IX. Con che cosa ci sposiamo?
p. 81-87
Texte intégral
1Il matrimonio sancisce l’unione dei due coniugi, è così da tempi immemorabili. Questa unione prenderà la forma di un contratto conforme ai canoni del diritto, diritto le cui radici in Occidente risalgono a Roma e al suo impero. Il sacro avrà una parte in questo – ai giorni nostri in modo elettivo e non obbligatorio –, validando l’unione dei coniugi davanti a un’istanza trascendente, ossia divina.
2Sia a livello sociale che religioso, la cerimonia del matrimonio si inscrive in una pratica di discorso, come unico supporto del vincolo sociale.
3Ebbene, allo stato attuale del disagio nella civiltà come conseguenza del discorso della scienza e del discorso capitalista, assistiamo alla dissoluzione e alla caduta dei sembianti che sono stati i pilastri della tradizione e, come conseguenza, va in pezzi l’illusione di un ordine sessuale conforme alla legge naturale. Questo sconvolgimento comporta un riaggiustamento dei sembianti e un appello a trovare loro un luogo nell’ambito del diritto. In tale contesto l’istituzione del matrimonio conoscerà un’estensione inedita, aprendo le sue porte alle coppie dello stesso sesso, aprendo così la strada al «per tutti» dell’universale.
Il letto, il velo
4Lasciamo l’universo del discorso del diritto ovvero del discorso del padrone e dirigiamoci verso il letto, il talamo nuziale, per considerare ciò che del godimento, nel discorso del diritto, resta velato, ovvero che nel letto ci stringiamo, come segnala Lacan1. Questa indicazione implica che, se il diritto si occupa del godimento sotto forma di prescrizioni che mirano ad assicurare la sua giusta distribuzione e ripartizione, il godimento effettivo del corpo nella copulazione, al contrario, resta velato dal discorso.
5Questo ci porta a interrogare la funzione del velo. Questa funzione è strutturale, dato che è relativa alla funzione del linguaggio come responsabile di effetti di senso. Nella cerimonia del matrimonio, il velo prende la forma dell’ornamento che dà rilievo al mistero femminile e fa anche valere, al di là di ciò che ricopre, nel momento in cui l’unione di due esseri è consacrata, il mistero della trasmutazione sacra che farà dei due «una sola carne», secondo la parola del Libro2. Sia il velo, sia l’enunciato di consacrazione, ricoprono il reale del matrimonio dal momento che è impossibile che due corpi si uniscano fino al punto di fondersi in una sola carne.
6In questo senso è interessante ricordare che il termine velo proviene dal latino nubere da cui proviene noce, nozze, come anche nube. Così nel matrimonio come legame sociale si verifica che ogni legame sociale, come struttura di discorso, si fonda su un impossibile strutturale e lo copre con il suo velo. A questo proposito, il discorso analitico è l’unico discorso che dissipa le nubi metaforiche, mettendo a cielo aperto quello che nel corpo parlante si oppone, ostacola e fa obiezione, alla finzione unificante del matrimonio.
7L’esperienza di un’analisi, nel prescrivere un altro uso del letto, il luogo in cui ci si mette per parlare a un analista, permette di dissipare gli effetti di nebbia in coloro che impantanano i loro corpi negli imbrogli con il godimento per cogliere non il vero, bensì il reale in gioco.
8A questo mira l’orientamento lacaniano, a districare il reale in quanto «osso di un’analisi», come dimostra Jacques-Alain Miller nel libro recentemente pubblicato3. L’apporto luminoso che ci propone squarcia gli effetti di velo e di nebbia indotti dai sembianti e, seguendo Lacan, espone le origini più intime di ciò che fa coppia, non a livello dell’interlocuzione, bensì a livello del godimento, annodando i corpi nelle modalità del partenaire sintomo.
Corpi parlanti
9Seguendo questo filo, possiamo chiarire il campo di ciò che permette di rispondere alla domanda che oggi ci interessa, non con chi ci si sposa, ma con che cosa ci sposiamo.
10In effetti il discorso analitico, e questo a partire da Freud, ha messo in evidenza la radicale disgiunzione della sessualità da qualsiasi legge naturale negli esseri parlanti. Per il fatto di parlare, i corpi parlanti non sono diretti da un programma istintuale che prescrive un ordine, che ha valore di legge naturale per l’approccio e la copulazione dei corpi sessuati. Al posto di questa legge c’è un buco: da ciò proviene l’enunciato di Lacan: «non c’è rapporto sessuale», che denota ciò che non cessa di non scriversi attraverso una formula che ordina l’orbita del rapporto tra i corpi sessuati.
11Il regime dell’impossibile sottometterà l’incontro tra i partenaire al regime della contingenza. Gli incontri sessuali della nostra epoca retta dai gadget, i cui algoritmi si propongono come supplenze della formula che non si scrive, possono moltiplicarsi velocemente. Nella maggioranza dei casi, gli analizzanti che nella loro analisi testimoniano degli effetti di questa pratica parlano della disillusione, poiché si confrontano con l’evidenza che il sesso in sé, il coito, «non basta a rendere partenaire»4.
12Quali sono le condizioni affinché l’incontro dei corpi parlanti, incontro contingente, possa divenire un evento e si annodi così un legame di coppia, nonostante l’impossibile in gioco?
13Introduciamo qui una prima indicazione che riguarda il corpo. Il corpo che consideriamo come Un corpo «ha uno statuto rispettabile»5 e si sostiene come tale, secondo Lacan, solo grazie alla triplicità del nodo borromeo che annoda i tre registri, simbolico, reale e immaginario.
14Da questa indicazione si deducono tre punti6.
15In primo luogo, è perché abbiamo un corpo che questo corpo si troverà successivamente captato dall’immagine speculare che cattura, nelle reti della sua consistenza di sfera, l’amor proprio e l’immagine di ciò che fa mondo. Il registro dell’immaginario come consistenza del corpo sostiene il miraggio dell’Uno che crediamo di essere.
16In secondo luogo, il corpo parlante non si isola come tale senza la dimensione del simbolico che attribuisce un essere al corpo che si ha, non senza introdurre in esso delle rappresentazioni, un senso e delle significazioni che popoleranno la sua intimità soggettiva con un’abbondanza di esseri di finzione che alimenteranno i nostri sogni.
17In terzo luogo, gli effetti di senso che provengono dal simbolico, nell’intersezione con l’immaginario, ricoprono e ripercuotono l’inscrizione precedente di un’impronta di godimento, impronta prodotta nell’incontro delle parole con il corpo7, un incontro contingente, aleatorio, che fa troumatismo (trauma-buco). Questa impronta, ci insegna Lacan, in quanto irruzione di godimento, produce l’evento di corpo a titolo di sintomo8, imponendo non l’effetto di senso, ma l’effetto di godimento della lingua. La funzione di buco operata dal significante isola il registro del reale, il quale ex-siste al simbolico e all’immaginario, poiché si situa fuori dal senso e senza legge.
18Da quanto detto si deduce che il godimento presente nei parlanti è quello del sintomo in quanto godimento dell’Uno, fuori dal senso.
19Il corpo dunque si gode da solo, senza Altro, nell’iterazione di un’impronta di godimento autistico e fuori senso. Il linguaggio colmerà il buco del rapporto sessuale che non c’è con il bla bla tramite il godi-senso9, spostando il godimento fuori dal corpo per mezzo del significante del fallo e recuperando, nel sembiante, delle briciole di godimento condensate nell’oggetto a.
20È con questi mezzi di godimento – il godimento del corpo relativo al sintomo e il godimento fallico come godimento del bla bla, come ha evidenziato J.-A. Miller10 – che il parlêtre dovrà arrangiarsi per supplire alla non esistenza del rapporto sessuale. Il godimento che c’è non sarà mai quello che dovrebbe essere: «occorre che quello lì sia, per mancanza – da intendersi come colpevolezza – per mancanza dell’altro, che non c’è»11.
21In queste condizioni l’incontro dei corpi sessuati dovrà essere apparecchiato dalle catene significanti fatte di sostanza godente, le quali, parassitando il corpo e producendo effetti di eco e di risonanza, sono la sorgente da cui emana l’effetto di corpo che conduce all’incontro.
Lato uomo, lato donna
22Al di là delle differenze anatomiche, i corpi parlanti si allineano, a seconda del loro modo di godere, dal lato uomo o dal lato donna. Questi due modi di godere non sono complementari e si dispiegano nella loro eterogeneità nei confronti della loro rispettiva modalità di inscrizione nel luogo della funzione fallica12.
23Coloro che si allineano dal lato uomo non incontreranno tutte le donne, ma quella o quelle che sono in consonanza con il loro inconscio13. La condizione di godimento dal lato maschile implica che nel luogo de La donna, che non esiste, una donna sia per l’uomo l’oggetto piccolo a, causa di desiderio nel fantasma14, e che, per questa via, il corpo di lei sia mezzo di godimento per lui. Il corpo di lei incontrerà, per mezzo del fantasma, la sua inclusione nell’economia del sintomo di lui solo se l’incontro fantasmatico coniugherà l’incontro nel partenaire con la risonanza di affetti provenienti dalle tracce di lalangue sul corpo15. In questo caso il corpo Uno si gode con il tramite del corpo Altro, senza tuttavia che questo corpo goda realmente dell’Altro corpo. Al massimo riuscirà solo a godersi per mezzo di una parte dell’Altro corpo, preso come strumento del suo godimento16. Se il corpo di una donna diventa sintomo per un uomo, ovvero «sintomo di un altro corpo»17, allora il regime della contingenza si aprirà alla necessità, nel senso di ciò che non cessa di non scriversi nell’iterazione di godimento nel marchio. Questo passaggio dalla contingenza alla necessità in certi casi conduce al matrimonio e, perciò, si può fare l’ipotesi che l’uomo si sposi con il sinthomo, ovvero con ciò che c’è di più reale.
24A sua volta una donna può ritrovarsi catturata, commossa e magari anche sconvolta dalla parola di un uomo e questo non senza produrre un effetto di buco, ma non di qualsiasi uomo, solo di quello la cui parola faccia risuonare in lei la singolarità di un dire che la trasporta fuori da sé, così da diventare Altra per se stessa. Anche se si soddisfa di queste risonanze, in più le sarà necessario che l’uomo ci sappia fare con il suo corpo per favorirle l’accesso, attraverso il godimento della parola e del sembiante fallico, all’Altro godimento, il godimento non-tutto, godimento che si impossesserà del suo corpo e di cui non potrà dire nulla.
25A questo proposito possiamo notare la parentela del regime del godimento del sinthomo, in quanto godimento del corpo fuori senso, con il godimento femminile di cui una parte sfugge al linguaggio. Ciò nonostante possiamo stabilire una distinzione nella misura in cui il godimento del sinthomo come evento di corpo18 è godimento dell’Uno, del marchio che si ripete fuori senso, mentre il godimento non-tutto sposta il corpo di una donna verso una zona nella quale si dissipano i limiti e le frontiere, la zona dell’illimitato dove si scava la dimensione di S(A/), spazio con cui essa si relaziona con il suo godimento «al di là del fallo», il luogo dell’Altro barrato dall’«uno-in-meno»19, la qual cosa comporta come conseguenza che il godimento Altro convochi l’Uno nella dimensione del transfinito.
26Una donna, tramite la parola di un uomo, incontra le risonanze di un dire da cui si aspetta che le si fornisca un essere; un essere che non sempre la eleva all’ordine del sublime, come messo in evidenza da alcune testimonianze di ae. La donna si sposa con Un dire e per questo il dio-dire (dieur), ovvero Dio, è convocato20. Perciò si ostinerà a estrarre dal dire le risonanze della significazione dell’amore per supplire al rapporto che non c’è.
27In questa prospettiva una donna può acconsentire a occupare il luogo della funzione di lettera di godimento per un altro corpo, come sinthomo per un uomo, poiché questo la singolarizza e la distingue in quanto unica; ella acconsente tuttavia solo a condizione che la parola d’amore del partenaire ricopra, con la sua significazione, la lettera di godimento, accordandole così la significazione di essere l’unica per lui. Se non fosse questo il caso, il partenaire diverrebbe allora agente della devastazione. Questo ci fa capire che il reale del suo godimento necessita che la parte non-tutta del suo godimento sia ricoperta con le finzioni dell’essere che la parola d’amore fa consistere. In tal modo ella sposerà, per mezzo delle parole o dei gesti che provengono dal suo partenaire, ciò che fa segno di un dire le cui risonanze faranno ricadere nel suo corpo un effetto d’amore, di desiderio e di godimento.
Matrimonio bricolage
28Possiamo ricordare qui un altro modo sinthomatico di fare coppia che si incontra frequentemente nella pratica, un modo che non risponde necessariamente all’alterità tripartita del parlêtre, ma si basa sulla stessità immaginaria, che consiste nel sostenersi sulla consistenza immaginaria di un altro corpo per predisporre il proprio.
29La funzione di supplenza assicurata da «l’anima gemella» è qui dominante al punto che, in questo caso, ci si sposa con la propria anima ed è la via del fuori-sesso21.
30Dunque, per concludere, diciamo che un’esperienza analitica permette di cogliere il reale in gioco nella sessualità e nel matrimonio così come l’accomodamento sintomatico che agisce come una supplenza e serve come difesa dal reale del non-rapporto. Come conseguenza dell’impossibile in gioco, si deduce che gli accomodamenti che fanno coppia si sostengono sempre nella dimensione del malinteso.
31Quindi ogni matrimonio in quanto vincolo tra due parlanti sessuati implica un bricolage unico, singolare e perciò inimitabile. Ci sono vincoli di matrimonio annodati in modo tale che si sostengono e in questo caso il nodo non si disfa; poi ce ne sono altri che non si sostengono molto bene e altri ancora che non si sostengono affatto. Però una cosa è certa, ed è un insegnamento che possiamo estrarre dall’esperienza analitica: quando qualcuno viene a lamentarsi del suo partenaire-sintomo o del suo partenaire-devastazione sostenendo, in nome di una politica del desiderio, la volontà di lasciarlo, è auspicabile prima di tutto circoscrivere con cura la funzione del partenaire nell’economia soggettiva, perché ci sono nodi che non sarebbe giudizioso disfare.
32Un’analisi ci insegna che una volta isolato il reale della coppia, non lo si attraversa. Al contrario, un’analisi può far sì che sia possibile sbrogliarcela meglio, o saperci fare senza tanti pasticci, con gli imbrogli che provengono dal reale e dal sembiante, non senza sapere che sarà sempre questione di ricominciare, una volta e poi un’altra ancora.
Notes de bas de page
1 Ivi, p. 4.
2 Genesi 2, 24; Matteo 19, 6.
3 J.-A. Miller, L’osso di un’analisi, Milano, Franco Angeli, 2001.
4 J. Lacan, Televisione [1973] cit., p. 525.
5 Id., Il Seminario, Libro XXIII, Il Sinthomo [1975-1976] cit., p. 36.
6 Condensiamo qui una serie di affermazioni proposte da J.-A. Miller nei suoi corsi, L’orientamento lacaniano: Pezzi staccati [2004-2005], L’ultimissimo Lacan [2006-2007], L’essere e l’esistenza [2011]. Oltre al prezioso contributo del libro di Éric Laurent, Il rovescio della biopolitica cit.
7 Cfr. J. Lacan, Il sintomo [1975], “La Psicoanalisi”, 2, 1987, p. 19.
8 Cfr. Id., Joyce il Sintomo [1975], in Altri scritti cit., p. 561.
9 Id., Televisione [1973] cit., p. 512.
10 Cfr. J.-A. Miller, L’inconscio e il corpo parlante. Sull’inconscio nel secolo xxi, in Aa. Vv., Il corpo parlante. Sull’inconscio nel secolo xxi, Roma, Alpes, 2016, pp. xxiii-xxxi, https://www.slp-cfr.it/linconscio-e-il-corpo-parlante/
11 J. Lacan, Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973] cit., p. 58. Gioco di parole tra il faut, occorre, e faute, mancanza, colpa. Anche Lo stordito, in Altri scritti cit.
12 Id., Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973] cit., pp. 73-78.
13 Id., Il sintomo [1975] cit., p. 24.
14 Id., Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973] cit., p. 60.
15 Ivi, p. 133.
16 Ivi, p. 23.
17 Id., Joyce il sintomo [1975] cit., p. 561.
18 Ibidem.
19 Id., Il Seminario, Libro XX, Ancora [1972-1973] cit., p. 125.
20 Ivi, p. 43.
21 Ivi, p. 79.
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Tre secondi con Lacan
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