Archeometria di due restauri
p. 95-110
Texte intégral
1. Obiettivi delle indagini archeometriche
1Nell’ambito delle iniziative previste nell’edizione 2013 del programma Restituzioni. Tesori d’arte restaurati, promosso da Intesa Sanpaolo, sono stati sottoposti a restauro presso il Laboratorio di Conservazione e Restauro del Museo Archeologico Nazionale di Napoli due vasi apuli a figure rosse, il cratere detto “dell’Amazzonomachia” (inv. 81667), attribuito al Pittore di Dario (330 a.C. ca.), e una loutrophoros con il mito di Niobe (inv. 82267), attribuita al Pittore di Varrese (350-340 a.C. ca.). Entrambi provenienti da Ruvo di Puglia1, il primo fu venduto dai collezionisti napoletani Antonio Pizzati e Giovanni Antonio Lamberti nel 1835, mentre il secondo fu acquistato nel 1838 tra gli oggetti antichi di proprietà di Michele Ficco e Vincenzo Cervone.
2L’intervento di restauro è stato quindi l’occasione2, attraverso la contestuale applicazione di metodologie archeometriche, sia per lo studio di dettaglio delle parti non originali, in particolare una delle anse del cratere e il collo della loutrophoros, in grado quindi di fornire indicazioni sulle tecniche di restauro ottocentesche, sia per l’acquisizione di dati composizionali e tecnologici sui due vasi, da confrontare con le ricerche condotte dagli scriventi sulle produzioni apule a figure rosse3.
2. Campionamento
3Per entrambi i vasi, sono stati prelevati, in zone differenti e nascoste dell’oggetto, microcampioni delle dimensioni di pochi millimetri quadrati. In particolare per il cratere detto “dell’Amazzonomachia” sono stati prelevati tre campioni, di cui il primo dalla vasca, pertinente quindi ad una parte certamente originale (Nap 8) e i secondi, invece, da due parti non originali, rispettivamente l’ansa di restauro ottocentesco (Nap 9) e il cercine di argilla (Nap 11) realizzato in un restauro precedente4 con la funzione di raccordo tra il corpo e il piede del cratere. Per quanto riguarda, invece, la loutrophoros sono stati prelevati cinque campioni, di cui due dalla vasca, anche in questo caso originale (Nap 1 e Nap 4) e tre dal collo presumibilmente di restauro, più precisamente dall’interno del collo (Nap 10) e in due punti di una delle due anse (Nap 2 e Nap 5).
3. Metodologie di analisi
4Per giungere ad una completa caratterizzazione di superfici e corpi ceramici, è stato impiegato un approccio analitico sinergico, utilizzando tecniche in grado di fornire informazioni complementari, per sfruttare al meglio i punti di forza delle differenti tecniche e superare i limiti legati alla preziosità e unicità dei campioni investigati.
5Per la caratterizzazione dei rivestimenti e dei pigmenti sono state impiegate tecniche in grado di fornire informazioni sugli strati superficiali del materiale indagato quali Spettroscopia Infrarossa (IR), Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) e Microscopia Raman. L’analisi dei materiali costitutivi dei corpi ceramici è stata invece realizzata con tecniche più idonee per la determinazione chimica composizionale e per la individuazione delle fasi petromineralogiche quali Spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS), Microscopia Ottica a luce polarizzata (MO) e Microscopia Elettronica a Scansione con microanalisi a Raggi X (SEM-EDS).
6Per l’analisi chimica mediante ICP-MS, sono stati utilizzati 30 mg circa di corpo ceramico, buon compromesso tra l’esigenza di non distruttività e la necessaria rappresentatività composizionale del campione. I campioni sono stati polverizzati e le polveri, mescolate ed omogeneizzate, sono state sottoposte ad una procedura di dissoluzione mediante attacco acido con una miscela di HF 40%: HNO3 67%: HCl 34% (rapporti in volume 5:6:4). La mineralizzazione dei campioni è stata effettuata in un sistema a microonde (Milestone start D FKV).
7Le soluzioni ottenute sono state analizzate mediante Spettroscopia di Massa a Plasma Induttivamente Accoppiato (ICP-MS Elan 9000 Perkin Elmer) quantificando 14 elementi: Mg, Ti, Na, K, Fe, Al, Ni, Sr, Pb, Ba, Cr, Mn, Zn, Ca. I risultati ottenuti sono riportati in tabella 1.
8Le analisi Raman (Xplora Jobin-Yvon) sono state eseguite sia sulla superficie dei campioni prelevati, sia su sezioni sottili trasversali ricavate da essi. Gli spettri FT-IR sono stati ottenuti impiegando uno spettrofotometro Perkin Elmer Spectrum BX.
9Le indagini minero-petrografiche, invece, sono state condotte su sezioni sottili di spessore circa 30 μm ottenute inglobando in una resina epossidica schegge prelevate al bordo dei frammenti. Le osservazioni condotte al microscopio ottico (MO) in luce polarizzata sono state effettuate al solo polarizzatore e a Nicol incrociati.
10Le stesse sezioni, rivestite con uno strato di grafite di circa 30 nm, sono state sottoposte ad osservazioni in microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS) mediante microscopio EVO-50XVP LEO corredato di microanalizzatore EDS della Oxford-Link (LINK AN 10000).
4. Risultati delle analisi
4.1. Microscopia ottica (MO), elettronica a scansione (SEM-EDS) e spettroscopia Raman
4.1.1. Cratere “dell’Amazzonomachia”
11Le analisi in microscopia ottica ed elettronica a scansione dei campioni del cratere “dell’Amazzonomachia” hanno evidenziato, come era da aspettarsi, differenze nella composizione mineralogica fra il campione prelevato dall’ansa di restauro (Nap 9) e quello prelevato dalla vasca (Nap 8). ll campione Nap 9 presenta, infatti, una granulometria maggiore (sabbiosa) e una maggiore varietà di inclusi: oltre a quarzo, K-feldspati, miche e aggregati ferruginosi, sono presenti anche plagioclasi, feldspati alcalini, pirosseni, fosfati di terre rare, fasi di smistamento quarzo/plagioclasio e alcuni silicati di piombo (figg. 1 e 2). Nel campione Nap 8 sono presenti alcuni zirconi – assenti nel campione Nap 9 – e nei pori si osserva della calcite secondaria.
12Anche struttura e composizione delle aree superficiali dei due campioni risultano molto differenti. L’esame al SEM della “vernice nera” del campione (Nap 8) prelevato dalla vasca ha evidenziato uno spessore medio intorno ai 40 µm, la completa assenza di vacuoli, una maggiore compattezza e un maggior grado di sinterizzazione rispetto al corpo ceramico e/o alle zone decorate in rosso. I risultati delle analisi EDS evidenziano per essa un contenuto più alto di Al, Fe e K e più basso di Si e Ca rispetto al corpo ceramico (fig. 3). Questi risultati sono indice dell’utilizzo di un’argilla più fine rispetto a quella usata per il corpo ceramico e dell’aggiunta di sostanze –quali ad esempio ceneri di piante– per abbassare la temperatura di fusione e migliorare la sinterizzazione dello “slip” argilloso utilizzato per la vernice nera.
13Situazioni particolari sono emerse, in primo luogo, in alcuni punti del campione della vasca (Nap 8) in cui lo strato nero superficiale è apparso più luminoso all’osservazione al SEM e con una composizione differente – con Pb, Sn e Mn come elementi maggioritari. Tali situazioni sono probabilmente da interpretare come esito di un intervento di reintegrazione pittorica, tipica dei restauri condotti agli inizi del XIX secolo e attestato nelle fonti per questo cratere5, nei punti in cui la vernice nera non era più conservata. In secondo luogo anche in corrispondenza delle parti risparmiate dalla vernice nera è stato osservato un anomalo e sottilissimo strato a base di Pb, Hg, Mn e Sn (fig. 4). Indagini approfondite su tale strato, condotte mediante spettroscopia Raman, hanno messo in evidenza che la presenza di Hg è legata all’utilizzo di cinabro. La presenza di tale minerale, di colore rosso, appartenente alla classe dei solfuri, nonostante già noto ai Greci in epoca classica, non è compatibile con quanto finora comunemente accettato sulla tecnologia di realizzazione dei vasi a figure rosse, secondo cui le aree risparmiate corrispondono alla superficie del corpo ceramico, e porterebbe ad ipotizzare anche in questo caso un intervento di reintegrazione pittorica effettuato durante il restauro ottocentesco. Tale ipotesi sembra avvalorata dal contatto netto corpo ceramico-strato a base di Pb e dall’assenza di penetrazione del Pb nel corpo ceramico sottostante.
14Le indagini condotte invece sull’ansa di restauro (Nap 9) hanno messo in evidenza, sulla superficie del corpo ceramico, nelle aree che appaiono nere, la presenza di uno strato a base di Pb, Mn e Sn (fig. 5). In alcune zone dello strato è visibile anche barite. L’interfaccia corpo ceramico-strato a base di Pb superficiale presenta caratteristiche peculiari: un contatto poco netto, con penetrazione del Pb nel corpo ceramico e un fitto intreccio di silicati di piombo di neo-formazione. Tutte queste caratteristiche sono indice di un processo di cottura avvenuto in un’unica fase (fig. 5).
15Per quanto riguarda infine il cercine (Nap 11), anch’esso certamente di restauro, il corpo ceramico presenta una granulometria del silt medio con inclusi prevalentemente di quarzo, miche (muscoviti e biotiti) e ossidi di ferro (fig. 6). Il grado di sinterizzazione è scarso e i risultati delle analisi in diffrazione di raggi X indicano un processo di cottura condotto a temperature non superiori ai 500°C.
16In conclusione la diversità nella composizione mineralogica del corpo ceramico, con cristalli a base di Pb al suo interno, la presenza di un rivestimento a base di Pb e Mn al posto della “black gloss” a base di Fe, tipica della produzione dei vasi a figure rosse, nonché le evidenze di un processo di cottura in un’unica fase permettono di confermare che l’ansa (Nap 9) è stata realizzata con materiali e tecnologie differenti dal corpo del vaso (Nap 8). L’ipotesi è avvalorata dai dati chimici composizionali (tab. 1, infra) e pertanto si conferma l’ipotesi che l’ansa possa essere stata realizzata ai fini del completamento della forma6. L’intervento di restauro sembra però aver riguardato non solo il ripristino della forma con una parte non originale (ansa), ma anche interventi di reintegrazione pittorica delle parti originali.
4.1.2 Loutrophoros
17Il corpo ceramico dei campioni prelevati dalla zona inferiore della loutrophoros (Nap 1 e Nap 4) risulta compatto e omogeneo, a granulometria siltosa con inclusi prevalentemente di quarzo, miche (muscoviti e biotiti –spesso ricche in calcio–), feldspato, ossidi di ferro e ilmeniti (fig. 7). Il grado di sinterizzazione è elevato.
18Il campione Nap 5, prelevato nella parte superiore della stessa loutrophoros presenta, invece, una struttura totalmente differente. Dalle analisi SEM-EDS ed FT-IR è emerso che il materiale che lo costituisce è uno stucco costituito da gesso e colla organica (fig. 8).
19Anche il corpo ceramico del campione prelevato all’interno del collo della loutrophoros (Nap 10) risulta differente da quello dei campioni Nap 1 e Nap 4. Il grado di sinterizzazione non è elevato. Gli inclusi sono prevalentemente di quarzo, miche (muscoviti e biotiti –non ricche in calcio–), feldspato, plagioclasi di sodio, frammenti di calcare e ossidi di ferro (fig. 9). Il titanio è presente come rutilo e non sono visibili ilmeniti.
20La vernice nera dei campioni Nap 1 e Nap 4 presenta caratteristiche analoghe a quella del campione Nap 8 (relativo alla parte originaria del cratere) ed è una tipica “black gloss”. Per i campioni Nap 5 e Nap 10, invece, come per il campione Nap 9 (relativo all’ansa di restauro del cratere), al di sopra del corpo ceramico, nelle aree che appaiono nere in superficie, è visibile uno strato a base di Pb. In particolare, per il campione Nap 5 si tratta di un materiale a base di gesso e piombo (fig. 10), mentre per il campione Nap 10 di una materia prima costituita da minerali silicatici (tipo argilla) e piombo (fig. 11). In entrambi i casi il suo aspetto non è compatto e vetrificato (come normalmente si osserva per le vetrine piombifere) in quanto i materiali appaiono non ben mescolati (figg. 10-11).
4.2. Spettroscopia di Massa a Plasma Induttivamente Accoppiato (ICP-MS)
21I risultati delle analisi chimiche dei corpi ceramici dei campioni prelevati dai due vasi sono riportati in tabella 1.
22Per quanto riguarda la loutrophoros, la grande diversità composizionale del campione Nap 2, relativo alla parte più interna dall’ansa, soprattutto per gli elementi Ca e Sr – tra loro correlati –, è immediatamente evidente. Altrettanto evidente è la diversità composizionale del corpo ceramico del campione Nap 10, prelevato all’interno del collo, rispetto ai campioni Nap 1 e Nap 4, prelevati nella parte inferiore. Il valore molto elevato del Pb nello stesso campione trova la sua giustificazione nella presenza, al di sopra del suo corpo ceramico, del rivestimento a base di piombo. Per quanto riguarda il cratere, altrettanto evidente è la diversità composizionale del campione Nap 8, relativo alla vasca, dal campione Nap 9, relativo all’ansa. Anche per quest’ultimo campione, il valore elevato di Pb è legato alla presenza, al di sopra del suo corpo ceramico, del rivestimento a base di piombo. Differente risulta, infine, anche la composizione del cercine (Nap 11).
5. Conclusioni
23I risultati ottenuti permettono di confermare con assoluta certezza che sia la parte superiore della loutrophoros che l’ansa del cratere sono stati realizzati con materiali e tecnologie differenti: si tratta quindi di parti non originali ed ascrivibili ai restauri ottocenteschi.
24Confrontando tra loro i tre campioni pertinenti agli interventi di restauro effettuati sui due vasi7, è possibile evidenziare che l’ansa del cratere è decisamente diversa rispetto al cercine e al collo della loutrophoros. Questi ultimi due, invece, pur tra loro non identici, appaiono più simili per tipo e forma degli inclusi e composizione chimica e minero-petrografica. La loro composizione non appare però sufficientemente caratterizzata per cui, pur compatibile con le Argille grigio-azzurre plio-pleistoceniche affioranti lungo la Fossa Bradanica8, non è sufficiente ad affermarne con adeguata probabilità la pertinenza ai primi interventi di restauro della metà degli anni ’30 effettuati in Puglia e non ai successivi della metà degli anni ’40 effettuati a Napoli dopo l’acquisizione dei due reperti alle collezioni del Real Museo Borbonico.
25I dati ottenuti per i reperti originali sono stati sottoposti a trattamento statistico multivariato mediante Analisi delle Componenti Principali (PCA), usando il software package Minitab, allo scopo di individuare raggruppamenti di oggetti dalle caratteristiche composizionali simili. Le diversità e/o le similitudini nella composizione chimica dei corpi ceramici permettono infatti di ricavare informazioni sulla provenienza e/o sulla tecnologia di produzione degli oggetti in esame.
26Per confermare anche su base analitica la provenienza dall’area pugliese dei due vasi studiati, inizialmente il trattamento è stato effettuato includendo i campioni dei due vasi a figure rosse qui considerati nella matrice di dati relativi ai corpi ceramici di reperti di ceramica apula rinvenuta in diversi siti pugliesi, precedentemente analizzati9. Il diagramma degli score e dei loading nel sub-spazio delle prime tre PC, le nuove variabili ottenute in seguito al trattamento dei dati sperimentali, è riportato in figura 12. L’analisi della figura evidenzia un unico macro-raggruppamento da cui si distacca solo il campione T38, proveniente dall’area dell’Arsenale Militare di Taranto10, ma ritenuto di provenienza attica. La composizione chimica del corpo ceramico di questo campione, molto diversa da quella di tutti gli altri, e la presenza in esso di cristalli di monazite e pirosseno, assenti negli altri campioni, insieme all’ipotesi archeologica di una provenienza attica, hanno fornito le ragioni per cercare in letteratura dati composizionali relativi a campioni di ceramica attica a figure rosse per poter identificare, attraverso il trattamento statistico, similarità e/o differenza e poter formulare ipotesi di produzione locale o importazione. Il risultato del trattamento (fig. 13), evidenzia due cluster distinti: uno relativo ai reperti attici e l’altro a quelli apuli. Il posizionamento del campione T38 all’interno del cluster dei campioni attici conferma quindi l’ipotesi archeologica.
27Il trattamento dei dati composizionali è stato quindi limitato ai campioni di sicura produzione apula, includendo i campioni Nap 4 e Nap 8, pertinenti alle parti originali dei due vasi a figure rosse qui considerati. I risultati (fig. 14), evidenziano che gli score di entrambi i campioni, nettamente distinguibili da campioni dall’area daunia, messapica e lucana, pur trovandosi all’interno del macroraggruppamento dei campioni peuceti, non sono all’interno di alcun raggruppamento specifico fra i siti finora studiati. Questo dato è coerente con la loro probabile provenienza da contesti funerari ruvesi e sembrerebbe confermarne una produzioni in officine di area peuceta. L’assenza di dati di confronto di altre produzioni di area ruvese non consente, al momento, né di escludere, né di confermare una loro produzione in questo centro.
28Un’ultima elaborazione dei dati chimici, che si è ritenuto opportuno effettuare, ha riguardato le produzioni finora analizzate del Pittore di Dario, cui è stato attribuito il cratere dell’Amazzonomachia. Un aspetto di grande rilievo nello studio delle produzioni apule a figure rosse riguarda proprio il tema della localizzazione delle botteghe dei vari pittori e sul raggio della loro attività in Puglia.
29Sono stati pertanto selezionati gli altri vasi a figure rosse attribuiti al Pittore di Dario ed analizzati nel corso delle ricerche condotte dagli scriventi sulle produzioni apule a figure rosse (tabella 2), provenienti dalla tomba dei Niobidi ad Arpi11, dall’Ipogeo Varrese a Canosa12, dalla tomba 33 di Timmari13 e dai materiali appena citati dall’area dell’Arsenale Militare di Taranto.
30Il confronto dei dati relativi ad oggetti provenienti da siti diversi evidenzia che gli scores dei campioni relativi a vasi attribuiti allo stesso pittore sono tra loro nettamente diversi e si posizionano nello stesso cluster formato da vasi a figure rosse provenienti dallo stesso sito (fig. 15). Sulla base di questo dato, che dovrà essere necessariamente approfondito per aumentare numero di vasi analizzati e quindi significatività dell’elaborazione statistica, sembrerebbe ragionevole ipotizzare che gli elementi di differenziazione, pur evidenziando una sostanziale omogeneità composizionale dei corpi ceramici di tutti i campioni analizzati, siano derivati prevalentemente dalla provenienza geografica dei vasi. Il fatto che i risultati ottenuti differenzino campioni attribuiti ad una stessa officina e individuino differenti nuclei di aggregazione dei campioni per sito, fa ipotizzare che possa essere più ragionevole ipotizzare uno spostamento del pittore tra i principali siti apuli, in ragione delle diverse committenze aristocratiche locali, in un contesto quindi di produzione locale parcellizzata.
Bibliographie
Canosa 2007: M.G. Canosa, Una tomba principesca da Timmari, in MonAnt, 65, Roma, 2007 (Ser. Misc.,11).
Corrente 2004: M. Corrente (dir.), 1912 un ipogeo al confine: la tomba Varrese, Canosa di Puglia, 2004.
De Juliis 1992: E.M. De Juliis, La tomba del vaso dei Niobidi di Arpi, Bari, 1992.
Dell’Anna e Laviano 1991: L. Dell’Anna, R. Laviano, Mineralogical and chemical classification of Pleistocene clays from the Lucanian Basin (Southern Italy) for the use in the Italian tile industry, Applied Clay Science, 6, 1991, p. 233-243.
Laviano e Muntoni 2007: R. Laviano, I.M. Muntoni, Analisi archeometriche sulle ceramiche a figure rosse dalla tomba 33 di Timmari: provenienza delle materie prime e tecnologie di manifattura di alcune opere del Pittore di Dario, in M.G. Canosa, Una tomba principesca da Timmari, in MonAnt, 65, Roma, 2007 (Ser. Misc.,11), p. 179-205.
Mangone et alii 2008a: A. Mangone, L.C. Giannossa, A. Ciancio, R. Laviano, A. Traini, Technological features of apulian red figured pottery, Journal of Archaeological Science, 35 (6), 2008, p. 1533-1541.
Mangone et alii 2008b: A. Mangone, L.C. Giannossa, A. Ciancio, R. Laviano, A. Traini, Indagini archeometriche sulla ceramica apula a figure rosse proveniente da siti della Puglia centrale, in Ceramica e archeometria in Puglia, Atti del Seminario di Studi (Rutigliano, 22 Gennaio 2005), Rutigliano, 2008, p. 83-104.
Mangone et alii 2009: A. Mangone, L.C. Giannossa, G. Colafemmina, R. Laviano, A. Traini, Use of various spectroscopy techniques to investigate raw materials and define processes in the overpainting of Apulian red figured pottery (4th century BC) from southern Italy, Microchemical Journal, 92, 2009, p. 97-102.
Mangone et alii 2010: A. Mangone, L.C. Giannossa, M.C. Caggiani, R. Laviano, V. Redavid, A. Traini, Late red figured pottery from Egnatia (Southern Italy): Attic tradition and Apulian technological innovation, in Proceedings of 4th International Congress on “Science and Technology for the safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin” (Cairo, 06-08 Dicembre 2009), Napoli, 2010, vol. I, p. 321-326.
Mangone et alii 2011: A. Mangone, L.C. Giannossa, G. Colafemmina, R. Laviano, V. Redavid, A. Traini, “Gnathia” and Red Figured pottery from Apulia: continuity of a production technology, in Proceeding of the 37th International Symposium on Archaeometry (Siena, 12-16 Maggio 2008), Berlino, 2011, p. 99-104.
Mangone et alii 2013: A. Mangone, M.C. Caggiani, L.C. Giannossa, G. Eramo, V. Redavid, R. Laviano, Diversified production of red figured pottery in Apulia (Southern Italy) in the late period, Journal of Cultural Heritage, 14, 2013, p. 82-88.
Notes de bas de page
1 Si rimanda a Giacobello 2013a e a Giacobello 2013b, con bibliografia precedente.
2 Gli autori desiderano ringraziare Claude Pouzadoux, Direttrice del Centro Jean Berard di Napoli, che si è resa promotrice di questa collaborazione scientifica, Teresa Elena Cinquantaquattro, allora Soprintendente Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, per averla autorizzata, e Luigia Melillo e Mariateresa Operetto, del Laboratorio di Conservazione e Restauro del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, per il sostegno scientifico e la disponibilità. Il testo è stato licenziato per la stampa nel 2014.
3 Laviano e Muntoni 2007; Mangone et alii 2008a; Mangone et alii 2008b; Mangone et alii 2009; Mangone et alii 2010; Mangone et alii 2011; Mangone et alii 2013.
4 La sua fattura recente era stata già verificata mediante datazione per TL (tecnica fine-grain) effettuata nel 1993 presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano (Luigia Melillo, com. pers.)
5 Melillo e Operetto 2013a; ved. il contributo di G. Prisco in questo volume.
6 Melillo e Operetto 2013a; ved. il contributo di G. Prisco in questo volume.
7 Melillo e Operetto 2013a; Melillo e Operetto 2013b.
8 Dell’Anna e Laviano 1991.
9 Laviano e Muntoni 2007; Mangone et alii 2008a; Mangone et alii 2008b; Mangone et alii 2010.
10 È stato recentemente avviato un programma di caratterizzazione archeometrica su produzioni a figure rosse provenienti dall’area dell’Arsenale Militare di Taranto, su autorizzazione del Soprintendente Archeologo della Puglia, Luigi La Rocca, e in collaborazione con Antonietta Dell’Aglio e Amelia D’Amicis del Museo Archeologico Nazionale di Taranto.
11 De Juliis 1992.
12 Corrente 2004.
13 Canosa 2007.
Auteurs
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
annarosa.mangone@uniba.it
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
rocco.laviano@uniba.it
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
lorenacarla.giannossa@uniba.it
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia
italomaria.muntoni@beniculturali.it
Le texte seul est utilisable sous licence Licence OpenEdition Books. Les autres éléments (illustrations, fichiers annexes importés) sont « Tous droits réservés », sauf mention contraire.
Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
Ettore Lepore, Jean-Pierre Vernant, Françoise Frontisi-Ducroux et al.
1984
Nouvelle contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
La céramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe siècle en Italie centrale et méridionale
Centre Jean Bérard (dir.)
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 1
Pier Giovanni Guzzo, Renato Peroni, Giovanna Bergonzi et al.
1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 2
Giovanna Bergonzi, Vittoria Buffa, Andrea Cardarelli et al.
1982
Il tempio di Afrodite di Akrai
Recherches sur les cultes grecs et l'Occident, 3
Luigi Bernabò Brea
1986