Il ritrovamento di un doliarium nella valle del Coghinas
p. 267-275
Résumés
La scoperta di due dolici in situe dei resti di altri sei, sul sito di S. Andrea, nella valle del Coghinas, portano l’Α. ad ipotizzare la presenza di un grosso insediamento dedito allo sfruttamento della fertile piana del Coghinas tra la fine del I sec. a. C. e la metà del I sec. d. C.
The discovery of two dolici in situ and the remains of another six, on the site of S. Andrea, in the Valley of Coghinas, leads the A. to hypothesize the presence of a large settlement devoted to the exploitation of the fertile plain of Coghinas between the end of the first century B. C. and the middle of the first century A. D.
Texte intégral
Ceramica campana
1Si dispone di otto frammenti di paretie piedi di patere della produzione di Campana Βe C. Dei quattro frammenti di Campana B, tre, di dimensioni ridotte, sono attribuibili a pareti di coppe ο piatti, non precisabili nella forma; uno soltanto è leggibile per alcune caratteristiche formali. Il profilo, la presenza degli anelli, consentono di identificare una porzione centrale del fondo di una patera molto simile alla forma 2264 Morel datata alla fine del II sec. a. C. I quattro frammenti di Campana C sono porzioni dei piedie fondi di patere molto simili tradi loro per il colore, la conservazionee le caratteristiche formali. Sono stati individuati stretti rapporti con la forma 2254ce 2274 Morel, documentate fra il IIe il I sec. a. C.1
Terra sigillata italica
2Questa classe è rappresentata da quattro esemplari; un frammento di fondo di piatto, non ulteriormente precisabile, un frammento di orlo di tazza, databile, per i confronti, dal 25-20 fino a tutta l’età augustea. Allo stesso periodo appartiene una coppa parzialmente ricomposta da due frammenti. Il fondo di un’altra coppa reca, in un cartiglio rettangolare racchiuso da un anello, il bollo di ATEIUS, documentato negli strati augustei (fig. 3). Si tratta quindi di forme pressocché contemporanee fra di loroe probabilmente provenienti dalla stessa officina, come sembrerebbero suggerire le caratteristiche dell’ar-gillae delle superfici2.
Ceramica a pareti sottili
3Si dispone soltanto di tre frammenti caratterizzati da elementi morfologici molto frequentie comuni nella produzione di questa classe. Si hanno un frammento di fondo di bicchiere, un frammento di parete di bicchiere con decorazione a pettine ed un frammento di orlo di coppa con ansa. L’arco cronologico indicato dai confronti è da porsi tra la seconda metà del I sec. a. C. e il II sec. d. C.3
Ceramica comune
4La classe è rappresentata da sette esemplari che presentano alcuni elementi in comune: l’argillae le superfici acrome presupporrebbero un’unicaprovenienzao provenienze diverse da una stessa area che ha fornito la materia pri mae le conoscenze tecniche.
5Le forme documentate sono chiuse, olpai, anforette, con quattro piedi molto simili fra di loro,e tre frammenti di orlo, dei quali uno maggiore degli altri è caratterizzato da un’ansa a nastro. Rispetto ai sette elencati, un altro frammetno ha l’argillae le superfici nettamente diversee sembrerebbe vicino, anche se privo di confronti probanti, a forme di ceramica da cucina. Per tutti lo stato degli studi sulle produzioni comuni, non permette di stabilire confronti con esempi editi.
6La testimonianza riportata è quindi da precisaree da approfondire.
Anfore
7Si dispone di sette frammenti che hanno dimensioni ridottee caratteristiche formali quindi non complete, né facilmente integrabili per l’identificazione di una tipologia certa.
8Dei tre orli resta la sommitàe dei quattro puntali una minima porzione utili a rilevare limitati elementi. Si indicano le forme individuate per due frammenti: Dressel 2/4e Dressel 7/11, entrambe provenienti dalla Spagnae in uso a partire dalla fine del I sec. a. C. e durante il I sec. d. C.4.
9Per il terzo orlo le caratteristiche sono molto labilie non è precisabile l’appartenenza ad una forma specifica. La presenza delle anfore nell’area, vista la quantità, le caratteristiche dei frammenti ed il numero esiguo delle pareti, sembrerebbe il risultato di continui sconvolgimentie rivolgimenti della terrae non il risultato di una utilizzazionee abbandono in loco.
Dolia
10Si ha un gruppo di sette orli di contenitorie quattro bordi di coperchi molto simili tra di loro per l’impasto, gli inclusie le superfici di colore fra il beigee il grigio. Di sei orli è possibile ricostruire il diametro compreso fra i 40 cme i 54 cm, pertinenti quindi a dolia di mediee grandi dimensioni. I diametri dei dolia non trovano corrispondenza con i diametri dei coperchi che rivelano dimensioni consistenti 62,65, 85. 120 cm. Non è documentata l’ansa ο la presa centrale poiché rimangono soltanto frammenti del bordo esterno che riporta ad una semplice spiana; la loro utilizzazione era destinata a dolici di grandi dimensioni.
11Se a questi esemplari si sommano anche tre dolia segnalati nella stessa località verso sud rispetto allo scavo ed un altro in un sito distante circa 500 m, si arriva ad un totale di quindici dolio lungo la base della collina al limitare ovest della piana del fiume, lungo il bordo dei campi coltivabili ove sono stati recuperati i due documentati. È ipotizzabile un’organizzazione del territorio che lascia ampio spazio per la coltura ma non sembrerebbe verosimile una concentrazione dei depositi delle derrate lungo la linea sud-occidentale della piana, poiché tale situazione comporterebbe un continuo ed esteso attraversamento della pianura che ha un’estensione di 5-6 km fino al mare. Ma è più probabile che i depositie gli abitati funzionali alla produzione cerealicola fossero distribuiti capillarmente anche per utilizzare la via di comunicazione costiera documentata dalle fonti per tutta l’età imperialee deducibile dai ritrovamenti sporadici anche per l’età repubblicana.
12A S. Andrea si sarebbe quindi documentata una villa con deposito per le riserve alimentari5.
13Dolium n. 1 (fig. 4)
14Dimensioni: altezza interna cm 120; altezza esterna cm 126; diametro interno orlo cm 44; diametro esterno orlo cm 74; diametro massimo cm 120.
15Stato di conservazione: restauro comprensivo di ricomposizione ed integrazioni.
16A seguito del restauro eseguito nel 1979 il dolium è depositato nei locali della Soprintendenza Archeologica a Sassari ed è destinato ad essere esposto nel progettato Museo del Territorio in un settore che illustrerà le colture della Sardegna settentrionale in età storica (fig. 5).
17Nello stesso Museo è contemplata la presentazione dei dolia utilizzati per le sepolture documentate in numeroe tipologie considerevoli6.
18Dolium n. 2 (fig. 6)
19Dimensioni: altezza interna cm 106; altezza esterna cm 1 10; diametro interno orlo cm 47; diametro esterno orlo cm 68; diametro massimo cm 1 12.
20Stato di conservazione: integro; sulla parte alta della parete foro eseguito dagli scavatori abusivi.
21Sarà esposto nel Museo del Territorio a Sassari.
22Sul bordo superiore dell’orlo è stato impresso a crudo un bollo con stampo, probabilmente ligneo (fig. 7).
23Sono riportati il numerale IV, la lettera T, ed il numerale, in caratteri maggiori quasi del doppio, XXI. Ad un riscontro eseguito, il secondo numerale potrebbe essere spiegato con l’indicazione della capacità formulata con l’unità dell’amphora e corrispondente ad un totale di circa 420 litri contenuti.
24Per il primo numerale IVe la lettera Τ non è stato possibile trovare un riscontro né una spiegazione7.
25I dati cronologici deducibili dai materiali esaminati sono compresi fra il Neolitico Recente ed il primo secolo dell’Impero. La ceramica neolitica della Cultura di Ozieri è da riferirsi al territorio circostante la località S. Andrea, verso le colline meridionali ove è stata individuata un’area sacra con menhir verso Monte S. Giovannie un’area di villaggio verso Sa Serra8.
26La datazione più recente definita attorno alla metà del I sec. d. C. pone il termine ante quem per l’utilizzazione dei dolici. È possibile ipotizzare anche un termine post quem da collocare attorno agli inizi del I sec. a. C. La struttura di S. Andrea individuabile in un deposito di derrate è inserita in un’area che ha restituito porzioni di tubature di piombo, edifici costruiti con blocchi squadrati a brevissima distanza dalla stradae terra sigillata italica, andata perduta prima dello scavo ma rinvenuta insieme alla coppa ATEIUS nel terreno sconvolto.
27Le risorse materiali primarie per un insediamento dedito alla lavorazione della fertile piana integrate dal deposito-riserve delle derrate ricavate, sono ancora riscontrabili nelle sorgenti d’acqua potabile presenti nelle colline retrostanti. Indubbiamente sono limitati gli elementi riportabili all’ultima fase repubblicanae precisabili nell’ampiezza, consistenzae caratteristiche,e spesso coesistono in maniera indecifrata con le numerose attestazioni dell’età imperiale. A questo periodo si riferiscono le fonti itinerarie che riportano un tracciato viario che univa Portas Tibula (S. Teresa di Gallura) con il fiorente porto di Turris Libisonis, attraverso le colline della bassae alta Gallura che chiudono a sud la piana del Coghinas. L’Itinerario Antoniniano riporta, a partire da Tibula, le stazioni di Viniola, Erucium, Ad Herculem, non perfettamente corrispondenti ancora ai numerosi insediamenti notie non ancora sufficientemente documentati9. La delimitazione settentrionale della pianura del Coghinas è data, oltre che dalla naturale linea di costa, da una strada costiera, il cui tracciato èdeducibile attraverso i molteplici ritrovamenti, ancorché casuali, segnalati ed individuabili, almeno alcuni, in nuclei insediativi costieri e/o rurali lungo la costa da Partus Tibula a Turr is Libisonis. È quanto meno logico ipotizzare quindi un secondo tracciato viario costiero, da verificare ovviamente con puntuali ricerche. Allo stato attuale delle conoscenze una consistenza di abitato considerevole è da individuare a San Pietro a Mare, alla foce del Coghinas. dove è da ubicare anche un approdo con la doppia funzione per la via fluvialee per la via marittima10. E oltreché verosimile l’ipotesi di un collegamento diretto ο mediato con il porto di Tunis Libisonis, la cui attività per l’età repubblicana non è ampiamente enucleata, ma è indicata da una serie di elementi che sono in fase di analisie ricomposizione11.
28Gli abitati di consistenti dimensioni, gli insediamenti ruralie costieri documentati nei primi tre secoli dell’Impero perpetuano probabilmente, come attestato per le fasi precedenti, scelte dettate dalle risorse naturalie dalla forma di organizzazione delle produzioni.
29Le indicazioni fornite, anche se in forma sommaria, dalle fonti letterarie sulla feracitàe sulla produzione cerealicola della intera Isola, trovano nel deposito di S. Andrea del Coghinas una concreta documentazione, che dovrà essere certamente oggetto di una più ampiae approfondita ricerca12.
Discussion
30R. J. ROWLAND, Jr. : Vorrei aggiungere qualche parola sulle comunicazioni sulla Sardegna. Prima delle relazioni fra Tharrose Massalia, ci sono rapporti fra Sardegnae Provenza dall’epoca neolitica, ma la cosa interessante è che si trovano in siti indigeni del mondo celtico dell’epoca La Tène, non di rado si trovano pezzi di gioielli, di corallo rosso, che sicuramente provengono dalla Sardegnae forse da Alghero, anche da Tharros. C’è anche nel Museo Nazionale a Cagliari un altare funerario di tipo attico, non ricordo la provenienza, che può forse confermare un rapporto con la presenza di Massalioti in Sardegna. Riguardo alla comunicazione di Boninu è interessante che c’è un villaggio, un insediamento romano nello stesso posto dove c’era un insediamento in epoca neolitica. C’è uno strato sterile oppure è sconvolto? Ultimamente, nel passato, nel secolo scorso, nelle comunicazioni di Spanu ed altri, c’erano ritrovamenti di cibi di diversi tipi dentro nuraghi, nuraghi Piscu-Suelli. Anche nel dopoguerra fu pubblicato da Lilliu un ritrovamento di orzo nella Rassegna di agricoltura sarda, 46-48.
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 Morel 1981.
2 Atlante 1981.
3 Per la Sardegna confronti probanti sono contenuti in Pinna 1981-1985, 239-302.
4 Lamboglia 1955, 242-270; Zevi 1966, 208-247.
5 Sono grata ai colleghi ed amici Roberto Caprara, Rubens D’Oriano, che hanno cortesemente discusso alcune considerazioni, con utili apporti. Il rinvenimento di S. Andrea trova riscontro in Corsica: cf. Moracchini-Mazel 1973,37-39.
6 Maetzke 1959-1961, 651-663; Maetzke 1964, 280-303.
7 Un vivo ringraziamento devo all’amico Raimondo Zucca per alcune segnalazioni sulle ipotesi di interpretazione del bollo. Non si escluderebbe il caso in cui il secondo numerale indicherebbe la capacità e il primo la posizione in un sistema di seriazione ο collocazione da ritenersi preordinata.
8 Devo alla gentilezza del collega Giuseppe Pitzalis le indicazioni, raccolte durante le ricognizioni finalizzate agli interventi di tutela.
9 Per un quadro generale sullo sviluppo storico e la bibliografia precedente, cf. Meloni 1990.
10 Panedda 1954, 36-40; Contu 1967, 207.
11 Le ipotesi formulate nel 1984 sulla presenza di documenti di età repubblicana nell’area della città di Turris Libisonis, trovano conferma in recenti scoperte in corso di studio e pubblicazione: cf. Boninu 1984. In particolare si rimanda a Lissia/Oggiano 1991, in corso di stampa.
12 Meloni 1990. La presente notizia, sintetica, è da ritenersi preliminare, e avrà, nel corso del 1994, una verifica documentaria da una campagna di scavo finalizzata. La necessità dell’intervento, più volte auspicata, è dettata dalle esigenze del cambiamento di colture agricole progettata dal proprietario del fondo. I risultati potranno fornire nuovi elementi per le caratteristiche della struttura e per il rapporto di questa con i dolio.
Auteur
Soprintendenza archeologica per le province di Sassarie Nuoro, Sassari
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