4. “È una cicatrice che porterò sempre addosso”
Il racconto di chi subisce la molestia
p. 66-146
Texte intégral
1Le vittime hanno poca voce. Sono rare le ricerche che riportano le testimonianze di chi ha subìto molestie, principalmente perché è difficile raccontare la violenza: coloro che la subiscono sono sommersi dalla vergogna, da un ingiustificato ma pervasivo senso di colpa, dalla paura di non essere creduti, dal bisogno di dimenticare. D’altro lato, è anche difficile ascoltare il racconto della violenza, si preferisce soprassedere, rimuovere l’accaduto, invitare ad andare oltre, perché fissare lo sguardo sulla violenza fa stare male. Anche nella presente indagine leggere le centinaia e centinaia di descrizioni non è stato agevole; personalmente ho provato incredulità, stupore, confusione, voglia di lasciar perdere, rabbia, indignazione, disgusto, ma anche empatia e ammirazione. Mano a mano che mi inoltravo nella lettura delle testimonianze, si rafforzava in me la convinzione che è necessario intervenire e che un primo, ma non unico, intervento può essere dato dalla maggiore conoscenza di questo lato oscuro della nostra convivenza, conoscenza che necessariamente non può che venire dall’ascolto di chi tale violenza incontra nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle case.
2In questo capitolo analizzeremo le risposte date alla domanda aperta nella quale i partecipanti e le partecipanti della ricerca condotta nell’Università di Milano-Bicocca sono stati invitati a narrare le loro eventuali esperienze: “Per favore, può raccontarci un episodio di molestie di strada che ha subìto negli ultimi anni, specificando, se possibile, che cosa è successo, quali sono state le sue reazioni, come si è sentita/o, eventuali conseguenze nei suoi atteggiamenti e comportamenti?” Hanno accolto l’invito 1540 partecipanti (pari al 55% del campione totale). Di questi, solo sette non hanno risposto propriamente alla domanda e si sono soffermati su fatti diversi dalle molestie, ad esempio, liti o episodi di omofobia senza riferimenti alla sfera sessuale. Gli altri 1533, vale a dire il 99,5% di chi ha accettato l’invito, hanno descritto in modo più o meno accurato uno o più episodi di molestie di cui sono stati vittime.
3I racconti sono tanti e diversi. La maggior parte degli episodi riferiti rientrano nelle molestie di strada, sia perché a tale tipo di molestie si riferiva la domanda, sia per la loro indubbia pervasività, sia per il fatto che le partecipanti hanno risposto alla domanda aperta dopo aver compilato un questionario formato da domande chiuse, che riguardavano i comportamenti di street harassment, questionario che rendeva quindi vividi nella mente tali elementi facilitandone il ricordo. Leggendo le risposte, è stato però subito chiaro che le partecipanti e i partecipanti non si sono limitati a descrivere molestie di strada, ma hanno usato l’occasione per parlare di tutti i tipi di molestia incontrati nella loro vita, fino alle violenze più gravi, accadute negli ambienti più diversi. Questa estensione costituisce, a nostro parere, uno dei risultati più interessanti della presente indagine; essa mette in luce il profondo bisogno di confidare qualcosa di cui si parla troppo poco, di raccontare episodi che si tende a trascurare e sottovalutare, di gridare la propria rabbia e la propria indignazione, di denunciare dei comportamenti di degradazione di cui la società tutta deve farsi carico. Le pagine che seguono ci parlano di un dolore quotidiano volutamente trascurato da chi non ne ha fatto esperienza, un dolore che deve però essere collettivamente assunto e a cui va data risposta sul piano dell’intervento immediato, ma anche della riflessione culturale, se vogliamo continuare a definirci una comunità civile.
4Come riassunto in tabella 4.1, sono soprattutto le donne a raccontare episodi di molestie di cui sono state vittime; esse costituiscono infatti il 94,65% di chi ha raccolto l’invito a narrare un episodio personalmente subìto. La maggior parte sono studentesse, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, che studiano nei diversi dipartimenti dell’Ateneo di Milano-Bicocca. Sono tuttavia presenti anche 69 denunce provenienti da voci maschili, su cui ci soffermeremo nell’ultimo paragrafo del capitolo.
5Pochi cenni sul metodo impiegato. Le risposte alla domanda sono state sottoposte ad analisi del contenuto, secondo le procedure abitualmente seguite nella ricerca qualitativa1. Dopo un’attenta e ripetuta lettura delle risposte, tesa a individuare le tipologie degli episodi di molestie e i principali elementi descritti, si è proceduto alla codifica del contenuto dei racconti. Sono state identificate e costruite le principali categorie di analisi, esemplificate in tabella 4.2, nella quale sono riassunte le modalità di lavoro impiegate; si è codificato il tipo di molestia raccontato, l’età della vittima al momento dell’episodio riferito, il contesto in cui sono avvenuti i fatti, l’autore o gli autori della molestia, le emozioni provate dalla vittima e le sue reazioni.
6Verranno presentati nelle pagine seguenti i risultati, impiegando una prospettiva narrativa, vale a dire riportando le risposte intere o ampi brani di esse. Il questionario era anonimo; per evitare ogni possibile identificazione si è indicato tra parentesi, alla fine di ogni citazione, solo il genere del rispondente e l’indicazione del codice di risposta. Si è citata l’appartenenza di gruppo (ma non il dipartimento) nel caso i rispondenti fossero studenti o studentesse; negli altri casi (dottorandi, assegnisti, personale tecnico amministrativo, docenti) si è preferito indicare solo l’appartenenza di genere, dato il numero molto più piccolo dei rispondenti di tali categorie2.
Tabella 4.1. Caratteristiche sociodemografiche dei partecipanti
N = 1533 | |||
Numerosità | Percentuale | ||
Genere | |||
Donna | 1451 | 94,65 | |
Uomo | 69 | 4,50 | |
Non binario | 9 | 0,59 | |
Preferisco non rispondere | 4 | 0,26 | |
Età | |||
Tra i 18 e i 25 anni | 1216 | 79,32 | |
Tra i 26 e i 40 anni | 246 | 16,05 | |
Tra i 41 e i 50 anni | 35 | 2,28 | |
Più di 50 anni | 35 | 2,28 | |
Mancante | 1 | 0,07 | |
Ruolo | |||
Studente/studentessa | 1383 | 90,22 | |
Dottorando/a o assegnista | 65 | 4,24 | |
Personale tecnico-amministrativo | 41 | 2,67 | |
Docente | 40 | 2,61 | |
Mancante | 4 | 0,26 | |
Dipartimento* | |||
Psicologia | 338 | 24,44 | |
Scienze della Formazione | 299 | 21,62 | |
Scuola di Scienze | 217 | 15,69 | |
Scuola di Economia e Statistica | 155 | 11,21 | |
Sociologia | 147 | 10,63 | |
Giurisprudenza | 123 | 8,89 | |
Medicina e Chirurgia | 97 | 7,01 | |
Mancante | 7 | 0,51 | |
Tabella 4.2. Modalità di codifica
Tipo di molestia | |
Le molestie descritte sono state classificate in: | |
1) | Fischi, apprezzamenti, inviti, molestie verbali |
2) | Sguardi, foto |
3) | Inseguimenti, mobbing |
4) | Tocco, struscio, bacio |
5) | Esposizione delle parti intime, masturbazione |
6) | Stupro, tentativo di stupro, aggressione |
7) | Molestie on line |
Contesto | |
Il contesto in cui è avvenuta la molestia è stato classificato in: | |
1) | Strada, piazza |
2) | Mezzi pubblici, stazione |
3) | Lavoro, stage |
4) | Università, scuola |
5) | Famiglia, casa, condominio, auto |
6) | Tempo libero (ad es., parco), vacanza |
7) | Bar, ristorante, discoteca, concerto, cinema, negozio, supermercato, palestra |
8) | Social media |
Autore | |
Gli autori sono state classificati in: | |
1) | Sconosciuto/a/i |
2) | Conoscenti, amici |
3) | Colleghi/superiori di lavoro |
4) | Famigliari |
Età della vittima | |
L’età della vittima è stata classificata in: | |
1) | Fino a 12 anni |
2) | Dai 13 ai 17 anni |
3) | Dai 18 anni in su |
Emozioni | |
Le emozioni che le vittime hanno raccontato di aver provato durante l’episodio sono state classificate in: | |
1) | Rabbia |
2) | Paura, spavento, attacco di panico |
3) | Vergogna, imbarazzo, disagio, fastidio |
4) | Senso di colpa |
5) | Insicurezza |
6) | Frustrazione, sconforto, senso di impotenza |
7) | Choc, sorpresa |
8) | Umiliazione, mortificazione |
9) | Schifo, disgusto, ribrezzo, nausea, senso di sporco |
Reazioni | |
Le reazioni delle vittima sono state classificate in: | |
1) | Silenzio, passività, blocco, ignorare la cosa |
2) | Fuga |
3) | Richiesta di aiuto |
4) | Difesa “diretta” della vittima (ad es., spingere l’aggressore, sberle, urla, ecc.) |
5) | Cambio di comportamento |
6) | Ruminazione, effetti che durano nel tempo, pianto, insonnia |
7) | Tentativi di suicidio |
8) | Depressione, disturbi alimentari, anoressia |
9) | Svenimento |
7Scopo della domanda qui analizzata era dare voce a chi ha subìto un atto di molestia, nel tentativo di conoscere la sua interpretazione dei fatti, il suo vissuto, il suo ricordo. Per questo si è scelto di riportare per esteso, nelle pagine che seguono, un numero importante di testimonianze raccontate dalle molte partecipanti donne e dai pochi partecipanti uomini. Siamo consapevoli che, in alcuni punti, tali testimonianze potrebbero risultare ripetitive o ridondanti; ma proprio la ripetitività è uno degli aspetti che ci hanno colpito nell’analisi: bambine, ragazze, donne si trovano quotidianamente a vivere episodi simili quando fanno una passeggiata, salgono su un treno, sono impegnate nei luoghi di studio e lavoro. Tale monotona ripetitività è però sempre vissuta e descritta in modo diverso, perché diversa è la persona che subisce la molestia, diversi sono i suoi sentimenti e modi di reagire. La ripetitività allora passa sullo sfondo e balza in primo piano la singolarità del vissuto soggettivo, perché, se le testimonianze si susseguono descrivendo un universo desolantemente uniforme di catcalling e atti molesti, ogni episodio presenta poi una sua drammatica unicità per i risvolti e le conseguenze che ha sulla vita di chi l’ha vissuto. Leggeremo racconti precisi, dettagliati, quasi ossessivi, ricchi di particolari che avremmo preferito evitare e ci inducono a distogliere lo sguardo, accostati ad altri brevi, laconici, succinti, condensati in poche righe che tratteggiano una situazione e lasciano al lettore immaginare il resto; in altri casi sono i silenzi o le omissioni a parlare, a far intuire un non detto che appare spesso più drammatico del detto, a far intuire sofferenze che, a volte, assumono i lineamenti del trauma. Poche righe di racconto consentono l’emergere di soggettività, vissuti, sofferenze, reazioni; in queste poche righe viene raccontato il lato oscuro delle relazioni interpersonali vissute nel nostro paese, una prospettiva parziale, sufficiente però a mostrarci come il maschilismo sia ancora potente, come abiti gli spazi pubblici restringendo la libertà e la sicurezza delle donne. Questo l’aspetto che domina i racconti; accanto a questo però ne emerge un altro: la maggior parte delle donne non subisce più questo clima, esprime rabbia, si ribella, reagisce. I resoconti testimoniano che ragazze e donne hanno acquisito consapevolezza, non accettano più le leggi patriarcali; dalle pagine che seguono emergono i segni di un cambiamento che non potrà essere fermato e che fa sperare in un futuro diverso per le nuove generazioni.
4.1. “Sono tante”. Il racconto della molestia
8In moltissimi casi le testimoni iniziano il racconto sottolineando che le molestie subite sono frequenti, a volte giornaliere. Alcune scelgono di raccontarne più d’una, altre descrivono la prima, che ha avuto un effetto che si potrebbe definire di primacy, stampandosi indelebilmente in memoria, altre la più recente, altre la più frequente, altre la più grave, quella che ha provocato una ferita profonda e le cui conseguenze si sono prolungate nel tempo. Vediamo qualche esempio:
Non saprei cosa scegliere. Le molestie subite sono tante, dal palleggiamento sul autobus, macchine che rallentano, fischi come se fossi un animale, appellativi come se fossi un oggetto/preda, apprezzamenti insistenti e non graditi, passeggeri sulla metro che non ti tolgono gli occhi di dosso, amici fidati che ad un certo punto pretendono “altro”, fino ad un inseguimento sfociato in aggressione. (donna, partecipante n. 1089)
Le molestie ricevute nel corso degli ultimi quattro anni sono tante. Le molestie che una donna si trova a subire sono quotidiane. Il fischio, l’apprezzamento non richiesto, lo sguardo che ti strappa i vestiti di dosso, lo sconosciuto che accosta con la macchina, il tipo che ti segue, il ragazzo che ti grida di “succhiarli il cazzo”, il gruppo di ragazzi ubriachi che ti chiedono sesso orale o anale mentre cammini da sola dall’altra parte della strada. (studentessa, partecipante n. 39)
sono una ragazza e purtroppo subire molestie e volgarità è quasi all’ordine del giorno. spesso, quando esco con le amiche, soprattutto la sera, inizia una maratona di sguardi inquietanti, di urla, di clacson, di “complimenti” indesiderati, di domande a cui non do mai risposta. mi ricordo che qualche anno fa sono stata palpeggiata in pubblico per ben due volte, mentre passeggiavo o chiacchieravo con altre persone. ricordo che parecchi anni fa un mio insegnante (non sono di Milano) mi diede un bacio sulla guancia davanti al resto della classe, invadendo il mio spazio personale e facendomi sentire molto a disagio. purtroppo non riuscii a vederlo come un atto di “puro affetto”. ricordo che fino a pochi giorni fa ricevevo messaggi continui da un semi sconosciuto. ho dovuto tirare in ballo il mio ragazzo, una figura maschile, per ottenere finalmente il silenzio. ricordo tanti schiamazzi e tante parole volgari. (studentessa, partecipante n. 1195)
Sono successe varie cose di varie entità. Si passa dalle cose subite più volte come commenti volgari mentre camminavo tranquillamente (anche di giorno e in luoghi non ritenuti “pericolosi”) a gente che mi ha seguita (sia di giorno che di notte). Per evitare alcune situazioni spiacevoli mi sono rifugiata in negozi/bar/ristoranti (e i commessi/camerieri mi hanno detto che spesso delle ragazze entrano per lo stesso motivo. Alcuni impiegati molto gentili mi hanno anche accompagnata a casa per farmi sentire al sicuro). Poi ci sono anche altri episodi più importanti, in pieno giorno e in piano centro DENTRO AD UNA BANCA hanno provato a violentarmi e NESSUNO mi ha aiutato (per fortuna sono riuscita ad allontanare la persona senza subire gravi violenze ma psicologicamente è stata dura). Non importa come sei vestita, se sei giovane o adulta, magra o più in carne, se è giorno o sera, se ci sono altre persone o meno, non puoi stare un attimo tranquilla perché non sai mai cosa potrebbe succedere e quando. Sono cambiata molto negli anni, mi trovo spesso a non uscire per paura di camminare o prendere mezzi da sola. Sono spesso ansiosa anche in situazioni definite “tranquille” per molte persone. L’ansia e la paura non ti abbandonano mai. Per fortuna ho accanto persone meravigliose che mi fanno sentire più al sicuro. (studentessa, partecipante n. 1020)
15 anni, stavo andando a prendere il bus (ero in una zona residenziale, a 2’ dalle scuole elementari, eppure…) per andare a scuola (7’00 di mattina), mi ferma un uomo sui 30-40 in auto e mi chiede quanto volessi per fargli un “lavoro di mano”. Un po Schifata, un po’ spaventata, ho aumentato il passo verso la stazione, ero abbastanza scossa. Nei giorni successivi non ho cambiato strada per il solo fatto che quella era la strada più breve per prendere il bus (e io sono sempre in ritardo). 17 anni, stavo aspettando che mia madre mi venisse a prendere da una visita di controllo (erano le 17/18, non era per nulla buio - non ricordo se fossero i primi di settembre o primavera inoltrata, tipo metà maggio; non c’era molta gente in giro, non saprei definire la zona, non è la mia città). Cammino sul ciglio della strada per vedere meglio se arrivasse, nel mentre passa una macchina con 2? 3? 4 ragazzi? (Non mi sembrava avessero più di 35 anni) e mi sento urlare “ABBELLA BBIONDA, BEATO CHI TE SFONDA” … mi sono spaventata parecchio, soprattutto perché ero da sola, e sono rientrata prontamente in ospedale ad aspettare. Non ho più aspettato fuori. Inutile dire che non si contano neanche più i colpi di clacson. O le palpate in discoteca (non che le frequentassi molto, ma in quelle 5 volte in cui sarò andata, almeno la metà mi sono sentita toccare il sedere; una volta sono stata addirittura una sculacciata, ero basita e parecchio infastidita - stavo ballando con il mio ragazzo, 16 anni all’epoca, non pensavo ci sarebbe stato qualche soggetto che avrebbe avuto il coraggio di infastidirmi, eppure…) (studentessa, partecipante n. 435)
In metro contatto fisico, un signore in macchina nudo mi ha chiesto un’informazione, commenti vari dalle macchine, al mare sotto l’acqua un signore mi toglieva il costume (studentessa, partecipante n. 701)
1- 15 anni, ero uscita con mia cugina, il suo ragazzo e alcuni loro amici. Uno di loro, di 4 o 5 anni più grande, mi ha immobilizzata al muro tentando di baciarmi, dando per scontato - senza che ci fosse stata alcuna allusione da parte mia - mi avrebbe fatto piacere. Ai miei tentativi di allontanarlo mi ha bloccato le mani e baciato, per poi andarsene (essendosi reso conto di aver esagerato, credo). L’ho raccontato agli altri presenti dicendo di volermene andare, mi è stato risposto che, dai, era normale, niente di esagerato. 2- 17 anni, vacanza in Sicilia con la famiglia, in campeggio. Vicini di piazzola una coppia sui 35-40 con un figlio piccolo (sui 3 anni). Nell’unico momento in cui la mia famiglia era assente e la sua era andata a fare la spesa, mentre io studiavo all’aperto nel tavolino della mia roulotte (NON spazi comuni, è come entrarti in casa) l’uomo è venuto a parlarmi in modo molto esplicito e di fronte al mio mutismo mi ha preso per la nuca tentando di baciarmi. Di carattere non sono timida, non sono riservata, non sono pacata: immaginando una situazione del genere avrei creduto di reagire urlandogli che fa schifo e tirandogli uno schiaffo, invece mi sono trovata immobilizzata e muta, incapace di reagire se non scostandomi e farneticando che mio padre stava tornando. 3- 18 anni, estate, camminavo in centro a Roma con un vestito lungo a metà c un gruppo di ragazzi sconosciuti sulle strisce, uno di loro mi tira uno schiaffo sul sedere per poi correre via ridendo con gli amici. Sono rimasta immobilizzata per un attimo, quando mi sono girata per afferrarlo erano già corsi via. 4- Innumerevoli molestie (toccate, inviti, gesti espliciti) nel periodo in cui ho lavorato in discoteca come addetta alla gestione della sala (far accomodare i presenti al tavolo prenotato, nessun tipo di intrattenimento). Essendo io sul posto di lavoro mi era stato preventivamente raccomandato di non reagire, sorridere e basta e allontanarsi. (studentessa, partecipante n. 1385)
9Come si vede dalle testimonianze riportate, succede continuamente, persino durante la gravidanza:
piena mattina, strada semi deserta, negozi chiusi per il lockdown, io solito passo veloce nonostante l’ottavo mese di gravidanza, mi si è avvicinato un uomo con la scusa di informazioni ed è venuto molto vicino tanto da toccarmi il braccio. mi sono liberata e mi sono messa a correre per raggiungere la piazza vicina in cui c’era gente. mi ha seguito per un pò. tachicardia fino a quando non ho trovato un negozio aperto e mi sono rifugiata dentro. cerco di parcheggiare vicino a dove devo andare anche a pagamento, se obbligata ad andare in posti più lontani mi faccio sempre accompagnare da qualcuno. una donna non può vivere così (donna, partecipante n. 1102)
10Succede forse con particolare frequenza alle donne che non nascondono la loro relazione con un’altra donna: la presenza di una coppia lesbica nello spazio pubblico suscita reazioni omofobe. Le tre testimonianze sotto riportate descrivono episodi in linea con quelli analizzati in uno studio basato sui racconti di 75 donne a proposito di violenze subite in quanto lesbiche, violenze che variavano quanto a gravità, passando dall’invio di lettere minacciose a molestie a scuola o sul lavoro, a violenze verbali per strada a vere e proprie aggressioni sessuali, di volta in volta agite da sconosciuti, colleghi o famigliari. Emerge dai racconti la condivisione, negli aggressori, di una sorta di preoccupazione per la violazione dell’ordine patriarcale eterosessuale e di un simile, balordo, tentativo di restaurare il prestigio maschile3.
Ero in prossimità di un parco pubblico, la mia ragazza mi ha abbracciata e un uomo si è avvicinato…ci ha sbattute al muro bloccandoci e mimando atti sessuali…dicendo cose a noi incomprensibili (poiché di nazionalità straniera). Siamo riuscite a divincolarci e siamo scappate nella stazione della metro più vicina, dove abbiamo provveduto immediatamente ad avvertire le autorità che, purtroppo, non sono mai intervenute (studentessa, partecipante n. 175)
Camminavo mano nella mano con la mia ragazza, in centro a Milano. Erano circa le 18, di domenica sera, stavamo rientrando dopo un pomeriggio al parco. La via era pressoché vuota, quando abbiamo incrociato questo uomo sulla 40ina. Ci ha adocchiate da lontano, poi quando ci è passato vicino ha iniziato a dirci “lesbiche, fate schifo”. Poi ha fischiato e sputato per terra in nostra direzione. Istintivamente mi sono girata verso di lui, gridando “ma cosa vuoi” e “lasciaci stare”. Lui ha rincarato indicandosi le parti intime e urlando “vi serve solo un po’ di questo”. La mia ragazza, rimasta più fredda, mi ha tirata dicendomi di andarcene e lasciarlo stare, e così abbiamo fatto. Essendoci in zona anche altre persone, quel tizio ha poi continuato per la sua strada. A posteriori, credo di essermi poi sentita piena di rabbia ed impotenza allo stesso tempo, soprattutto perché non ero sola e non sapevo cosa sarebbe potuto succedere alla mia ragazza. Ha avuto sicuramente più impatto delle volte in cui sono stata fischiata o mi hanno suonato il clacson mentre correvo. Ancora adesso, dopo 2 anni, in alcune circostanze ho timore a tenerci per mano in strada, anche se non ho nessuna vergogna nello stare con una persona dello stesso sesso. (donna, partecipante n. 389)
una sera, io e la mia ex eravamo sedute in un pub e un tizio, sconosciuto sulla trentina, si è seduto con noi senza chiederci il permesso e ha iniziato a fare apprezzamenti fisici e sessuali alla mia ex. lei a cercato di fargli capire che non era interessata, lui ha continuato, io ho cercato di dirgli di andarsene, lui ha continuato e a quel punto l’istinto di tirargli un pugno ha preso il sopravvento, quindi siamo finiti io e lui in rissa, ci hanno cacciati entrambi dal locale e quando c’è stata la “minaccia” di chiamare la polizia il tizio è scappato. (studentessa, partecipante n. 480)
11Come anticipato, alcune partecipanti non si sentono di raccontare gli episodi subiti. Non possiamo ovviamente sapere se il motivo sia legato a motivi di privacy, al desiderio di non riportare alla mente vissuti spiacevoli, al fatto che gli episodi siano stati particolarmente gravi o ad altre ragioni. La sensazione che queste brevi frasi lasciano è però di partecipazione e allarme:
Non mi va, ma ce ne sono stati tantissimi (studentessa, partecipante n. 96)
Sinceramente non vi va di raccontare. Sensazione di disgusto verso chi l’ha fatto (studentessa, partecipante n. 194)
preferisco non raccontarlo (donna, partecipante n. 918)
Non me la sento (studentessa, partecipante n. 852)
12Parecchie testimoni confessano di non aver mai parlato in precedenza della molestia sofferta. Questo rende il loro racconto particolarmente pregnante e fa capire come la ferita sia stata profonda, difficile da rimarginare perché vissuta in solitudine, senza il lenimento di una condivisione amichevole e affettuosa. Il motivo del silenzio è solitamente la vergogna, un’emozione profonda, difficile da sopportare, che causa isolamento e fuga:
Pieno giorno in centro città, un signore anziano si siede accanto a me sulla panchina e inizia a fare commenti sui miei jeans strappati. Alla sua domanda “non hai freddo?” ho risposto che sotto indossavo delle calze. Lui allunga la mano per “constatare” che avessi effettivamente le calze, toccandomi la coscia. Inizio ad avvertire una forte paura, quasi panico, ma per non essere scortese non dico nulla. Il signore continua a parlarmi e il mio panico sale sempre di più fino a farmi scattare in piedi. Una volta in piedi, per la paura, inizia girare la testa e svengo. Al mio rinvenimento il signore è sparito. Dalla vergogna non ho mai raccontato questo episodio a nessuno; ancora oggi mi sento in colpa di non aver reagito in maniera diversa ed evito i jeans strappati se devo uscire da sola. Ed evito pure i vecchi. (studentessa, partecipante n. 1194)
Quando ero una ragazza (facevo le medie) tornando da scuola , uno uomo anziano se è avvicinato e con la scusa di pulirmi la gonna che diceva essersi sporcata per una cacca di piccione, mi ha toccato nelle parti intime e sulle gambe. Credo che sia la prima volta che parlo di questo episodio essendo passati più di 40 anni. Poi sempre in quegli anni capitava spesso di incontrare un uomo con l’impermeabile che ti si avvicinava con il membro in mano e si masturbava davanti a te. Una volta mi ricordo di averlo visto arrivare da lontano e mi sono nascosta in un portone che era aperto. Anche questo episodio non credo di averlo mai raccontato. Non mi sembra di avere avuto conseguenze nei miei comportamenti o atteggiamenti (donna, partecipante n. 1349)
Quando ero alle medie (non ricordo a che anno) mia mamma è venuta a prendermi in ritardo (succedeva molto spesso) e mi aveva chiesto di andarle incontro lungo la strada. Stavo camminando e trainando lo zaino e c’era ad un certo punto in gruppo di altri ragazzini della scuola, considerati un po’ generalmente dei teppistelli e spesso nei guai a scuola. Mentre mi avvicinavo ho accelerato il passo e abbassato lo sguardo, mi guardavano e ho sentito uno di loro, il ‘capo’ che diceva agli altri che sarebbe riuscito a toccarmi il seno, mi sentivo estremamente male, ce l’avevo già un po’ sviluppato ed era per me solo fonte di disagio, a scuola, a danza e ovunque. Mentre passavo tra di loro mi ha sfiorato di lato uno dei seni con il braccio e io non ho fatto niente, sono semplicemente andava avanti, sentendomi sempre peggio con me stessa, ho maledetto mia mamma per essere sempre in ritardo, è arrivata poco più avanti, credo. Non l’ho mai detto a nessuno… Ho sperato di non rivederli mai più, di non dover continuare ad andare a scuola, ma niente di più (studentessa, partecipante n. 1439)
4.2. “La fine dell’infanzia”. La molestia non ha età
13L’episodio appena trascritto ci invita a riflettere sull’età di chi subisce le molestie. I casi che sono stati riferiti dalle nostre partecipanti riguardano, nella maggior parte, persone maggiori di 18 anni. Sono stati però raccontati anche circa 400 casi di molestie subite tra i 13 e i 17 anni e un centinaio di casi subiti da bambine di età inferiore ai 13 anni. Spesso si tratta dei casi più gravi, perché lasciano un segno indelebile in memoria e le loro conseguenze negative durano nel tempo. Come dice una delle testimoni, l’esperienza subita insegna la vulnerabilità, trasmette un senso di insicurezza che permane negli anni. Riteniamo utile fornire un’ampia serie di estratti che descrivono molestie subite da bambine e da adolescenti per dar voce a queste esperienze, troppo spesso nascoste, e per fornire materiale di riflessione4.
Il primo episodio di molestie che ho subito è accaduto quando avevo 10 anni. Ero andata al supermercato sotto casa a prendere il latte e un uomo sui 50 anni ha iniziato a seguirmi e toccarmi in modo poco appropriato all’interno del supermercato. Ero molto spaventata e non sapevo come reagire. Ero quasi pietrificata. Fortunatamente sono riuscita a scappare dato che il supermercato era abbastanza affollato. È stato il primo di tanti episodi poco piacevoli. Da quel momento ho iniziato a stare attenta a come mi vestivo evitando pantaloncini o gonne troppo corti. Ho anche iniziato ad evitare di incrociare lo sguardo di sconosciuti per strada, soprattutto uomini. (studentessa, partecipante n. 163)
Un uomo si è spogliato in mezzo alla strada di fronte a me bambina Grande imbarazzo (studentessa, partecipante n. 866)
un mio vicino di casa mi ha mostrato il suo pene quando ero molto piccola all’ingresso di casa (studentessa, partecipante n. 689)
Ero alle elementari, tornavo a casa da sola a piedi, spesso c’era un mio amichetto con cui condividevo il tragitto, ma un giorno lui non è venuto a scuola, e mentre camminavo un signore anziano uscì da una via con là zip abbassata e dei soldi in mano chiedendomi se volessi giocare, alludendo al suo membro. Sono scappata e non l’ho raccontato per anni perché mi vergognavo. (studentessa, partecipante n. 1143)
Quando ero piccola giocavo al parco con la mia amica e ci è scappata la palla più lontano, siamo andato a raccoglierla e c’era un uomo che ci ha baciate entrambi con la lingue dicendo che conosceva mio padre e poi per salutarci ci ha ribaciate con la lingua, sono andata subito a dirlo a mia madre e abbiamo chiamato la polizia, ci hanno detto che è stato arrestato, io non sono più andata al parco a giocare, ma anche adesso da sola evito i parchi. (studentessa, partecipante n. 937)
Età 9 anni: un compagno di avvicina mentre mangiavo un gelato e mi chiede se “leccherei così bene anche un cazzo”. Non reagisco. Età 12 anni: un compagno di classe, mio compagno di banco, prende il vizio di spingermi di forza la faccia verso il cavallo dei suoi pantaloni. Non dissi nulla perché mi ero sentita dire tante volte “i maschietti fanno così perché gli piaci”. Lo stesso compagno una volta mi scrisse un messaggio dicendomi che il giorno dopo mi avrebbe stuprata nel bagno della scuola. Il giorno dopo feci finta di stare male e rimasi a casa. (studentessa, partecipante n. 684)
Sono stata molestata quando avevo 9-11 anni. Non capivo cosa stava succedendo a quell’età, sapevo solo che non mi piaceva quando mi toccava. Era solo anni dopo che ho capito e ho sentito l’impatto del fatto che sono stata molestata. Di conseguenza, già da piccola, mi vestivo in modo conservativo e mi trovo a disagio con gli uomini adulti. Quest’ultimo ha un un impatto molto forte sui miei rapporti sociali. Un episodio più recente, e quando ero sul treno, tornando a casa dall’università, un uomo ha cominciato a masturbarsi davanti a me. Ho subito cambiato la carrozza e mi sono seduta in una dove c’erano tante persone. Quel uomo mi ha inseguito. Ero terrorizzata. Quando sono scesa nella mia stazione quel uomo mi ha inseguito. Sono andata a stare vicino ai soldati che di solito si trovano in stazione. Quando non vedevo più quel uomo sono tornata a casa. Di conseguenza, tengo sempre il cellulare a portata di mano e mi siedo sempre in carrozze occupate e dove possibile mi siedo vicino alle donne. (studentessa, partecipante n. 485)
Da bambina (circa 10 anni) un tizio sconosciuto in auto si è accostato a me che camminavo sul marciapiede da sola e mi ha chiesto un’indicazione stradale. Ho visto, dopo che avevo già cominciato a rispondere alla domanda, che aveva tirato fuori il pene e se lo toccava mentre mi parlava. Quando ho capito che stava succedendo qualcosa di “strano”, ho cominciato a correre verso la casa della mia amica da cui stavo andando già prima. Paura. Non l’ho raccontato subito all’amica. Solo dopo l’ho raccontato a mia madre. Non ricordo se qualcosa è cambiato nei giorni successivi nel mio comportamento Non ho più dimenticato l’episodio, mi sembra ancora di ricordare la faccia del tizio. (donna, partecipante n. 1169)
Ero in terza media quando camminavo con una mia amica verso un sottopassaggio del mio paese, un uomo sulla quarantina ha accostato e ha fatto in modo di essere nel sottopassaggio prima di noi. Una volta arrivate li aveva i pantaloni e le mutante a terra ed io per la prima volta ho visto le parti intime di un uomo. Quando abbiamo cercato di scappare mi ha afferrato la mano tirandomi verso di se ma non è riuscito. Io e la mia amica siamo scappate a casa visto che non era molto distante dal luogo dell’accaduto. Ho denunciato ma mi è stato detto che era un soggetto con disagio mentale. (studentessa, partecipante n. 853)
Ci sono stati molti episodi di molestie sessuali durante la mia vita, principalmente da persone sconosciute negli ambienti pubblici. Tuttavia, un episodio che mi ha segnato è stato quando avevo solo 13 anni e un uomo che era in macchina si è fermato accanto a me e mi ha mostrato i suoi genitali. Era molto inquietante e ricordo ancora quella scena oggi. A quel tempo ero troppo giovane per capire cosa fosse successo. Tuttavia, quando guardo indietro oggi, mi dispiace molto pensare che qualcuno ha il coraggio di farlo a una bambina. Oggi so che questo può succedere a me e faccio molta attenzione a dove sono e con chi sono, chi sono le persone e come mi guardano. Nel tempo ti rendi conto di quanto sei vulnerabile in questa società. (donna, partecipante n. 1370)
Da adolescente sono uscita dagli allenamenti di basket e ho visto un uomo masturbarsi, a pantaloni calati, guardando verso la finestra del seminterrato dove si trovavano gli spogliatoi. L’uomo si è dileguato. è seguita denuncia da parte mia. Io sono stata spaventata e disgustata. Credo mi avesse accompagnato mia madre e ricordo la preoccupazione per noi tutte dell’allenatore. -- Sull’autobus strapieno, negli ultimi anni della superiori, un uomo, incontrato almeno due volte, si è appoggiato a me, contro il mio zaino e le mie cosce, approfittando della calca. Mi sono sentita paralizzata, e in trappola quando l’unica scelta che avevo, alla seconda volta, per non arrivare in ritardo a scuola fu salire proprio nella porta dove lui si trovava. L’ho raccontato a qualcuno di fiducia all’epoca, ma non ho mai preso provvedimenti e non ho mai sporto denuncia. Mi ricordo di essermi scostata e di aver reagito. L’uomo non l’ho più incontrato. (studentessa, partecipante n. 1149)
14A volte le bambine non afferrano immediatamente la situazione, ma provano comunque allarme e disagio; solo più tardi comprendono a pieno e sanno interpretare quanto successo; il ricordo comunque resta e incide:
Una volta mentre ero in piscina con mia madre si è avvicinato un signore mentre mia madre era girata. Il signore avrà avuto all’incirca 40 anni e io 7 anni. Ha abbassato il costume e mi ha mostrato le sue parti intime e nel frattempo mi sorrideva. Essendo piccola non capivo bene, però mi sentivo a disagio ed ero molto agitata. Mi sono rivolta a mia madre chiedendole di portarmi via e siamo immediatamente andate a comunicare l’accaduto ai gestori della piscina. L’episodio non ha modificato eccessivamente il mio comportamento perché lo avevo visto come un comportamento sbagliato, ma ai tempi non ne avevo capito la gravità. (studentessa, partecipante n. 1093)
Non è successo negli ultimi 4 anni, ma è successo alle medie. Dovevo fare un rientro di inglese e sono arrivata prima. Sono entrata in classe e c’erano tutti i miei compagni maschi… li conoscevo dall’asilo. Hanno chiuso la porta. Hanno iniziato a scherzare cercando di toccarmi e ridevano… ridevo anche io. Uno stava da palo alla porta. Sono tornata a casa tranquillamente… ma la mattina successiva mi sentivo un peso… mi sentivo violata… l’ho detto a mia mamma. Non volevo andare più a scuola. Non sempre si reagisce alle molestie e non ci se ne rende conto subito… capisci dopo cosa è successo, lo capisce il tuo corpo, la tua testa… ma al momento è come se rifiutassi il concetto di “molestia”. Li odio. Per me sono morti. (studentessa, partecipante n. 716)
In particolare ricordo molto bene quando (avevo circa 10 anni) un uomo si è affiancato in automobile mentre con una cugina coetanea andavamo a casa della nonna, nel paese in cui entrambe abitavamo, e ci ha mostrato una rivista pornografica. Nell’immediato non abbiamo compreso il senso di quanto accaduto (né i relativi rischi), e siamo corse via ridendo per l’imbarazzo. Nei giorni successivi, però, ricordo bene la crescente sensazione di disagio e di vergogna, come se in qualche modo fossi responsabile di quanto accaduto. Camminare per strada senza un adulto (erano le prime uscite in autonomia) è stato a lungo fonte di ansia. In seguito mi è capitato relativamente spesso di essere oggetto di atti di esibizionismo o di molestia verbale, ma l’aumento della consapevolezza che ho acquisito nel tempo rispetto al reale significato di questi episodi mi ha permesso di trasformare frustrazione e ansia in indignazione e rabbia. Rispetto ai cambiamenti nel comportamento: comunque cerco di non stare sola in luoghi e orari potenzialmente a rischio di molestie più pesanti (di tipo fisico), ma rispondo a tono a quelle verbali e al “catcalling”. (studentessa, partecipante n. 1227)
15La testimonianza precedente mette in luce come le molestie introducano dei limiti nella vita delle bambine e delle adolescenti, riducendone indipendenza e autonomia; la testimonianza successiva illustra invece come possano segnare la fine dell’infanzia:
Come molte ragazze ne ho subiti molti ma uno che mi è rimasto particolarmente impresso, anche se non è stato assolutamente il peggiore, è quello che ricordo come il primo. Avevo intorno ai 12 anni ed ero in giro a piedi con una mia amica, stavamo percorrendo a piedi un grosso sottopasso della mia città quando una 500 gialla accosta, dall’abitacolo un uomo sulla trentina abbassa il finestrino e ci fa delle allusioni che io sul momento non colsi ma che ricordo mi lasciarono molto scossa perché non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Dopo qualche secondo scatta il verde e lui si trova costretto a partire, solo che fa il giro dell’isolato e poco dopo ce lo ritroviamo di nuovo di fianco che ci segue a passo d’uomo. Ricordo che il tutto è continuato per una decina di minuti fino a quando lui non si è trovato costretto a ripartire per un intasare il traffico e noi siamo scappate per delle viette per evitare che la scena si ripetesse. Nonostante sia successo una decina di anni fa ricordo ancora l’ansia e il non riuscire a capire cosa stesse succedendo, cosa volesse qusl signore da noi che eravamo poco più che bambine. Tornando a casa non ho raccontato a nessuno cosa fosse successo perché mi vergognavo e mi sentivo in difetto, quasi in colpa. Ricordo questo episodio come una sorta di fine dell’infanzia (studentessa, partecipante n. 302)
4.3. Le forme della violenza
16Gli episodi di molestie riferiti sono tantissimi, di tipo e gravità diversi, dal “semplice” commento sull’aspetto fisico allo stupro. La maggior parte delle testimoni racconta di aver subito – e di continuare a subire – molestie di tipo verbale, che possono essere comprese in un continuum che va dal fischio all’apprezzamento non gradito e spesso volgare, fino alla proposta, insultante, di fornire prestazioni sessuali.
Il grande classico è essere squadrata, accostata, fissata, fischiata e “apprezzata” mentre cammino per strada. Di solito gli autori sono uomini sulla cinquantina, che sembrano avere un’occupazione. Mi sono sentita davvero priva di speranza nei confronti di un possibile cambiamento nella situazione, mi sono sentita impotente, svalutata e sola (studentessa, partecipante n. 901)
Fischi e suoni di clacson provenienti da autisti di camion, mentre aspettavo il pullman per venire in università. Gli autori sono sempre stati uomini con età maggiore di 50 anni e ho sempre reagito volgendo lo sguardo da altre parti, facendo finta di niente. (studentessa, partecipante n. 278)
Tutte le volte che vado a correre (almeno due volte a settimana, quindi) sento fischi, commenti, risate, sguardi insistenti addosso, auto che accostano ecc. Sono gruppi di ragazzini, ragazzi da soli, adulti, anziani. Solo uomini. Normalmente non voglio interrompere la corsa per fermarmi a litigarci. A volte se sono da sola ho paura anche delle conseguenze che potrebbero esserci. Mi viene la nausea e divento nervosa e arrabbiata perché mi sento impotente. Non ho mai cambiato strada perché non voglio dover cambiare le mie abitudini per colpa di altre persone, ma vado sempre a correre con un’altra ragazza ed escludo a priori di farlo la sera. Probabilmente il percorso che facciamo sempre lo abbiamo anche scelto in funzione di come sono frequentate quelle strade, evitando le “peggiori”. (studentessa, partecipante n. 235)
Mi hanno offerto soldi in cambio di una prestazione sessuale alla fermata del tram, avevo 15 anni ed era una persona di circa 60 anni (studentessa, partecipante n. 1235)
17Anche lo sguardo insistente è fonte di disagio e si traduce in molestia:
Stavo tornando a casa, era più tardi rispetto al solito. Sono salita sul treno a Treviglio, sarei dovuta scendere un’ora più tardi. Qualche fermata dopo è salito sul treno un ragazzo, non saprei dargli un’età. Si è seduto di fronte a me e ha iniziato a fissarmi. Mi dava fastidio avere i suoi occhi puntati addosso, ho messo le cuffie sperando che la smettesse. Non ha smesso, ha continuato a fissarmi, sembrava che mi stesse spogliando con gli occhi. Mi sono sentita a disagio, ha fatto allusioni palesemente sessuali sul mio modo di vestire quando in realtà avevo semplicemente una felpa e dei jeans. Speravo che quel viaggio finisse presto, mi sentivo stressata perché non sapevo cosa dire o fare, eravamo in 3 su quel vagone e avevo paura. Quando si è alzato per scendere dal treno mi è passato di fianco e mi ha fatto l’occhiolino. Mi sono sentita sollevata quando è sceso dal treno. (studentessa, partecipante n. 646)
18In alcuni casi lo sguardo diventa atto e si sostanzia in fotografie prese apertamente o di soppiatto:
Un ragazzo in treno mi fotografava le gambe. Credevo che avrei reagito se mi fosse capitato qualcosa del genere invece sono rimasta inerme. Le persone adulte accanto si sono accorte ma nessuno ha reagito. In seguito non solo a questo ma anche ad altri episodi cerco sempre carrozze affollate, evito di prendere mezzi pubblici in orari non di punta, fingo di telefonare in presenza di persone che mi mettono a disagio, mi vesto diversamente da come mi vestirei per muovermi in macchina. (studentessa, partecipante n. 115)
7:40 circa. Nel novembre del 2019, recandomi in università con la M5 (affollata), un uomo sulla 50ina stava scattando fotografie sotto la mia gonna mentre ero girata. Una signora mi ha avvisato e in quel momento sono rimasta paralizzata. Non è stato l’episodio peggiore, ma lo è stato per come mi sono sentita. Solitamente reagisco con rabbia e facendolo sapere a chi è intorno perché sono esposta a catcalling e molestie da sconosciuti da quando sono poco meno che adolescente. In questo caso invece, dato che il mio ex partner mi stava sottoponendo a molto stress e violenza psicologica (oltre ad un recente episodio di violenza fisica) perché avevo chiuso la relazione, questo gesto che tutto sommato non è dei peggiori, mi ha fatto sentire vuota, schifata e alienata dal mio corpo. Ho avuto sensazioni di nausea e voglia di sparire, di essere invisibile. Ho provato molta vergogna e non capivo nemmeno per cosa. Mi sono sentita violata e incapace di difendere il mio corpo e me stessa. Quest’ultima sensazione è durata alcuni giorni. (studentessa, partecipante n. 440)
19Molte sono le testimonianze che raccontano di pedinamenti, inseguimenti:
Potrei raccontarne diversi. Racconto quello più grave (accaduto in un piccolo paese del sud Italia, sono fuorisede e il luogo in cui mi trovo non ha cambiato la frequenza con cui mi ritrovo a subire questi comportamenti). Avevo 15 anni e stavo tornando a casa a piedi da sola una sera d’estate, intorno alle 23 circa, indossavo dei pantaloncini. Mi sono ritrovata in una strada vicino casa sola con un estraneo, ragazzo della mia età forse poco più grande. Era dietro di me, al mio accelerare il passo ha iniziato a fischiarmi e urlarmi di rallentare, che mi accompagnava lui a casa. Quando mi ha raggiunta mi ha dato una pacca sul sedere e mi ha strattonato il braccio dicendomi “se scappi è peggio, mi istighi”. La mia fortuna è stata che passasse in quel momento una macchina con una donna adulta a bordo che si è fermata (credo abbia visto la scena da lontano), non so come sarebbe andata altrimenti. Ovviamente sono rimasta traumatizzata, non sono riuscita a uscire da sola per mesi, non sono riuscita a raccontarlo ai miei genitori, solo a poche mie amiche molto tempo dopo; tutt’ora (23 anni) non indosso certi abiti per uscire la sera se so che devo tornare sola, faccio sempre finta di parlare al cellulare ad alta voce e se posso cerco sempre di tornare accompagnata. A parte questo, le strusciate sui mezzi pubblici a Milano sono quasi all’ordine del giorno, una volta al mese capita di sicuro. Che schifo. (studentessa, partecipante n. 906)
Avevo circa 18 anni, e stavo tornando a casa un sabato sera di qualche anno fa. Era da poco passata l’1 di notte e, scesa dalla sostitutiva, sono stata avvicinata da due ragazzi tra i 20 e i 30 anni con la scusa di aver bisogno di indicazioni stradali. Hanno iniziato a seguirmi, nonostante io avessi iniziato a correre. Terrorizzata ho chiamato a casa e chiesto a mio padre di alzarsi dal letto, vestirsi e venirmi a prendere. Inoltre mi sono messa in mezzo alla strada (Viale Monza - Milano) cosicché qualche automobilista potesse vedermi, e per essere sicura che i due ragazzi non mi si avvicinassero o toccassero. Da quel momento non prendo più i mezzi pubblici, in città mi muovo esclusivamente con il motorino e non esco più da sola la sera se non accompagnata. (studentessa, partecipante n. 351)
Avevo 16 anni e atavo tornando dal centro a piedi in inverno ed erano circa le 18. A circa 10 minuti da casa passo davanti ad un bar e un uomo, avrà avuto 45/50 anni, che stava fumando mi fa degli “apprezzamenti” non richiesti e inizia a seguirmi; io accelero il passo lui anche, io giro in una via e lui pure; allora decido di entrare nel supermercato vicino a casa e lui entra e mi inizia a seguire per le corsie. Ho iniziato a iperventilare, un commesso che lavorava lì si è avvicinato, mi ha tranquillizzato un po’, gli ho spiegato la situazione che non volevo tornare a casa perché c’era quest’uomo che mi seguiva. Allora lui mi ha fatto uscire dal retro e sono corsa fino al mio portone. Ho passato più di 1 ora a piangere nella doccia per lo spavento e per il fatto di sentirmi “sporca”. Con il senno di poi penso di aver sprecato un sacco di acqua. Ricordo che nelle settimane successive piuttosto che passare davanti a quel bar allungavo la strada di 15/20 minuti. (studentessa, partecipante n. 391)
20Un terzo circa delle partecipanti racconta di essere stato molestato attraverso contatto fisico. Tali molestie sono in particolare frequenti nei mezzi pubblici, che appaiono essere un luogo davvero pericoloso soprattutto per le giovani donne.
Ho subito un solo episodio di molestie nella mia vita. Erano le 4 del pomeriggio ed ero appena salita sul treno a Garibaldi per tornare a casa. Prima che il treno partisse è salito un uomo e mi ha chiesto se il posto accanto al mio era libero, io ho risposto di si e ho spostato lo zaino per terra per farlo sedere. Indossavo un vestito che arrivava appena sopra il ginocchio quel giorno perché era aprile e aveva iniziato a fare caldo. Come faccio quasi sempre dopo che il treno è partito ho messo le cuffie e mi sono messa ad ascoltare della musica mentre guardavo fuori dal finestrino. All’inizio non è successo nulla, dopo un po’ ho sentito l’orlo del vestito muoversi sulla gamba, ma non ci ho fatto caso all’inizio. Poi dato che continuavo a sentire l’orlo del vestito muoversi, come se ci fosse il vento ho notato che l’uomo accanto a me ci stava giocherellando, così mi sono lievemente spostata. Dopo una decina di minuti ha ricominciato a giocherellare con l’orlo del vestito e dopo poco mi ha sfiorato la gamba con la mano, e io mi sono spostata di nuovo. Poco dopo mi ha rimesso di nuovo la mano sulla gamba, ma io non mi sono mossa, e allora ha incominciato ad accarezzarmi la gamba, su e giù. Ha continuato in questo modo fino ad arrivare all’inguine, io volevo urlare, volevo scappare, volevo …, ma non riuscivo a fare niente se non guardarmi intorno per non so chiedere aiuto, ma niente… E lui sorrideva, sogghignava, all’inizio soprattutto continuavo a rivederlo quel sogghigno. Mi sono scostata per l’ennesima volta e quando il treno si è fermato mi sono alzata emi sono allontanata. Meno di 10 minuti dopo sono scesa alla mia fermata e dopo essermi allontanata dalla stazione sono scoppiata a piangere. Non mi sono mai sentita così debole e sola come in quel momento. Non conosco il nome di quell’essere, ma l’ho rivisto molte altre volte sul treno, ma anche in università dove lavora (studentessa, partecipante n. 1073)
6 anni fa ero in giro sui mezzi, a Roma. Avevo 18 anni. Il tram era molto pieno, così inizialmente la percezione del contatto fisico non mi aveva allarmata eccessivamente; o meglio, mi aveva allarmata ma non ero sicura di come interpretarla, e avevo paura di pensare male e poi capire di aver frainteso la situazione. Anche perché non aveva nessun senso che una persona mi appoggiasse una mano sul culo in pubblico, davanti a tutti. Ero confusa, agitata, non mi fidavo delle mie percezioni, e ci misi un po’ di tempo a processare: per diversi minuti rimasi lì, immobile. Poi provai ad allontanarmi di un passo (per spostarmi, ma anche per capire la situazione), e la mano dell’uomo di mezza età che era in piedi accanto a me era ancora sul mio corpo. Sento ancora l’angoscia nel mio petto solo a ripensare a quei momenti. Spinsi via il suo braccio, e lui non oppose resistenza. Passai il resto del viaggio lì, immobile accanto a quell’uomo che non osavo guardare in faccia, cercando di processare: sentendomi stupida per aver avuto un tempo di reazione così lungo, vergognandomi per non aver reagito in modo più fiero, e mortificata al pensiero che qualcuno potesse aver visto. E un po’ perplessa: perché francamente attraverso il cappotto che indossavo nemmeno si vedeva il mio culo… Scesi dal tram solo arrivata alla mia fermata: dovevo prendere una freccia per tornare a Milano, e non potevo permettermi di perdere il treno. Non riuscivo a sopportare di essere in mezzo a così tanta gente, ma al contempo non mi sentivo al sicuro, e a cercare un angolo isolato mi sarei sentita ancora meno al sicuro. Avrei voluto poter lacerare e strappare via il mio volto come fosse una maschera di lattice. (studentessa, partecipante n. 958)
Quando ero più piccola invece una volta è successo che fossi in una casa in campagna per una festa con la classe delle superiori e avremmo dormito li. Mi sono svegliata e di fianco a me c’era un mio compagno e mi ha aveva messo la sua mano nelle sue mutande. Li mi è venuto subito da piangere e me ne sono andata via senza dire niente a nessuno. Tutt’ora nessuno sa niente. (studentessa, partecipante n. 1207)
21Moltissimi sono anche i racconti relativi a esposizione di parti intime e masturbazioni, particolarmente frequenti nei mezzi pubblici:
Ero in treno e un signore asiatico nei posti davanti al mio si stava masturbando guardandomi, io appena me ne sono resa conto sono andata in panico e mi sono alzata cercando di capire dove fosse il capotreno per cercare di fermare questa persona, che nel frattempo si era alzata ed era scappata non so dove. Da quella volta lì ho paura ha prendere il treno da sola, perché ho paura che potrebbe succedere anche di peggio. (studentessa, partecipante n. 291)
Un uomo al parco si è masturbato vicino a me e una mia amica sedute nel prato. Ho avuto paura, ho chiamato la polizia ma niente è stato fatto. (studentessa, partecipante n. 396)
15 anni fa in due diverse occasioni, in treno (tratta milano p. garibaldi - greco pirelli) e in stazione greco pirelli, un uomo di circa 40 anni si masturbava guardando le studentesse. ho provato ribrezzo e sono andata via dicendo anche alle altre ragazze sul treno di andare via. (donna, partecipante n. 400)
Al secondo o terzo anno di liceo ero ferma ad un semaforo, nel pieno centro di Milano, aspettando di poter attraversare ed ho visto un uomo tra i 50 e i 60 anni masturbarsi seduto dentro ad un’auto mentre guardava me e un’amica che era con me. Mi sono sentita violata e ho cercato di allontanarmi il prima possibile. Ripensando all’episodio avrei tanto voluto avere la prontezza di segnarmi i dati della macchina e denunciare per evitare che succedesse di nuovo, magari anche a ragazze più giovani di me. (studentessa, partecipante n. 1152)
La mattina presto, nella strada per andare a scuola (liceo) , alla fermata del tram un ragazzo incappucciato si è avvicinato, si è messo dietro di me e ha cominciato a masturbarsi guardandomi. Ho cominciato a tremare, a respirare affannosamente e a camminare via velocemente; non riuscivo a correre. Ho chiamato mia mamma e ho iniziato a piangere. Sono andata a piedi alla fermata successiva del tram dove sono salita e dove c’erano le mie compagne di classe a farmi compagnia. Sono voluta entrare lo stesso a scuola per non pensarci troppo. Dalla mattina successiva ho deciso di andare sempre alla fermata successiva ad aspettare il tram. (studentessa, partecipante n. 1153)
Un ragazzo di all’incirca 30 anni mi ha chiesto più volte l’orario alla fermata del tram in una via trafficata, per poi abbassarsi i pantaloni e insistere perché guardassi e “apprezzassi”. Una coppia di ragazzi poco più grandi di me ha assistito e non ha detto/fatto nulla. Avevo 17 anni (studentessa, partecipante n. 834)
ero sulla 90 appena presa a Romolo. Stavo andando direzione verso piazza Napoli. Si avvicinano due uomini. Quel pullman era sempre pieno. Uno si mise dietro di me ma non ci feci caso alla faccia. L’altro uomo, di colore (e mi dispiace doverlo specificare) si mise attaccato davanti a me. Con la faccia rivolta verso me. Io sono alta 165 lui era sicuramente 180 massimo per 50/55 anni d’età. Aveva il pene in evidente erezione e mi appoggiava il membro sulle mani al che dalla paura scappai giù dal pullman. Avevo 14 anni. (studentessa, partecipante n. 334)
22Le testimonianze che riferiscono tentativi, più o meno riusciti, di stupro sono una quarantina:
La peggiore sicuramente è stata fatta dal mio “ragazzo” del tempo, avevo circa 16 anni e nonostante non volessi avere rapporti mi ha spogliata con forza e penetrata, io ero paralizzata e vivevo la scena come se la vedessi dall’esterno.. è stata una sensazione strana e che da quel giorno non mi ha fatto più vivere i rapporti nella stessa maniera, o comunque con la stessa libertà. (donna, partecipante n. 1151)
da ragazzina sono andata a fare un giro in vespa con un ragazzo siamo andati lontano dal mio paese per tornare da sola a piedi, se ho voluto tornare a casa senza fare l’autostop (non mi fidavo) ho dovuto far sesso completo con lui senza protezioni mi sono sentita costretta avevo 17 anni. Ho passato anni a sentirmi sporca e a colpevolizzarmi di essermi fidata. Non ho più messo minigonne o cose scollate per almeno 10 anni jeans e maglioni o magliette lunghe belle coprenti. Non sono più uscita con ragazzi da sola per molto tempo finché non sono venuta a Milano a lavorare e l’essere vergine non era più un problema come a casa mia. (studentessa, partecipante n. 1091)
stavo conoscendo un ragazzo sulla 20ina, grosso e muscoloso. Un giorno dopo mesi e mesi di conoscenza andai a casa sua per studiare matematica. Chiuse la porta della sua camera a chiave e mi domandai perché ma non ci nulla di troppo ambiguo… Mi si avvicinò e mi butto sul letto, essendo molto grande e grosso ebbi paura perché mi stingeva parecchio. Voleva farlo, il mio “no” cambiò tutto. Si trasformò cercò di provarci lo stesso ma dopo alcuni miei lamenti e sgambate il cane lo morse e io presi velocemente le mie robe e andai via. Negli anni successivi mi seguii in diversi luoghi. Non ho mai detto a nessuno di questo che mi è successo a 16 anni. Pensavo fosse un mio sbaglio. Oggi all’età di 21 aiuto le ragazze della mia età o più piccole a stare lontano da situazioni di questo tipo. (studentessa, partecipante n. 334)
23Pochi sono invece i racconti di molestie subite attraverso i social media. Si tratta però, con tutta probabilità, di una tipologia destinata ad aumentare nel prossimo futuro, dato l’enorme e crescente impiego di tali mezzi da parte di tutti noi. I primi tre casi sotto riportati sono classificabili come esempi di cyberstalking, dato che si configurano come tentativi insistenti e sgraditi di comunicare con qualcuno contro la sua volontà. Come solitamente avviene, il rifiuto innesca una comunicazione aggressiva e di odio. L’ultimo è invece un esempio di invio di materiale sessuale senza il consenso dell’interessata, pratica purtroppo sempre più frequente tra adolescenti e giovani5.
Inoltre, volevo specificare che all’inizio di questo questionario ho riportato una frequenza superiore a “Mai” per il fatto di essere stata insultata quando ho provato ad ignorare una persona. Si trattava di un giovane adulto che ho visto una volta in gruppo senza praticamente mai averci parlato. In seguito, questa persona ha provato a contattarmi tramite i social e, quando ho cercato di far capire che non c’era da parte mia interesse ad approfondire al conoscenza, ho ricevuto molti messaggi dal mio punto di vista molto rabbiosi e che mi hanno fatta sentire offesa e a tratti anche in colpa. Rispetto ai pochi episodi vissuti di persona, che non ritengo molto significativi, questo mi ha invece molto turbata. Leggere quei messaggi mi causava tremori alla mano, una forte agitazioni e ho fatto anche incubi a riguardo. Però non è avvenuto in luoghi pubblici, bensì in una chat privata. (studentessa, partecipante n. 1232)
Un caro amico di mio padre ha iniziato a scrivermi tutti i giorni su whatsapp e su facebook. All’inizio credevo lo facesse per simpatia, ma solo dopo ho iniziato a capire cosa stava succedendo. Ho iniziato a non rispondere più, ma lui continuava. Un giorno l’ho incontrato, ci ho scambiato due chiacchere (per il quieto vivere). Dopo essermi allontanata mi ha iniziato a scrivere su WhatsApp, mi ha iniziato a mandare foto di parti intime e ha iniziato a molestarmi parlando del mio abbigliamento (indossavo una maglietta accollata con maniche lunghe e un paio di jeans). Ha iniziato a descrivere quello che avrebbe voluto farmi. Gli ho risposto di smetterla, e mi sono presa insulti del tipo “sei frigida, sei pu***na”. I giorni successivi ha scritto a mio padre dicendogli che io con lui ci volevo stare, che era palese, seguito da altri insulti sulla mia persona. Personalmente, mi sento ancora male per questa vicenda. So che posti frequenta quest’uomo, so di poterlo trovare sulla pista ciclabile o per strada (non abitiamo molto distanti), quindi cerco sempre di essere in compagnia quando esco. All’inizio avevo paura che venisse sotto casa, perché questa vicenda è accaduta ad agosto e i miei genitori erano in vacanza; più volte sono venuti alcuni amici a dormire da me, così da farmi sentire più protetta. (studentessa, partecipante n. 305)
Da più grande invece, un ragazzo con cui avevo avuto rapporti ha mandato una mia foto nuda nel gruppo whatsapp dei suoi amici. quando me ne sono accorta mi sono arrabbiata e gli ho fatto cancellare la foto. Mi sono sentita usata, tradita e impaurita. Non sono comunque riuscita a dirlo a nessuno fino a poco fa dopo che ho iniziato un percorso con una psicologa. oggi vorrei che tutti i miei amici e i suoi lo sappiano. per far capire che persona di merda sia. mentre prima avevo paura che venisse fuori tutto. (studentessa, partecipante n. 1207)
4.4. Gli autori delle molestie
24Gli autori delle molestie sono uomini, che agiscono soli o in gruppo; nessuna donna riferisce una molestia subita da altre donne. Non è possibile stimare con esattezza il numero di perpetratori maschi coinvolti sia perché spesso sono descritti agire in gruppi di diversa numerosità, sia perché moltissimi racconti si aprono con l’avvertenza che gli episodi subiti sono molteplici e quindi, come anticipato, la scrivente ne racconta uno tra tanti.
25La maggior parte delle testimonianze (900 circa) riferisce episodi in cui i molestatori sono uomini sconosciuti che agiscono da soli, italiani, stranieri, adulti di età diverse. Altri episodi – spesso quelli che hanno causato maggiori sofferenze – sono agiti da persone conosciute, amici, famigliari.
Ho subito molestie da compagni di classe e non, da docenti delle scuole precedenti all’università, da parenti, da autisti del bus, ecc. Alle mie reazioni piuttosto vivaci hanno risposto con tono aggressivo scaricando la colpa sul mio modo di presentarmi (non binario, partecipante n. 386)
Un pomeriggio di dicembre, nell’affollatissimo centro di Milano durante il periodo natalizio, sono stata avvicinata da un ragazzo più o meno mio coetaneo secondo il quale, durante la mia passeggiata, gli avrei sorriso. Innanzitutto mi ha rincorsa e mi ha tolto le cuffie dalle orecchie per fermarmi e parlarmi, ed è stato solo il primo contatto fisico indesiderato. Immediatamente ho iniziato a sentirmi in completo disagio. La sua insistenza nell’accompagnarmi ovunque io stessi andando ha iniziato poi a spaventarmi. Ha provato più volte a toccarmi il viso e i capelli e a baciarmi, nonostante i miei rifiuti e nonostante lo spingessi concretamente lontano da me. Il fatto che fossimo in Duomo circondati da tantissime persone non sembrava in alcun modo placare questi suoi atteggiamenti il che mi rendeva solo più spaventata. Alla fine ho condiviso la mia posizione live su whatsapp alle mie coinquiline e sono letteralmente fuggita prendendo la prima metro disponibile e camminando tra i vagoni sperando di averlo seminato. La cosa peggiore è che questo evento, come tanti altri di cui sono stata vittima, oltre a far crescere in me un forte sentimento di rabbia, mi fanno sentire sporca, stupida e debole. (studentessa, partecipante n. 923)
Un altro episodio che vorrei raccontare risale a qualche anno fa, quando ero ancora alle superiori. Mi iscrissi su un sito di annunci per offrire un servizio di ripetizioni scolastiche. Un giorno ricevo una chiamata da un uomo, che inizia piano piano a farmi domande sempre più strane: “come punisci i bambini? ti piace sculacciarli?”. Inizialmente non capii, pensavo fossero domande innocue. Quando mi sono resa conto che la conversazione andava avanti da troppo tempo per essere normale, ho chiuso subito la chiamata. Mi sono sentita sporca per giorni, pensando a ciò che l’uomo dall’altro lato del telefono stesse facendo. E mi sono sentita stupida per averlo assecondato per così tanto tempo, senza capire cosa stesse succedendo. E ho avuto paura: se mi avesse chiesto di andare a casa per un colloquio di conoscenza, per conoscere il “bambino”, chissà cosa mi sarebbe potuto succedere. (studentessa, partecipante n. 238)
26Un terzo circa delle testimoni riferisce episodi che hanno come protagonisti due o più uomini, a volte un piccolo gruppo, mosso da un sentimento di condivisione dei valori della mascolinità tradizionale. Emerge un’adesione alla companionship maschile che rischia di trasformare il gruppo in branco:
Ero in bici con pantaloni lunghi e felpa, una macchina piena di ragazzi di circa 30 anni ha rallentato e mi ha fiancheggiato per un po’ facendo commenti e battutine sul mio fisico. Per quanto avrei voluto mandarli a quel paese sono stata zitta per paura di come avrebbero potuto reagire. (studentessa, partecipante n. 1186)
Camminavo insieme al mio ragazzo, e al mio cane, nei campi di grano dietro a casa mia. Un gruppo di ragazzi (maschi) , erano circa una decina di circa 18 anni , ha iniziato a gridarmi contro, dicevano di andare li verso di loro e di fare a ciascuno di loro (scusate per la volgarità ma ridico le stesse cose che mi hanno detto): VIENI QUI E FACCI UN POMPINO A CIASCUNO DI NOI, SUCCHIACELO TUTTO! Ovviamente io e il mio ragazzo abbiamo accelerato il passo, io quasi correvo. Sono rimasta davvero scioccata e impaurita, tremavo e da quel giorno non vado mai da sola a camminare in quella zona, cosa che priva di questo avvenimento facevo tranquillamente. Il mio ragazzo è rimasto in silenzio per qualche minuti e si è scusato per loro e mi ha consolato. (studentessa, partecipante n. 119)
Avevo 18 anni, ero al mare ad Albenga con le mie amiche. In spiaggia sono arrivati i militari in libera uscita. Noi stavamo andando via dalla spiaggia, uno si è alzato, mi è venuto incontro e mi ha detto: “Ciao bella, dammi un bacio” Io gli ho detto: “Ma come ti permetti?” Lui ha cercato di prenderselo tirandomi per un braccio. Io mi sono divincolata e lui mi ha detto: “Ricordati che se io voglio una cosa me la prendo” e io: “ Te lo puoi sognare” e me ne sono andata velocemente. Ricordo che ho reagito d’istinto, con aggressività, mostrando grande sicurezza all’apparenza. In realtà ero terrorizzata. Non so dire da dove mi sia venuta quella forza, ricordo però che passata l’adrenalina, una volta che ho capito le conseguenze che quella situazione avrebbe potuto scatenare, sono scoppiata a piangere. Lui era con molti ragazzi, noi eravamo 4 e indifese, loro erano tutti grandi e muscolosi. Per fortuna nessuno ha dato corda a questo individuo. (studentessa, partecipante n. 803)
Di recente durante una passeggiata con due amiche ci siamo ritrovate accerchiate da un gruppo di uomini di circa 20 anni i quali hanno prima iniziato a chiamarci “bellissime”, poi a fare versi simili a quelli con cui si richiama un animale e infine hanno tentato anche di strattonarci/avere un contatto fisico con noi. La nostra reazione è stata di farci strada tra di loro cercando di non dare corda a quello che stava accadendo, sicuramente è stato più facile il fatto che fossimo in tre e in grado di difenderci a vicenda. Se mi fossi trovata da sola nella stessa situazione non so come avrei reagito o se avrei avuto la forza di reagire senza temere ancora di più per la mia incolumità. Pochi tempo dopo l’accaduto mi sono separata dalle mie amiche per prendere i mezzi e durante tutto il viaggio sono stata molto vigile riguardo a ciò che mi accadeva intorno e sono rimasta in uno stato di tensione fin quando non sono rientrata in casa. (studentessa, partecipante n. 1088)
Qualche giorno fa, un gruppo di uomini tra i 50 e i 60 anni mi guardano in modo sessualmente allusivo. Io ero con il mio cane, vestita con dei pantaloni larghi e maglione largo (proprio perché dopo diverse molestie, ho cominciato a coprirmi ancora di più) ed esclamano: “stiamo scommettendo su dove abiti. Lui (riferendosi a un altro 60enne) dice che abiti in Via ****** “, via realmente vicina a dove abito io. Quando vado via, sento che fanno commenti sul mio lato b con frasi vergognose e disgustose. (studentessa, partecipante n. 925)
Sono stata invitata a casa di un amico ad una festa (in pieno giorno) con tutti i suoi amici che non conoscevo. Lui dopo qualche drink ha iniziato a toccarmi nonostante sapesse che non aveva il mio consenso (ero fidanzata e innamorata e lui lo sapeva) e nonostante io gliel’abbia detto più volte ha continuato. Nel momento in cui mi sono spostata ha iniziato ad insultarmi e, in sua assenza, i suoi amici mi hanno offerto dei soldi per andare a letto con lui. Quando ho detto “no” mi hanno dato della stronza perché l’avrei fatto soffrire. Avevo bevuto, non conoscevo nessuno ma ho preso il telefono e ho chiamato casa per farmi venire a prendere. (studentessa, partecipante n. 898)
27Per fortuna l’invito alla molestia non sempre viene raccolto, a testimonianza dell’eterogeneità dell’universo maschile, nel quale però la parte “civile” troppo spesso non trova le parole giuste per dissociarsi e reagire:
recentemente dopo aver subito un tamponamento in auto ero ferma a bordo strada con l’altro conducente per compilare i documenti per la constatazione amichevole. Un altro automobilista passando ha suonato il clacson e invitato l’altro conducente coinvolto nel tamponamento ad approfittare della situazione e avere un rapporto sessuale con me. Il gesto è stato solo dell’automobilista di passaggio, l’altro conducente coinvolto nell’incidente (un ragazzo molto giovane) è rimasto piuttosto allibito e ovviamente non ha accolto il suggerimento. (studentessa, partecipante n. 494)
28Più spesso di quanto si potrebbe pensare, gli autori delle molestie sono individui che agiscono nell’ambito delle loro funzioni:
una volta ero sull’autobus per tornare a casa da scuola e IL CONDUCENTE dell’autobus stava guardando un porno mentre guidava e mi sono accorta che, quando ha notato che lo avessi “scoperto”, ha iniziato a guardarmi con fare allusivo e a toccarsi, che schifo. in quel momento mi sono bloccata e mi batteva forte il cuore, mi tremavano e sudavano le mani, ho avuto paura e ho fatto di tutto per uscire dalla sua visuale. Appena tornata a casa non l’ho subito detto ai miei genitori, ci ho messo un po’. ripeto: che schifo. (studentessa, partecipante n. 1009)
ero sul tram. dovevo scendere alla fermata e mi ero alzata. l’autista non apriva la porta quindi mi sono girata per chiedergli di aprire. quando mi sono girata ho notato che mi fissava il culo. quando l’ho guardato si è leccato le labbra (studentessa, partecipante n. 700)
Durante il servizio di volontariato in ospedale, un paziente in ascensore mi ha afferrato per il collo e ha provato a baciarmi. Ho avuto paura a fare servizio per circa un anno e non ho dormito per due settimane. (donna, partecipante n. 19)
29In tale prospettiva, molte segnalazioni riguardano il comportamento scorretto di istruttori di scuola guida, che sembrano distinguersi per gli atteggiamenti sessisti che si traducono spesso in molestie vere e proprie:
Sono stata vittima di molestie dal mio istruttore di scuola guida, un uomo sulla sessantina che ad ogni lezione di guida si avvicinava al mio viso, alzava dichiaratamente la temperatura in auto per farmi togliere la giacca e mi metteva le mani sulle cosce. Frequentare le lezioni era diventato un peso soprattutto perché ero sempre da sola e non sapevo come comportarmi quando si verificavano questi comportamenti da parte sua. Le molestie continuavano anche dopo la lezione, per messaggio, quando mi diceva quanto bella fossi e che gli sarebbe piaciuto andare a fare un aperitivo da solo con me. Fortunatamente non mi è più capitato di vederlo una volta presa la patente, ma ho saputo che questo comportamento è stato ripetuto con diverse altre ragazze e fortunatamente, dopo anni, è stata aperta un indagine per cui poi gli è stato vietato di continuare a insegnare. Posso ritenerlo un successo, soprattutto perché non ricapiterà con altre ragazze, ma per quanto mi riguarda non sono state cancellate le sensazioni di indisposizione e imbarazzo provate, anche perché nessuno a cui lo raccontavo mi prendeva in considerazione più di tanto. (studentessa, partecipante n. 231)
Il mio istruttore di scuola guida, quando ho dovuto prendere delle lezioni perché non usavo la macchina da anni. Faceva commenti allusivi, mi accarezzava la mano, diceva cose come ora di porto in un posto buio o non sono mai andato a letto con persone del tuo colore di capelli… Ero congelata, non sapevo cosa fare. Appena ho finito la terza lezione con lui (dove lui era diventato più esplicito) mi sono allontana sotto shock, poi mi sono arrabbiata mentre lo raccontavo a una amica. Non volevo causare problemi quindi non l’ho detto a nessuno della scuola guida, a volte pensavo che fosse colpa mia perché avevo riso e scherzato con lui durante la prima lezione. Ho cambiato gli orari per le prossime lezioni inventando un impegno per avere un altro istruttore. Ora cerco di non dare confidenza agli uomini, soprattutto se devo essere da sola con loro. Se questo accade sono tesissima e li osservo tantissimo per paura di quello che possano fare. Non avrei mai pensato che sarebbe successo con una persona che avrebbe dovuto essere un insegnante e non fonte di angoscia. Mi era successo qualcosa di meno “grave” ma quelli erano sempre estranei alla fermata della metro o dell’autobus. (studentessa, partecipante n. 397)
Il mio istruttore di scuola guida faceva allusioni sessuali e battutine durante le lezioni. A volte con la scusa di sistemare la cintura o la postura, sfuggiva qualche palpatina. Io avevo diciotto anni, lui più di cinquanta. Avevo l’ansia ogni volta che dovevo fare lezione, ho rischiato di non fare l’esame. Prima dell’esame (in estate) ha suggerito a me ed alle altre ragazze di vestirci scollate in quanto l’esaminatore uomo sarebbe stato più incline a promuoverci. (studentessa, partecipante n. 1183)
1) Rinnovo Patente. Ero in gonna. Il Tizio ( un medico….) si sdraia esplicitamente sotto la scrivania e cerca di guardare sotto la mia gonna. Mi scosto agghiacciata.. e incredula.. Gli do del pervertito e me ne vado. (studentessa, partecipante n. 1411)
30In molti casi, purtroppo, i molestatori ricoprono un ruolo di formazione, o persino di cura, fatto che rende la molestia più odiosa e foriera di conseguenze negative a causa dell’età delle vittime, quasi sempre adolescenti:
Avevo 16 anni ed ero una responsabile del campo estivo tenuto in una baita in montagna. Con me c’erano i bambini da curare, amici della mia stessa età o poco più grandi e un piccolo gruppetto di educatori dell’età di 25/30 anni. Il responsabile di quest’esperienza era un’ educatore di 30 anni, lui mi conosceva fin da quando avevo 6/7 anni e mi aveva preso sotto la sua ala. Mi fidavo di lui. Durante il corso dell’esperienza si è avvicinato sempre di più; inizialmente mi chiedeva semplicemente di sederci vicini, mi accompagnava ovunque, tentava spesso di restare solo con me, poi ha iniziato a farmi complimenti sul mio carattere che ben presto si sono trasformati in “complimenti” sul mio corpo e il mio aspetto, fino ad arrivare al contatto fisico, togliendo una seggiola e chiedendomi di sedermi in braccio a lui (cosa che non ho mai fatto), darmi baci sulle guance, prendermi per i fianchi e abbracciarmi da dietro. Tutte queste “attenzioni” mi facevano sentire molto a disagio, ma non sapevo come parlarne con lui e mi vergognavo del giudizio delle mie amiche. Così ho cercato aiuto in un’educatrice più grande, la quale inconsapevole del mio grande disagio, l’ha buttata sul ridere. Ho iniziato a pensare che stessi esagerando e così ho continuato a fargli fare quello che voleva. Finché l’ultimo giorno di campo estivo, durante una veglia notturna, si è avvicinato prendendomi alle spalle, stringendo il suo corpo al mio -sentivo le sue labbra che mi sfioravano le orecchie e i suoi genitali spinti verso il mio fondo schiena-, dicendomi che aveva un debole per me fin da quando ero piccina, che nonostante fosse fidanzato io ero la sua “eccezione”, e che in molti momenti trascorsi insieme avrebbe voluto baciarmi (tutto questo lo scrisse anche in una lettera che mi consegnò). Ero paralizzata, non mi usciva mezza parola, il mio corpo non mi apparteneva più. Sapevo che non mi piaceva quello che era successo, ma finita la vacanza pensavo non mi avrebbe toccata più. (studentessa, partecipante n. 641)
Alle medie invece il mio professore di ginnastica, aveva toccato tutte noi compagne di classe in bagno. Aveva finto che ci fosse una scritta volgare nello spogliatoio delle ragazze e aveva chiesto a ognuna di noi di portare il diario e di fare il confronto con la calligrafia di quella scritta. Come tutte ci siamo poi dette, mentre ognuna di noi guardava il suo diario e cercava di fargli capire che non aveva scritto quella scritta, lui toccava le parti intime a noi e le sue. é stato orribile (donna, partecipante n. 1167)
Il mio insegnante di ripetizioni (uomo) ha provato a baciarmi. Io ho evitato il bacio e sono corsa via. Ho provato una forte sensazione di smarrimento e di confusione, mi tremavano le mani e nelle ore successive ho continuato a pensare ripetutamente all’accaduto. Da quel momento non sono mi sono più rivolta a lui per le ripetizioni. (studentessa, partecipante n. 669)
avevo 14 anni, giocavo a calcio, il mio allenatore di 60 anni ha cominciato ad avvicinarsi a me prima ponendosi come un confidente, un amico, poi ha cominciato a riempirmi di complimenti, prima nei confronti del mio carattere e poi riguardanti il mio aspetto fisico, quando andavo agli allenamenti spesso passando accanto a me mi sussurrava all’orecchio cose come “sei bellissima” “ti bacerei” o mi passava il dito lungo la spina dorsale. Cominciai a convincermi, essendosi approcciato prima come un confidente, che si fosse semplicemente preso una cotta per me. ma quella ricerca di contatto fisico fatto di sfioramenti fugaci mi infastidiva, mi sentivo sporca. I suoi messaggi al telefono si facevano sempre più presenti, l’apice lo raggiunse mandandomi una foto del suo pene per messaggio. Lo cancellai subito, non so perché lo feci, ero spaventata, era come se volessi semplicemente cancellare l’accaduto. è incredibile pensare che ero così convinta che per lui fosse una semplice cotta che non ho fatto nulla, credevo gli sarebbe passata e avrebbe smesso. Anni dopo, venendo a sapere che il mio non era un caso isolato, temendo per le ragazze minorenni della squadra delle allieve che allenava lui, lo raccontai al presidente della società dicendo “è vero, non ho prove, non mi deve credere per forza ma è meglio, secondo me, se gli affianca qualcuno o metta ad esempio una figura di ascolto a cui la squadra delle ragazze minorenni possa rivolgersi in questi casi” non fece nulla, dicendo che non avevo prove e che queste erano accuse pesanti. il presidente poi raccontò tutto al diretto interessato che ebbe la faccia tosta di chiamarmi per chiedermi perché andassi in giro a raccontare queste cose sul suo conto, gli spiegai che era un comportamento malato, mi rispose che sono le ragazzine in preda agli ormoni che si approcciano a lui in quel modo. Lasciai la squadra qualche settimana dopo, fortunatamente mi seguì la metà delle mie compagne di calcio (studentessa, partecipante n. 988)
Una volta anche il dentista mi ha baciato io inerme sul lettino e poi sono scappata (studentessa, partecipante n. 1413)
Lavoravo in una scuola secondaria di 1 grado come educatrice per due ragazzi con disabilità . È successo circa 10 anni fa. C’era un volontario sui 70 anni che aveva svolto servizio presso la scuola e che veniva spesso a scuola a trovare le collaboratrici scolastiche. Un uomo molto devoto, lo definivano quasi un “prete”. UN giorno mio ha seguita nell’aula sostegno in cui stavo andando con uno dei due ragazzi con cui lavoravo. Dentro l’aula ho preso il diario del ragazzo per scrivere una nota di merito e mentre lo gratifica o, il ragazzino mi ha abbracciata felice. L’uomo che ci aveva seguiti (a me pareva normale, perché si intratteneva spesso a parlare con noi), ha detto rivolto al ragazzo: “bravo, devi abbracciare le tua insegnante” e nel mentre si è avvicinato a me da dietro e mi ha cinto la vita e con le mani mi ha palpato il seno. Io mi sono divincolata e mi sono sentita impotente, avendo anche la responsabilità di un ragazzo con un disagio psichico importante che era lì presente. Ho detto con tono fermo e secco all’uomo di uscire dall’aula e lui se n’è andato. Poco dopo al mio cambio d’ora ho raccontato tutto ad una collaboratrice che è rimasta sconvolta. Mi sono presa una pausa sigaretta e sono uscita nel cortile esterno sul retro della scuola. Mentre provavo a rilassarmi e a realizzare quanto successo, l’uomo mi ha raggiunta nel cortile e mi ha detto: “fidati, che piaci, sei una che piace”. Ero pietrificata e non sapevo assolutamente cosa fare o dire. Sono rientrata a scuola e mi sono nascosta nel locale di servizio delle collaboratrici. Non so cosa esse abbiamo detto o fatto, ma quell’uomo non è più venuto a scuola. Non l’ho più rivisto e se ripenso a quella molestia (riesco a chiamarla così solo da pochi anni) mi sembra quasi di sognare e che non l’abbia vissuta realmente io. Ho anche un grande rimpianto per non aver reagito di più, per non aver denunciato, anche solo al dirigente l’accaduto. (studentessa, partecipante n. 644)
Il mio professore delle superiori veniva a dirmi all’orecchio frasi ambigue su come immaginava fossi senza vestiti, per poi arrivare un giorno mentre facevo una verifica all’ultimo banco a toccarmi la coscia. Sul momento non sono riuscita a fare nulla ed è come se non lo avessi realizzato, a casa ho pianto. Non ho detto nulla ai miei genitori, ad alcuni miei amici si e mi hanno consigliato di dirlo alla preside e si sono arrabbiati con me, giustamente, quando non ho voluto farlo. Forse sarebbe stata la scelta giusta ma ero all’ultimo anno ed erano le mie parole contro le sue e so che non sarebbe cambiato nulla ma che ci sarebbero stati solo problemi in più per me. Volevo cambiare classe ma mancavano pochi mesi alla fine dell’anno. A distanza di anni ne ho parlato con i miei genitori perché inizialmente mi sentivo in colpa come se avessi fatto qualcosa di male io. Tornassi indietro probabilmente affronterei la cosa diversamente, mi ritengo una persona abbastanza forte ed è una cosa che ho superato se non con un po’ più di diffidenza verso il genere maschile compresi i miei familiari su cui non ho mai avuto dubbi ma su cui dopo questi avvenimenti riconosco di non riuscire più a fidarmi del tutto. Il mio pensiero più grande è che spero con tutta me stessa che lo abbia fatto solo a me e che non abbia fatto una cosa del genere a nessun’altra ragazza. (studentessa, partecipante n. 244)
Quando avevo 16 anni facevo lezioni private di lingua inglese. Il mio professore organizzò un incontro durante un giorno festivo, in modo tale che tutto il palazzo dell’associazione ( in cui si tenevano queste lezioni) fosse totalmente vuoto. Dopo lezione, con la scusa di mostrarmi la bellezza dell’edificio, mi portò in giro per la struttura; arrivati in uno dei balconi, mi prende in braccio e mi poggia su un muretto, davanti a lui, e si avvicina sempre di più, poggiandomi il suo membro sulle gambe, da dentro i pantaloni. Terrorizzata, impietrita, ma innocente ed incapace di capire cosa stava succedendo, cerco di convincermi del fatto che fosse un semplice errore. “Non se n’è accorto, non l’ha fatto di proposito, sono io che mi sto impressionando”. Faccio finta di nulla e giungiamo all’entrata del palazzo. Lì lui si impone davanti a me, bloccandomi la porta d’uscita, e prova a baciarmi. Spaventatissima scappo da sotto le sue braccia e corro via. Lui mi segue ed urla il mio nome, ma riesco a scappare. Sono tornata in quell’associazione solo un’altra volta, credendo che quel giorno lui non ci fosse. Me lo trovo davanti e scappo ancora, ricordo benissimo quanto mi tremassero gambe mani. Lui di nuovo mi insegue, e per la seconda volta scappo. Dopo quella volta non sono mai più tornata lì, ed ancora oggi mi pento di non aver denunciato, mi chiedo e spero che non abbia più fatto nulla di simile. Lo spero con tutta me stessa. Solo due anni dopo ho trovato il coraggio di dirlo ai miei genitori. (studentessa, partecipante n. 733)
Il fisioterapista dove andavo per fare ginnastica per la scoliosi (10 anni), mi abbassava le mutandine senza scopo medico. Quando c’era qualcuno ad accompagnarmi non lo faceva. Alle medie mentre tornavamo a casa in gruppo un signore ha preso a seguirci tutti i giorni. Fin quando abbiamo segnalato la cosa a una pattuglia dei vigili ferma davanti ad una banca. Diverse volte fischi per strada Sulla sostitutiva verso le 2, un signore si è appoggiato a me facendomi sentire e dicendomi di essere molto eccitato. Tutte le volte ero al limite della crisi di panico. Non capivo perché stessero facendo questo è rimanevo inerme. Avrei voluto fare di più come denunciare il fisioterapista, ma alla fine ho Solo smesso di andarci, mettendo a rischio altre bambine come me. (donna, partecipante n. 201)
31Va segnalato, negli ultimi episodi riportati, il senso di colpa che permane, a distanza di anni, per non aver denunciato l’episodio e aver così probabilmente permesso al molestatore di reiterare le molestie su altre vittime.
32Le molestie non accadono solo in Italia, anche i programmi di soggiorno nei paesi esteri per scambi culturali possono mettere in pericolo le adolescenti:
All’età di 18 anni ospite di una famiglia all’estero durante un programma di scambio mi sembrava di aver stabilito un buon rapporto di intesa con il padre della famiglia. Sono una persona a cui piace svolgere attività pratiche e manuali e lo aiutavo volentieri con i piccoli lavoretti di casa. Una sera mi chiede di uscire con lui a prendere la legna per il camino e, arrivati al capanno, mi mette le mani sul seno. Lo respingo e rientriamo in casa. Nelle settimane successive ha provato nuovamente a “mettermi le mani addosso” anche mentre in casa erano presenti la figlia più piccola (6 anni) e a volte la moglie in un’altra stanza. Non ne ho parlato con nessuno perché andarmene da quella famiglia avrebbe significato mandare all’aria il programma di scambio e perché non volevo “creare casini”, ma per i 2-3 mesi restanti ho cercato di stare il più possibile alla larga, spesso chiudendomi in camera mia fingendo di studiare quando sapevo di essere in casa da sola con lui. (studentessa, partecipante n. 652)
Età 17 anni: durante l’anno di studio all’estero il mio fratello ospitante (15 anni) arrivò di soppiatto alle mie spalle mentre avevo le braccia alzate, impegnata a stendere i vestiti, e mi palpeggiò il seno. Il giorno seguente a tale episodio mi disse che aveva un esame e mi chiese se potessi baciarlo come “porta fortuna”. Cominciai a chiudermi in camera ogni volta che ero in casa solo con lui. NB: purtroppo questi non sono tutti gli episodi, ma sono quelli che mi hanno segnata di più (studentessa, partecipante n. 684)
33Molti racconti riguardano episodi agiti da persone conosciute. Spesso questi sono gli episodi più gravi, che generano sofferenze che si prolungano nel tempo:
Ne sono successi diversi, però forse quello che mi ha turbata di più è stato questo: tornavo a casa di mia mamma a piedi, vive in un piccolo paesino e io ero andata a trovare un amico d’infanzia. Nel tragitto un uomo sbuca all’improvviso dal ciglio della strada, con la lampo dei pantaloni abbassata e le mani tra le gambe. Io comincio a correre cercando nel frattempo di chiamare mia madre e lui inizia a seguirmi chiamandomi, per nome… Conosceva il mio nome perché ha due figli poco più piccoli di me e andavamo nella stessa scuola. Avevo il cuore a mille e arrivata a casa tremavo. La cosa peggiore è stata che quando mia madre mi ha chiesto cosa volessi fare al riguardo, ho risposto che se avessi parlato con altri al di fuori di lei, nessuno mi avrebbe creduta, anzi, se la sarebbero presa con la mia famiglia. Mi sentivo piccola e impotente. Le conseguenze non saprei definirle con certezza, oltre a non tornare più a casa a piedi da sola, perché quell’anno non fu l’unico episodio (studentessa, partecipante n. 82)
Si è accostato il papà della mia migliore amica delle elementari per chiedermi se avevo voglia di fare “qualcosina”. Una volta al parco un uomo ha iniziato a masturbarsi davanti a me. (studentessa, partecipante n. 948)
Lo zio di un amico, mi ha accompagnato a casa e lungo il tragitto mi ha costretto a toccarlo e mi ha mostrato le sue parti intime (studentessa, partecipante n. 133)
Il mio vicino di casa, un uomo sulla cinquantina. Quando mi vedeva, si fermava dietro il portone di ingresso del palazzo in cui abitavamo o si fermava davanti la porta del suo appartamento e fissandomi si toccava per bene le parti intime, sopra il pantalone. Mi sentivo a disagio, inizialmente ho anche pensato di essermelo inventata, era un uomo posato, mi sembrava strano quel comportamento, poi ho pensato avesse dei problemi. Non ricordo gli anni che avevo, età adolescenziale direi. Non l’ho mai raccontato a nessuno, solo una volta a mio padre, perché il signore si era infilato in ascensore con me e ricordo di aver trascorso quei pochi secondi con la tachicardia e la paura che potesse toccarsi ancora o masturbarsi o farmi qualcosa, non è successo nulla di tutto questo fortunatamente. È da poco che ho ricordato questo episodio, ascoltando tutta l’informazione che si è creata sui social intorno alla questione, l’avevo praticamente rimosso. (studentessa, partecipante n. 454)
34Anche gli amici non sempre si rivelano tali:
Ex fidanzato, all’epoca partner (2017). Eravamo all’aperto, vicino casa mia, era notte. Era ubriaco, io sobria, mi aveva riaccompagnata a piedi dopo una festa. Ha insistito fino allo sfinimento di avere un rapporto, ho ceduto… ma non volevo… per niente. Ho pianto e non ha fatto nulla. Alla fine mi ha accompagnata fino alla porta, me l’ha aperta lui perché il non riuscivo. Mi sono messa a dormire. Nonostante ciò non sono riuscita a lasciarlo subito, non volevo pensarci, pensavo che potesse essere normale. Era il mio ragazzo. Quando due mesi dopo se ne è andato ho sentito tanta leggerezza, e ho capito che era giusto così. Le poche persone (coetanee) a cui all’epoca l’avevo raccontato hanno sminuito, qualcuna ha invece compreso. Non ho denunciato, non ho detto nulla ai miei genitori. Non voglio addossargli questo peso. Ora sono passati anni, sto bene, sono fidanzata da due anni e mezzo con un ragazzo che standomi vicino mi ha alleviato tanta sofferenza e che non ha avuto paura di trovarmi “rotta” e con mille paranoie. (studentessa, partecipante n. 850)
35Tra i casi più gravi spiccano quelli che vedono come molestatori dei componenti della famiglia:
Una persona molto vicina in famiglia mi ha molestata per mesi toccandomi le parti intime. Ero piccola (12-13 anni), non capivo cosa succedeva e non ero ovviamente d’accordo a quello che succedeva, ma a lui non importava. Volevo chiamare qualcuno ma avevo paura che mi avrebbero portata via da mia mamma. Mi sono sentita completamente sola e indifesa, non potevo fare niente. Non ero così piccola, ma rispetto a oggi l’educazione sessuale era completamente assente, quindi non sapevo nemmeno cosa voleva dire (studentessa, partecipante n. 213)
Avevo circa 6-7 anni, un mio parente mi ha fatta sedere sulle sue gambe e ha iniziato a fare movimenti sessuali. Ero spaventata, ma in un certo senso consapevole della mia stessa paura e di quello che stesse accadendo, tuttavia era bloccata. Le conseguenze sono state peggiori perché sentivo di non poterne parlare con nessuno, e per lungo tempo mi sono sentita schiacciata da quello che era accaduto, non riuscivo ad interagire o avere un contatto fisico con persone di genere maschile che non fossero conosciute. Mi ha portata a chiudermi in me stessa e limitare l’espressione del mio stesso modo di essere (studentessa, partecipante n. 128)
Durante la mia adolescenza sono stata toccata più di una volta nelle parti intime da un familiare. Io non ero consenziente. (studentessa, partecipante n. 675)
Ho subìto tantissime molestie per strada, fatte da sconosciuti in un sacco di modi diversi, ma la peggiore molestia che mi sia mai capitata è stata compiuta da una persona che non mi aspettavo affatto: un mio zio di sangue. 3 anni fa eravamo andati al mare io, la mia famiglia e i miei zii, ogni volta che io ero in costume o indossavo un top anche poco scollato lui aveva sempre lo sguardo lì. Poi a una cena di famiglia 3 mesi dopo, lui ha fatto una battuta a dir poco sconcia sul mio seno e la mia fisicità, ridacchiando davanti a tutti. Ci ho messo diverso tempo per metabolizzarla, ogni volta che ci ripenso mi sento davvero male. Forse lui non aveva intenzione di ferirmi e non aveva idea di quello che stava realmente facendo (anche se dubito, dato che se un uomo ha dei pensieri di questa piega incestuosa verso una sua nipote di sangue, allora nella sua testa c’è qualcosa che non va), ma se sapesse quanto male mi sono sentita in quel momento e non solo, si sotterrerebbe dalla vergogna. La conseguenza più importante è che ora, ho una percezione diversa delle persone, faccio più fatica a fidarmi e mi sento molto distaccata, a volta molto sospettosa, diffidente, quasi paranoica. Da allora cerco di impegnarmi a parlare con diversi ragazzi e uomini, perché spero, nel mio piccolo, di far capire agli altri quanto alcuni gesti possano fare male. (studentessa, partecipante n. 1338)
È la prima volta che lo racconto e questo mi mette abbastanza ansia… […] Un mio parente aveva appena traslocato e gli serviva aiuto per pulire la casa nuova. Io mi sono offerta volontaria e mi sono ritrovata da sola con lui. Ha cominciato a fare chiari riferimenti sessuali, a toccare le mie parti intime (in basso) e provare posizioni sessuali con me (da vestiti). Non so se sia una molestia, anche perché con questa persona ho comunque un bel rapporto, però bho mi ha fatto sentire a disagio. (studentessa, partecipante n. 286)
4.5. I luoghi delle molestie
36I teatri delle molestie sono principalmente strade, piazze, luoghi aperti, seguiti da stazioni e mezzi di trasporto pubblico, in cui molto spesso avvengono fatti gravi. Sono poi da segnalare i luoghi di incontro (bar, discoteche, negozi, supermercati, cinema, palestre) e i luoghi di lavoro e studio. Non dimentichiamo però che molte molestie particolarmente pesanti, già ricordate nei paragrafi sull’età delle vittime e sugli autori delle violenze, avvengono nel chiuso della casa e del contesto famigliare; sono queste le violenze più difficili da raccontare e che lasciano ferite più dolorose e difficili da rimarginare.
Ogni giorno vado a camminare per il mio paese, ed ogni giorno mi ritrovo a dover cambiare strada per evitare di percorrere delle strade isolate da sola. Sono sempre uomini, dai 20 ai 60 anni, che si affiancano iniziando a seguirmi e a parlarmi insistentemente, senza lasciarmi in pace alla mia richiesta. Sono momenti in cui mi spavento, non so mai come rispondere, perché la paura di una reazione negativa e violenta è sempre presente. (studentessa, partecipante n. 238)
Il luogo in cui più spesso accadono molestie è sull’autobus. Molto spesso, tornando da scuola, durante gli anni del liceo, capitava di trovare l’autobus pieno. Un giorno, un signore, avrà avuto più di 50 anni, si è totalmente appoggiato a me e ha iniziato a toccarmi il sedere. Ho provato più volte a spostarmi, a dargli gomitate per farlo allontanare ma non c’era spazio e, presa dal panico, sono scesa subito dall’autobus nonostante fossi a mezz’ora di distanza da casa. Ho aspettato più di un’ora per trovarne uno vuoto in cui mi potessi sentire a mio agio. Nonostante ciò ho avuto come l’impressione che quelli al mio fianco si fossero accorti di tutto ma non hanno mosso un dito. Per una settimana sono arrivata in ritardo a scuola o entravo alla seconda ora pur di non prendere autobus pieni e più volte mi è capitato di dovermela fare tutta a piedi. (studentessa, partecipante n. 274)
Mi trovavo su un autobus e un uomo ha iniziato ad avvicinarsi troppo, ponendomi domande a sfondo sessuale in maniera insistente. Mi sentivo a disagio, provavo ansia e non sapevo come reagire. Io non gli ho risposto e successivamente mi sono spostata e lui non mi ha seguita. (studentessa, partecipante n. 208)
ragazzo sulla trentina si siede davanti a me sul treno e comincia a masturbarsi, poi cerca di toccarmi. (studentessa, partecipante n. 214)
Mi trovavo sull’autobus di ritorno da scuola, un ragazzo quel pomeriggio mi bloccò sul sedile e iniziò a palpeggiarmi senza il mio consenso. Io mi sono trovata in difficoltà senza possibilità di muovermi. Tutti i passeggeri si misero a ridere, un solo ragazzo vide la mia preoccupazione in faccia e prese di forza questo ragazzo per allontanarlo da me. Scesi di corsa dall’autobus . Tutt’ora in certe situazioni ho quell’episodio impresso nella mente, limitandomi in diverse mie azioni. (studentessa, partecipante n. 311)
Una volta in discoteca, stavo ballando tranquillamente con le mie amiche. Un ragazzo mi avvicina (anche un po’ troppo) dicendomi che vuole ballare con me e prova a baciarmi. Gli ho detto di no per 3/4 volte ma lui continuava a insistere tenendomi stretta a lui. Al mio ennesimo rifiuto si è arrabbiamo mi ha lasciato andare. Nell’andarsene mi ha dato della stronza, puttana. Il ragazzo non lo conoscevo, avrà avuto forse 20-21 anni e io 18-19 se non sbaglio. Purtroppo nelle discoteche queste cose capitano spesso, ma non credo che debba essere io a cambiare il mio comportamento. Non ho dato peso agli insulti poco carini perché usciti dalla bocca di un ragazzo del genere non valeva neanche la pena prendersela. Complimenti per il questionario, molto interessante (studentessa, partecipante n. 343)
37Le testimonianze raccontate su molestie subite nei luoghi di lavoro sono tante, ricordano e confermano quanto riportato nel bel libro di Patrizia Romito e Mariachiara Feresin: Le molestie sessuali, in cui le autrici descrivono, con l’ausilio di una ricca mole di dati tratti da interviste, le molestie negli ambiti di lavoro e studio6. È interessante notare come nei settori lavorativi le molestie siano facilitate dall’asimmetria di status; sono infatti agite da datori di lavoro, colleghi più anziani, clienti, solitamente su ragazze giovani alle prime esperienze lavorative in mansioni precarie e di basso status:
Sul posto di lavoro ho sempre subito molestie verbali da parte di un altro dipendente (avente il triplo dei miei anni). Per non rovinare il clima lavorativo ho sempre fatto finta di nulla e non ho mai risposto a queste provocazioni, che però mi colpivano così tanto al punto che mi trovavo immobilizzata dal disagio e dallo schifo che provavo. Fortunatamente alcuni miei colleghi (miei coetanei, quindi sulla ventina) se ne sono accorti e mi hanno sempre aiutata quando percepivano il mio disagio, prendendo il mio posto, eventualmente, così da limitare il più possibile il contatto che poteva esserci tra me e quest’altro collega, che mi molestava verbalmente. Una sera ero l’unica rimasta e, mentre stavamo finendo di lavorare, il soggetto in questione mi tocca il fondoschiena iniziando a ridere. Mi sono totalmente immobilizzata e dopo tre minuti ho preso e me ne sono tornata a casa piangendo; anche se volevo dirgli di smetterla e far presente la cosa, non ci sono riuscita, non mi usciva la voce, ero totalmente paralizzata. Da quel giorno ho limitato i contatti il più possibile (e i miei colleghi mi aiutano in questo) e non gli ho più rivolto la parola, ignorando anche un suo minimo saluto. Ho provato così tanto disagio al punto che prima di andare a lavorare ragiono sul fatto che forse dovrei coprirmi un po’ di più per lavorare e la cosa mi fa davvero soffrire (studentessa, partecipante n. 266)
L’ultimo eclatante riguarda un fatto accaduto nel 2019, lavoravo in un grande negozio. Mentre stavo lavorando si avvicina questo uomo adulto sui 60 che mi chiede indicazioni su una cintura. Dopo aver ampiamente spiegato, continua a parlarmi del negozio in generale, io gli faccio notare che sto lavorando e non posso chiacchierare e mi allontano (il tutto in maniera gentile). Lui inizia a seguirmi per le corsie e si apposta a fissarmi. Mi richiama e mi chiede nuovamente consigli per una cintura e mente gli rispondo mi chiede di girarmi, io troppo innocentemente lo faccio, lui prende la cintura e la sbatte sul mio sedere. Io ero mezza sconcertata e mezza arrabbiata. Sono andata via informando la guardia dell’accaduto. La cosa che ancora oggi mi fa arrabbiare è che poi ho pianto, per nervosismo per lo più. Il tizio, mi spiace ma non lo voglio chiamare signore, è tornato altre 2 volte cercandomi. (studentessa, partecipante n. 1019)
Durante il turno di lavoro come barista il mio capo turno mi ha toccato con una scusa il seno, mi sono sentita violata e a disagio, ho denunciato la cosa al superiore che non ha fatto nulla e da quell’episodio in poi ho evitato il più possibile di trovarmi vicino al capo (studentessa, partecipante n. 509)
Stavo lavorando, faccio la cameriera. Uno dei clienti ha iniziato a farmi complimenti sull’aspetto fisico, non lo conoscevo ed aveva almeno 70, quasi il triplo dei miei. Tutte le volte che passavo vicino al suo tavolo mi fissava insistentemente il seno o il sedere. Ad un certo punto mi ha anche chiesto di andare a casa sua, mi ha detto che mi avrebbe pagato. Ho detto subito alla titolare cosa era successo e mi hanno fatto smettere di servirlo. Da quel momento cerco di essere più fredda e meno gentile con questo tipo di clienti, soprattutto maschi, sconosciuti, con più di 60 anni. (studentessa, partecipante n. 755)
[…] È anche successo però che, sempre al lavoro, mentre ero in cucina, uno dei cuochi mi tirasse una pacca sul sedere, decisamente indesiderata, e alzando un po’ la voce gli ho detto esplicitamente che non era proprio il caso e non doveva permettersi, al che lui si innervosisce e mi rimprovera del fatto che avevo reagito in modi esagerato e che per lui fosse uno scherzo. Alla fine per poter tornare a quello che stavo facendo, visto che avevo fretta nel mezzo del servizio, sono stata “costretta” ad ammettere che fosse la mia reazione ad essere sbagliata e a chiedergli scusa. (studentessa, partecipante n. 1230)
Un datore di lavoro mi ha chiedeva continuamente di uscire a pranzo insieme alludendo spesso a ciò che avremmo potuto fare dopo, mettendomi a disagio davanti a clienti e altri colleghi. In cambio mi avrebbe permesso di arrivare in ritardo, uscire prima e avere delle pause durante l’orario lavorativo. Dopo due settimane di insistenza, ho chiamato l’agenzia che mi aveva mandato lì per comunicare che non volevo più essere assegnata a quel punto vendita, ma il soggetto in questione non ha accettato la cosa e ha iniziato a darmi dell’incompetente, ritardataria e maleducata con l’agenzia. (studentessa, partecipante n. 280)
Lavoravo in una piccola azienda agricola in provincia di Brescia prima di iniziare l’università, spesso venivano chiamati dal mio datore di lavoro pensionati dal paese a dare una mano nelle settimane in cui aveva più lavoro. Questi uomini anziani lavoravano con me e un’altra ragazza della mia età (19 anni) 8 ore al giorno facendo molte battute volgari ed esplicite nei nostri riguardi. Io e lei cercavamo di stare insieme nei filari più lontani e ringraziavamo di essere in due a sopportarli ogni giorno. Mi sentivo a disagio a andare al lavoro. La maggior parte delle volte sono persone sopra i 50 anni a fare queste cose, questo ha cambiato con l’adolescenza il mio modo di vedere gli uomini sopra quell’età, che magari durante l’infanzia associavo all’idea del nonno. (studentessa, partecipante n. 308)7
Non è avvenuto negli ultimi 4 anni, ma negli ultimi 6. Il mio capo di allora (altro contesto non universitario) ha ripetutamente tentato approcci sessuali, con contatto fisico ravvicinato, frasi dirette e richieste di andare nel suo alloggio durante una trasferta. Un mesetto dopo il mio ultimo rifiuto sono stata licenziata. Mi sentivo in imbarazzo e in difficoltà nella relazione con lui, anche se riuscivo a rispondergli a tono. Vista la posizione di potere e la mia necessità di lavoro sono rimasta incastrata e ho continuato a lavorare in quel contesto. A posteriori mi dico che avrei potuto avere più coraggio e denunciare/andarmene. (donna, partecipante n. 949)
38In molti dei casi raccontati, la molestia costringe la lavoratrice a licenziarsi e cercare un nuovo impiego:
Mi trovavo in auto con il mio datore di lavoro; era sera tarda e stavamo rientrando nella nostra città dopo avere partecipato a un evento che riguardava il nostro lavoro. Lui ha accostato l’auto in un luogo isolato e ha tentato un approccio. Alle mie decise rimostranze ha desistito, se avesse insistito io ero pronta a uscire dall’auto e scappare nei campi. Allora io ero molto giovane e atletica, lui attempato e decisamente non atletico. Ho condiviso il racconto dell’esperienza con alcune colleghe, scoprendo che l’individuo aveva tentato avances anche a loro, quindi abbiamo attuato una strategia di mutua difesa, non lasciando mai che lui potesse isolarsi con una sola di noi. Nel frattempo ho cercato e trovato un nuovo lavoro. Questo è solo uno degli episodi di molestie subite. (donna, partecipante n. 1085)
L’esperienza più traumatica che ho avuto è inerente al mio ex datore di lavoro, avevo 20 anni (attualmente ne ho 23), lavoravo come soccorritrice e da poco avevo scoperto di essere incinta dal mio ragazzo di allora, mi sentivo sola ed ero estremamente vulnerabile e frustrata per quello che sarebbe dovuto essere il mio futuro. Il mio ex datore di lavoro era di 30 anni più vecchio di me, non centrava niente e non avevo alcun tipo di rapporto con lui, se non lavorativo. Ha cercato di manipolarmi attraverso attenzioni non richieste, mi ha chiesto esplicitamente più volte di fare “l’amore” con lui, mi ha supplicata dicendomi che si sarebbe preso cura di me e di mio figlio, mi ha toccata, nonostante io mi sia rifiutata più volte. Quando ho visto che la situazione era diventata insostenibile ho provato a denunciarlo al suo superiore, ho parlato con i carabinieri in via informale per capire cosa potessi fare, non sono stata presa seriamente, d’altronde lui “era un brav’uomo” e io solo una ragazzina con un vissuto difficile. Mi sono licenziata dal lavoro e ho abortito. (studentessa, partecipante n. 39)
Mi trovavo sola con il mio capo sul luogo di lavoro. Cito testuale: “Ma se ti do due botte dietro al bancone secondo te ci vede qualcuno?”. Il mio orario di lavoro era finito. Gli dissi che dovevo andare a casa. Passandogli accanto per andarmene mi ha presa di forza e mi ha fatto un succhiotto sul collo. La settimana seguente ho dato le dimissioni. (studentessa, partecipante n. 518)
Molto tempo fa. Era il mio superiore a lavoro. L’ho rifiutato. Mi ha fatto mobbing per 9 mesi, fino a che ho cambiato lavoro. Ho resistito a lungo, perché sapevo di essere nel giusto, ma ero veramente molto stressata e mi imbarazzava l’idea di rendere pubblica la molestia. Anche perché non avrei saputo come dimostrarla. Ho temuto che, nel caso avessi denunciato la cosa in azienda, non mi avrebbero creduto. Mi è costato molto andare via, anche perché avevo lavorato molto per ottenere due promozioni ed i risultati raggiunti in 6 anni erano la prova della mia serietà professionale. È stata una scelta difficile, ma appena cambiato lavoro, mi sono sentita rinata. (donna, partecipante n. 660)
39Anche i colloqui di lavoro possono essere occasione di molestia:
Un ragazzo con cui stavo facendo il colloquio al lavoro ha iniziato a toccarmi le mani. Io mi sono ritratta, ma ho proseguito il colloquio. Lui ha continuato, gli ho detto di smetterla. Ancora lui mi ha accarezzato le gambe facendo finta di stiracchiarsi. Ero impietrita e non ho reagito, mi sono sentita molto nervosa, poi ho provato disgusto. Ho interrotto il colloquio ma lui non ha capito a mio parere il motivo e ha continuato con sguardi e parole a disturbarmi finché è uscito dall’edificio. Da quel momento cerco di non svolgere colloqui da sola e se dovesse succedere di nuovo mi sono ripromessa che cercherò di reagire subito. (studentessa, partecipante n. 1076)
40Gli episodi riferiti avvenuti in ambito scolastico o accademico sono una settantina. Di alcuni di quelli avvenuti in ambito scolastico si è dato conto nelle sezioni precedenti. Vediamo ora alcuni tra quelli, una trentina, che riguardano l’università, una ventina dei quali si sono verificati nell’ateneo di Milano-Bicocca. In alcuni casi i molestatori erano sconosciuti che si aggiravano nell’ateneo, in altri compagni di studio:
Mi è successo di venire molestata all’interno degli spazi dell’Università (non Bicocca): un uomo si è avvicinato a me, iniziato a parlare chiedendo l’ora ecc., si è seduto sulla panchina dove ero io e sempre di più si spingeva fino a mettersi quasi a cavalcioni su di me. Al che ho avuto uno scatto, mi sono alzata e andata via. Quella persona, probabilmente, non stava bene mentalmente. Per quanto mi abbia fatto provare ribrezzo mi sento di “scusarlo” maggiormente rispetto a chi attua comportamenti denigratori/sessualmente espliciti nei confronti delle ragazze in giro, quando queste non stanno facendo niente di fuori dalla norma: cammino tutti i giorni a piedi per la mia città e non c’è una volta in cui torno a casa senza aver subito sguardi/fischi/parole… (studentessa, partecipante n. 946)
Nel parcheggio sterrato di fronte all’U28 un ragazzo si è avvicinato alla macchina di una mia amica (dove eravamo appena salite in tre ragazze) e ha iniziato a masturbarsi eiaculando sul suo finestrino. (studentessa, partecipante n. 1079)
41In altri casi i molestatori sono superiori e/o docenti. Parecchie denunce provengono da Medicina e Chirurgia, risultato che conferma quanto emerso in un’indagine di qualche anno fa sulle molestie all’Università di Padova8.
Un medico del reparto dove lavoro, il secondo giorno di lavoro insieme ha iniziato a farmi domande inizialmente personali (quanti anni hai, sei fidanzata) poi via via sempre più inopportune: “ingoi? Culo sì o culo no?” di fronte ad altri medici di reparto che non conosco, mettendomi in imbarazzo. Ora non lavoriamo più nello stesso reparto, ma gli episodi si ripetono quando ci incrociamo per caso nei corridoi o nelle degenze, l’altro giorno sulle scale mi ha definito “pompinara”, poco dopo di fronte al mio responsabile ha detto che mi vorrebbe scopare. Io ora ci rido su perché so che lo fa con tante donne, penso che si creda simpatico e sono convinta che non mi torcerebbe mai un capello, però spesso la cosa mi mette in imbarazzo. (studentessa, partecipante n. 581)
Durante i tirocini in ambulatorio ho ricevuto da parte di un medico continui commenti riguardo il mio aspetto fisico e battute su quanto sarebbe stato bello toccare il mio fondoschiena. Questi “commenti non richiesti” causano molto disagio, perché ci si sente considerate un ornamento e non delle vere e proprie persone dagli uomini. Il problema è che tutto ciò accade tutti i giorni, lo hanno sempre fatto la maggioranza dei miei compagni al liceo e lo fanno buona parte dei compagni di corso in università. Per evitare tutto ciò cerco di relazionarmi il meno possibile con gli uomini (sono molto selettiva, qualche uomo decente esiste), cerco di evitare di uscire o di uscire in luoghi sicuri, mi muovo sempre in auto e mai con i mezzi pubblici. (studentessa, partecipante n. 626)
L’episodio che mi ha segnata maggiormente è avvenuto in un reparto di ospedale che ho frequentato per qualche settimana come tirocinante. Il primario del reparto faceva allusioni sessuali, mi parlava della sua vita sessuale e mi toccava spesso i fianchi, a modo suo per scherzare. Mi sono sentita terribilmente a disagio per tutta la durata del tirocinio e al contempo impotente perché non sapevo come affrontarlo dato che si trattava comunque del primario, la figura più potente di un reparto. Inoltre avevo paura che se l’avessi raccontato a qualcuno la colpa sarebbe ricaduta su di me. Mi sono limitata a fare di tutto per evitarlo finché non è finito il periodo di tirocinio. (studentessa, partecipante n. 668)
Mentre non potevo spostarmi perché dovevo mantenere la sterilità al campo operatorio, un collega chirurgo più anziano si è avvicinato da dietro al punto da venire in contatto con le parti intime senza che io potessi evitarlo. (studentessa, partecipante n. 1518)
Discorsi totalmente inappropriati e sguardi indesiderati da parte del mio ex capo. Col tempo si sono trasformati in invasione della mia vita privata e del mio tempo libero. Ho provato disagio e fastidio crescente, ansia che il mio mettere dei paletti in modo chiaro potesse risultare in ripicche lavorative (cosa che effettivamente è avvenuta). Ho cercato di distanziarmene quanto più possibile, partendo per gli Stati Uniti ma, se possibile, con la distanza l’invadenza è aumentata. La pressione a cui questa situazione (diventata personale e lavorativa) mi ha sottoposta mi ha portato a sviluppare una forma di depressione. Ho chiesto una sospensione per malattia del mio percorso di studi e sono infine riuscita a cambiare responsabile. (donna, partecipante n. 711)
42Si ripete qui quanto segnalato per le molestie nei luoghi di lavoro: anche in un ambito che si vorrebbe civilizzato e colto, si producono le stesse dinamiche: le molestie sono facilitate dalla differenza di ruolo e potere tra uomini e donne. Il brano successivo denuncia con sorprendente lucidità quanto avviene nella cittadella del sapere:
Fra i vari episodi che mi vengono in mente preferisco parlare di quelli riguardanti la Bicocca. […] Il mio mentore prova sentimenti per me da dieci anni (e credo sia risaputo da tutti i suoi pari grado del gruppo), non ha mai preso l’iniziativa ma 7 anni fa si è dichiarato (questo non credo gli altri lo sappiano); l’ho rifiutato. Conosco diverse assegniste con problemi simili al mio. Negli ultimi anni alterna periodi in cui mi guarda con gli occhi sognanti a periodi in cui mi tratta molto male. Nel 2018-19 ho passato almeno un anno e mezzo a piangere in bagno una volta a settimana. Diverse persone si sono accorte del suo comportamento, e con loro ho parlato se confidarmi o meno con il Consulente universitario. Ho optato per il no, per evitare il vespaio che ne sarebbe sicuramente scaturito. Avrei messo fine alla mia carriera. Adesso va meglio. Forse anche perché mi impegno al massimo per farmi scivolare addosso le sue giornate no. Negli ultimi 3 anni 3 ragazze hanno rifiutato ruoli o abbandonato posizioni già in essere perché non sopportavano il comportamento di alcuni membri del gruppo. Non dico comportamenti legati alla sfera sessuale, ma sicuramente le donne vengono considerate in modo molto diverso rispetto agli uomini di pari grado. In generale, il mio è un gruppo dove è chiaro che i PhD sono quasi tutte donne e i ricercatori/professori TUTTI uomini (e parlo degli ultimi 10 anni). Sono un clan. Sono spesso soggetta a battute a sfondo sessuale, a volte divertenti a volte no. Sono peggiori le battute che vengono fatte in mia presenza riferite ad altre assegniste o professoresse. Quando anni fa i prof del gruppo parlavano di chi votare per la giunta, gli uomini venivano valutati per intelligenza/cultura, le donne per come vestivano o apparivano. A lista dei candidati terminata, glielo ho fatto notare, hanno detto che scherzavano. […] (donna, partecipante n. 882)
L’episodio più grave che è invece avvenuto in università è stato da parte di un tecnico di sesso maschile, in più occasioni, durante attività di laboratorio, anche in presenza di altre persone ma soprattutto se rimaneva da solo con la sottoscritta. Gli episodi consistevano in allusioni sessuali esplicite ripetute continuamente per tutta la durata dell’attività di laboratorio. L’episodio più grave che mi ha fatto smettere di andare in laboratorio con questo individuo è stato l’essere stata toccata senza permesso dopo gesti sessualmente espliciti. Mi sono rivolta all’allora consigliera di fiducia ma, nonostante l’incontro mi sia stato d’aiuto psicologicamente, mi è stato riferito che non mi si poteva garantire l’anonimato. Quindi presi io le mie precauzioni e difese personali, non potendo rischiare né uno scandalo né la carriera futura in università. (donna, partecipante n. 806)
Sul luogo di lavoro mi è capitato ripetutamente che un collega (la persona che mi assegnava il lavoro ma che formalmente non era il mio capo) facesse apprezzamenti o battute che mi hanno fatta sentire estremamente a disagio come ad esempio “spogliati”, “hai iniziato a fare sesso che ti vedo dimagrita?”, “hai messo il lasonil sulle tette che sono più grandi”. Mi sono sempre sentita estremamente a disagio e per lungo tempo mi sono limitata a stare zitta. Diventavo però sempre rossa quindi il mio imbarazzo era evidente. In seguito ho iniziato a rispondere con delle battute per sdrammatizzare la situazione. Non che le battute mi facessero sentire meno a disagio ma ho cercato di proteggermi buttandola sul ridere. Inizialmente avevo una borsa di studio, quindi non mi sono lamentata con i miei superiori perché non volevo compromettere la possibilità di un rinnovo e temevo che parlare con qualcuno dell’accaduto facesse diventare la situazione più pesante. Adesso sono a tempo indeterminato (e in un altro ufficio, quindi incontro solo sporadicamente quella persona) non mi sento di poter più dire nulla perché non avendolo fatto prima e anzi, avendo poi cercato di buttarla sul ridere per sentirmi meno a disagio, mi sento come se ciò che è accaduto sia stata colpa mia. Inoltre, ho sempre avuto paura che quella persona potesse allungare anche le mani, quindi ho sempre cercato di non trovarmi da sola nella stesso luogo dov’era lui. Se lo vedo nei luoghi comuni mi nascondo prima che possa vedermi e non solo per il disagio delle battute passate (per fortuna sono mesi che non ne fa) ma perché ormai la sola vista di quella persona mi crea malessere psicologico e stress. Lavorativamente parlando, se devo avere a che fare con quella persona, cerco di recarmi nel suo ufficio in orari in cui è meno probabile trovarlo, così da avere la scusa per mandare avanti il lavoro tramite e-mail anziché di persona. (donna, partecipante n. 27)
1) collega che ha mi ha toccato il seno in ascensore -> reagito con spintone, chiedendo come si potesse permettere 2) docente ordinario che tendeva a toccare spalle, venire dietro la scrivania alle mie spalle Chiesto a più riprese di non venire dietro la scrivania (messo cassettiera come ostacolo) e chiesto di tenere le distanze. (donna, partecipante n. 1434)
Sono stata invitata a un incontro di lavoro più o meno tre anni fa, da un docente di altra università e nell’ufficio a porte chiuse la persona ha cercato di abbracciarmi e baciarmi. e stato molto disturbante anche perché era una collaborazione importante. ho fatto capire che la cosa mi disturbava si è ripetuta ho ricevuto anche messaggi what up apprezzativi che ho considerato molesti e quindi ho evitato di andare in questo ufficio pero un allusione a doppio senso e stata fatta anche in un occasione pubblica dove mi trovavo per caso a cena allo stesso tavolo. ho avuto un episodio simile molti anni fa in un altro posto di lavoro quella volta da un superiore (donna, partecipante n. 1097)
Un docente universitario, durante la cena di Dipartimento, si rivolge ai suoi colleghi davanti a me e dice, chiamandomi per cognome: “La XXX (mio cognome) è una che te la fa annusare e poi non te la dà”. E poi rivolto verso di me, davanti al buffet, mentre nessuno ci ascoltava: “Io e te nel mio letto faremmo i fuochi d’artificio”. Specificamente questa frase, quello stesso professore me l’ha ripetuta cinque volte nel corso della serata. Un’altra volta, dopo una riunione didattica, lo stesso Professore, mentre mi volto per uscire si permette di accarezzarmi il collo (avevo lo chignon). Io mi giro, gli do uno spintone e gli dico: “che cazzo stai facendo?” (è una reazione che mi è venuta molto istintiva e incontrollata). Lui mi risponde: “Avevi l’etichetta del maglio fuori, te l’ho semplicemente aggiustata, stai calma” - e poi sorride con sguardo sornione. Io gli dico: “Bhè, ti pregherei di lasciarla lì la mia etichetta fuori posto la prossima volta, perché se mi tocchi un’altra volta farò ben peggio dello spintone”. Lui ride, ma si vede che la mia reazione di auto-difesa lo ha reso nervoso. Da quel momento, questo professore è andato in giro in Dipartimento a dire malignità sul mio conto - che mi sono state riferite e che hanno contribuito a non farmi vivere bene l’ambiente accademico professionale. Per favore, non dimentichiamoci che questi sono solo due episodi, ma ne conoscono molti altri, MOLTISSIMI ALTRI, accaduti non a me direttamente, ma alle mie colleghe. L’harassment è uno dei CANCRI terribili della nostra Accademia, e forse, del nostro sistema culturale in genere. Un tema su cui non si ricerca mai abbastanza, visto che la nostra università è vecchia, e appartiene a parrucconi maschilisti che di certo non hanno ottenuto il loro posto per merito, così come accade anche ai ricercatori. Non si ottiene il posto per merito, ma solo se si sta simpatici, o se c’è stato uno scambio di favori. Funziona così, lo sanno tutti, ma pochi/poche denunciano. (donna, partecipante n. 1216)
Il direttore del dipartimento in cui lavoro, un giorno, ha approfittato della solitudine in ascensore per baciarmi sul collo. Io sono adulta, ma sono rimasta impietrita. Avrei dovuto/voluto rispondere a tono. Invece l’evento mi ha lasciato sotto shock. Ho denunciato il fatto alla consigliera di fiducia, pensando soprattutto che, io sono forte e posso buttarmi l’episodio alle spalle. Ma avrebbe potuto succedere ad altre donne senza la mia forza. Mesi dopo, parlandone, ho scoperto che ha agito così con altre professoresse. nessuno si è mai sognato di denunciarlo. Questo mi ha fatto più male delle sue molestie. La consigliera ha parlato con lui. Spero solo che non succeda più. (donna, partecipante n. 52)
4.6. “L’anima mi galleggiava nell’aria”. I sentimenti e le emozioni delle vittime
43Almeno un terzo delle testimoni racconta di aver provato paura, spavento, terrore, che in alcuni casi hanno provocato veri e propri attacchi di panico. Più o meno altrettante sono le testimonianze che parlano di vergogna, imbarazzo, disagio. Emozioni negative spesso citate sono anche quelle che appartengono alla sfera del disgusto (oltre a tale termine, le testimoni impiegano: “schifo”, “ribrezzo”, “nausea”). Una particolare sottolineatura va al senso – diffuso, penetrante, sgradevole, persistente – di sporcizia e contaminazione, sensazioni che durano a lungo, malgrado docce e tentativi di purificazione9. Altre testimonianze fanno riferimento alla sorpresa, che assume a volte le sembianze di un vero e proprio choc, altre al senso di umiliazione, mortificazione, frustrazione generato dall’accaduto. Spesso citato è un sentimento pervasivo di insicurezza, che non finisce con il chiudersi dell’episodio, ma permane nel tempo determinando duraturi cambiamenti negli atteggiamenti e nei comportamenti10. Infine, spiccano nelle narrazioni due emozioni particolari, che possono sembrare contrastanti, ma coesistono invece spesso nel vissuto di una stessa persona, la rabbia e il senso di colpa. La rabbia può essere provata immediatamente o dopo, nel lungo lavorio di ripensamento e tentativo di far fronte all’accaduto. Allo stesso modo la colpa, dovuta a motivazioni diverse, come vedremo. Il brano sotto riportato descrive in modo dettagliato e pregnante l’angoscia provata durante l’aggressione:
Quella volta ero sola. Ero studente fuori sede ed ero appena uscita dalla casa di una zia che abitava nella città dove studiavo. Ha iniziato a seguirmi, tenendosi lontano all’inizio; ho iniziato a camminare più veloce per capire se era una mia impressione o davvero mi seguiva; ha accelerato il passo anche lui; e là ho iniziato ad avere paura; sentivo diminuire la distanza tra noi; è strano sentire che sei nel mirino di qualcuno, che non hai scampo; sentivo caldo e sudore, il tempo che si dilatava e le gambe che non mi ascoltavano, non seguivano i miei comandi; la paura cambia percezioni, le distanze, i rumori, la luce, le reazioni, e anche le decisioni; ho pensato di attraversare attraversato la strada, per vedere cosa avrebbe fatto lui, per non aspettare semplicemente di trovarmelo addosso e, infatti, lui mi è corso dietro e mi ha preso per i capelli. La mia fortuna è stata che lui non era armato; la mia fortuna è stata avere uno spray al peperoncino. Non so come gliel’ho spruzzato in faccia. Mi ha lasciato i capelli e, come in un film a rallentatore, mi sono girata e sono andata via; camminando lentamente. Non riuscivo a correre. Non mi sentivo le gambe. Non sentivo di avere un corpo. L’ anima mi galleggiava nell’aria. Non dimenticherò mai la sensazione di non riuscire a camminare, di mettere una gamba davanti all’altra, di fare un passo, e poi un altro. Non so come sono ritornata da mia zia. Mi sono girata una volta: era ancora un’ombra nera in mezzo alla strada. No (donna, partecipante n. 1089)
44Come si evince dai brani seguenti, è impossibile isolare una sola emozione, il vissuto emotivo consiste di sentimenti diversi, che si accavallano e rendono difficile reagire:
Fischi, frasi del tipo “ quanta roba!” “ bambola!”, gente che si accosta con la macchina e ti chiede se vuoi un passaggio. Sguardi indesiderati da persone che fanno sentire molto a disagio… Ecc.. Ecc.. Mi sento schifata, delusa, arrabbiata, non accetto che nel 2021 una donna sia vista ancora come un mero oggetto di piacere sessuale e che venga trattata in questo modo, facendola sentire spaventata e insicura anche di uscire di casa (studentessa, partecipante n. 1399)
Un anno fa stavo costeggiando un parco vicino a casa mia, quando un uomo tra i 30 e i 40 anni è uscito dal parco e mi si è accostato mentre mi rivolgeva lusinghe volgari. Nonostante cercassi di camminare più veloce e di ignorarlo, a un certo punto ha allungato le mani fino a stringermi a lui ed è arrivato a palparmi il sedere. Dopo averlo spinto per allontanarlo, me ne sono andata velocemente, intimandogli di lasciarmi stare altrimenti avrei chiamato le forze dell’ordine. Dopodiché mi sono sentita sporca, usata, indifesa e sono scoppiata a piangere, probabilmente reazione dovuta anche allo spavento. La cosa peggiore è che c’erano delle persone nelle vicinanze e nessuno ha osato muovere un dito o chiedermi come stessi. (studentessa, partecipante n. 1109)
Un paio di anni fa, stavo tornando a casa; ero a pochi chilometri. Era pieno giorno e stavo camminando in una strada he consideravo sicura. Sento una mano sul fondoschiena e mi accorgo che silenziosamente un ragazzo forse anche minorenne, si era avvicinato in bici, e mi aveva toccata. Sono rimasta interdetta. Ci ho messo qualche secondo per capire cosa fosse successo; mi è salita della rabbia e gli ho gridato un insulto, ma ormai era lontano. Si è girato, mentre pedalava più avanti. Mi sono sentita malissimo, ero arrabbiata, scioccata ma mi sono sentita allo stesso tempo molto in imbarazzo pensando a come ero vestita e al fatto che non avessi nulla che coprisse i jeans che indossavo. Ma più di tutto, mi sono sentita stupida per non aver reagito subito, per essere rimasta ferma e non averlo spinto, e per non essere riuscita a fare di più. Le conseguenze sono varie…dovute al fatto che non è il primo né l’ultimo episodio che ho subito. Sono più cosciente del modo in cui mi vesto, delle persone che ho attorno. Spesso capita di cambiare marciapiede, di guardarmi le spalle, di cambiare vagone in metro, di essere intimorita in generale da ragazzi e uomini in generale. (studentessa, partecipante n. 1082)
45Come anticipato, non sempre la rabbia viene percepita subito, spesso si prova dopo, ripensandoci:
Era un uomo di 35-40 anni credo, avevo 15-16 anni, si è avvicinato a me con il suo motorino, mentre camminavo, mi ha chiesto se gli facevo un pompino e che mi avrebbe pagata, l’ho ignorato, sono andata avanti a camminare, intanto continuavo a stare al telefono a parlare con il mio ex ragazzo e a camminare come se niente fosse. Solo anni dopo mi sono resa conto di quello che era successo, non mi sono sentita in pericolo, ma schifata decisamente sì. Non ho avuto cambiamenti nei miei comportamenti e nei miei atteggiamenti, ma ho provato solo più rabbia e più amara consapevolezza di quelle che avevo già di partenza. (studentessa, partecipante n. 1244)
46Altra emozione pervasiva, citatissima, è la colpa:
Ero seduta sul treno […] nei posti da 5, con davanti a me una mia amica. un signore sui 50/60 si è seduto accanto a me e dopo poco ha iniziato a toccarsi le ginocchia e avvicinare il mignolo alle mie, poi tutta la mano. appena mi ha toccata e accarezzata ho serrato le gambe, l’ho guardato male e gli ho urlato “come cazzo ti permetti?” alzandomi in piedi. il signore è rimasto fermo dov’era, io allora mi sono alzata e mi son seduta da parte alla mia amica. lui si è alzato e se n’è andato. poco dopo è passato un poliziotto e gli ho descritto l’accaduto. mi sentivo vuota, inerme, a disagio e ANCHE IN COLPA PER UNA COSA DI CUI COLPA IO NON HO (studentessa, partecipante n. 1115)
Ero a passeggio con il mio cane, un’auto con alla guida due uomini penso sui 30-40 anni ha rallentato, in un paese piccolo era estate, non c’era in giro nessuno. Hanno abbassato i finestrini e mi hanno detto che bella cagna, indicandomi, facendo l’ironia sul fatto che stavo portando a spasso il mio cane. Ero abbastanza piccola avevo 16 anni ho provato vergogna, e paura che potesse sfociare in altro. Ai tempi pensavo fosse anche colpa mia perché ero vestita con abiti estivi come short. Ora sono consapevole che non era colpa mia (studentessa, partecipante n. 1007)
A parte i costanti fischi anche solo per attraversare la strada di casa e andare al Supermercato. Un giorno è stato terrificante. Era estate e faceva molto caldo, stavo andando a fare una passeggiata in un parco a meno di 1 km da casa. Avevo un vestito fino ai piedi con qualche taglio ma niente di particolarmente succinto. In 500 metri mi hanno fischiato/ rallentato con moto, richiamato circa 7 persone. Mi sono sentita uno schifo, ma così tanto schifo che sono tornata a casa. Mentre tornavo pensavo che era colpa mia perché non dovevo vestirmi così. Anche se faceva molto caldo e non era una sede inopportuna o di tipo lavorativo dunque non era richiesto nessun rigore nell’abbigliamento. Ma pensavo che era colpa mia. Mi sentivo essenzialmente l’oggetto sessuale dell’altro. Ho pensato torno su a cambiarmi a casa. Ma durante il percorso mi sono sentita così male che non ho più voluto uscire di casa. Io vorrei solo potermi vestire, nei limiti del contesto, come mi pare. E passeggiare senza dover rendere conto a nessuno. E la cosa più brutta è che se c’è un uomo insieme a me, soprattutto mio padre, non succede ciò. Lo fanno perché sanno di avere potere. Io risponderei ma non puoi mai sapere come reagisce l’altro. Se sono sola in giro, ignoro tutto, faccio finta che non esistono. Reagisco solo se c’è davvero tanta gente, perché ho paura che queste persone mi facciano del male. (studentessa, partecipante n. 817)
47È interessante, e triste, notare come donne e ragazze nel raccontare l’episodio descrivano quasi sempre come erano vestite. Emerge il bisogno, non sempre consapevole, di difendersi dall’accusa di aver provocato la molestia con il proprio abbigliamento, un’accusa antica, patriarcale, sessista, che pare però ancora profondamente radicata nella coscienza femminile, un’accusa che si insinua nella mente e provoca ripensamenti, pentimenti, sensi di colpa11. Come si sa, i giudizi sulle vittime di violenza sessuale sono influenzati dalle norme di genere: esiste una pervasiva tendenza ad attribuire loro responsabilità o colpa di quanto subito sulla base di fattori quali l’abbigliamento, l’alcol, il numero di partner avuti nel passato. Del resto, uno degli universalmente diffusi miti dello stupro sostiene che solo le donne che se lo meritano vengono violentate12.
Indossavo una gonna sopra il ginocchio e mi stavo recando in università, un uomo di mezza età (50) su un camioncino di muratori mi ha gridato “sei bellissima” con tono volgare. Mi sono sentita sporca e inadatta, non avevo mai avuto il coraggio di mettermi gonne troppo corte e dopo quell’episodio ho fatto fatica a indossare nuovamente quell’indumento. Ho iniziato a camminare velocemente senza girare la testa, mi sentivo comunque protetta perché era mattino e c’era gente, ma quel grido mi ha messo in forte imbarazzo e ho ripensato all’episodio per giorni, chiedendomi se fossi stata io ad aver fatto qualcosa di sbagliato. (studentessa, partecipante n. 1400)
Ieri mentre camminavo per le strade del mio paese è passato un uomo che non conoscevo sulla cinquantina in moto e quando è passato vicino a me ha rallentato fischiandomi. Mi sono subito sentita a disagio pensando che forse avevo esagerato nel curare il mio modo di vestirmi, perché effettivamente volevo apparire bella dato che stavo andando ad un compleanno, ma non era questo il genere di apprezzamenti che avrei desiderato. In realtà sono convinta del fatto che non fosse il mio outfit il problema e ripensando all’episodio sento dentro una grande rabbia. (studentessa, partecipante n. 1401)
Recandomi verso l’università spesso, specialmente quando vestita bene per feste o occasioni importanti, gruppi di 2+ ragazzi di sesso maschile mi fermano per strada fischiando o facendomi complimenti. Non si tratta di episodi sporadici ma che capitano quotidianamente. Ci tengo a specificare che non mi vesto in modo esageratamente sconcio, ma normale, anche un semplice vestito sembra attirare le attenzioni di molti. Se anche così non fosse neanche, comunque, questo darebbe il diritto di adottare simili atteggiamenti. La cosa mi fa sentire molto a disagio soprattutto perché con i vestiti che indosso non intendo attirare l’attenzione di nessuno, specialmente di estranei poco raffinati per strada, ma perché è un modo per esprimere la mia personalità. Il verificarsi di questi atteggiamenti mi porta spesso a vestirmi in modo scialbo e senza personalità, per passare inosservata, mettere le scarpe basse e non dei tacchi il cui tacchettìo potrebbero attirare l’attenzione, non truccarmi in tutte quelle situazioni in cui mi ritrovo sola a prendere dei mezzi pubblici preferendo truccarmi e cambiarmi giunta a destinazione. Al contrario, se ho la possibilità di ricevere un passaggio da un’amica, mi sento molto più protetta e libera di esprimere la mia personalità. (donna, partecipante n. 1254)
48Come abbiamo visto in precedenti testimonianze, il senso di colpa è persistente e viene aggravato dal pensiero, riferito in molti racconti, di non aver reagito in maniera adeguata contrastando l’aggressore, anche per impedire la ripetizione delle molestie su altre donne:
In pullman un uomo seduto accanto a me ha allungato le mani sulle mie cosce, io mi sono scostata e sono scesa alla fermata successiva. Mi sono sentita disgustata dal suo comportamento e successivamente mi sono pentita di non aver detto nulla. Se dovesse ricapitare voglio e spero di avere la forza per poter dire qualcosa anziché “scappare”. (studentessa, partecipante n. 1271)
Un pomeriggio di agosto del 2010, avevo 17 anni e mi trovavo in bicicletta su una pista ciclopedonale che attraversava dei giardini pubblici. Di fronte a me vidi arrivare un uomo a piedi, apparentemente sui 40 anni e di origine magrebina: quando stavo per incrociarlo, si abbassò pantaloni e mutande, disse che ero bellissima e tentò di toccarmi una coscia. Dissi “non mi toccare”, iniziai a pedalare fortissimo fino a quando non vidi due donne sui 60 anni a spasso con i cani. Ero molto spaventata, sentivo il bisogno di parlare con qualcuno. Allo stesso tempo volevo mantenere il controllo. Avvertii semplicemente le due donne di fare attenzione a questa persona se per caso l’avessero vista. Loro semplicemente dissero che erano tranquille perché avevano i cani, e mi suggerirono di andare alla stazione di polizia per denunciare l’accaduto. Le ringraziai ma non ci andai, perché provavo una grande vergogna e credevo che ormai non avrebbero mai identificato quell’uomo. Doveva essersi allontanato e non ricordavo praticamente nulla di lui se non il colore dei suoi pantaloni e della sua pelle. Successivamente provai un grande senso di colpa, perché altre ragazze avrebbero potuto trovarsi nella mia stessa situazione in futuro, e io non ero stata capace di fare niente. Cosa sarebbe successo se non avessi avuto la mia bicicletta? Nei mesi e negli anni successivi continuai a percorrere la stessa pista, anche da sola, con una grande paura, ma nessuno seppe mai niente. Quasi un anno dopo conobbi il mio primo ragazzo. Non avevo la patente e non conoscevo bene i mezzi, così, quando lui non poteva venire in macchina da me, prendevo la bicicletta e ripercorrevo quella stessa pista per incontrarlo, perché era la via più breve. Avevo paura, ma non dissi niente nemmeno a lui. Volevo solo cancellare quello che era successo, e mi sentivo come se l’unico modo per farlo fosse tacere e passare continuamente avanti e indietro su quella pista, settimana dopo settimana, come se non fosse mai (studentessa, partecipante n. 1341)
4.7. Una “preda”, un “oggetto incustodito”, uno “scarto”, un “inutile pezzo di carne da passarsi”
49Come si sarà notato, alcune testimoni raccontano di aver provato un sentimento di degradazione, dovuto al sentirsi trattate come animali, invece che come esseri umani. L’animalizzazione è una forma antica di sottrazione dell’umanità, che colloca l’essere deumanizzato a un grado inferiore rispetto a chi è definito dal pieno possesso delle caratteristiche umane13. Nel corso della storia la deumanizzazione di tipo animalistico è stata spesso impiegata per delegittimare le donne14.
Quando ero giovane, essendo una ragazza procace, spesso ho ricevuto apprezzamenti anche espliciti per il mio aspetto, con volgarità. Da adulta, è successo di ricevere attenzioni non gradite da estranei, palpeggiamenti sui mezzi pubblici, tentativi di avvicinarmi per strada con frasi esplicite, sguardi insistenti. In ogni caso, mi sono sentita una cosa, una preda, annullandomi come persona e al di fuori della mia volontà. Credo di essere diventata più sospettosa nei confronti degli altri, soprattutto se sconosciuti, questo incentivando un atteggiamento mio innato. (donna, partecipante n. 1004)
Qualche anno fa, mi trovavo in una discoteca con le mie amiche e un ragazzo a qualche metro di distanza mi guarda e mi fa il gesto di avvicinarmi a lui con la mano, guardandomi in modo ammiccante. Allora io gli ho risposto di no e me ne sono andata con le mie amiche. Mi sono sentita in imbarazzo, trattata come se fossi un cane e la serata non è stata affatto divertente né piacevole per me. (studentessa, partecipante n. 1114)
Stavo tornando a casa a piedi dopo il lavoro. Mi stavo recando verso la fine della strada, molto trafficata, zona Ripamonti. Nonostante avessi le cuffiette alle orecchie ho visto e sentito 3/4 macchine una diversa dall’altra lungo la fila, fischiare e fare apprezzamenti. All’interno vi erano gruppetti di ragazzi, in altre macchine uomini (50 enni). Ho semplicmente ignorato per paura che ad una mia reazione esagerata avrebbero potuto farmi qualcosa di male e ho iniziato a camminare più veloce possibile, facendo finta di scrivere su whatsapp. Sono ben accettati gli apprezzamenti, ma non urlando e fischiando come ad un cane da una macchina e non con uno sguardo da palesi secondi doppi fini. (studentessa, partecipante n. 1223)
50Altri resoconti definiscono lo stato d’animo esperito in termini di oggettivazione, una diversa forma di deumanizzazione, nella quale le donne sono considerate oggetti sessuali, meri strumenti del piacere o dell’ossessione altrui15. È interessante in questo senso notare come il termine “oggetto” compaia in molti racconti, a significare uno stato d’animo condiviso:
Odiavo che qualcuno potesse sentirsi in diritto di toccare liberamente il mio corpo, come se io non fossi una persona, come se non avessi una volontà, come se fossi solo un oggetto incustodito (studentessa, partecipante n. 958)
la prima volta che sono stata molestata avevo 11 anni un signore di circa 50 ha cominciato a fare catcalling, mi sono sentita un oggetto, impotente, in balia dello sguardo altrui, da quel momento ho cominciato a pensare al mio corpo in maniera diversami sono resa conto che il mio corpo attirava situazioni di pericolo semplicemente esistendo. (studentessa, partecipante n. 1102)
Stavo uscendo di casa con la macchina, all’incrocio più vicino un furgone ha rallentato, l’autista mi ha suonato e il passeggero ha iniziato a mandarmi dei baci (entrambi uomini di mezza età). Io ho suonato il clacson e gli ho fatto il dito medio, poi ho chiamato il mio ragazzo per stare più tranquilla nel resto del tragitto e avere una sicurezza in più nel caso in cui i due individui in questione avessero deciso di seguirmi. Mi sono sentita in pericolo, trattata come un oggetto, ho avuto il morale a terra per il resto della giornata (studentessa, partecipante n. 1282)
È successo così tante volte di riceve fischi, sguardi eccessivi, commenti anche volgari, essere stata toccata, ecc., che non saprei quale episodio scegliere. Odio il fatto di sentirmi sporca come se avessi io qualcosa che non va, odio non poter reagire per paura, e odio i commenti degli uomini che non possono neanche immaginare come ci si senta, che sostengono che una donna dovrebbe sentirsi lusingata. Anche solo uno sguardo fatto in un certo modo, o un gesto, è in grado di farti sentire sporca, violata, come se fossi un oggetto. (studentessa, partecipante n. 1264)
Ero con un gruppo di amici e, a pochi metri dalla discoteca da cui eravamo usciti per tornare a casa, un ragazzo, vedendomi passare, ha iniziato a urlare commenti poco carini nei miei confronti. Successivamente, si è avvicinato e ha iniziato a chiedere a un mio amico quanto avrebbe dovuto pagare per avere, cito testualmente, “la mia pussy”. Un amico di questo ragazzo è arrivato e l’ha portato via. In quel momento mi sono sentita a disagio, imbarazzata, poco al sicuro anche se in presenza di altre persone e trattata come un oggetto. (studentessa, partecipante n. 1472)
Fiera dell’artigianato: ero in fila in una bancarella e un ragazzo passando mi ha detto: “bella bambolina” e mi ha toccato il sedere. Mi sono girata improvvisamente ma non sono riuscita a dire niente… mi sono spostata e mi sono sentita un oggetto e a disagio. (studentessa, partecipante n. 1503)
Stavo prendendo il treno. Le porte dovevano aprirsi per far scendere i passeggeri. Ancora prima dell’apertura porte, ho visto quest’uomo sconosciuto sulla 50ina fissarmi il corpo (neanche i viso) con uno sguardo fastidioso mettendomi già a disagio e facendo suonare già in me un campanello di allarme. Le porte si sono aperte, noi passeggeri esterni ci siamo spostati per far scendere quelli interni. Questo essere vivente appena sceso si è diretto verso di me e passando mi ha toccato davanti ed è sparito. Quando mi fissava già sentivo cosa sarebbe successo, quando succedono queste cose ti senti proprio un oggetto, non mi aveva nemmeno guardato in faccia. Appena successo è partita la tachicardia e la paralisi temporanea. Ti senti il sangue gelare e rimani ferma senza fare nulla ne sentire nulla nonostante tu sia in mezzo a tantissima gente in orario di punta. Ho avuto la sensazione ancora prima che il tutto succedesse perché già c’erano stati episodi simili e in questi momenti ti rendi conto di come il tuo modo di pensare cambia. (studentessa, partecipante n. 1510)
Un gruppo di persone di etnia latina mi ha seguito e urlato commenti sessualmente allusivi mentre camminavo qualche decina di metri avanti Mi sono sentita sporca, stupida, inutile, un corpo, un inutile pezzo di carne da passarsi (studentessa, partecipante n. 48)
51Possono essere ricondotti al tema dell’oggettivazione anche una serie di commenti sul fisico delle donne loro malgrado coinvolte, commenti che feriscono particolarmente le adolescenti e le giovani, che non si sentono mai abbastanza magre e seducenti, mai sufficientemente adeguate agli improbabili standard di bellezza che la nostra società impone. I commenti maschilisti colpevolizzano, mortificano, umiliano, con cattiveria e consapevolezza:
Alla fermata del tram un uomo mi ha detto che sono bellissima, che avrei dovuto fare la modella, se potevo dargli il mio numero di telefono. L’ho ignorato, quindi ha cambiato versione dandomi della “grassa” (studentessa, partecipante n. 1120)
Camminavo con una mia amica (dai capelli ricci) in giro per la città. Un gruppo di ragazzi di età varia ha urlato verso di noi. Un “apprezzamento” verso la mia amica, nei miei confronti una risatina seguita da parole poco carine riguardanti il mio aspetto fisico e la mia “bellezza”. Ero già in difficoltà col mio aspetto fisico e la mia presenza, questo episodio nella mia testa ha solo amplificato brutti pensieri. Mi sono sentita uno scarto, credendo alle parole del gruppetto e vergognandomi di aver ricevuto quelle urla e risatine (studentessa, partecipante n. 830)
Un terzo episodio si è focalizzato su offese in merito al mio aspetto fisico caratterizzato dal sovrappeso. Una macchina si ferma e colui che stava all’interno mi urla dicendomi che pur vestendomi di nero non potevo fare miracoli. La mia reazione fu di mortificazione tanto è che da quell’episodio ho cominciato a sentirmi sempre più a disagio nel mio corpo. (studentessa, partecipante n. 1094)
4.8. Le reazioni: dall’“anestesia da violenza” alla difesa attiva
52Quali sono le reazioni alla molestia descritte dalle nostre partecipanti? Tra le reazioni immediate la più frequente è la fuga, seguita dal comportamento passivo, che va dal silenzio all’acquiescenza al volere dell’aggressore. Frequente è anche la richiesta di aiuto, spesso rivolta mediante telefono a famigliari o amici.
Ero nel treno del rientro, fascia oraria tra le 17.00 e le 18.00, tratta Milano-Genova. La carrozza era piena, era il periodo pre pandemia, e di fianco a me c’era un posto: davanti a me, sedute a chiacchierare, altre due ragazze che mi parevano più giovani. Io stavo dormicchiando fino a quando un signore sui 40 anni passa nel corridoio e poi torna indietro per sedersi nel posto accanto libero. Ha iniziato a spostarsi sempre più verso di me, obbligandomi a rannicchiarmi appiccicata al finestrino; mi ha chiesto più volte dove scendessi/dove andassi e ad un certo punto ha allungato la sua mano sinistra toccandomi prima l’interno coscia e poi il retro del ginocchio. Nessuno ha visto nulla perché io avevo sopra le gambe la mia giacca piegata. In quel momento, ho subito avvertito il pericolo prima ancora che mi toccasse, e ho iniziato a raccontare ciò che stava succedendo ad un mio amico con il quale stavo messaggiando. Avevo però paura che quest’uomo leggesse. Inoltre, non volevo avere reazioni troppo smisurate in primis per non spaventare le due giovani davanti a me e poi per non sentirmi ancora più ridicola. Morale della storia mi sono bloccata e per me che ho studi alle spalle di criminologia e sociologia è stato ancora più avvilente rendermi conto che non stavo riuscendo a reagire in nessun modo. Sapevo che il tutto poteva ricollegarsi ad una qualche ‘anestesia da violenza’, molto meno grave ovviamente, ma mi sentivo talmente stupida, sporca che sono andata nel panico. Non appena sono riuscita a muovermi ci stavamo avvicinando a Voghera e ho fatto finta di scendere dal treno, mi sono alzata, mi sono messa la giacca e lui mi ha ancora chiesto se volessi una mano e poi in silenzio sono andata via, nascondendomi “nell’atrio” davanti alle porte di uscita. Lì, mi sono accorta che lui mi stava ancora fissando. A quel punto si è alzato e mi ha raggiunto dicendomi qualcosa come ‘non ti voglio spaventare, non andare via’ e ha continuato a chiedermi informazioni (studentessa, partecipante n. 1229)
53Come abbiamo visto in moltissimi brani, spesso le vittime si trovano a vivere una sorta di paralisi che impedisce di reagire, porta a essere acquiescenti con l’aggressore e a sperimentare poi un acuto e persistente senso di colpa:
Ero in Duomo a passeggiare con un amico quando all’improvviso nella folla un cinquantenne comincia a toccarmi il sedere. La mia reazione è stata di blocco e non ho reagito. Ha reagito il mio amico urlando contro il signore che continuava a ridere. (studentessa, partecipante n. 1094)
Una sera stavo dormendo con degli amici e amiche a casa di una mia amica. Un mio amico si è messo nel letto con me e ha iniziato a toccarmi il corpo e le parti intime, mentre io dormivo. Ovviamente io ero sveglia e ho sentito e percepito tutto, ma non riuscivo a muovermi e non sono riuscita a prendere in mano la situazione. (studentessa, partecipante n. 1122)
Quando avevo 14 anni mi è capitato che un signore di circa 60/70 anni strusciasse il suo pene (con addosso i pantaloni) contro la mia gamba mentre ero in un pullman molto affollato per andare a scuola. Non riuscivo bene a capire cosa stesse succedendo, mi dava fastidio ma non capivo se era una cosa brutta e come avrei dovuto reagire. Non ho fatto niente, non l’ho mai detto a nessuno, non ho avuto problemi. Pensarci ora mi viene ribrezzo verso quell’uomo. E la stessa identica cosa mi è successa quando avevo 20 anni da parte di un ragazzino che ne avrà avuti 15. Questa volta mi sono spostata il più possibile ma comunque non gli ho detto nulla perché sarei stata imbarazzata davanti alle tante altre persone presenti sul mezzo di trasporto. Un caso in cui mi sono sentita in pericolo è stato in metro a Milano (Verso le 9 di mattina, giorno della deejay ten, quindi molto affollato) quando due uomini hanno incominciato a seguirmi. Mi sono unita ad un gruppo di sconosciuti “rassicuranti” e ho parlato con loro finché non se ne sono andati. Questa volta sono fiera di come ho agito. Nonostante tutto trovo che la cosa più irritante, anche se forse meno pericolosa, sia quando mi fischiano o chiamano dalle macchine. Succede spesso.. ieri sono uscita a correre da sola ed è successo 3 volte. Mi sento vulnerabile e per il resto del tempo mi sento a disagio a correre o a camminare da sola. inizio ad evitare strade isolate, cambiare marciapiedi. Vorrei urlare, reagire, incazzarmi e invece implodo. Se è una giornata difficile piango, se è una giornata buona resisto.. ma dentro sto male. Non mi piace essere notata neanche dai miei amici per come mi vesto o come mi muovo, sono un pò timida in quel senso. Di certo non voglio che sconosciuti facciano apprezzamenti di di nessun genere (studentessa, partecipante n. 1003)
Dopo un concerto ero in una stanza d’hotel con conoscenti e uno di loro, vedendo che una mia amica stava flirtando con un suo amico, mi ha chiusa in bagno impedendomi di uscire se non avessi prima avuto un rapporto sessuale con lui. A seguito di miei ripetuti NO per avere una via d’uscita mi sono sentita obbligata ad offrirgli un rapporto orale e, una volta liberata la porta, sono scappata dall’hotel in piena notte recandomi alla stazione più vicina per tornare a casa. A seguito dell’avvenuto ho trascorso una settimana a fissare il vuoto e cercare di farmene una ragione. Non riuscivo a fare altro se non pensare all’accaduto. (studentessa, partecipante n. 482)
54Circa 200 rispondenti raccontano invece di aver reagito ponendo in atto una “difesa attiva”, urlando o colpendo fisicamente il molestatore.
Non c’è un giorno in cui una donna esca di casa senza che qualcuno le faccia apprezzamenti non richiesti e la faccia sentire a disagio. Ma l’evento che più mi è rimasto impresso e quando un giorno, nel brevissimo tragitto tra autobus e metropolitana un uomo tra i 30 e i 50 all’incirca, mi fischiò. Io, fresca di una lettura che parlava di percentuali mostruose di donne che subivano molestie e catcalling, incavolata nera insomma, mi fermo mi giro e dico “ Sei un gran cafone” ma scandendolo proprio e ripetendolo penso un paio di volte, ad alta voce di modo che tutti quelli che erano li sentissero. Comunque la cosa che mi colpì di più fu la sua reazione: l’imbarazzo totale, la risatina impacciata di chi ha fatto la più grande figura di merda della sua storia. Tutto mi sarei aspettato meno che questo a voi le letture del caso… (studentessa, partecipante n. 390)
Uscita dal lavoro alle 12:00, stavo andando alla macchina quando sono passata davanti ad un bar del paese in cui lavoro; fuori da questo bar c’era un gruppo di uomini (40-50 anni) che hanno fischiato e fatto apprezzamenti fuori luogo e non graditi. Mi sono sentita in imbarazzo ma, dato che è una cosa che mi ha dato fastidio, i giorni seguenti sono passata dallo stesso bar (davanti al quale devo passare per forza) e la volta successiva in cui hanno fatto apprezzamenti ho risposto a tono spiazzando totalmente il gruppo di uomini che, le volte successive non mi hanno rivolto nemmeno lo sguardo (studentessa, partecipante n. 283)
Una sera stavo tornando a casa a piedi lungo Viale Melchiorre Gioia intorno a mezzanotte ed un uomo sulla sessantina in macchina ha girato nella via privata dove stavo attraversando e con il mezzo mi si è piantato davanti. Ha tirato giù il finestrino e mi ha chiesto se volevo salire facendo apprezzamenti. Ho cominciato a prendergli a calci la macchina e ad un urlargli di andarsene e lui è scappato urlandomi che ero un pazza: sinceramente sono contenta di come ho reagito e mi ha fatta sentire in grado di farlo sempre ed infatti non ho mai rinunciato ad uscire la sera a Milano pur tornando a casa a piedi da sola! È stato intorno ai 20 anni quindi più o meno 5/6 anni fa. (studentessa, partecipante n. 682)
frequentai una scuola superiore lontana dall’abitazione, quando perdevo il treno spesso facevo autostop con una compagna che abitava in un paese vicino al mio. in 4^ superiore, dopo che la mia compagna scese dall’auto perché arrivata, il conduttore, un manutentore, deviò in una strada appartata nei campi. io ero sul sedile del passeggero anteriore. Mi ha attirato a se afferrandomi il braccio sinistro. La mia fortuna, e non smetterò mai di ripensare con affetto alla mia prof. di educazione fisica, è che praticavamo dei rudimentali approcci di autodifesa. Quando mi afferrò dal braccio sinistro usai il destro a leva e gli sferrai un pugno in faccia. Mi lasciò immediatamente, più per lo stupore che per la forza del pugno ed ebbi il tempo di scappare correndo, raccogliendo qualche sasso nel caso mi avesse seguito, cosa che non successe. Tornai sul vicino provinciale a prendere l’autobus. Non cambiò molto il mio comportamento anche perché ho avuto modo di parlarne con la prof, e ho condiviso senza vergogna l’accaduto. Non mi sentivo assolutamente la responsabile dell’accaduto. Ripresi a chiedere passaggi…ma erano altri tempi, di maggior consapevolezza e condivisione. Avevamo un consultorio facilmente raggiungibile e la consapevolezza che non eravamo degli oggetti sessuali. Ora è diverso, mi capita che quando arrivo bardata da ciclista in atrio dell’ università, riesca ad ascoltare la coda dei commenti che uomini in gruppetto si fanno tra di loro su di me . Non sempre ho la voglia di replicare. Mi fanno sentire molto triste ed amareggiata per l’arretramento colturale avvenuto. (donna, partecipante n. 104)
non mi piace ammetterlo, ma quando cammino da sola giudico gli uomini che mi passano accanto e cerco di prevedere quanto possano essere “per bene”. se ho l’impressione che non lo siano, cambio strada. c’è da dire, però, che io ho sempre risposto. non ho mai abbassato la testa di fronte a complimenti sgraditi e qualche volta ho risposto con la stessa volgarità. chissà. magari lo capiscono. di sicuro restano stupiti e si offendono… come se stessi facendo IO un torto a LORO. io non devo avere paura. io non posso avere paura. devo sentirmi al sicuro, non devo uscire pensando a come tornerò a casa e a cosa potrei rischiare camminando da sola. mi sembra il minimo. (studentessa, partecipante n. 1195)
Una sera in discoteca ero seduta con un’amica e un ragazzo si è avvicinato facendo complimenti inopportuni. Al mio no ha detto “sei la prima ragazza che mi rifiuta devo farti una foto” e mi ha puntato il flash in faccia. Mi sono alzata adirata prendendogli la mano e urlando di cancellare la foto. Il ragazzo (suppongo sui 27 anni, io ne avevo 22) ha detto che non aveva fatto niente in realtà e se n’è andato, guardandomi come se fossi pazza. Certo, la pazza ero io che ho reagito. La stessa sera, dopo l’episodio appena raccontato, ho cercato di godermi comunque la serata e sono andata in pista con la mia amica (con la premessa che nessuna delle due era chissà che danzatrice). Ad un certo punto sento che mi toccano il sedere: mi giro di scatto e non ho visto nessuno se non un gruppo di ragazzi. Fingo di nulla e torno a ballare; tempo 2 minuti e mi ritoccano. Mi giro e ho nuovamente reagito spintonando e urlando a chi mi aveva toccato (alla seconda volta sono stata attenta). Stessa tiritera: sguardi sconcertati da parte del gruppo di ragazzi come se fossi una pazza esagerata nel reagire. Tanto il sedere toccato senza la propria volontà più volte mica era il loro. Dalla reazione di questi ragazzi per come mi sono “difesa” mi sono resa conto che per loro tutto è normale e divento io l’anormale perché reagisco. (studentessa, partecipante n. 284)
Un professore di matematica che faceva il baldo giovane con le ragazzine in cambio del 6 politico. Io figlia di carabinieri l’ho denunciato e fatto licenziare (studentessa, partecipante n. 698)
55Come si sarà già notato, dato che moltissime testimonianze ne parlano, subire una molestia comporta quasi sempre serie implicazioni sul comportamento successivo. La violenza restringe lo spazio di azione delle donne e delle ragazze raggiungendo così quello che è stato da vari autori definito come il suo scopo principale: limitare la possibilità di movimento femminile, rimarcando che la sfera pubblica è prima di tutto una sfera maschile a cui le donne possono accedere solo in modo parziale e da altri controllato16. Così le molestie, in particolare le molestie di strada, concorrono a mantenere lo status subordinato delle donne nella società assolvendo una funzione di controllo sociale17.
Ero in prima superiore e stavo camminando per il parchetto davanti a casa mia con la mia migliore amica. Era inverno ed erano le 18.00 circa, quindi era già buio. Abbiamo visto in lontananza un uomo che ha iniziato a seguirci. Eravamo piccole e spaventate. Ad un certo punto l’uomo ha iniziato ad abbassarsi i pantaloni e a toccarsi sempre mentre ci seguiva. Per fortuna abbiamo accelerato e siamo riuscite a tornare a casa. Questo è solo uno dei tantissimi episodi che ho subito, potrei citarne moltissimi. Oggi purtroppo ho paura anche solo ad uscire di casa da sola, se devo uscire con un vestitino o con i pantaloncini d’estate mi sento sbagliata, a disagio, ho paura possa accadere qualcosa. Non torno mai a casa da sola la sera e quando lo faccio fingo di parlare con qualcuno al telefono. (studentessa, partecipante n. 427)
Sono stata seguita mentre rientravo alla mia abitazione a piedi in compagnia di mia sorella, era una sera d’estate (verso le 22:30/23) e avevo circa 16 anni e mia sorella 13. L’autore era un uomo sulla cinquantina, in auto. Abbiamo cercato di percorrere strade con molte abitazioni, con portoni che si affacciassero direttamente sulla strada e preferibilmente in direzione vietata per le macchine, in modo che una macchina contromano attirasse l’attenzione. Non c’erano altre persone in giro (abito in un piccolo paesino) e quindi abbiamo percorso vari tratti correndo e ci siamo fermate più volte per nasconderci alla vista dell’uomo nell’auto. Siamo state molto fortunate a non essere state notate e ad essere riuscite ad arrivare a casa salve. Ero molto spaventata, temevo per la mia incolumità e per quella di mia sorella, non riuscivo a ragionare in modo lucido e non sono riuscita a esprimermi verbalmente perché non riuscivo ad emettere alcun suono. I nostri telefoni a quell’ora erano scarichi. Da quel giorno abbiamo smesso di muoverci a piedi da sole, anche di giorno, quindi preferenzialmente ci spostiamo in macchina e se dobbiamo fare tragitti a piedi in zone poco frequentate ci assicuriamo di poterci muovere in gruppo o evitiamo di uscire. Inoltre cerchiamo di avere sempre il telefono carico e avvisiamo degli spostamenti e dell’orario di partenza e di arrivo previsto più persone. Se possibile cerchiamo anche di stare al telefono con qualcuno e anche quando rientriamo in macchina, chiamiamo i nostri genitori in modo che possano tenerci d’occhio mentre parcheggiamo (il parcheggio è esterno, di fronte casa separato solo dalla strada) ed entriamo nel giardino. (studentessa, partecipante n. 1110)
Abito abbastanza lontana dall’Università perciò prendo il treno sia all’andata che al ritorno. Una volta, durante il rientro, ho notato che un uomo di almeno 60 anni mi stava fissando mentre si toccava le sue parti intime, all’inizio pensavo fosse soltanto una mia impressione ma il disagio che provavo era troppo e mi sono spostata vicino ad altre persone evitando lo sguardo dell’uomo pronta a chiedere aiuto. Fortunatamente poche fermate dopo è sceso e non è successo niente di grave. Sicuramente portavo e porto sempre con me lo spray al peperoncino, ho pensato diverse volte di cambiare il mio modo di vestire, non coprendomi maggiormente (perché più di un paio di pantaloni, una felpa e una giacca non c’è molto), ma rendere il mio look meno appariscente e magari anche strano così che le persone non si avvicinino a causa della mia stranezza però, per quanto in certi casi viva con un po’ di paura non voglio darla vinta a quei mostri perché è colpa loro, non mia. (studentessa, partecipante n. 245)
Avevo 13 anni e stavo andando all’oratorio. Stavo attraversando un ponte con i “lati” coperti e c’era un gruppetto di ragazzi che ha iniziato a seguirmi urlando “ma che bel culetto ragazzina!!”. Ho iniziato a correre e mi sono molto spaventata. Da quel momento non ho più fatto quel ponte da sola, a costo di allungarmi la strada per arrivare a casa. Ora ho 22 anni. Avevo 16 anni e mi ero fatta i capelli biondi. Ho notato che in questo modo erano aumentati i casi di fischi o colpi di clacson mentre andavo in giro. Quindi dopo pochi mesi sono tornata ad un colore di capelli molto scuro. (studentessa, partecipante n. 319)
Circa 4 anni fa, avevo 17 anni, erano le sette di sera e stavo raggiungendo a piedi la metro, un uomo alle mie spalle mi ha afferrato all’improvviso e mi ha dato un bacio sulla guancia. Credo che il tutto sia durato un paio di minuti, poiché sono subito passate delle macchine e l’uomo è scappato, nonostante ciò mi era sembrato che fosse durato ore… Io all’inizio non avevo capito cosa stesse succedendo, pensavo a uno scherzo di una persona conosciuta, ma poi quando l’uomo iniziò a stringere sempre più forte ho capito e mi sono come pietrificata, non riuscivo né a parlare né a muovermi. Solo dopo qualche secondo che l’uomo era andato via riuscii ad allontanarmi e chiamare i miei genitori. Per un po’ di tempo dopo questo episodio ho fatto fatica a riconoscere quanto successo, avendo addirittura il dubbio di essermelo inventata, a tal proposito molte persone intorno a me non furono molto d’aiuto poiché loro stesse non riconoscevano la gravità del fatto. Quando poi in seguito iniziai a legittimare la mia sofferenza maturai un sentimento di rabbia profondo, che si tradusse in una diffidenza generale nei confronti del genere maschile e soprattutto in uno stato di agitazione costante che peggiorava ogni qualvolta si toccasse l’argomento oppure mi sentissi a disagio o in pericolo. Grazie a un percorso di psicoterapia sono riuscita a depotenziare i sentimenti negativi legati all’accaduto e limitare la sua influenza sulle mie azioni, eppure tutt’ora mi rendo conto di prendere precauzioni che prima non consideravo (es. chiamare qualcuno mentre aspetto l’autobus alla sera tardi, avere sempre il telefono a portata di mano, ripassare mentalmente alcune tecniche di auto- difesa). (studentessa, partecipante n. 1372)
Una sera tornavo a casa, erano circa le 23.00, quando quasi giunta al mio domicilio appostato dietro l’angolo della via c’era un ragazzo che, mentre si stava masturbando esplicitamente, mi è venuto incontro in modo minaccioso facendomi richieste sessuali (la persona era a me sconosciuta). Io non l’ho guardato e l’ho ignorato, ho iniziato a camminare molto più velocemente e sono corsa a casa. L’evento ha provocato in me una profonda rabbia, oltre che disgusto, poiché ritengo tale comportamento una violenza in quanto l’approccio esplicito fosse privo del mio consenso, oltre che molto minaccioso aggressivo. I miei comportamenti però non sono cambiati perché non ritengo giusto limitare la mia libertà per la paura che possa succedermi qualcosa, sento che dovrei essere libera di tornare a casa da sola anche alle 02.00 senza sentirmi spaventata. Sicuramente quando mi ritrovo in situazioni simili tendo a guardarmi più in giro e ho più paura rispetto a prima quando cammino da sola la sera, anche se continuo a farlo. (studentessa, partecipante n. 1522)
Ero sul treno per tornare a casa, seduta sulla postazione di fronte alla toilette del vagone. Un uomo sconosciuto è entrato e ha cominciato a masturbarsi senza chiudere la porta. Non appena me ne sono accorta sono rimasta impietrita per qualche secondo, poi ho raccolto le mie cose e ho attraversato il vagone deserto fino a raggiungere una ragazza che era seduta dall’altro capo. Le ho spiegato cosa è successo e le ho chiesto se potevo restare nel suo scomparto fino alla stazione dove dovevo scendere, lei è stata molto gentile e rassicurante. Inizialmente ero profondamente a disagio, ma non appena mi sono allontanata mi sono sentita furiosa, arrabbiata con me stessa per il fatto di non riuscire a scuotermi di dosso il disagio e arrabbiata con il tizio perché mi aveva fatta sentire così. Le conseguenze sono che non intendo più sentirmi così. Ho seguito il training sulle molestie offerto a marzo da Stand Up (https://www.corriere.it/StandUp/) per essere pronta a intervenire se qualche altra persona intorno a me fosse in una situazione del genere, ma comunque ora cerco sempre di sedermi sulla prima carrozza del treno, il più vicina possibile alla cabina di guida dove ci sono conducente e controllore per poter nel caso avvertire il controllore senza dover attraversare tutto il treno. (studentessa, partecipante n. 904)
4.9. “Posso tranquillamente dire che la mia vita è stata in buona parte rovinata da questi episodi.” Le sofferenze che durano nel tempo
56Alcune studentesse raccontano, in modo succinto o per esteso, sofferenze che durano nel tempo e incidono in modo profondo sul loro percorso biografico18. Tra gli elementi che accomunano tali esperienze emerge il fatto che l’episodio o gli episodi scatenanti sono accaduti durante l’infanzia e l’adolescenza, quando le vittime non avevano strumenti che permettessero loro di affrontare la situazione senza esserne devastate. Secondo elemento significativo è il silenzio, la mancata condivisione che aumenta il dolore e impedisce di scioglierlo19. I racconti seguenti, il primo soprattutto, nella sua laconicità, sembrano testimoniare l’insorgenza di un disturbo post traumatico che perdura negli anni e può essere affrontato solo con l’aiuto clinico:
Purtroppo non me lo ricordo. Non so chi è stato. So che è successo. Mi ritengo fortunata perché ne sto facendo un percorso con la mia psicologa (studentessa, partecipante n. 1193)
Ho il dubbio di aver subito, allora inconsapevolmente, una molestia da parte di un parente quando ero bambina (5/6 anni). Questo ricordo che ho mi condiziona quotidianamente e mi ha resa una persona molto scettica nei confronti della civiltà degli altri, conosciuti e sconosciuti, per quanto apparentemente distinti o innocui. Non sopporto chi sminuisce qualsiasi tipo di molestia e chi ancora ad oggi ancora dà delle colpe alla vittima per la violenza subita. (studentessa, partecipante n. 875)
Quando ero bambina, mio fratello più grande mi toccava dicendo che era il nostro gioco segreto e non dovevo dirlo a nessuno. Mi sentivo impotente perché era più forte di me e, anche se sapevo che non era giusto, non avevo le parole o la forza per rifiutarmi. Probabilmente è correlata la mia difficoltà a fidarmi delle persone; sono a disagio quando sono da sola in casa mia [viviamo ancora con i nostri genitori] e sono un po’ paranoica quando sono fuori da sola. (studentessa, partecipante n. 1100)
Quando io avevo 16 anni, un uomo di 30 anni era ossessionato da me. Io all’epoca ero una ragazza debole, in cerca di affetto, soprattutto di affetto da parte di un uomo più grande di me, in quanto mio padre è sempre stato un disastro nella mia vita. Quindi, sbagliando cercavo la figura di mio padre in qualcun altro. Io mi sono fidata di questa persona, pensavo mi volesse bene. Ma dopo ha abusato di me. È una cicatrice che porterò sempre addosso. (studentessa, partecipante n. 1259)
57La testimonianza successiva analizza con grande lucidità le conseguenze delle molestie a lungo ripetute da un “amico di famiglia”:
Sono stata molestata sin da quando avevo circa cinque anni da un amico di famiglia, padre di una bambina con cui giocavo. Non so quanti anni è effettivamente andata avanti, ma sono riuscita a parlare solo all’età di circa 17 anni, nel momento in cui ho saputo che stava succedendo ad altre persone per mano dello stesso uomo. Ancora ne sto vivendo le conseguenze, e il corso di laurea che sto frequentando […], il quale richiede una “escavazione” nella propria storia, sta diventando per me molto difficile da sopportare. Trovo che la mia memoria ne abbia subito forti conseguenze, poiché non ricordo molte cose degli anni della mia infanzia e adolescenza. Non mi ricordo i film che guardo, i libri che leggo (e gli studi chiaramente ne risentono). Alle volte sono molto vigile, altre volte è come se non fossi consapevole di ciò che sta accadendo nella mia vita. Sono molto suscettibile alla questione della donna, ma purtroppo questo non mi fa rispondere in maniera agguerrita per combattere contro l’ingiustizia, come sembra che facciano in molte. Ci ho provato, partecipando al corso di formazione per operatrici e operatori sociali per il contrasto alla violenza di genere proposto l’anno scorso dal nostro ateneo in collaborazione con ADV (Against Domestic Violence), ma a lezione mi annullavo, mi sentivo ancora più impotente. Adesso se mi chiedono se ho interesse per qualcuno mi viene da piangere e rabbia per come le persone scherzano su questo argomento, tanto importante per me poiché riguarda la mia intimità come persona. Confrontandomi con un’amica che ha subito delle molestie simili a quelle che ho subito io, ci siamo trovate d’accordo con il fatto che abbiamo sviluppato un’alta sensibilità nel percepire quando un uomo ci guarda con desiderio o, al contrario, ci valuta negativamente, quasi come fossimo “oggetti di piacere che non fanno al caso suo”. Ho iniziato, così, a interessarmi alle donne con il tentativo di scappare dal “problema uomo”, (studentessa, partecipante n. 977)
58Le conseguenze sono serie, dalle difficoltà a memorizzare, come nel caso precedente, alle difficoltà a percepire il proprio corpo in modo sereno e a vivere una soddisfacente vita sessuale, come nei casi successivi:
A 15 anni in vacanza con i miei genitori in un agriturismo con piscina sono stata seguita in bagno da un uomo di 44 anni (in vacanza con la moglie), lui ha chiuso a chiave la porta alle mie spalle mi ha abbassato le mutande e ha iniziato a mettere le sue dita dentro la mia vagina. Non ho urlato per paura che mio padre mi sentisse, entrasse e lo uccidesse. Ho pianto in silenzio, mi sono divincolata e sono riuscita a uscire. Non contento l’uomo mi ha rivisto al bar qualche minuto dopo e ha scritto il suo nome […] e il suo numero su un foglietto che mi ha infilato viscidamente nel pezzo sopra del costume. Ho tenuto il foglietto per un po’ di tempo ma sfortunatamente l’ho perso. Non ho mai raccontato l’accaduto a mio padre. Più recentemente sono stata invitata a una festa, sempre in hotel, sempre in piscina. Il proprietario dell’hotel, un ragazzo sposato che tuttavia ci provava con una mia carissima amica mi ha accompagnato a vedere dei camper come io gli avevo chiesto e lì si è tolto i pantaloni e ha cercato di piegarmi e abbassarmi il costume. Sono andata via in fretta. La sera lui dormiva con la mia amica e io con un ragazzo della mia età amico suo con il quale stavo facendo sesso quando l’altro ha spalancato la porta e si è avvicinato nudo alla mia faccia chiedendomi di prenderglielo in bocca. Ho chiesto se fosse pazzo, e gli ho fatto notare che la mia amica non avrebbe avuto nulla in contrario mentre io non avrei mai fatto una cosa simile. Mi ha detto che con lei non poteva perché provava dei sentimenti, si è toccato per circa 15 secondi e mi ha spruzzato la sua merda bianca in faccia e se n’è andato. L’amico non ha detto niente, io mi sono alzata e sono andata in bagno a lavarmi. Non ho detto niente per un po’… poi ho raccontato la vicenda precedentemente descritta al ragazzo che era rimasto lì immobile, e gli ho spiegato che niente ormai mi sorprende, tanto il sesso non ha nessun valore. (donna, partecipante n. 33)
All’età di 17 anni ,in vacanza con il mio “migliore amico” ed i suoi genitori ,sono stata forzata a dormire nella stessa stanza del ragazzo. Durante le 3 notti della mia permanenza, quando il mio “amico “ credeva mi fossi addormentata (ero in dormiveglia) sono stata molestata e abusata. Avvicinava le sue parti intime alla mia bocca, le mie mani i miei piedi. Io 46 kg, lui 110. Sentendomi in colpa non ho detto nulla, mi sono convinta di averlo in qualche modo voluto, e di ritorno dalla vacanza ha abusato di nuovo di me. Quando ho deciso di parlare mi ha fatta passare per una facile con tutti facendomi terreno bruciato, sono stata additata come puttana da amici, mia madre e la sua famiglia. Per il disagio gli sono rimasta amica per qualche mese, per poi chiudere i ponti. A distanza di qualche anno si è ripresentato, ho forzato una confessione e screenshot alla mano sono stata creduta da tutti ,tranne sua madre (la quale mi ha definita psicopatica con disturbi mentali da curare) e i suoi amici. Sono riuscita a fidanzarmi con un ragazzo nonostante la mia “paura verso il genere maschile”, un amico di infanzia mio ed ex compagno di squadra di quella maledetta persona. Dal mio ragazzo, parlandogli di quanto accadutomi, ho scoperto che il mio “migliore amico “ mostrava mie foto in costume/spacciava foto prese su internet per mie e vantava rapporti sessuali mai accaduti ai suoi compagni di squadra. Io avevo 14 anni quando faceva ciò ,lui era il mio “migliore amico”, io non ho mai saputo nulla fino ai miei 18 anni. Ora ,dopo quasi tre anni di relazione con il mio compagno e a distanza di 4 anni e mezzo dall’accaduto, non riesco ancora ad avere rapporti sereni e privi di dolore con il mio partner, che mi supporta e accudisce costantemente per rendermi serena sotto questo punto di vista. Sono ancora in terapia. (studentessa, partecipante n. 236)
Quando ero piccola e andavo alle medie (non ricordo quanti anni avessi di preciso, ma direi sugli 11 anni), per alcuni giorni di fila un ragazzo/signore (non sembrava troppo anziano, avrà avuto al massimo 30 anni) mi seguiva in macchina e ogni tanto accostava, tirava giù il finestrino e mi chiedeva se andasse tutto bene, che ore erano, dove fossi diretta (ecc.). Insomma, cercava sempre dei modi per attirare la mia attenzione. Avevo molta paura di lui, ogni volta che uscivo e tornavo da scuola avevo il cuore che batteva all’impazzata, le mani che tremavano ed ero sempre vicina ad avere un attacco di panico. Non capivo che cosa volesse da me, che cosa lo avesse attirato, perché proprio io. Allora ho iniziato a cercare di cambiare percorso il più possibile, di uscire da scuola qualche minuto dopo e di arrivare a scuola qualche minuto prima (siccome lui mi seguiva proprio quando uscivano tutti). Mi ricordo anche che la prima volta che mi fermò arrivai a casa, mi sedetti in ginocchio e pensai/provai enorme disagio verso il mio corpo, mi sentivo sbagliata, “storta”. Sicuramente questo episodio ha inciso sul mio non sentirmi mai a mio agio con me stessa e con gli altri, soprattutto per quanto riguarda il mio corpo. (studentessa, partecipante n. 1171)
1. Dal massoterapista, avevo 12/13 anni, mi ha tolto il reggiseno e lanciato sulla sedia, mi ha massaggio vicino alle parti intime tenendo la testa in mezzo alle gambe chiedendo di appoggiare il mio seno, ancora non del tutto formato, sulla sua testa. Ho ricordato l’evento circa 13 anni dopo e non posso esporre denuncia. 2. Un collega di lavoro incontrato ad una festa d’estate era ubriaco, mi ha allontanata dalla gente per chiedermi come stavo, poi mi ha spinta verso il bosco palpandomi il seno. Ero riuscita quasi subito a tornare tra la gente. Sono tornata a casa, mi sono fatta una doccia piangendo e ho dormito nuda perché il contatto con i tessuti, mi provoca un enorme fastidio. 3. Esponevo dei libri a un banchetto, in un festival d’arte, un ragazzo seduto sulla panchina di fronte ha iniziato a masturbarsi guardandomi il seno e il corpo in generale. Ho chiesto aiuto al direttore del festival che ha giustificato l’evento dicendo che quel ragazzo era un senzatetto abituato a dormire li di notte, quindi non ho trovato la forza di andarmene e sono rimasta al banchetto, subendo la molestia. Ne avrei altri da raccontare.. Riassumo le conseguenze: difficoltà ad avere rapporti sessuali, a volte piango durante il rapporto, disagio, vergogna, tantissima rabbia, specialmente perché le persone non sono facilmente disposte ad aiutare e soprattutto sottovalutano il problema. Ho imparato a difendermi, ma posso tranquillamente dire che la mia vita è stata in buona parte rovinata da questi episodi. (studentessa, partecipante n. 737)
1. All’età di 13 anni un mio amico durante la notte si è sdraiato affianco a me e pensando che io stessi dormendo ha iniziato a toccarmi, partendo dalla schiena si è spostato sul sedere per poi passare al seno. Ancora adesso, dopo 6 anni, sento la sensazione delle sue mani sul mio corpo. Ero paralizzata, sudavo freddo e tremavo, nella testa cercavo di trovare la forza di fare qualcosa ma sono riuscita ad andarmene appena ho sentito lui addormentarsi. Non ho mai trovato il coraggio di parlarne, anche perché ero molto piccola e non avevo ancora capito, sono sempre stata molto ingenua sotto questo aspetto. Solo l’anno scorso sono riuscita ad aprirmi con il mio fidanzato perché volevo spiegargli da cosa fosse nata tutta la mia insicurezza e il motivo perché non riuscissi ad entrare in intimità con lui. 2. All’età di 15 anni un ragazzo mi ha obbligata a toccargli il pene, tremavo tanto ma anche in quel momento non sono riuscita a reagire. Non ci ho mai dato tanto peso, perché pensavo fosse normale. 3. Tra i 18 e i 19 anni, ogni volta che andavo a correre al parco, camminavo per strada o facevo il tragitto per raggiungere casa, mi fischiavano dietro, suonavano il clacson o mi gridavano dietro. Sia che fossi da sola o con il mio fidanzato. Non ho mai detto o fatto nulla, non ne valeva neanche la pena per persone come loro. Tornavo a casa ma ci ripensavo. Mi veniva solo da piangere, perché non era possibile che non potessi nemmeno andare in giro in pace senza sentirmi un oggetto. Tutti questi episodi mi hanno portata ad avere grandi problemi con il mio corpo, di fiducia nell’altro e di intimità con quello che sarebbe poi diventato il mio fidanzato. Il contatto fisico mi da fastidio e sono molto bloccata nell’ambito sessuale. Non riesco a farmi toccare e sono paralizzata nell’iniziare un rapporto (studentessa, partecipante n. 1343)
Ho subito abusi sessuali da parte di un parente per diversi anni della mia vita. Ad oggi non sono riuscita ancora a superare il ricordo, soffro di depressione e ho tentato il suicidio. Provo molta rabbia e disgusto verso gli uomini, non riesco a frequentarli o avere rapporti con loro. (studentessa, partecipante n. 984)
59Come quest’ultima, altre testimonianze raccontano sofferenze drammatiche che provocano disturbi alimentari, stati depressivi, tentativi di suicidio:
A 14 anni ho subito molestie da parte del mio ragazzo di allora (di 4 anni più grande di me). Mi sono sentita sporca e in colpa per lunghissimo tempo, poi è arrivata l’anoressia. Ho iniziato a stare male e passare molto tempo in casa (studentessa, partecipante n. 1039)
Durante le scuole medie mi è capitato di subire molestie da parte dei miei compagni di classe, talvolta in gruppo. Venivo ricattata e minacciata se non mi fossi lasciata toccare. Da allora mi sono sempre cercata di vestire nel modo meno provocante possibile, mi sono sempre sentita fortemente a disagio nel mio corpo tanto da volermi nascondere. È stata una delle cause dell’insorgenza del mio disturbo alimentare. (studentessa, partecipante n. 1384)
Ho subito una violenza sessuale all’età di 17 anni, mentre ero ad una festa di 18 anni di un mio amico. Nel bagno del locale dove eravamo un uomo di 27 anni, visibilmente ubriaco entra nel bagno, mentre io stavo uscendo. Mi spinge dentro, chiude la porta e comincia a spogliarsi mentre mi picchiava la testa contro la porti perché mi stavo ribellando. Mi strappa la parte sopra della camicia e mi rompe la cintura. Poi mi slaccia i pantaloni e comincia la violenza. Ho perso i sensi, le forse. Mi sono sentita uno schifo. Dalle urla sono intervenute delle ragazze, che hanno allertato altri ragazzi e la sicurezza. Mi hanno portata fuori. Quel ragazzo non l’ho più rivisto. Non so che fine abbia fatto. Ma per vergogna, per paura, non ho detto nulla alla mia famiglia, e non ho denunciato. È stata sporta denuncia contro ignoti da una mia amica che già aveva 18 anni. A nome mio. Per anni non sono uscita di casa, non ho festeggiato i 18 anni dei miei amici, non andavo in pullman e non mi piaceva stare troppo vicino ad altre persone. Ho tagliato i capelli corti, da maschio, sono diventata abulimica, non mi piaceva più il mio corpo, perché aveva attirato qualcuno a farmi quella cosa schifosa. Sono ingrassata volontariamente e mi sono trascurata nella speranza che non mi succedesse più nulla. (studentessa, partecipante n. 1066)
All’età di 14 anni, un mio allenatore, a cui tenevo molto perché lo vedevo come una figura paterna, mi ha toccato il seno in macchina. Quando mi sono allontanata da lui, ha detto : “Ah, non si può?” al che ho risposto negativamente e sono corsa a casa. Quella sera ero davvero molto triste e mi sentivo come se non valessi niente. Ho provato ad uccidermi prendendo una grande quantità di pastiglie. (studentessa, partecipante n. 401)
Sono stata ricattata e un ragazzo del liceo mi ha costretto ad avere un rapporto sessuale anale con lui. Ha usato corde, cera bollente e non dico cos’altro. Mi sono fatta così schifo che tutt’ora, quattro anni dopo, ho problemi a relazionarmi con il mio corpo. I miei genitori non hanno voluto ascoltarmi per anni, vedendo un tale rifiuto non ho avuto nemmeno il coraggio di denunciare; di recente sono riuscita a dirglielo, ma non è cambiato nulla, la loro prima reazione è stata “ah, potevi denunciare, noi mica ce lo tiriamo giù dal naso”. Grazie, mamma… Ero seguita da una psicologa che mi ha diagnosticato la depressione e un disturbo della memoria derivato da questo episodio. Faccio fatica a ricordare qualsiasi evento perché la mia testa elimina tutti i ricordi brutti o potenzialmente brutti, ma ormai non fa più differenze, elimina e basta. Non ricordo il mio diciottesimo compleanno, non ricordo la maturità, né il mio primo bacio. È già abbastanza deprimente così, ma in più ci si mette la depressione, che ogni 2-3 settimane arriva e rimane per un mesetto buono, con il risultato che alcune mattine mi sveglio con le braccia insanguinate senza sapere come ho fatto, oppure tento di suicidarmi (lamette, balconi, eccetera), e in ogni caso in ogni singolo momento di quei giorni penso a come ammazzarmi. E lo so perché tengo diari, per non dimenticare. Lo psichiatra ha provato a darmi un paio di terapie, ma sono risultate inutili. L’unica persona che riesce ad aiutarmi è il mio ragazzo. Quando ho questi momenti non fa altro che stare in silenzio nella mia stessa stanza. Mi basta sapere che ho qualcuno che mi ferma se ho i miei momenti di black-out (dove faccio cazzate inconsciamente) per stare più tranquilla, e di solito dopo un po’ riesco anche a mettermi a studiare. Ho una paura tremenda di andare in macchina da sola, la patente ce l’ho, ma so che se mi saltasse in testa di ammazzarmi sarebbe finita. Prendo sempre mezzi pubblici con tanta gente (studentessa, partecipante n. 1010)
4.10. Aiuto e mancanza di aiuto
60Un grande tema, presente nella maggior parte delle testimonianze, è quello dell’aiuto, ma soprattutto della sua assenza. Come si sarà notato, nei resoconti analizzati, molte vittime di molestia denunciano indifferenza da parte degli astanti che, anche se sollecitati, non intervengono, fanno finta di non vedere, si girano dall’altra parte. Vediamo ancora qualche esempio:
Io ed una mia amica siamo state inseguite da un uomo sulla 40ina che continuava a camminarci accanto e a dire frasi come: “se fossi il vostro ragazzo non vi farei uscire così” “volete venire con me da qualche parte?”. Non eravamo nella città in cui abitiamo, ma facevamo comunque finta di chiamare i nostri genitori dicendo che ci stavano raggiungendo in macchina. Se n’è andato solo una volta che abbiamo detto che saremmo andate dalla polizia. Questo episodio ci ha talmente turbate ci ha talmente turbate che non siamo riuscite a goderci la giornata di vacanza, e la cosa che ci ha più sconvolte è stato il fatto che quando passavamo vicino ai negozi tutti ci guardavano ma nessuno provava ad agire e a cacciarlo via. (studentessa, partecipante n. 888)
Un anno fa stavo costeggiando un parco vicino a casa mia, quando un uomo tra i 30 e i 40 anni è uscito dal parco e mi si è accostato mentre mi rivolgeva lusinghe volgari. Nonostante cercassi di camminare più veloce e di ignorarlo, a un certo punto ha allungato le mani fino a stringermi a lui ed è arrivato a palparmi il sedere. Dopo averlo spinto per allontanarlo, me ne sono andata velocemente, intimandogli di lasciarmi stare altrimenti avrei chiamato le forze dell’ordine. Dopodiché mi sono sentita sporca, usata, indifesa e sono scoppiata a piangere, probabilmente reazione dovuta anche allo spavento. La cosa peggiore è che c’erano delle persone nelle vicinanze e nessuno ha osato muovere un dito o chiedermi come stessi. (studentessa, partecipante n. 1109)
Palpeggiamento in autobus da parte di un uomo di mezza età. Ho denunciato l’accaduto ad alta voce chiedendo di smettere di toccare. L’uomo è sceso alla prima fermata utile. Mi sono sentita isolata, l’autobus era semipieno e nessuno ha solidarizzato. (studentessa, partecipante n. 921)
Quando avevo 17 anni un uomo sui 40 - 45 anni mi ha seguita fin sotto casa, per tutto il tragitto fischiava, faceva gesti esplicitamente sessuali, mi chiamava “troia, bella figa”. lungo tutto il tragitto avevo paura e non sapevo cosa fare, ho chiesto aiuto a ben 3 uomini e una barista, ma si sono tutti rifiutati di difendermi, inventandosi di dover andare e la barista semplicemente mi ha ignorata (studentessa, partecipante n. 925)
Ero sul tram mentre tornavo dal liceo, due signori si sono seduti vicino a me, uno di fianco (più anziano, penso fosse il padre dell’altro) e uno di fronte a me. Hanno cominciato a parlarmi e a fare battute, finché il padre mi ha messo una mano sulla coscia (io indossavo una gonna) con la scusa di voler toccare un neo che ho sulla gamba, per capire cosa fosse. Ero paralizzata e spaventata, non sapevo cosa fare e volevo solo scendere, facevo di tutto per mandare segnali alla mia amica seduta di fianco a me, ma lei è rimasta impassibile tutto il tempo, guardava il suo telefono e sembrava non accorgersi di nulla. Così come la gente intorno a noi, questo è il fatto che mi ha turbata maggiormente. (studentessa, partecipante n. 1148)
Erano circa le 18.00, stavo da sola al telefono e scendevo le scale della metro in Piazza Duomo, quando un ragazzo sulla trentina (sconosciuto) mi ha palpato il sedere. Gli ho imprecato contro e si è messo a correre. L’ho quindi rincorso per la metro, urlando a chiunque di fermarlo. Solo un uomo ci ha provato, senza riuscirci. Il ragazzo è risalito in Piazza e ho smesso di inseguirlo. Avevo molti occhi puntati addosso, li ho quindi evitati guardando a terra. Ero sotto shock non solo per l’atto in sé e per l’adrenalina in corpo, ma anche per il fatto che, fra centinaia di persone, solo uno aveva tentato di aiutarmi. Ricordo di essermi appoggiata a un muro, disorientata, nell’attesa di calmarmi. Ho poi chiesto a un controllore se potevo fare altro, mi ha risposto “Se non ti ha rubato niente, non si può fare niente. Se vuole c’è la polizia dopo i tornelli, può aggirarli”. Il fatto che mi avesse risposto con freddezza e quasi avesse fatto “spallucce” non mi ha certo aiutata. Un oggetto rubato valeva più della mia persona. Ancora disorientata mi dirigo verso la stazione della polizia. Ho suonato alla porta della stazione che tremavo, forse piangevo. Mi hanno fatta entrare e, con gentilezza, mi hanno chiesto che fosse successo. Date le mie spiegazioni, in due mi hanno accompagnata in questura per sporre denuncia. Ho denunciato. All’evento è seguita tanta vergogna, perché spesso quando raccontavo l’accaduto mi veniva detto che avevo esagerato, che non ci si comporta in questo modo per così poco, che “Quante volte è successo a me, avrei dovuto fare denuncia ogni volta che prendevo un autobus” o ancora “Cosa vuoi che sia”. Davvero poche persone mi hanno sostenuta, ascoltata e compresa nel mio disagio e fra queste non c’era né la mia famiglia né il mio ex compagno, ossia la persona con cui stavo al telefono al momento dell’accaduto. A distanza di quattro anni, sebbene non mi penta, ho ancora il dubbio di aver fatto la cosa giusta e di non aver esagerato (studentessa, partecipante n. 1481)
61L’ultimo episodio descritto è sintomatico di una situazione di sottovalutazione della gravità delle molestie e delle loro conseguenze negative su chi le subisce, che coinvolge controllore, famiglia, partner. Solo la polizia risponde in modo corretto, ma anche in questo caso – come in molti altri – la denuncia non pare avere esiti.
62Spesso anche coloro che per il ruolo che ricoprono dovrebbero intervenire (autisti, controllori, forze dell’ordine) sottovalutano o ignorano la situazione, divenendo in qualche modo complici:
Mi ricordo un episodio che mi ha turbata. Ero nel pullman, un uomo era infastidito dalla mia valigia e diceva che mi avrebbe fatto vedere chi era prima di scendere. Ad un certo punto volevo scendere dal pullman e mi ha bloccato la strada, l’autista era presente e ha bloccato la porta dietro non permettendomi di scendere. L’uomo non voleva farmi scendere, ho iniziato a impanicarmi, e mi spingeva. Due controllori si sono fermati davanti alla porta e non hanno fatto nulla per farmi scendere. Ho iniziato a urlare e che avrei denunciato alla SAB (compagnia pullman Bergamo), diversi giorni dopo ho cercato di elaborare l’accaduto, avevo pianto molto. Mi sentivo bloccata. Ho scritto alla SAB la quale avrebbe dovuto avere le registrazioni delle telecamere e mi han risposto che alla fine della giornata le cancellano. Non ho potuto denunciare il fatto. Mi sono sentita aggredita, toccata, insultata e questo davanti agli occhi sia dell’autista che dei 2 controllori uomini che non hanno fatto nulla per bloccare questo uomo! Assurdo. (studentessa, partecipante n. 953)
In un autobus notturno di Roma semivuoto un uomo sulla sessantina seduto di fronte a me mi ha mostrato le sue parti intime e si è iniziato a masturbare. Mi sono avvicinata all’autista che mi ha detto di rimanere lì, ma che non poteva fare niente. (studentessa, partecipante n. 1139)
Come quasi ogni mattina, un paio di anni fa, ho preso il treno da Milano Porta Garibaldi a Greco Pirelli per recarmi in università, quando intorno alle 11 un signore dall’aspetto normalissimo (poteva essere tranquillamente mio padre) si è seduto di fronte a me, ma nel posto accanto; dopo poco chiedendomi se non mi desse fastidio si è spostato nel posto esattamente davanti a me, io ho risposto tranquillamente che non mi disturbava proprio perché non ho trovato nulla di insolito nella richiesta. Fatto sta che dopo poco ha iniziato ad appoggiare ripetutamente, avvicinandosi sempre di più, le sue gambe contro le mie in modo non casuale (non come può capitarti mentre viaggi con qualcuno in spazi ristretti per intenderci) e a fissarmi. In quel momento non sapevo proprio cosa fare, nonostante ci fosse altra gente sulla carrozza. Per fortuna dopo poco dovevo scendere, per cui mi sono recata il più in fretta possibile verso le porte di uscita, dove ho trovato i controllori: ho deciso di raccontare loro l’accaduto, ma le uniche cose che mi sono sentita dire sono state “è un porco” “dovevi tirargli un cazzotto” “ma si stava masturbando?” (come se fossero le cose più naturali al mondo e che ero stata io stupida a stare zitta); io ho cercato di spiegare che non è facile reagire quando ti trovi in una situazione simile, ma loro mi hanno semplicemente detto “se non denunci noi non possiamo farci niente”. Mi sono sentita mortificata, soprattutto data la reazione dei controllori, senza nessuna parola di conforto. (studentessa, partecipante n. 1415)
Ero in un tram molto affollato e la gente era tutta ammassata quindi non stavo facendo caso all’essere toccata fino a quando i contatti non sono diventati più spinti verso le mie parti intime. Ho notato che era un uomo sulla sessantina, a disagio ho cercato di spostarmi perché mancavano ancora parecchie fermate per la mia destinazione. Vedendo il mio disagio e l’inizio di paura questa persona ha cominciato ad essere ancora più volgare, ad ansimare e presa dal panico ho urlato che volevo scendere, che mi sentivo male… Ma nessuno si è fermato, nessuno mi ha aiutato. Sono scesa alla fermata successiva con il vestito sporco e la paura degli uomini. E questo è solo uno dei centinaia di casi in cui qualcosa mi è capitato. Serve ricerca, consapevolezza e aiuto perché ogni mia denuncia è stata inutile. Due settimane fa sono stata stuprata ma per la polizia era consensuale. (studentessa, partecipante n. 331)
63In alcuni casi le testimoni riferiscono di essere state colpevolizzate dalle persone a cui si erano rivolte per ricevere sostegno, forze dell’ordine comprese:
Avevo 16-17 anni e stavo tornando da scuola. Ero sulla metro verde con un mio amico e dovevo fare solo due fermate. È salito un signore sulla 40ina, straniero, e ho avuto uno strano presentimento. Infatti ha allungato quasi subito le mani verso le mie parti intime, e io di scatto ho tirato giù la mano per impedirglielo e lui si è scusato quindi inizialmente ho pensato non l’avesse fatto apposta. Però poi ho visto che ci stava riprovando e quando si sono aperte le porte alla mia fermata, nonostante io sia praticamente scappata, è riuscito a toccarmi. In tutto questo il mio amico non si è accorto di nulla perché in metro eravamo appiccicati tanto era piena e io ero paralizzata non riuscivo a dire o fare nulla. Mi sono sentita violata e impotente. In più all’uscita ho chiamato il mio ragazzo dell’epoca che è riuscito a dirmi che fosse colpa mia (non ricordo per quale assurdo motivo). Da quel momento sono sempre sull’attenti, ho smesso di mettere gonne (anche se in quel momento avevo i jeans) perché mi fanno sentire scoperta e voglio evitare di attirare sguardi indiscreti. (studentessa, partecipante n. 1394)
Mi hanno infastidito i commenti di alcune mie amiche sull’“aver attirato l’attenzione”, dato che quella sera ero la più appariscente nel vestire (tacchi alti e una gonna) hanno supposto subito che i versi fossero indirizzati a me, quindi mi hanno chiesto se mi fossi accorta della reazione dell’uomo, non so se abbiano fatto quelle osservazioni perché si sentivano a disagio per l’accaduto e volevano una conferma di ciò che avevano interpretato o se era un modo per esprimere vicinanza. Forse avrei preferito se tutte avessimo ignorato l’accaduto non dando importanza alla reazione di quell’uomo dato che non ci ha disturbate una volta superato. (studentessa, partecipante n. 1520)
Stavo tornando a casa a ridosso dell’orario del coprifuoco (21:50 circa) e mi trovavo a prendere la metro in piazza duca d’Aosta, perché i miei amici mi avevano accompagnato in macchina fino a lì e non mi andava di chiedere un passaggio fino a casa. Forse ingenuamente ho pensato di potermela “cavare da sola”. Fatto sta che sono stata notata da un gruppo di uomini che solitamente si trovano lì fuori dalla stazione ed uno di loro, tagliandomi la strada, ha cominciato a seguirmi mentre tutti insieme mi gridavano delle cose che io in quel momento non ho avuto neanche la capacità di capire. La mia unica preoccupazione era prendere la metro il più in fretta possibile. La sensazione più angosciante l’ho provata mentre correvo verso la metro e sentivo i passi di quest’uomo dietro di me che si avvicinava sempre di più, ho avuto paura che potesse mettersi a correre per prendermi. In quel momento ho avuto letteralmente il panico, ho pensato potessi essere il fattaccio di cronaca del giorno dopo… in ogni caso poi, correndo, son riuscita a scendere verso la metro che inizialmente non riuscivo a trovare perché in quel frangente mi è venuta a mancare palesemente la lucidità. Ricordo solo di essere scesa in metro correndo, con tutti quegli uomini che continuavano ad urlarmi e fischiarmi; è stata una brutta esperienza. Il giorno dopo ho sporto denuncia contro ignoti (che più che una denuncia è stata l’ulteriore segnalazione), facendo presente che non c’erano ufficiali di polizia in stazione; in questura però l’episodio è stato tristemente sminuito, dicendomi che “non avrei dovuto trovarmi lì a quell’ora”. (studentessa, partecipante n. 645)
64A volte la colpevolizzazione è usata dall’autore stesso della molestia, che attribuisce con successo la responsabilità dell’accaduto alla vittima:
Gita scolastica in quarta superiore, ubriaca, costretta ad un rapporto sessuale dal mio allora già ex ragazzo mentre ero incosciente (non mi ricordo ancora nulla, ne come è iniziato e il mentre), quando mi sono ripresa, il primo ricordo che ho è di lui sopra, gli dicevo di smetterla ma non mi ascoltava, allora ho iniziato a piangere e urlare e a quel punto ha smesso. Si è girato dall’altro lato e si e messo a dormire (eravamo in una camera d’albergo). Quando ne abbiamo riparlato ha sostenuto fossi stata io ad iniziare e provocare lui, facendomi sentire sporca e in colpa perché non me lo ricordavo. Solo più avanti ho capito che era una scusa per lavarsi la coscienza. Da lì tutti hanno iniziato a prendermi in giro e a guardarmi male. Ho iniziato a subire bullismo. La persona peggiore incontrata in vita mia. Ancora oggi la gente fa fatica a crederci perché lo considera “un bravo ragazzo”. (studentessa, partecipante n. 1226)
65Fa parte dell’assenza di aiuto anche la mancanza di comprensione da parte delle altre donne, da cui ci si illude di ottenere solidarietà:
La cosa triste, oltre all’evento stesso, sono stati i commenti delle mie colleghe donne che hanno detto “beata te, a me non capita mai che un uomo mi voglia così” oppure “sei contenta? hanno sbattuto fuori il tavolo per te!”; mi hanno ferita molto. Ho provato paura, rabbia, nausea. (studentessa, partecipante n. 1314)
Avevo 22 anni e lavoravo in una gelateria e il proprietario sulla sessantina inizialmente faceva apprezzamenti non richiesti poi ha iniziato mentre magari gli passavo accanto a toccarmi il sedere, l’episodio più eclatante è stato quando stavo sistemando le coppe di gelato di spalle e lui da dietro mi ha toccato il seno, mi sono sentita violata l’ho rimproverato di non permettersi più di fare un gesto del genere e da quel momento ho sempre chiesto a qualcuno di rimanere la sera ad aspettarmi per evitare di rimanere sola con lui finché, esasperata ho deciso di lasciare il lavoro nonostante ne avessi bisogno. La cosa più frustrante era che a parte mia madre nessuno ha mai preso sul serio la situazione che stavo vivendo. Nemmeno le mie colleghe, che invece di appoggiarmi non hanno perso occasione di colpevolizzarmi per il mio abbigliamento (jeans lunghi e t-shirt bianca) e il mio aspetto. Questa è l’esperienza che mi ha segnato di più in assoluto. Da allora sto sempre attenta al mio abbigliamento, cerco di coprirmi il più possibile se esco/sono a lavoro da sola, cerco di farmi accompagnare sempre da qualcuno. Guardo con sospetto gli atteggiamenti degli uomini che non conosco ma sono sempre sulla difensiva anche con gli amici. Sento che quell’esperienza, forse perché ho un carattere fragile, mi ha davvero tolto qualcosa. (studentessa, partecipante n. 963)
ce ne sarebbero tanti altri purtroppo, ma ho notato nel corso del tempo che le donne possono essere complici di questa realtà se non ci vedono nulla di sbagliato, se continuano a dare la colpa a noi, se i consigli migliori che possono darti è quello di non uscire di casa ed evitare di vestirsi in modo sexy. p.s. in tutti i casi di molestie, per sfatare questo falso mito, ero sempre vestita con magliette grandi e lunghe (per coprire il lato b) di mio fratello e pantaloni e jeans estremamente larghi e mai stretti. (studentessa, partecipante n. 925)
66I due casi seguenti testimoniano un aiuto attivo da parte di ragazzi sconosciuti nel primo caso, di compagni di liceo nel secondo, ma pongono anche in luce come le denunce a polizia e carabinieri non ottengano risultati. Nel secondo caso, in particolare, rivelano sottovalutazione e inerzia:
È successo l’anno scorso, era la prima volta che uscivo a Milano dopo essermi trasferita ed ero andata a fare un giro sui Navigli insieme alla mia coinquilina. Al ritorno, non essendoci troppa strada da percorrere decidemmo di tornare con il bus il quale si fermava 100 m dal portone di casa mia. Un uomo, di circa 60 anni, ha iniziato a seguirci per quei 100 m. La mia amica era leggermente più avanti e parlava al telefono. Io invece avevo sentito una strana ansia e sensazione di angoscia e proprio giunta sotto casa quest’uomo ha provato ad abusare di me, saltandomi di sopra da dietro. Mi sentivo impotente e immobilizzata, il mio corpo era come se non reagisse ai comandi che gli stavo dando. Fortunatamente dietro di noi c’erano 3 ragazzi che vista la situazione si sono subito mobilitati per aiutarmi. Il giorno dopo andai a denunciare alla polizia, inutile dire che nonostante lo avessi riconosciuto tramite delle foto che mi avevano mostrato e dopo essere partite le indagine; dopo più di un anno non so ancora nulla. Dopo questo episodio, successo in più anche sotto casa mia non mi sono mai più sentita completamente al sicuro, la mia percezione del pericolo è decisamente cambiata e ho iniziato a preoccuparmi di poter subire qualche molestia anche in situazioni che oggettivamente potrebbero sembrare innocue agli occhi di chiunque. (studentessa, partecipante n. 1059)
Ero in prima/seconda superiore e nel tornare da scuola, alle 13, il bus era pieno e rimanevo schiacciata sulle porte. Saliva un gruppo di tre uomini ubriachi (sui 40 anni) dopo di me e delle altre ragazze che ne approfittavano del fatto che eravamo tutti schiacciati e non potevamo muoverci, per allungare le mani e toccare le nostre parti intime più e più volte senza ascoltare nemmeno i nostri dissensi. La prima volta ero atterrita e non riuscivo a muovermi, non sapevo nemmeno di averle quelle parti del corpo a 14 anni. Non ho detto nulla a nessuno ma ho capito che non era normale. Le settimane seguente è successo di nuovo e ho cercato di dire di NO, che non volevo. Non volevo più salire su quel pullman e ne ho parlato con i miei genitori. Ho cercato di sporgere denuncia ai Carabinieri del mio paese ma mi hanno detto che erano ignoti e sarebbe stato inutile… anche se sapevo dove vivevano queste persone e a quale fermata salivano/scendevano. Per fortuna i ragazzi di 5 del mio liceo si sono accorti e con il tempo aspettavano che salissimo noi ragazzine prima e poi si mettevano a mo’ di scudo, beccandosi loro le mani invadenti che cercavano di raggiungerci. Da parte delle autorità e dell’autista non c’è stato un minimo aiuto per anni. Le conseguenze sono state attacchi di panico sui mezzi pubblici e condotte di evitamento. Non ho mai elaborato le mie emozioni a riguardo e da allora ho avuto gravi problemi con la mia sfera intima. (studentessa, partecipante n. 632)
67Fortunatamente ci sono anche episodi di solidarietà e aiuto, agiti da sconosciuti, che, capita la situazione, si assumono la responsabilità di intervenire:
Mi sono trasferita a Milano circa 20 anni fa per frequentare l’accademia di Brera, abitavo in un quartiere periferico e prendevo i mezzi pubblici spesso carica di materiale ingombrante (cartelle, tele). Un tardo pomeriggio di rientro dall’università mi sono seduta nel posto in fondo al bus, lato esterno perché carica di materiale. Lungo il tragitto un ragazzo ha occupato il posto accanto e mi sono scusata perché la cartella occupava leggermente il suo lato, sorridendo. Di risposta ha allungato la mano sulla mia coscia iniziando a palparmi. Mi sono paralizzata e ho prenotato la fermata per scendere, ben distante da casa. Fortunatamente mi ha solo apostrofato con cattive parole senza seguirmi, alla fermata ho trovato delle persone che attendevano altro mezzo e mi hanno dato “soccorso” perché tremavo ed ero terrorizzata. Da allora, tutt’ora, occupo solo posti che reputo sicuri evitando sguardi e sorrisi verso chi mi circonda. (studentessa, partecipante n. 1217)
In viaggio in treno è entrato un signore che ha slacciato i pantaloni iniziando a guardarmi e esibire le sue parti intime. Mi sono precipitata fuori dallo scompartimento con la mia borsetta lasciando indietro la valigia e ho cercato rifugio in un altro vagone. Una coppia ha notato il mio stato d’ansia e insieme mi hanno accompagnato a ritirare la valigia. (donna, partecipante n. 971)
Qualche estate fa, ero in giro in bicicletta e mi hanno inseguito due ragazzi urlandomi cose oscene. Sono riuscita ad evitare il peggio grazie ad un signore che accostando con la macchina ha finto di essere un mio parente. (studentessa, partecipante n. 139)
68In ambito lavorativo, pochi sono i casi segnalati di intervento a difesa della lavoratrice:
A lavoro uno dei clienti abituali, ha deciso che fosse rispettoso nei miei confronti fare allusioni sessuali con gesti. Il mio manager presente a tale scena, ha chiamato la Security e chiesto di non tornare più nel futuro. (studentessa, partecipante n. 1404)
Lavoravo in una pizzeria come cameriera, mentre servivo un tavolo di ragazzi non propriamente giovanissimi, uno di loro ha ben pensato di prendermi per il grembiule e di tirarmi e toccarmi perché a tutti i costi voleva il mio numero di telefono. Io ho iniziato a spingerlo via e a gridargli di lasciarmi e non toccarmi, alla fine indietreggiando sono quasi caduta. La sala era piena di clienti ma nessuno ha fatto nulla, solo un mio collega ha visto la scena ed è corso in mio aiuto. Infine i miei responsabili di lavoro hanno letteralmente sbattuto fuori tutte le persone sedute a quel tavolo (studentessa, partecipante n. 1314)
69In alcune occasioni scatta un sentimento di solidarietà femminile, probabilmente sollecitato dalla consapevolezza che qualcosa di simile potrebbe capitare a tutte:
Più di dieci anni fa un uomo, sconosciuto, caucasico, adulto e di età superiore ai 40 anni, nella mia città di origine. Egli si è avvicinato mentre tornavo a casa, stavo ascoltando musica e pioveva a dirotto, mi ha rivolto una domanda che non ho udito chiaramente, per questo ho guardato nella sua direzione e aveva il pene in erezione fuori dai pantaloni. Sono tornata a casa correndo, non ho raccontato nulla ai miei genitori perché temevo restrizioni o ripercussioni nei miei confronti, ho raccontato l’accaduto alle mie amiche che mi hanno creduto e accompagnato a casa nei giorni seguenti, nei giorni successivi ho pianto qualche volta durante le lezioni in classe, perché mi sono sentita ingenua e in balia degli eventi e delle persone da me non controllabili. Non ricordavo i tratti di questo soggetto e non saprei identificarlo. (donna, partecipante n. 1184)
70Nella testimonianza successiva, l’aver sperimentato delle molestie porta a riconoscere un’altra vittima come simile a sé e quindi ad aiutarla, per effetto della norma che favorisce la solidarietà verso chi è percepito far parte dello stesso gruppo:
Sono stata accerchiata da un gruppo di 5 coetanei a me sconosciuti in un vagone della metropolitana, mi hanno toccato e baciato in diversi punti del corpo e del viso. Ridevano mentre chiedevo di smettere, anche quando mi sono scese delle lacrime. Nessuno degli astanti è intervenuto, benché avessi chiesto aiuto. Ero uscita dall’università ed era pomeriggio (circa alle 15.00). Mi sono sentita completamente impotente. È stato orribile. Per evitare conseguenze peggiori, ho cercato di mantenere la calma e sono corsa via appena le porte del vagone si sono aperte. Avevo paura che mi seguissero, ma non è successo. Ci ho messo qualche ora a riprendere la calma e ad avere il coraggio di riprendere la metropolitana per tornare a casa. Non ho cambiato il mio comportamento a seguito dell’episodio. Sono sempre stata abituata ad essere indipendente, a viaggiare da sola, a sentirmi a mio agio. Non è qualcosa che voglio perdere, o meglio farmi rubare. Successivamente, ho assistito ad un episodio molto simile su un pullman a discapito di una ragazza un po’ più giovane (16-17 anni), che una volta immediatamente scesa alla fermata, ma è stata seguita dal gruppo. Di istinto sono scesa anch’io e mi sono intromessa. Il gruppo fortunatamente ha reagito solo con qualche insulto e poi se n’è andato. Ho fatto un pezzo di strada a piedi con la ragazza. Poi se l’è sentita di proseguire per conto proprio. Io invece ho chiamato la mia mamma e le ho chiesto di venirmi a prendere. (studentessa, partecipante n. 1252)
71Per capire alcuni di questi comportamenti può essere utile fare riferimento al settore di studi sul comportamento di aiuto, sviluppato dagli psicologi sociali fin dagli anni Sessanta dello scorso secolo. Il primo stimolo ad approfondire l’argomento venne da un episodio di cronaca, verificatosi a New York, che vide l’assassinio di una giovane donna, aggredita una notte mentre tornava dal lavoro nel parcheggio sotto casa. Riferendo la notizia il New York Times scrisse che le grida della giovane erano state udite dai vicini di casa, che non erano però intervenuti e avevano chiamato la polizia solo con molto ritardo. La cronaca del quotidiano, sebbene non accurata come è stato recentemente provato, suscitò l’interesse di tre studiosi, Bibb Latané, Daniel Batson e John Darley, che iniziarono un vasto e proficuo cantiere di ricerca testando, attraverso studi sperimentali in laboratorio e sul campo, un’ampia serie di ipotesi sulle determinanti situazionali del comportamento prosociale, che permisero di comprendere quali fattori stimolano e quali fattori inibiscono il comportamento di aiuto. Tra i fattori di inibizione, che portano quindi a quella che è stata definita apatia sociale, vi sono i processi di diffusione della responsabilità. In una situazione sociale di affollamento, come molte delle situazioni sui mezzi pubblici descritte dalle nostre partecipanti, l’aiuto può essere inibito dal fatto che gli astanti possono chiedersi se spetti proprio a loro intervenire o se il fatto che nessuno sia già intervenuto non sia dovuto a qualche elemento loro nascosto; il fatto che gli altri non intervengano fa allora sembrare che l’aiuto non sia necessario. Scatta così l’effetto di diffusione della responsabilità, che porta al paradossale risultato per il quale quando aumenta il numero di persone presenti, diminuisce la probabilità che chi ha bisogno venga soccorso. Tra le variabili che influenzano la decisione di aiutare sono, inoltre, importanti la percezione di quanto una vittima “meriti” l’aiuto (una ragazza in minigonna o un po’ brilla sarà percepita meno “meritevole” di una ragazza in tuta e sobria) e la relazione con la vittima (come nella testimonianza sopra citata, si aiutano più facilmente le persone conosciute o percepite simili a sé)20. È singolare però notare che praticamente in tutti i casi riferiti dalle nostre partecipanti le vittime rientrano tra quelle considerate “meritevoli” di aiuto (se pensiamo all’abbigliamento che si danno quasi sempre la pena di descrivere e al ruolo di studentesse che vanno e vengono dall’università o dal lavoro); le variabili situazionali descritte nei casi esaminati (come la situazione di affollamento) sono però in linea con quanto trovato negli studi di Darley e Latané, così come alcune descrizioni che ci dicono che si sentono interpellate, e quindi intervengono, persone nella stessa fascia di età e, spesso, dello stesso genere.
4.11. Le vittime maschili
72Come anticipato, hanno accolto l’invito a raccontare esperienze di molestie subite 69 uomini, pari al 4,5% dei rispondenti alla domanda aperta. Va però notato che una parte delle risposte maschili vanno, per così dire, fuori tema, riferendo episodi non ascrivibili alla sfera sessuale, che possiamo definire di mobbing, omofobia, piccola delinquenza:
Nulla da segnalare. Sono stato picchiato in quanto omosessuale, ma nulla che riguardi molestie sessuali. (studente, partecipante n. 678)
Da ragazzo avevo ho subito atti di bullismo da una banda di quartiere. Mi seguivano quando tornavo verso casa e mi insultavano. Volevano anche picchiarmi. Intervenne il mio allenatore, con i miei genitori. Da lì mi lasciarono in pace. Ricordo ancora la paura e il senso di disagio di quei momenti. (uomo, partecipante n. 35)
Sono stato avvicinato da un gruppo di ragazzini probabilmente minorenni, di notte alla fermata di un tram a Milano in zona relativamente centrale, che mi hanno intimato di dar loro il portafogli in modo molto aggressivo. Ho visto che mi hanno guardato mentre erano sull’altro lato della strada per poi venire verso di me che ero da solo. La mia reazione è di iniziale confusione e ho consegnato il portafoglio, da cui sono stati prelevati tutti i contanti e rubati; poi sono scappati. Le mie reazioni sono state inizialmente di confusione, poi paura per una possibile aggressione fisica, dopo l’episodio ancora confusione e ansia. Il giorno successivo e tuttora una forte rabbia e una sensazione di impotenza. Non passo più da quella strada dopo una certa ora e ogni volta che vedo un gruppo di ragazzini di quell’età cambio strada molto velocemente; se posso mi sposto sempre in bicicletta o in macchina. Porto con me e tengo a portata di mano oggetti che possono essere usati come armi improprie come un coltellino o le chiavi. (studente, partecipante n. 957)
73Altri episodi riferiti sono collegati a commenti critici relativi all’aspetto fisico, che esulano anche in questo caso dall’ambito delle molestie sessuali. Ci sembra tuttavia interessante riportarli perché implicano un’ammissione di vulnerabilità in contrasto con il modello di mascolinità tradizionale, che forse solo pochi anni fa non sarebbe stato consentito esprimere:
Deriso per l’aspetto fisico, specialmente il volto. Compagni di classe, per un po’ ci rimasi male, poi iniziai a riderci sopra, erano commenti da parte di persone che non meritavano attenzione. Nessun cambio di comportamento (studente, partecipante n. 106)
Non so se è stata una vera molestia, mi è stato criticato in modo velato il modo in cui ero vestito e la mia reazione è stata quella di voler andare via perché mi sentivo stupido ad essermi vestito così. Mi è stato detto da un amico con cui esco spesso ed eravamo alla festa di compleanno della sua fidanzata. (studente, partecipante n. 110)
è stato criticato una parte del mio aspetto fisico da una persona in pubblico. Dopo un primo momento di “imbarazzo” in cui mi sentivo osservato, ho provato abbastanza pena per l’altra persona e ho continuato come se nulla fosse: tendo abbastanza ad ignorare e lasciarmi scivolare addosso questo tipo di eventi, non meritano il mio pensiero nemmeno per 1 minuto. Però non la ritengo totalmente una molestia, e altri eventi più gravi nella mia vita non si sono mai verificati - forse perché sono maschio e forse le maggiori vittime di questi eventi è il mondo femminile. (studente, partecipante n. 654)
74Venendo agli episodi di molestie sessuali, non raggiungono la decina i testimoni che riferiscono di essere stati molestati da una donna, per lo più attraverso avance sgradite, operate da coetanee o signore più anziane:
Ero seduto attorno a un tavolo e una ragazza ha iniziato a strisciare il piede contro il mio. L’ha fatto più volte. Non potevo reagire in maniera diretta perché eravamo in mezzo a tutti e avrebbero potuto dirmi che esageravo, visto che sono uomo. (studente, partecipante n. 15)
Ad una festa in casa di una mia “amica”, in un momento di confusione lei ha provato più volte a toccare le mie parti intime anche oltre i pantaloni. Sinceramente ho sempre sospettato che lei non fosse solo interessata ad una amicizia normale ma cercasse di più, e le avevo sempre fatto capire che non ero interessato. Da quella volta ho solo scelto di allontanarmi da lei perché aveva tradito la nostra amicizia andando troppo oltre. Per fortuna mi ritengo forte emotivamente e non ho avuto problemi, né guardo a quel ricordo con chissà quali emozioni negative. È stata solo una esperienza che mi ha fatto capire che persona fosse e quindi ho preso le dovute distanze. (studente, partecipante n. 827)
Per un errore di ordinazione, la cameriera del bar si è “scusata” palpeggiandomi il braccio. Nulla di estremo forse, però non mi è piaciuta come situazione. Mi sono sentito abbastanza a disagio, volendo mettere distanza tra me e lei ma non riuscendoci immediatamente causa imbarazzo (studente, partecipante n. 1125)
In un primo caso, dal panettiere, una donna molto più grande di me (e presumibilmente ubriaca) si è avvicinata ed ha da toccato le mie parti intime. Inizialmente ho riso divertito, mi sono allontanato ed ho raccontato l’episodio ai miei amici fuori dal panettiere. In quel momento ero un po’ turbato, ma dopo pochissimo tempo non ho più pensato all’evento ed attualmente, nonostante lo ricordi, non ho alcun tipo di trauma a riguardo e parlo tranquillamente dell’accaduto, perché sin da subito ho capito che la colpa era sua e non mia. Penso che abbia influito il fatto che sia un uomo e che la società mi permetta di vivere meglio questi episodi. Se fossi stata una donna probabilmente l’avrei vissuta peggio ed attualmente credo ricorderei in maniera molto più negativa l’accaduto. (studente, partecipante n. 467)
75Può essere interessante notare che i casi riferiti sono in linea con quanto trovato in un lavoro australiano basato sull’esame delle denunce di molestia, nel quale è emerso che le molestie sessuali operate nei confronti di uomini riguardano soprattutto scherzi, commenti di natura sessuale, domande intrusive concernenti la vita privata, mentre sono poco frequenti le denunce relative ad aggressioni fisiche21. Va però tenuto presente, come sottolineano del resto le stesse autrici dello studio, che per un uomo è più difficile che per una donna dichiarare di essere oggetto di molestie, date le aspettative sociali per le quali un “vero” uomo deve sempre risultare disponibile sul piano sessuale e sentirsi gratificato dal ricevere espliciti “inviti” femminili. Inoltre, a causa del modello di socializzazione e degli schemi culturali ancora diffusi, gli uomini sono in genere meno disposti a confidarsi e a parlare di ciò che li disturba o ferisce22.
76Tuttavia, nei racconti maschili emergono alcuni riferimenti a sensazioni e situazioni analoghe a quelle esperite dalle ragazze; simili sono i vissuti di panico e incapacità di reagire, accompagnati e seguiti da un senso profondo e persistente di disagio:
Sono stato toccato nelle parti intime da parte di sconosciuta di fronte a colleghi ed amici mentre stavo semplicemente prendendo da bere ad un bar. La mia reazione è stata più o meno quella di diventare una statua di sale e andare in crisi di panico. Ovviamente ciò ha causato anche scalpore nei miei amici che non credono che un tale comportamento possa dare fastidio ad un maschio. (uomo, partecipante n. 47)
Sono un ragazzo. Mi trovavo in vacanza a Rimini e avevo 18 anni. Ero in discoteca con un gruppo di amici. Stavamo ballando senza dare fastidio a nessuno. Ad un certo punto mi sento una mano sul fondo schiena. Diciamo che non è stata una carezza. Mi sono girato spaventato e due ragazze sui 25/30 se la ridevano perché me l’ero presa. Dopo questo episodio non sono stato lucido per qualche giorno, mi sono sentito preso in giro. Ero disgustato e avevo, o meglio ho ancora, paura degli estranei in posti affollati. Da allora se il posto è troppo affollato me ne vado. Inutile dire che la discoteca non fa più per me. Non ho detto nulla ai miei amici. Ho pensato che dirgli quanto mi fossi sentito a disagio e per cosa fosse facilmente giudicabile come una cosa da deboli. Ho pensato alla loro possibile risposta. Nella società odierna non c’è spazio per parlare di una molestia nei confronti di un uomo. Al giorno d’oggi l’uomo è bestia e la donna angelo. Se una donna ti palpa dovresti approfittarne, perché è quello che farebbe un maschio alpha. Anche se non ti piace, anche se non era consensuale, anche se era da parte di una sconosciuta più grande di te. (studente, partecipante n. 495)
In treno, verso le 18, un uomo ha cominciato a chiedermi di fare una telefonata, ho detto di no. Allora ha iniziato a parlarmi e chiedermi cose, per 10 minuti ho continuato a rispondergli a monosillabi e anche in malo modo per farlo andare via. Poi ha cominciato a “flirtare” esplicitamente chiedendo che gli praticassi sesso orale, altri 5 minuti passati cercando di farlo andare via. Io in queste situazioni non riesco ad andarmene o a reagire violentemente perché ho paura della reazione dell’altro. Sono andato in freezing totale. Nel senso che il mio cervello ha visto come soluzione di sopravvivenza migliore il consenso, in modo che se ne andasse e la molestia finisse il prima possibile. Ovviamente dopo che è successo - mmm i ha trascinato in bagno del treno- una volta finito tutto ho realizzato di non aver reagito e di essermi lasciato usare violenza, sono caduto in depressione e quando ne ho parlato alla persona a me più vicina mi ha imputato la responsabilità di quanto successo. Sono sopravvissuto a fatica al senso di colpa, grazie alla mia psicologa in primis. (studente, partecipante n. 651)
77L’ultimo racconto, in cui la vittima maschile viene molestata da un altro uomo, può essere avvicinato ad alcuni resoconti, precedentemente riportati, in cui vittime femminili non riescono a resistere e finiscono per soggiacere alla violenza nel tentativo di farla finire il prima possibile, con conseguenze estremamente pesanti sul piano psicologico. Anche in questo caso, inoltre, la vittima viene colpevolizzata da chi le sta vicino, vive un persistente senso di colpa e deve ricorrere alla psicoterapia per farsi aiutare, a riprova che donne e uomini soggiacciono agli stessi processi psicosociali di vittimizzazione, anche se il quadro socio-culturale nel quale siamo inseriti fa sì che pesino molto più nella vita delle prime rispetto ai secondi.
78Troviamo anche descritti alcuni episodi, gravi, successi in ambito lavorativo e accademico. Uno solo, il primo, vede come molestatrice una donna, negli altri i molestatori sono uomini:
Una collega d’ufficio ha continuato per settimane a mostrare sue parti intime, a cercare il contatto fisico, a sdraiarsi sulla mia scrivania, ad insultare ed urlare,… Mancando mio interesse e poiché mantenevo il corretto distacco professionale evitando di dar seguito alle sue richieste o provocazioni, la collega ha cominciato a fare allusioni ed ilazioni riguardo la mia sessualità, al rapporto coi miei genitori, alla mia infanzia, al mio carattere,… La questione è proseguita anche via email e tramite messaggi sul telefono cellulare fuori dall’orario lavorativo compresa la notte. Data l’insostenibilità della situazione che impattava negativamente anche sulla resa lavorativa e mancando un qualsiasi intervento fattivo (nemmeno il richiesto cambio di stanza), ho dovuto chiedere un cambio di settore nonostante questo abbia portato alla perdita della carica di capo ufficio e la rinuncia ad attività a cui avevo dato un netto contributo da quanto ero diventato dipendente e per il quale mi veniva riconosciuta professionalità da docenti e colleghi. A peggiorare la situazione il fatto che, essendo io uomo e la molestatrice donna, i colleghi (davanti a cui accadevano gli episodi talvolta) tendessero a sminuire e non considerarle molestie. Lavorare in ateneo dopo questa situazione è deprimente, spererei che almeno mi venga concessa la mobilità quando dovessi trovarne una idonea. (uomo, partecipante n. 30)
Preso a insulti dal primario durante giro visite. Ha esordito con” te lo ficco nel culo il monitoraggio” urlando in modo ossesso davanti a tutti i medici del reparto. (studente, partecipante n. 1480)
Un docente universitario si è masturbato nel suo studio intanto che ero a ricevimento. Ho pensato di non volerlo più vedere, scappare, cambiare corso di studio e Università. (studente, partecipante n. 223)
Professore universitario che avevo contattato per risolvere una questione burocratica, mi ha chiesto di andare nel suo studio nel tardo pomeriggio in modo tale da avere il tempo per spiegarmi delle cose (che io non avevo chiesto), ho accettato per gentilezza perché mi stava facendo un favore nel firmarmi dei moduli. In realtà ci ha provato con me fino ad arrivare a mettermi la mano sulla patta dei pantaloni. (studente, partecipante n. 1350)
79Come si sarà notato leggendo gli ultimi due episodi e come sarà ancora più chiaro scorrendo il prossimo, le molestie sono agite da uomini che pensano di poter esercitare un potere senza limiti e chiedono, o meglio impongono, prestazioni sessuali. L’esempio seguente svela una situazione particolare, in cui lo studente coinvolto rischia, per ingenuità e suo malgrado, di precipitare in un mondo di oscura ambiguità e violenza:
Nel 2014 avevo risposto a un’offerta di lavoro. C’era scritto “assistenza alla persona”. Onestamente non sapevo cosa fosse, mi immaginavo qualcosa tipo il film “quasi amici”. Non che mi interessasse davvero il lavoro, ma c’era crisi, e con tutti quelli che criticavano i giovani dicendo continuamente che era colpa nostra la crisi, che non avevamo voglia di lavorare ecc.… be’ ho mandato il cv. Ricevetti una chiamata quasi subito; ero molto ingenuo e nonostante le domande strane tipo “hai la fidanzata?” o cose così mi presentai comunque all’appuntamento in stazione a Seregno. Salii sull’auto di questo uomo, che mi portò a casa sua, mi ritrovai poi nel posto sbagliato, con una persona che mi fece spogliare e voleva un così detto schiavo sessuale. Appena mi rivestii, per fortuna non ebbi difficoltà a scappare via. Ho avuto un po’ di paura, perché mi minaccio ma io feci comunque un esposto ai carabinieri, ma che finì con niente. Scommetto che se avessero investigato più a fondo avrebbero trovato un’organizzazione sotto, questo tipo parlava di foto che andavano vendute, che voleva farmi fare cose, per poi pagarmi. Per me che ho la testa ho capito subito che non era quella la strada per trovarmi un lavoro. Come mi sono sentito? Ne ho parlato con tutti, non mi sono mai sentito in colpa, non ero io quello sbagliato in quella situazione. Il mondo è pieno di gente, permettetemi, cogliona. Bisogna solo capirlo e mandarli a quel paese. (studente, partecipante n. 499)
80Concludiamo la rassegna delle molestie denunciate da uomini con una serie di episodi in cui la vittima viene perseguitata per la sua diversità rispetto al canone eterosessuale imperante. I brani raccontano episodi di persecuzione di ragazzi omosessuali operati da uno o più molestatori con l’assenso, divertito e solidale, di chi sta intorno. Vediamo qui all’opera una companionship maschile che si accanisce contro la non conformità sessuale e di genere, nel tentativo di operare un controllo delle gerarchie sessuali e un consolidamento dei confini tra maschile e femminile, ma anche dei confini tra mascolinità egemonica e mascolinità subordinate e marginali23. Emerge ancora una volta come l’omofobia sia “un fenomeno sociale, collettivo e diffuso, costruito su una rappresentazione della maschilità incentrata sulla sessualità mainstream e sulla subordinazione degli altri”24.
ero alle medie e stavo andando in oratorio, un mio compagno di classe era già lì e da lontano a iniziato a chiamarmi con nomi da donna, poi ha iniziato a fare così anche un suo amico. Io sono andato da loro dicendo in maniera scherzosa di smetterla, ma dentro soffrivo e mi sentivo turbato, mi vergognavo di essere quello che ero, a quanto pare ero effemminato. dopo quel giorno ho cercato di muovermi e parlare da “uomo” e ogni volta che andavo all’oratorio per un p’ di tempo ho avuto timore che facessero ancora così. (studente, partecipante n. 929)
Un mio compagno di classe delle superiori mi palpava il deretano senza il mio consenso e ciò mi faceva sentire a disagio perché il mio corpo era in quel modo in parte di qualcun altro. Dicevo a questo mio compagno inizialmente di smetterla e per poi adottare la strategia successiva di non reagire alle sue azioni provando così a farlo smettere non provando più probabilmente piacere nella mancanza di nervosismo (studente, partecipante n. 749)
Nonostante i miei 20 anni ho subito diverse forme di violenza: bullismo (per il peso), molestie (per il mio orientamento sessuale) e stupro. Tutto iniziò dagli anni delle medie. Ero un ragazzo strano. Omosessuale, paffutello, dolce, disponibile e con degli occhiali orrendi. In poche parole, un bersaglio perfetto. Capitava talvolta che un mio vicino di banco più grande di me, un “pluri-bocciato”, mi proponesse del sesso a guisa di pagamento, affinché svolgessi i suoi compiti. Solite erano espressioni del tipo “lo vuoi questo”, con allegata strizzata di genitali. Oppure, in caso gli avessi suggerito nelle verifiche/interrogazioni, mi avrebbe offerto un pomeriggio di sesso e “questa volta non dovrai fare nemmeno la fatica di muoverti da casa, verrò io da te”. Dopo un po’ ci feci il callo. Anestetizzato. Tuttavia la molestia che distrusse in bilioni di pezzi la mia vita avvenne nella palestra della mia scuola, in occasione di una gara (al di fuori dell’orario scolastico, nel pomeriggio insomma). Un ragazzo, difronte a una quarantina di persone, venne difronte a me e iniziò ad offendermi: “ridi come una checca”, “ti piace questo eh” (una frase tipica), “dai, dimmi che lo vuoi”, “su mettiti in ginocchio, te lo dò”…. Io non avevo parole, non riuscivo a rispondere. Non riuscivo a muovere un muscolo. Ripetevo in modo convulso “mi dispiace non volevo disturbarti” , “non volevo”, “me ne vado, non preoccuparti”. Non so dove guardassi mentre lui mi toccava, mentre lui mi palpava, mentre lui si strusciava su di me. Non mi ricordo il suo viso. Non lo ricordo. Ricordo solo le risate. Tutti divertiti. I miei compagni di classe. Anche, forse, qualche professore che era lì presente. Persino le due “amiche” (conoscenti è più preciso) con cui ero andato a quella gara. Anzi forse loro due ridevano più di tutti gli altri. Ricordo che più aumentavano le risate più lui mi toccava. Palpava il seno, i rotolini, il sedere. (studente, partecipante n. 1032)
4.12. Conclusioni
81Cosa emerge dalle testimonianze che ci sono state consegnate?
82Prima di tutto, ancora una volta, va rilevato il persistere nel nostro paese di una cultura profondamente maschilista che pesa sulla vita delle donne, limitando i loro movimenti nello spazio sociale e contribuendo a rendere difficili i loro percorsi. Le donne, giovani e meno giovani, hanno perfetta consapevolezza di questi processi, come traspare dai brani seguenti in cui tre studentesse raccontano come la generazione dei padri sia ancora impregnata di un maschilismo che sembra arduo modificare25:
Avevo 14 anni (ora ne ho 29), stavo aspettando delle compagne in stazione quando un gruppetto di uomini mi è passato di fianco e ho sentito nitidamente una mano battermi sul sedere, seguita da delle risate. Avrei voluto avere la forza di dieci uomini e picchiarli tutti, invece sono rimasta immobile fissando il marciapiede. Mi sono sentita indegna, come se non ci fosse bisogno del mio permesso per avanzare un atteggiamento simile nei miei confronti. D’altro canto, quando la legislazione decise di far rientrare un atto del genere tra le molestie sessuali, ricordo che mio padre stesso commentò: “Adesso non si può più dare neanche una pacca sul culo!”. Ci vorrà molto tempo prima che si rimarginino le numerose ferite lasciate da secoli di sessismo e patriarcato. Grazie Bicocca, lodevole iniziativa! (studentessa, partecipante n. 855)
L’estate scorsa andai in Posta per risolvere dei problemi riguardo a una carta prepagata e l’operatore di turno era un uomo di circa 60 anni. Questo individuo ha passato tutto il tempo a guardarmi insistentemente facendo commenti molto espliciti sul mio aspetto fisico. Anche se faceva molto caldo (era un pomeriggio di luglio) ho cercato di coprirmi perché non mi sentivo a mio agio, continuavo a vedere questo signore che mi fissava e talvolta si alzava in piedi per guardarmi. Quando ha letto il mio nome e cognome ha capito che ero figlia di un suo ex compagno di classe e ha esordito con questa frase, a mio parere squallida: “Ah sei la figlia di… allora devo fare il bravo e non lo scemo con te se no arriva il babbo a picchiarmi”. Penso che il mio sguardo dopo quella frase gli abbia trasmesso tutto il mio disgusto. Mi sono sentita violata perché prima di tutto non è stato rispettato il mio corpo e la mia libertà di esprimersi e vestirmi come voglio, senza sentirmi fissata; e poi, dopo quel commento, ho realizzato che la mia identità è stata riconosciuta e rispettata solo in relazione a un altro uomo, mio padre. (studentessa, partecipante n. 913)
Lavoravo come cameriera in un ristorante e un signore sui 50 anni mi ha chiamato, mi ha chiesto come mi chiamassi e mi ha chiesto l’età (avevo 18 anni ai tempi) e ha fatto apprezzamenti sul mio aspetto fisico. Quando gliel’ho detto mi ha risposto “non sai cosa ti farei se non avessi l’età di mia figlia”, mi ha preso la mano e mi ha dato una mancia. (studentessa, partecipante n. 1129)
83Le testimonianze riportate aprono uno squarcio sulla sessualità misera e degradata che connota una parte consistente dell’universo maschile. Gli atti descritti nei brani citati attestano una povertà relazionale e culturale che perdura nel silenzio e nell’indifferenza della società civile e delle istituzioni. Posti in relazione a fenomeni collegati – prostituzione, turismo sessuale, pornografia violenta – tali atti indicano a noi tutti la necessità di un lavoro di riflessione che contribuisca a cambiare quadri concettuali sedimentati nei secoli e a implementare interventi di formazione e rinnovamento, prima di tutto una seria educazione sessuale rivolta alle nuove generazioni.
84Le rispondenti sono consapevoli di vivere in una cultura ancora pesantemente maschilista, come attestato dai commenti posti in conclusione alle narrazioni presentate. Molti sono già emersi nei racconti finora citati, vediamone ancora qualcuno:
Stavo camminando al pomeriggio, erano circa le 3, stavo andando a trovare mia nonna da casa mia (20 minuti a piedi neanche). Era estate. Ero vestita con una gonna nera e una maglietta blu, siccome a luglio mi piace stare più scoperta visto il caldo. Una macchina dall’ altra parte della strada si è fermata e mi ha chiesto quanto prendessi di soldi per un “passaggio” . Ovviamente mi sono affrettata e sono scappata perché non avrei saputo rispondere. Poi poco dopo mi hanno suonato il clacson, non una ma più macchine, non consecutivamente ma a distanza di minuti. Mi sono sentita molto a disagio perché ancora oggi non capisco cosa ci fosse di provocante in una gonna a luglio, oltretutto avevo le scarpe da ginnastica e non i tacchi, quindi davvero non capisco. So che capiterà ancora ma penso sia indipendente da chi io sia o da come io sia vestita. È perché una donna con la gonna è vista debole. Coi pantaloni è molto più raro. Voglio precisare che questi uomini erano MASCHI ITALIANI. Lo dico perché si generalizza sempre sugli stranieri come se gli italiani non avessero colpe. Quello che mi ha chiesto quanti soldi prendessi era italiano. Gli stranieri, ammetto, sui mezzi sono invadenti con sguardi, fischi, commenti. Ma l’altro giorno ero in macchina e stavo guidando, un italiano si accosta di fianco a me e dice al telefono “sì perché qui di fianco c’è una bella figa che guida”… Anche lì mi sono sentita a disagio. Quindi niente, ribadisco, sono UOMINI. Mai una volta una donna si è permessa di molestarmi o molestare amici maschi di mia conoscenza. E sono per la maggior parte italiani, quelli peggiori. (studentessa, partecipante n. 895)
Sono abituata sin da quando avevo 13 anni a ricevere molestie verbali da parte di uomini. Gli episodi sono stati tantissimi, è una routine, tutti molto simili, niente di così saliente o traumatico che io ricordi in modo particolare. Un episodio “di base” include soggetti di sesso maschile di qualsiasi età, che sono a piedi o in macchina o in treno, mi vedono passare e si sentono in diritto di esprimere commenti sul mio aspetto, facendosi fin troppo avanti e talvolta provandoci con me con modi di fare ed espressioni veramente fastidiosi, qualcuno si è avvicinato molto e mi ha toccata come per volere trattenermi con lui. Ho sempre cercato di ignorare, talvolta ho risposto male e altre volte ho riso loro in faccia. Penso dipenda dal mio umore al momento. Il mio atteggiamento verso gli uomini in generale è sicuramente peggiorato nel corso del tempo, non faccio di tutta l’erba un fascio, ma reputo che in grossa percentuale il loro comportamento sia fin troppo arrogante e ho come l’impressione che succeda sempre più spesso. Il mio comportamento in generale non è cambiato, non intendo rinunciare a uscire o evitare certe situazioni perché sono successi questi episodi: porto con me un coltellino e lo spray al peperoncino, non so se sarò mai in grado di usarli per difendermi, spero e credo di sì, ma il solo fatto di averli con me mi dà sicurezza, mi fa sentire di giocare ad armi pari. La cosa che mi dà più fastidio è la credenza, comune a queste persone, del vedere alle donne come oggetti sessuali che sfilano per essere scelte da loro e la convinzione che, in quanto maschi, sia lecito avere il diritto di provarci sempre e comunque. È abbastanza disgustoso pensare di esser vista di continuo come un’appetibile preda sessuale. Posso dire con orgoglio che non mi hanno mai fatto paura, finora. Mi fanno solo schifo. Fortunatamente non è mai successo niente di grave, finora. (studentessa, partecipante n. 1377)
85La testimonianza successiva racconta un cambiamento di atteggiamento, che ha portato la protagonista da una reazione passiva a una reazione attiva. Il fatto che anche nel nostro paese le molestie siano divenute un tema oggetto di pubblica attenzione, in seguito al movimento #MeToo e a una generale acquisizione di consapevolezza da parte dell’opinione pubblica, aiuta le giovani donne a non sentirsi sole, consentendo l’espressione della rabbia e dando voce alla protesta:
Sono spesso soggetta al cosiddetto “catcalling”, che reputo una molestia vera e propria. Racconto l’ultimo episodio accaduto: decido volontariamente di non utilizzare l’automobile e di raggiungere il centro della mia città a piedi. Mentre camminavo sul marciapiede arriva una macchina e inizia a rallentare in mia prossimità. Dentro la vettura c’erano 2 ragazzi (dai 25 ai 30 anni) di nazionalità non italiana. Abbassano il finestrino e iniziano a rivolgermi frasi poco eleganti. Tempo fa avrei reagito facendo finta di nulla e continuando a camminare impaurita. In questa occasione ho risposto in modo altrettanto maleducato, esortandoli ad andarsene e a lasciarmi in pace. È da qualche mese che ho modificato il mio atteggiamento nei confronti di queste persone reagendo in modo forte e non più facendo finta di nulla, forse perché stufa di questi episodi, forse perché arrabbiata e forse anche perché finalmente si sta iniziando a porre l’attenzione su questi temi. Probabilmente avevo bisogno che questo tema venisse alla luce e venisse denunciato anche da altri prima di sentirmi libera e legittimata a rispondere male agli autori di questi episodi. Per concludere, se prima durante questi episodi provavo paura ora il sentimento si sta trasformando sempre di più in rabbia e voglia di reagire. (studentessa, partecipante n. 1116)
86Un secondo aspetto che emerge dalle testimonianze è il bisogno di parlare, di condividere l’esperienza negativa, di avere voce, di essere ascoltate, un bisogno posto in luce dall’ingente mole di racconti ricevuti. Chiunque abbia avuto modo di raccogliere, per i motivi più diversi, dei questionari, saprà che usualmente, a differenza delle risposte chiuse, le risposte aperte sono compilate solo da una piccola porzione di rispondenti. Nel nostro caso, invece, come detto, più di metà di coloro che hanno partecipato all’indagine, ha risposto all’invito di raccontare un episodio estremamente personale, difficile e spesso doloroso da ricordare. Inoltre, molti brani si sono conclusi con un ringraziamento, come nel caso seguente:
Vi ringrazio per la vostra indagine e per dare la possibilità alle donne di farsi sentire. (studentessa, partecipante n. 1443)
87Sono segni che confermano che la ricerca era in qualche modo “necessaria”, rispondeva cioè a un bisogno profondo di ascolto, di attenzione, di impegno nell’aiuto e nella prevenzione.
88Leggere tutte queste testimonianze non è stato facile per il carico di sofferenza in esse rinchiuso. Non è stato facile selezionarle perché tutte, senza eccezioni, meritavano attenzione e rispetto. Alla fine del lavoro, però, il mio stato d’animo non è di scoramento e pessimismo, ma di fiducia perché ho percepito, nella lettura, la forza, la resilienza, il coraggio di queste donne, che lottano, reagiscono, non accettano silenziamenti e inviti alla subordinazione. È merito loro se il nostro paese, pur tra mille difficoltà e arretramenti, sta cambiando nella direzione di una maggiore libertà:
Quella che maggiormente ricordo e che mi ha fatto più arrabbiare, è stata quando ero a ballare con le mie amiche, ero fidanzata e non avevo nessun interesse nell’intraprendere una storia anche solo di una sera con qualcuno. ballavo e mi divertivo con il mio gruppo di amiche e a un certo punto ho sentito una mano sotto la gonna. Un ragazzo più grande di me, aveva secondo me tra i 25 e i 30 anni, mi ha toccato il sedere da sotto la gonna. Purtroppo la mia reazione è stata violenta, io di solito reagisco rispondendo a voce oppure cambiando strada quando qualcuno mi infastidisce, ma quella volta lui aveva veramente violato il mio corpo ed aveva oltrepassato qualsiasi barriera. Mi sono girata e gli ho tirato un pugno sul braccio, ero così arrabbiata che le mie amiche mi hanno portata fuori e mi sono sentita in colpa per aver risposto male ad un secondo ragazzo che avendo visto la scena cercava di aiutarmi. Ero troppo arrabbiata. Ma come si permetteva di toccarmi? Io non vado in giro a toccare i ragazzi. Comunque la mia reazione è stata sbagliata lo so, ma ho cercato solo di difendermi. La reazione di lui? si è messo a ridere. Penso che sia ora di finirla, se un domani mia figlia venisse trattata così, non so come potrei reagire. Aggiungo che, se io fossi stata completamente nuda, non avrebbe comunque avuto il diritto di sfiorarmi. Ho un lavoro, mi sto per laureare, ho dei principi e mi vesto come voglio. Non ci si deve prendere il diritto di toccare una ragazza perché ha la gonna corta così come non è giusto coprirsi il più possibile solo perché c’è gente che non sa cosa vuol dire essere civilizzati. Ho lavorato tanto sul mio corpo, mi amo ed è stato difficile arrivare a volermi bene. Quindi se mi sento a mio agio con una gonna o un pantalone attillato è mio diritto metterlo. Però il corpo è mio e decido io chi può toccarmi (studentessa, partecipante n. 753)
Notes de bas de page
1 E. Babbie, Ricerca sociale, Rimini, Maggioli Editore, 2008.
2 I racconti sono stati trascritti fedelmente, compresi refusi ed errori. Per questo alcuni iniziano con la maiuscola e altri con la minuscola; per lo stesso motivo qualche testo presenta sviste, ripetizioni, brusche interruzioni.
3 G. Mason, The spectacle of violence: Homophobia, gender and knowledge, London, Routledge, 2001. Sul tema si veda anche: S. Tomsen, Violenza omofoba e maschilità in Australia, in S. Magaraggia e D. Cherubini (a cura di), Uomini contro le donne? Le radici della violenza maschile, Torino, Utet, 2013, pp. 77-102.
4 Sulle violenze subite in adolescenza si veda il bel libro di Lucia Beltramini, La violenza di genere in adolescenza. Una guida per la prevenzione a scuola, Roma, Carocci, 2020.
5 Sulla tipologia dei termini impiegati per definire le violenze contro le donne online si veda: A. Van Der Wilk, Cyber violence and hate speech online against women, Policy Department for Citizens’ Rights and Constitutional Affairs, 2018. Sulla disseminazione non consensuale di immagini sessuali si vedano due recenti lavori: C. Rollero, S. Pagliaro, Moral foundations and victim blaming in case of non-consensual dissemination of one’s sexual images: A preliminary study, “Psicologia Sociale”, 17(2), 2022, pp. 195-205. E. Capolicchio, C. Pecini, G. A. Di Bernardo, C. Regalia, L. Andrighetto, L. Vezzali, Sexting and the experience of non-consensual dissemination of sexts. The moderator role of self-objectification, “Psicologia Sociale”, 17(2), 2022, pp. 207-224.
6 P. Romito e M. Feresin, Le molestie sessuali. Riconoscerle, combatterle, prevenirle, Roma, Carocci, 2019. Si vedano anche: K. T. Schneider, S. Swan, L. F. Fitzgerald, Job-related and psychological effects of sexual harassment in the workplace: Empirical evidence from two organizations, “Journal of Applied Psychology”, 82, 1997, pp. 401-415, e il capitolo 2.
7 Sulle molestie che quotidianamente avvengono nel corso dei lavori agricoli si veda il bel libro di Stefania Prandi, Oro rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo, Cagli, Settenove Edizioni, 2018. Della stessa autrice si veda il capitolo Molestie e violenze sulle lavoratrici in agricoltura: chi paga il prezzo più alto di fragole e pomodori nel testo curato da P. Romito, M. Feresin, Le molestie sessuali. Riconoscerle, combatterle, prevenirle cit., pp. 73-84.
8 M. Santinello e A. Vieno, La prevalenza delle molestie tra le studentesse dell’Università: quale connessione con le norme sociali?, “Risorsa Uomo”, 10, 2004, pp. 317-329.
9 Sui significati psicosociali dei concetti di pulizia e sporcizia che, attraverso le antinomie pulito/ sporco e puro/impuro, permeano le relazioni tra persone e gruppi, si veda il bel saggio di G. Speltini, S. Passini, Cleanliness/dirtiness, purity/impurity as social and psychological issues, “Culture & Psychology”, 20(2), 2014, pp. 203-219.
10 Cfr. capitolo 2. Si veda anche: M. M. Davidson, M. S. Butchko, K. Robbins, L. W. Sherd, S. J. Gervais, The mediating role of perceived safety on street harassment and anxiety, “Psychology of Violence”, 6, 2016, pp. 553-562.
11 Si veda in proposito: R. F. Carretta, D. M. Szymanski, Stranger harassment and PTSD symptoms: Roles of self-blame, shame, fear, feminine norms, and feminism, “Sex Roles”, 82, 2020, pp. 525-540.
12 Sui miti dello stupro si veda la classificazione proposta da K. E. Edward, M. D. Macleod, The reality and myth of rape: Implications for the criminal justice system, “Expert Evidence”, 7, 2000, pp. 37-58. Tale classificazione riprende l’analisi delle false credenze sullo stupro individuate nel 1975 da Brownmiller e proseguita da Ward nel 1995. Si vedano: A. Brownmiller, Against our will: Men, women and rape, New York, Simon and Schuster, 1975; C. A. Ward, Attitudes toward rape: Feminist and social psychological perspectives, London, Sage, 1995. Sul tema si vedano anche: F. Spaccatini, M. G. Pacilli, Victim blaming e violenza di genere: Antecedenti, funzioni e conseguenze, “La Camera Blu”, 21, 2019, pp. 145-166; C. Volpato, Le radici psicologiche e culturali della violenza contro le donne, in C. Pecorella (a cura di), Donne e violenza. Stereotipi culturali e prassi giudiziarie, Torino, Giappichelli, 2021, pp. 1-35. Sulla presenza di stereotipi e pregiudizi che limitano il riconoscimento delle situazioni di legittima difesa alle donne maltrattate si veda il volume curato da C. Pecorella, La legittima difesa delle donne. Una lettura del diritto penale oltre pregiudizi e stereotipi, Milano, Mimesis, 2022.
13 Sulla deumanizzazione: C. Volpato, Deumanizzazione. Come si legittima la violenza. Roma-Bari, Laterza, 2011; C. Volpato, Negare l’altro. La deumanizzazione e le sue forme, “Psicoterapia e Scienze Umane”, 47(2), 2013, pp. 311-328; C. Volpato, L. Andrighetto, Dehumanization, in J. D. Wright (ed.-in-chief) International Encyclopedia of the Social & Behavioral Sciences, 2a ed., vol. 6, Oxford, Elsevier, 2015.
14 P. Romito, La de-umanizzazione. Filo rosso nella violenza contro le donne, “Minority Reports. Cultural Disability Studies”, 10(1), 2020, pp.169-195.
15 Gli psicologi sociali hanno condotto nell’ultimo ventennio molte ricerche sul tema dell’oggettivazione sessuale. Si veda in proposito il quarto capitolo del libro di C. Volpato, Deumanizzazione, sopra citato. Si vedano inoltre: C. Volpato, Psicosociologia del maschilismo, Bari-Roma, Laterza, nuova ed. riveduta e aggiornata, 2022; M. G. Pacilli, Quando le persone diventano cose, Bologna, il Mulino, 2014; M. G. Pacilli, E. Cadeddu, F. Spaccatini, Oggettivazione sessuale. Che cos’è e perché fa male (non solo) alle donne, “Minority Reports. Cultural Disability Studies”, 10, 2020, pp. 59-77. Sulla sofferenza subita da una vittima di stupro, ridotta a mero oggetto sessuale, si veda: S. J. Brison, Aftermath: Violence and the remaking of a self, Princeton University Press, 2002; trad. it. Dopo la violenza. Lo stupro e la ricostruzione del sé, Trento, Il Margine, 2021. Un recente articolo esplora il legame tra coercizione sessuale, processi di auto-oggettivazione e abilità a riconoscere la violenza: G. Sáez, M. Garrido-Macías, A. R. Riemer, A. Mendoza-Flores, M. Alonso-Ferres, Objects don’t just walk away: Exploring the connection between women’s engagement in self-objectification and their ability to recognize and respond to sexual violence, “Psicologia Sociale”, 17, 2022, pp. 225-243.
16 Su questo punto si vedano: M. Crouch, Sexual harassment in public places, “Social Philosophy Today”, 25, 2009, pp. 137-148. C. B. Gardner, Passing by: Street Remarks, Address Rights, and the Urban Female, “Sociological Inquiry”, 50, 1980, pp. 328-356. E. Kissling, Street harassment: The language of sexual terrorism. “Discourse & Society”, 2, 1991, pp. 451-460, http://0-www-jstor-org.catalogue.libraries.london.ac.uk/stable/42888749. P. McAllister, Wolf Whistles and Warnings, “Heresies”, 6, 1978, pp. 37-39.
17 Uno studio sulle violenze sessuali subite dalle donne di 27 nazioni nord-americane ed europee, Italia compresa, ha misurato il sentimento di insicurezza e la frequenza di comportamenti di autolimitazione (ad esempio, non uscire con il buio), che risultano costantemente più elevati nelle donne che negli uomini. Da tale studio risulta che le italiane sono tra le donne che si sentono meno sicure e che più limitano le loro condotte, superate solo dalle cittadine di pochi paesi dell’Europa dell’Est con particolari carenze nella sicurezza pubblica. Si veda: C. L. Yodanis, Gender inequality, violence against women, and fear: A cross-national test of the feminist theory of violence against women, “Journal of Interpersonal Violence”, 19, 2004, pp. 655-675.
18 Si veda C. Avina, W. O’Donohue, Sexual harassment and PTSD: Is sexual harassment diagnosable trauma?, “Journal of Traumatic Stress: Official Publication of The International Society for Traumatic Stress Studies”, 15, 2002, pp. 69-75.
19 J. L. Doty, A. L. Gower, J. H. Rudi, B. J. McMorris, I. W. Borowsky, Patterns of bullying and sexual harassment: Connections with parents and teachers as direct protective factors, “Journal of Youth and Adolescence”, 46, 2017, pp. 2289-2304.
20 J. Darley, B. Latané, Bystander intervention in emergencies: Diffusion of responsibility, “Journal of Personality and Social Psychology”, 4, 1968, pp. 377-383; B. Latané, J. Darley, Group inhibition of bystander intervention in emergencies, “Journal of Personality and Social Psychology”, 3, 1968, pp. 215-221; B. Latané, J. Darley, The unresponsive bystander: Why doesn’t be help?, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, 1970. Sull’episodio di Kitty Genovese e l’interpretazione datane a suo tempo dal “New York Times” si veda il lavoro di S. M. Kassin, The killing of Kitty Genovese: What else does this case tell us?, “Perspectives on Psychological Science”, 12, 2017, pp. 374-381. Sull’applicazione delle ricerche di Latané e Darley alla mancanza di intervento nei casi di violenza contro le donne si veda: V. L. Banyard, Who will help prevent sexual violence: Creating an ecological model of bystander intervention, “Psychology of Violence”, 1, 2011, pp. 216-229. Sul tema è recentemente uscita una ricerca che esamina il ruolo della personalità delle vittime nelle intenzioni di aiuto: M. G. Pacilli, F. Spaccatini, C. Ballone, E. Gentili, I. Giovannelli, Moral virtue, victim blaming and helping intentions towards a rape victim. The role of victim’s personality from (past) media narrative to present social perception, “Psicologia Sociale”, 17(2), 2022, pp.183-194.
21 P. McDonald, S. Charlesworth, Workplace sexual harassment at the margins, “Work, Employment and Society”, 30, 1, 2016, pp. 119-134.
22 Si veda C. Volpato, Psicosociologia del maschilismo cit.
23 Si veda: R. W. Connell, Masculinities, Cambridge, Polity Press, 1995, trad. it. Maschilità. Identità e trasformazioni del maschio occidentale, Milano, Feltrinelli, 1996; R. W. Connell, Gender, Cambridge, Polity Press, 2009, trad. it. Questioni di genere, Bologna, il Mulino, 2011.
24 S. Tomsen, Violenza omofoba e maschilità in Australia cit., p. 87.
25 A ulteriore prova della consapevolezza delle rispondenti di doversi confrontare con un clima sessista, riportiamo una testimonianza che, come nota la stessa autrice, non concerne le molestie, ma bene illustra la persistenza di stereotipi sessisti anche in ambito accademico:
“Non rientra nella molestia ma penso nella discriminazione questo episodio: durante una lezione del master in Diritto Sportivo e Rapporti di Lavoro nello Sport dell’autunno 2020 un ospite/relatore ad una mia domanda sull’impiego femminile nel mondo del calcio ha risposto con “per me le donne non capiscono niente di calcio, non dovrebbero nemmeno entrare allo stadio” invitandomi a cambiare obiettivi di carriera. Non sono riuscita a reagire e nemmeno le mie compagne di corso (10 ragazze) perché eravamo scioccate da una tale esternazione in un contesto universitario. So che non è una molestia nel senso classico del termine, ma sentirmi dire una cosa del genere durante una lezione è stato imbarazzante, avvilente e mi ha fatto riflettere sulle mie prospettive di carriera futura. Pur non rientrando in una molestia, ritengo che questo episodio sia comunque grave ed evitabile in futuro. Vi ringrazio per la vostra indagine e per dare la possibilità alle donne di farsi sentire”. (studentessa, partecipante n. 1443)
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Raccontare le molestie sessuali
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