. Se non viene trattata come soggetto non si può cogliere il suo battito. Un elemento fondamentale per leggere la Scuola è lo stato del transfert, del legame tra analisti, la supposizione di sapere verso la Scuola, l’affectio societatis e i momenti della vita di Scuola. Essi ci consentono di capire le possibilità e le occasioni del kairós dell’interpretazione.

Interpretazione di Scuola. Rinviare

13Nella Teoria di Torino, Miller indica: «La vita di una Scuola è da interpretare. È interpretabile. È interpretabile analiticamente. Ecco la tesi che voglio sostenere. Questo è stato ancora poco compreso»8.

14L’interpretazione viene da un discorso altro dall’ideale di Scuola, ma non è senza l’ideale. L’ideale centra con l’Ideale dell’io, e in un gruppo qualsiasi «la struttura del collettivo è costituita a livello del rapporto del soggetto con l’Ideale»9. Così, il rapporto del soggetto con l’ideale ci porta alla differenza tra gli uni e gli altri, e, come dice Miller, tra amici e nemici.

15Quindi, interpretare la Scuola vuol dire separarla dal rapporto gruppale con l’ideale. Non vuol dire eliminare l’ideale. L’ideale è un riferimento. «Interpretare il gruppo significa dissociarlo e rinviare ognuno dei membri della comunità alla propria solitudine, alla solitudine del suo rapporto con l’Ideale»10.

16Come un’interpretazione potrebbe dissociare il gruppo analitico? Mi pare che punti all’azione del rinviare, ma non a qualsiasi cosa. Ma cosa vuol dire rinviare ognuno alla propria solitudine? E per di più alla solitudine del rapporto con l’ideale?

17Rinviare, rimandare, rilanciare, vogliono dire mandare qualcosa oppure qualcuno in un posto situato altrove. Punta a una certa dislocazione, spostamento, slittamento, ma per via d’una scelta forzata, sottile oppure no, come accade spesso con l’atto analitico.

18Dunque, il rinvio ha diversi registri possibili:

  • rinviare ognuno alla propria posizione analizzante, che è anche la posizione di chi insegna, di chi fa passare qualcosa della psicoanalisi;
  • alla propria solitudine nel rapporto con la causa analitica, solitudine ontica del reale della causa, non del desiderio d’essere;
  • agli analisti in quanto reinventino la psicanalisi, seduta dopo seduta nella direzione delle cure, deritualizzando;
  • a tirarsi fuori dalla routine, dalla ritualizzazione di Scuola. Perciò, l’invenzione di certi dispositivi di Scuola costituiscono un rinvio;
  • è un modo di prendere le impasse in mano.
  • implica perturbare le difese a condizione di non rinforzarle, siano esse gruppali o voci autorevoli o S1 della Scuola.
  • non è esclusivamente, né precisamente, rinviare al lavoro i lavoratori decisi (o meno decisi).

19A questo “rinvio” si può acconsentire quando viene accolto il registro del buco. Ciò spinge e rimanda a qualcos’altro, altrimenti si fa sempre la stessa cosa. Il buco spinge a nuovi annodamenti o tiene, fa reggere.

20Il “ri”, di rinviare, implica un ancora, ancora una volta, torniamo a…, andiamo verso…, con tre puntini. Per esempio, è tornare ai testi di Lacan, ai corsi di Miller, ai concetti fondamentali, come oggi. Rinviare non è un nuovo senso. Ne l’uno-tutto-solo, Jacques-Alain Miller e Antonio Di Ciaccia indicano «La costruzione della metonimia iscrive il desiderio a livello della significazione, con il suo valore di rinvio, che Lacan trascrive con la formula S (-) s, in cui tra significante e significato non c’è emergenza di un nuovo senso. Il significato è trattenuto, come indica il segno meno tra parentesi»11. Quindi il rinvio non si indirizza al riconoscimento bensì alla causa, non è un desiderio di essere ma appartiene a un altro regime dove l’interpretazione punta alla causa del desiderio. Spinta metonimica non metaforica. Quando avviene, il rinvio a livello di Scuola diventa un modo, temporale, transitorio, di trattare il reale della Scuola.

21L’interpretazione orientata dal non c’è rapporto sessuale è un orientamento etico che s’indirizza alla causa del desiderio, mira alla dignità di das Ding. Quando funziona, quando c’è del consentimento potrebbe funzionare. Anche per questo necessita un lavoro epistemico, clinico e politico sulla questione del consentire alle interpretazioni, altrimenti è un’offerta o una forzatura inutile, “non c’è acqua nella piscina”, come viene detto.

22Per l’ultimissimo Lacan, la solitudine a cui si rinvia non è dell’essere ma dell’esistenza, contingente. Vuol dire che i corpi parlanti degli analisti potrebbero essere commossi da un’interpretazione di Scuola se il corpo risuona e se c’è la possibilità di toccare qualcosa dell’Uno del godimento convocato in quella contingenza. Ma è possibile fuori dal dispositivo analitico? Oppure è un delirio di Scuola?

Interpretazione e presenza della Scuola

23Non c’è interpretazione di Scuola senza il sottofondo della presenza della Scuola. La Scuola fa presenza, così come l’analista. Cosa vuol dire questa presenza della Scuola, nella Scuola?

24Miller ci ha fornito diverse piste fondamentali nella Teoria di Torino sul soggetto della Scuola: «Essa non esiste soltanto sotto forma di un desiderio vago o astratto, essa esiste già sotto forma di avvenimenti di Scuola, vale a dire di Conversazioni, di Assemblee, di Congressi […], di pubblicazioni, nella creazione di svariate entità di trasmissione e di ricerca»12. Aggiunge: «E ci sono pure degli atti di Scuola, il più importante dei quali è quello di scandire il tempo logico della comunità in divenire»13. Scansioni nazionali, nelle segreterie di città, nelle pubblicazioni, nella presenza quotidiana dei Cartelli.

25Miller, ci ricorda il modo in cui Lacan faceva presenza: «Egli avanza e si presenta non come un soggetto che si propone egli stesso come Ideale ma come un soggetto che è in rapporto con un Ideale, come gli altri che invita a raggiungerlo nella sua Scuola»14. Sappiamo che se qualcuno presenta se stesso come un ideale, senza rimandare ad altro e ad altri, occupa il posto dell’Altro. Tutto ciò ha un nome: canaglia.

26Vorrei sottolineare la frase di Miller «invita a raggiungerlo nella sua Scuola», un invito. Ritroviamo un altro invito agli italiani nella Nota italiana15. C’è un marchio della presenza di Lacan tramite un altro significante: seguire. «Vorrei […] aprire questa strada, se [il tripode] vuole seguirla»16; «Tutto ciò avrà un’altra portata nel gruppo italiano, se mi segue in questa faccenda. […] Se mi seguisse, […] potrebbe guadagnare un po’ più di serietà di quella che ottengo io con la mia prudenza. Ma per questo deve correre un rischio»17.

27Presenza della Scuola, eclatante e sottile? Riprendo Miller: «se la Scuola è già all’opera tra noi, si deve ben supporre che è presente anche lo spirito della psicoanalisi. Si vorrebbe che fosse meglio, più brillante, più eclatante, sensazionale ma, in fondo, se il Figlio dell’Uomo è nato in una stalla, lo spirito della psicoanalisi può soffiare anche a Torino questo pomeriggio»18. È vero, i grandi eventi smuovono con alcuni effetti sul corpo, anche se corrono il rischio della spettacolarità, non evento perché si sbriciola, si dimentica e perché non lega con il quotidiano della vita di Scuola; se non tocca in qualche modo l’automaton e non ravviva il sopportabile all’interno del gruppo analitico.

28Quindi, rinviare, è bussare alla porta, ancora. Fare un invito allo spirito della psicoanalisi, invito a seguire Lacan.

Le testimonianze degli AE interpretano la Scuola?

29Ci sono diversi eventi legati agli AE: gli eventi di passe all’interno del Cartello della passe, le nomine, le prime testimonianze e anche alcune successive che risuonano, scuotono il reale nel corpo. Come Miller indica, «L’evento di passe non è la nominazione, decisione di un collettivo di esperti. L’evento di passe è il dire di uno solo, l’Analista della Scuola (AE)»19. È proprio così per il passant e per la Scuola, che viene comunque commossa, non resta indifferente a una nomina. Così viene spesso detto che gli AE con le loro testimonianze di passe interpretano la Scuola. Il singolo AE che dà testimonianza mostra le soluzioni che ha trovato nel suo caso, la traversata del fantasma, l’incontro con il femminile, il rapporto con l’al di là del fallo, lo svanimento dell’Altro e il sinthome. Sono gli insegnamenti della passe. L’evento di passe insegna sulla questione dell’evento e il suo risvolto interpretativo.

30Questo punto non si può cogliere con i quantificatori: interpretano tutti? No, ci mancherebbe. Sarebbe un fenomeno di massa. Pochi o alcuni? Chissà. Nessuno? Non credo proprio. Mi pare che comunque ognuno risponda in un qualche modo.

31Quando le testimonianze interpretano, vuol dire che c’è un consentimento su cui poggia, eventualmente, l’apertura dell’inconscio di chi ascolta e si lascia insegnare, fare insegna. Così, in quel caso, la testimonianza rinvia ognuno alla propria solitudine nel suo rapporto con la psicoanalisi e con la Scuola. C’è la trasmissione di uno, il dire di uno, di un singolo parlêtre che ha preso la psicoanalisi e la Scuola come il suo partner-sintomo. Dopo l’ascolto di una testimonianza in un convegno, in un congresso, in una giornata, viene scosso qualcosa. Di solito, riporta al punto in cui ciascuno si trova nella propria analisi, anche qualche traccia di momenti singolari. Posso dire che in alcuni momenti portavo in analisi frammenti di testimonianze altrui che mi avevano toccato e che mi rimandavano al lavoro analitico, al momento preciso in cui mi ritrovavo, alla solitudine. Gli echi delle soluzioni altrui, gli annodamenti alla Scuola mi commuovevano oppure risultavano incomprensibili. Ricorrevo alle testimonianze cercando qualcosa, li scrutavo perché mi risuonavano. Talvolta aprivano le porte anche alle mie interpretazioni.

32L’AE, a questo punto incarna una doppia funzione: di vitalità e dell’insopportabile. È comunque una funzione che mette in disordine perché «è un dire che costituisce un evento»20, come indica Lacan nel Seminario XXI.

Oltre le testimonianze, chi interpreta la Scuola?

33Abbiamo Miller che interpreta. Nella Teoria di Torino, ci sono diverse interpretazioni. Poi nel 2017 alla SLP «sur la réserve»21, interpretazione che ancora resta lì come una traccia. La Presidente della SLP in attualità Lacaniana numero 26 sottolinea questa scossa, ancora da leggere, indica anche i tratti del Gattopardismo della tradizione italiana22. Bisogna tenerne conto.

34E l’interpretazione in altre istanze di Scuola?

35I Cartelli, l’organo di base della Scuola, sono piccole stalle discrete e invisibili dove soffia il vento della psicoanalisi. Può esserci la provocazione di un cartellizzante o del piú-uno agli altri. Il Cartello ha uno statuto regolato, quando funziona come tale, altrimenti fa gruppo. Siccome può diventare gruppo, comunque alla fine viene dissolto, vi è la logica permutativa che dissolve. Tutto ciò va insieme alla funzione del più-uno che provoca l’elaborazione, oltre al rinvio alla propria solitudine del tratto o alla domanda precisa di lavoro. Abbiamo bisogno delle buone provocazioni, la funzione del più-uno è insegnante. I Cartelli sono anche casse di risonanza degli atti di Scuola. Magari un musicista ce lo potrebbe spiegare meglio: le casse di risonanze catturano l’aria, le onde, le cattive vibrazione, la cacofonia, in alcuni Cartelli amplificano i rumori, i suoni; altri Cartelli li spengono. Vi si possono sentire le interpretazioni di Scuola. Il Cartello fa cassa di risonanza, ha il suo brusio, bisogna tenerne conto.

36Ma ci sono altre istanze che leggono la Scuola e che alle volte interpretano. È la responsabilità del Direttivo, del Presidente, del Consiglio, delle Segreterie di città, degli S1 di fatto nella Scuola, ovvero le voci autorevoli. Possiamo aggiungere l’Eurofederazione.

37Ci sono anche delle iniziative di operatori silenziosi, piccole, all’interno della Scuola o in istituzioni vicine, la cui esperienza nutre l’esperienza di Scuola. Alle volte diventano anche un rifugio, oppure un feudo a parte che non rinvia all’esperienza di Scuola.

38Benché siamo rinviati ad altro, come per esempio oggi all’incontro di Scuola sulla presenza dell’analista e l’interpretazione, non possiamo dimenticare gli atti fatti in precedenza come la recentissima Assemblea. Ma quali echi rimangono? Cosa ha risuonato? Ci possiamo leggere qualche sintomo della stessa Assemblea?

39A livello delle pubblicazioni di Scuola vorrei prelevare due esempi, il numero 144 di Appunti23 dove, nella rubrica In primo piano: interpretare la Scuola, si afferma l’importanza di questo topos malgrado l’assenza a Rimini – nel febbraio 2020, dovuta alla pandemia – di Questioni di Scuola. In questa rubrica, c’è del “dire singolare”. Davide Pegoraro indica che «Interpretare la Scuola ci convoca in quanto membri e partecipanti alle sue attività a domandarci quale posto prendiamo in essa. Personalmente è occasione per riaprire ancora una volta una domanda»24; Céline Menghi, sottolinea l’esperienza di “una” Scuola, con dei tratti locali, nazionali, sempre non-tutta, e sempre ogni volta: «Interpretare la Scuola, che si fregia dell’insegnamento di Lacan e la distingue da qualsiasi altro gruppo o società di psicoanalisi, comporta che ci si misuri, ogni volta come fosse la prima, con questo punto vivo che altri non sopportano né supportano»25. Infine, Marco Focchi approfondisce il rapporto tra scrittura e interpretazione, e tratteggia una storia della Scuola in Italia, cito: «Interpretare la Scuola significa innanzi tutto inquadrarla nella lunghezza della sua prospettiva storica»26. D’altronde, anche attualità Lacaniana27 fa bene la sua parte. Nel numero 26 ci offre dei bocconcini di risveglio, oltre alle testimonianze di passe che si possono indirizzare anche alla Scuola e leggere come interpretazioni. Prendo alcuni significanti, tra altre perle, tirati in ballo: politica dei resti, segregazione, dir-si sveglia, corpo in frammenti, un cantiere in costruzione, l’impossibile risveglio28.

40Insomma, rinviare potrebbe leggersi come una Scuola che invita, propizia, provoca, fa, ma senza riempirsi. Alcune volte spinge con atti di scelta forzata per produrre delle contingenze e attende senza speranza le risposte e i passi di ciascuno.

Il pieno, il vuoto e il gusto

41All’Assemblea scorsa ho proposto la formula: la Scuola dell’impasse. Visto che «c’è un rapporto diretto tra una Scuola che accoglie le impasse e la Scuola della passe. La passe ci mostra il luogo dell’incurabile alla fine dell’analisi. Non c’è vita di Scuola senza l’incurabile. Fare posto all’incurabile è una sfida di Scuola»29. Dopo che alcuni di voi mi hanno scritto, ho chiesto il consenso di riportare alcune frasi pubblicamente: «la Scuola dell’impasse, una domanda che viene da dentro», «un’eco che bussa dall’interno», «ascoltare la Scuola dell’impasse fa diventare l’impasse vivificante». Poche reazioni ma precise.

42Oggi vorrei proporvi un risvolto della Scuola dell’impasse. È un tratto, direi orale, è il tratto dell’abbuffata; una spinta al pieno che ogni tanto capovolge il vuoto, con il summum dello stracolmo di lavoro, di riunioni, di testi da leggere, eccetera, e il suo svuotamento, a volte senza ritenere nulla. Un malessere che oltre all’eccesso di attività desta la fantasia di non fare nulla con effetti di schiacciamento, di appiattimento soggettivo e smarrimento del desiderio.

43Come dicevo all’Assemblea, la vita di Scuola comporta delle sfide grosse quando diventa consistente, tutta e piena, quando è colma. Così, può diventare per alcuni un vero ravage. Può divenire secca, marcia, senza tessuto libidinale e sfilacciata, provocare prese di posizione che allontanano. A mio avviso, diventa agonica quando parla una lingua chiusa con un lacanese vuoto, senza corpo e, ancor di più, quando la si maledice. Diventa anche pesante, quando viene cercata come luogo privilegiato di soddisfazione. Comunque sia, la dedizione non c’entra necessariamente con la soddisfazione, c’è anche un registro legato a das Ding. Certo, ci sono alcune persone, colleghi consacrati, con singolarissimi tratti, con le loro scelte.

44Nel mio caso, come ho detto nelle testimonianze, il sintomo, l’evento di corpo “tu non sai cosa è la fame”, pulsionalmente ha inchiodato il sapere al significante “fame”, toccando l’oggetto orale, di cui ancora non ho dato direttamente testimonianza, tranne in un passaggio preciso che fa riferimento alla trasformazione dalla sua scarsa importanza, frugalità e templanza monacal allo spuntare del gusto. Non sto parlando soltanto di cibo. Tutto ciò, spostato nel campo di Scuola, è sfociato per me nel fatto che non c’è esperienza di Scuola senza gusto. Bisogna assaporarla, degustarla come un buon vino, un buon stuzzichino, un qualcosa che dia voglia, a condizione di non rimpinzarsi. A livello di Scuola posso sperimentare a volte l’insipido, la perdita del gusto, o, addirittura, che “sa di tappo”. Quando spunta il tratto bulimico, il cucchiaio in più produce rifiuto. Viene la nausea e la voglia di digiuno.

45Mi rimane la domanda se il transfert di lavoro sia sufficiente per fare legame tra analisti. Ora penso che la questione dell’oggetto all’interno della Scuola sia qualcosa ancora da lavorare.

46Da una parte, Miller ci avverte in Affectio societatis30 che ogni volta che c’è affectio societatis, che c’è del gruppo e oggetto del gruppo, c’è del particolare, effetto settario31. Il senso comune gruppale. Dall’altra, l’oggetto ha a che fare in parte con il gusto. L’interpretazione analitica tocca, à côté, il gusto in quanto delimita e contribuisce a precisare, a fare emergere il rapporto del soggetto con il godimento con un saldo di sapere. Ma anche il gusto per la psicoanalisi e per l’inconscio. Il gusto è correlativo alla supposizione di sapere. Perciò ha delle incidenze sul desiderio. Miller indica che «l’inconscio vuole essere interpretato»32. Ripeto, vuole.

47Miller a Santiago di Compostela, Spagna, parlò del gusto, come ricordava Vicente Palomera qualche settimane fa alla NEL33. Indicava che in una analisi il gusto è dalla parte dell’analizzante. Perché il gusto c’entra con l’oggetto a incarnato34. Dunque, in una Scuola di analizzanti, che è un altro modo di dire e nominare la Scuola, come fare perché ci sia dell’acquolina in bocca per la psicoanalisi stessa – lo spirito come indica Miller nella Teoria di Torino.

48Mi fa pensare che c’è anche una connessione diretta tra l’avvenire della psicoanalisi e i giovani, i partecipanti e gli allievi degli istituti. C’è una trasmissione possibile del gusto? Formarlo implicherebbe deformare altri gusti diceva Palomera, come il gusto per il senso, anche i deliri di senso che la post-interpretazione tratta per via di non sfamare. Niente di facile, perché tocca per certi versi alcune passioni.

49Il gusto fa parte di ciò che fa sopportare, di ciò che tiene perché, credo, tocca qualcosa del reale della vita dentro e fuori la Scuola. Il gusto delimita, contiene il godimento mortifero, il genio del male, come Miller lo riprende da Freud a Santiago di Compostela. Il gusto contribuisce alla sua riduzione, all’inconsistenza, a bucare l’Altro. E a volte ha anche degli effetti inattesi su due versanti complessi della vita di Scuola: sulla desupposizione di sapere propria del transfert negativo e sul rifiuto dell’esperienza di Scuola, alcuni si riagganciano visto che l’Altro diventa meno maligno, mentre altri no.

50Allora, come provocare il gusto? Come fare dell’esperienza di Scuola un’esperienza gustosa? Sebbene esista il detto “sui gusti non si può discutere”, in spagnolo ha una deriva diversa dalla discussione sobre gustos no hay nada escrito. Dunque ci sarebbe una scrittura al di là della sociologia del gusto, come proponeva Pierre Bourdieu, per fare le distinzioni tra classi sociali. Anche se il godimento insiste, il gusto per la psicoanalisi produce delle cose strane, come una domenica a quest’ora e altre follie. Sì, in una analisi c’è una scrittura che tocca il gusto.

51Tuttavia, sappiamo che ci sono gusti e gusti: ci sono dei piccoli gusti fallici, di completamento fantasmatico, un po’ idioti. Ci sono anche dei gusti al di là del fallo, femminili, più strepitosi e intrepidi, ma che fanno anche paura e provocano rifiuto. Ci sarebbe qualcosa da approfondire in tutto ciò perché ha a che fare anche con il legame possibile o meno con l’Altro della Scuola.

52Per me, il gusto e i Witz di Scuola vanno per mano, anche se non si ricoprono né sono correlativi. L’effetto Witz delle testimonianze nell’Altro della comunità analitica e nell’Altro del corpo. Il gusto e il Witz alleggeriscono il passo, piccole soddisfazioni, occasionali, che scandiscono la strada insieme, con alcuni come buoni compagni, con altri come colleghi. Miller in Affectio societatis indica una frase che mi piace e l’ho ripetuta parecchie volte quest’anno: «Lacan invita gli analisti [della sua Scuola] a essere buoni [compagni]»35. È uno scherzo? Lo prendiamo sul serio? Ognuno sceglie. Verifico che c’è del gusto nel percorrere questa strada senza garanzie, diversa da quella di Santiago di Compostela, con alcuni di voi.

53Comunque sia ci sono i gusti singolari, diversi, con le istituzioni, di pratiche con altri, con colleghi di altre latitudini, con servizi social, con ospedali, con ragazzi, eccetera, legati agli S1 di ciascuno che col proprio sintomo ne trae qualche pezzo di godimento e fa un solletico anche alla vita di Scuola. Leggere tutto ciò ci riguarda.

54Come AE cerchiamo, scommettiamo sul far passare il gusto per il buon buco.

55Questa lettura è il mio modo, modesto, di fare presenza nella SLP, di ricordare in atto la Teoria di Torino del Soggetto Scuola. Un modo, ancora, di celebrare i suoi due decenni, facendone uso. Mi pare che così sia più viva.

Notes de bas de page

1 J. Lacan, Conférences et entretiens dans des universités nord-américaines [1975], in Aa. Vv., Scilicet 6/7, Paris, Seuil, 1976, p. 35, trad. nostra.

2 J.-A. Miller e A. Di Ciaccia, l’uno-tutto-solo. L’orientamento lacaniano [2010-2011], Roma, Astrolabio, 2018, p. 158.

3 J.-A. Miller, Il rovescio dell’interpretazione [1995], “La Psicoanalisi”, 19, 1996, p. 126.

4 Ivi, pp. 122-123.

5 Ivi, p. 123.

6 Ivi, pp. 125-126.

7 O. F. Kernberg, Trenta metodi per distruggere la creatività dei candidati analisti [1996], in Le relazioni nei gruppi. Ideologia, conflitto, leadership, Milano, Cortina, 1999.

8 J.-A. Miller, Teoria di Torino sul soggetto della Scuola [2000], “Appunti”, 78, 2000, p. 4 e in https://www.slp-cf.it/teoria-torino-sul-soggetto-della-scuola/

9 Ivi, p. 5.

10 Ibidem.

11 J.-A. Miller e A. Di Ciaccia, l’uno-tutto-solo cit., p. 157.

12 J.-A. Miller, Teoria di Torino sul soggetto della Scuola cit., p. 1.

13 Ibidem.

14 Ivi, p. 6.

15 J. Lacan, Nota italiana [1973], in Altri scritti, Torino, Einaudi, 2013.

16 Ivi, p. 304.

17 Ivi, p. 305.

18 J.-A. Miller, Teoria di Torino sul soggetto della Scuola cit., p. 9.

19 Id., L’inconscio e il corpo parlante. Presentazione del tema del X Congresso dell’AMP nel 2016 a Rio de Janeiro [2014], in Aa. Vv., Scilicet. Il Corpo Parlante. Sull’inconscio nel secolo xxi, Roma, Alpes, 2016, p. xxix.

20 J. Lacan, Le Séminaire, Livre XXI, Les non-dupes errent [1973-1974], leçon du 18 décembre 1973, inedito, trad. nostra.

21 J.-A. Miller, Lettre à Paola Bolgiani, “Lacan Quotidien”, 698, 17 maggio 2017, www.lacanquotidien.fr/blog/wp-content/uploads/2017/05/LQ-698-2.pdf

22 Cfr. A. Harari e L. Biondi (intervista a), C. Menghi e M.Vacca (a cura di), Risvegli: la politica della Scuola di Lacan [2019], “attualità Lacaniana”, 26, 2019, p. 19.

23 “Appunti”, 144, 2020 e in https://www.slp-cf.it/spl/wp-content/uploads/2020/06/appunti_144.pdf

24 D. Pegoraro, Un desiderio di S/scuola, “Appunti” cit., p. 21.

25 C. Menghi, Interpretare la Scuola. Con Lacan e con Miller, … uscire dalle secche foci…”, “Appunti” cit., p. 27.

26 M. Focchi, La scrittura primaria e l’interpretazione, “Appunti” cit., p. 29.

27 Aa. Vv., Risvegli, “attualità Lacaniana”, 26, 2019.

28 Cfr. ivi, pp. 23-61.

29 A. Reinoso, Vita di Scuola e le vite degli analisti, in La presenza della Scuola, la presenza nella Scuola, Assemblea SLP, 28 giugno 2020, inedito.

30 J.-A. Miller, Affectio societatis [1994], in Delucidazioni su Lacan, Torino, Antigone, 2008.

31 Cfr. ivi, p. 368.

32 Id., Il rovescio dell’interpretazione cit., p. 123.

33 V. Palomera, La Escuela y la formación de los analistas, La Acción Lacaniana NEL, conferenza del 30 maggio 2020, https://radiolacan.com/es/topic/1340/3

34 Cfr. J.-A. Miller, Il genio della psicoanalisi [1984], in introduzione alla clinica lacaniana, Roma, Astrolabio, 2012, p. 32.

35 Id., Affectio societatis cit., p. 365.

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