Nuove acquisizioni sulla divisione agraria di Paestum
p. 149-158
Résumés
L’intervento rappresenta il primo tentativo di sintesi di un lavoro sul territorio di Paestum, Pontecagnanoe Velia. I dati riguardano in modo particolare il primo dei tre. Si è inteso affrontare il problema delle sopravvivenze archeologiche, partendo dalla fotointerpretazione. L’elemento di maggior risalto è rappresentato da un sistema di divisione agraria, finora sconosciuto, affiorato nella piana a nord di Paestum: circa 3.000 ettari divisi per strigas grazie a stradee canali ben riconoscibili dalle fotografie aeree. Si illustra anche lo scavo di uno dei 22 assi principali che ha fornito un termine ante quem nel 79 d. C., per l’occlusione dei canali di drenaggio a mezzo del lapillo eruttato dal Vesuvio, e un termine post quem nella fine del IV sec. a. C., documentato dai materiali rinvenuti nella massicciata stradale. Si sono pure analizzati i problemi di sovrapposizione di strutture di epoche differenti, nel passaggio dal periodo lucano a quello romano della colonia.
This paper represents the first attempt of synthesis of an investigation on the territory of Paestum, Pontecagnano and Velia. The data particularly concern the first of the three. The problem of the archaeological survivals is being dealt with interpretation of air photography. The element of greatest importance is represented by a system of agrarian division, unknown till now, appearing on the plain to the north of Paestum: about 3,000 hectares divided by strigas thanks to roads and canals easily recognized from aerial photography. Also illustrated is the excavation of one of the 22 principal axes which has furnished a terminus ante quem in 79 A. D., because of the obstruction of the drainage canals by the lapilli spewed from Vesuvius, and a terminus post quem at the end of the fourth century B. C., documented by materials found in the roadbed. Also analysed are the problems of overlapping of structures from different periods, in the passage from the Lucan to the Roman period of the colony.
Texte intégral
1Questa comunicazione rappresenta un primo tentativo di sintesi di uno studio di topografia storica tuttora in corso sui territori di Pontecagnano, Paestume Veliae tratterà, in maniera specifica, del la zona di Paestum1.
2Lo scopo di questa ricerca è di sottoporre la regione nella quale ricadono questi tre centri antichi ad una rilettura critica basata soprattutto sull’uso della fotointerpretazione archeologicae sul la sistematica attività di riscontro al suolo dei dati nuovi provenienti dalle fotografie aeree.
3L’efficacia del metodo di indagine — già abbondantemente provata nei decenni passati — non ha tardato a manifestarsi. Dopo appena un anno di lavoro è stato infatti possibile disporre di numerosi ed importanti elementi di novità rivelatisi fondamentali per elaborare una nuova proposta di ricostruzione del paesaggio agrario di una zona della Magna Grecia che, finora, poteva essere formulata quasi esclusivamente su testimonianze emerse da scavi di fortuna e, in quantità piuttosto limitata, dallo studio delle fonti storiche che sappiamo essere particolarmente avare per il distretto di cui ci occupiamo.
4Di fronte a questa penuria di informazioni — e correndo il rischio di smentite derivanti dagli sviluppi futuri dell’indagine — è apparso ancor più urgente presentare in questa sede la recentissima scoperta di un articolato sistema di divisione dello spazio agrario nella fertile piana a nord di Paestume databile, allo stato attuale della ricerca, al periodo della deduzione della colonia latina.
5L’interesse per una presentazione sintetica ma immediata dei primi dati di scavoe delle bozze di ricostruzione grafica degli elementi territoriali fin qui affiorati ha consigliato di rinviare altrove la trattazione dei dettagli tecnici sulla parte più propriamente fotointerpretativa, per la quale, tra l’altro, non vanno segnalate particolari novità dal punto di vista metodologico2.
Il sistema di divisione agraria di Paestum
6La storia della conduzione agraria nell’Italia meridionale antica e, per quello che qui ci interessa, nel periodo della romanizzazione, non si può certo definire ricca di notizie storiche particolareggiate né, tanto meno, di dati archeologici statisticamente significativi. Se si guarda infatti alla storia dei territori, anche solo a quelli dei centri più importanti, non si può non constatare che la quasi totalità dei problemi fondamentali ad essi legati è oggi ancora irrisolta per la mancanza stessa degli elementi materiali su cui discutere. Questo vale, ovviamente, anche per quell’insieme di conoscenze, per noi estremamente preziose, circa i problemi, non più strettamente materiali, ma storicie politici, che dovettero presentarsi nel momento delle deduzioni coloniali, latinee romane, nell’attuazione cioè dei nuovi progetti di insediamento urbanoe agrario che si sovrapponevano, molto spesso in maniera clamorosa, alle realtà insediative strutturatesi nelle epoche precedentie variamente sopravvissute fino a quel momento3.
7Le fotografie aeree realizzate nell’agosto del 1943 dall’Areonautica Militare Italiana (fondo I. G. M. Firenze) mostrano con sufficiente chiarezza, sia in superficie che nel sottosuolo prossimo, una maglia regolare di divisione della campagna che interessa gran parte della zona pianeggiante estesa a settentrione del perimetro urbano di Paestume che presenta come limiti il fiume Sele a nord, le colline di Capaccio ad est ed il mare ad ovest (fig. 1).
8Si tratta di una lottizzazione estesa per circa 3000 ettari le cui tracce materiali sono sopravvissute paradossalmente proprio grazie a quel secolaree proverbiale abbandono (e conseguente impaludamento) cui la piana del Sele fu soggetta alla fine o, molto probabilmente, ancora nel corso della vita nella città antica.
9La zona, infatti, soltanto a partire dagli anni’50 del nostro secolo — in un momento cioè successivo alla data delle riprese aeree da me utilizzate — è stata sottoposta a radicali lavori di bonifica ed a nuovi metodi di colturae di irrigazione per mezzo dei quali, da un lato, si sono potute risollevare in maniera significativa le sorti delle popolazioni rurali, dall’altro, purtroppo, si è finito per cancellare le tracce superstiti di questa importante divisione antica.
10La partizione dei lotti all’interno del sistema viene assicurata in primo luogo da ventidue limiti maggiori, paralleli ed equidistanti fra di loro, che chiameremo, in via del tutto provvisoriae convenzionale, decumani. Questi danno vita ad altrettante fasce della lunghezza di circa 4 km disposte in senso trasversale alla piana toccando i piedi delle colline di Capaccio ad este le dune sabbiose ad ovest (fig. 2).
11All’interno di queste grandi bande, la terra è ulteriormente frazionata in rettangoli di superficie equivalente mediante altri limiti, perfettamente ortogonali ai primi, che potrebbero essere definiti cardines ο più propriamente rigores. Questo ultimo termine sembra infatti più appropriato in quanto un sistema così strutturato è da identificare senz’altro con uno schema di divisione per strigas e non con una normale centuriatio romana caratterizzata, invece, dai classici cardinie decumani disposti secondo un modulo basato su quadrati.
12I ventidue assi principali sono orientati da nordovest a sud-est con un’inclinazione di circa 13 gradi a sud di est, cioè di 103 gradi ad est del nord. Tale orientamento non credo debba essere spiegato necessariamente con l’intento di rispettare un modello predeterminato quanto piuttosto con l’esigenza, in questo modo perfettamente soddisfatta, di sfruttare al meglio il debole dislivello esistente nel piano ed evitare l’insorgere di quei fenomeni di impaludamento che già in antico, come ci conferma Strabone, avevano condizionato la vita nella regione.
13L’individuazione sulle fotografie aeree dello sviluppo lineare dei singoli decumani è resa sicura grazie alla buona conservazione di questi nel sottosuolo della campagna moderna, e-in alcuni casi particolarmente fortunati-anche sull’attuale superficie; la stessa cosa non si può dire per i limiti minori, i rigores, che risultano più difficili da individuare in fotoe che sono oggi praticamente inesistenti in superficie. Questa differenza è da imputare ad una minore importanza funzionale che questi limiti minori dovettero avere, fin dal principio, rispetto ai decumani, nonché ad una certa difficoltà tecnica di riconoscimento in foto aerea dovuta alla loro minore estensione in lunghezzae alla minore regolarità degli intervalli.
14Le singole unità catastali, risultanti dall’incrocio dei limiti maggiori con quelli minori, hanno tutte una forma rettangolare allungata da nord a sude si attestano, con i loro lati brevi, lungo i decumani, seguendo appunto uno schema per strigas.
15Nella ripartizione spaziale dei rigores si è riscontrato un interessante fenomeno che vale la pena di segnalare pur necessitando ancora di ulteriori approfondimenti nella fase di verifica sul terreno. Si è visto che in alcune aree in cui è presente una buona leggibilità tanto dei decumani quanto dei rigores — e si tratta delle zone alluvionalie depresse della piana che non sono state messe a coltura per molti secoli — si registra spesso la mancanza di alcuni di questi limiti minori. Questa mancanza non mi sembra riconducibile a motivi accidentali connessi con la storia agraria dei secoli che seguirono l’abbandono, quanto piuttosto ad una omissione ο “cancellazione” volontaria avvenuta già nel periodo d’uso del sistema. In conseguenza di ciò al suolo si sarebbero venuti a creare alcuni lotti la cui estensione era pari al doppio ο al triplo della particella—tipo, vale a dire che alcune proprietà sarebbero state accorpate, nel corso del tempo, nelle mani di un singolo proprietario. Questo particolare potrebbe costituire una prova, su base “microstorica”, di una certa mobilità, del resto largamente prevedibile, all’interno della conduzione della proprietà agraria pestana; fatti di microstoria contadina che non implicano, comunque, il riconoscimento dell’esistenza di fenomeni di tipo latifondistico, almeno a partire da indicatori di questo tipoe nell’area qui indagata.
La natura dei limitie la viabilità interna
16I limiti principali sono stati classificati-prima in aerofotografiae poi con lo scavo stratigrafico-in due gruppi: le stradee i canali. Essi corrispondono rispettivamente ad “anomalie” fotografiche lineari di tono chiaroe scuro, variamente associate tra di loro a formare complessi del tipo canale-strada-canale, oppure strada con un solo canale, strade senza canalie canali senza strada (fig. 2).
17Questa differenziazione non vale per i rigores che invece si presentano sempre sotto forma di piccoli canali di drenaggio, cioè di anomalie scure in fotografia aerea. Come si è già accennato, di queste ultime anomalie riscontrate in fotografia non resta attualmente al suolo alcuna traccia significativa.
18Dopo aver stabilito, anche mediante due saggi pilota, che almeno la metà dei limiti maggiori era composta da elementi intenzionalmente costruiti che presentavano tutte le caratteristiche di una strada, si è posto il problema di analizzare lo sviluppo della viabilità generale dell’intero sistema.
19Per comprendere le modalità in base alle quali essa era organizzata si è osservata appunto la frequenza topografica dei “decumani con funzioni di strada” (fig. 2, numeri pari), indipendentemente dall’accoppiamento ο meno con canali laterali. È risultato che nella progettazione dell’opera di lottizzazione essi sono stati sistematicamente intervallati con “decumani con funzioni di canale” (fig. 2, numeri dispari), formando così delle fasce di territorio — che potrebbero rappresentare il “modulo” veroe proprio-della larghezza doppia rispetto a quella elementare delimitata da due singoli decumani. Questo modulo è sempre tagliato al centro da un “decumano/canale”. In alcuni casi questo canale centrale è frazionato in piccoli segmenti cui fa seguito un segmento di strada.
20Se si considerano valide le osservazioni tratte dalla fotografia aereae le prime verifiche di scavo (molto limitate nello spazio), non resta che ipotizzare, per il momento, l’esistenza di una viabilità affidata essenzialmente ai decumani·, questi potrebbero essere collegati tra di loro mediante piccoli segmenti di rigores — ancora non riconosciuti al suolo né in fotografia aerea — in uno schema a zig-zag che non doveva comunque risultare pratico per un attraversamento dell’intera lottizzazione da nord a sud, ma soltanto di settori limitati.
21La viabilità principale in questa parte della piana doveva allora essere demandata, in questa fase storica, ad un asse pedemontano, posto all’esterno della divisione, verso oriente, che costeggiava i fianchi delle colline di Capaccio ed incrociava, in corrispondenza della città, quindi a sud della divisione, il “decumano” principale del sistema urbanistico di Paestum allorché questo usciva dalla ed. porta “Sirena” e si prolungava in linea retta proprio verso le colline di Capaccio (fig. 1, n. 6).
22Nei secoli che precedettero la realizzazione della divisione dovette invece essere funzionante un asse molto più importante sia dal punto di vista topografico che religioso (fig. 1. n. 2), quello cioè che congiungeva direttamente Poseidonia, attraverso la porta settentrionale delle mura, col santuario del Selee che attraversava, da sud a nord, prima la zona della necropoli urbana settentrionalee poi proprio quest’area che in seguito sarebbe stata lottizzata.
Problemi metrologici
23Deliberatamente si è evitato finora di affrontare il problema della metrologia. Innanzitutto perché, anche sulla base degli ingrandimenti fotografici molto accurati, in scala 1:5000 ottenuti dai negativi originali, i tentativi di misurazione sarebbero ancora troppo imprecisie non sufficienti per valutare correttamente quelle minime oscillazioni che ci permetterebbero di risalire a uno ο all’altro dei moduli metrici utilizzati dagli agrimensori.
24Inoltre, riconoscendo come unico modo esatto di misurazione quello effettuato sul terreno mediante il teodolite, al quale già nel 1956 si era affidato come unico metodo corretto il Castagnoli per la centuriazione di Cosa, si è preferito rinviare la determinazione della distanza tra due assi al momento in cui si potrà effettuare un saggio di scavo a cavallo di un secondo asse vicino quello già esplorato piuttosto che far forzatamente coincidere le misure pestane con gli altri casi, peraltro rarissimi, di centuriazioni analoghe finora conosciute. Se volessimo accontentarci di una misura su base aerofotografica (nella quale è assolutamente impossibile stabilire con precisione se essa vada intesa come misura tra gli interassi dei limiti ο piuttosto dai margini delle stradee dei canali) si potrebbe dire che i decumani distano mediamente 270 metri gli uni dagli altri, vale a dire, calcolando le distanze in piedi romani, tra i 7e gli 8 actus, mentre i rigores distano mediamente circa 35 metri.
25La superficie di una particella-tipo risulterebbe approssimativamente di 35 per 270/280 metri, cioè di circa 1 x 8 actus, corrispondente a 4 iugera e quindi ad un heredium.
Lo scavoe la cronologia
26La divisione agraria appena scoperta nel territorio di Paestum può essere considerata contemporaneamente come un “monumento” attinente alla storia delle divisioni agrarie antiche, alla storia di Poseidonia-Paestume alla storia della colonizzazione romana.
27Per fissarne i limiti cronologici in maniera rigorosae comprendere le effettive modalità di realizzazione è stato effettuato un primo saggio di scavo stratigrafico a cavallo del secondo decumano (fig. 2, TE2e fig. 3).
28Da questo saggio (settembre 1990) si è potuta avere un’idea abbastanza precisa di questo decumano risultato in effetti una strada con un doppio canale laterale. Essa era costruita con molta cura, posando diversi strati di pietree tritumi di ceramica su una preparazione di sabbiae argilla (fig. 3, nn. 15,18. 19,22). Due parapetti in pietra (fig. 3, n. 5-in caduta) la isolavano dai canali laterali per impedire la fuoriuscita delle acque. Anche i due cordoli laterali (fig. 3, nn. 20—21) erano realizzati con blocchetti di travertino accostati accuratamente.
29Dal punto di vista cronologico lo scavo ha fornito:
- un termine ante c/uem, fissabile al 79 d. C., costituito dalla presenza di potenti spessori di cenerie lapilli vesuviani (fig. 4, nn. 1 1e 17) che obliteravano i canali di drenaggio posti ai due lati della strada scavata. Tali strati di materiale vulcanico sembrerebbero rimasti nel luogo della loro caduta senza alcun tentativo di rimozione successiva ed avrebbero ostruito in maniera definitiva il sistema di drenaggio/alimentazione idrica;
- un termine post quem dato dai material i archeologici rinvenuti negli strati più profondi della stradae che si possono datare tutti tra la fine del IVe l’inizio del III sec. a. C.
30Si è già specificato che questi termini sono stati raccolti da un unicoe limitato saggio di scavo. Se però volessimo estendere questa situazione a tutto il territorio in esame credo che potremmo cominciare ad avanzare l’ipotesi di trovarci effettivamente di fronte alla centuriazione della colonia latina di Paestum, realizzata in un momento successivo alla deduzione della colonia nel 273 a. C. e abbandonata in concomitanza ο-più probabilmente prima-dell’eruzione catastrofica del 79 d. C. che ha fatto avvertire i suoi effetti anche a Paestum.
31A proposito di quest’ultimo dato va altresì considerato che la caduta dei lapilli, sebbene tanto consistente, da sola non può giustificare l’abbandono di una parte significativa del mondo agricolo pestano. Con tutta probabilità, il 79 d. C. è da ritenersi un terminus estremo a monte del quale immaginare come già consumato l’abbandono della campagna pestana.
32A questa importante conferma proveniente dallo scavo va aggiunta la scoperta, nelle immediate vicinanze del saggio effettuato, di quello che potremmo senz’altro definire il piano di campagna antico, individuato mediante carotaggi ed anch’esso rimasto praticamente intatto dopo l’eruzione. Questo livello è esteso su entrambi i lati dei canali che fiancheggiano la stradae si trova ad una profondità di circa 50 cm dal piano di campagna attuale. È composto da uno strato compatto di lapilli dallo spessore di circa 5 cm, ricoperti da una leggera coltre di ceneree dai successivi terreni alluvionali.
33La divisione pestana si verrebbe così ad inserire, non più soltanto per le caratteristiche morfologiche, ma anche per i limiti cronologici, in quella breve lista di centuriazioni romane “arcaiche” che già il Castagnoli aveva riunito sulla base dell’adozione comune dello schema per strigas4.
34I casi sono ben notie rimandano ai territori delle colonie latine di Cales (334 a. C.), Luceria (314 a. C.), Alba Fucens (303 a. C.) e soprattutto della colonia gemella di Cosa (273 a. C.). Come si vede sono colonie dedotte negli anni successivi alla fine della guerra latinae dedotte al di fuori del territorio laziale laddove sembrerebbe invece già in uso in epoca più antica la limitatio divenuta poi canonica con assi ortogonali organizzati in centuriae di 20 x 20 actus, come dovette essere, ad es., nel caso di Terracina, colonia del 329 a. C.
35In tutti questi esempi ritroviamo sistemi che limitano lo spazio agrario mediante decumani di notevole lunghezza ed importanza associati a rigores di importanza minore, esattamente come avviene a Paestum.
36La limitatio di Paestum, che può sicuramente essere considerata come l’esempio meglio conservato tra quelli fin qui noti, avrebbe messo a disposizione dei nuovi arrivati un gran numero di particelle (almeno 3 000) di territorio pianeggiante da destinare sicuramente a colture estensive, come appunto i cereali, relegando le culture specializzate alla parte collinare del territorio, quella verso oriente, che pure conosciamo come densamente insediata5.
Per la storia di Poseidonia-Paestum
37L’impianto ex novo — ammesso, ma non ancora esaurientemente dimostrato, vista l’esigua superficie di campagna esplorata, che non si trattasse di una riutilizzazione di una divisione precedente-di un sistema di ripartizione della proprietà agraria nel territorio di una città già abitata da tre secolie tutt’altro che in declino, quale era la Paestum degli inizi del III sec. a. C., deve aver avuto un impatto sconvolgente sui precedenti equilibri economicie sociali nonché sull’organizzazione territoriale stessa.
38Il problema è molto interessante soprattutto se si considera che quello di Paestum è un territorio di per sé già molto ricco di testimonianze archeologiche, spesso sporadiche ma ben caratterizzate, risalenti soprattutto ai secoli VI—IV a. C. Nello spazio compreso tra la città di Paestume il santuario del Sele conosciamo infatti importanti aree di necropoli ("urbane"e rurali), piccoli santuari, resti di fattorie, segmenti di assi stradali, tutte realtà che dovettero subire un’obliterazione parziale ο totale al momento della nuova progettazione dello spazio extraurbano.
39Molte di queste testimonianze, già ben documentate da scavi più ο meno occasionali, hanno lasciato significative tracce anche sulla base aerofotografica del 1943 da me utilizzatae sarà di grande interesse approfondire il loro studio per cercare di comprendere quali furono effettivamente i risultati di questa sovrapposizione che dovette avere innanzitutto una valenza ideologica prima ancora che tecnico—funzionale. Valga per tutti l’esempio della grande strada (arcaica?) che esisteva tra la città ed il santuario del Sele6, chiaramente leggibile in fotografia aerea,e che sembra attraversare (nella piatta prospettiva fotografica) tutta la zona lottizzata, tagliando in un gran numero di casi le particelle in modo irregolaree senza mai corrispondere ai limiti di proprietà antichi.
40Essa rappresenta per noi un referente topografico di primaria importanza tanto per la datazione del sistema agrario — che a mio parere le si sovrappone — quanto per la comprensione di quei fenomeni traumatici collegati alla risistemazione dello spazio antropizzato, osservabili con spettacolare evidenza all’interno del perimetro urbano di Paestum, attraverso i quali il nuovo corpo civico romano tende a manifestare la discontinuità politicae culturale con i gruppi sociali lì precedentemente attestati.
41La recente scoperta di questo sistema di lottizzazione pestano, con la sua chiara vocazione cerealicola, potrà forse portare un piccolo contributo anche al discorso più generale sulla storia della colonizzazione romana tra la fine del IVe l’inizio del III sec. a. C.
42Dopo la fine della guerra latina nel 338 a. C., infatti, l’accrescersi del territorioe della popolazione comportò per Roma la necessità di disporre di nuove aree di sfruttamento agrario cui destinare, in qualità di coloni, una parte dei nuovi cittadinie dalle quali ricavare un incremento nell’approvvigionamento di beni primari, quali appunto i cereali, per le coloniee per Roma stessa.
43Il fenomeno, già ampiamente studiato in precedenza7, potrebbe trarre, quindi, dalla scoperta di questo nuovo “monumento” agrario, un ulteriore fattore di analisi.
44Dal delinearsi delle tracce materiali di questo impiantoe dallo studio che di esse si potrà fare in un prossimo futuro si dovranno inoltre raccogliere ulteriori preziose informazioni circa il contesto storico in cui maturò la decisione di dedurre una colonia a Paestum, la quale, ora lo si può dire, conteneva in sé una precisa connotazione agraria, oltre aquella strategico—militare, già conosciuta in passato, finalizzata al controllo del territorio ed alle minacce connesse alle campagne di Pirro. Lo studio dei dettagli quantitativie qualitativi delle colture ci dirà, infine, quali rapporti di scambio si vennero ad instaurare, in campo degli approvvigionamenti alimentari, tra Romae la sua colonia.
Discussion
45F1. CANTARELLI: Gli importanti lavori che riguardano la divisione agraria di Paestum pongono un interessantee affascinante problema anche di come si potevano rapportare all’utilizzo greco del territorio. Un qualcosa di analogo abbiamo modo di studiarlo nella Tessaglia meridionale in conseguenza della scoperta che io avevo fatto due anni fa (ci vogliono ancora cinque ο sei anni per poter fornire tutta la documentazione). La situazione nella Tessaglia meridionale è forse di 70-80 anni successiva; tuttavia ci sono delle analogie, non è una purae semplice ipotesi, quella di una divisione agraria romana in Tessaglia: ho delle prove precise di carattere archeologico che ho già mostrato al convegno di Lione. Quindi c’è un problema di come questo sistema agrario romano si rapporta a situazioni dove c’era già un sistema di divisione greca,e questo è un argomento che comunque sarà ripreso certamente in futuroe spero in un incontro che faremo a Milano.
46M. PAGANO: Volevo intervenire sulla relazione di Gasparri sulla centuriazione di Paestum, chiedendo qualche chiarimento. Prima di tutto — non ho compreso molto bene il rapporto con la grande strada che procede verso il nord da Paestum, perché, se ho capito bene, questa strada probabilmente era stata annullata al momento della deduzione, ma a questo punto non capisco bene come si svolgeva la viabilità dalla colonia latina di Paestum verso gli altri punti importanti, e soprattutto la viabilità verso il nord. Non si può immaginare che questa strada fosse ancora utilizzata al momento della vita della colonia latina? Poi un’altra cosa che volevo dire: oltre alle centuriazioni del IV-III secolo menzionate da Gasparri, ci sono questi esempi pubblicati di recente, uno da Johannowsky, poi approfondito successivamente,e uno da me stesso dell’Ager Falernus e di Sinuessa che sono perfettamente databili alla seconda metà del IV rispettivamente,e al 296 a. C., fondazione di Sinuessa (Rendiconti dell’Accademia di Archeologia di Napoli del 75 e dell’81). Sono dei modelli di 14 actus di lato. Tutto questo è stato ripreso poi da Castagnoli in uno dei suoi ultimi articoli. E volevo anche chiedere se lui aveva ripigliato in esame il problema di quelle iscrizioni di cui io mi sono occupato anche, sia pur molto marginalmente, nel mio articolo nei Rendiconti dell’Accademia di Archeologia di Napoli dell’83 sui cippi delle centuriazioni, una serie d’iscrizioni che sono all’interno delle mura di Paestum di cui non si è mai approfondito troppo l’importanza. Sono una serie d" iscrizioni in caratteri latini arcaici, quindi risalenti all’età della colonia, che dicono lapis imfosos (M. Mello, G. Voza, Le iscrizioni latine di Paestum, Napoli, 1968,209 sgg.), che a mio parere potrebbero essere in rapporto con la ridefinizione della colonia latina, mentre invece gli editori pensano più a delle riparazioni parziali del circuito delle mura. Non so, questa mi sembra veramente un’ipotesi da scartare, anche perché abbiamo esempi, per esempio a Forum Julium, di cippi gromatici rinvenuti all’interno della città. Non so se in questo caso queste iscrizioni fossero dei punti di riferimenti topografici che potessero valere in certo qual modo anche per la ridefinizione dello spazio della cittàe del territorio. Non ho neanche capito molto bene, diciamo, l’ampiezza di queste fasce centuriate: lui parla di 7,5-8 actus però non capisco se comprendendo le strade, i canali, oppure escludendoli.
47M. BELL: Vorrei chiedere al dott. Gasparri se esistono a Paestum tracce di una divisione della terra anteriori al III sec., che potrebbe rappresentare una più antica divisione greca, dato che presumibilmente la popolazione greca ο greco-lucana di Paestum non era soppiantata completamente dalla deduzione della colonia romana. Esiste forse in altre zone del territorio un altro sistema di divisione della terra?
48D. GASPARRI: Immaginavo che il problema della sopravvivenza dell’uso del territorio suscitasse problemi di continuitàe quindi domande in proposito. Ovviamente ho omesso le osservazioni preliminari, che sono però rimaste preliminari che sono anche pubblicate, in cui si fa ora cenno all’ipotesi di individuare nella zona a monte di Paestum-quindi non più nella zona pianeggiante che abbiamo visto prima, di più facile accessoe praticamente di coltura più facile, diciamo quella a vocazione cerealicola — queste altre linee di divisione che sono, tra l’altro, perfettamente omogenee con gli assi di divisione della città che sappiamo essere grecie datati sicuramente adesso dagli scavi alla fine del VI secolo. È quindi naturale immaginare un tipo di destinazione differente per quanto riguarda la messa a coltura. Questo è un dato strettamente geometrico sul quale io però non faccio nessun affidamento fino a che non avremo dei dati di scavo, anche perché ritengo che questo tipo di studi del territorio, qualora prendano strade troppo veloci, possano portare a delle interpretazioni puramente teoriche. Rispondo alla domanda di Pagano-quanto sono grandi le fasce. Penso che l’unica possibilità che esiste per misurare due assi di centuriazione sia quella messa in pratica da Castagnoli circa 40 anni fa. di misurazione al suolo con teodolite di due assi. Questo serve semplicemente adire che misurando sulle fotografie aeree una centuriazione-per non parlare della cartografia, la quale, ho detto, non abbiamo mai utilizzato per studiare questa divisione-è assolutamente impossibile capire se un interasse viene misurato al centro di una strada, di un canale, che comunque è largo 3 metri, oppure no. Quindi su 265 metri che sono misurabili con un normale scalimetro sull’immagine fotografica, non siamo assolutamente in grado di dire se questa misura è presa dal centro dell’asse, dal bordo dell’asse ο dal centro del canale, perché questo penso sia probabilmente pericolosoe inutile. È anche il motivo per cui non ho nemmeno citato il noto articolo, quello della centuriazione di Sinuessa: perché in questo momento non interessa capire quante, qualie dove siano le centuriazioni che si equivalgono esattamente, tant’è vero che ho citata quella di Cales che è misurata in vorsus. M’interessa capire che, certamente, nell’epoca della colonia latina di Paestum viene utilizzato un sistema di divisione agraria.
49Per quanto riguarda l’utilizzazione di questo sistema direi che ci sono i dati archeologici del territorio che pur essendo sporadici hanno comunque una loro realtà topografica precisa. Vale a dire, la centuriazione, oltre a cavalcare e, secondo me, annullare la strada per il Sele,e su questo torneremo dopo, distruggee annulla buona parte delle necropoli del territorio. Non quelle della città che infatti sono risparmiate anche perché c’erano tombe grandi anche 2 metri. Ma le aree di necropoli minori, di necropoli meno impegnative che sono sistematicamente annullate, coperte da questa divisione. Per esempio la necropoli del Gaudo che molto significativamente si estende dal V all’inizio del III secolo cessa di esistere.
50Ritornando alla strada del Sele, sappiamo che il problema della viabilità all’interno della centuriazione non è affatto un problema semplice, soprattutto di queste centuriazioni così particolari che non hanno degli assi ortogonali equivalenti, in cui i decumani hanno un valore gerarchico superiore a quello dei cardini, se possiamo esprimerci così. E non è escluso,e questo non l’ho detto per brevità, che tra i cardini conservati ce ne fossero stati alcuni che hanno assunto la funzione di assi di attraversamento, anche sapendo che altri studi precedenti al mio avevano dimostrato che all’interno delle centuriazioni con grandi bande parallele non è sempre necessario avere una viabilità trasversale. Il santuario del Sele era ancora lì, ma bisogna capire che cos’era il santuario del Sele nel III e nel II secolo; su questo abbiamo veramente pochissime informazioni,e sembrerebbero indirizzate verso una decadenza del luogo di culto. Dal punto di vista strettamente archeologicoe topografico, una eventuale strada sopravvissuta anche nel periodo della centuriazione taglierebbe le particelle in maniera incomprensibile, assolutamente non confrontabilee rapportabile all’uso dell’iter populo debetur ο non debetur; non sarebbe funzionale a niente. In ogni caso, spero di poter rintracciare all’interno dei cardines minori della centuriazione alcuni che abbiano assunto un ruolo gerarchico tale da condurre il traffico verso il santuario. Per quanto riguarda le iscrizioni latine lapis imfossos, l’équipe di Paestum che lavora ormai da quattro anni sullo scavo delle mura ha tenuto presente quest’iscrizione in quanto se non ricordo male è un’iscrizione che proviene proprio dalle mura di Paestum, e finora non so se a torto ο ragione era sempre stata ad esse rapportata.
51M. PAGANO: Sono 6 ο 7 iscrizioni.
52D. GASPARRI: Sì comunque erano sempre state riferite al problema della ristrutturazione muraria ο comunque del circuito murario. Questo però non esclude che adesso che mi hai fatto questa segnalazione si può cercare d’interpretarle anche da questo punto di vista. Il problema fondamentale cui si riferiva anche il Dott. Bell è quello della sopravvivenza, del passaggio tra l’epoca grecae quella romana, ma per il momento possiamo unicamente essere autorizzati a dire che la divisione della colonia latina s’impianta in questa zona a nord di Paestum,e apparentemente non riutilizza nessun’altra struttura agraria precedente.
Bibliographie
Referenze bibliografiche
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Castagnoli 1984: CASTAGNOLI (F.), Sulle più antiche divisioni agrarie romane. RendAccLinc, XXXIX, 1984.
Colloquio Acquasparta 1988: La colonizzazione romana tra la guerra latinae la guerra annibalica. Acquasparta, (1987). DdA, 1988, 2.
Gabba 1975: GABBA (E.), Istituzioni militarie colonizzazione in Roma medio—repubblicana (IV-III sec. a. C.). RIFC, 103, 1975, 144-154.
Gasparri 1989: GASPARRI (D.), La fotointerpretazione archeologica nella ricerca storico-topografica sui territori di Pontecagnano, Paestume Velia. I. AION(archeol), XI, 1989, 253-265e tav. 61-64.
Gasparri 1990: GASPARRI (D.). La fotointerpretazione archeologica nella ricerca storico-topografica sui territori di Pontecagnano, Paestume Velia. II. AION(archeol), XII, 1990, 229-238e tav. 59-61.
Paestum 1987: Paestum. Taranto, 1987 (Cittàe territorio nelle colonie greche d’Occidente, I).
Paestum I: Poseidonia-Paestum. I; La Curia (a cura di E. Greco). Rome, 1980 (Coll. EFR, 42).
Paestum II: Poseidonia-Paestum. II ; L’agora (a cura di E. Greco). Rome, 1983 (Coll. EFR, 42).
Paestum III : Poseidonia-Paestum. III; Le Forum nord (a cura di E. Greco). Rome, 1987 (Coll. EFR, 42)
Schmiedt 1955: SCHMIEDT (G.), CASTAGNOLI (F.), Fotografia aereae ricerche urbanistiche. Il complesso urbanistico di Paestum. L’Universo, I, 1955, 117-128.
Notes de bas de page
1 La ricerca rappresenta l’oggetto della mia tesi di dottorato svolta nel triennio 1988-1991 presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli ed è inserita nell’attività della missione italo-francese di scavo a Paestum, diretta da E. Greco e D. Theodorescu.
2 L’impostazione della ricerca, le prime fasi di studio analitico delle immagini aeree ed i dettagli delle fasi di attività sul terreno sono state da me edite nei rendiconti annuali del dottorato di ricerca dell’Istituto Universitario Orientale (Gasparri 1989 e 1990).
3 Come esempio più che eloquente basti qui citare le radicali trasformazioni dello spazio urbano avvenute a Poseidonia all’arrivo dei Romani nel 273 a. C. Per questi argomenti cfr. Paestum I, II, III, passim.
4 Si vedano soprattutto i “classici” Castagnoli 1953 e 1984, 1 sqq.
5 I primi dati parziali su questa zona sono contenuti in Paestum 1987.
6 Un tratto di questo importante asse stradale è già stato scavato, nei pressi dell’Heraion del Sele, da G. Greco e J. de La Génière. Lo stesso asse era stato già individuato da G. Schmiedt e F. Castagnoli (Schmiedt 1955, 126).
7 Per i rapporti tra la colonizzazione romana del IV—III sec. a.C. e i problemi militari, sociali ed agrari cfr. Bernardi 1946, 272 sqq.; Gabba 1975, 144 sqq.; cfr. inoltre gli atti del Colloquio Acquasparta 1988.
Auteur
Istituto Universitario Orientale, Napoli
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