Immagini della città tardoantica : riflessioni
p. 155-167
Texte intégral
1L’immagine della città nell’arte e nella letteratura è stato il tema, nel 1986, di una delle sezioni dell’XI Congresso internazionale di Archeologia Cristiana ; in quella occasione numerosi contributi hanno affrontato i diversi aspetti di un problema, sul quale era già ricca la bibliografia2 ; altri titoli importanti si sono aggiunti in seguito, fino al recente volume The Idea and Ideal of the Town between Late Antiquity and the Early Middle Ages, esito di un lavoro di ricerca svolto nell’ambito del progetto della European Science Foundation sul tema The Transformation of the Roman World3 ; non manca tuttavia lo spazio, specie in questa occasione, per qualche riflessione ulteriore su un argomento che, in primo piano o sullo sfondo a seconda delle circostanze, accompagna i lavori del gruppo di ricerca sul la Topographie chrétienne des cités de la Gaule, cui è legato in maniera indissolubile il nome di Nancy Gauthier, che d’altro canto si è espressa al riguardo con pagine di grande lucidità e ricche di spunti suggestivi4. Scorrendo la serie di studi raccolti nel 1987 nel volume Modelli di città5 si può notare che nell’ampio spettro di modelli urbani considerati - da quello del vicinooriente antico a quello cinese a quello europeo dell’epoca industriale - la città tardoantica non trova posto, non essendo proposto alcun tramite fra la città romana e quella bizantina da un lato, la città altomedievale dall’altro6 : una scelta coerente con il piano dell’opera, che nell’analisi della città ne privilegia l’organizzazione sociale e le funzioni politiche. Nel suo contributo sulla città romana, la Cracco Ruggini afferma bensì esplicitamente l’identità e la specificità della sua fase tardo imperiale, riprendendo l’idea di Weber, mediata da Spengler, di un fenomeno di "pseudomorfosi" che la caratterizzerebbe nei confronti della città della prima e media età imperiale7 ; d’altro canto le ricerche di archeologia urbana degli ultimi decenni hanno prima suggerito, poi progressivamente delineato un quadro di cambiamenti profondi, tali da non poter essere costretti nei termini delle normali dinamiche di trasformazione di ogni organismo urbano. Non si puô tuttavia non riconoscere che malgrado il progressivo incremento di dati, l’interpretazione ne rimane in certa misura inadeguata, affidandosi la definizione della città tardoantica soprattutto a categorie negative, quali "non più" e "non ancora", scaturite dal confronto rispettivamente con la città imperiale e con quella medievale. Anche il suo elemento palesemente e incontestabilmente innovatore – l’organizzazione della topografia cristiana – risulta per molti versi ambiguo, nella misura in cui si realizza nel corso di alcuni secoli, con riferimento dunque a realtà via via diverse, e la sua influenza sull’urbanistica non diventa evidente che nell’alto medioevo. Paradossalmente, la sola costante della città tardoantica sembra essere il mutamento, in aperta contraddizione con la persistenza dell’immagine che la rappresenta, dove le varianti, pur presenti e significative, più volte analizzate8 si innestano su costanti iconografiche di durata plurisecolare.
2La notissima miniatura della Genesi di Vienna, che raffigura il cammino di Rebecca al pozzo e il suo gesto di offrire l’acqua al servo di Abramo (Gen. 24, 1118)9, assume in questo senso un valore esemplare. L’iconografia impiegata per rappresentare la città di Nacor, riferimento topografico essenziale nell’economia del racconto biblico, ma privo in quel contesto di qualunque implicazione descrittiva, ha le sue origini in periodo ellenistico, quando viene elaborata nell’ambito delle ricerche di illusionismo prospettico e atmosferico, che nel punto di vista dall’alto trova la formula per moltiplicare i piani della rappresentazione e dilatarne l’orizzonte10. Fra le scene che sono state evocate da tempo, l’affresco pompeiano raffigurante "il volo di Icaro", dalla casa del "Sacerdos Amandus", è forse quella che meglio illustra questo archetipo nelle sue caratteristiche morfologiche – la città murata, il "segno" delle porte – e nella sua funzione di suggerimento prospettico nell’organizzazione della scena11.
3Isolata da questo contesto, inserita in strutture compositive che prescindono dalla prospettiva "naturale" a favore di un’organizzazione logica della scena12, l’immagine viene assunta nella tarda antichità corne una sorta di cifra, icona della città e implicitamente dei valori civili, politici, culturali e umani che questa rappresenta nel mondo antico : è di volta in volta la meta del viaggio di Giacobbe in Egitto raffigurato nella lunetta del cubicolo B dell’ipogeo di via Latina13 il simbolo di città eminenti dell’impero – Aquileia, Ravenna, Salonicco, Nicea, Nicomedia, Ancyra – nella Tabula Peutingeriana14 la connotazione significativa delle circoscrizioni amministrative e militari menzionate nella Notitia Dignitatum15, la Cartagine del Virgilio Vaticano16.
4In questa immagine sembra riassumersi tutto il bisogno di sicurezza di una società che, nel momento di una crisi profonda, è condotta a interrogarsi, a riflettere su se stessa, a cercare la propria identità confrontandosi con il passato, assumendone il lessico per descrivere il presente e strutturarlo, superandone la frammentarietà. E questo uno dei molti aspetti di un processo messo in atto tra III e IV sec., che ha la sua manifestazione più evidente nel programma di restitutio/renovatio che connota tutta la politica di Diocleziano e che tocca in maniera specifica le città : interventi importanti dovuti spesso aU’evergetismo imperiale – quella infinita quaedam cupiditas aedificandi stigmatizzata da Lattanzio per le sue ricadute fiscali17 – si propongono di ripristinare il decoro monumentale dei centri urbani, toccati profondamente nel corso del III sec. da una crisi, che ha determinato una stasi dell’edilizia, tanto pubblica che privata, anche là dove non sono intervenuti fatti traumatici a sconvolgere il quadro insediativo18. Di fatto, anche in questo campo corne in altri, questo sforzo di recupero agisce su una realtà nella quale è in atto un mutamento profondo, che tocca tanto la rete urbana in quanto tale, quanto i suoi singoli nodi : se la prima vede mutare la propria gerarchia interna a seguito della moltiplicazione delle capitali provinciali e dello spostamento delle residenze imperiali, nei secondi la trasformazione della struttura socio-economica della civitas pone le premesse, prima ancora di quanto non facciano fattori esterni, per la disgregazione del tessuto urbano della media età imperiale19. L’indicatore più significativo a questo proposito è l’edilizia privata, che agli equilibri della media età imperiale vede sostituirsi un quadro fortemente chiaroscurato, nel quale il lusso, quando non lo sfarzo, delle domus aristocratiche realizzate nel corso del IV sec. si confronta con il fenomeno del ridimensionamento, il frazionamento e la ridistribuzione degli spazi in abitazioni di medio e buon livello20.
5E tuttavia, o forse proprio per questo, circhi, terme, magazzini, infrastrutture commerciali, vie colonnate, ad un tempo tradizionali simboli di romanitas e segno della presenza imperiale, vengono ad arricchire il paesaggio urbano, mentre le mura tornano a definirne i limiti e l’identità21. Le mura, il "segno" della città tardoantica22 ne sintetizzano le ambiguità e i problemi di lettura. Diversamente da quanto un tempo ritenuto, la costruzione o il ripristino delle cinte murarie a partire dalla seconda metà del III sec. è un fenomeno di portata assai vasta, ma non generalizzabile : accanto alle città fortificate persistono città "aperte", senza che siano evidenti le ragioni di questa scelta ; se l’età tetrarchica vede l’attuazione di una vasta campagna di opere difensive, non poche di queste sono realizzate in tempi successivi, nel quadro di vicende non sempre chiarite. Da un lato le mura chiudono lo spazio urbano e ne condizionano fortemente l’interazione con l’esterno, vincolata alle porte e alla loro apertura/chiusura ; elemento di rottura nel paesaggio, isolano la città dalla campagna circostante diventando il suo principale fattore di identificazione, corne avviene nelle illustrazioni dei manoscritti del corpus Agriniensorum Romanorum, le cui copie medievali dipendono verosimilmente da redazioni ravennati del V-VI sec.23 ; ma dall’altro questo condizionamento è quotidianamente contraddetto dalla persistenza dei quartieri non compresi entro la cinta muraria, dallo sviluppo delle chiese cimiteriali e dei santuari martiriali, dalla proiezione all’esterno della città di un elemento tipico dell’arredo urbano quale la via porticata, che si ritrova a Milano corne a Hierapolis, a Gerasa corne a Sbeitla e a Timgad24 corne nella miniatura della Genesi di Vienna, e che propone in chiave monumentale un raccordo della città e del territorio circostante che supera il limite fisico della cinta muraria. Al tempo stesso l’intento difensivo che ne motiva la costruzione, in risposta, anche troppo ovvia, agli assalti delle popolazioni barbariche, non esclude la ricerca di effetti decorativi, che nel caso più noto, quello delle mura di Le Mans, si sviluppano attraverso un gioco di raffinate geometrie e di un attento cromatismo, evocatori della qualificazione attraverso le gemme della dell’iconografia paleocristiana25 : è evidente corne i valori di immagine siano non meno importanti di quelli strettamente funzionali26.
6In sintonia con i programmi di ripristino monumentale dei quadri urbani, sullo scorcio del III sec. il primo dei trattati del retore Menandro di Laodicea riserba una parte importante all’elogio della città27 rinnovando l’attualità di un genere codificato dai retori greci della seconda Sofistica e recuperando gli argomenti organizzati per la prima volta da Quintiliano28 che saranno proposti ancora in altri trattati tardoantichi di retorica29 e che non saranno senza eco nelle laudes urbium medievali30. Non è certo sorprendente che degli stessi argomenti si valga in età costantiniana il centro di Orcisto nella rivendicazione dei suoi diritti di città31 né che se ne serva intorno alla metà del V sec. l’anonimo retore, divenuto prete nella chiesa di S. Tecla e autore della vita della Santa, per descrivere Seleucia32 : ma sono anche quelli di Ausonio e di Libanio nei loro elogi delle grandi città del mondo romano33.
7In quello stesso tempo immagini di segno opposto sono proposte da Ambrogio di Milano, quando riferendosi ad alcune città dell’Emilia parla di semirutarum urbium cadavera 34, cui fa eco pochi decenni dopo da Rutilio Namaziano, evocando le "città fantasma" – cernimus exemplis oppida posse mori – in vista delle quali trascorre il suo viaggio da Roma verso la Gallia35 ; nel 370/375 Gerolamo aveva parlato di Vercelli corne di una civitas olim potens, nunc raro habitatore semiruta36 : testimonianze prese in conto da tempo nella discussione sulla continuità della città, che ha tenuto campo soprattutto in ambiente italiano, trattate di volta in volta come fonte preziosa o imbarazzante, creazione retorica o riflesso fedele della realtà che si crede di individuare sul terreno37.
8Ci si deve certo interrogare sulla parte che la retorica ha di volta in volta in queste descrizioni, malgrado il contesto in cui si collocano le voglia espressione dell’esperienza diretta degli autori38. Di fatto, la loro rispondenza alla realtà oggettiva deve essere confrontata con le situazioni che le hanno suggerite e con il più ampio quadro della personalità dei loro autori e delle loro connotazioni culturali e ideologiche. Come è stato rilevato da tempo, la consolatio di Ambrogio inviata all’amico Faustino in occasione della morte della sorella sviluppa sapientemente, con tutta l’abilità della scrittura "imaginosa" del vescovo milanese, un tema caro alle sue fonti classiche, fra le quali Cicerone sembra essere il modello più vicino39 il poema di Rutilio Namaziano è fortemente segnato dalla polemica antibarbarica e anticristiana40. La notazione di Gerolamo a proposito di Vercelli si inserisce nel contesto del suo rifiuto della città, su cui egli ritorna in più occasioni, nella prospettiva peraltro del confronto/scontro che oppone alla città terrestre quella celeste e l’anticipazione offertane dalla "città nuova", che nel deserto è generata dalla comunità monastica, senza escludere le tracce di una reazione polemica al suo allontanamento da Roma41.
9E tuttavia, malgrado queste considerazioni suggeriscano di ridimensionare la portata documentaria di queste testimonianze, proprio i dati archeologici confermano le moite ombre che esse gettano sulla ripresa delle città e sulla sua tenuta. Nella maggior parte dei contesti sono percepibili segni di degrado, quando non di veri e propri abbandoni, con tale intensità nel passaggio dal IV al V sec. che si è portati a chiedersi se quelle descritte da Ausonio e da Libanio, per limitarci a richiamare gli autori sopra citati, non siano, più che immagini di città, città immaginarie.
10Quale è dunque l’immagine "veritiera" della città tardoantica ? Quella dell’elogio di Ausonio della duplex Arelas42 della costituzione di Onorio del 418, che disponendo che i delegati delle Sette Province si incontrino annualmente ad Arles esalta la perfezione della città43 e di Sidonio, che ricorda i colonnati e le statue del foro44 o quella degli scavi che hanno fatto scoprire il quasi totale abbandono delle residenze di lusso di Trinquetaille e le capanne che nella prima metà V sec. occupano disordinatamente parte dell’area della spianata affiancata al criptoportico augusteo e parte del foro e del suo portico45 non diversamente del resto da quanto accade ad Antiochia, dove sotto i porticati della plateia si moltiplicano tende e tramezzi eretti abusivamente dai negozianti e tra le colonne sostano animali da soma46. Le città dense di edifici che ci propongono le immagini o quelle "a macchia di leopardo", in cui al costruito si alternano spazi abbandonati o ridotti a cultura, che ci ha rese familiari l’archeologia urbana ? Gli scarti cronologici fra le diverse fonti non sembrano sufficienti a risolvere una contraddizione, che è stata rilevata ancora recentemente : "the image of the town cherished in Late Antiquity and the Early Middle Ages had very little to do with actual experience...Ruins and destruction, which were common features of the period, are not represented"47.
11In realtà, la domanda è probabilmente mal posta, nella misura in cui non sembra legittimo riconoscere né all’una né all’altra di queste rappresentazioni un rapporto privilegiato ed esclusivo con la realtà, purchè non ci si limiti ad identificare quest’ultima con la cosiddetta "verità terreno", né l’esperienza con quella visiva e tattile, escludendone quella mentale. Le immagini dell’iconografia, cosî corne quelle della letteratura, sono di volta in volta descrizione, simbolo, metafora, utopia o affermazione programmatica : basti pensare all’iconografia urbana di compilazioni del XV-XVI sec., quali la Chronica di Norimberga di Hartmann Schedel o la Cosmographia universalis di Sebastian Munster, o ancora, per rifarsi a un caso specifico – ma le citazioni si potrebbero moltiplicare – alla pianta prospettica di Torino pubblicata nel 1682 nel Theatrum Sabaudiae, anticipatrice degli esiti del rinnovamento urbanistico in corso, destinato a dare alla città il volto di una capitale48. L’immagine dell’archeologo da parte sua è irrigidita nelle tre dimensioni degli oggetti e dei monumenti, ed è sprovvista della dimensione tempo, se non sui tempi lunghi delle modifiche strutturali ; è dunque in qualche misura un contenitore vuoto, privato di ciò che ne è la ragion d’essere, cioè della dinamica quotidiana dell’esistenza. Ci mostra, per rifarsi a Isidoro, corne è pressochè inevitabile parlando della città tardoantica, soltanto i saxa, non gli habitatores49 ; le parole isidoriane sono ormai un topos, cosi ricorrente in ogni studio sulla città tardoantica, da essersene perduto in qualche modo il contesto – "civitas est hominum societatis vinculo adunata, dicta a civibus, id est ab ipsincolis urbis (pro eo quod plurimorum consciscat et continet vita). Nam urbs ipsa moenia sunt, civitas autem non saxa, sed habitatores vocantur. Tres autem sunt societates : familiarum, urbium, gentium " – che sembra proprio riferirsi da un lato a una astrazione erudita, "archeologica", quella dell’urbs, dall’altro alla realtà multiforme della civitas : una civitas nella quale sono impliciti gli spazi in cui gli uomini si muovono, corne appare chiaro dall’uso che del termine fanno in altri luoghi lo stesso Isidoro e altri autori del tempo50. Realtà direttamente sperimentabile e realtà mentale si confrontano, non diversamente da corne si possono raffrontare il plastico di Roma antica conservato al Museo della Civiltà Romana con Roma, quale ci appare nelle satire di Orazio o nel capo XII del Satyricon, dove il foro appare non nello splendore, peraltro irrigidito, delle sue architetture monumentali, ma nella colorita animazione della folla ambigua di piccoli ricettatori che vi si installano dopo il calar del sole : "nous étions arrivés au forum sur le soir, et nous y trouvâmes beaucoup de marchandises à vendre non, à la vérité, fort précieuses, mais dont la loyauté, assez suspecte, se trouvait aisément dissimulée par l’obscurité de l’heure. Comme nous avions aussi apporté le manteau dérobé, nous décidâmes de profiter de cette excellente occasion et, dans un coin de la place, nous nous mîmes à en agiter un pan, dans l’espoir que l’éclat du tissu pourrait attirer un acheteur"51. È ancora Petronio che con la descrizione di Crotone – "une ville (oppidum) située au sommet d’un piton...Crotone, cité très ancienne et, autrefois, la première en Italie...comme nous lui demandions avec une curiosité accrue quelle était la population installée dans cette noble terre...il nous repondit...si vous êtes marchands, aller chercher ailleurs de quoi gagner votre vie, mais si vous êtes des gens plus raffinés, capables de mentir sans arrêt, alors vous courez au plus court vers la richesse. Dans cette ville, les lettres ne sont pas en honneur, l’éloquence n’a point de place, la simplicité de vie et les mœurs pur n’y obtiennent ni louanges ni récompenses, mais sachez que tous les hommes que vous verrez dans la ville se divisent en deux catégories, les chassés et les chasseurs"52 – propone un "immagine" di città complementare a quella tutta costruita sul suo arredo monumentale che non molto dopo viene delineata da Quintiliano. Sono evidentemente prospettive diverse. La realtà quotidiana, con tutti i suoi chiaroscuri – quella realtà che animerà la Milano medievale di Bonvesin della Riva53 – non ha spazio nella retorica delle laudationes ; è assente nell’Antiochia descritta da Libanio, che ignora i piccoli rivenditori e gli animali che popolano il foro, il cui mercato, per quanto ricco di ogni possibile mercanzia in ogni ora del giorno, le cui strade, per quanto animate da una "festa continua", appaiono in realtà prive di suoni, di colori, di profumi, di odori : pur descritta puntualmente nelle sue strutture e nel movimento dei suoi abitanti, appare convenzionale e a suo modo astratta non meno di quanto lo sono le immagini inanimate dell’iconografia54.
12Gli autori antichi, da Cicerone ad Agostino, sono espliciti suH’attenzione che l’oratore deve prestare al suo pubblico, il cui piacere è uno degli scopi del discorso55. Le immagini della città di cui stiamo trattando si rivolgono a un pubblico composito, al quale parlano di volta in volta in contesti diversi. Immagini letterarie e parte non trascurabile delle immagini visive si indirizzano a una élite aristocratica, che sola ha accesso ai manoscritti, alla quale non è difficile riconoscere una "nostalgia"56 culturale e ideologica verso il passato e le sue forme ; ma quelle stesse immagini sono proposte ad un pubblico ben più vasto e di diversa cultura nelle chiese, di volta in volta evocatrici dei luoghi della storia sacra oppure, come in S. Maria Maggiore57 metafora della città celeste : una metafora peraltro la cui comprensione passa attraverso l’allusione alla città terrena, in un nesso possibile solo ammettendo una generale familiarità con il lessico base del discorso. Da questo punto di vista, la discussione che divide gli studiosi, se quella tra tarda antichità e alto medioevo possa ancora chiamarsi città, oppure se la destrutturazione dei contesti romani impedisca di applicare questa definizione ad entità non più urbane, sembra riflettere preoccupazioni e problematiche moderne, indipendenti dalla consapevolezza dei contemporanei. Non c’è dubbio che almeno in certe regioni dell’impero l’idea e l’identità della città persistano ben avanti nel V sec. e oltre58 ; la stessa notazione di Gregorio di Tours a proposito di Digione e del mancato riconoscimento del suo ruolo di civitas - Qui cur non civitas dicta sit, ignoro - al di là delle implicazioni e dei problemi di ordine amministrativo, ecclesiastico o linguistico, è un chiaro segno di una “coscienza cittadina”59. In Gregorio questa passa attraverso gli stilemi tradizionali della retorica ; nell’iconografia si traduce nelle formule, altrettanto tradizionali, della "città murata", che proprio perché sono immagini della città e non rappresentazioni di essa, perché non si identificano con uno spazio preciso ma danno forma visibile a una forma mentale60 possono sopravvivere a tutti i mutamenti che il paesaggio urbano subisce nel corso della tarda antichità.
Notes de bas de page
2 J. G. Deckers, Tradition und Adaptation. Bermerkungen zur Darstellung der christlichen Stadt, in : Actes du XIe Congrès International d’Archéologie Chrétienne (Lyon-Vienne-Grenoble-Genève-Aoste 1986), Città del Vaticano, 1989, p. 1283-1304, ma anche più diffusamente J. G. Deckers, Tradition und Adaptation. Bermerkungen zur Darstellung der christlichen Stadt, in : Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung, 95 (1988), p. 303-382 ; F. Bisconti, Le rappresentazioni urbane nella pittura cimiteriale romana : dalla città reale a quella ideale, ibid., p. 1305-1321 ; D. Korol, Architekturdarstellungen in der aula über dem Felixgrab in Cimitile/Nola, ibid., p. 1323-1339 ; F. Rickert, Zu den Stadt-und Architekturdarstellungen des Ashburnam Pentateuch, ibid., p. 1341-1354 ; P.-A. Février, Images de la ville dans la chrétienté naissante, ibid., p. 1371-1392 ; in precedenza cfr. I. Ehrensperger-Katz, Les représentations de villes fortifiées dans l’art paléochrétien et leurs dérivées byzantines, in : Cahiers Archéologiques, 19 (1969), p. 1-27 ; A. Peroni, Raffigurazione e progettazione di strutture urbane e architettoniche nell’alto Medio Evo, in : Topografia urbana e vita cittadina nell’Alto Medioevo in Occidente, XXI Settimana di studio del Centra italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto, 1974, p. 679-710.
3 The Idea and Ideal of the Town between Late Antiquity and the Early Middle Ages, a cura di G.P. Brogiolo e B. Ward Perkins, Leiden-Boston-Köln : cfr. in particolare i contributi di C. Bertelli, Visual Images of the Town in Late Antiquity and the Early Middle Ages, p. 127-146 e A. M. Orselli, L’Idée chrétienne de la ville : quelques suggestions pour l’Antiquité tardive et le Haut Moyen Âge, p. 181-193 ; cfr. anche da ultimo la scheda di A. Betori, s.v. Città, in : Terni di iconografa cristiana, a cura di F. Bisconti, Città del Vaticano, 2000, p. 150-153.
4 N. Gauthier, La Topographie chrétienne entre idéologie et pragmatisme, in : The Idea and Ideal of the Town, cit. alla nota precedente, p. 195-209.
5 Modelli di città. Strutture e funzioni politiche, a cura di P. Rossi, Torino, 1987.
6 L. Cracco Ruggini, La città romana dell’età imperiale, in : Modelli di città, cit. alla nota 3, p. 155, p. 127-152 ; G. Dagron, La città bizantina, ibid., p. 153-174 ; G. Tabacco, La città vescovile nell’Alto Medioevo, ibid., p. 327-345.
7 Cracco Ruggini, La città romana, cit. alla nota precedente, p. 150 ; cfr. anche Ead., La città imperiale, in : Storia di Roma, 4, Caratteri e morfologie, a cura di E. Gabba e A. Schiavone, Torino, 1989, p. 201-266, in particolare p. 256 ss.
8 Basti segnalare J. G. Deckers, Tradition und Adaptation. Bermerkungen zur Darstellung der christlichen Stadt, cit. a p. 155, nota 2. Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Römische Abteilung, 95 (1988), p. 303-382 e da ultimo N. Duval, Le rappresentazioni architettoniche, in : Umm al-Rasas Mayfa’ah, 1, Gli scavi del complesso di Santo Stefano, (Studium Biblicum Franciscanum, Collectio Maior 28), Jerusalem, 1994, p. 165-230.
9 Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Vindob. theol. gr. (Genesi di Vienna), fol. VII per una buona riproduzione cfr. A. M. Orselli, Simboli della città cristiana fra tardoantico e medioevo, in : La città e il sacro, a cura di F. Cardini, Milano 1994, p. 421-450, fig. 197 ; cfr. anche G. Cavallo, Il segno delle mura. L’iconografia della città nel libro antico, in : Storia di Roma, IV, Caratteri e morfologie, a cura di E. Gabba e A. Schiavone, Torino, 1989, p. 267-300.
10 G. Wataghin Cantino, Veduta dall’alto e scena a volo d’uccello. Schemi compositivi dall’ellenismo alla tarda antichità, in : Rivista dell’lstituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, 1969 (1971), p. 30-107 ; cfr. anche H. Aubauer, Antike Stadtdarstellungen, Dissertation zur Erlagung des Doktorgrades an der philosophischen Facultät der Universitat Wien, 1970, p. 84 ss.
11 Pompei, casa del Sacerdos Amandus (1, 7,7), triclinio a nord-ovest dell’atrio : W.J.T. Peters, Landscape in Romano-Campanian mural painting, Assen, 1963, p. 93 ss. e più recentemente Pompei. Pitture e mosaici, I, 1990, p. 586-617, in particolare p. 595 ss. e 597 per l’immagine della città; la decorazione parietale romana offre numerose altre testimonianze di prospettive dall’alto, dette "a volo d’uccello" (per il significato di questa definizione cfr. Wataghin Cantino, Veduta dall’alto, cit. alla nota precedente) anche se non tutte le citazioni della critica, ad esempio, in : Ehrensperger-Katz, Les représentations de villes fortifiées, cit. a p. 155, nota 2, appaiono ugualmente persuasive. Non è rilevante in questo contesto il problema della prospettiva antica, se cioè l’antichità abbia conosciuto oppure no la prospettiva unifocale, l’unica alla quale possa applicarsi il termine nel suo senso proprio, matematico : per una sintesi al riguardo cfr. G. Wataghin Cantino, Veduta dall’alto, cit. alla nota precedente, p. 86 s., nota 12.
12 Senza entrare nel merito di questa lettura delle caratteristiche compositive della tarda antichità, per la quali rinviamo all’articolo più volte citato nelle note precedenti, basti qui osservare corne nella miniatura della Genesi di Vienna le linee che descrivono la muratura isodoma delle mura della città, oblique sui lati e dunque funzionali in origine al suggerimento prospettico, si confrontino con l’andamento rettilineo della linea di base dell’immagine, che individua da parte sua l’unico piano al quale questa è riportata.
13 A. Nestori, Repertorio topografico delle pitture delle catacombe romane, Città del Vaticano, 1975, p. 73, n. 2 ; cfr. A. Ferma, Le pitture della nuova catacomba di via Latina, Città del Vaticano, 1960, tav. XXX ; W. Tronzo, The via Latina Calacomb. Imitiation and Discontinuity in fourth-Century Roman Painting, Pennsilvania State University Press 1986, p. 23 ss., fïg. 38 ; Bisconti, Le rappresentazioni urbane, cit. a p. 155, nota 2, p. 1310 ss.
14 E. Weber, Tabula Peutingeriana. Codex Vindobonensis 324, Graz, 1976 ; A. Levi e M. Levi, "Itineraria picta". Contributo allo studio della "Tabula Peutingeriana", Roma, 1967 ; L. Bosio, La Tabula Peutingeriana. Una descrizione pittorica del mondo antico, Rimini, 1983, p. 89 ss.
15 Notitia Dignitatum utriusque imperii accedunt notitia urbis Constantinopolis et laterculi provinciarum, a cura di O. Seeck, Berolini, 1876, p. 9 ss. ; cfr. anche G. Clemente, La Notitia Dignitatum, Cagliari, 1968 ; per le illustrazioni dei principali manoscritti (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 10291, ff. 199r e 221 v. ; Oxford, Bodleian Library, Ms. canon, misc. 378, f. 155r) cfr. P. C. Berger, The Insignia of the Notitia Dignitatum. A Contribution to the Study of Late Antique lllustrated Manuscript, New York, 1981 e sinteticamente Cavallo, Il segno delle mura, citato a p. 157, nota 1.
16 Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Lat. 3225 (Vergilius Vaticanus), fol. 35v J. de Wit, Die Miniaturen des Vergilius Vaticanus, Amsterdam, 1959, tav. 10, 2.
17 De mortibus persecutorum, VII, 8-9 ("Huc accedebat infinita quaedam cupiditas aedificandi, non minor provinciarum exactio in exhibendis operariis ac artificibus et plaustris omnibus quaecumque sint fabricandis operibus necessaria. Hic basilicae, hic circus ac moneta, hic armorum fabrica, hic uxori domus, hic filiae") : Lactance. De la mort des persécuteurs, Introduction, texte critique et traduction de J. Moreau, Paris, 1954 (Sources Chrétiennes 39), p. 85 ; Aurelio Vittore da parte sua sottolinea le iniziative nell’edilizia religiosa : Veterrimae religiones castissime curatae, ac mirum in modum novis adhuc cultisque pulchre moenibus Romana culmina et ceterae urbes ornatae, maxime Carthago, Mediolanum, Nicomedia : Sexti Aurelii Victoris, De Caesaribus, ed. Fr. Pichlmayr, Lipsiae, 1961, XXXIX, 45, p. 121.
18 Del ristagno dell’edilizia pubblica sono eloquenti i dati raccolti in : H. Jouffroy, La construction publique en Italie et dans l’Afrique romaine, Strasbourg, 1986, passim ; per analisi regionali dei fenomeni di distruzioni e abbandoni, connessi tanto con le invasioni barbariche e con gli episodi bellici derivanti dalla situazione di anarchia istituzionale e militare della seconda metà del III sec., quanto con trasformazioni in atto nei quadri insediativi, cfr. J. Ortalli, Edilizia residenziale e crisi urbana nella tarda antichità : fonti archeologiche per la Cispadana, in : XXXIX Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna, 1992, p. 557-605 ; G. Cantino Wataghin, L’edilizia abitativa tardoantica e altomedievale nell’Italia nord-occidentale : "status quaestionis", in : Edilizia residenziale fra V e VIII secolo, 4° Seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia centrosettentrionale (Monte Barro, 1993), a cura di G.P. Brogiolo, Mantova, 1994, p. 89-102, e ancora i dati raccolti nelle singole notizie della Topographie chrétienne des cités de la Gaule, a cura di N.Gauthier e J.Ch.Picard (I-XI), Paris, 1986-2000.
19 Per questi aspetti cfr. brevemente G. Cantino Wataghin, Rete urbana e sistemi di comunicazioni negli equilibri tardoantichi dell’Italia Annonaria, in : Optima via, Atti del Convegno internazionale di studi "Postumia. storia e archeologia di una grande strada romana alle radici dell’Europa" (Cremona 1996), a cura di G. Sena Chiesa e E.A. Arslan, Cremona, 1998, p. 383-389, e J. Arce, La fundación de nuevas ciudades en el imperio romano tardio : de Diocleciano a Justiniano (s. IV-VI), in : Sedes regiae (ann. 400-800), a cura di G. Ripoll e J.M. Gurt, Barcelona, 2000, p. 31-62.
20 Per le domus aristocratiche tardoantiche rinviamo alle sintesi di F. Guidobaldi, L’edilizia abitativa unifamiliare nella Roma tardoantica, in : Società romana e impero tardoantico, II, Roma : politica, economia, paesaggio urbano, a cura di A. Giardina, Bari, 1986, p. 165-237 ; ld., Roma. Il tessuto abitativo, le "domus" e i "tituli", in : Storia di Roma ; ld., Le domus tardoantiche di Roma corne’sensor’delle trasformazioni culturali e sociali, in : The Transformation of the "Urbs Roma" in Late Antiquity, Proceedings of a Conference at the University of Rome "La Sapienza" and at the American Academy, ed. by W.V. Harris, Portsmouth, 1999 (JRA Suppl. 33), p. 53-68, e da ultimo ai numerosi contributi raccolti nel catalogo della mostra Aurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana, a cura di S. Ensoli e E. La Rocca, Roma, 2000, nelle sezioni 3 e 5, dedicate rispettivamente a Lo splendore del vuoto : i palazzi senza imperatori, p. 91-119 e Vivere corne consoli a Roma e nelle province : le domus urbane e le ville suburbane. Arredi scultorei, argenti e marmi colorati, p. 134-173 ; cfr. anche C. Pavolini, L’edilizia commerciale e l’edilizia abitativa nel contesto di Ostia tardoantica, in : Società romana e impero tardoantico, II, cit., p. 239-238 e per l’Italia settentrionale G.P. Brogiolo e S. Gelichi, La città nell’alto medioevo italiano. Archeologia e storia, Bari, 1998, p. 108 ss. e Cantino Wataghin, L’edilizia abitativa tardoantica, cit. a p. 158, nota 5.
21 Per le vie colonnate cfr. W.L. Mac Donald, The Architecture of the Roman Empire, II. An Urban Appraisal, New Haven-London 1986, p. 210 ss. e da ultimo G. Bejor, Vie colonnate. Paesaggi urbani del mondo antico, Roma, 1999 (RdA, Supplementi 22), p. 98 ss. Per quanto riguarda l’evergetismo imperiale, rinviamo ai dati raccolti nel volume sopracitato di H. Jouffroy, e, limitatamente all’Italia rispettivamente e all’Africa, in : B. Ward Perkins, From Classical Antiquity to the Middle Ages. Public Building in Northern and Central Italy, A.D. 300-850, Oxford, 1984, in particolare p. 29 ss. e note 44 e 46 e C. Lepelley, Les cités de l’Afrique romaine au Bas-Empire, 1, Paris, 1979, p. 72 ss.
22 Cavallo, Il segno delle mura, citato a p. 157, nota 1.
23 C. Thuiin, Die Handschriften der römischen Agrimensores, Berlin, 1911 ; Corpus Agrimensorum romanorum. Codex Arcerianus A der Herzog-Augst-Bibliotliek zu Wolfenbüttel, ed. H. Butzmann, Lugduni Batavorum, 1970 ; J.N. Carder, Art historical Problems of a Roman Land Surveying Manuscript. The Codex Arcerianus A, Wolfenbiittel, Ph.D Thesis, University of Pittsburg, 1978 ; cfr. anche F. Castagnoli, Le formae delle colonie romane e le miniature dei Codici dei gromatici, in : Atti della Reale Accademia d’Italia. Memorie della Classe di Scienze morali e storiche, S. VII, vol. IV, fasc. 4, Roma 1942, p. 83-118 ; P. Arnaud, Les villes des cartographes. Vignettes urbaines et réseaux urbains dans les mappemondes de l’Occident médiéval, in Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen Âge, Temps Modernes, 96 (1984), p. 537-602 ; J. G. Deckers, Tradition und Adaptation, cit. a p. 155, nota 2 ; per l’origine ravennate delle redazioni tardoantiche F. Mütherich, Der karolingische Agrimensores-Codex in Rom, in : Aachener Kunstblaetter, 45 (1974), p. 59-74.
24 Mac Donald, The Architecture of the Roman Empire, e Bejor, Vie colonnate, citati sopra alla nota 1.
25 G. Cantino Wataghin, <Urbs> e <civitas> nella tarda antichità : linee di ricerca, in : La <civitas christiana>. Urbanistica delle città italiane fra tarda antichità e altomedioevo. Aspetti di archeologia urbana. I Seminario di studio (Torino 1991), a cura di P. Demeglio e C. Lambert, Torino, 1992, p. 7-42, in particolare p. 8 ss. ; Ead., Contributo allo studio della città tardoantica, in : IV Reunió d’Arqueologia cristiana hispànica (Lisboa 1992), Barcelona, 1995, p. 235-261, in particolare p. 256 ; per la città gemmata cfr. S. Casartelli Novelli, Segno " salutis " e segno " iconico " : dalla " invenzione " costantiniana ai codici astratti del primo medioevo, in : Segni e riti nella Chiesa altomedievale occidentale (XXXIII Settimana di studio del Centra italiano di studi sull’alto medioevo), Spoleto, 1987, p. 105-172 (quindi in Segni e codici della figurazione altomedievale, Spoleto, 1996, p. 45-102). Per le mura di Le Mans cfr. J. Biarne, L’enceinte romaine du Mans. Un témoin de la politique urbaine du BasEmpire en Gaule, in : Caesarodunum, 28 (1994) (Mélanges Raymond Chevalier), 2, p. 169-187.
26 Non esiste a mia conoscenza una documentazione esaustiva sulle componenti decorative nelle mura tardoantiche ; per segnalazioni relative a Colonia, Dax, Sens e Senlis cfr. A. Blanchet, Les enceintes romaines de la Gaule, études sur les origines d’un grand nombre de villes françaises, Paris, 1907, p. 245 s. ; si possono inoltre ricordare i casi di Corinto e Sparta, citati in : T. E. Gregory, Fortification and Urban Design in Early Byzantine Greece, in : City, Town and Countryside in the Early Bizantine Era, a cura di R.L. Hohlfelder, New York, 1982, p. 43-64. Sul problema delle mura tardoantiche, ricco di una bibliografia assai ampia, ci permettiamo di rinviare alla sintesi contenuta in Cantino Wataghin, Contributo allo studio della città tardoantica, cit. alla nota precedente, p. 243 ss. ; ma cfr. anche L. Cracco Ruggini, La città nel mondo antico : realtà e idea, in Romanitas-Christianitas. Untersuchungen zur Geschichte und Literatur der rômischen Kaiserzeit J. Staub gewidmet, Berlin-New, York, 1982, p. 61-81.
27 J. Soffel, Die Regeln Menanders fur die Leichenrede in ihrer Tradition dargestellt, herausgeben, iibersetz und kommentiert, Meisenheim am Glan 1974 (Beiträge zur Klassischen Philologie, hrsg. von E. Heitsch, R. Merkelbach und C. Zintzen, Heft 57) ; Menander rhetor, edited with Translation and Commentary by D. A. Russel e N. G. Wilson, Oxford 1981 ; per la cronologia Soffel, op. cit., pp. 90-91 e pp. XXXIV-XL ; il problema della attribuzione è stato ripreso da ultimo in : F.D. Gascó La Calle, Menander Rhetor and the Works Attributed to him, in Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt, II, 34, 4, a cura di W. Haase, Berlin – New York 1998, pp. 3110-3146.
28 Quintiliano, Institutio oratorio, III, 7, 26-27 (De laude et vituperatione), in : Quintilien, Institution oratoire, II, livres II-III, texte établi et traduit par J. Cousin, Paris 1976, p. 195.
29 Prisciano, Praeexercitamina, VII, 24, in C. Holm, Rhetores latini minores, Leipzig 1863, p. 556 s. (V-VI sec.) ; alcuni frammenti di un altro trattato tardoantico sono conservati in un manoscritto lombardo dell’VIII sec., per il quale cfr. Holm. Rhetores, cit., p. 587 : cfr. D. Cecchetti, "Descriptio loci" e "laudatio urbis". Persistenza e rinnovamento di strutture retoriche nell’opera di Nicolas de Clamanges, in : Annali dell’lstituto Universitario Orientale. Sezione Romanza, XXXV, 2 (1993), pp. 381-431, in particolare p. 383 s.
30 Sugli sviluppi medievali del tema cfr. J.K. Hyde, Medieval Descriptions of Cities, in : Bulletin of John Rylands Library, 48 (1966), pp. 306-340 ; G. Fasoli, La coscienza civica nelle "laudationes civitatum", in : La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, Atti dell’XI Convegno del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi 1972, pp. 11-44, in particolare p. 12 (quindi in Scritti di storia medievale, a cura di F. Bocchi, A. Carile e A.I. Pini, Bologna 1974, pp. 293-318) ; P.G. Schmidt, Mittelalterliches und humanistiches Städtelob, in : Die Rezeption der Antike, a cura di A. Buck, Hamburg 1981, pp. 119-128 ; J. Le Goff, L’immaginario urbano nell’Italia medievale (sec. V-XVI), in : Annali della storia d’Italia, 5, Il paesaggio, a cura di C. De Seta, Torino 1982, pp. 13-43 ; C. Frugoni, Una lontana città. Sentimenti e immagini nel Medioevo, Torino 1983, p. 61 ss. ; A. M. Orselli, Le "laudes civitatum" in : La storia corne storia della città. Atti del Memorial per Gina Fasoli, a cura di S. Neri e P. Porta, Bologna, 1993, pp. 81-85.
31 A. Chastagnol, L’inscription constantinienne d’Orcistus, in : Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Antiquité, 93 (1981), pp. 381-416 (ora in Aspects de l’antiquité Tardive, Roma, 1994, pp. 105-142 ; F. Jacques, Les moulins d’Orcistus. Rhétorique et géographie au IVe s., in : Institutions, société et vie politique dans l’Empire romain au IVe siècle ap. J.C., Rome, 1992 (Collection de l’École Française de Rome, 159), pp. 431-436 ; Arce, La fundación de nuevas ciudades, cit. a p. 159, nota 1, pp. 35-38.
32 G. Dagron, L’auteur des Actes et des Miracles de Sainte Thècle, in : Analecta Bollandiana, 92 (1974), pp. 5-11 e Vie et miracles de Sainte Thècle, texte grec, traduction et commentaire, Bruxelles, 1978 (Subsidia Hagiographica, 62), pp. 13-19.
33 Ordo urbium nobilium, in Ausonius, a cura di H.G.E. White, London, 1988 (1 ed. 1919), I, pp. 268-285 ; cfr. anche R.P.H. Green, The Work of Ausonius, Oxford 1991, pp. 169-175 e 569 ss. ; per un’interpretazione "letterale" descrittiva del testo cfr. H. Szelest, Die Sammlung "Ordo urbium nobilium" des Ausonius und ihre literarische Tradition, in Eos, 61 (1973), pp. 109-122, in particolare p. 113 ss. e più in generale su Ausonio H. Sivan, Ausonius of Bordeaux. Genesis of a Gallic Aristocracy, London-New York 1993 ; Antiochikos, in : Libanii opera, rec. R. Foerster, I, Lipsiae 1903, pp. 437-535.
34 Ep. VIII, in Ambrosii, Epistularum libri I-VI, rec. O. Faller (CSEL 82), Vindobonae 1968, pp. 66-70, in particolare p. 67 s. (= ep. 39 : PL. XVI, cc. 1145-48, in part. c. 1146).
35 Rutilius Namatianus Sur son retour, texte établi et traduit par J. Vessereau et F. Préchac, Paris 1933, p. 22 ; cfr. anche 1. Lana, Rutilio Namaziano, Torino, 1961, pp. II ss. e 85 ss.
36 Hieron., Ep., 1 in : Uieronimus, Epistulae/-LXX, ed. I. Hilberg. (CSEL 54), Vindobonae 1996 (2. Aufl.), pp. 1-9, in particolare p. 2 ; sull’occasione della lettera, scritta da Antiochia a Innocentius, cfr. da ultimo L. Cracco Ruggini, Vercelli e Milano : nessi politici e rapporti ecclesiali nel IV-V secolo, in Eusebio di Vercelli e il suo tempo, a cura di E. dal Covolo, R. Uglione e G.M. Vian, Roma, 1997 (Biblioteca di Scienze Religiose – 133), pp. 91-120, in particolare p. 96 ss. Secondo la Cracco Ruggini la notazione di Girolamo sarebbe motivata dalla presenza nella città negli anni in cui sembra di dover collocare l’episodio narrato (tra il 356 e il 362/63), di contingenti militari barbarici e dal prevalere delle forse ariane, fatti che l’avrebbero privata della sua "dignità di urbs" : ibid., p. 101.
37 Su questo dibattito cfr. la recente sintesi di G.P. Brogiolo e S. Gelichi, La città nell’alto medioevo italiano. Archeologia e storia, Bari, 1998, in particolare p. 9 ss.
38 Cfr. a questo proposito il breve intervento di P.A. Février in : Actes du XXe Congrès, cit. a p. 155, nota 2, p. 1401.
39 Sul problema cfr. L. Cracco Ruggini e G. Cracco, Changing-fortunes in Italian City from Late Antiquity to Early Middle Ages, in Rivista di filologia e di istruzione classica, 105 (1977), p. 448-475, in particolare p. 449 ss. e P. Demeglio, Città e territorio in Emilia sullo scorcio del IV secolo : la testimonianza di Ambrogio, in : Rivista di Storia e letteratura religiosa, 1991, p. 3-26, al quale rinviamo per un confronto con i dati archeologici, sui quali cfr. anche J. Ortalli, Edilizia residenziale e crisi urbana nella tarda antichità : fonti archeologiche per la Cispadana, in : XXXIX Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna, 1992, p. 557-605 ; più in generale A.V. Nazzaro, Incidenza biblico-cristiana e classica nella coerenza delle immagini ambrosiane, in : Nec timeo mori, Atti del Congresso internazionale di studi ambrosiani nel XVI centenario della morte di sant’Ambrogio (Milano, 1997), a cura di L.F. Pizzolato e M. Rizzi, Milano, 1998 (Studia Patristica Mediolanensia 21), p. 313-339 ; per lo sviluppo classico del tema e la sua presenza fra gli autori cristiani cfr. anche C. Favez, La consolation latine chrétienne, Paris, 1937 e C. Garaud, Remarques sur le thème des ruines dans la littérature latine chrétienne, in : Phoenix, XX (1966), p. 148-158.
40 F. Corsaro, Studi rutiliani, Bologna, 1981, p. 9 ss.
41 P.-A. Février, Images de la ville, cit. a p. 155 nota 2, p. 1379 ss. ; cfr. anche A. M. Orselli, L’idée chrétienne de la ville, cit. a p. 155 nota 3, p. 190 ss. e per la "città" monastica A. M. Orselli, Simboli della città cristiana fra Tardoantico e Medioevo, in : La città e il sacro, a cura di F. Cardini, Milano, 1994, p. 419-540. Le mura di Vercelli hanno costituito a lungo un problema : in assenza di dati archeologici, si è anche ritenuto che la città potesse esserne priva : cfr. G. Pantò, in : G. Pantò e G. Mennella, Topografia ed epigrafia nelle ultime indagini su Vercelli paleocristiana, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXX (1994), p. 339-410, in particolare p. 341, nota 7. Solo recentemente si è avuta notizia del ritrovamento di un tratto delle mura della città, che sarebbe avvenuto nel corso di uno scavo ancora inedito ; si attendono dalla pubblicazione maggiori dati sulla struttura, la sua cronologia e le sue vicende.
42 Ordo urbium nobilium, cit. a p. 162, nota 4, p. 276.
43 Epistolae Arelatenses genuinae, ed. W. Grundlach, 8, in : Monumenta Germaniae Historica, Epistolae, III, Epistolae Merovingici et Karolini Aevi, I, Berolini, 1892, p. 13-15.
44 Sidoine Apollinaire, II, Lettres, I, (livres I-V), éd. A. Loyen, Paris, 1970, I, 11, 7, p. 34-41, in particolare p. 37 : cfr. N. Gauthier, La topographie chrétienne, cit. a p. 156, nota 1, p. 204.
45 Cl. Sintès, La réutilisation des espaces publics à Arles : un témoignage de la fin de l’antiquité, in : Antiquité Tardive, 2 (1994), p. 181-192, in particolare p. 182.
46 Bejor, Vie colonnate, cit. alla nota 20, p. 104 ; per Arles cfr. anche S.T. Loseby, Arles in Late Antiquity : Gallula Roma Arelas and Urbs Genesii, in : Towns in transition : Urban Evolution in Late Antiquity and the Early Middle Ages, a cura di N. Christie e S.T. Loseby, Hants-Brookfield, 1996, p. 45-70.
47 Bertelli, Town Images, cit. alla nota 2, p. 156.
48 H. Schedel, Historia aetatum mundi et descriptio urbium, Nuremberge, Anthonius Koberger 1493 ; S. Munster, Sei libri della cosmografia universale, s.1. (ma Basilea), Henrigo Pietro Basiliense 1558 (ed. tedesca 1554, ed. latina 1550) ; Théâtre des États de Son Altesse Royale le Duc de Savoye, Prince du Piémont, Roy de Cypre, 1682 ; cfr. M. D. Pollak, Torino, da "castrum" a capitale. Piante e studi urbanistici (1615-1673), in : La città e le mura, a cura di C. De Seta e J. Le Goff, Bari, 1989, p. 227-244.
49 Isidori, Etymol. XV, II, I, ed. W.M. Lindsay, Oxonii, 1911.
50 P.-A. Février, Images de la ville, cit. a p. 155, nota 2, p. 1374 ; sul valore dei termini "urbani" nell’alto medioevo cfr. C. La Rocca, La trasformazione del territorio in Occidente, in : Morfologie sociali e culturali in Europa fra tarda antichità e alto medioevo, XLV Settimana di studio del CISAM, Spoleto, 1998, p. 257-290, in particolare p. 267 ss.
51 "Veniebamus in forum deficiente iam die, in quo notavimus frequentiam rerum venalium, non quidem pretiosarum, sed tamen quorum fidem male ambulantem obscuritatis temporis facillime tegeret. Cum ergo et ipsi raptum latrocinio pallium detulissemus, uti occasione opportunissima coepimus atque in quodam angulo laciniam extremam concutere, si quem forte emptorem splendor vestis posset adducere" : Pétrone, Le Satiricon, texte établi et traduit par A. Ernout, Paris, 1967, p. 9.
52 Pétrone, Le Satiricon, cit. alla nota precedente, CXVI, p. 130 s.
53 Bonvicinus de Rippa, De magnalibus urbis Mediolani, a cura di F. Novati, in : Bollettino dell’Istituto Storico Italiano, 20 (1898), p. 7-59 ; cfr. G. Fasoli, La coscienza civica, cit. a p. 162, nota 1.
54 C. 251 ss., in : Libanii opera, cit. a p. 162, nota 4, p. 526 ss. ; rinviamo a questo proposito alla traduzione e al commento archeologico all’Antiochikos di R. Martin in : A. J. Festugière, Antioche païenne et chrétienne, Libanius, Jean Chrysostome et les moines de Syrie, Paris, 1959 (Bibliothèque des Écoles Françaises d’Athènes et de Rome, 194), p. 23-61, in particolare p. 33 ss. della traduzione e 38 ss. del commento.
55 Cic., De oratore, III, XXIV, 91 : quorum altera dicit postulat ornate, altera apte, banc habent vim, ut sit quam maxime iucunda, quam maxime in sensus eorum, qui audiunt, influat, etquam plurimis sit rebus instructa : Cicéron, De l’orateur, texte établi par H. Borneque et traduit par E. Courbeaud et H. Borneque, Paris, 1956 (2e ed.), p. 36 ; cfr. anche Aug., De doctrina christiana, XII, cc. 15-122, in part. c. 101.
56 Il termine è ovviamente mutuato da C. Lepelley, Un éloge nostalgique de la cité classique dans les Variae de Cassiodore, in : Haut Moyen Age. Culture, éducation et société. Études offertes à Pierre Riché, Coordination M. Sot, Paris, 1990, p. 33-47.
57 H. Karpp, Die fruhchristlichen und mittelalterlichen Mosaiken in S. Maria Maggiore zu Rom, Baden-Baden, 1966, tav. 27 s. ; B. Brenk, Die fruhchristlichen Mosaiken in Santa Maria Maggiore zu Rom, Wiesbaden, 1976, p. 200 ss. ; G.F. Ravasi, "La città si chiamerà jhwh shammah, là è il Signore !" Iconografia biblica della Gerusalemme celeste, in : La dimora di Dio con gli uomini, Milano, 1983 ; S. Casartelli Novelli, La "nuova Gerusalemme" generata dal Cristo, in : Christiana loca. Lo spazio cristiano nella Roma del primo millennio, a cura di L. Pani Ermini, Roma, 2000, p. 153-171.
58 C. Lepelley, Un éloge nostalgique, cit. nota 5, p. 166 ; cfr. anche C. La Rocca, Una prudente maschera "antiqua". La polica edilizia di Teoderico, in : Atti del XIII Congresso Internazionale di studi sull’alto medioevo (Milano 1992), Spoleto, 1993, p. 451-515 e Frugoni, Una lontana città, cit. a p. 162, nota I, p.37 s.
59 Gregorii Turonensis, Libri decem historiarum, III, 19, ed. B. Krusch, in : Monumenta Germaniae Historica, Scriptores Rerum merovingicarum, I, Hannoverae 1937, p. 120 s. ; in senso contrario si è espressa A. M. Orselli, in : Santi e città, cit. a p. 162, nota 1, p. 803 ; più in generale cfr. N. Gauthier, Le paysage urbain en Gaule au VIe siècle, in : Grégoire de Tours et l’espace gaulois, Actes du Congrès international (Tours 1994), textes réunis par N. Gauthier et H. Galinié, Tours, 1997 (13e supplément à la Revue Archéologique du Centre de la France), p. 49-63 ; La Rocca, La trasformazione del territorio in Occidente, cit. a p. 165, nota 3.
60 Sull’immagine tardonantica come mediazione fra visible e invisible cfr. J. Wirth, L’image médiévale. Naissance et développements (VIe-XVe siècle), Paris 1989, e più in generale, da ultimo, E. Franzini, Fenomenologia dell’invisible. Al di là dell’immagine, Milano, 2001.
Auteur
Università del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro"
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Quatre ans de recherche urbaine 2001-2004. Volume 2
Action concertée incitative Ville. Ministère de la Recherche
Émilie Bajolet, Marie-Flore Mattéi et Jean-Marc Rennes (dir.)
2006
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2006