L’Asia Minore e l’approvvigionamento in grano di Roma
p. 305-321
Résumés
L’Asia Minore non ha mai avuto un ruolo significativo nei rifornimenti granari di Roma, né in età repubblicana, né in età imperiale. Al contrario, testimonianze epigrafiche segnalano momenti di difficoltà per la provincia, attribuiti, nella bibliografia moderna, in parte alla scarsità della produzione locale, in parte al venir meno di rifornimenti esterni, soprattutto egiziani, per effetto della politica di Roma. I dati archeologici oggi disponibili — per quanto scarsi-insieme ad una rilettura dei testi, suggeriscono viceversa l’immagine di un paese relativamente autosufficiente, in cui le crisi segnalate dipenderebbero non dalla diminuzione della produzione, ma dall’aumento del consumo.
Asia Minor has never played a significant role in the grain supply of Rome, neither in the Republican nor in the Imperial age. On the contrary, epigraphic evidence indicates difficult times for the province, attributed, in the modern literature, in part to the scarcity of local production, in part to the failure of excternal supplies, especially Egyptian, as a result of the policy of Rome. The archaeological data available today-few as they are-together with a re-reading of the texts, suggest vice versa the picture of a relatively self-sufficient country, in which the crises noted would depend not on the diminution of the production, but on the increase of consumption.
Texte intégral
1Può sembrare singolare, a prima vista, l’inserzione dell’Asia Minore in un convegno che studia il problema dell’approvvigionamento granario di Roma: dopo l’analisi degli apporti dell’Africae dell’Egitto1, veri granai dell’impero, la sua situazione non può sembrare altro che quella della parente povera, che chiede, piuttosto che dare.
2In effetti non è quale fornitrice dell’Urbe che la provincia viene presa in esame, ma piuttosto come campione dell’impatto che il rapporto privilegiato con Roma delle province su citate ha/non ha avuto sulla sua situazione interna2.
3Un rapido esame dello stato della questione rivela, apparentemente senza dubbi, che la provincia d’Asia non ha mai svolto un ruolo significativo, ο per meglio dire diretto, nei rifornimenti granari di Roma3 ; prova evidente il fatto che, a differenza di quanto era stato stabilito per la Sicilia, il tributo della provincia era esatto in moneta, apparentemente fin dalla sua prima riscossione4.
4L’analisi della documentazione disponibile-letterariae soprattutto epigrafica5 -, consente tuttavia di stabilire una differenza tra età tardo-repubblicanae imperiale.
5Cicerone, che si può considerare la fonte principale sull’argomento, riferisce come nel 44, all’indomani dell’uccisione di Cesare, i due responsabili materiali dell’assassinio fossero al lontanati da Roma con un incarico di cui Γ oratore sottolinea la scarsa importanza o, meglio, il carattere offensivo (Att., XV, 9, 1; 10, 5; 11; 12, 1): Bruto viene inviato in Asia, Crasso in Sicilia, per procurare grano da spedire a Roma6.
6Indipendentemente dalla sua interpretazione politica questo episodio costituisce l’unico caso esplicito di prelievo diretto dalla provincia, segno che almeno una volta l’Asia Minore è stata considerata,e ha potuto fungere, da fornitrice di Roma.
7Anche se, dato lo stato della documentazione disponibile, le ragioni della scelta dell’Asia restano oscure, ο quanto meno opinabili7, è possibile che non si tratti di un unicum; potrebbe esserne prova la stessa naturalezza con cui Cicerone cita i due paesi:e viene subito da pensare, come possibile precedente, alle attività di Pompeo, di cui è superfluo sottolineare i legami con l’oratore8.
8Pur in assenza di una menzione esplicita è possibile ipotizzare che già questi, in qualità di curator dell’annona (Cic., Att., IV, 1, 6-7; dom., 6ss. ; D. C., XXXIX, 9) abbia sfruttato la provincia in tal senso9.
9Il ricorso a fornitori inconsueti,e comunque occasionali, peraltro abbastanza ovvio per un potere che non ha ancora messo in piedi una verae propria organizzazione al riguardo (Pavis d’Escurac 1976;e infra nota 16), ha oggi una conferma dal fortunato rinvenimento di una iscrizione a Larisa: il koinon dei Tessali aderisce prontamente alla “richiesta” fatta nel 151 dall’edile Q. C. Metello, di inviare a Roma “quanto più grano è possibile”10.
10Di più difficile lettura appaiono i numerosi riferimenti che sempre Cicerone fa, in diversi passi dei suoi scritti, alla produzione granaria della provincia. Il fatto che l’oratore stigmatizzi l’operato di Verre, che nelle sue funzioni di questore in Asia pretendeva denaro invece del grano (2 Verr., I, 95), dovrebbe far pensare che questo, in buona parte, restasse disponibile per il consumo locale.
11Anche nel caso di veree proprie requisizioni, e/o altre forme vessatorie, come quelle imputate a Eraclide di Temno (Flacc., 42-51) non è comunque evidente quale fosse la destinazione finale dei cereali11. E verosimile ritenere che, piuttosto che essere inviato a Roma—ο oltre che essere inviato a Roma — il grano dovesse servire al governatore della provinciae al suo entourage, secon- ddo una prassi consolidatasi nel tempo.
12Se pure per l’Asia Minore non si dispone di citazioni esplicite sull’esistenza del frumentum in cellam, che la pratica fosse diffusa è intuibile dal confronto che Cicerone istituisce tra questa provinciae la Sicilia sempre a proposito dei sistemi adottati da Verre (2 Verr., III, 191).
13Una parte del prodotto locale, infine, doveva essere destinata all’esercito.
14La pratica delle requisizioni militarie la pesante incidenzache avevano sulla vita delle comunità cittadine sono testimoniate, ad esempio, da due documenti rinvenuti ad Afrodisia.
15Il più noto è il testo del Senatus Consultum de Aphrodisiensibus12, emanato nel 39/38 a. C.,e una cui replica fu incisa sul c. d. Archive Wall nel teatro della città caria, nel corso del III secolo d. C.13.
16Τra i benefici che vengono garantiti alla ci ttà per il suo leale comportamento nei confronti dei Romani sono libertà, diritto di asiloe immunità, quest’ultima esplicitamente estesa al grano: si dice infatti, con molta precisione, “che nessun magistrato ο promagistrato del popolo romano,e nessun altro, alloggi truppe presso di loro, nella città, nel territorio, ai confini dei Plaraseie degli Afrodisiei,e che né soldato né cavaliere, allo scopo di prendere vettovaglie per l’inverno, nessuno ordini che tali requisizioni abbiano luogo, né prenda, dai Plaraseie dagli Afrodisiei denaro, soldati, navi, grano, armi, imbarcazioni, né altro... ”. Se ne può dedurre che in precedenza,e la cosa certo non sorprende in un periodo di guerree di disordini, quale è stato, anche per l’Asia, il I secolo, ciò doveva essere avvenuto ο era comunque ritenuto possibile.
17Potrebbe dimostrarlo la dedica, di età tardo-repub-blicana (Reynolds 1982, doc. 30, 152-155), probabilmente relativa a Callicrate figlio di Molosso, esponente di una delle famiglie emergenti della città14, egli stesso sacerdote di Roma,e ricordato, tra le altre cose,“per aver partecipato alle guerre che hanno devastato il paese,e per aver procurato grano a sue spese in un periodo di grande carestia”: anche se il testo non lo dice, viene spontaneo mettere in relazione i due fatti, considerando, tra le devastazioni, non solo le possibili distruzioni di raccolti, ma anche la necessità del rifornimento dei combattenti.
18L’invio di grano a Roma dall’Asia Minore non è documentato invece in alcun modo per l’età imperiale15 e anche se. ancora una volta, potrebbe trattarsi semplicemente di un argumentum ex silentio, sembra comunque verosimile pensare che sia stato abbandonato il sistema estemporaneo di reperimento-un po’dovunque-delle quantità di cereali necessarie, a favore di una acquisizione che si potrebbe, modernizzando, definire specializzata, resa possibile dall’accresciuta disponibilità di risorse, conseguenza delle conquiste16. Al di là della diversità di opinioni dei moderni sulle date di inizio dello sfruttamento della produzione cerealicola nelle province interessatee delle percentuali relative di prodotto requisito17, va sottolineato che tali risorse non sono mai state comunque del tutto monopolizzate da Roma18.
19Nel caso dell’Asia Minore, è chiara la trasformazione, per quanto riguarda il grano, da provincia, sia pure sporadicamente, contribuente, a provincia, sempre sporadicamente, “assistita”.
20È significativo, come prova in negativo, che tra le tante merci che Trimalcione importa dall’Asia non figuri proprio il grano (Petron., 76)19. Né può essere casuale il fatto che Plinio, che pure conosce varietà di cereali asiatici (Plin., nat., XVIII. 49; 81-82), non includa l’Asia Minore tra le province esportatrici (ibid., 66-70) 2020.
21Se questo può costituire una prova della interruzione dell’eventuale flusso di cereali dall’Asia a Roma, alcune altre testimonianze mostrano una verae propria inversione della prassi.
22Il cambiamento della situazione può essere colto, ad esempio, in alcune vicende che turbano la vita della ricca capitale della provincia, Efeso, vicende il cui ricordo si è trasmesso attraverso una serie di documenti epigrafici.
23Nel 128 Adriano21 autorizza la città a rifornirsi di grano dall’Egitto con un decreto estremamente illuminante sui meccanismi degli approvvigionamenti: “è chiaro che voi (Efesini) farete uso prudente di questo accordo, avendo in mente che è necessario che per prima la città imperiale abbia assicuratae riunita un’abbondante quantità di grano per le sue necessità, cosicché poi anche le altre città possano ricevere abbondanti provviste. Se, come preghiamo, il Nilo avrà una piena del livello abitualee gli Egiziani produrranno un ricco raccolto di grano, allora voi sarete tra i primi dopo la patria” (trad. Garnsey 1988, 255).
24L’accesso alla produzione egiziana è quindi possibile, sempre dopo, ovviamente, che a Roma sia stata assicurata la quantità di rifornimenti necessaria22, e con il beneplacito dell’imperatore.
25Che non si trattasse comunque di un privilegio esclusivo della capitale della provincia è dimostrato, oltre che dal testo citato, da due iscrizioni della non lontana città di Tralles, che, sempre per lo stesso periodo, testimoniano di altre importazioni di grano dall’Egitto23.
26In entrambi i casi si tratta comunque di interventi di emergenza, che possono giustificare provvedimenti eccezionali (Pavis d’Escurac 1976; 1987 ; Frézouls 1991).
27Allo stesso modo si deve considerare un caso isolato, ο comunque non regolare, il passaggio della nave Iside per le coste licie dell’Asia Minore (Luc., Nav., 7), sempre nel corso del II secolo24. La possibilità che la nave scaricasse grano di provenienza egiziana, ipotizzata sulla base della ricostruzione della rotta proposta da L. Cassone sulla base della vicinanza dei granai — adrianei-di Myrae Patara, potrebbe sostenersi in relazione a rifornimenti eccezionali quali quelli appena citati25 ; non sembra molto convincente viceversa pensare ad un traffico regolare26, dato il modo in cui viene descritto il viaggio27. Al di là delle esigenze dei genere, si insiste troppo sulla eccezionalità dell’avvenimento, perchè si possa accreditare la tesi che si trattasse comunque di una rotta abituale, collegante Alessandria con Roma, via Asia Minore28.
28Si potrebbe quindi concludere, pur tenendo conto dei rischi insiti in ogni generalizzazione, che la provincia. lungi dall’entrare in causa come produttrice-fornitrice, sia al contrario bisognosa di aiuto, vale a dire di importazioni del necessario dall’esterno.
29Gli aiuti chiesti a Roma investono un altro ordine di problemi, la cui soluzione sembra spettare, sempre comunque in maniera estemporanea, ai governatori della provincia.
30Ancora da Efeso proviene il decreto di un proconsole d’Asia, databile alla fine del II secolo d. C., con il quale si prendono provvedimenti per mettere fine ad una agitazione di panificatori — athrasias ton artokopon29 — che le autorità cittadine non riescono evidentemente a risolvere (IvE 1979, 215).
31Nello stesso senso si può leggere la richiesta di intervento rivolta al governatore della loro provincia dagli abitanti di Antiochia di Pisidia, perché obblighi gli accaparratori, in un momento di grave difficoltà, a mettere sul mercato a prezzo “politico” il grano evidentemente imboscato30.
32Si tratta però, in tutti i casi citati, di momentie avvenimenti particolari; in situazione normale, sono le autorità cittadine a preoccuparsi tanto dell’acquisizione quanto della gestione dei rifornimenti necessari31.
33Un gran numero di iscrizioni, soprattutto onorarie, illustra, con maggiore ο minore varietà, le benemerenze di quelli che genericamente, per rapidità, si possono chiamare fornitori di grano-ma che in età imperiale vengono chiamati, più nobilmente trophei -, che hanno reso possibile con il loro intervento il rifornimentoe soprattutto la vendita a prezzi accessibili, di questa fondamentale materia prima32.
34Dai molti elementi che questa documentazione fornisce emerge un dato significativo; il grano era per lo più disponibile; il vero problema non era costituito quindi dalla penuria, ma dal prezzo con cui lo si immetteva sul mercato33.
35L’esistenza di questi “benefattori” non costituisce certo una novità34 : al contrario, la presenza ed il significato del loro ruolo, accanto agli agoranomi, sono stati giustamente sottolineati come elemento caratterizzante delle città ellenistiche35, in ogni caso tipico delle città greche, ο di tradizione greca, che si conserva, sia pure con qualche modifica, durante la dominazione romana.
36La formula più diffusa nelle iscrizioni, ripetuta con monotonia, è quella in cui la città ringrazia l’evergete per il rifornimento di grano a basso prezzo (SIC, 354; cfr. Strubbe 1987): come si vede l’elemento dominante è quello del costo.
37Note,e ben studiate per l’età ellenistica, sono anche le cause all’origine della sitodeia. Se certamente sono da annoverare tra queste eventi naturali ο particolari situazioni politichee militari, si può tuttavia affermare che in genere la scarsità di granoe più in generale di cereali36, pur attraverso manifestazioni anche abbastanza diverse tra loro, è conseguenza di fenomeni di speculazione, ο comunque indotti37.
38Non è casuale che il termine comunemente impiegato per indicare tali situazioni sia appunto sitodeia (“penuria”), e che solo raramente venga impiegato limos (“fame”, ma anche “carestia”) (Jameson 1983).
39Ne consegue che le oscillazioni delle disponibilità che costituiscono il dato più evidente della documentazione antica, in particolare per l’area geografica in esame, non possono-almeno non sempre-essere imputate alla scarsa fertilità del suoloe quindi ad una congenita necessità di rifornimenti esterni.
40Decisamente scarse sono, viceversa, le informazioni disponibili sui luoghi di provenienza dei rifornimenti.
41Data per scontata l’impossibilità dell’autarchia dell’Asia in materia, le ipotesi moderne più diffuse tendono a dare un ruolo di primo piano, tra i paesi fornitori, per l’età ellenistica, all’Egitto, la cui produzione avrebbe rimpiazzato quella, a quel che sembra fortemente diminuita ο in ogni caso non più disponibile, proveniente dalle regioni del mar Nero38. A favore di questa teoria viene portato il riconoscimento degli stretti legami di Rodi con l’Egitto39, che, per quanto riguarda il grano, sono testimoniati, ad esempio, dalla fornitura fatta ad Efeso di grano egiziano, venduto a basso prezzo, da Agatocle rodio40 ; è proprio su questo presupposto che si fonda l’ipotesi ulteriore che lega lo stato di penuria riscontrabile in Asia Minore in età imperiale all’impossibilità di usufruire delle risorse egiziane, praticamente monopolizzate da Roma dopo la conquista41.
42Se è indubbio che il grano egiziano ha una forte presenza sul mercato microasiatico — e, come è stato giustamente messo in rilievo (Rathbone 1983), ciò si deve anche in buona parte alla necessità per i Tolomei di acquisire beni in Egitto non disponibili — sembra difficile, tuttavia, non prendere in considerazione l’esistenza, per lo stesso periodo, di interessi rodii —e più in generale greci — nel mar Nero, testimoniati, tra gli altri, da Polibio (IV, 38)42.
43In ogni caso, la quasi totale assenza di notizie, se non può far escludere del tutto la pratica di approvvigionamenti da zone lontane, certo non esclude neppure la possibilità di un sistematico sfruttamento delle risorse “regionali”43 ; in questo senso è stata letta di recente la dedica di Samotracia a Ippomedonte (Syll., 3, 502), in cui, dopo i ringraziamenti per le sue svariate benemerenze nei confronti dell’isola, gli si domanda l’autorizzazione a rifornirsi di grano nei vicini territori del Chersoneso tracico44.
44Sebbene in genere negli studi sull’economia della provincia l’accento sia messo su altri aspetti delle produzionie risorse, non va trascurato il fatto che l’Asia Minore è una terra fertile; per tutti, esemplare può essere l’opinione di Cicerone, che sottolinea come le entrate delle province siano in genere appena sufficienti a coprire le spese della loro protezione, mentre Asia Minore è così ricca per la fecondità del suo suolo, la varietà dei prodotti, la grandezza degli allevamenti, la moltitudine dei prodotti esportati, che ha senza dubbio la superiorità su tutti i paesi” (de Imp. Cn. Pomp., VI, 14)45.
45I cereali, tra cui evidentemente anche il grano, occupano buona parte di questa produzione.
46Lo studio geo-morfologico del Philippson (1910-1915), che resta, in buona parte, insuperato46, evidenzia appunto come le diverse regioni componenti la provincia siano, pur in diversa misura, produttrici di grano, come del resto testimoniano anche isolate citazioni nelle fonti.
47Così, nello pseudo-erodoteo Bios Homerou47 si legge che“infatti Smirne era un emporioe molto grano era esportato di lì, [dopo essere stato] importato in gran quantità da tutte le regioni circostanti” (Ps-Hdt., vit. Horn.. 57-59). E anche Samo, per quanto sia, secondo la definizione di Apuleio, ager frumento piger, resta tuttavia un’isola “frugifera” (Apul., flor., 15) 4848.
48Allo stesso modo appare significativa la generosità dei re pergameni che si manifesta attraverso invìi di grano a Cizicoe Sicione49, Miletoe persino Rodi50.
49In questi ultimi due casi, tuttavia, i doni hanno uno scopo del tutto particolaree di notevole significato perché, oltre a confermare la produttività dei territori pergameni, sembrerebbero mostrare che le elargizioni alle città, anche quando erano in grano, non servivano necessariamente alla sussistenza: a Mileto i cittadini onorano Eirenias, perché convinse Eumene a regalare grano alla città, in modo che con i proventi della vendita si potesse finanziare la costruzione del ginnasio (Hansen 1971, 395) ; per Rodi, Polibio racconta che “i Rodii, sebbene per altri aspetti salvaguardassero la dignità del loro Stato, secondo me si compromisero leggermente accettando da Eumene 280 000 medimni di grano da destinare alla vendita, onde pagare, con gli interessi sui proventi, salari ai maestrie tutori dei loro figli” (Polib., XXXI, 31; cfr. anche D. S., XXXI, 36)51. Poiché in generale questo tipo di sovvenzioni era in denaro (Walbank 1979, 514-515) sembra legittimo dedurne una conferma, per altra via, delle osservazioni che si possono ricavare dal territorio sulle autonome possibilità di sostentamento.
50A differenza di quanto è avvenuto altrove, l’archeologia del territorio è, in Turchia, di applicazione recente52. Mancano, ad esempio, studi sulle divisioni delle proprietàe viene ancora messa in discussione la possibile esistenza di catasti ο altre forme di registrazione dei terreni destinate a facilitare la riscossione dei tributi, nonostante che dalle fonti sia possibile intuirne la realtà fin dal momento della dominazione lidia53 e nonostante alcune scoperte significative come gli horoi tardo- tardo-ellenistici dal territorio di Aigai54.
51Ricerche sistematiche possono -e in qualche caso cominciano-comunque a fornire elementi sufficienti a confermare ο modificare le ricostruzioni abitualmente proposte. Così anche per quella regione, che, per tornare al Philippson, costituirebbe, in un quadro di autarchia, l’unica eccezione, cioè la Caria, proverbialmente “povera” (Hornblower 1982, 6e n. 19).
52Sulla base dei risultati finora ottenuti nel corso di ricognizioni nel territorio della città caria di Iasos55, è possibile, ad esempio, suggerire una diversa interpretazione della sua situazione economica.
53Valorizzando in misura eccessiva, forse al di là delle intenzioni dello stesso autore, il passo in cui Stradone afferma che a causa della stenochoria sono il maree più in particolare il pesce elementi fondamentali per la sussistenza degli Iasii (Strabo, XIV, 2, 21 C658), i moderni arrivano in alcuni casi addirittura a dimenticare l’esistenza di un entroterra della città56. Al contrario, questo appare fittamente occupato. In particolare, ricognizioni effettuate nel settore nord-ovest del territorio, in quella fascia cioè che unisce la città a Mileto, hanno portato all’individuazione di fattorie ai margini di aree oggi destinate a colture anche cerealicole, che, pur se non assicurano di una analoga destinazione nell’antichità-che solo il prosieguo della ricerca potrà verificare-confermano in ogni caso l’utilizzazione del territorio a fini agricoli (Benoit 1993).
54Prima quindi di trarre troppo rapide conclusioni sulla necessità, congenita, per l’Asia Minore, di rifornimenti esterni, sarebbe necessaria una più accuratae generalizzata analisi dei modie delle forme di sfruttamento del territorio.
55È proprio la sorte che Iasos in particolare, e la Caria più in generale, subiscono nelle fonti, a consentire di affrontare da un altro punto di vista il problema.
56Polibio (XVI, 24) racconta come Filippo V, bloccato con il suo esercito sulla costa caria, presso Bargylia (vicino, quindi, a quel mare tanto celebrato) facesse nutrire i suoi soldati talvolta di carne, tal volta di fichi, e solo poco di grano che scarseggiava, il tutto, comunque razziato dai centri vicini (Walbank 1967)57.
57Piuttosto che interpretare questo dato come segno della povertà della regione che in quel particolare momento storico può essere imputabile alle cause più diverse — non va dimenticato che si è in guerra—, si può viceversa dedurre, oltre all’abbondanza nella zona di quei frutti — cosa vera ancora oggi-che i soldati si uniformassero agli usi alimentari dei contadini.
58L’idea che il pane sia nutrimento base dei poveri, sebbene riconosciuta ormai come falsa, in quanto conseguenza del ruolo dominante di questo alimento nella dieta moderna, è in realtà dura a morire,e finisce col falsare la ricostruzione storica58.
59Il “mangiarpane”-e cereali in genere59 -caratteriz- za senza dubbio la polis fin dalla sua formazione, e che non si tratti di un topos letterario lo dimostrano le numerose iscrizioni citate. Dalla tradizione letteraria è possibile altresì dedurre che il grano,e più generalmente i cereali, hanno sempre goduto, in Asia Minoree più largamente in Anatolia, di una sorta di monopolio, ο comunque di una attenzione particolare da parte dei diversi poteri centrali che si sono succeduti nel tempo.
60La lettura di documenti ittiti ha consentito di ricostruire, ad esempio, che i cereali “nobili” erano appannaggio del palazzo, e, cosa anche più significativa, delle divinità, cui venivano offerti con rituali complessi60.
61Alla qualità del cibo si aggiunge anche la sua abbon- danza, come dimostra la preghiera rivolta da Mursili II agli dei in occasione di una pestilenza che devastava il regno; il sovrano chiede alle divinità di allontanare il flagello, “altrimenti moriranno anche gli addetti a offrire il panee le libagioni, né ci sarà alcun altro (per fare ciò) ” il che, si deduce, sarebbe molto grave, poiché “così come l’uomo ha bisogno di cibo ogni giorno, gli dei hanno bisogno di una fresca porzione di’ninde’ogni giorno”61.
62A questi dati si possono aggiungere, pur tenendo conto delle debite differenze, quelli, più abbondanti, sulle abitudini alimentari delle società della Siria preclassica62.
63Ad Uruk, ad esempio, alle divinità spettano due pasti al giorno63, e anche se non si è in grado di precisarne la composizione, appare più che probabile che il grano ο per meglio dire il pane, ne sia parte integrante.
64Stando alle conclusioni di L. Milano (1981, 1985, 1990) il consumo di grano,e più in generale di cereali, costituisce in effetti un segno di privilegio sociale: l’orzo che è la base delle razioni alimentari del personale del palazzo è escluso dalla dieta del Re;e questo carattere di privilegio si ritrova anche se si passa a considerare la quantità dei consumi ricostruibili: a una dieta di circa 3000 calorie giornaliere per i funzionari di Mari, costituita appunto essenzialmente di cereali,e considerata quantitativamente sufficiente anche se qualitativamente discutibile, si contrappone, a Ugarit, dove le notizie riguardano invece i villaggi, una dose di 500 grammi di cereali per persona, dose decisamente bassa, che necessitava di una integrazione con altre vivande, quali legumie frutta secca (Ellison 1981).
65Non sembra quindi inverosimile ipotizzare un accentramento della produzione cerealicola intorno al palazzo anche per il mondo ittita, con una differenziazione netta con la campagna.
66A parte casi particolari di continuità nel rituale in età ellenistica, documentati dalle citate tavolette del tempio di Anu a Uruk (cfr. supra n. 63) questo particolare valore del pane si ritrova, sempre in Anatolia, in un momento del tutto diverso, cioè durante la dominazione persiana.
67Nell’excursus consacrato a Temistocle alla fine del I libro (138) Tucidide racconta come l’Ateniese, grazie alla sua intelligenzae agli acuti consigli, conquisti il favore del Gran Re, che riconoscente “gli dà tre città: Magnesia per il pane, Lampsaco per il vino, Miunte per il companatico” (abitualmente identificato con il pesce).
68L’episodio, ben noto, è stato ed è tuttora oggetto di discussione, in particolare per quanto concerne il problema del significato da attribuire al dono di città, la cui interpretazione più verosimile sembra escludere la cessione verae propria di territori da parte del Re ma semplicemente sancire il privilegio di usufruire delle rendite — ο di una parte delle rendite — delle città “donate”, come dimostra il confronto, ad esempio, con i villaggi di Parisatide, regalati (alla regina) “per la sua cintura” (Xen., An., I. 4, 9)64.
69Oltre che ribadire la ricchezza cerealicola della regione65, il passo tucidideo fornisce una ulteriore prova che il cibo,e più particolarmente il pane, erano visti come elementi di tryphe, giacché sembra escludersi, dato il contesto dell’episodio, che il dono riguardasse generi di prima necessità66 ; i tre alimenti citati, che nell’insieme costituiscono la base di un pranzo ricco, fanno pensare appunto alla tavola del Ree al prestigio socialee simbolico del banchetto: fare questo dono a Temistocle significa consentirgli di vivere da potente,e metterlo in condizione a sua volta di ricevere i suoi ospiti regalmente, alla maniera, cioè, del Re.
70In tempi più vicini, due documenti epigrafici in particolare mostrano il persistere da un lato di forme monopolistiche della gestione dei cereali, dall’altro del carattere di privilegio legato al suo consumo.
71Il primo, una lettera di Antigono ai cittadini di Teos, datata tra 306 e 302 a. C. (Syll., 3, 344), è stato interpretato come il tentativo, poi abbandonato, di imporre un monopolio a città almeno in teoria libere67.
72Gli ambasciatori di Lebedo dopo aver dichiarato al Re, che praticamente ordina loro il sinecismo con Teos, che fino ad allora era stata necessaria la somma di 1400 stateri d’oro per il rifornimento di grano, “affinché chiunque voglia possa prendere questo denaro in prestito (con garanzia) per importare grano in cittàe venderlo dovunque egli voglia per un periodo di un anno, al termine del quale dovrà restituire il prestito con gli interessi... ”, gli fanno presente che, in conseguenza della nuova situazione tale somma dovrebbe essere aumentata. Il Re risponde, abbastanza seccamente, “che non vuole che ogni città abbia diritto di importare grano, costituendosi così delle riserve, né vuole che le città spendano inutilmente larghe somme di denaro a questo scopo, visto che il territorio tributario - phorologoumene chora — è vicino, sicché se c’è bisogno di grano lo si può prendere da lì” (11. 80-85).
73Risulta evidente dall’iscrizione che i prodotti della chora basilike non sono quindi, ο almeno non del tutto, destinati al consumo sul posto; che ciò avvenga per motivi filantropici ο per interesse (cfr. n. 67), è evidente che il Re vuole vendere il grano prodotto nelle sue terre e le città greche sono considerate gli acquirenti ideali. D’altra parte Antigono non sembra essere il solo ad aver praticato questa politica, come dimostra una dedica degli abitanti di Apollonia del Rindaco a Korragos. Questi, tra gli altri benefici elargiti alla città, come il dono di vittime per i sacrifici, “... avendo richiamato su questo (problema) l’attenzione del Re-in questo caso un Attalide-si è fatto accordare grano da seminaree per l’alimentazione”68 : segno che le riserve di grano sono della corona, o, in ogni caso, che nessuna distribuzione può essere fatta senza esplicita autorizzazione del Re.
74Il secondo documento, datato al 200 a. C. ca., è la legge sul grano di Samo (Syll., 3,976), testo ben noto la cui interpretazione resta tuttavia ancora aperta a discussione.
75Si tratta della costituzione, con un procedimento che appare piuttosto farraginoso, di un fondo, costituito con gli interessi sul denaro raccoltoe dato in prestito, da destinare all’acquisto di grano da distribuire poi gratuitamente69.
76Dopo aver stabilito minuziosamente le modalità di prestito, si elencano, con altrettanta precisione, quelle di acquisizionee distribuzione del grano.
77Anche in questo caso “hoi epi tou sitou” non sono liberi di cercare il grano dove vogliono, ma “devono acquistare in primo luogo quello raccolto come vicesima delle terre di Anaiae devono pagare alla dea un prezzo non inferiore a quello già fissato dal demos (11. 22-27) ”. Se poi avanza del denaro,e si decide di comprarne dell’altro, si può comprare ancora da Anaia, ma questa volta a prezzo libero, a meno che il demos non decida altrimenti.
78Gli incaricati dell’approvvigionamento dovranno distribuire tutto il grano comprato a quei cittadini che risultano residenti alla chiliastia, dando liberamente ad ogni cittadino ogni mese due metra ; le distribuzioni, che possono continuare per un massimo di tre mesi, fin quando c’è grano disponibile, riguardano anche cittadini temporaneamente assenti, a condizione che rientrino in patria entro i limiti di tempo prescritti. Sempre gli incaricati devono inoltre compilare registri degli aventi diritto, ordinati per chiliastie (11. 53-73).
79Il disaccordo tra gli studiosi, data la genericità del termine usato per l’unità di misura — metra — riguarda la quantità da distribuire e, in conseguenza, il numero dei destinatarie la loro condizione e/o posizione sociale (Austin 1981, n. 40 ; Fantasia 1986 ; Shipley 1987 ; Garnsey 1988, 81-82).
80Se, con una interpretazione più ristretta, si immagina che la misura corrisponda a due medimni, da darsi,e in ogni caso ai soli residenti, ogni mese, fino a disponibilità del fondo, ciò, confrontato con le possibili somme raccolte, riduce sensibilmente il numero dei destinatari70.
81Viceversa, se si accetta l’interpretazione più larga, che fa corrispondere la misura al choinix, si riducono le quantità distribuitee si rende quindi possibile un numero più alto di aventi diritto71 ; poiché la quantità che si riceve è minore, ne risulta che questa distribuzione non può avere lo scopo di coprire il fabbisogno alimentare dei destinatari, ma costituisce un veroe proprio extra.
82In nessuno dei due casi il testo lascia comunque la possibilità di una interpretazione del sistema come misura filantropica nei confronti dei meno abbienti72, visto che secondo i calcoli recentemente effettuati sulla dieta antica le quantità ipotizzate non sarebbero comunque sufficienti al totale fabbisogno alimentare di una sia pur piccola famiglia (cfr. Foxhall 1982 ; Garnsey 1988).
83Al contrario, sembra di potersene ricavare un sostegno per l’ipotesi di una differenziazione dei consumi all’interno delle stesse comunità cittadine, anche se non chiara resta la natura dei criteri di selezione.
84L’iscrizione contiene un altro elemento di grande interesse, il fatto, cioè, che la scelta del luogo dove rifornirsi non è libera: precedenza, e in certa misura esclusività ha, come si è visto, il grano consegnato come “vicesima alla dea” dalle terre di Anaia. La località, situata nella Perea samia, costituisce tuttavia proprietà del santuario di Era73.
85Lo sfruttamento di queste terre sacre deve evidentemente sopperire, almeno in parte, al sostentamento del santuario. Il ruolo esclusivo del territorio di Anaia non dipenderà quindi tanto dal fatto di essere la sola zona fertile della Perea74, cosa peraltro difficilmente sostenibile se si considera il quadro geografico ambientale, ma da una preordinata organizzazione delle colture in vista appunto della loro successiva utilizzazione.
86Senza entrare nel merito della spinosa discussione sull’organizzazione delle terre sacre (cfr. da ultimo Debord 1982; Boffo 1985 ; Corsaro 1985), e del loro rapporto con le città, sembra tuttavia evidente che la specializzazione delle produzioni nella maggior parte dei casi non può certo essere spiegata per necessità ο costrizioni naturali, marispondead una deliberata scelta di natura economica.
87Esemplare può essere considerato il caso di Pessinunte, di cui Strabone attesta la funzione emporica (XII, 5, 3 C567), cui sembra possibile collegare una produzione specializzata di attività manifatturieree calzaturiere75.
88In questo quadro l’assenza, per lo più, del grano, tra i prodotti delle terre sacre non è significativa di penuria, ma semplicemente di calcolo. E possibile che la sua commercializzazione non fosse poi tanto concorrenziale, dati i controlli che comunque venivano esercitati sui prezzi di vendita.
89Lo stato della documentazione non consente di stabilire in che misura i contadini legati a queste terre potessero approfittarnee comee da che cosa dipendesse il loro sostentamento76. Se pure, come è attestato in numerosi casi, le terre potevano essere date in locazione, sembrano significativi i pesanti limiti che comunque restavano connessi alla loro gestione. Come è stato osservato per Delo sulla base degli inventari delle proprietà affittate (Kent 1948), infatti, qualitàe quantità delle piante non cambiano nel corso di circa un secolo, cosa che può spiegarsi solo con una decisione del santuario, le cui motivazioni difficilmente possono sfuggire alla sfera economica.
90L’impossibilità di scegliere liberamente le piante da coltivare, qualunque sia lo statuto delle terre sacre, è dimostrata in maniera più esplicita da numerosi altri documenti epigrafici.
91Di estremo interesse in questo senso sono tre iscrizioni provenienti dalla Perea rodia (Fraser 1954, nn. 8-10)77, in cui agli affittuari delle terre sacre di Amos78 si impone, tra altre norme, di piantare vignee fichi (di cui si precisa anche la quantità), e si proibisce di vendere, ο comunque di portar fuori dalla proprietà, legno, fieno, paglia, pulae letame.
92Illuminante in questo contesto la proibizione che viene fatta, in un’iscrizione relativa al bosco sacro di Era samia, oltre che di tagliare gli alberi, tra le altre cose, di seminare (Sokolowski 1962, n. 81): se è necessario proibirlo, vuol dire che tentativi abusivi avevano luogo: forse per completare un’alimentazione scarsa79 ?
93Con quest’ultimo documento, datato al I sec. d. C., si è ritornati al periodo in discussione, nel quale a quanto si vede, le cose non sembrano molto cambiate.
94Una conferma ulteriore è offerta da alcuni passi di Galeno, particolarmente interessanti perché riferiti al periodoe all’area geografica in discussione, e che, al contrario delle testimonianze precedenti, affrontano in maniera esplicita il problema.
95In un passo spesso citato dell’opera dedicata alle qualità dei cibi il medico sottolinea (Gal., VI, 749) come, secondo una consolidata abitudine, in molte delle città soggette ai Romani, il grano venga inviato subito dopo il raccolto dalle campagne in cittàe i contadini siano costretti ad alimentarsi con cereali c. d. inferiori, in ogni caso descritti con toni dispregiativi80, fino ad esaurimento delle scorte, dopo di che devono accontentarsi addirittura di radici.
96Nonostante opinioni contrarie non sembra si possa mettere in discussione la forte differenza del livello di vita tra abitanti della città, anche poveri, e abitanti delle campagne, come, del resto, sulla base di fonti antiche (Dio Chrys., Or., 45) è stato più volte sostenuto (Cfr. Mac Mullen 1974 ; contro Garnsey, 1987).
97La difficoltà di accedere a quantitativi sufficienti di cereali è quindi una costante anche nell’età imperiale, tanto più che, come si è visto, mancano provvedimenti regolari al riguardo, da parte delle autorità cittadinee non. Il carattere episodico degli interventi, che siano conseguenza di atti amministrativi ο di evergetismo, non può essere messo in discussione neppure per una regione come la Licia, dove distribuzioni gratuite sono comunque attestate in grande quantità (Garnsey 1988, 262 ss. ; Pavis d’Escurac 1987; Frézouls 1991).
98Si tratta ancora una volta, di provvedimenti a carattere elitario.
99Esemplare specchio della situazione può essere considerata la lunga iscrizione rinvenuta a Xanthos nel 1980 (Balland 1981, 67), in cui si elencano tutti i provvedimenti presi da un ignoto benefattore, già identificato con il celebre Opramoas81, a favore del koinon dei Lici, di alcune città della Liciae in particolare di Xanthos. Tra questi si segnalano l’istituzione di un fondo per l’educazionee l’alimentazione di tutti i bambini figli di cittadini,e una distribuzione di grano, in quantità diverse a seconda di gruppi di appartenenza; da un lato bouleutai, gerousiastai e seitometroumenoi andres, favoriti da una più cospicua quantità, dall’altro gli altri cittadinie i meteci, che hanno diritto ad una quantità più ridotta, di un solo modio.
100Si tratta di un intervento relativamente comune82, tranne che per l’ingente somma impegnata,e soprattutto per il fatto che si ricorda l’esistenza di un gruppo particolare di persone, identificabili proprio perché beneficiarie di distribuzioni di grano regolari, come mostra il nome che le indica (alla lettera coloro che sono riforniti di grano).
101Importanti divergenze di opinione sono emerse nella identificazione di questi seitometroumenoi che, citati in un altra iscrizione da Tlos, (ΤΑΜ, II, 2, 11. 24-30) (dovesono 1 100) restano nei testi abbastanza indefiniti. Sia che si ammetta la loro diversità dai bouleutai (Balland 1981), ο viceversa questi ultimi vadano considerati anche seitrometroumenoi83, è evidente comunque che si tratta di un gruppo di notabili all’interno delle comunità, che si è organizzato per assicurarsi almeno una parte di cereali, verosimilmente secondo il sistema adottato, ad esempio, 450 anni prima dai Sami84.
102Sembra pertanto difficile ritenere, come fa invece A. Balland85, che si tratti dell’introduzione del sistema, nuovo per le province, delle frumentationes, consentito da autorizzazione imperiale86. Al contrario sembra un caso di continuità con la tradizione87, in particolare per la riaffermazione del privilegio insito nella consumazione del pane.
103Spia di un atteggiamento diverso,e in ogni caso di una situazione in evoluzione potrebbe essere considerata un’altra serie di documenti, relativi al santuario cario di Zeus Panamarios.
104Le dediche degli hierei del santuario, a partire dalla prima età imperiale, rivelano infatti il raggiungimento di una certa uguaglianza tra tutti i frequentatori.
105In molteplici occasioni, come la loro entrata in carica ο le feste di Zeus, questi illustri personaggi, secondo una prassi ben nota, offrono, tra le altre cose, banchetti senza distinzioni di beneficiari, comprese le donnee gli stranieri; l’insistenza su questo particolare nelle iscrizioni prova che si tratta di una novità (Laumonier 1958, 262 ss.).
106Sebbene il grano ο il pane non siano specificamente indicati nei testi più antichi è verosimile pensare che facessero comunque parte tanto dei pasti che delle distribuzioni; così avviene almeno in un caso: Cleobulo, figlio di Iason, agli inizi del III secolo, offre “... pasti da portare via, quando il medimno di frumento era caro... ” (Laumonier 1958, 272), cosa che potrebbe giustificare il riferimento puntuale, oltre che sottolineare la generosità del donatore.
107È possibile che si tratti di un caso particolare88, che può trovare tuttavia originee giustificazione nei peculiari rapporti stabilitisi tra il santuario carioe la vicina città di Stratonicea, fin dalla sua fondazione: nella misura in cui il santuario è diventato cittadino89, è verosimile ipotizzare che tra le due strutture si sia determinata anche una certa assimilazione, come il trasferimento, ο per meglio dire l’appropriazione, di alcune abitudini alimentari caratterizzanti, quali il mangiar pane.
108Vale a dire, per concludere, che è lo statuto cittadino a determinare il consumo del panee quindi la necessità del grano.
109Ciò può spiegare allora perché sia così ricca, in età imperiale, la documentazione relativa al grano, dall’approvvigionamento alla distribuzione: evidentemente non se ne trovava a sufficienza. Causa della scarsità tuttavia non è la perdita-come si è visto ipotetica — dei rifornimenti d’oltremare, ma l’accrescimento numerico dei consumatori, conseguenza di un probabile aumento demografico generalizzato90, ma anchee soprattutto del processo di urbanizzazione che l’Asia Minore ha conosciuto in età imperiale91.
110Non è quindi, ο non solo, il mutamento della situazione “internazionale”, ma anche la trasformazione del quadro interno ad aver creato o, piuttosto, accresciuto il problema, che in età ellenistica aveva avuto le sue radici.
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Notes de bas de page
1 Sul ruolo rispettivo delle due province è tuttora aperta la discussione; ad una preminenza dell’Africa, sostenuta da G. Rickman (1980, 67 ss.) si oppone, tra gli altri, Garnsey 1987; Garnsey 1988; cfr. inoltre le relazioni di G. Geraci e M. Christol, in questo volume.
2 In questi termini è stato impostato, per le province orientali, il problema da Casson 1954 ora ripreso, più in generale, da Pavis d’Escurac 1987; Garnsey 1987, 110 ss. e Garnsey 1988, 244 ss.
3 Concorde su questo punto la critica moderna: ESAR 1938, 573 ss. ; 872 ss. ; per un’analisi recente cfr. Rickman 1980a, 118-119; Garnsey 1988, passim.
4 Magie 1950, 164 ss. en. 14 ss. ; Garnsey 1988, 215-216; l’importanza dell’afflusso di denaro dall’Asia è alla base, ad esempio, delle misure graccane; che la riscossione avvenga in contanti non può essere elemento utile per sostenere la scarsità della produzione locale. Tale sistema, infatti, fu applicato, probabilmente già a partire dall’età augustea anche in Sicilia (Rickman 1980a, 65-66, 84), e non sembra che ciò vada collegato ad una diminuzione della produzione granaria dell’isola.
5 Difficilmente interpretabile, oltre che decisamente scarsa, la documentazione archeologica, in particolare per quanto riguarda il commercio, visto che il grano era trasportato in sacchi, quando addirittura non era stivato direttamente. Nonostante il ruolo che devono aver avuto, data l’importanza dei cereali nell’alimentazione, decisamente pochi sono i granai a tutt’oggi riconosciuti. Se per l’Asia Minore, dove gli edifici individuati sono concentrati in Licia tra Patara e Myra (Rickman 1971, 137-140), la cosa può sembrare più ovvia, data la conclamata scarsità della produzione, sorprendentemente basso è il numero di tali strutture sicuramente identificate in Africa ο in Egitto; è possibile che si tratti di una lacuna delle nostre informazioni, visto che anche per i magazzini l’uso di materiali da costruzione deperibili, come il legno, può averne reso difficile l’identificazione (Groenman-van Wateringe 1986). Per una analisi delle evidenze paleobotaniche, sia pure in contesti del tutto diversi, si veda ora Buchsenschutz 1985; Ferdière 1985.
6 Le lettere si datano dal 2 al 9/10 giugno del 44; era un incarico inferiore allo status dei due personaggi, e questo giustifica l’indignazione (Virlouvet 1985, 85); ma è evidente che si trattava soprattutto di un’abile mossa politica, grazie alla quale non solo Antonio tentava di allontanare da Roma i due pericolosi avversari, ma separandoli, scongiurava rischi di ulteriori intese (Beaujeu 1988, 157-159), a meno che non si voglia pensare che in questo modo potevano risollevarsi, rispetto al popolo, le sorti dei due cesaricidi.
7 Da mettersi in relazione a precedenti incarichi del personaggio, tra l’altro questore in Cilicia, probabilmente nel 49 (Plut., Brut., 4, 3).
8 Per non fare che un esempio, si veda la lettera in cui Cicerone ricorda a Pompeo le sue benemerenze (fam., V, 7); cfr., inoltre, Torelli 1982.
9 “Incaricato della organizzazione e della direzione dei rifornimenti inviò legati ed amici in molti luoghi - pollachou -, quanto a lui si imbarcò per la Sicilia, la Sardegna, la Libia e fece raccogliere e riunire il grano” (Plut., Pomp., 50); Pompeo, incaricato tes agoras e ricevuti venti assistenti dal Senato, “li distribuì in maniera analoga tra le province... ” (App., B. C., II, 18); anche se non c’è una precisa corrispondenza con il passo di Cicerone relativo a questo incarico, sembra abbastanza probabile che fonte plutarchea sia l’oratore. Sulla conoscenza di Cicerone da parte di Plutarco, Flacelière 1973,156 ss. ; in ogni caso l’Asia era una provincia ben nota a Pompeo cfr. infra n. 46; sul coinvolgimento dell’Asia, ESAR 1938, 573ss. ; sull’importanza e il significato della carica attribuita a Pompeo, Balsdon 1957, 16-18; Loposzko 1979;Rickmann 1980,passim; Frederiksen 1980-81 ; Garnsey 1983, 59 ss., Virlouvet 1985, 42 ss.
10 Garnsey 1984, con bibliografia; è verosimile pensare, con gli Autori, che si tratti di una vera e propria imposizione; quanto alla scelta della Tessaglia, giustificata solo in parte dalla relativa fama del grano locale, appare pienamente convincente l’ipotesi che la mette in relazione con i legami dei Metelli in genere e con il debito di riconoscenza contratto dai Tessali in particolare nei confronti di M. Cecilio Metello, zio dell’edile, che li avrebbe favoriti, ai danni dei Macedoni, al momento della divisione dei confini, nel 197.
11 Che Verre avesse l’abitudine di esportare “derrate” è esplicitamente detto a proposito della vicenda di Malleolo (II. l, 91), anche se si tratta comunque di una frase generica, che potrebbe non riferirsi al grano, di cui in ogni caso non viene data la provenienza.
12 Reynolds 1982, doc. 8 e 9; il documento è così chiamato anche se al primo posto figura ancora Plarasa. Sui rapporti tra le due comunità, cfr. da ultimo, Reynolds 1987; Pierobon 1987.
13 Come dimostrano i caratteri epigrafici da un lato (Reynolds 1982, 1991) e il fatto che si tratta di un periodo in cui la città ha ancora un ruolo importante e il teatro assume una funzione anche politica significativa (Roueché 1991), dall’altro.
14 Oltre il luogo citato, cfr. anche doc. 29 e 3 1. Sulla famiglia, un cui membro avrebbe contribuito all’abbellimento del teatro, Reynolds 1991, 16-17. La considerevole quantità di dediche di edifici pubblici rinvenuta in questo ricchissimo sito evidenzia, al di là di ogni ragionevole dubbio, il ruolo e l’attività frenetica dell’élite afrodisiense, oltre che della sua precoce adesione a Roma.
15 La funzione svolta dalla Licia come fornitrice di Roma (Wörrle 1975, 67-68; Balland 1981, 217 e nn. 336-338, che accentua forse al di là delle intenzioni degli autori citati questi aspetti) sembra difficile da accettare, almeno per l’età adrianea, in quanto mal si capirebbe che Adriano facesse spedire a Roma il grano licio, autorizzando nel contempo le città greche ad importarne dall’Egitto! (cfr. infra n. 21).
16 Sul graduale aumento dell’ingerenza dello Stato nel commercio del grano cfr. Carrié 1975; Pavis d’Escurac 1976; Cassou 1980; Rickman 1980b ; Garnsey 1983.
17 Oggetto di discussione sono tanto la trasformazione delle colture attuata in Sicilia, e la trasformazione del tributo in denaro, non necessariamente da spiegare con una crisi della produzione granaria (Rickman 1980a, 64-65), quanto la rilevanza del grano egiziano, ο viceversa la dominanza di quello africano (Rickman 1980a, 67-71; 231-235; 1980a) ; ulteriore problema è la possibile utilizzazione, già in età repubblicana, del grano egiziano, che sarebbe stato equamente venduto alle città greche e asiatiche, e a Roma; così Casson 1954 ; contra Garnsey 1987, 100-101. Sulla situazione siciliana cfr. ora Nicolet 1991.
18 Tra i casi più noti quello ricordato da Giuseppe Flavio, sull’invio di grano ad Erode, in tale abbondanza che il Re, a sua volta, poté aiutare le città vicine e i Siriani (Jos., AJ, 15, 299 ss. ; cfr. Garnsey 1988,255 ss.).
19 Allo stesso modo significativa può apparire l’assenza, almeno allo stato della documentazione, di mercatores frumentariiorientali e più precisamente asiatici, a Pozzuoli (Frederiksen 1980-81,25); per quanto ciò non possa far del tutto escludere un collegamento con il trasporto e la venditadi cereali, è viceversa certo che il grosso del commercio riguardava principalmente gli schiavi (Harris 1980; Musti 1980; Frederiksen 1980-81).
20 Tanto più se si considera che sua fonte è comunemente ritenuto C. Turranius,-citato dallo stesso Plinio a XVIII, 75-primo prefetto dell’Annona, a partire probabilmente dal 9 d. C. e ancora in carica durante il regno di Claudio (Frederiksen 1980-81, 26).
21 Knibbe 1964-65; Wörrle 1971; IvE 1979, n. 21 1 ; Garnsey 1988, 255 ss.); l’iscrizione, frammentaria, non conserva elementi utili all’identificazione dell’imperatore, resa tuttavia possibile da un’altro documento (IvE 1979, n. 274 = SIG 3, 839) in cui gli Efesi ringraziano Adriano per il grano egiziano loro concesso.
22 Ancora dall’Egitto arriva probabilmente grano a Efeso, per iniziativa di un governatore provinciale, secondo l’interpretazione che L. Robert (1948) dà dell’epigramma Keil 1942 e spesso citato in questo contesto; data la cronologia del testo, che si data all’inizio del V secolo d. C., tale testimonianza ha carattere tuttavia limitato, in considerazione dell’avvenuto mutamento della situazione.
23 CIG, 2927 = IvTN 1989, n. 80; l’iscrizione sarebbe relativa secondo Wòrrle (1971) alla seconda visita di Adriano, dopo il 129 ; così pure Halfman 1986, 139; 192-193. Sempre al II secolo si data l’iscrizione CIG, 2930 = IvTN 1989, n. 77, in cui viene ugualmente citato l’arrivo a Tralles di grano egiziano, ma in questo caso non c’è menzione esplicita del beneplacito imperiale. Non mi è riuscito di rintracciare alcun documento per un analogo provvedimento riferito a Cizico, citato in più occasioni da H. Pavis d’Escurac (1976,131 ; 1987, 128): le iscrizioni citate riguardano in entrambi i casi Efeso.
24 La vicenda, per quanto è possibile dedurre da riferimenti interni, si colloca tra il 159 e il 165, date probabili anche per la composizione del racconto; cfr. Husson 1970, 2-3.
25 La concentrazione delle testimonianze sul grano egiziano nel regno di Adriano si spiega ragionevolmente con i viaggi dell’imperatore, che lo mettevano in diretto contatto con i provinciali in difficoltà (così anche Garnsey 1988, 251 ss.).
26 L’ipotesi è avanzata da Rickman 1980a, 1 19 ; sui granai Rickman 1971,137-140; secondo Frézouls 1991, data lo loro posizione vicino al mare non è possibile decidere se raccogliessero derrate da importare ο da esportare; poiché la Licia è tra le regioni anatoliche una delle ricche in cereali si è pensato ad esportazioni verso Roma (cfr. n. 15); sorprende che non si sia pensato viceversa ad una destinazione ai mercati locali e regionali, decisamente più ovvia.
27 In particolare, contro Casson 1950 e Pomey 1981, che ritengono rispondenti a realtà le dimensioni attribuite da Luciano alla nave, Houston 1987 e Rickman 1989 sottolineano il loro carattere fantastico; si tratterebbe di un artificio per introdurre la parte successiva del dialogo, con i grandiosi sogni di ricchezza dei protagonisti.
28 Ad una rotta abituale, sia pure invernale, e quindi comunque riservata a casi particolari, pensa Casson 1950, che si fonda anche sulle vicende di S. Paolo, nel viaggio verso Roma. L’Apostolo, partito da Cesarea, arri va fortunosamente a Myra, dove viene fatto imbarcare su una nave oneraria alessandrina diretta a Roma (AttiApost., 27, 3 ; 38 ; 28,1 1). La sosta in Licia ha tuttavia carattere “eccezionale”, visto che la nave vi arriva spinta da venti contrari. Contro l’ipotesi di Casson cfr. Husson 1970; Anderson 1977.
29 Definita un vero e proprio sciopero da W. Η. Buckler 1904,30-31. Cfr. Merkelbach 1978, con proposte diverse di integrazioni. L’iscrizione era stata in precedenza attribuita a Magnesia sul Meandro.
30 Robinson 1924, 5; AEp. 1925, 227-237; l’episodio si colloca durante il regno di Domiziano, probabilmente nel 92 ο 93 d. C. ; cfr. Garnsey 1988, passim.
31 Cfr., da ultimo, Pavis d’Escurac 1987; Frézouls 1991.
32 ESAR IV 1938, 807 ; Jones 1940, 216 ss. ; Gara 1986, 105 ; Pavis d’Escurac 1987, 124 ss. Famoso, per il rilievodel protagonista, l’intervento di Apollonio di Tiana a Aspendos, in età tiberiana, sempre per risolvere problemi di lievitazione dei prezzi (Philostr., VA, 1, 15).
33 Un altro dato significativo riguarda le distribuzioni gratuite - dianomai -, che sono attestate, più ο meno sporadicamente, nella provincia (cfr. infra), e che avevano carattere diverso, come è stato di recente ribadito da H. Pavis d’Escurac 1987 e E. Frézouls 1991, da quelle urbane (van Berchem 1939 ; Virlouvet 1985 ; Garnsey 1988, con l’eccezione della Licia).
34 Heichelheim 1935 ; Moretti 1977, 355 ss. ; Fantasia 1984 ; Gauthier 1985. La scelta del termine vuole rendere conto del fattore individuale e privato che finisce per prevalere nelle azioni di questi personaggi, anche quando si tratta di magistrati nell’esercizio delle loro specifiche funzioni. Sul significato di queste particolari forme di evergetismo cfr. Pavis d’Escurac 1987 e Frézouls 1991.
35 Debord 1987, 31 sottolinea, ad esempio, come, tra le ragioni che determinano il moltiplicarsi delle concessioni di cittadinanza a stranieri siano da porsi gli aiuti in materia di cereali.
36 Sull’uso e il valore differenziato dei cereali le opinioni sono discordi (André 1981 ; Foxhall 1982 ; Garnsey 1988, 49 ss. ; Pucci 1989, 379 ss.); sembra indubbio che la differenza fosse ben presente alla mentalità e quindi anche alla consuetudine d’uso degli antichi; sul problema cfr. comunque infra e n. 80.
37 Ad una generale insufficienza della produzione rispetto alla domanda, per il mondo ellenistico, pensava Rostovtzeff 1941 ; anche in questo caso, tuttavia, la scarsità dipenderebbe da fenomeni indotti, quali le guerre, con la necessità del vettovagliamento di truppe, la distruzione dei raccolti, etc. Stando alle fonti sono poi, in ogni caso, decisamente limitati i casi di carestie imputabili a catastrofi naturali di grande portata, come nel caso della siccità che avrebbe causato la grande carestia del 330/326, cui sopperì Cirene, con l’invio a 46 città di 805 000 medimni di cereali (Tod 1948, 196). Sulle cause delle carestie, la loro percezione da parte degli antichi e i rimedi messi in opera, cfr. da ultimo Jameson 1983.
38 Casson 1954 ; Pippidi 1971, 98 ss., sottolinea i problemi relativi alla produzione e distribuzione del grano legati alle tormentate vicende politiche e sociali del periodo, ma evidenzia, d’altro lato, l’alto livello culturale e il grande afflusso di merci “straniere” nella Dobrugia; ripreso in Pippidi 1984 ; la stessa ambiguità in Stefan 1974, 1984. È in ogni caso di notevole interesse il fatto che, secondo la studiosa, le crisi dipendono soprattutto dai rapporti con le popolazioni dell’interno, e solo marginalmente vengono citati i pirati; cfr., infine, Lordkipanidze 1983.
39 Fraser 1972, 132 ss. ; sui problemi metodologici connessi cfr. Garlan 1983.
40 SIG3, 354 del 300 a. C. ; su Agatocle e la sua famiglia, apparentemente specializata nel commercio del grano, si veda Bresson 1980. Grano egiziano viene importato, al tempo di Tolomeo Evergete, anche ad Eraclea (FGH, 434 F 17, datato al 247-46 = FHG, III, 538, 25); si tratta comunque di episodi che sembrano rivestire carattere di eccezionalità.
41 Sulla effettiva data dell’inizio dell’utilizzazione a Roma del grano di provenienza egiziana cfr. n. 17.
42 Polibio descrive la situazione favorevole di Bisanzio per quanto riguarda i commerci, e dopo aver enumerato i prodotti che ne costituiscono la quantità principale, aggiunge: “per il grano facciamo degli scambi: ce ne danno in alcuni casi, e in altri lo ricevono da noi...” Questa testimonianza, che C. Préaux attribuisce a fonte rodia, riconoscendo nel soggetto appunto i Rodii (1978, 494 ss. ; 521), presenta una stretta analogia con quanto avviene nel resto del Mediterraneo, Egitto compreso (cfr. OGIS, 56; Will 1979, 182, su un acquisto di grano per l’Egitto); un incremento di anfore rodie nel Chersoneso tracico (Lazarov 1984) potrebbe suggerire un riesame della ricostruzione finora prevalente.
43 Il problema è evidentemente complesso, abbracciando da un lato il delicato aspetto dei rapporti tra città vicine, dall’altro quelli più generali del commercio su larga scala. Si pensi, ad es., al possibile ruolo svolto dalla Licia (cfr. supra nn. 15 e 26). È evidente che l’acquisto di grano oltre che in denaro-e qui possono chiaramente intervenire i benefattori-poteva essere negoziato e penso fosse il caso più comune se si crede a ri forni menti regolari-con altre merci; proprio il caso di Rodi dimostra come un importante ruolo negli scambi era svolto dal vino, come provano le enormi quantità di bolli d’anfora trovati un po’dovunque (Fraser 1972 ; Garlan 1983 ; Bresson 1986). Non è ragionevole pensare, del resto, che le navi onerarie facessero un viaggio senza carico ; sul problema delle merci di accompagno, cfr., ades., Morel 1983. Sulla possibile professione “mercantile” dei sitonai e più in generale degli evergeti, cfr. Garnsey 1983.
44 Gauthier 1979, con bibliografia precedente sull’edizione dell’iscrizione e la sua lettura. Il testo, a partire da Rostovtzeff 1941 era stato considerato testimonianza del monopolio lagide sull’esportazione di cereali. Sul problema generale si vedano Will 1979, 182;Bingen 1981.
45 Non è certo possibile credere che si tratti esclusivamente di propaganda: affermazioni del genere non potevano essere inventate di sana pianta, ma avevano almeno un fondo di verità, ο ritenuta tale, tanto più che, come è stato osservato (Torelli 1982), Cicerone esprime qui una concezione imperialistica dell’economia. È evidente, in ogni caso, che la situazione non doveva però essere identica in tutte le regioni della provincia.
46 Nuove carte riguardano infatti solo zone limitate. Per una visione generale si veda anche Kirsten 1959.
47 Alien 1912. 1 84 ss. La cronologia del testo è molto discussa, con oscillazioni che vanno dall’età arcaica, a quella, meno probabile, tardo-imperiale.
48 Anche se la sua ricchezza sono soprattutto olivi e alberi da frutto. Apuleio, che visitò l’isola, dà quindi, verosimilmente, una rappresentazione fedele.
49 Rostovtzeff 1923 ; Filetero avrebbe inviato grano ai Ciziceni, al momento delle incursioni dei Galati (OGIS, 748): Attalo avrebbe fatto un analogo dono ai Sicionii (Polib., XVIII, 16 ; Liv., XXXII, 40, 8). In questo caso, però, poiché il Re si trova in Grecia, la provenienza del grano non è sicurissima; cfr. Hansen 1971.
50 Robert 1937. con elenco dei numerosi interventi attalidi. Un caso particolare è la concessione a Korragos, per la quale cfr. infra n. 68.
51 Un caso analogo è testimoniato per Iasos: benefattori sono i Seleucidi. e in particolare la regina Laodice (II, secondo Pugliese Carratelli 1967-68. III secondo Robert 1973) che istituisce una donazione di 1000 medimni di grano per 10 anni alla città di Iasos; il grano è destinato alla vendita ed i proventi dovranno servire a costituire la dote di fanciulle figlie di cittadini indigenti (IvI 1985, 4, con bibl. precedente; sul significato del dono e la prassi degli aiuti cfr. Pomeroy 1983).
52 Una sistematica rassegna delle ricognizioni effettuate in Turchia viene pubblicata annualmente a cura della Direzione Generale delle Antichità negli Arastirma Sonuçlari Toplantisi.
53 Su tali problemi Corsaro 1985, con discussione dei testi e documentazione relativa.
54 Sono in tutto cinque, di cui quattro rinvenuti a ca. 12 km a NO di Magnesia del Sipilo (Ramsay 1890, 13, 109, 1 16-117,457-458), ed uno a Camlicakòy, più all’interno (Robert 1962, 279-180, con bibliogr.). Una divisione in lotti, evidenziati da horoi, fatti ricollocare da Adriano, è provata, ad esempio, per i terreni del tempio di Zeus ad Aizanoi (Laffi 1971).
55 I risultati preliminari delle prime campagne, a partire dal 1987, sono pubblicati in La Rocca 1992; Benoit 1993.
56 Come si evince dalla numerosa bibliografia sul sito citata in Pecorella 1984, 5; Laviosa 1985; una prima correzione a questa troppo meccanica lettura in Tomasello 1991.
57 Polibio specifica che tutti questi viveri dovevano arrivare non solo dalla vicina Milasa, ma persino da Alabanda e Magnesia, a riprova delle difficoltà in cui si trovava il Re.
58 Queste le conclusioni a cui arriva, ad esempio, per il Medio Evo, Montanari 1979, che sostiene da un lato che lo scarso consumo di cereali non equivale necessariamente ad una dieta insufficiente, compensata da ortaggi, carni, pesci, in un sistema basato in buona parte sullo sfruttamento dei boschi; dall’altro, sottolinea il valore dell’alimentazione come segno di differenza sociale, legata tanto alla quantità che alla qualità dei cibi(cfr. in particolare pp. 457 ss.). Osservazioni analoghe, per il mondo antico, da ultimo, nei diversi contributi raccolti in Longo 1989 ; cfr., inoltre, Pierobon 1994. Concezione diametralmente opposta ha la denominazione, tutta moderna, ancora in uso, ad esempio, a Napoli, di pane “cafone”, per il pane scuro a riprova del rovesciamento ormai avvenuto.
59 Il mangiar pane caratterizza i Greci, e quindi gli uomini civili, come si può inferire, ad esempio, dalla contrapposizione che Senofonte (Αn., IV. 29, 8) istituisce con i Traci, definiti mangiatori di castagne. Sul ruolo del pane bianco nel mito e nel rito, e in generale nell’immaginario greco, cfr. Chirassi Colombo 1975. Più in generale, sulla dieta dei Greci-e degli Ateniesi in particolare -, Gallo 1984, Cambiano 1989; Longo 1989 ; Pierobon 1994.
60 In primo luogo, ad esempio, era imposta una minuziosa igiene personale a chiunque dovesse toccare il grano, nelle diverse fasi della lavorazione (KUB, XIII, 4 ; Hoffner 1974, 129).
61 Questo termine, che designa una considerevole varietà di manipolazioni della farina, testimonia secondo H. A. Hoffner 1974, 213 ss., la peculiare domanda del santuario piuttosto che una ricca varietà della dieta quotidiana.
62 Anche in questo caso andrebbero maggiormente distinti, per aree geografiche e temporali, i criteri di distribuzione e le caratteristiche del consumo; su questi problemi Dolce 1989.
63 Oppenheim 1965, 188 ss. ; 364 n. 1 1. Tradizione documentata per l’età seleucide, come si ricava dalle tavolette di Uruk raccolte dai sacerdoti del tempio di Anu (Thureau-Dangin 1921 ; Archi 1975).
64 P. Briant (1985, 58 ss.) mette in rilievo come l’espressione utilizzata da Tucidide sembri derivare da un formulario iranico, concepito in modo da evidenziare le caratteristiche del dono, come si rileva dai numerosi esempi citati.
65 Nonostante non sia certo che le rendite venissero pagate in natura-anzi, in alcuni casi al meno sembra evidente che i proventi siano liquidi (Briant 1985)-colpisce, nel caso di Temistocle, la coincidenza tra il “bene” di cui Temistocle dovrebbe godere—il pane ad esempio -e la fama della città come produttrice del medesimo !
66 Sul valore sociale delle pratiche alimentari, cfr. da ultimo, Nenci 1989, che individua tre livelli : il primo legato all’etnia di appartenenza, il secondo fondato sulla quantità, ed il terzo, sulla qualità dei cibi, che caratterizzano le tavole degli dei, dei re, ecc. ; su questo tema cfr. anche Briant 1985.
67 Welles 1934, 3, 94 ; Will 1979, 65, 182 ritiene che si tratti del solo effettivo tentativo di imporre un monopolio di cui sarebbe rimasta testimonianza, fatto che non avrebbe confronti, contrariamente a quanto sostenuto da C. Préaux 1954, con la politica dei Lagidi; cfr., tuttavia, Foraboschi 1984. Di recente U. Fantasia 1984, ripropone la tesi di un Antigono benefattore, preoccupato invece effettivamente del bene delle città. Su un possibile ulteriore caso, cfr. infra n. 68.
68 Holleaux 1938; l’iscrizione, rinvenuta nel 1921 a Bursa, è stata attribuita ad Apollonia del Rindaco, e ad un attalide; viene ora datata a dopo il 188 a. C. (Corsaro 1980).
69 Su tali fondi cfr. Hands 1968, 95 ss. ; Garnsey 1988, 15-16.
70 Meno di 60 persone al mese, per tre mesi, secondo Shipley 1987, 218-222.
71 Con un’oscillazione tra 2800 e 8500 razioni, per lo stesso periodo, secondo Shipley 1987 ; calcoli diversi fa invece Garnsey 1988, 81, che insiste sul problema del numero dei contributori.
72 Così Wilamowitz 1904 ; cfr. Shipley con bibliografia.
73 Sui delicati rapporti tra città e santuario cfr. Fraser 1954.
74 Così, da ultimo Fantasia 1986,137, che contrappone la citazione di Strabone (XIV, 1, 15 C637) sulla fertilità dell’isola, considerandola generica, alla più puntuale descrizione di Apuleio (flor., 15), che tuttavia non mi sembra metta in discussione questa caratteristica generale; cfr. supra n. 48.
75 Ο più genericamente di lavorazione di pellami. Così ad es. Virgilio 1981, ripreso da Boffo 1985, 34 ss.
76 Sulle diverse categorie di dipendenza cfr. Debord 1982, 83 ss. ; 1987. che sembra insistere sulla autarchia dei santuari.
77 Il testo, molto lungo e dettagliato, è simile, quanto a contenuto e cronologia, sulle altre due stelai. Sulla data dell’iscrizione, che oscilla tra 1/4 (Fraser 1954) e 2/4 del II secolo a. C. (Bòrker 1978), cfr. da ultimo Bresson 1991, 78 ss., nn. 49-51.
78 Si tratta probabilmente del santuario di Apollo Samnaios (Fraser 1954, 22-23; 27).
79 Non è comunque un caso isolato, come mette in evidenza Sokolowski 1962, 142-143, con bibliografia.
80 Contro questa interpretazione cfr. Garnsey 1987, 97-98. A dimostrazione delle esagerazioni di Galeno, e delle contraddizioni in cui cade, si cita un ulteriore brano (VI. 498-499) in cui c’è un amichevole scambio di pane e altri cibi tra contadini e cittadini, come prova delle buone relazioni intercorrenti. Se ciò è innegabile, non si vede tuttavia quanto il passo possa essere indicativo di una dieta contadina soddisfacente, dal momento che i cittadini non riescono a digerire il pasto per tutto il giorno successivo. D’altra parte, come mette in evidenza lo stesso Garnsey 1988, 51 ss., Galeno distingueva le diverse categorie di cereali in base al loro valore nutritivo. Sull’uso dei diversi tipi di cereali Amouretti 1984. 40-41 ; 128 ss.
81 Il personaggio non è nominato nella lunga iscrizione. L’identificazione, proposta dal Balland (1981, 173 ss.), per la somiglianza dei provvedimenti e per la vicinanza della stele ad una base di statua di Opramoas, per lo più accettata dagli studiosi (Robert 1982), è stata messa di recente in discussione da J. J. Coulton 1987 ; la stele non era in situ, e in ogni caso vicino ci sono altre basi di statue; inoltre le differenze tra le benemerenze riportate sulla tomba di Rhodiapolis e quelle della stele xanthia possono essere più facilmente spiegate come opera di due persone diverse; l’Autore pensa ad un cittadino di Xanthos, anche perché dopo il terremoto del 140 è verosimile che numerosi fossero gli interventi di benefattori.
82 Sulle dianomai cfr. da ultimo Strubbe 1987 e supra n. 33.
83 Così ritiene M. Wörrle 1988, 123 ss. anche per l’alto numero dei componenti quale risulta a Tlos.
84 Il confronto con Samo è ripreso anche dal Balland, che tuttavia considera quel documento prova di una organizzazione egualitaria (1981, 215, n. 320).
85 Seguito, sia pure in maniera dubitativa da P. Garnsey, 1988,262-264. Dubbi sul rapporto con Roma erano stati avanzati anche da L. Moretti, 1981.
86 Uno degli elementi su cui si fonda l’Autore è il confronto con un provvedimento, ritenuto analogo, conservato in un papiro di Ossirinco (Rea 1972). In realtà le distribuzioni hanno anche qui carattere elitario (Garnsey 1988,265-266), senza contare che si riferiscono ad un periodo compreso tra 268 e 272 d. C., cioè più di un secolo dopo, e soprattutto quando la situazione generale era, anche in questa materia, fortemente trasformata (Carrié 1975).
87 Particolarmente critico della ricostruzione del Balland, anche su questo tema, Worrle 1988, 123 ss..
88 Cfr. tuttavia il caso di Oinoanda, con la lunga lista di sacrifici per Apollo; l’offerta dei 14 buoi da parte dei villaggi della chora potrebbe essere, secondo Worrle 1987 e 1988, l’espressione del sentimento della loro appartenenza alla comunità cittadina.
89 Sulla politica attuata dai Seleucidi, tesa ad attirare nell’orbita delle città i centri indigeni, cfr., da ultimo, Boffo 1985, 188 ss.
90 Cfr. Frézouls 1991, che non crede, viceversa, ad un aumento delle città.
91 Al quale non sembra essersi accompagnato un altrettanto rapido cambiamento, dal punto di vista dell’utilizzazione, dell’assetto delle campagne.
Auteur
Università Federico II, Napoli
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