2. Metafisica, teologia e critica in Kant: un primo approccio
p. 41-49
Texte intégral
1. La terminologia kantiana sulla metafisica e la teologia
1Tenendo presente il dibattito su ontologia e teologia suscitato dalle posizioni di Heidegger e Levinas, ci vorremmo introdurre allo studio del pensiero di Kant su questo tema (1) anzitutto tramite una chiarificazione della terminologia che egli usa e poi (2) richiamando le principali interpretazioni che sono state date del suo pensiero al riguardo.
2Per affrontare il primo punto può essere opportuno riportare sia il termine kantiano di «ontologia», sia quello di «teologia» nello sfondo più ampio del termine kantiano di «metafisica». L’ontologia era infatti per Kant, che in ciò seguiva la terminologia razionalistica del tempo, una parte della metafisica, cioè la «metaphysica generalis». Ed anche la teologia, almeno come teologia razionale, era una parte della metafisica, o meglio una parte della «metapbysica specialis», che comprendeva, oltre la Teologia razionale anche la Cosmologia e la Psicologia razionale52. La chiarificazione terminologica va quindi approfondita analizzando prima il vocabolario kantiano a proposito del termine «metafisica» (in particolare i vari significati del termine presenti nel Kant “critico”) per passare in un secondo tempo alle varie suddivisioni che egli opera all’interno della «teologia».
3Per quanto riguarda il termine «metafisica»53 ci si può riferire soprattutto ai passi della Critica della ragion pura54 ove Kant distingue espressamente vari significati di «metafisica» (in particolare le due Prefazioni, l’Introduzione e l’Architettonica) e dà anche una prima generale presa di posizione nei loro confronti. Ne risulta il seguente schema.
- Metafisica come «disposizione naturale», sia nel senso di (1) «incessante aspirazione» dell’uomo a oltrepassare i limiti dell’esperienza, sia nel senso di (2) conoscenza spontanea naturale, «sufficiente a persuadere», di realtà trascendenti l’esperienza.
- Metafisica come «scienza», sia nel senso di (3) conoscenza speculativo-dimostrativa di realtà che oltrepassano ogni esperienza possibile (= metafisica in senso stretto, o metafisica tradizionale «dommatica»), sia nel senso (4) di scienza critica dei concetti o principi a priori della ragione [= metafisica «critica», che a sua volta Kant distingue in (4. 1.) «metafisica della natura» e in (4. 2.) «metafisica dei costumi»].
4Il passaggio dal significato (3) al significato (4) di metafisica, con la tesi che solo nel significato (4), ovvero come «critica», la metafisica è possibile, costituisce la maggiore novità terminologica e di contenuto che Kant opera nella Critica della ragion pura55.
5Il termine «ontologia», nel senso di «metaphysica generalis», si ritrova, nell’Architettonica della ragion pura, per indicare una delle due parti della «metafisica della natura», che ivi Kant suddivide infatti in «filosofia trascendentale» o ontologia, e in «fisiologia della ragion pura». La prima, egli spiega, «considera l’intelletto stesso e la ragione stessa in un sistema di tutti i concetti e di tutte le proposizioni fondamentali, che si riferiscono ad oggetti in generale, senza assumere oggetti che siano dati» (crp c 816; m 516; a 845/B 873). La seconda considera invece la «natura», cioè l’insieme degli oggetti dati (ai sensi o ad altra specie di intuizione) e si suddivide a sua volta in Fisica razionale e Psicologia razionale da un lato (se l’uso della ragione è immanente), e in Cosmologia razionale e Teologia razionale dall’altro (se l’uso della ragione è trascendente)56.
6L’ontologia, così ricondotta all’interno della nuova impostazione critica, non si mostrerà però più in grado di ottenere i risultati che, secondo Kant, si proponeva l’ontologia tradizionale; per cui egli preferisce in generale, nella Critica, indicarla con il nuovo termine di «Analitica dell’intelletto puro». Mentre l’ontologia tradizionale aveva infatti la presunzione di «fornire in una dottrina sistematica conoscenze sintetiche a priori di cose in generale (per esempio, la proposizione fondamentale della causalità)» (crp c 320; m 205; a 247/B 303), questa, con più modestia, si deve accontentare di anticipare le forme di un’esperienza possibile, senza poter oltrepassare i limiti della sensibilità all’interno dei quali soltanto gli oggetti ci possono essere dati. E tuttavia, come vedremo, un’ontologia come dottrina generale dell’essere, ovvero come «metaphysica generalis», è in qualche modo di fatto riscontrabile anche nel Kant critico.
7Per quanto riguarda i significati di «metafisica» che vanno oltre quelli esplicitamente elencati da Kant nello schema precedente, è bene ricordare le nozioni kantiane di metafisica come (5) «fede morale», di cui si parla nel Canone e nella Critica della ragion pratica, nonché la nozione di metafisica come (6) «scienza sul limite» della ragione, in grado di darci una «conoscenza analogica» del rapporto col trascendente, di cui si tratta nei Prolegomeni. Sarà nostro impegno, nel corso di questo studio, cercare di evidenziare al massimo il preciso significato kantiano di queste varie nozioni di metafisica, e quindi di ontologia, nonché gli argomenti con cui Kant prende posizione nei loro confronti.
82) Per quanto riguarda il termine «teologia», può essere opportuno tenere presenti fin d’ora le principali suddivisioni della teologia che Kant propone (in particolare lo schema presente nella sezione della Dialettica trascendentale intitolata «Critica di ogni teologia fondata su principi speculativi della ragione»). La suddivisione, che con lievi varianti ritorna anche in altre opere, come le Lezioni di filosofia della religione57, si può sintetizzare nel seguente schema:
- Teologia rivelata, che si fonda sulla rivelazione divina.
- Teologia razionale, che si fonda solo sulla ragione.
Questa si suddivide in:
- t. trascendentale, che procede in base a puri concetti ontologico-trascendentali e conduce al deismo (= che crede in Dio come causa ultima del mondo). A sua volta essa si suddivide in:
1. 1. onto-teologia (prova ontologica)
1. 2. cosmo-teologia (prova cosmologica) - t. naturale, che procede in base a concetti specifici tratti dall’esperienza naturale, tra cui, ad esempio, l’intelligenza e la libertà, e che conduce al teismo (= che crede in Dio come il Dio vivente creatore del mondo). A sua volta essa si suddivide in:
2. 1. Teologia fisica (prova fisico-teologica)
2. 2. teologia morale (prova morale)
9Sarà nostro impegno, nel corso di questo lavoro, chiarire, oltre la definizione più precisa di queste varie forme di teologia, anche la posizione che Kant sostiene a riguardo di ciascuna di esse58.
2. Le principali interpretazioni metafisiche (e non metafisiche) di Kant
10Il dibattito innescato dalle principali interpretazioni metafisiche e non metafisiche di Kant – generalmente ben riassunte in ogni storia della critica kantiana59 – ha la sua origine nella peculiare «contraddizione» che sembra presente in Kant e che già Jacobi aveva ben messo in luce60. Kant, infatti, soprattutto nella Critica della ragion pura, da un lato afferma ripetutamente che tramite le categorie si può «conoscere» e/o argomentare solo nell’ambito dell’esperienza (sensibile) possibile; ma, dall’altro, sembra sostenere che tramite le categorie si può «pensare» e in qualche modo argomentare sia la fonte della conoscenza sensibile stessa (= il noumeno), sia la ragione con i suoi principi a priori, sia lo stesso «incondizionato».
11Le classiche interpretazioni dell’idealismo tedesco, come pure quelle del neokantismo hanno cercato in vario modo di superare tale contraddizione correggendo di fatto – pur nell’intento di rigorizzarla – la posizione kantiana. Così l’idealismo, a partire da Fichte, toglie la contraddizione sostenendo che la realtà intera, e dunque anche la cosiddetta “realtà in sé”, sia frutto della attività produttiva del soggetto. Mentre il neokantismo elimina la contraddizione interpretando la “cosa in sé” o noumeno come un “concetto limite” con funzione puramente epistemologica, ovvero costruito dal pensiero umano in funzione della conoscenza scientifica fisico-matematica, senza alcun riferimento realistico ad oggetti in sé; un’interpretazione, questa, chiaramente antimetafisica e antiontologica di Kant, in quanto interpreta l’impianto della Critica in chiave esclusivamente epistemologica: ciò che Kant fa e intende fare sarebbe una fondazione della scienza fisico-matematica che non ha bisogno di alcun riferimento realistico ad oggetti in sé.
12È noto come Heidegger abbia reagito a questa interpretazione neokantiana proponendo una nuova ed originale interpretazione «ontologico-metafisica» del pensiero di Kant che si distingue sia da quella tradizionale sia da quella idealistica. Fin dall’opera Kant e il problema della metafisica, del 192961, Heidegger, distanziandosi dal neokantismo, ritiene infatti che Kant fondi una vera e propria «ontologia», nel senso della wolffiana «metaphysica generalis». Si tratta però di un’ontologia «finitista», data la particolare importanza che riveste in Kant l’immaginazione trascendentale quale mediatrice tra l’intelletto e il senso. Legando indissolubilmente, tramite lo schematismo, la nostra conoscenza degli «oggetti in generale» al tempo, l’immaginazione trascendentale rende necessariamente finito l’essere che noi possiamo conoscere. Ma in questo modo la «metaphysica generalis» di Kant finisce per rendere impossibile quella «metaphysica specialis» che era la teologia razionale. Questa infatti non potrebbe in alcun modo aprirci alla conoscenza dell’essere infinito62. Anche in questo caso, in verità, la contraddizione è tolta, ma – come vedremo – sacrificando di fatto tutto il discorso kantiano sul «noumeno» come ambito dell’essere che va al di là dell’oggettività fenomenico-coscienziale.
13A partire dalla svolta del secolo è però sorta tutta una serie di nuove interpretazioni metafisiche di Kant, che hanno tentato di risolvere in un modo più aderente ai testi di Kant la contraddizione rilevata dai critici. A cominciare dall’interpretazione di F. Paulsen, 1898, ripresa e precisata in vari modi ad es. da M. Wundt, 1924, da H. Heimsoeth, 1924, da P. Carabellese, 1927, da P. Martinetti, 1943, da G. Martin, 195163. Queste interpretazioni non solo sottolineano il vivo interesse che Kant mostra per la metafisica, nonostante la sua negazione della possibilità di una metafisica «dogmatica», ma ritengono che sia possibile superare la contraddizione sopra rilevata distinguendo – come meglio vedremo – tra categorie pure e categorie schematizzate, tra «conoscere» (strettamente scientifico e limitato all’ambito fenomenico) e «pensare» (capace di portare ad una “ammissione ragionevole” dell’ultrafenomenico). Per altro verso queste interpretazioni fanno leva sulla funzione «metafisica» attribuita da Kant alla ragion pratica, in grado di farci superare l’ambito della conoscenza puramente fenomenica, e mettono in luce la portata ontologico-metafisica della conoscenza analogica di cui parla Kant anche a proposito delle realtà trascendenti. A queste nuove interpretazioni si rifanno in Italia, sia pur in diversi modi, anche autori come G. Santinello, 1963 e 1965, A. Rigobello, 1963, I. Mancini, 1975 e 1982-1988, P. Faggiotto, 1989, V. Melchiorre, 1991, cui siamo ampiamente debitori per questa nostra rilettura dei testi kantiani sul tema dei rapporto tra ontologia e teologia; nonché in Germania uno studioso come J. Schmucker, 1969 e 198364.
14L’autore, che sulla scia di queste interpretazioni forse più di ogni altro si spinge sulla via di un ricupero della portata metafisica del pensiero di Kant, è P. Faggiotto nell’opera Introduzione alla metafisica kantiana della analogia, del 1989. Per questo studioso, in Kant si darebbe una vera e propria conoscenza della realtà noumenica non solo per via morale ma anche per via teoretica, non solo quanto all’esistenza ma anche quanto alla determinazione per analogia di alcuni suoi caratteri; non si tratterebbe però di una conoscenza dell’intima essenza di tale realtà noumenica, bensì solo di una conoscenza analogica della natura del «rapporto» che essa ha con altro da sé. Per rilevare tali aperture metafisiche è però necessario evidenziare, in Kant, due diverse concezioni della «scienza» quale conoscenza universale e necessaria: la prima è quella che procede con metodo «sintetico»-costruttivo, ovvero per deduzione a partire dalla conoscenza dell’essenza dell’oggetto in questione; la seconda è quella che procede con metodo «analitico», ovvero ricercando le condizioni ultime di possibilità di un condizionato dato. Quando Kant nega che la metafisica tradizionale possa essere detta scienza, egli si riferirebbe sempre al primo concetto di scienza, che chiama spesso «dogmatica» e che ha il suo modello nella matematica e nella fisica teorica. Ma in lui si troverebbero molteplici argomentazioni «metafisiche» che procedono seguendo il secondo modello di scienza; tali argomentazioni non solo sarebbero da Kant ritenute pienamente valide ma risulterebbero essere le linee portanti del suo stesso pensiero teoretico.
15Con Kant oltre Kant sembra invece andare V. Melchiorre con la sua recente opera Analogia e analisi trascendentale. Linee per una nuova lettura di Kant, del 1991. Radicalizzando in qualche modo la posizione di Faggiotto, Melchiorre ritiene che la portata della conoscenza analogica, ampiamente presente nei momenti cruciali dell’impianto teoretico del pensiero kantiano, non sia limitata all’ambito dell’analogia di proporzione ma valga anche come «analogia di partecipazione ontologica». Come tale essa sarebbe quindi in grado non solo di determinare la natura del «rapporto» dell’incondizionato noumenico con il mondo dell’esperienza, ma anche di determinare, per analogia, la natura dell’incondizionato stesso. Ma con questa tesi Melchiorre è cosciente di andare oltre la lettera di Kant, sia pur tentando di interpretarne o farne emergere il «non-detto» che in essa si trova.
16Da parte nostra, sulla scorta dei risultati di queste posizioni, che abbiamo cercato di mettere alla prova con un puntuale commento di alcuni testi kantiani, ci siamo proposti di esaminare quale tipo o quali tipi di «ontologia» siano presenti in Kant; se vi sia un tipo di ontologia che permetta un rimando metafisico dal mondo dell’esperienza sensibile ad uno spazio di “ulteriorità”, e si potrebbe anche dire di “radicale differenza”, in cui possa darsi una forma di conoscenza teologica; quali siano le vie alla conoscenza teologica che Kant prospetta come possibili, sia quanto alla determinazione della natura di Dio, sia quanto all’ammissione della sua esistenza; il tipo di controllo critico che l’ontologia trascendentale sembra poter svolgere rispetto ad un’eventuale forma di conoscenza teologica che si presenti per via morale o per via rivelata.
17Particolarmente significativa ci è sembrata quella forma di conoscenza «metafisica» che – come si dice nei Prolegomeni – conduce la ragione «sul limite/confine» (Grenze) tra spazio della conoscenza degli oggetti d’esperienza e spazio dell’ulteriorità teologica, nella vivente tensione tra apertura all’ulteriorità e impossibilità di «conoscenza comprensiva» dell’ulteriore nella sua radicale differenza, tra esigenza di salvezza per intervento di un aiuto trascendente e impossibilità di accogliere tale aiuto se non sottoponendolo al vaglio critico costituito dalle ben delimitate possibilità di accoglienza, sia conoscitive che pratiche, della ragione. Ne è risultato che l’ontologia può bensì aprire alla teologia, ma solo in modo delimitato e incompleto; forse più come prospettazione di uno «schema di possibilità» (come si esprime I. Mancini), che come effettiva costruzione di una realtà teologica determinata. E tuttavia tale «schema di possibilità», elaborato dall’ontoteologia, costituisce per Kant un fondamentale strumento critico per la ragione nel suo incontro con la teologia morale o la teologia rivelata, che sarebbero in grado non solo di aprire lo schema regolativo della possibilità ma anche di giungere ad affermare la realtà effettiva di Dio65.
Notes de bas de page
52 Sulla scia della terminologia filosofico-teologica del tempo (sistemata da Leibniz e Wolff, e che Kant riprende rifacendosi soprattutto alla Metaphysica di A. G. Baumgarten (1714-1762), pubblicata nel 1739), Kant distingue infatti tra «Metapbysica generalis», o «Ontologia», che tratta dei principi primi dell’essere in quanto tale, e «Metaphysica specialis» che tratta dei principi dell’essere nei tre campi specifici del mondo corporeo (= Cosmologia), dell’anima (= Psycologia), di Dio (Tbeologia naturalis o rationalis). Può essere utile riportare, ad esempio, le prime definizioni con cui inizia la Metaphysica di Baumgarten, che Kant seguiva e commentava nelle sue lezioni. «§ 1. Metaphysica est scientia primorum in humana cognitione principiorum. § 2. Ad metaphysicam refertur ontologia, cosmologia, psycologia, et theologia naturalis. … §4. Ontologia (Die Grund-Wissenschaft – ontosophia, metaphysica, cf. § 1, metaphysica universalis, architectonica, philosophia prima) est scientia praedicatorum entis generaliorum. § 5. Entis praedicata generaliora sunt prima cognitionis humanae principia, ergo ontologia refertur, § 2, cum ratione ad metaphysicam, §1, 4» (ak xvii 23-24).
53 Circa i diversi significati del termine “metafisica” in Kant, si vedano, ad es., gli studi di G. Santinello, Metafisica e critica in Kant, Patron, Bologna 1965; F. Marty, La naissance de la métaphysique chez Kant. Un étude sur la notion kantienne d’analogie, Beauchesne, Paris 1980; B. Centi, I diversi significati del concetto di metafisica nella “Critica della ragion pura”: il problema delle loro relazioni, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», s. III, vol. 10 (1980), t. 2, 431-450; R. Malter, Der Ursprung der Metaphysik in der reinen Vernunft. Systematische Überlegungen zu Kants Ideenlehre, in 200Jabre Kritik der reinen Vernunft, a cura di J. Kopper e W. Marx, Olms, Hildesheim 1981, 169-210; E. Forster, Kants Metaphysiksbegriff vorkritisch, kritisch, nachkritisch, in Metaphysik nach Kant, hrsg. von D. Henrich und R. P. Horstmann, Klett-Cotta, Stuttgart 1988, 123-143; nonché la breve e puntuale sintesi di P. Faggiotto, Introduzione alla metafisica kantiana della analogia, Massimo, Milano 1989, 8-14.
54 I rimandi alla Critica della ragione pura che daremo sono alle traduzioni italiane di Colli (sigla crp c), cfr. Kant, Critica della ragion pura, Introduzione, traduzione e note di Giorgio Colli, Einaudi, Torino 1957 e successive edizioni, e di Mathieu (sigla crp m), cfr. Id., Critica della ragion pura, tr. it. di G. Gentile e di G. Lombardo-Radice, riveduta da V. Mathieu, con Introduzione di V. Mathieu, Biblioteca Universale Laterza, Roma Bari 1981 e successive edizioni. Con la sigla a e b aggiungeremo anche i rimandi rispettivamente alla 1a e alla 2a ed. originale dell’opera, del 1781 e 1787, come nella edizione della Philosophische Bibliothek, 37a, a cura di R. Schmidt, Meiner, Hamburg 1956.
55 Nella Prefazione alla seconda edizione della crp, Kant distingue la metafisica in una prima parte, che corrisponde al significato (4), e in una seconda parte che corrisponde al significato (3). Questa distinzione è quella che forse più si avvicina all’antica distinzione della metafisica in «metaphysica generalis» o ontologia e in «metaphysica specialis».
56 Come si vede ritornano qui le suddivisioni della metafisica tradizionale, ma ridefinite all’interno del nuovo significato critico di metafisica.
57 Cfr. Kant, Lezioni di filosofia della religione (titolo ted. Philosophische Religionslehre), tr. it. a cura di C. Esposito, Bibliopolis, Napoli 1988 (sigla lfr). Si tratta di un corso di lezioni tenute con tutta probabilità tra il 1781 e il 1784 (v. l’Introduzione di C. Esposito), dunque dopo la 1a ed. della Critica della ragion pura (1781), e almeno in parte dei Prolegomeni (1783), di cui riprende diversi temi presentandoli in modo sistematico, e prima della Fondazione della metafisica dei costumi (1785) e della Critica della ragion pratica (1788), che ne sviluppa alcuni aspetti, soprattutto per quanto riguarda la «teologia morale». Le lezioni furono pubblicate per la prima volta nel 1817 da un discepolo di Kant, Karl Heinrisch Ludwig Pölitz (2a ed. 1830, ed. critica in ak a cura di G. Lehmann, Berlin 1972).
58 Nelle Lezioni cit., lo schema delle varie forme di teologia è diverso. Sotto il titolo generale di Teologia naturale, la teologia è anzitutto distinta in «t. razionale» e «t. empirica o rivelata». A sua volta la t. razionale è suddivisa in «t. speculativa» e «t. morale». La t. speculativa si suddivide in «t. trascendentale » e in «t. naturale». E questa «t. naturale» si suddivide in «cosmoteologia» e in «fisicoteologia». Lo schema che ne risulta è quindi il seguente:
1.1.1. trascendentale
1. 1. Speculativa
cosmoteologia
1. teologia razionale 1.1.2. naturale
Fisicoteologia
1.2. morale
2. teologia empirica: della rivelazione
Nelle Lezioni si trovano però anche altre suddivisioni. Come quella, più semplice, che suddivide la t. razionale in t. trascendentale, t. naturale e t. morale. O quella che suddivide la t. speculativa in ontoteologia, cosmologia, fisicoteologia.
59 Cfr., ad esempio, le «storie della critica» presenti nei lavori di G. Riconda, Invito al pensiero di Kant, Mursia, Milano 1987, 207-230; di A. Guerra, Introduzione a Kant, Laterza, Bari 1988, 220-300; nonché l’efficace sintesi presentata da Faggiotto, Introduzione alla metafisica kantiana della analogia, cit., 14-29.
60 Cfr. F. H. Jacobi, Scritti kantiani, tr. it. a cura di G. Sansonetti, Morcelliana, Brescia 1992, in particolare lo scritto del 1787 dal titolo Sull’idealismo trascendentale.
61 Cfr. M. Heidegger, Kant e il problema della metafisica, tr. it. con Introduzione di V. Verrà, Laterza, Roma-Bari 1982.
62 Pur prendendo l’avvio dall’interpretazione heideggeriana di Kant, G. Picht ritiene invece sia possibile ritrovare in Kant, e in particolare nella crp, una vera e propria metafisica, capace di svolgersi in teologia razionale. Anzi, tale metafisica sarebbe il nucleo centrale di tutto il sistema kantiano. Si tratta però di una «metafisica della ragione finita». Cfr. G. Picht, Kants Religionsphilosophie, Mit einer Einführung von Enzo Rudolf (vol. delle Vorlesungen und Scbriften, hrsg. von C. Eisenbart e E. Rudolf), Klett-Cotta, Stuttgart 1985.
63 Cfr. F. Paulsen, I. Kant, Sein Leben und seine Lehre, Stuttgart 1898, tr. it. Kant, Sandron, Palermo 1904: M. Wundt, Kant als Metaphysiker, Enke, Stuttgart 1924; H. Heimsoeth, Die metaphysischen Motive in der Ausbildung der kritischen Idealismus, in «Kant-Studien», 29 (1924), 121-159; Id., Transzendentale Dialektik. Ein Kommentar zu Kants Kritik der reinen Vernunft, Gruyter, Berlin 1967-1971; P. Carabellese, La filosofia di Kant. I. L’idea teologica, Vallecchi, Firenze 1927; P. Martinetti, Kant, Bocca, Milano 1943; G. Martin, Immanuel Kant. Ontologie und Wissenschaftstheorie, Köln 1951
64 Cfr., in particolare, G. Santinello, Conoscere e pensare nella filosofia di Kant, Liviana, Padova 1963; Id., Metafisica e critica in Kant, Pàtron, Bologna 1965; A. Rigobello, I limiti del trascendentale in Kant, Silva, Milano 1963; I. Mancini, Kant e la teologia, Cittadella, Assisi 1975; Id., Guida alla Critica della ragion pura, volumi 1 e 2, Quattro Venti, Urbino 1982-1988; P. Faggiotto, Introduzione alla metafisica kantiana della analogia, Massimo, Milano 1989; V. Melchiorre, Analogia e analisi trascendentale. Linee per una nuova lettura di Kant, Mursia, Milano 1991; J. Schmucker, Das Problem der Kontingenz der Welt. Versuch einer positiven Aufarbeitung der Kritik Kants am kosmologischen Argument, Herder, Freiburg 1969; Id. Kants vorkritische Kritik der Gottesbeweise. Ein Schlüssel zur Interpretation des theologischen Hauptstücks der transzendentalen Dialektik der Kritik der reinen Vernunft, Steiner, Wiesbaden 1983.
65 Una prima delineazione di questa posizione interpretativa l’abbiamo a suo tempo data in La ragione ai confini della trascendenza cristiana in Kant, «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Macerata», xix (1986), Antenore, Padova 1987, 196-255. Un approfondimento di una parte di tale saggio l’abbiamo data nella relazione, in corso di stampa, Le tensioni dell’ermeneutica cristologica di Kant, presentata al Convegno internazionle «Kant e la religione», che si è tenuto in occasione del bicentenario della pubblicazione della “Religione nei limiti della semplice ragione”, a Trento, 26-28 gennaio 1994.

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