Canosa e la Puglia settentrionale: produzione agricolae catasti rurali
p. 167-176
Résumés
A partire da un bilancio sulle fonti letterarie relative alla produzione granaria della Puglia romana in generale,e del territorio di Canosa in particolare, si analizzano i possibili contributi delle più recenti ricerche archeologiche allo stesso tema. Si presenta la ricostituzione del catasto antico di Canosa effettuata grazie all’analisi delle fotografie aereee della cartografia settecentesca dell’Archivio della Dogana delle Pecore di Foggia. Si introducono infine i presupposti metodologici di un’analisi dei resti pollinici il cui prelievo è stato realizzato sul territorio di Canosa nell’ambito di un progetto di collaborazione tra l’Università di Barie l’École Française de Rome.
Concerning the grain production of Roman Apulia in general, and of the territory of Canosa in particular, beginning with an assessment of the literary sources, the possible contributions of the most recent archaeological research are analysed. The reconstruction of the ancient cadastre of Canosa carried out by analysis of aerial photography and of the eighteenth century cartography of the Archivio della Dogana delle Pecore in Foggia is presented. Finally the a. introduces the methodological assumptions of an analysis of the pollen remains, whose retrieval has been undertaken in the Canosa territory by the joint collaboration of the Università di Bari and the École Française de Rome.
Texte intégral
1La visione dell’Apulia come regione produttrice di grano costituisce un’immagine piuttosto corrente della letteratura latina dal I sec. a. C. fino alla tarda antichità1. Tuttavia, se per l’età tardo-antica non mancano alcuni riferimenti istituzionali relativamente precisi alla raccoltae alla destinazione dei prodotti granari apuli nelle lettere di Simmaco come nelle Variae di Cassiodoro,e se forse non a caso proprio a Canosa era affissa la costituzione di Valentiniano I dellatavoladi Trinitapolicontenente le disposizioni relative alla riscossione dei cereali per l’annona2, per l’età romano-repubblicanae alto-imperiale i dati disponibili attraverso la documentazione letteraria ed epigrafica si fanno più imprecisi.
2Certo, nel I sec. a. C. il trattato agronomico di Varrone insiste più volte sul grano apulo, che appare esplicitamente destinato alla commercializzazione transmarina, dopo esser stato trasportato a dorso d’asino dai territori di Brindisie d’Apulia fino al mare3. Egualmente esplicita a tal riguardo la descrizione alla fine del II sec, dell’area tra Salapiae Siponto ad opera della fonte di Strabone (VI, 3, 9, C284), Artemidoro di Efeso, dove i diversi prodotti, ma in primo luogo il grano, son trasportati lungo la via fluviale ο lagunare per giungere a Siponto, porto d’imbarco. Se le rotte di circolazione di altri prodotti apuli, il vinoe l’olio, lungo le coste del Mediterraneo occidentalee soprattutto orientale, sono note grazie ai dati anforari (Volpe 1982; Tchernia 1986, 53-56, 68-74, 129. 166-167; Empereur 1987,33-34; Palazzo 1989), un’informazione analoga non è per ora disponibile per le derrate granarie, di cui in questo periodo ignoriamo see in qual misura esse possano aver contribuito a soddisfare i bisogni alimentari di Roma.
3Tuttavia sin dalla seconda guerra sannitica, Arpi fornisce grano alle truppe romane (Liv., IX, 13, 9-10). Per la fine del III sec. a. C. qualche interesse presentano egualmente i passi di Livioe Polibio sul soggiorno di Annibale in Apulia immediatamente primae dopo la battaglia di Canne. In Livio come in Polibio la necessità dell’approvvigionamento granario spinge Annibale a lasciare l’agro Falerno per il territorio intorno a Lucera. E a tal proposito Livio (XXII, 15, 2) sottolinea bene la disparità di destinazione colturale dei due diversi territori, il primo piantato a vignae produttore di magis amoenis quam necessariis fructibus, il secondo molto più adatto a un soggiorno invernale grazie alle sue riserve frumentarie. Polibio, III, 107, 2, attesta inoltre che, al momento della battaglia, a Canne erano stati concentrati rifornimenti di cereali provenienti dal territorio canosino. Se questa notizia è apparsa alquanto dubbia4, è pur vero che a Canosa secondo la tradizione liviana tra 5000e 10 000 reduci della battaglia di Canne ricevono sufficienti provvigioni frumentarie dalla nobile Busa, i cui stocks granari devono esser stati notevoli (Liv., XXII. 52,5-7; XXII, 54. 4-5).
4Il ruolo della sovrapproduzione granaria apula per il rifornimento degli eserciti riappare agli inizi del II sec. quando nel 172, in preparazione della guerra macedonica, sono effettuati acquisti forzosi in Apuliae Calabria (Liv., XLII, 27, 5).
5Fino al I sec. a. C. l’importanza della produzione granaria in Apulia in generalee a Canosa in particolare, che sia orientata verso la commercializzazione ο l’autoconsumo5, appare incontestata. A partire dalla seconda metà di questo secoloe durante i primi secoli dell’età imperiale, invece, secondo il modello proposto da F. Grelle (1981. 197 sqq., 212 sqq.), la pastorizia transumante, fino ad allora limitata ad aree ristrette, come il settore tra Lucerae Arpi a ridosso del Gargano, secondo la testimonianza di Posidon io in Strabone (VI, 3, 9, C284), assume un ruolo sempre più preponderante, di cui la specializzazione di Canosa nella produzione laniera, attestata a partire dall’età di Plinio, costituisce un indizio significativo6.
6Nel quadro di questo modello, due testimonianze epigrafiche alto-imperiali da Canosa (CIL, IX, 342 e AE, 1972. 118 = n° 44e 51 in Canosa I, 78-79, 86-88), l’una attestante l’esistenza di provvedimenti di un quattuorviro che cerca di porre rimedio a possibili difficolt à annonarie del centro cittadino,e l’altra l’organizzazione di una institutio alimentaria ad opera di un ignoto benefattore, denuncerebbero «una condizione di disagioe di incertezza» dovuta alla rottura degli equilibri economici locali prodotta dallo sviluppo della grande pastorizia transumante (Grelle 198 1, 217-218). Tuttavia se l’importanza crescente della pastorizia resta innegabile, è lecito nondimeno interrogarsi sul peso reale di queste due uniche testimonianze epigrafiche,e soprattutto chiedersi fino a che punto produzione agricola granaria ed economia pastorale rappresentano sempre due sistemi di produzione conflittuali. In effetti, per il ben noto sistema medievalee moderno della transumanza nel Tavoliere M. Del Treppoe successivamente J. Marino hanno messo giustamente in rilievo l’interdipendenza tra agricoltura estensiva cerealierae pascolo transumante (Del Treppo 1984; Marino 1988a; 1988b). Il ruolo del Tavoliere come granaio del Regno di Napoli,e della capitale in particolare, appare indubbio in età tardo-medievalee soprattutto moderna, i porti di Manfredoniae di Barletta svolgendo in questo periodo quella funzione di punto di transito obbligato delle derrate che in età romano-repubblicana come in età tardo-antica era forse svolta da Siponto (Macry 1974. 67-68; Barletta 1983; Marino 1988a, 177; Papagna 1990, 11 sqq.). In effetti, gli studi sull’età moderna mostrano come, nell’ambito di un ecosistema fragile come quello del Tavolieree delle aree limitrofe, il diverso ruolo esercitato da fattori di natura demograficae politica (come il monopolio sulla produzione granaria esercitato dallo stato per l’approvvigionamento della capitalee il controllo dei prezzi del grano) spiegano l’alternarsi di fasi di espansione o di ripiego delle aree destinate alla produzione granaria. A partire dalla metà del XVI sec, si apre una fase che potremmo definire di “equilibrio instabile”; tuttavia sia pur tra alterni cicli, il sistema della Dogana sopravvive intatto fino agli inizi dell’età contemporanea7.
7Se per gli ultimissimi decenni della repubblicae soprattutto per l’età alto-imperiale il modello di sviluppo proposto per Canosae per la Puglia settentrionale trova conferma in una serie di molteplici indizi letterari, epigraficie archeologici,e appare in larga misura condiviso8, il quadro dei modi di produzione in Apulia in età repubblicana appare assai più contrastato,e a giusto titolo per questo periodo si è posto l’accento sull’importanza delle colture specializzate, soprattutto a partire dai dati della produzione delle anfore vinarie Lamb. 2e olearie (anfore “di Brindisi”), nonché della fotografia aerea. In effetti, in una presentazione preliminare dei dati delle fotografie aeree di J. Bradford, G. D. B. Jones stimava, a partire dalle tracce fossili delle centuriazioni, delle trinceee delle buche per la coltura della vitee dell’olivo, che più di una metà del Tavoliere era coltivatae che, là dove l’utilizzazione delle terre poteva esser determinata, le colture specializzate coprivano il 60% delle zone disponibili (Jones 1980, 85-100). La pubblicazione definitiva, che speriamo prossima, di questi risultati, potrebbe dare inizio alla cartografia delle diverse destinazioni colturali del Tavoliere, anche se resterà ancora da risolvere il problema della datazione del primo impiantoe della durata di vita delle diverse strutture produttive, i dati di scavo di ville rustiche restando tuttora insufficienti9. In effetti, se in una fase anteriore della ricerca storica delle ipotesi sulla desti nazione colturale differenziata di di verse aree del Tavoliere sono state avanzate a partire dalle testimonianze letterarie, il testo straboniano, più particolarmente (Grelle 1981), sembra oggi necessario procedere al di là di queste prime osservazioni per tentare di ricostituire, nella misura del possibile, attraverso l’utilizzazione di fonti diverse, le linee della fisionomia del paesaggio rurale apulo. Nell’ambito di questa prospettiva, che impone un approccioe collaborazioni multidisciplinari, nel quadro di un programma di ricerca trilaterale Scuola Francese di Roma/Università di Bari/Università di Besançon, si è dato inizio nel 1990 ad una seconda fase di ricerche, volta in primo luogo alla ricostituzione delle tracce catastali del territorio canosino, oggetto di una divisio in centurie di duecento iugeri secondo i libri Coloniarum (p. 210, 8; 260, 25 L.), per cercare di evidenziare le linee che delimitavano il quadro del le diverse attività di produzione agricola. Per procedere poi all’identificazione di queste ultime, è stato inoltre avviato ad opera di H. Richard del Laboratorio di Cronoecologia del Quaternario del CNRS di Besançon un programma di prelievi palinologici, che permetteranno forse di fornire nuovi elementi qualora l’integrazione dei risultati palinologici ai dati archeologici noti sulle strutture rurali del territorio si avveri conclusiva.
8Il territorio antico di Canosa, secondo una ricostituzione recente basata sullo studio dell’epigrafia anticae dei limiti delle diocesi medievali, comprendeva i territori degli odierni comuni di Canosa, Barletta, Trinitapoli, S. Ferdinando, Andria, Trani, Bisceglie, nonché quelli di Cerignola, Minervino Murgee Corato, più la località di Gaudiano nel territorio di Lavello in Basilicata (Grelle 1990. Cfr. anche Canosa II, 185-186). Nell’ambito di questo vasto comprensorio, l’analisi della copertura cartograficae aerofotografica dell’IGM ha messo in evidenza l’esistenza di un orientamento a Ν 50° E nella trama particellaree nella viabilità secondaria di un settore di 20-25 km. di lato, lungo le due rive dell’Ofanto, da Gaudiano fin quasi allafoce. LapianacostieradaTrani a Βisceglie, così come il limitrofo territorio di Coratoe una parte marginale del territorio di Ruvo, presentano invece un orientamento dominante a Ν 36° E (fig. 1). Qui la presenza costante di tale orientamento nel tessuto particellare ha permesso l’applicazione di un’analisi spettrale i cui risultati suggeriscono l’esistenza di un ritmo romano di 960 piedi che farebbe pensare alla divisione mediana di una centuria di sedici actus. In maniera del tutto opposta alla piana costiera, nel settore lungo l’Ofanto l’orientamento a Ν 50° E, da identificare probabilmente con la divisio in centurie di duecento iugeri del Liber Coloniarum, appare preservato soprattutto da alcuni assi principali, mentre la trama particellare presenta sovente più orientamenti discordanti [Per maggiori dettagli cfr. Compatangelo (c. s.)]. Il riferimento alla diversa storia giuridico-istituzionale di questi due settori permette di spiegare il diverso modo di conservazione dei due catasti antichi.
9In effetti, ad eccezione della zona dei Musciali di Barletta, in età medievalee moderna il territorio lungo la fascia costiera restava in gran parte al di fuori delle terre fiscali del Tavoliere, in cui al contrario rientrava pressoché interamente il settore del territorio canosino lungo l’Ofanto. Diviene allora facilmente comprensibile come la conservazione di eventuali tracce catastali romane nelle linee del paesaggio rurale attraverso l’età medievale e moderna fino ai giorni nostri, può esser massiva unicamente in quei territori ove è possibile postulare la continuità nelle forme di sfruttamento agricolo; tale non è certo il caso per le terre, a destinazione pastorale predominante, che erano soggette al sistema della Dogana delle Pecore. Appare quindi evidente come in tale territorio, sottoposto in età moderna a un regime di sfruttamento soprattutto pastorale, la conservazione di un tessuto particellare antico, proprio di una coltivazione agricola più ο meno intensiva, sia del tutto illusoria; solo alcune grandi linee del paesaggio rurale possono eventualmente sopravvivere, incorporate ai nuovi limiti di un diverso assetto produttivo. Nel settore lungo l’Ofanto tali limiti sono chiaramente identificabili nella cartografia settecentesca, la quale permette di delimitare con precisione le aree destinate al sistema misto dell’agricoltura, soprattutto cerealiera, alternata ogni due anni al pascolo (portate), da quelle riservate unicamente al pascolo transumante dei pastori abruzzesi (saldo vergine), queste ultime rappresentando poco meno del 50% di questa parte del territorio canosino.
10In effetti, l’Archivio della Dogana delle Pecore, istituita nel 1447 da Alfonso d’Aragona, conservato in buona parte presso l’Archivio di Stato di Foggia, fornisce a partire dalla fine del XVI sec. i rilievi geometrici di settori più ο meno ristretti dei territori di sua competenza, eseguiti dagli agrimensori del corpo dei regi compassatori. Alla fine del’600e verso la metà de)’700 i due atlanti di Antonioe Nunzio Michelee di Agatangiolo della Croce permettono di disporre di una cartografia generale delle aree interessate dal regime doganale10. A differenza dell’atlante dei fratelli Michele che fornisce una rappresentazione più pittorica che geometrica, l’atlante del Del1a Croce permette di ricostituire a una scala di 1:50 000e di riportare in modo estremamente preciso sulla moderna cartografia al 1:25 000 le grandi linee che marcavano la diversa destinazione produttiva, nella distinzione tra portata, saldoe mezzana, dei territori compresi nelle diverse locazioni. Esso presenta nondimeno qualche limite: in primo luogo la scala, ancora troppo piccola per gli studi aventi per oggetto la ricostituzione dei catasti antichi; la scarsezza dei toponimi, l’assenza di riferimenti alla rete viariae idrografica quando i limiti di questa non coincidono con quelli esterni delle locazioni ο con quelli interni delle portate, del saldo ο delle mezzane. L’esame delle piante delle locazioni di Canosa, Andria, Trinitàe Vallecannella del Della Croce, e della quasi totalità delle altre rappresentazioni cartografiche all’Archivio di Foggia di settori più ο meno ristretti all’interno delle stesse locazioni, databili tra la fine del XVII e gli inizi del XIX sec., le quali forniscono alcuni dettagli supplementari, ha permesso nondimeno di confermare la ricostituzione dei grandi assi del catasto lungo la valle dell’Ofanto, già proposta a partire dalla copertura cartograficae aerofotografica odierna. In effetti, nella zona più settentrionale del catasto uno dei possibili cardini coincide con un limite della mezzana dell’Ofanto, di cui sin dalla fine del XVII sec. disponiamo di una rappresentazione geometrica affidabile (ASF, Dogana, s. I, vol. 28, cc. 124ν-125r, anno 1668). Allo stesso modo, due grandi assi perpendicolari del settore più meridionale del catasto coincidono con due limiti tra una zona a saldoe una portata nella locazione di Canosa, Γ uno a sud di questa città, l’altro nei pressi di Minervino, ben visibili nell’Atlante del Della Croce (fig. 2, 3, 4).
11Le rappresentazioni cartografiche dell’Archivio della Dogana forniscono una documentazione ideale per la ricostituzione della destinazione produttiva dei territori del Tavoliere in età moderna; per l’antichità, come abbiamo già visto, la presenza sulle immagini aeree dei resti fossili delle colture della vitee dell’olivo potrebbe permettere in alcuni casi di disporre di dati quantitativi. Τuttavia la presenza di tali tracce, subordinata com’è in larga misura alla presenza di un substrato pedologico preciso, la ben nota “crusta” pugliese, non può offrire indizi comparabili per la totalità dei territori del Tavoliere. A Canosa, ad esempio, l’esame della copertura aerofotografica dell’IGM del 1954 fornisce dati analoghi soprattutto in un settore limitato ai margini del territorio di Ordona [Compatangelo (c. s.)]. Altrove la mancanza di tracce fossili delle colture specializzate, in particolar modo su terreni di diversa natura, rappresenta un argomento ex silentio che è impossibile invocare per sostenere l’assenza di tali colture sul resto del territorio canosino, ove d’altronde i primi dati di scavo di un sito rustico in loc. La Minoia attestano la presenza di strutture produttive per l’olio (Volpe 1990, 162-168). Inoltre, nella zona costiera tra Biscegliee Molfetta, là dove i resti del catasto con orientamento Ν 36° E appaiono meglio conservati, l’esistenza della coltura della vite sembra suggerita dai dati sulle misure agrarie tradizionali, in uso fino agli inizi del XIX secolo, che attestano la presenza in questo settore di un’unità di misura per la vigna di superficie equivalente a quattro actus quadrati romani [Compatangelo (c. s.)]. D’altro canto, come indizio archeologico della coltura granaria nella Daunia in generalee nel Canosino in particolare, si potrebbe forse prendere in conto la presenza di un gran numero di macine granarie provenienti da siti rurali; di esse tuttavia ignoriamo il contesto di pertinenzae quindi l’epocae la destinazione esatte11.
12Per cercare di accrescere la quantità dei dati disponibili, nel quadro del progetto di ricerca summenzionato, nel territorio di Canosa è stato quindi intrapreso nel gennaio 1991 un programma di prelievi palinologici, i cui risultati andranno valutati nel contesto di uno studio più globale delle strutture rurali emerse dall’indagine archeologica tuttora in corso.
13Se nell’ambito di quella che per gli archeologi costituisce la scienza ausiliaria della palinologia i problemi di interpretazione sono lungi dall’esser interamente risolti, il livello di riflessione sul problema dell’identificazione differenziata, a partire dagli spettri pollinici, delle aree a pascoloe delle zone a coltura seminativa appare sufficientemente avanzato da permettere una utilizzazione critica di tale metodo d’indagine per il territorio canosino in età romana.
14In effetti, a partire dagli inizi degli anni’40 diversi autori hanno cominciato a prestare attenzione alla presenza nei diagrammi pollinici di alcune piante erbacee come la plantago lanceolata e la rumex acetosa/acetosella in quanto indicatrici della presenza trasformatrice del-l’uomo sul l’ambiente vegetale. Alcune specie sono state elette a indicatori antropogeneticie un passo ulteriore consiste nella ricerca degli indicatori specifici delle attività dell’agricoltura ο del pascolo sotto la spinta degli interrogativi posti dalla ricerca archeologica, in primo luogo preistorica, per la quale i dati acquisiti dalla palinologia sono divenuti ben presto uno strumento per la ricostituzione dei sistemi di produzione primitivi (Behre 1981 ; Groenman 1988).
15Tuttavia la semplice selezione nella lettura dei diagrammi pollinici di alcuni singoli indicatori per mettere in evidenza la prevalenza di un tipo di economia ο di un altro si rivela sovente insufficiente, se non fuorviarne, a causa delle differenze importanti esistenti nella produzionee nella dispersione pollinica delle diverse specie. In effetti, rispetto ad altre graminacee, i cereali come il grano, l’orzoe l’avena, con la significativa eccezione della segale, presentano una larga produzione pollinica che resta tuttavia in larga misura in situ12. Per questa ragione la scarsezza di pollini dei cereali non può esser considerata in sé significativa; inoltre altre specie, oltre i cereali, possono essere utilizzate come indicatori dell’attività agricola, in particolare quelle che crescono come “erba gramigna” quando le piante coltivate non riescono a sfruttare tutte le risorse disponibili, sia durante gli anni di messa a coltura, sia, in misura ancora maggiore, nei sistemi rotativi tradizionali, negli anni di riposo a maggese. A partire dai dati noti sulla composizione degli spettri pollinici di campioni di comunità agricole odierne, sono state quindi redatte delle scale utili a misurare il rapporto tra comunità vegetali rappresentative delle aree a pascoloe comunità vegetali rappresentative delle aree ad attività agricola (i. e. arable: pastoral ratio)13.
16Da un punto di vista metodologico, inoltre, alcuni recenti tentativi della ricerca palinologica in Europa settentrionale di questi ultimi anni tendono alla messa a confronto sistematica dei dati palinologici con le conoscenze sui sistemi di coltura agricola tradizionali ancora in uso ο ben noti attraverso le fonti storiche (Groenman 1988, 9-10). Un tale tipo di approccio può rivelarsi particolarmente fruttuoso nel territorio canosino ove disponiamo, a partire dalla cartografia settecentesca, di dati precisi sull’estensionee i limiti delle aree destinate al pascoloe all’agricoltura. Sarà quindi possibile, qualora le datazioni fornite dai contesti archeologicie dalle analisi al radiocarbonio siano sufficienti, poter confrontare nell’ambito di un profilo palinologico i dati delle età più antiche con quelli dell’età moderna di cui è nota la forma di utilizzazione del suolo.
17La scelta dei siti ove operare i prelievi nel corso della prima campagna è stata quindi effettuata a partire dalla possibilità di cumulare il maggior numero possibile di informazioni di natura archeologica, catastalee storico-comparativa, in luoghi ove le condizioni di conservazione dei pollini sembravano essere le migliori possibili. In tal modo, una trentina di prelievi sono stati effettuati a mezzo di una sonda ο nel taglio di sezioni, in tre località del territorio canosino, nellazonadi necropoli in loc. Toppicelli, in un’antica zona di palude a Mass. a Campanelli, in una sezione di depositi alluvionali lungo la Lamapopoli in loc. Piano S. Giovanni. In una seconda fase della ricerca si spera di effettuare altri prelievi nell’antica palude in loc. Marana di Lupara, nei pressi del sito di Salapia dauna, che presenta tracce di occupazione fino al II sec. a. C.14 I dati palinologici potrebbero permettere, come speriamo, di verificare se la destinazione massiva di quest’area alla coltura cerealicola in età repubblicana, suggerita dal passo di Strabone sul porto di Siponto, può rappresentare ο meno un dato acquisitoe fornire in tal modo un utile termine di confronto per il territorio canosino.
Discussion
18M. CHRISTOL: Je ne voudrais pas ouvrir une guerre entre archéologues et historiens, mais c’est à propos de la communication de R. Compatangelo et R. Cassano que je voudrais faire quelques observations. D’autant plus que, si j’ai bien compris, l’exposé qui nous a été présenté est encore un exposé rédigé dans une phase de recherche, et avant même que tous les résultats n’aient pu être obtenus. Si j’ai bien suivi le raisonnement qui nous a été présenté, les auteurs de la communication et de la recherche espèrent fonder leur travail essentiellement sur des enquêtes de caractère archéologique. Ils font appel, ensuite, aux sources littéraires et aux sources épigraphiques pour mettre en ordre leurs réflexions et fournir un cadre d’explication, ce qu’ils appellent un modèle, et sont ainsi invoqués Varron, Strabon, et quelques documents épigraphiques. Je me demande si, pour ce qui est de l’aide qu’elle peut apporter, la documentation épigraphique a été toujours suffisamment pesée et mesurée. Il me semble, en effet, qu’il est très difficile de s’appuyer sur deux inscriptions, l’une faisant état des difficultés annonaires résolues par un évergète local, l’autre faisant état d’une fondation alimentaire, elle aussi établie par un évergète local, pour déduire que, d’une façon structurelle à partir d’un certain moment, les possibilités céréalières d’un terroir étaient considérablement réduites, et donc qu’il existait une tension entre les capacités frumentaires et les besoins de la population urbaine. Il me semble en effet que raisonner ainsi, c’est accorder trop d’importance à ce type de documentation qui est essentiellement une documentation de caractère évergétique. Elle fait allusion à des faits de vie municipale plus qu’à des faits qui sont essentiellement économiques. Je voudrais essayer d’en apporter la preuve en faisant un raisonnement à rebours: c’est ne pas parce qu’un un enfant de la ville de SiccaVeneria a donné par testament 1 300 000 sesterces à sa cité pour qu’y fût instituée une fondation alimentaire, que cette ville qui est au cœur d’une grande région céréalière, souffrait structurellement de difficultés annonaires; et c’est ne pas parce que la province d’Afrique dans l’ensemble des provinces d’Occident nous apporte le plus grand nombre de témoignages des difficultés annonaires résolues par les notables, qu’il faut conclure que l’Afrique était une province en déficit frumentaire. Donc, c’est ne pas parce qu’à Canosa il y a une inscription relative à des problèmes frumentaires et une inscription de fondation alimentaire, que l’on peut tirer de ces deux documents l’idée qu’il y avait d’une façon permanente des tensions entre les capacités productives des terroirs en matière céréalière et les contraintes de la vie urbaine. (Sur ces documents on se référera désormais à A. Magioncalda, SDHI, 57,1991, 422-423).
19R. COMPATANGELO: Volevo rispondere molto rapidamente a M. Christol per dire che sono pienamente d’accordo con luie che speravo che nel testo della mia relazione, ma forse così non era, fosse chiaro che quel tipo d’interpretazione a partire dai due dati epigrafici ci sembrava adesso completamente superatae ho cercato di spiegare come appunto un tal tipo d’interpretazione era probabilmente influenzata da una visione troppo restrittiva del fenomeno della transumanza che privilegiava unicamente l’analisi della componente pastorale del fenomeno, senza dare sufficientemente peso all’interpenetrazione agricoltura cerealiera/pastorizia sulla quale le ricerche più recenti dei medievistie dei modernisti che ho citato hanno attirato l’attenzione degli antichisti.
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 Horat., Sat., I, 5, 91 ; Mart., Ep., X, 74, 8; Sidon. Apoll., Carm., 7, 141; 22, 171. Cfr. inoltre le note successive.
2 Simmaco, Ep., 6, 12; 9, 29; Cassiodoro, Var., 1, 16; I, 35; 2, 26. Cfr. anche Procopio, Bell., 6, 24, 14 e Expositio totius mundi, 53. Per la tavola di Trinitapoli: Giardina 1983.
3 RR, II, 6,5: «Greges fiunt fere mercatorum, et eorum qui e Brundisino aut Apulia asellis dossuariis conportant ad mare oleum aut vinum itemque frumentum aut quid aliut». Cfr. anche Varro, RR, 1, 2, 6; I, 57, 3; Colum., RR, III, 8,4; Plin., NH, II, 98, 211.
4 Tenuto conto della natura dell’insediamento cannense, un virus privo di mura, come indica la testimonianza di Livio (XXII, 49, 13) confermata dai dati archeologici: cfr. De Juliis 1985, 135 sqq. ; Depalo 1985, 100 sqq. Per la critica del passo di Polibio cfr. Grelle 1990. Cfr. inoltre gli altri passi di Polibio sulla guerra annibalica: III. 100,1-8; 101, 1-4; 101, 8-10; 102, l-4 e 11.
5 Su tali orientamenti produttivi cfr. Grelle 1981, 201.
6 Plinio, NH. VIII, 48, 190. Sulle lane e la pastorizia canosina cfr. inoltre: Mart., Ep., IX, 22, 9; 14, 127-129; Gioven., Sat., 6, 150; Suet., Nero, 30, 8; Athen., III, 97e; CIL, IX, 321, 327, 395; per l’età tardo-imperiale, fonti in Grelle 1986.
7 Una prima rottura dell’equilibrio tra agricoltura e pastorizia ha luogo secondo M. Del Τreppo verso la metà del XVI secolo quando, in seguito alla misurazione delle terre della Dogana, settori precedentemente destinati all’agricoltura vengono attribuiti al pascolo. Pochi anni dopo la pressione demografica e il bisogno di far fronte a delle annate di carestia impongono al contrario il distacco di parti del terreno saldo destinato al pascolo, a favore dei terreni addetti alla produzione cerealicola: cfr. Musto 1970, 29-31; Marino 1988a, 182.
8 Cfr. ad esempio E. Lippolis, M. Mazzei (Lippolis 1984). Gli stessi autori (Mazzei 1984) inquadrano il I sec. a. C. piuttosto nella fase dei grandi cambiamenti politico-sociali del secolo precedente, anche se accettano l’ipotesi di un peggioramento climatico a partire dal I a. C., generatore di una fase di recessione delle colture specializzate.
9 Per la schedatura completa dei siti rustici di età romana del Tavoliere, cfr. Volpe 1990.
10 Angelini 1992. Sulla Dogana delle Pecore cfr. : Musto 1970; agricolo; tale non è certo il caso per le terre, a destina-Filangieri 1950; Magno 1975; Musto 1964; Marino 1988a.
11 Nel Canosino, ad esempio, macine granarie sono state rinvenute su ventuno fattorie ο ville rustiche con materiali di età repubblicana e/ ο alto-imperiale, che rappresentano almeno il 50% dei siti rustici di questo periodo, si tratta però unicamente di ritrovamenti di superficie. Cfr. Moreno 1981, 227-241; Volpe 1990, 156-173.
12 E’ stato infatti stabilito che gli odierni pollini dei cereali raggiungono percentuali del 3-4% quando tale coltura è praticata nel raggio di 2 km dal sito di prelievo. La percentuale sale appena a 4-5% quando i cereali sono coltivati nelle immediate vicinanze del sito. Cfr. Maguire 1983a.
13 Lo strumento di misura più comunemente utilizzato nel Regno Unito, ad esempio, è l’indice di Turner. Varie altre scale sono state elaboratee applicate in Europa settentrionale, tuttavia un tentativo di esame comparato di diversi indici applicati agli stessi campioni effettuato in Inghilterra indica, se non gli stessi risultati, la presenza costante dello stesso tipo di tendenza. Cfr. Maguire 1983b.
14 Su Salapia e Salpi: Marin 1970, 75-94; e nel vol. XXVI (1973) dell’Archivio Storico Pugliese i diversi interventi di Geniola 1973, F. e S. Tiné 1973, Schmiedt 1973; Marin 1973; Delano 1978, 62 sqq. ; De Juliis 1974; Alberti 1981; Gabba 1983; Di Biase 1985.
Auteur
Université de Pau et des Pays de l’Adour
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