Pontecagnano: lo spazio periurbano dalla fase etrusca e sannitica al periodo romano
p. 133-152
Résumés
Il contributo è dedicato al centro etrusco-sannitico di Pontecagnano, situato nell’Agro Picentino, 8 km circa a sud di Salerno. Negli ultimi 20 anni le ricerche hanno consentito di ricostruire il paesaggio in cui all’inizio del IX sec. è impiantato l’insediamento villanoviano. Probabilmente sin dalla fase iniziale le necropoli si dispongono intorno all’abitato, sviluppandosi lungo la viabilità e in relazione a elementi caratterizzanti del paesaggio, come corsi d’acqua o salti di quota. Il loro sviluppo topografico, che passa attraverso fenomeni di abbandono e di acquisizione di nuove aree, costituisce la principale fonte di informazione sulle fasi di strutturazione e trasformazione del centro, dalla fase villanoviana ed etrusca fino alla sannitizzazione e alla crisi determinata dalla conquista romana della Campania meridionale nella prima metà del III sec. a.C. Sono presentati, inoltre, gli interventi di bonifica e divisione agraria risalenti alla fase etrusca e le trasformazioni che intervengono con la romanizzazione.
La contribution est consacrée au site étrusco-samnite de Pontecagnano, situé dans l’Agro Picentino, à environ 8 km au sud de Salerne. Au cours des 20 dernières années, les recherches ont permis de reconstituer le paysage dans lequel le site villanovien s’est établi au début du ixe siècle. Probablement dès la première phase, les nécropoles ont été disposées autour de l’habitat, se développant le long du réseau routier et en relation avec des éléments caractéristiques du paysage, tels que les cours d’eau ou les dénivelés. Leur développement topographique, en passant par des phénomènes d’abandon et d’acquisition de nouvelles zones, constitue la principale source d’information sur les phases de structuration et de transformation du site, depuis la phase villanovienne et étrusque jusqu’à la samnitisation et la crise marquée par la conquête romaine de la Campanie méridionale au cours de la première moitié du iiie siècle av. J.-C. Sont présentées en outre les interventions de mise en valeur des terres et de division agraire remontant à la phase étrusque et les transformations survenues avec la romanisation.
The contribution is dedicated to the Etruscan-Samnite site of Pontecagnano, located in the Agro Picentino, about 8 km south of Salerno. Over the last 20 years, research has allowed the reconstruction of the landscape in which the Villanovian site was established at the beginning of the 9th century BC. Probably from the first phase, the necropolises were arranged around the settlement, developing along the road network and in relation to characteristic elements of the landscape, such as orography and watercourses. Their topographical development, passing through phenomena of abandonment and acquisition of new areas, constitutes the main source of information on the phases of structuring and transformation of the site, from the Villanovan and Etruscan phase to the sannitisation and crisis marked by the Roman conquest of southern Campania in the first half of the 3rd century BC. In addition, the interventions of land enhancement and agrarian division dating back to the Etruscan phase and the transformations that occurred with Romanisation are presented.
Entrées d’index
Mots-clés : paysage, divisions agraires, viabilité, topographie des nécropoles, mise en valeur des terres
Index géographique : Pontecagnano
Keywords : landscape, sustainability, necropolis topography, land enhancement
Parole chiave : paesaggio, viabilità, topografia delle necropoli, bonifiche, divisioni agrarie
Texte intégral
1Pontecagnano si colloca nell’angolo settentrionale dell’Agro Picentino, sulla sinistra del fiume Picentino e a circa 3 km dalla costa. L’insediamento è conosciuto soprattutto per le estese necropoli della fase villanoviana/etrusca e sannitica (IX-prima metà del III sec. a.C.), indagate a partire dal 1962, che hanno restituito circa 10.000 tombe (fig. 1)1.
2Già a partire dagli anni ‘60 B. d’Agostino, sulla base della disposizione delle necropoli, propone di localizzare l’abitato in un’ampia zona centrale. L’ipotesi è confermata da una serie di saggi effettuati per circoscrivere l’area dell’abitato in vista della redazione del Piano di Fabbricazione della città moderna. Una più puntuale definizione dei limiti dell’abitato si raggiunge con due campagne di prospezioni geognostiche effettuate dalla Fondazione Lerici nel 1978-1979, che evidenziano la sua localizzazione su un plateau di travertino leggermente sopraelevato rispetto alle aree circostanti2. Le prospezioni individuano l’area complessiva occupata dall’abitato in età antica, dalla prima Età del Ferro al periodo imperiale, senza fornire indicazioni cronologiche sull’occupazione di ciascun settore. Gli scavi, per esempio, avevano già dimostrato che la città romana, di cui si conosce il nome (Picentia), occupa solo una porzione dell’abitato etrusco-sannitico: essa si restringe a una fascia lungo un grande asse stradale, probabilmente corrispondente a una delle plateiai dell’impianto etrusco, che attraversava da nord-ovest a sud-est l’abitato3. Quanto all’abitato etrusco-sannitico, prima degli scavi per i lavori di ampliamento dell’autostrada SA-RC nel 2001-2006, si conoscevano soprattutto i due santuari ubicati sul versante occidentale, nell’area di Via Verdi e in località Pastini.
Il paesaggio urbano
3L’insediamento antico sorge su un plateau delimitato a sud-ovest dal percorso dell’attuale Strada Statale 18, in corrispondenza di un salto di quota ancora oggi percepibile, a nord-ovest e a sud-est da due avvallamenti naturali4. Quello di nord-ovest, già individuato nei sondaggi Lerici del 1978, sembra essere frutto della confluenza di una serie di paleoalvei, dei quali è stata trovata traccia anche negli scavi del santuario in località Pastini5. L’area sacra sorge su un alto morfologico definito da una depressione, nella quale confluiscono le acque di superficie in direzione sud-sud-ovest, oltre a una serie di canali meandriformi originati da sorgenti fra cui sembra sopravvivere quella del Fontanone.
4Sul versante sud-est dell’abitato la piattaforma sembra essere ugualmente delimitata da un sistema di alvei che convoglia acque sorgive e di superficie provenienti dalle colline, per poi confluire in un’area depressa. Appare dunque evidente una sorta di alto morfologico ben definito almeno su tre lati, in età etrusco-sannitica mai usato come necropoli, che sin dalla nascita dell’insediamento villanoviano si collocano intorno a esso6.
5Un recente studio sui materiali archeologici provenienti dai carotaggi condotti dalla Fondazione Lerici ha fornito riscontri sulle diverse fasi di occupazione del plateau, che si aggiungono alle informazioni fornite da altre indagini (survey geomorfologico, remote sensing) e dagli scavi realizzati lungo l’autostrada7.
6Anche se l’area dell’abitato è probabilmente definita sin dalla prima Età del Ferro, mancano per questo periodo significativi riscontri archeologici: si dispone solo di pochi frammenti d’impasto recuperati nelle stratigrafie di epoca successiva8. Più consistenti sono le testimonianze di abitato databili a partire dall’Orientalizzante antico, quando le necropoli segnalano una radicale ristrutturazione dell’insediamento. Le evidenze si concentrano nell’angolo sud-occidentale dell’abitato, nella zona tra Via Bellini e Via Verdi, dove è stata localizzata l’area pubblica della città: si tratta di tracce relative a un abitato di capanne, distribuite intorno a uno spazio centrale vuoto che, rimasto tale anche nelle fasi successive, è stato identificato come la “piazza” della città9.
7Un ulteriore fase di strutturazione si ha agli inizi del VI sec. a.C. quando sono impiantati i santuari, con quello di Via Verdi, dedicato ad Apollo, che in maniera significativa si affaccia sulla “piazza”.
8Una più chiara percezione dell’abitato si ha per la fase tardo-arcaica, quando è messo in opera un’imponente intervento di riassetto urbano che comporta la realizzazione delle mura e di un impianto stradale regolare.
9Le scarse evidenze monumentali relative alla delimitazione dell’area urbana sono state integrate con lo studio aerotopografico combinato alla ricostruzione orografica: su questa base è stata proposta una ricostruzione dei limiti della città e della sua organizzazione interna10.
10Il perimetro di questo ingombro sembra marcato da leggeri ma significativi salti quota, in corrispondenza dei quali si hanno, a volte, riscontri archeologici di strutture difensive (mura e fossati).
11Partendo dal lato sud-ovest, un salto di quota in corrispondenza del tracciato della Strada Statale 18 segna fisicamente il limite tra l’abitato e l’area della necropoli. Anche sul versante nord-ovest, verso il santuario settentrionale, l’abitato è definito da un accentuato salto di quota che coincide con i limiti già riconosciuti dalle prospezioni Lerici, in corrispondenza del quale gli scavi per l’ampliamento dell’autostrada, realizzati dall’Università ‘L’Orientale’ di Napoli, hanno messo in evidenza un fossato orientato nord-est/sud-ovest che sembra rimarcare il limite. Più problematico risulta il confine nord-est, verso le colline di Faiano, dove si può, comunque, valorizzare la presenza di una traccia rettilinea isorientata rispetto all’impianto urbano, rimarcata anche da una variazione di umidità riconoscibile su recenti supporti telerilevati. Essa si conserva nei confini parcellari attuali e potrebbe segnare un limite antico, visto che immediatamente a nord-est è stato individuato un sepolcreto del IV sec. a.C. (fig. 1, n. 16).
12Sul lato est-sud-est le indagini archeologiche lungo il tracciato autostradale hanno restituito elementi strutturali relativi al limite della città, che può essere integrato con la traccia di un leggero avvallamento del terreno leggibile nella foto aerea. Alla fine del vi/inizi del V sec a.C. risale un muro di fortificazione, di cui resta la trincea di spoglio, affiancato su lato interno da un “solco-canale” in cui L. Cerchiai ha proposto di riconoscere il sulcus primigenius11. Immediatamente all’esterno corre un fossato, documentato dalla fine del V sec. a.C. ma probabilmente risalente alla fase di realizzazione della fortificazione. Esso insiste sul corso di un paleoalveo deviato per recuperare all’uso questo settore ribassato dello spazio urbano e permettere la costruzione della fortificazione. Uno dei dati più significativi della riorganizzazione dello spazio urbano è costituito proprio da questo intervento di diversione idrica, che è completato da due fossi, larghi 10 m ca., che incanalano verso est le acque di una sorgente posta immediatamente a monte12.
13All’interno delle mura lo spazio urbano indagato negli scavi dell’autostrada è scandito da una serie di strade parallele ed equidistanti che, integrate dalla fotolettura, hanno consentito di ricostruire un impianto regolare per strigas, con isolati allungati e una maglia stradale strutturata su due plateai orientate nord-ovest/sud-est e una a esse ortogonale13.
14Questo assetto urbano non sembra essere stravolto nella successiva fase sannitica dell’insediamento, quando si potenzia la fortificazione e si ristrutturano i santuari e l’edilizia urbana, rispettando l’assetto urbanistico tardo-arcaico14.
15Dopo i primi segnali di crisi che si avvertono tra la fine del IV sec. e i primi decenni del III sec. a.C., negli anni successivi la città è completamente destrutturata, come testimonia l’abbandono degli isolati abitativi e la chiusura dei santuari attraverso apposite cerimonie nel secondo quarto/metà circa del III sec. a.C. [A.R.]
Il paesaggio sub-urbano tra necropoli ed aree sacre
16Se la scansione principale dello spazio insediativo, con la divisione tra l’abitato e le necropoli, risale verosimilmente alla fase villanoviana, notevoli sono le modifiche intervenute nel tempo sia nell’estensione e nell’organizzazione dell’area urbana, sia nella dislocazione delle necropoli e, più in generale, nella destinazione funzionale delle aree immediatamente all’esterno di essa.
17I terreni intorno all’abitato sono interessati, almeno su tre lati, dalla presenza di sepolcreti, che sono particolarmente estesi a ovest e a est, dove si estendono fino a 600-800 m dalle mura tardo-arcaiche (fig. 1). Si tratta di superfici mai simultaneamente utilizzate come necropoli: in esse l’occupazione funeraria si è realizzata attraverso rilevanti soluzioni di continuità, con progressive estensioni, più spesso con acquisizione di nuovi settori e fenomeni di abbandono, che costituiscono la principale fonte di informazione sulle fasi di strutturazione dell’insediamento15.
18Nella prima Età del Ferro le principali necropoli si pongono a est e a ovest del plateau dell’abitato, al di là delle depressioni in cui si incanalano le acque di superficie (fig. 1, A-C). Per l’impianto delle necropoli (Periodo IA) si prediligono zone sopraelevate distanti dal plateau centrale, lungo la viabilità principale, seguendo deliberate strategie di occupazione16. Sul lato orientale, in località S. Antonio, si distinguono due estese aree di sepolture più antiche, alle quali si aggiunge un più ristretto sepolcreto usato tra la fine del periodo IB e la Fase II al margine del plateau dell’abitato (fig. 1, B-D). Un’ulteriore area di necropoli, nota da un ristretto nucleo di sepolture del Periodo IB, si colloca a sud, sul bordo di un terrazzo inferiore del plateau centrale (fig. 1, E), probabilmente in relazione a un itinerario diretto verso la costa (Strada Q).
19Gli sviluppi successivi dei sepolcreti, condizionati da elementi qualificanti del paesaggio (viabilità, alvei fluviali, salti di quota, ecc.), confermano la gestione pianificata dell’area intorno al plateau dell’abitato. La necropoli occidentale del Picentino (fig. 1, A) si estende verso il fiume fino a raggiungere il bordo di un antico alveo del fiume, costeggiato da un tracciato viario diretto dal guado fluviale verso la costa (Strada W); a nord il limite è costituito dal tracciato che dal guado si dirige verso l’abitato (Strada N).
20A est dell’abitato la necropoli meridionale di S. Antonio (fig. 1, B) si espande verso l’abitato, forse fino all’antico alveo della Frestola, mentre a sud si arresta sul ciglio di un leggero salto di quota. Un alveo fluviale (alveo A), intercettato dagli scavi per l’ampliamento dell’autostrada, delimita anche la necropoli nord di S. Antonio (fig. 1, C): il suo sviluppo è probabilmente dettato da un antico tracciato diretto verso le colline di Faiano (Strada Y), ripreso dall’attuale Via Pompei e intercettato dagli scavi presso l’incrocio con la SS 18. Il piccolo sepolcreto ai margini del plateau centrale (fig. 1, D), infine, si colloca immediatamente a sud-ovest della strada in uscita dall’abitato (Strada X), rispetto alla quale si orientano le tombe; il tracciato prosegue passando ai piedi della necropoli meridionale.
21Al passaggio all’Orientalizzante (720 a.C. ca.) l’insediamento è investito da un radicale riassetto, che si manifesta in maniera eclatante nella riorganizzazione degli spazi funerari17. Le necropoli della prima Età del Ferro sono abbandonate, sostituite da nuove aree di sepolture più prossime all’abitato (fig. 1, F-H). Le due più estese sono impiantate nelle depressioni ai lati del plateau, il cui uso suggerisce la messa in opera di interventi per il controllo delle acque di superficie. A questi interventi è probabilmente da riferire un ampio fossato (fig. 1, a) che incanala le acque verso la bassura ai lati del plateau, fungendo da limite a sud-ovest della necropoli occidentale di Piazza Sabbato18. La direttrice del fossato è ripresa da un tracciato stradale posto immediatamente a sud-ovest (Strada S), che attraversa l’intera fascia periurbana sud-occidentale, dal guado del Picentino fin oltre Piazza Risorgimento. La strada è documentata archeologicamente in epoca successiva, ma la direttrice (della strada o del fossato) può essere fatta risalire a una fase antica dell’Orientalizzante visto che rispetto a essa si orientano tombe dei primi decenni del VII sec. a.C. di un settore all’estremità occidentale della necropoli, a sud-ovest del tracciato (scavo Aedilia)19.
22Un’ulteriore necropoli risalente all’inizio dell’Orientalizzante si colloca ai piedi dell’abitato, in corrispondenza dell’area pubblica di Via Bellini-Via Verdi (fig. 1, H). Tale rapporto spaziale, insieme all’estensione contenuta e al livello eccezionale di alcune sepolture – le tombe “principesche” 926-928 e la tomba che ha restituito l’iscrizione etrusca di dono dei Rasunie –, evidenzia la specificità del sepolcreto, verosimilmente pertinente a un gruppo elitario che deve aver rivestito un ruolo di rilievo nella fase di ristrutturazione dell’insediamento20.
23Le aree di necropoli impiantante all’inizio dell’Orientalizzante conservano la destinazione funeraria per l’intera vita dell’insediamento etrusco-sannitico, quantunque al loro interno settori più o meno estesi abbiamo avuto momenti di utilizzo saltuario o di abbandono, ai quali a volte seguono nuove fasi di occupazione.
24A queste aree si aggiungono progressivamente nuovi spazi di sepoltura nelle immediate adiacenze o in zone più distanti non ancora utilizzate a scopo funerario. La loro acquisizione segna cambiamenti nel regime dei terreni, che intervengono in momenti significativi nella storia dell’insediamento.
25Rilevante è l’espansione delle aree di sepoltura tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C., quando Pontecagnano è investita dal processo di urbanizzazione in maniera analoga a quanto avviene negli altri centri della Campania etruschizzata e nelle aree più avanzate dell’Etruria e del Lazio. Nel centro picentino la ristrutturazione urbana si manifesta a livello archeologico nell’impianto dei santuari e nella ripartizione funzionale degli spazi dell’abitato, dove alcuni settori mostrano un’accentuata destinazione produttiva.
26L’impianto dei santuari interviene sia in area urbana, sia in zone esterne all’abitato, in relazione alle specifiche funzioni assunte dal sacro nella sua dimensione comunitaria21. Ad Apollo e al corrispettivo etrusco Manth è dedicato il santuario impiantato nell’area pubblica di Via Verdi-Via Bellini, investita agli inizi del VI sec. a.C. da imponenti opere di sistemazione, come suggerisce il rialzamento di una strada che a essa conduce, ottenuto con un riporto di 80 cm ca. di terreno recuperato dai precedenti livelli abitativi della zona22.
27A una divinità femminile, che un’iscrizione etrusca di pieno VI sec. a.C. identifica con Luas, è dedicato il santuario settentrionale di località Pastini23. L’area sacra è impiantata immediatamente all’esterno dell’abitato, in un contesto paesaggistico rigoglioso, caratterizzato dall’abbondanza d’acqua, confacente alla funzionalità di un culto di tipo cererio, collegato alla fertilità, alla crescita e ai passaggi di status.
28Alla presenza dell’acqua è connessa anche un’area sacra a est dell’abitato, indiziata dal recupero di terrecotte architettoniche tardo-arcaiche negli scavi per l’ampliamento dell’autostrada24. Dalle sponde di uno degli alvei fluviali (fig. 1, g) proviene materiale ceramico databile a partire almeno dagli inizi del VII sec. a.C. che documenta una frequentazione dell’area forse già a carattere cultuale.
29Particolare interesse riveste la definizione di settori dell’abitato in cui appare accentuata la funzione produttiva. Si tratta, in particolare, del versante sud-orientale del plateau dove, a cavallo tra l’area circoscritta dalle mura tardo-arcaiche e l’immediato suburbio, sono documentate numerose fornaci per la produzione di laterizi e ceramiche25. Una coppia di fornaci e uno scarico di materiale di età arcaica sono documentati ai piedi delle successive mura sud-ovest, lungo Via Cristoforo Colombo (fig. 1, b)26. Sul lato sud-orientale gli scavi hanno restituito fornaci databili a partire dal VI sec. a.C. e pozzi (fig. 1, c-e) di cui resta incerta la fase di utilizzo, ma comunque definitamente colmati tra il IV e i primi decenni del III sec. a.C. A partire dall’Orientalizzante recente, dunque, sono destinate alla produzione di fittili anche fasce marginali del plateau, con significative variazioni nella destinazioni d’uso di questi spazi, come evidenzia in maniera emblematica la sovrapposizione delle strutture produttive al sepolcreto della prima Età del Ferro. Particolare interesse riveste la relazione tra queste aree marginali e il settore contiguo dell’abitato inglobato dalle mura tardo-arcaiche, ugualmente caratterizzato dalla presenza di impianti artigianali (fig. 1, f). Le mura sembrano essere intervenute a interrompere un quartiere a prevalente destinazione artigianale, relegando in area sub-urbana le fasce più esterne e segnando l’abbandono di almeno una parte di esse, come suggerisce la dismissione tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. del settore di Via Cristoforo Colombo. A sud-est delle mura, accanto ad alcune fornaci in uso non oltre l’età arcaica, se ne associano altre che, insieme ai materiali recuperati nei pozzi, potrebbero essere connesse a una attività produttiva protratta in epoca successiva, quando la zona è ormai esterna all’abitato. Rispetto a questa lettura, occorre conservare un margine di prudenza, considerando che gli elementi di datazione delle fornaci e dei pozzi non provengono dai livelli d’uso e che mancano scarti di lavorazione connessi al periodo di funzionamento degli impianti produttivi.
30Nelle necropoli la ristrutturazione tardo-orientalizzante prevede l’espansione dell’area di Piazza Risorgimento, che da piccolo sepolcreto elitario diviene la principale area di sepoltura della città (fig. 1, M). L’espansione si realizza da un lato verso la città – verosimilmente in relazione a una strada che risale il plateau fino all’area pubblica –, arrestandosi in corrispondenza di un fossato, dall’altro verso ovest, lungo la strada sub-urbana che si dirige verso il guado del Picentino (Strada S), collegando la necropoli con quella occidentale di Piazza Sabbato.
31Nell’area sub-urbana orientale nuovi spazi funerari sono acquisiti lungo i tracciati stradali, nella zone intermedie tra i sepolcreti della prima Età del Ferro e dell’Orientalizzante antico e medio. Filari paralleli di sepolture si allineano lungo il margine settentrionale della strada proveniente dall’abitato (Strada X), che continua a costituire il limite dell’espansione funeraria (fig. 1, P); altri settori funerari, ugualmente organizzati per filari, si dispongono ai lati della strada diretta verso l’entroterra (Strada Y) (fig. 1, Q).
32Anche a ovest dell’abitato nuovi appezzamenti funerari si sviluppano lungo le due principali direttrici stradali (Strada N e Strada S) (fig. 1, I-L), che continuano a segnare il limite dell’espansione funeraria27.
33Nuove aree di sepoltura, infine, sono impiantate a sud dell’abitato, lontano dalle aree fino ad allora utilizzate a scopo funerario (fig. 1, N-O). Esse si articolano in lotti familiari di forma rettangolare, distanti uno dall’altro, alcuni disposti lungo la strada che dall’abitato si dirige verso la costa (Strada Q)28.
34In questi appezzamenti impiantati nelle diverse necropoli agli inizi del VI sec. a.C., affacciati sulle strade, si concentrano in età arcaica l’occupazione funeraria e i livelli più alti di esibizione, mentre le zone centrali dei sepolcreti sembrano avere un utilizzo meno intenso, con i nuclei di più antico impianto che tendono a esaurirsi.
35È l’ascesa di queste famiglie, assegnatarie dei lotti funerari in età tardo-orientalizzante che produce il riassetto urbano degli inizi del V sec. a.C. L’intervento prevede la ridefinizione e una più marcata delimitazione dello spazio dell’abitato e, di conseguenza, del rapporto con l’area sub-urbana. Resta fuori dall’area circoscritta dalle mura parte del quartiere artigianale orientale, mentre si acquisisce all’area urbana un’ampia fascia sul lato nord-orientale, in parte recuperata all’uso tramite imponenti interventi di bonifica. I due fossi che allontano le acque dall’abitato attraversano i terreni a est dell’abitato e le relative necropoli della prima Età del Ferro e di età arcaica, divenendo un elemento caratterizzante di questo settore periurbano. Un fosso simile è stato ritracciato a ovest dell’abitato, dove probabilmente raccoglie le acque della depressione ai lati del plateau e quelle delle canalizzazioni che corrono ai lati della Strada S29.
36A est dell’abitato, l’ampia superficie tra l’angolo orientale delle mura e l’alveo A, non utilizzata a scopo funerario, è interessata dall’apertura di una sequenza di strade orientate nord-est/sud-ovest, che suggerisce una ripartizione di questi terreni e la loro probabile messa a coltura. In questo quadro si inseriscono anche i lavori di escavazione dello strato superficiale di travertino compatto riscontrato su un’estesa superficie in occasione degli scavi per l’ampliamento dell’autostrada (fig. 1, c), finalizzata al recupero di materiale edilizio per i cantieri urbani e/o ad agevolare le coltivazioni30.
37Rispetto all’imponenza di questi interventi, limitati appaiono le trasformazioni nelle necropoli, nelle quali continuano a essere utilizzati gli appezzamenti in uso nel corso del VI sec. a.C. Contenute sono le acquisizioni di nuove superfici, recuperate nelle immediate adiacenze di quelle già in uso (fig. 1, R-S): il caso meglio noto è costituito dalla fascia pianificata nella necropoli orientale lungo la strada in uscita dall’abitato (Strada X), che si estende in continuità con quella impiantata agli inizi del VI sec. a.C., articolandosi in piccoli lotti familiari disposti in filari paralleli lungo il margine nord-orientale del tracciato31.
38Rilevanti, invece, sono i riflessi sulle aree funerarie della “sannitizzazione” del centro, che prende avvio intorno alla metà del V sec. a.C.32. Il processo passa attraverso l’arrivo di individui, piccoli gruppi ed estesi contingenti di cultura italica, ai quali sono inizialmente riconosciute aree di seppellimento nelle necropoli esistenti, in settori da tempo dismessi o ai margini di quelli ancora in uso, disposti lungo la viabilità e nel rispetto dell’assetto vigente dello spazio periurbano. Tra la fine del V e i primi decenni del IV sec. a.C. l’esplosione dei sepolcreti intorno all’abitato, anche in aree lontano dalle necropoli della fase etrusca e in deroga ad alcuni riferimenti topografici fino ad allora rispettati, concorre ad evidenziare la portata del processo di “sannitizzazione”, che comporta significativi cambiamenti anche nell’assetto e nei regimi di proprietà dei terreni intorno all’abitato.
39Emblematici sono alcuni esempi33. Nella necropoli di Piazza Risorgimento, negli anni a cavallo tra V e IV sec. a.C., un nucleo di tombe “sannitiche” è impiantato nella fascia compresa tra il fossato della fortificazione e il sistema di fossi per la canalizzazione delle acque che fino ad allora aveva segnato il limite dell’occupazione funeraria (fig. 1, n. 7)34. A ovest dell’abitato un’estesa fascia di sepolture, tra cui anche tombe a camera, si estende oltre la strada diretta dal guado del Picentino all’abitato (Strada N), che sin dalla prima Età del Ferro aveva costituito il limite della necropoli (fig. 1, nn. 1-2)35. Un analogo sepolcreto è impiantato lungo il margine meridionale della Strada S, presso Piazza Sabbato, dove il tracciato aveva costituito fino ad allora il limite del sepolcreto (fig. 1, n. 6)36. Piccoli nuclei di tombe si pongono lungo la strada diretta verso la costa (Strada W), in aree mai utilizzate a scopo funerario o da tempo dismesse (fig. 1, nn. 5 e 4), in un caso sovrapponendosi a un settore della necropoli della prima Età del Ferro scomparso sotto un potente deposito connesso alle divagazioni del fiume Picentino (fig. 1, n. 3)37.
40Sul lato orientale si segnalano la fascia di sepolture che si sviluppa lungo la Strada X, ai piedi della necropoli della prima Età del Ferro (fig. 1, nn. 11-12) e i nuclei intercettati dagli scavi dell’autostrada fin quasi al fossato della fortificazione (fig. 1, nn. 13-15)38. Diversi settori funerari si sviluppano nel IV sec. a.C. a sud, sull’ampio terrazzo inferiore del plateau dell’abitato (fig. 1, nn. 8-10). Un nucleo, infine, è noto sul lato nord-orientale dell’abitato, a quanto pare un versante mai prima utilizzato a scopo funerario (fig. 1, n. 16).
41Questi ultimi sepolcreti, che si distinguono per l’ubicazione diffusa, in zone non usate nella fase precedente come necropoli, sembrano svilupparsi in strette fasce ai lati dei tracciati, secondo una disposizione simile, per esempio, a quella portata estesamente in luce a Pantanello presso Metaponto39. Nel caso di Pontecagnano la prossimità all’abitato e l’assenza di fattorie o nuclei insediativi nel territorio periurbano induce a considerare “urbani” anche questi sepolcreti, nel senso che sono da riferire a gruppi stanziati in città. Non si hanno invece elementi per precisare la destinazione dei terreni immediatamente retrostanti le fasce sepolcrali, solo presumibilmente agricola, e per definire il loro regime di proprietà in rapporto alla pertinenza dei lotti funerari. Alla luce del carattere discontinuo di questi sepolcreti è forse possibile ipotizzare che famiglie o gruppi abbiano utilizzato a scopo funerario la porzione del loro appezzamento terriero prospiciente la strada.
42In questo quadro occorre evidenziare la destinazione diversa riservata alle aree delle necropoli della prima Età del Ferro. Esse, infatti, dopo l’abbandono al passaggio all’Orientalizzante non saranno più utilizzate a scopo funerario, a differenza delle aree sepolcrali impiantate successivamente che, anche dopo momenti di più scarso utilizzo o di abbandono di ampi settori, resteranno disponibili a essere recuperate per il seppellimento fino alla fine del centro etrusco-sannitico. Sepolture di epoca successiva si addossano in alcuni casi alle necropoli villanoviane, a volte disponendosi intorno alle tombe più antiche collocate ai margini del sepolcreto40. A queste, rimaste riconoscibili grazie alla monumentalità delle coperture in ciottoli, è forse riconosciuto un valore specifico, che porta a rispettarne l’integrità, diversamente da quanto avviene nei sepolcreti di epoca successiva, dove le sepolture delle diverse fasi si sovrappongono e spesso tagliano in maniera rilevante. Per le aree di necropoli della prima Età del Ferro sono scarse anche le evidenze che facciano ipotizzare un successivo uso agricolo, per esempio canalizzazioni, percorsi o altre forme di ripartizione. [C.P.]
L’organizzazione dello spazio agrario
43L’imponente opera di bonifica operata in occasione della ristrutturazione urbana tardo-arcaica investe una parte consistente del territorio a est della città e crea i presupposti per una nuova lottizzazione agraria scandita da percorsi viari in terra battuta, alcuni dei quali individuati negli scavi per l’ampliamento dell’autostrada (fig. 1)41. Si tratta di tre tracciati orientati nord-est/sud-ovest (Strade 1-3), ai quali se ne aggiungono due ortogonali documentati a partire dal IV sec. a.C. (Strade 4-5) (fig. 2).
44Anche se non è ancora possibile determinare con precisione i limiti dei lotti, orientamenti simili al modulo restituito dallo scavo archeologico si riscontrano in alcune strade rinvenute in esplorazioni precedenti: un caso significativo è costituito dalla strada in uscita dall’abitato sul lato orientale (Strada X), rinvenuta in più punti in loc. S. Antonio, distante ca. m 630 dal bordo meridionale della Strada 542.
45La restituzione dell’impianto catastale può essere integrata con la fotointerpretazione e il supporto di considerazioni di natura metrologica.
46Sulle foto aeree degli anni ‘50, in un ampio settore a nord-est dell’abitato si notano alcuni limiti campestri attuali e tracce lineari da umidità che hanno lo stesso orientamento dell’evidenze archeologiche (nord 45° est): sono evidenti, nel dettaglio, 11 allineamenti orientati nord-est/sud-ovest e 3 a essi perpendicolari. Il modulo alla base della ripartizione agraria sembra fondato su multipli di m 35 (pugme o cubito) e trova confronto con esempi provenienti da realtà meglio note del mondo greco-coloniale43. Su questi dati topografici e metrologici è possibile ricostruire un catasto fondato su lotti allungati, disposti per strigas, delle dimensioni di m 210x630 (circa 150 plethra), divisi in tre unità di forma quadrangolare di m 210 x 210 che delimitano una superficie coltivabile di circa 46 plethra, pari a ca. 4 ettari e ½. Non mancano, inoltre, altri elementi, desunti dallo scavo dell’autostrada (Strada 4), che permettono di ricostruire ulteriori divisioni interne riconducibili ad appezzamenti rettangolari disposti per scamna di m 105 x 140 (fig. 2)44.
47Questa divisione dello spazio agrario sembra restituire un catasto rurale, caratterizzato da una maggiore densità di distribuzione dei lotti di proprietà, che rientra nel più ampio sistema definito ‘Catasto B’, diffuso soprattutto a est dell’abitato, in una fascia di territorio che raggiunge il torrente Asa per una superficie di almeno 357 ha. A questa pianificazione non corrisponde, allo stato attuale delle ricerche, una presenza capillare di insediamenti stabili. Ciò sembra implicare il funzionamento di un paesaggio occupato da colture estensive (cereali) rispetto al quale la città riveste un ruolo di riferimento per l’intero territorio45. È da notare che il catasto sembra essere maggiormente rilevabile entro i 430 m dal limite est della città antica: oltre questo limite lo scavo archeologico non offre ulteriori riscontri di interventi di pianificazione e divisione della terra. Questo dato potrebbe non essere occasionale, ma rispecchiare un tipo di organizzazione dello spazio agrario non dissimile da quello riportato nelle fonti antiche a proposito della colonizzazione greca in Occidente46. Aristotele (Pol. 1319 a 9-10), in particolare, mette in risalto la diversa destinazione tra aree vicine alla colonia e quelle più lontane47. Come afferma anche Diodoro (XII, 9-11) riguardo alla fondazione di Turi, sembra che le aree vicine alla città fossero quelle più ambite dai primi coloni anche perché meglio difendibili; nel caso di Turi (Arist., Pol. 1307 a 30) pare che fossero rigidamente divisi solo i terreni prossimi alla città dal momento che la legge favoriva l’accumulo di terreni solo nelle parti più lontane48.
48A Pontecagnano il catasto agrario non sembra andare in crisi nel corso del III sec. a.C., quando l’area urbana è molto ridimensionata, la fortificazione è in disuso e le aree santuariali abbandonate.
49Successivamente, in seguito alla crisi innescata dalle guerre annibaliche e al rafforzamento del controllo romano della regione con la fondazione agli inizi del II sec. a.C. della colonia di Salernum49, si ha una ripresa dell’insediamento, con l’arrivo di nuovi contingenti e la costruzione degli isolati lungo una delle plateiai dell’impianto etrusco-sannitico, che viene integrata nel tracciato della strada consolare Regio-Capuam.
50A questa nuova fase può essere riferito il rifacimento della Strada 5 a est dell’abitato, che slitta leggermente verso sud-ovest, passando sui dromoi di alcune tombe – una delle quali ancora in uso allo scorcio del III sec. a.C. –, le cui camere sono tranciate da un profondo canale che fiancheggia il tracciato50. La forte discontinuità segnata dal rifacimento della strada, che comunque recupera la precedente direttrice, potrebbe inserirsi in un vasto programma di redistribuzione agraria databile nel corso del II sec. a.C. che investe il territorio a est di Salernum (Catasto C)51.
51Alcun legame con l’assetto agrario precedente hanno invece due strade parallele di età imperiale intercettate negli scavi dell’autostrada (Strade 6-7), che segnalano il ridisegno delle partizioni agrarie successivo all’evento eruttivo del 79 d.C.52. [A.R.]
Dal paesaggio etrusco-sannitico a quello romano
52Nel ricostruire il paesaggio peri-urbano della città etrusca e sannitica occorre immaginare un’articolata ripartizione degli spazi, organizzata rispetto a elementi ambientali (profilo altimetrico, corsi d’acqua, ecc.), viabilità e destinazioni funzionali (necropoli, attività artigianali, uso agricolo e pastorale), che varia nel tempo in relazione ai processi di natura sociale ed economica che investono la comunità, fermo restando lo statuto particolare riconosciuto alle zone occupate dai sepolcreti villanoviani. Restano da approfondire gli eventuali risvolti ideologici di questo rispetto, che unisce la città etrusca a quella sannitica in una logica di continuità riscontrabile a Pontecagnano in altre evidenze pregnanti come i santuari e i riferimenti giuridici e religiosi connessi alla perimetrazione urbana e alla costruzione delle mura53.
53Alla metà del III sec. a.C. la cesura che si verifica con l’acquisizione romana della piana picentina è testimoniata dalla chiusura dei santuari, dall’abbandono degli isolati abitativi e dall’esaurimento delle necropoli. Tra la seconda metà del secolo e gli inizi del II sec. a.C. l’occupazione dell’area, in forme meno strutturate, è testimoniata dal riuso di alcune tombe a camera e da qualche nuovo ipogeo realizzato nelle necropoli già esistenti, lungo la viabilità in uscita dall’abitato (fig. 1, n. 2)54. In alcune di queste sepolture la cultura materiale espressa dal corredo funerario rinvia ad altri contesti regionali, facendo emergere, insieme a un’iscrizione vascolare in latino, l’arrivo di nuovi gruppi nell’ambito della mobilità a largo raggio connessa all’espansione romana55.
54Nella necropoli orientale, lungo la Strada X, si colloca anche un nucleo di tombe con le tipiche urnette cinerarie da collocare nel corso del II sec. a.C.56, verosimilmente da correlare ai più consistenti apporti connessi alla nuova strutturazione urbanistica di Picentia, testimoniata dagli isolati abitativi realizzati lungo la plateia dell’impianto etrusco-sannitico.
55Alle spalle degli isolati romani, sull’antico abitato, si estendono spazi rurali integrati probabilmente da piccole fattorie, in un paesaggio che continua a essere contrassegnato dalla persistenza della viabilità più antica e dall’evidenza della fortificazione in disfacimento e del relativo fossato57.
56Un’ulteriore soluzione di continuità si ha in età imperiale, probabilmente con le sistemazioni che intervengono nei decenni successivi all’eruzione del 79 d.C. Il prolungamento della Strada N che taglia diagonalmente l’impianto tardo-arcaico (Strada 6), la chiusura del cardo romano, che comunque riprendeva uno degli assi del più antico impianto, la presenza diffusa di nuclei di tombe da riferire a fattorie sia nell’area circoscritta dalle antiche mura, sia all’esterno di esse, lo sviluppo di un sepolcreto presso il Picentino58, in relazione a una mansio in corrispondenza del guado del fiume, tratteggiano un paesaggio che ha definitivamente abbandonato la dimensione urbana che lo aveva caratterizzato nella fase etrusca e sannitica. [C.P., A.R.]
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Notes de bas de page
1 Per un quadro di sintesi sulla ricerca archeologica a Pontecagnano si veda Cerchiai, Cuozzo, Pellegrino 2018, cui si rimanda per la bibliografia.
2 De Simone, Pellegrino, Rossi 2015.
3 Pellegrino, Rossi 2011, p. 181-204.
4 Rossi 2004-2005; Pellegrino, Rossi 2011, p. 30-32. Per un recente quadro di sintesi sulla gestione delle acque di superficie, cf. Tomay 2019.
5 Pellegrino, Rossi 2011, p. 33; Mancusi, Bailo Modesti 2016, con bibliografia.
6 Cf. infra.
7 De Simone, Pellegrino, Rossi 2015.
8 Una decina di frammenti d’impasto della prima Età del Ferro sono stati recuperati in strati di epoca successivi nei recenti scavi condotti nel Parco Archeologico dalle Università degli Studi di Salerno, ai quali se ne aggiungono due segnalati da un interro dei primi decenni del VI sec. per il rialzamento di un acciottolato stradale nei pressi dell’area pubblica di Via Verdi (Massanova 2016-2017, p. 77 e 89, catt. 1-2, fig. 8.1-2).
9 Pellegrino, Rossi 2011, p. 211-213, con bibliografia.
10 Ibid., p. 73-82; Pellegrino, Rossi 2017.
11 Cerchiai 2008, p. 405; Pellegrino, Rossi 2011, p. 75-79.
12 Rossi 2010; Pellegrino, Rossi 2011, p. 100-101, fig. 55.
13 Pellegrino, Rossi 2011, p. 79-83.
14 Ibid., p. 129-150.
15 Per un primo quadro di sintesi fino al VI-V sec. a.C., incentrato in particolare sulla necropoli occidentale di Piazza Risorgimento, cf. Bonaudo et alii 2009, p. 170-184; per il IV sec. a.C., cf. Pellegrino 2014, p. 88-89 e Pellegrino, Petta 2020. Sugli elementi monumentali e, più in generale, sui paesaggi delle necropoli nelle diverse fasi, cf. Cuozzo, Grimaldi, Pellegrino 2015.
16 Un’analoga scelta si ha nello stanziamento satellite del Pagliarone, a sud di Pontecagnano, le cui necropoli si collocano ai piedi del terrazzo sui cui presumibilmente si collocava l’abitato, oltre il corso del torrente Rialto, cf. Gastaldi 1998, p. 3-5.
17 Per un recente quadro di sintesi, cf. Pellegrino 2015 e Cuozzo, Pellegrino 2019, con bibliografia.
18 Bonaudo et alii 2009, p. 178, n. 40, tav. V.
19 Cf. ibid., tav. V.
20 Per le TT. 926, cf. d’Agostino 1977. Per l’iscrizione dei Rasunie e il relativo contesto si rimanda a Cuozzo, Pellegrino 2016, p. 50-54, con bibliografia.
21 Cerchiai 2017.
22 Sul santuario, cf. Lupia 2013, con bibliografia. Sulla strada, scavata da B. d’Agostino nel 1966-1967, cf. Massanova 2016-2017.
23 Mancusi, Bailo Modesti 2013, con bibliografia.
24 Pellegrino, Rossi 2011, p. 61-62; Cerchiai 2017, p. 305-307.
25 De Natale 1992, p. 5-7; Pellegrino, Rossi 2011, p. 67, 212; Pellegrino 2011-2012, p. 378, con bibliografia relativa alle evidenze di scavo; sulle risultanze delle prospezioni geofische, che documentano la probabile presenza di ulteriori fornaci, cf. Cerchiai 1990, p. 37-38; De Feo 2017, p. 39-41.
26 Scavi Giannattasio e Ferrazzano.
27 Bonaudo et alii 2009, p. 178-184, tav. V.
28 Pellegrino 2004-2005.
29 Scavo Di Gaetano, cf. Bonaudo et alii 2009, p. 176, nota 30: la revisione dei materiali, effettuata da Alfonso Landi nell’ambito della tesi dedicata allo scavo, discussa nel 2019 presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università degli Studi di Salerno, ha consentito di precisare la datazione dei più antichi livelli d’uso del fosso, da collocare agli inizi del V sec. a.C.
30 Pellegrino, Rossi 2011, p. 97-98.
31 Scavi Gualdiero ed Edil Pag I.
32 Per un quadro di sintesi, cf. Pellegrino 2014.
33 Per maggiori dettagli sulle evidenze di seguito descritte si rimanda a Pellegrino, Petta 2020.
34 Scavo Noschese II. Il nucleo, costituito da 13 tombe databili fino alla metà/terzo quarto del IV sec. a.C., è stato oggetto della tesi di laurea di A. Desiderio, Pontecagnano: la necropoli in prop. Noschese II, discussa presso l’Università degli Studi di Salerno, a.a. 2009/2010.
35 Scavi Rossomando e Sica De Conciliis editi in Serritella 1995, p. 15-32, 117-118, ai quali si aggiunge il più esteso settore indagato di recente in corrispondenza di Via Raffaello Sanzio, più vicino all’abitato, presentato in Tomay 2018.
36 Scavo Forte-Bassano edito in Serritella 1995, p. 32-46, 119-121.
37 Rispettivamente scavi Giglio-Russomando (Bonaudo et alii 2009, p. 188-189), Aedilia e Colucci (Giglio 2004-2005, p. 301 e De Natale 2016, p. 11): quadro topografico più dettagliato in Bonaudo et alii 2009, tav. V.
38 Pellegrino, Rossi 2011, p. 150-156, 219-200.
39 Carter 1998, in particolare p. 47-48.
40 Nella necropoli occidentale del Picentino si vedano le evidenze dello scavo Bisogno (Pellegrino 1999) ed Aedilia (fig. 1, n. 4), cf. Bonaudo et alii 2009, tav. V). Per le necropoli a est dell’abitato si segnalano quelle negli scavi Citro, Edil Pag II, Di Renna, Fogna della SS 18 e Fogna di Via Conforti.
41 Pellegrino, Rossi 2011, p. 100-106, 156-160.
42 Russo 2018.
43 L’esempio più conosciuto è quello della chora metapontina, cf. De Siena 2005, p. 376-387, con bibliografia, e Mertens 2006, p. 332-333. Per una sintesi sulle dimensioni dei lotti, cf. Carter 2008. G. Uggeri (Uggeri 1969) articola come segue le dinamiche del territorio Metapontino: «…tale divisione agraria si data verso la metà del VI sec. come attestano le fattorie […]. Successivamente si operò una bonifica del terreno», con un incremento del popolamento e, probabilmente, un’estensione della lottizzazione realizzata nella seconda metà del IV sec. a.C. Sui moduli delle fasi più recenti, cf. Manzelli 1995 e Wasowicz 1999.
44 Ad Heraklea di Lucania, ad esempio, i lotti sembrano anche di dimensioni più ridotte, cf. Zuchtriegel 2014, p.156-157.
45 Per un inquadramento di carattere generale riguardo al mondo greco, cf. Gallo 1999.
46 Lepore 1968, p. 43; cf. il caso di Turi in Talamo 1995.
47 Cf. Lepore 1989, p. 87, per il richiamo di Aristotele alle legislazione di alcune città che «limitavano l’accumulo di terra solo entro una distanza minima dalla città».
48 Da ultimo, Talamo 1995, p. 413-414, con bibliografia. Le aree non divise presenti nei territori delle città greche corrispondono nella realtà giuridica romana alla parte di territorio non divisa e in alcuni casi divisa e non assegnata: i subseciva e le centuriae vacuae, cf. Celuzza 1993.
49 Rossi 2017.
50 Pellegrino, Rossi 2011, p. 184-185.
51 Santoriello, Rossi 2004-2005, p. 249-256.
52 Pellegrino, Rossi 2011, p. 184-189, fig. 111.
53 Ibid., p. 133-136, 218-220.
54 Sulle tombe riutilizzate v. Serritella 2017; sulle nuove realizzazioni lungo la Strada N, v. Tomay 2018.
55 Tomay 2018, p. 565-573.
56 Pellegrino, Rossi 2011, p. 221. Più incerta la datazione del bustum segnalato lungo la strada in Russo 2018, p. 625.
57 Per un quadro di sintesi sulle forme di occupazione in età romana, cf. Pellegrino, Rossi 2011, p. 181-190, 221-222, con bibliografia.
58 Giglio 2004-2005.
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Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
Ettore Lepore, Jean-Pierre Vernant, Françoise Frontisi-Ducroux et al.
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Nouvelle contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes
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1982
La céramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe siècle en Italie centrale et méridionale
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1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 2
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