1 AC § 8, OFN VI***, p. 174.
2 A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Milano, Mondadori, 1989, p. 737.
3 JGB § 6, OFN VI**, p. 10.
4 JGB § 289, OFN VI**, p. 201.
5 Heinrich von Kleist rientra in questa tipologia. Non è un caso che Nietzsche citi così diffusamente la lettera in cui Kleist cerca di chiarire alla fidanzata l’esperienza che lo ha sconvolto, da cui, finché visse, non riuscì a riprendersi e che va sicuramente considerata come un precorrimento dello scandalo tolemaico: «Poco tempo fa, venni a conoscere la recente così detta filosofia kantiana – e a te devo comunicare un pensiero, poiché non temo cha abbia a scuoterti così profondamente e così dolorosamente come è capitato a me […]. Se tutti gli uomini al posto degli occhi avessero due vetri verdi, dovrebbero giudicare che gli oggetti visti attraverso quei vetri sono verdi – e non potrebbero mai decidere se l’occhio mostri loro le cose come sono o non aggiunga ad esse qualche cosa che non appartiene alle cose, bensì all’occhio. Lo stesso avviene dell’intelletto. Noi non possiamo decidere se ciò che chiamiamo verità sia veramente verità o soltanto così ci appaia. In questo secondo caso, la verità che qui raccogliamo non c’è più dopo la morte – e ogni sforzo per acquistare una proprietà che ci segua anche nella tomba è vano. Oh Guglielmina, se la punta aguzza di questo pensiero non colpisce il tuo cuore, non sorridere di un altro che se ne sente profondamente ferito fin nei più sacri e intimi recessi. Il mio unico, il mio più alto scopo è crollato e non ne ho più alcuno» (H. von Kleist, Lettere alla fidanzata, Parma, Guanda, 1978, pp. 114-115). Cfr. SE § 3, OFN III*, p. 379.
6 Già un semplice confronto dei compiti che rispettivamente si propongono Nietzsche e Heidegger (cfr. supra, cap. II, nota 18) mostra come la differenza sia abissale: Heidegger si propone di salvare la filosofia, Nietzsche si propone la salvezza dell’umanità. Che quest’ultima sia messa con successo in vendita da un vero e proprio esercito di messia e guru dipende dal fatto che l’autoriflessione razionale non ha quasi più il coraggio di pensarla, tanto la sua prospettiva si è allontanata. E, tuttavia, la domanda se l’umanità possa ancora salvarsi costituisce uno degli impulsi più razionali che l’odierno ordinamento economico mondiale può suscitare.
7 J. Habermas, Il discorso filosofico cit., pp. 122-123.
8 JGB § 59, OFN VI**, p. 64.
9 GM III § 24, OFN VI**, p. 355.
10 JGB § 210, OFN VI**, p. 118.
11 P. Sloterdijk, Der Denker auf der Bühne cit., p. 132.
12 G. Deleuze, Nietzsche e la filosofia cit., p. 212.
13 GM I § 10, OFN VI**, p. 236.
14 GM II § 24, OFN VI**, p. 297.
15 O affermando che i giganti non sono che nani: il superuomo «è l’uomo di un mondo della comunicazione concentrata o meglio ancora: della metacomunicazione». «La condizione ultraumana del soggetto scisso non si configura solo come tensione sperimentale dell’uomo dell’avanguardia artistica novecentesca, ma anche e soprattutto, credo, come la condizione “normale” dell’uomo post-moderno in un mondo in cui l’intensificazione della comunicazione […] apre la via a una effettiva esperienza dell’individualità come molteplicità» (G. Vattimo, Al di là del soggetto. Nietzsche, Heidegger e l’ermeneutica, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 49). Gli uomini normali postmoderni – tutti piccoli superuomini!
16 Eh («Perché sono un destino» § 2), OFN VI***, p. 375.
17 G.F.W. Hegel, Scienza della logica cit., vol. II, p. 18.
18 T.W. Adorno, Dialettica negativa, Torino, Einaudi, 2004, p. 128.
19 K. Marx, Lutero, arbitro tra Strauss e Feuerbach, in MEW, Berlin, Dietz Verlag, 1956, vol. I, p. 27.
La «battuta» di Marx diventa più perspicua tenendo presente il significato di «torrente di fuoco» insisto nel cognome Feuerbach che Marx invita ironicamente a leggere anche come nome comune, anziché solo come cognome, facendolo precedere dall’articolo determinato: «Der Feuerbach ist das Purgatorium der Gegenwart». [N.d.T.]
20 JGB § 203, OFN VI**, p. 103.
21 NF (primavera-estate 1888 16[40]), OFN VIII***, p. 289.
22 JGB § 58, OFN VI**, p. 65.
23 W. Benjamin, Sul concetto di storia, Torino, Einaudi, 1997, p. 101.