Il frumento nell’area vesuviana
p. 137-139
Résumés
Le analisi palinologiche hanno confermato la produzione di frumentoe orzo nell’area vesuviana. Tale produzione, certamente sufficiente per i fabbisogni locali, molto probabilmente affrancava gli abitanti del posto dalla necessità di importare granaglie.
Palynological analyses have confirmed the production of wheat and oats in the Vesuvian area. Such production, certainly suf-ficient for local requirements, very probably freed the inhabitants of the necessity of importing grains.
Texte intégral
1La grande concentrazione abitativa nella città di Roma creò grossi problemi per l'approvigiamento del grano, problemi che si acuirono nei primi tempi della Repubblica, poiché il territorio circostante non riusciva a produrre i quantitativi necessari. Dopo la seconda guerra punica la crisi si aggravò per il decadere dell'agricoltura e grandi quantità di grano vennero importate dalla Sicilia e dall'Africa. Questo fatto ha dato luogo alla diffusa opinione di un intenso commercio di grani su tutto il territorio anche se in realtà questo riguardava essenzialmente la sola capitale. Diversa, infatti, era la situazione dei piccoli centri urbani, ove il rapporto popolazione-suolo era invertita rispetto a quel lo di Roma. Premesso ciò sembra potersi affermare che. Se movimento di grano dovette esserci, vi fu tra periferia e centro, disponendo, ad esempio, i paesi delle città vesuviane, di sovrabbondanza di prodotti alimentari.
2Riprendendo un calcolo proposto da Rossini e Vanzetti nella Storia dell'agricoltura italiana, calcolo che tiene conto ovviamente delle fonti classiche e delle analisi del Beloch e del Nissen, si realizza che l'area vesuviana poteva ospitare colture cerealicole su circa il 40% dei 1000 km2 di territorio con una produzione di almeno 60 000 quintali, utili ad una popolazione di 30 000 per sone, essendo affidato alle leguminose, colturalmente ruotate con i cereali, l'integrazione dell'alimentazione, in cui l'apporto proteico di origine animale era molto basso.
3Che ci fosse produzione di frumento del resto non è solo testimoniato dagli autori classici, ma è confermato dalla presenza di pollini di Triticum rilevati nei prelievi di terra effettuati nella piana vesuviana in ambiente urbano ed extraurbano, dal rilievo del piano di campagna in diversi siti durante gli ultimi saggi di scavo1, dal ritrovamento di numerose falci messorie e di aie di diverse dimensioni nelle ville rustiche2, dalla presenza di frumento e di orzo nelle forme coltivate nei cumuli d'erba ritrovati qui e lì sul territorio, dalle testimonianze offerte dallo studio dei graffiti3, nonché dal perdurare di tradizioni locali che vedevano ancora nella prima metà dell’800 la piana vesuviana biondeggiante di grano.
4Quali specie, dunque, potevano coltivarsi nell’area vesuviana? Una risposta può venire da un puntiglioso esame delle granaglie conservate nei depositi archeologici: in tutto quarantaquattro campioni, di cui ben quarantadue provenienti da Ercolano. Il primo interessante risultato è che quello che viene presentato nelle relazioni di scavo come “grano” è in molti casi “orzo”. Infatti su quarantadue campioni, diciotto sono costituiti da orzo, in molti casi distici, formati cioè da due file di cariossidi, tra di loro costantemente simili, in altri casi esastici, vista la diversa dimensione dei semi. Cinque campioni sono costituiti da farro (Triticum dicoccum) conservato con tutte le reste. I rimanenti campioni (diciannove) sono costituiti da frumento nelle specie aestivum e durum, da frumenti, cioè, tenerie duri. A questo proposito, già in una poco nota analisi compiuta nel 1861 sui novantuno pani lievitati ritrovati nel pistrinum di Soterico fu rilevata la presenza di siligo (frumento tenero) nella composizione dei pani stessi. Inoltre è interessante notare come i continui miglioramenti genetici delle specie susseguitisi per 2 000 anni hanno fatto sì che le attuali cariossidi di frumentoe di orzo (fig. 1) siano molto più grandi di quelle ritrovate nei depositi (in peso 30 mg. contro 19-20 mg) mentre l’abbandono del farro come pianta cerealicola proprio per essere un grano vestito, difficile, cioè da liberare dalle glume, non ha prodotto apprezzabili differenze tra il farro attualee quello ritrovato (fig. 2).
5Facendo l’analisi ponderale delle quantità da cui provengono i campioni, si arriva a 56 kg di orzo presenti in diciotto siti in confronto a 108,4 kg di frumento presenti in quindici sitie circa 7 kg di farro presenti in cinque siti. La produzione di frumento inteso come grano duro, teneroe farro era quindi il doppio di quella di orzo. Il rapporto tra le quantità conferma una produzione locale legata alle regole tramandateci dagli autori classici, così come le differenti qualità di cereali denotano una produzione ottenuta da terreni dalle caratteristiche disomogenee. Infatti il grano tenero (ma bisogna tener conto delle difficoltà di determinazione della specie in taluni casi) presente con circa 9 kg tra il genere Triticum presente, e il farro erano considerati adatti alle pianure con terreno denso ed umido, mentre per l’orzoe il grano duro erano ritenuti più idonei i terreni collinari asciuttie sciolti. Una conferma di tale distribuzione colturale viene dal ritrovamento di orzo in uno sfalcio d’erbe fatto chiaramente in una vigna in una proprietà rustica di Terzigno: questo tra l’altro indica che era ancora diffusa la prassi, riprovevole per Plinioe Columella, di coltivare cereali tra i filari di viti.
6Considerato che le quantità di grano teneroe di farro assommano a circa 16 kg contro i 72 di grano duroe frumento, ci troviamo con una più alta produzione in grano della fascia collinare rispetto alla pianura: questo si accorda con le necessità di tenere comunque le colture lontano da impaludamenti, ristagni d’acquae pericolo di straripamenti. Infine un’ultima considerazione va fatta, a favore di una produzione cerealicola locale: se il grano fosse venuto da altri paesi4 nei pistrina e nelle botteghe si sarebbero dovute trovare immagazzinate quantità molto più grandi. Il fatto che la massima quantità trovata sia di 60 kg fa pensare ad tino stoccaggio in granai distribuiti sul territorioe comunque facilmente raggiungibili per il rifacimento di scorte di magazzino.
Per i riscontri
7Catone, De Agricultura
8Columella, De Re Rustica
9Plinio, Historia naturalis
10Varrone, Rerum rusticarum libri III
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 Lo studio degli antichi piani di campagna permette di distinguere tra terreni preparati per le colture cerealicole, per quelle orticole e per l'impianto di vigneti e frutteti.
2 La superficie delle aie rispecchia la quantità dei raccolti: si va dalle aie di 20-25 mq di superficie a quelle che superano abbondantemente i 100 mq.
3 Ad esempio, quelli relativi agli elenchi delle derrate e delle rispettive quantità depositate in questo ο quel granaio distribuito sul territorio.
4 A tale proposito il confronto ictu oculi con frumenti africani sembra deporre per un’origine autoctona delle granaglie vesuviane: tuttavia il responso definitivo può venire solamente da un confronto cariologico tra reperti e in tal senso si sta operando.
Auteur
Soprintendenza archeologica di Pompei
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