La conoscenza del mondo vegetale prima e dopo Andrea Cesalpino
p. 123-140
Résumé
La connaissance du monde végétal avant et après Andrea Cesalpino
Andrea Cesalpino (1525-1603) enseigna la médecine à Pise puis à Rome ; il eut un rôle essentiel dans le renouveau de la botanique au XVIe siècle. Il s’insère dans le nouveau mouvement d’étude des plantes médicinales, fondé sur l’observation directe. Son livre De Plantis (1583) et son herbier (1563) montrent que Cesalpino précède Tournefort et Linné dans la fondation de la botanique systématique, puisqu’il établit un mode de classification des plantes, en fonction de leurs caractères morphologiques (surtout des organes de reproduction), et non pas de leurs utilisations. Son œuvre marqua certes Linné mais elle n’eut pas la reconnaissance méritée, car Cesalpino ne sut pas créer une nomenclature adaptée, donc un système de référence.
Texte intégral
1L’importanza che ha avuto Andrea Cesalpino nello sviluppo delle conoscenze sul mondo vegetale non è stata sufficientemente valutata in passato tanto dai botanici quanto dagli storici della scienza. Solo recentemente è stato riconosciuto il merito di questo grande scienziato che ha saputo svincolarsi da un modo di pensare e di considerare le piante che è rimasto imperante fino al XVI secolo e che, applicando il metodo sperimentale, ha dato un’impronta nuova alla botanica, formulando idee e proponendo criteri basati sull’osservazione diretta e sulla interpretazione naturalistica dei caratteri delle piante.
2In effetti, la conoscenza delle piante dal punto di vista scientifico si può dire che ha attraversato tre diversi periodi storici: nel primo, fino al XVI secolo, prevale lo spirito utilitaristico e qualsiasi conoscenza è finalizzata allo studio delle piante che in qualche modo interessano l’uomo. Dal XVI secolo prende l’avvio un periodo in cui l’osservazione e la sperimentazione permettono una conoscenza approfondita di questi organismi, dando da una parte una visione planetaria allo studio delle piante e dall’altra fornendo gli elementi per l’inizio di un terzo periodo, che potremmo considerare quello attuale, nel quale la conoscenza globale delle caratteristiche del mondo vegetale permette una visione di sintesi fino ad oggi impensabile. Tuttavia questo terzo periodo, che potremmo far coincidere col XX secolo, si evidenzia anche per un’altra caratteristica, che è quasi un ritorno alle origini, sia pure con una visione più moderna e sintetica: e cioè il rapporto fra le piante e l’uomo, sia come possibilità di utilizzazione di nuove risorse vegetali che come significato di un equilibrio ambientale in cui ambedue queste componenti possano coesistere senza che l’una danneggi l’altra. Questa visione ecologica del mondo vegetale ha modificato e sta modificando radicalmente il rapporto fra piante ed uomo, indirizzando anche in maniera nuova lo studio del mondo vegetale.
3Fino a Cesalpino possiamo dire che la botanica è prevalentemente antropocentrica; inoltre molto spesso la conoscenza delle piante in quel periodo passa attraverso fasi che corrispondono a quelle che, nella vita dell’uomo, percorre il bambino e poi il fanciullo nel suo approccio al mondo vegetale. La pianta che si può mangiare, quella che punge, quella che emana un gradito profumo... sono le prime impressioni che l’uomo realizza nelle prime fasi della sua vita, anche senza domandarsi perchè la pianta si può mangiare, perché punge, perché emana un piacevole aroma.
4Si può considerare che l’approccio dell’uomo al mondo delle piante sia passato attraverso tre fasi: la sopravvivenza, il miglioramento della vita, la speculazione.
5La prima fase della conoscenza delle piante è sicuramente legata alla necessità di sopravvivenza. La presenza di semi e frutti in numerosi scavi archeologici mostra che nella preistoria dell’uomo veniva fatto grande uso di piante spontanee nell’alimentazione, forse un uso maggiore di quanto sia avvenuto intorno al 10.000 a. C. quando con l’avvento delle coltivazioni diminuisce il numero di specie vegetali conosciute a vantaggio unicamente di quelle introdotte in coltura. Che in questo periodo vi sia un ciebole interesse per le piante (al di fuori di quello alimentare) è dimostrato anche dalla scarsità di raffigurazioni pittoriche di soggetto vegetale fino al 3000 a. C. in confronto con quelle, molto più numerose, che trattano di animali.
6La seconda fase della conoscenza è l’utilizzazione delle piante ai fini del miglioramento delle condizioni di vita. Comincia a svilupparsi l’utilizzazione delle piante per scopi terapeutici, religiosi, magici, ecc.; prendono l’avvio i primi giardini in cui quindi la pianta è fonte e motivo di abbellimento; si sviluppa l’utilizzazione degli alberi per il legname per costruzioni di vario tipo, ecc. Tuttavia in questo periodo non si ha ancora un vero e proprio studio scientifico della pianta e manca quasi sempre una descrizione. La pianta si riconosce generalmente per l’uso che se ne fa o anche per il nome volgare che le è stato attribuito. In particolare la scoperta dell’uso delle piante come medicamento fa sì che ad esempio in Egitto dal XVI secolo a. C. e in Oriente dal VII-VI secolo si diffonda questo uso, accompagnato da opere che ne riassumono il significato.
7A questo punto si può ritenere che l’uomo, soddisfatti i propri bisogni essenziali in merito all’uso delle piante, cominci a riflettere su che cosa è l’oggetto di questo uso. Inizia perciò quella che chiamerei la fase speculativa che corrisponde anche all’inizio della botanica come scienza. Si comincia a indagare su che cos’è un organismo vivente; si fa strada timidamente la differenza fra animali e piante; prende sviluppo l’osservazione della pianta nelle sue caratteristiche morfologiche e riproduttive; comincia una sia pur elementare classificazione delle piante note fino allora. Tutto questo processo di sviluppo delle conoscenze però è sempre finalizzato a perfezionare lo studio sulle piante utili e in particolare su quelle medicinali che costituiscono quindi inizialmente la base dello sviluppo della botanica.
8L’artefice di questo sviluppo è indubbiamente Teofrasto, il quale può essere considerato a buon diritto il primo botanico della storia e colui che ha influenzato le conoscenze sulle piante fino al XV secolo1. Anche Cesalpino si ispirerà spesso a Teofrasto e riprenderà il concetto di “differenza” su cui Teofrasto si basa per distinguere e classificare le piante. La prima classificazione del mondo vegetale infatti si può far risalire a questo scienziato-filosofo, il quale, valutando il diverso portamento delle piante, introduce il concetto di albero, di arbusto, di erba, ecc. che sarà anche ripreso e perfezionato da Cesalpino. Teofrasto fu un acuto osservatore ed a lui si deve ad esempio il riconoscimento dell’esistenza dei fiori e del fatto che le spighe dei cereali o i capolini delle Composite sono infiorescenze e non fiori singoli; inoltre riconosce l’esistenza ed il significato dei nodi e degli internodi sui rami, la differenza nelle superfici fogliari, ecc.2. Molte delle sue osservazioni sulla adattabilità delle piante alle condizioni ambientali hanno fatto considerare Teofrasto quasi come il fondatore dell’ecologia. Teofrasto descrive 550 specie di piante e molte delle sue descrizioni sono originali e non ricavate dalla conoscenza che se ne aveva a quel tempo; inoltre nel formulare le sue descrizioni introduce una dettagliata terminologia botanica, molti termini della quale sono usati ancora oggi.
9Dopo Teofrasto si sviluppa ulteriormente la botanica medica, tuttavia la conoscenza del mondo vegetale non si approfondisce in modo sostanziale in quanto molti di coloro che si occupano di piante medicinali si ispirano a Teofrasto. Basti pensare alla “Materia Medica” di Dioscoride, a Plinio, a Galeno, ecc.
10Nel Medioevo la tradizione della conoscenza e dell’uso delle piante medicinali veniva affidata ai codici manoscritti. I codici dipinti erano copiati a più riprese, con il risultato che i disegni, anche se talora miglioravano dal punto di vista pittorico, con la copiatura perdevano di fedeltà nella riproduzione dei caratteri della pianta3. Forse solo Alberto Magno porta un contributo originale allo sviluppo delle conoscenze con la descrizione di caratteristiche morfologiche ed anatomiche finora trascurate. A lui ad esempio si fa risalire l’identificazione delle cerchie annuali nel legno, e la prima distinzione fra quelli che oggi sono chiamati fiori zigomorfi (con un unico piano di simmetria) e fiori attinomorfi, che Alberto Magno descrive come fatti a forma di uccello i primi e a forma di stella o campana i secondi4.
11Il rinnovamento culturale del XVI secolo, specialmente in Italia, con l’avvento della stampa, e con la “riscoperta” di Teofrasto e Dioscoride, ecc., fornisce le basi per lo sviluppo della scienza medica e determina il substrato essenziale su cui si inserisce l’opera di Andrea Cesalpino. La conoscenza delle piante subisce un incremento rapidissimo, sia in qualità con i diversi criteri di studio e di analisi, che in quantità con l’aumento delle specie conosciute.
12Inizialmente questa attività è ancora finalizzata all’esame delle piante utili: si perfeziona lo studio delle piante medicinali, si sperimentano nuove specie utili all’alimentazione, si incrementa l’introduzione da paesi lontani delle spezie che rendono più appetite le pietanze, si migliorano e si abbelliscono i giardini rinascimentali dei potenti con la coltivazione di piante ornamentali nuove ed appariscenti.
13All’incremento in qualità sulla conoscenza delle piante contribuiscono in maniera determinante i nuovi criteri di studio sulle piante medicinali. La lectura simplicium, di cui fu il massimo interprete Luca Ghini, a Bologna e a Pisa, fin dal 1527, si manifestò come uno strumento essenziale dal punto di vista didattico, tanto più quando risulta accompagnata dalla illustrazione delle piante vive e dalla conservazione dei campioni allo stato secco per un successivo controllo5. A Luca Ghini si può far risalire infatti, se non l’invenzione di queste metodologie, certamente il fatto di aver saputo interpretare la loro utilità ed il loro significato culturale6. Nascono quindi nella prima metà del XVI secolo gli strumenti essenziali per questo perfezionamento qualitativo delle conoscenze botaniche: la lectura simplicium, l’orto botanico, l’erbario. A questi si associa la necessità di un’osservazione accurata della pianta in vivo e come conseguenza la possibilità di una raffigurazione dal vero, che porterà allo sviluppo degli stupendi testi figurati del XVI secolo. Tende quindi a scomparire l’herbarium, cioè il codice dipinto, mentre si sviluppano l’hortus vivus e l’hortus siccus (cioè l’erbario in senso moderno): la stessa terminologia ci indica la stretta affinità con cui venivano considerati questi due diversi metodi per conservare e studiare le piante.
14Anche dal punto di vista quantitativo nel mondo delle piante si osserva nel XVI secolo uno sviluppo rapidissimo. A ciò contribuiscono in maniera essenziale i numerosi viaggi di esplorazione sia in Europa che fuori d’Europa ed i tentativi di acclimatazione e di sperimentazione di nuove specie esotiche a fini pratici, specialmente alimentari. E’ stato calcolato che in meno di un secolo entrarono in coltura in Europa un numero di piante venti volte maggiore di quante ne erano state introdotte nei 2000 anni precedenti7.
15Lo studio più approfondito sulle piante, la migliorata accuratezza di osservazione, l’interesse verso le numerose nuove specie vegetali via via scoperte fanno sì che si sviluppi l’opportunità di una precisa descrizione di tutte le varie forme vegetali conosciute, ciò che porta come conseguenza la necessità di valutare il significato delle differenze riscontrate ed il valore da assegnare a queste differenze. Si riconosce per la prima volta che esistono numerosi caratteri e numerosi gradi di diversità, a cui evidentemente deve essere dato un determinato valore; si riconosce che alcuni caratteri sono maggiormente suscettibili per essere utilizzati per definire le varie piante; si riconosce l’opportunità di raggruppare le piante in base a determinate loro caratteristiche. Sorge quindi la necessità di classificare le piante ma non più con criteri utilitaristici come era stato fatto finora, o almeno non soltanto con quelli. Il problema, che appare inizialmente soltanto teorico, assume ben presto aspetti pratici, specialmente quando le piante conosciute cominciano ad essere molte centinaia o qualche migliaio.
16Anche Luca Ghini sembra si sia posto questi problemi; tuttavia non avendo lasciato alcuna opera scritta, non sappiamo quale era il suo pensiero. Tuttavia, ad esempio, da alcune lettere da lui inviate a Mattioli appare evidente che Ghini deve aver avuto chiaro il concetto di gradualità nell’importanza dei caratteri e di conseguenza il loro significato in una classificazione delle piante. Egli, ad esempio, usando per definire piante simili il termine “specie” più o meno nel senso attuale, le raggruppa per affinità, come si legge nella seguente lettera: “Di horminum [l’attuale salvia] ho due specie, una coltivata ed una spontanea [horminum sativum e horminum sylvestre]. Vi mando ambedue queste piante seccate e incollate su un cartoncino”; e ancora: “Nel mio giardino ho tre specie di hastula regia [Asphodelus] oltre a quella descritta da Dioscoride”8.
17In questo quadro di rinnovamento scientifico, di nuove iniziative, di nuovi criteri di studio si inserisce l’opera di Andrea Cesalpino, degno allievo del Ghini del quale seppe utilizzare l’insegnamento e l’intuito.
18Nato ad Arezzo nel 1525, studiò medicina a Pisa avendo come maestro appunto Luca Ghini. Quando Ghini da Pisa fu trasferito a Bologna, Cesalpino lo sostituì nella lectura simplicium nell’ateneo pisano e diresse per un certo tempo anche l’Orto botanico di Pisa creato dal Ghini nel 1543. Nel 1592 si trasferì a Roma, chiamato da papa Clemente VIII ad insegnare medicina alla “Sapienza” e lì rimase fino alla morte, avvenuta nel 16039.
19L’opera di Cesalpino è riassunta nel suo testo fondamentale sulle piante, il libro De Plantis del 158310, a cui si può aggiungere la Appendix ad Libros De Plantis et Quaestiones Peripateticas, apparsa nel 160311, cioè poco prima della sua morte, che con il libro De Plantis costituisce tutta la sua produzione nel campo botanico. Tuttavia per comprendere in pieno il valore di questo grande scienziato ed il motivo per il quale viene considerato un punto fermo nella storia della conoscenza delle piante è necessario ricordare un’altra opera di Cesalpino, cioè il suo erbario12 (Fig. 1), costituito nel 1563 per il vescovo Tornabuoni di Firenze (come appare dalla lettera che precede l’erbario stesso) e pervenuto dalla famiglia Tornabuoni attraverso lunghe peripezie al Museo di Storia Naturale di Firenze nel gennaio 184413.
20Esaminando attentamente e confrontando queste due opere, il libro De Plantis e l’erbario, si può comprendere chiaramente il significato del contributo determinante portato da Cesalpino allo sviluppo della botanica ed in particolare di quella che verrà chiamata sistematica. Cesalpino infatti viene considerato oggi il fondatore della sistematica e degno precursore di Ray, di Tournefort e di Linneo.
21Prendiamo dapprima in esame il libro De Plantis. Qui Cesalpino non si limita a trattare della classificazione delle piante; anzi all’inizio affronta altri aspetti dello studio della pianta, come la nutrizione, l’assorbimento dell’acqua, la circolazione, ecc. Ad esempio esamina la circolazione del cibo confrontandola con quella degli animali; ammette la presenza di “vene” che trasportano i liquidi; determina il sistema di assorbimento dell’acqua dal terreno, che avverrebbe per imbibizione impedendo così all’aria presente nel suolo di entrare nella pianta, e così via14. Cesalpino inoltre stabilisce una regola secondo la quale le varie parti della pianta sono disposte a costituire l’intero organismo; esamina con cura il seme osservandone con attenzione la struttura interna, ecc. Con questa osservazione fra l’altro egli rileva come questo organo comprenda talvolta due parti ( “semina bifida”) e talvolta sia unico; è questa la base per la distinzione fra dicotiledoni e monocotiledoni che costituirà per molti secoli una differenziazione fondamentale all’interno delle piante a fiore.
22Negli ulteriori capitoli del libro De Plantis Cesalpino affronta finalmente la classificazione delle piante.
23Prendendo lo spunto da Aristotele e Teofrasto, Cesalpino introduce concetti nuovi rifiutando i sistemi basati sull’uso delle piante ( “gruppi farmacologici”), sull’aspetto generale o sui caratteri utilitaristici (sapore, odore, ecc.). Egli afferma che la classificazione si deve basare sui caratteri (differentiae), sulla struttura degli organi, ecc. e non sulle proprietà della pianta o sull’uso che ne vien fatto. I caratteri fondamentali devono essere quelli morfologici perché sono più stabili; e, fra questi, quelli da usare per definire i gruppi superiori devono essere i caratteri relativi alla riproduzione (fiori, frutti, semi), mentre quelli desunti dalle foglie, dal fusto, dalle radici possono servire per definire le specie15. Per ogni carattere Cesalpino inoltre stabilisce che occorre dare maggiore importanza al numero delle parti, alla loro posizione, alla forma, ecc. a cui si possono aggiungere caratteri qualitativi, come la consistenza, il colore, ecc. Tutti i caratteri sono combinati dalla natura in vario modo per realizzare le varie specie di piante16.
24Sulla base di queste premesse Cesalpino suddivide i gruppi superiori (plantarum genera) in base al portamento ed ai caratteri riproduttivi; con i caratteri dei frutti e dei semi quindi distingue all’interno dei gruppi categorie inferiori fino alla ultima species (Tav. 1). Va notato per inciso che i termini di genere e di specie non avevano ancora assunto il significato che noi oggi diamo loro, tanto che per Cesalpino genera sono i gruppi più elevati, oggi riconducibili a ordini e classi.
25Nel suo sistema, Cesalpino separa le Crittogame dalle Fanerogame definendo le prime per l’assenza di frutti e di semi; e la suddivisione delle Crittogame è condotta con criteri così accurati che resterà inalterata per quasi tre secoli. Sarà infatti necessario il microscopio per approfondire adeguatamente le conoscenze, in modo da modificare in maniera sostanziale il sistema classificatorio usato fino allora.
26Nelle piante a seme (le attuali Fanerogame), Cesalpino si accorge dell’esistenza di un preciso rapporto fra il frutto e le parti fiorali e introduce nella classificazione un criterio ancora oggi di grande valore sistematico, ossia ciò che oggi viene definito come ovario supero e ovario infero17.
27Va precisato che Cesalpino non ha ancora chiaro il significato di frutto e di seme nella concezione attuale e quindi ciò che lui chiama “semi” sono in realtà gli elementi di disseminazione, siano essi frutti, parti di frutti o veri e propri semi.
28Sulla base dei caratteri dei “semi” Cesalpino perciò distingue dei gruppi di largo valore tassonomico in molti dei quali possiamo riconoscere quelle che oggi vengono definite come famiglie, anche se il concetto di famiglia ancora non è presente nella botanica cinquecentesca poiché farà la sua comparsa solo alla fine del ‘600. Ad esempio i “gruppi” 6 e 17 definiscono l’attuale famiglia delle Leguminosae, il “gruppo” 19 le Umbelliferae, il “gruppo” 28 le Labiatae, il “gruppo” 27 le Boraginaceae, e così anche per le Compositae, le Liliaceae, le Cruciferae, ecc.18 (Tav. 2).
29Un attento esame dell’erbario di Cesalpino, realizzato nel 1563, mostra come venti anni prima della pubblicazione del libro l’autore aveva già in mente e ben chiari i concetti espressi nel De Plantis, e pertanto il libro rappresenta la conclusione di un lungo periodo di riflessione sul mondo vegetale.
30L’erbario di Cesalpino non è certamente il primo, ma senza dubbio uno dei primi erbari realizzati al mondo. Non si hanno elementi sicuri per stabilire l’esistenza di erbari prima del XVI secolo; l’erbario, o meglio l’ “hortus siccus”, infatti prende sviluppo ai primi del ‘500 e nell’intero secolo ne verranno realizzati numerosi, di cui però pochissimi sono pervenuti fino a noi19.
31Tuttavia fra tutti gli erbari cinquecenteschi quello di Cesalpino assume particolare importanza poiché in esso troviamo rese in modo esplicito le idee del compilatore, che troveranno poi forma scritta venti anni dopo nel libro De Plantis. Infatti nell’erbario le piante non sono disposte a caso, ma sono ordinate sistematicamente, spesso con i criteri che si ritrovano poi esposti nel libro (Fig. 2, 3). Ad esempio i fogli dell’erbario dal 21 al 44 comprendono quelle die oggi chiamiamo Ombrellifere, quelli dal 158 al 168 le attuali Leguminose, e così via20.
32L’erbario, ancora in discrete condizioni di conservazione, è composto di 266 fogli rilegati in tre volumi (la rilegatura fu voluta da Parlatore nel 184421) e comprende 768 specie di piante, un numero veramente elevato per quell’epoca. Su di ogni foglio sono incollati uno o più campioni vegetali, ciascuno corredato con un nome greco o latino e talora anche italiano22.
33In conclusione, Cesalpino con una sola opera fondamentale e con il suo erbario, è passato alla storia come il fondatore della sistematica delle piante e tale lo considerano Gaspard Bauhin, John Ray, Pier Antonio Micheli, Carlo Linneo, anche se purtroppo la stragrande maggioranza dei botanici dal XVII al XX secolo lo ha ingiustamente ignorato. Infatti, dal XVII secolo in poi Cesalpino viene quasi dimenticato; e solo alcuni botanici, come ad esempio quelli ora nominati, lo ricorderanno ed anzi lo prenderanno come ispiratore delle loro idee.
34Le cause di questo disinteresse verso la visione del mondo vegetale proposta da Cesalpino sono varie. Anzitutto bisogna riconoscere che il testo di Cesalpino è scritto in modo pesante e non facilmente comprensibile per coloro che non sono assuefatti all’argomento. Già Gaspard Bauhin scriveva ad un amico: “Ho avuto a lungo in mente il libro di Cesalpino De Plantis ed ho passato molto tempo a leggerlo per usarlo per la mia classificazione. E’ un uomo molto profondo, ma molto oscuro: ho avuto grande difficoltà a capirlo ed ho molti dubbi che possa essere comprensibile agli studenti”23.
35Inoltre occorre ricordare che verso la fine del ‘500 le ricerche sulle piante ebbero in Italia un forte declino, mentre presero vivace sviluppo all’estero. Basterà fare i nomi di Rembert Dodoens (Dodoneus), Charles de l’Ecluse (Clusius), Matthias de l’Obel (Lobelius) per capire come nel XVII secolo quella fucina di studio sulle piante che era stata l’Italia si fosse trasferita in Olanda, che divenne il centro della botanica europea.
36Infine un’ulteriore causa dell’insuccesso dell’opera di Cesalpino sta nel fatto che, pur rilevando i caratteri differenziali dei vari gruppi sistematici (siano essi “generi” o “specie” o altri), in molti casi non dà un nome a questi gruppi, impedendo quindi un riferimento immediato. A questo proposito, il Carnel, nella sua acuta indagine sul libro di Cesalpino, nel 1872 affermava24 :
37“Errore cotesto veramente deplorabile! nel quale cadono anche oggidì non pochi, dotti e non dotti, coloro per esempio che trattano gran parte della storia naturale di mera scienza di nomi, essi dimenticano il nesso intimo fra il pensiero e la parola, fra l’idea concepita e il segno per rappresentarla nella memoria e nel ragionamento, e non sanno persuadersi della necessità per ogni scienza di un corredo di termini tecnici speciali, che sarà tanto più esteso quanto maggiore il numero degli oggetti di cui si occupa quella scienza. In storia naturale segnatamente una classazione senza nomenclatura è come una campana senza battaglio, o un esercito senza bandiere né capi, che può fare testimonianza dell’ingegno del suo autore, ma per tutti gli effetti pratici non avrà influenza, almeno diretta, sull’andamento della scienza. E così fu della classazione ideata da Cesalpino; che per quanto la prima fondata sopra una base scientifica, e per un secolo intero la sola, e superiore o almeno uguale per il suo merito intrinseco alle altre classazioni che vennero dopo fino a quella di Tournefort, pure si rimase negletta e senza azione manifesta sui progressi della tassinomia vegetale; e ciò indubitamente a senso mio per la mancanza di una corrispondente idonea nomenclatura”.
38Nonostante questa dimenticanza quasi generale verso Cesalpino, coloro che ebbero occasione di valutarne la statura scientifica vi fecero più volte riferimento, e non solo coloro che si occuparono di classificazione e di sistematica.
39Anche Jung, ad esempio, nei suoi studi di morfologia ed anatomia si ispira spesso alle idee di Cesalpino.
40Con lo sviluppo degli studi sul mondo vegetale e l’aumento dei tipi di piante descritti (Gaspard Bauhin nel suo Pinax Theatri Botanici del 1623 ne descrive più di 6000 specie25) la sistematica diviene sempre più complessa ed intervengono nuovi criteri e nuovi concetti, basati sul perfezionamento delle conoscenze.
41Con John Ray (1623-1705), ad esempio, viene precisato il valore del genere nel senso attuale; per opera di Pierre Magnol (1638-1715) nel 1689 e di Ray stesso viene definita la famiglia; con Tournefort (1656-1708) viene perfezionata la classificazione.
42Ma il pensiero di Cesalpino continuerà a influenzare la scienza botanica ancora per buona parte del XVIII secolo, tanto che anche Camerarius (1665-1721), che passerà alla storia della botanica per aver scoperto la sessualità nei fiori, definirà in maniera precisa ciò che oggi viene interpretato come il carattere fondamentale dell’angiospermia, cioè il fatto che gli ovuli sono racchiusi in un ovario, carattere che era già stato intuito da Cesalpino nel suo libro.
43Tuttavia lo scienziato che sarà maggiormente influenzato da Cesalpino sarà proprio Linneo, che nell’opera Classes Piantarum (1738)26 traccia un dettagliato elogio del suo predecessore, definendolo il primo vero sistematico. Inoltre Linneo si ispira apertamente a Cesalpino sia nell’uso dei caratteri riproduttivi come elementi distintivi essenziali per la classificazione delle piante che nell’interpretazione del fiore e della sua origine.
44Con la fine del ‘700 Cesalpino appare quasi completamente dimenticato. Lo sviluppo della biologia nella seconda metà dell’800 e nel ‘900 non favorirà certamente una rivalutazione del pensiero di Cesalpino e la tendenza verso il nuovo che caratterizza questo secolo non permetterà per molti anni di riprendere in considerazione le opere dello scienziato aretino. Va dato atto perciò al botanico olandese Bremekamp27 di aver pensato a rivalutare Cesalpino in un suo lavoro del 1952 attraverso un riesame accurato della sua classificazione, ciò che ha permesso ai moderni storici della botanica di attribuire a questo grande scienziato il giusto posto che gli compete nella storia della conoscenza del mondo vegetale.
45Cesalpino, se si vuole, è stato il figlio illustre di un’epoca; tuttavia a questo grande scienziato va certamente dato il merito di avere aperto la strada alla botanica moderna fornendo le basi per lo sviluppo che questa scienza avrà nei successivi quattro secoli.
Notes de bas de page
1 a. g. morton, History of Botanical Science, London, 1981, p. 27 ss.
2 morton, op. cit (vedi nota 1), p. 53.
3 g. moggi, m. tesi, Piante e fiori nelle miniature laurenziane (sec. VI-XVIII), ed. Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze, 1986, p. 9-10.
4 morton, op. cit (vedi nota 1), p. 110.
5 g. moggi, “Il Museo Botanico ed il Giardino dei Semplici dell’Università di Firenze”, Bollettino della Societā Italiana dell’Iris, 1975, p. 26-39.
6 g. moggi, “Andrea Cesalpino Botanico”, Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo, nuova serie, 42, 1981, p. 235-249.
7 morton, op. cit (vedi nota 1), p. 118.
8 morton, op. cit (vedi nota 1), p. 156.
9 moggi, op. cit (vedi nota 6), p. 239.
10 a. cesalpino, De Plantis Libri XVI, Florentiae, 1583.
11 a. cesalpino, Appendix ad Libros De Plantis et Quaestiones Peripateticas, Romae, 1603.
12 g. moggi, “Storie di collezioni di piante: gli erbari fiorentini”, Atti della Societā Leonardo da Vinci, serie 5, 3, 1985, p. 55-56.
13 f. parlatore, Les collections botaniques du Musée Royal de Physique et d’Histoire Naturelle de Florence au printemps de mdccclxxiv, Florence, 1874, p. 55-57.
14 c. e. b. bremekamp, “A re-examination of Cesalpino’s Classification”, Acta Botanica Neerlandica, 1, 1953, p. 580-593.
15 morton, op. cit (vedi nota 1), p. 136-137.
16 t. caruel, Andrea Cesalpino e il libro “De Plantis’’, Firenze, 1872, p. 39-40.
17 bremekamp, op. cit (vedi nota 14), p. 588.
18 bremekamp, op. cit (vedi nota 14), p. 593.
19 moggi, op. cit (vedi nota 6), p. 244-245; moggi, op. cit (vedi nota 12), p. 51-52.
20 t. caruel, Illustrano in hortum siccum Andreae Caesalpini, Florentiae, 1858.
21 parlatore, op. cit (vedi nota 13), P- 56.
22 caruel, op. cit (vedi nota 20), p. x.
23 morton, op. cit (vedi nota 1), p. 162.
24 caruel, op. cit (vedi nota 16), p. 41.
25 g. bauhin, Pinax Theatri Botanici, Basileae Helv., 1623.
26 c. linnaeus, Classes Plantarum, Lugduni Batavorum, 1738.
27 bremekamp, op. cit (vedi nota 14), p. 580 ss.
Auteur
Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze (Sezione Botanica).
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