Ciò che trattiene il corpo in modo invisibile
p. 25-33
Texte intégral
«La condizione del desiderio che occupa […] l’ossessivo, è lo stesso marchio da cui egli lo trova viziato fin dall’origine del suo oggetto: il contrabbando»1.
1Ariel si presenta dicendo: «Sono una persona fondamentalmente angosciata». Nell’analisi scoprirà che, dietro alla sua angoscia, tutta una sintomatologia si presentava come ostacolo alla scelta di una compagna. Ha cominciato con l’interrogare, tenendo conto della particolarità della propria coppia genitoriale, i motivi che l’avevano portato a un’inibizione rispetto alla propria scelta del partner. Aveva già fissato la data del matrimonio e la sua compagna gli si presentava come un oggetto impossibile, mentre appariva un’ombra di sospetto: «Sarò omosessuale?»
“Cristofobia”
2Durante le vacanze della Settimana Santa, viaggiando in auto insieme alla compagna, Ariel non riesce a proseguire per via dell’incontro con una barriera costituita dal passaggio di un Cristo sulla Croce. La sua angoscia è tanto intensa che, dopo essere tornato a casa, non riuscirà a uscire per giorni. Allo stesso tempo, non tollera le attenzioni e preoccupazioni che la madre ha nei suoi confronti. Era una sorta di tabù del contatto, un timore a vedersi contaminato dal desiderio dell’Altro materno. Ariel sopportava solo la presenza di suo padre. Un giorno, in silenzio vicino a lui, chiede che gli dia la mano e, tra i denti, mormora una frase di cui lui stesso si sorprende: «Padre, a me non piace guidare».
3A 13 o 14 anni, Ariel aveva già sofferto un altro episodio di angoscia, sempre nella Settimana Santa, quando viene ricordata la Passione di Cristo. Diverse paure legate alle immagini di Cristo sulla Croce furono ben presenti nella sua infanzia, sempre con una significazione minacciosa.
4Ariel spiega il «risentimento» rispetto a sua madre, la sua «intima disputa» con lei come effetto di una vicenda che si è prodotta da una confidenza fatta da un’amica intima della madre, psicologa, che aveva in cura un amico di Ariel che era stato il compagno precedente della sua fidanzata. Aveva avvisato la madre di Ariel circa l’omosessualità dell’amico di suo figlio e, a sua volta, la madre di Ariel, preoccupata per l’amicizia tra i due, comunicò questa confidenza al figlio, che non esitò a divulgarla ad altri. Questo labirinto di confidenze rese necessaria una rettifica soggettiva per spiegare non solo la sua partecipazione nell’intrigo ma anche, e soprattutto, perché la relazione con il suo amico si fosse fatta ancora più intensa dopo questa vicenda. Ariel non comprendeva per quale ragione sentisse tanta colpa e perché pensasse di «dover fare un’offerta e sacrificare la sua eterosessualità».
5L’angoscia derivata da questo sentimento di colpa rivelerebbe, tuttavia, il bere da un’altra sorgente, in quanto Ariel aveva l’abitudine di interessarsi e scegliere come oggetto d’amore donne già impegnate, il che gli complicava la vita. Interrogandosi su queste scelte, voleva dunque che venisse riconosciuta la sua omosessualità dovuta a questo interesse per le donne dei suoi amici: «Mi sono interessato alla mia prima compagna solo quando ho iniziato a uscire con il mio amico. Lei era la sua compagna e cercai di separarli per conquistarla. Tentavo di dividerli». «In realtà mi sono interessato a lei solo quando mi ha mostrato che lui non l’aveva avuta sessualmente. Nel vedere che lui non la soddisfaceva, allora, mi sono introdotto per mettermi in mezzo. Se lei mi avesse detto che lui la soddisfaceva non avrei avuto niente da fare». «Ora, per tranquillizzarmi mi metto dalla sua parte, qui mi sento “protetto”»2.
6Il padre di Ariel, «è un uomo di una bontà impressionante e la sua presenza fisica non si è mai manifestata con violenza», era un infaticabile lavoratore ma piuttosto pusillanime nella vita e nel lavoro. «Mia madre si è sposata con la bontà fatta persona, sempre attento e moderato». Ariel era convinto che se suo padre avesse tenuto una posizione forte, avrebbe già potuto lasciare la dimora paterna.
7A volte, la madre insisteva con tono interrogativo su quanto era stato trasmesso dal padre: «È vero che io ti ho reso presente tuo padre?» era solita domandare.
8Questo lo faceva irritare. Di certo, le cose di suo padre non le ha mai sapute direttamente da lui, «sono sempre passate da mia madre».
9Spesso evoca una scena infantile nella stanza materna, insieme a suo fratello minore, dove la madre, con un grande mappamondo tra le mani, recitava i nomi dei paesi in cui il padre stava viaggiando per lavoro.
10Nel corso dell’analisi, Ariel ha recuperato un ricordo perduto che gli ha consentito di mettere in prospettiva le sue attuali paure. Lui e suo fratello minore, stavano dormendo nel letto in cui il padre dormiva da celibe. Era una notte di tormenta e un lampo riempì di luce la stanza, illuminando l’enorme ritratto della Prima Comunione del padre appeso alla parete, dove spiccava la grande croce appesa al petto. Questo ricordo avrà un’inestimabile importanza per lui, nella misura in cui inaugurerà la serie di figure dell’Altro che hanno scandito le sue paure. All’età di 5 anni fece vari sogni in cui le figure del padre morto si ripetevano instancabilmente, alternandosi con le immagini del Cristo sulla croce.
11Ariel parla di suo padre come di una persona indifesa: «era come un ologramma», «come un padre disincarnato». Il fantasma di un padre senza vita verrà evocato fino a prendere la forma minacciosa di «un avvoltoio che sorvola ogni volta che mi avvicino a una donna».
12Ad ogni modo, si trattava sempre della figura di un padre con un desiderio mortificato e, per il colmo dei colmi, era questo che lui era giunto a idealizzare.
Il censore della madre
13In modo correlativo, era come se Ariel volesse castigare – «penalizzare» – qualunque manifestazione del desiderio vivo della madre. Lei era l’antitesi della persona cadaverica del padre. Trasudava allegria da tutti i pori. Piena di vita, si divertiva a cantare, e questo lo irritava. Ariel si rallegrava quando vedeva che suo padre non accettava gli approcci affettuosi di sua moglie, quei baci sulla guancia, quei solletichi sulla nuca o sulla pancia. Un giorno arriva in seduta dicendosi sorpreso nel pensare: «Sono un censore della madre», «sono un censore delle manifestazioni del godimento di mia madre, della sua joie de vivre», e inventa, senza capire da dove venga, una curiosa espressione: «C’è un’erotica dei risentimenti nei confronti di mia madre». Dirà dunque, che tra lui e sua madre esisteva una «erotica del risentimento», il che lo avrebbe portato a pensare che la sua «omosessualità» fosse un modo per «trionfare su questa erotica del legame con la madre». Altre volte Ariel decifrava l’«omosessualità» come la «rinuncia a superare la relazione con la madre». Così, allora, quanto più lontano stava dal suo amico, tanto maggiore era la tensione con la madre e, quanto più si avvicinava a lui, tanto migliore era la relazione con lei. Era uno scenario omologo a quello descritto nell’abitazione paterna. In una seduta dirà «se mio padre soddisfacesse mia madre, allora, dovrei fare le valigie e andarmene».
14Insomma, le manifestazioni di piacere della madre gli erano insopportabili. Quando la madre cantava lo faceva con tanta soddisfazione che «si notava – per usare le parole di Ariel – un piacere sessuale». Niente di più fastidioso per Ariel. Condivideva quello che la nonna paterna, gelosa, era solita dire: «Guarda, tua madre canta!»
15Ariel un giorno scopre che, nella scelta delle sue fidanzate, si curava sempre del fatto che non fossero donne del tipo joie de vivre e, così facendo, trovava la maniera per non temere questo elevato rischio. Un giorno, esclama: «Se c’è tanto rifiuto, non sarà che sotto esisteva una attrazione sessuale molto forte?» e, detto questo, si sente piuttosto a disagio e in imbarazzo, per aver potuto pensare sua madre in quella maniera, come a un polo d’attrazione erotica, tuttavia aggiungerà: «L’importante è che, ora, vedo le cose con maggior chiarezza». L’attrazione che esercitava il corpo di sua madre lo rinviava al suo prosperoso seno. Donna alquanto disinibita, in casa, con il marito e i figli, la madre non si caratterizzava per un eccessivo senso del pudore: svestirsi di fronte a loro non era un fatto episodico, bensì una forma della sua naturale disinvoltura. Era dunque agli antipodi del padre, che Ariel non aveva mai visto nudo e che, nascondendo sempre la sua nudità, gli faceva immaginare un pene minuscolo nel suo enorme corpo.
16Tornando più e più volte sui ricordi che trattano la nudità, ho approfittato per dirgli che anche la nudità di Cristo era una costante nell’iconografia religiosa, un’osservazione che non cadde nel vuoto in quanto portò immediatamente alla luce un pensiero che gli era passato per la testa, vale a dire, se non avesse coperto i seni di sua madre con il crocifisso. Questo pensiero lo portò a considerare le cose in maniera distinta. Era come una barzelletta: – Una donna dice a un uomo che sta guardando la sua scollatura, su cui è appeso un crocifisso: «Che cosa guarda, il Santo Cristo?». E l’uomo: «No, guardo il Santo Sepolcro!»
French Kiss
17Questo tema della nudità, lo porterà dunque a parlare di un altro sintomo, in realtà, un’inibizione a orinare nei bagni pubblici, vicino ad altri uomini. Ricorderà così la scena di un film intitolato French Kiss3, dove il protagonista, sul punto di sposarsi, va a Parigi in viaggio d’affari e conosce una bella ragazza. Dopo questo incontro, chiama la sua fidanzata per dirle che ha incontrato l’amore della sua vita e che: «Ormai è in grado di andare in un orinatoio pubblico con un tipo forte e robusto che aspetta il suo turno, senza diventare nervoso».
18Quello che Ariel segnalerà quindi è il suo sentimento di non avere il diritto di stare con gli altri uomini: «È come se mancasse qualcosa nel mio copione per poter stare con gli uomini in modo tranquillo e normale». Il suo sintomo traduceva il sentimento di non aver ricevuto qualcosa dal padre, come se gli mancasse costantemente «il permesso di guidare» e, in questo caso, l’autorizzazione a usare il suo organo virile. Ariel si definiva come un «uomo incompleto» e, altre volte, come qualcuno con un «copione incompleto»: «Ho un copione a cui mancano le pagine […] mi trovo come se stessi sulla scena della vita con un copione tra le mani e in cui scopro che mancano alcune pagine».
Il pedaggio di angoscia
19Ariel incontra una giovane ragazza, molto femminile e piena di vita di cui si innamora. Come non poteva essere altrimenti, lei aveva già un compagno. Nei primi incontri un sogno fondamentale fa la sua entrata: «Ci sono delle lenzuola bianche dove hanno fatto l’amore. Sono lenzuola sudate, nelle quali risalta una grande macchia di sudore, ma, in realtà, c’è qualcosa di anormale, si vede una seconda macchia. La dimensione delle macchie richiama la sua attenzione: una è enorme e, l’altra, non tanto grande. La prima, ha la forma di sanguisuga; l’altra, ha forma di lumaca. Una sta sul diritto e l’altra sul rovescio del lenzuolo». Il deciframento del sogno lo porta a leggere una macchia come il diritto e il rovescio del desiderio, come un contrasto tra un desiderio forte e un desiderio debole, spento, paragonato al rutto fatto dal bebè dopo essere stato allattato, definizione che aveva già evocato rispetto alla sua precedente relazione di coppia. Attualmente è innamorato e associa la macchia sul lenzuolo, con la traccia impressa che il nuovo amore ha lasciato in lui. Dirà quindi che questa «è una di quelle donne che lasciano traccia» che, a differenza di altre donne con le quali è stato, gli dà fiducia e fa sì che scompaia l’angoscia dell’atto sessuale. «L’atto sessuale mi angoscia e quando sento il desiderio riesco a funzionare bene».
20Dopo questo sogno, Ariel dirà che «la paura si è depurata, che la sua angoscia non è più indeterminata, ma è una paura concreta, un’angoscia pre coito, che precede l’atto sessuale». Riduce, infine, il sogno a una messa in scena, a una rappresentazione dell’organo interessato dalla detumescenza che colpisce nel momento del godimento, la sua caduta nell’atto, arrivando, così, a una conclusione che ha considerato veramente interessante: «La relazione con le donne mi creava un conflitto con mia madre. Questo è sicuro. Ora, vedo chiaramente che, ogni volta che mi innamoro di una donna, inizio a litigare di più con mia madre. Se mia madre deve dire qualcosa che non mi sta bene, rispetto al mio impegno con una ragazza, allora devo pagare un pedaggio di angoscia».
Lo sganciamento
21Senza dubbio, dopo questo percorso di bordatura di ciò che continua a chiamare come un «aggancio brutale con sua madre», un riarrangiamento dei significanti riesce a passare alla metafora del sogno; in realtà, sono due sogni scanditi in due sedute.
22Il primo, un sogno d’angoscia, che gli ha restituito ancora una volta questo sapere indelebile depositato nella lingua del suo inconscio: «C’è una festa in un appartamento, che è il mio». Ariel allora stava vivendo con la sua nuova compagna. «Lei arriva con uno degli invitati che sembra moribondo. Lei gli sta addosso. L’uomo ha i piedi deformati».
23Il secondo sogno, che sembra essere il prolungamento del primo e che Ariel chiamerà il «sogno del Cristo con i piedi deformati», è un sogno in cui, in contrasto con quello del giorno precedente, non c’era angoscia, ma una gran sensazione di solitudine: «Vedo un Cristo, in un garage, con i piedi feriti. I piedi – e anche le mani – sembrano tagliati e, al loro posto, vedo come degli strani ganci, che sembrano ossa ma sono ganci», «sono come dei monconi da cui esce qualcosa a forma di gancio», «come i chiodi che servono per appendere un quadro». Questo sogno scioccante lo conduce a parlare di se stesso come «uomo incompleto» e al pensiero di «essere agganciato a mia madre»; ma, alla fine, – conclude: «Mi è sembrato di aver notato qualcosa del sogno, quando ho parlato della forma dei chiodi: «Posso staccare il Cristo»; «Credo», aggiungerà, «che mi abbia sempre soddisfatto vedere mio padre parcheggiato. Se mio padre fosse stato diverso, se avesse cinto mia madre con le braccia – cosa che non ho mai visto –, non sarebbe stato parcheggiato».
24In questo commento del sogno c’era un misto di ingenuità e allegria, c’era anche qualcosa di spiritoso, come se il suo inconscio gli avesse dato una pertica, una specie di invenzione mitica intorno a questa figura del Cristo, qualcosa di simile a una castrazione. L’inconscio di Ariel è incredibile. Questo sogno così impressionante mostra come avesse costruito il suo fantasma facendo consistere l’Altro. Anzitutto, figurandosi vittima di questo Altro, dato che dietro la messinscena di un Altro che voleva la sua castrazione c’era una soddisfazione, una fissazione del suo godimento.
25Questa passione per la castrazione, a cui Ariel ricorreva in modo tanto insistente tramite la Passione di Cristo – passione piuttosto celebrata trattandosi proprio della vittima di un padre che abbandona suo figlio nel supplizio e nella morte –, si metteva tra lui e i suoi simili. La fantasmizzazione di questo Altro castratore ha perso consistenza e questa “deflazione” della sua convinzione nevrotica ha avuto sostanziali effetti terapeutici.
26Questo “deflazionamento” fantasmatico, reso possibile dopo il giro realizzato attorno ai significanti che avevano inscritto la memoria del desiderio incestuoso con sua madre, è stato per lui decisivo in quanto l’analisi gli ha consentito di riconoscere che il teatro della sua vita, più che un’angosciante Passione, era un piccolo teatro di opera buffa 4 che aveva preso con una barzelletta.
Un fallo di contrabbando
27Bisogna prendere la questione attraverso il paradosso della posizione di Ariel, in cui egli oscilla fra desiderio e disprezzo. Da un lato, un padre con un desiderio mortificato, descritto come un ologramma. È un padre senza sostanza, un puro sembiante di padre, un padre che non è tale, in posizione di figlio di sua madre, un padre disincarnato. Un fallo al contempo mortificato e mortificante. Nel caso, vediamo Ariel che utilizza questo fallo mortificante contro la madre: ogni volta che la madre gode della vita, Ariel pone il Cristo come un fallo mortificato, come un “Vade retro Satana!” di fronte al godimento materno. Ariel non può sopportarlo, non può immaginare che il padre tocchi la madre, e ad un certo punto ha una fobia transitoria, una fobia da contatto rispetto alla madre.
28D’altra parte, nella sua vita amorosa vediamo un’altra cosa: vediamo – e questo è il paradosso – che s’interessa a donne già impegnate, per separarle da un altro uomo. Vediamo cioè che la sua vita amorosa è totalmente edipica: deve impossessarsi della madre e fare in modo che lasci il padre. C’è un cinismo in questo paziente: ha un amico che ha una compagna, e decide di separarli per impossessarsi di lei, conquistandola. Lo vediamo qui in una posizione molto diversa dal «non toccare la madre». Come si comprende tutto ciò? Sembra di intenderlo quando dice il motivo per cui s’interessa all’amica: «Mi sono interessato a lei soltanto quando mi ha mostrato che il suo compagno non la soddisfaceva sessualmente». L’amico non era capace di soddisfare sessualmente la compagna. È a partire da questo momento che lui s’interessa a lei. Dice la stessa cosa a proposito della madre: «Se mio padre soddisfacesse mia madre, allora dovrei fare le valige e andarmene». Ciò che gli interessa è verificare che il padre è insufficiente, e che anche l’amico lo è con la ragazza. Ciò di cui ha bisogno è un segno dell’insoddisfazione sessuale della donna. Così, per lui, conquistare una donna è verificare che il padre non soddisfa la madre, che non desidera soddisfare la madre. Chiaramente è lui che soddisfa la madre, che suppone non poter toccare. Ma la soddisfa come suo fallo immaginario. Un fallo di contrabbando5. Deve vivere con questo fallo di contrabbando: il sogno del Cristo con i piedi deformati lo indica. I piedi feriti sembrano tagliati, e al loro posto si vedono «degli strani ganci, sono come monconi». Tutto questo in riferimento alla castrazione. Sono come i chiodi che servono per appendere un quadro, e questo lo porta al pensiero di «essere agganciato a mia madre». È in questo sogno che il Cristo fallico è agganciato alla madre, è il fallo materno, è il fallo femminile. Ed è anche la significazione del motto di spirito: «Che cosa guarda, il Santo Cristo? No, guardo il Santo Sepolcro». Il «Santo Sepolcro» è la tomba, si tratta realmente del Cristo morto. L’unico fallo che ha avuto è il fallo morto tra i seni della madre. Con il sogno del Cristo e dei piedi feriti segnala il momento, come dice, di staccare, è arrivato a «staccare Cristo». «Staccare Cristo» significa trasformare il fallo di contrabbando nel fallo legittimo.
29Il fallo di contrabbando gli procurava un problema con le donne perché è il fallo che soddisfa la madre che non va toccata. Ma quando si tratta di toccare una donna, questo fallo non funziona. Grazie al lavoro di Ariel in analisi, sembra che il fallo di contrabbando si sia trasformato: da fallo immaginario materno ha potuto trasformarlo, recuperarlo, compiendone la metamorfosi in fallo legittimo.
Notes de bas de page
1 J. Lacan, La direzione della cura e i principi del suo potere [1958], in Scritti, Torino, Einaudi, 1974 e 2002, vol. II, p. 629.
2 Nel testo originale amparado, in catalano empararat (coperto e protetto) è equivoco con empadrado (detto di un bambino eccessivamente affezionato al padre).
3 L. Kasdan, French Kiss [Stati Uniti, Regno Unito 1995] con M. Ryan, K. Kline, T. Hutton, J. Reno.
4 In italiano nel testo.
5 Nel corso di una conversazione clinica che ha avuto luogo dopo la presentazione di questo caso, J.-A. Miller ha sottolineato come la condizione del desiderio che tratteneva Ariel portasse il marchio stesso dell’origine del suo oggetto: il contrabbando, da qui l’espressione “fallo di contrabbando” che ci serve per designare il ruolo centrale del fallo «che in modo invisibile trattiene i corpi». J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973], Torino, Einaudi, 2011, p. 88.
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