Puteoli porto annonario e il commercio del grano in età imperiale
p. 103-128
Résumés
La relazione si sofferma solo su alcuni aspetti del più generale tema concernente Puteoli porto annonario, per i quali a giudizio dell’a. un approfondito riesame conduce a novità interessanti. 1. Sull’attività dei mercatores frumentarii e sul commercio del grano alessandrino a Puteoli in età giulio-claudia una straordinaria testimonianza è fornita da due gruppi di documenti dell’archivio dei Sulpicii, che solo ora, grazie alla loro riedizione a cura dell’a.. consentono una ricostruzione attendibile delle loro implicazioni giuridico-economiche. 2. L’eccezionale sistema integrato di strutture portualie commercialie i quartieri suburbani, sommersi dal mare, appaiono finalmente nella loro realtà topografica d’insieme nella pianta ricostruttiva. Inoltre si adducono decisivi argomenti per datare in età neroniana il famoso opus pila rum della città. 3. Infine si riesamina tutta la documentazione epigrafica, edita ο inedita, riguardante l’organizzazione annonariae il commercio del grano a Puteoli.
With regard to the more general theme of Puteoli as a supplying port, this paper dwells upon only some aspects, the re-examination of which, according to the a., lead to interesting findings. 1. On the activity of the mercatores frumentarii and on the Alexandrian grain commerce in Puteoli in the Julio-Claudian period extraordinary evidence is furnished by two groups of documents in the archive of the Sulpicii, which only now, thanks to their new critical edition by the a., permit a reliable reconstruction of their juridico-economic implications. 2. The exceptional integrated system of port and commercial structures and the suburban quarters, submerged by the sea, appear finally in their overall topographical reality in the reconstructed plan. Furthermore decisive arguments are adduced for dating the famous opus pilarum of the city to the neronian period. 3. Finally all the cpigraphic documentation, published and not, regarding the supplying organisation and the grain commerce in Puteoli is re-examined.
Texte intégral
1Questa relazione si soffermerà solo su alcuni dei diversi aspetti del tema, per i quali ad avviso di chi scrive un approfondito riesame conduce a novità interessantie che vanno dai documenti dell’archivio dei Sulpicii sul commercio del grano alessandrino in età imperiale1, alla topografiae cronologia delle strutture portuali puteolane.
21. Sui mercatores frumentarii puteolani e sui modi del loro coinvolgimento nel commercio del grano alessandrino una testimonianza di prima mano di straordinaria importanza è fornita da una decina di documenti dell’archivio dei Sulpicii, del quale sto da anni preparando una nuova edizione, ormai terminata (Camodeca 1992), che possa sostituire quella precedente irrimediabilmente scorretta ed incompleta. Per questo motivo, come si vedrà, spesso le diverse ipotesi che sono state avanzate su alcuni di questi documenti sono semplicemente frutto di letture errate. È quindi necessario riesaminarli alla luce della mia riedizione, che si fornisce in appendice, per mettere in evidenza quanto di certo se ne possa ricavare, una volta posti gli esatti termini della questione.
3Il primo gruppo di tavolette cerate, il più noto, è composto da cinque documenti in latino “volgare”, datati fra il 37 ed il 39 e connessi fra loro, che riguardano un mercator frumentarius puteolano, il liberto C. Novius Eunus2; questi commerciava all’ingrosso grano alessandrino3 ma anche farro, legumi (cecie lenticchie), di produzione assai probabilmente campana, oltre ad un misterioso monocopus, che non è, come dapprima creduto, in base ad un’errata lettura “uno speciale tipo di farro”, sibbene una varietà a sé di leguminacea ο di cereale come si ricava da TPSulp. 52 (= TP. 16) (pag. 3, linn. 9 s.: monocopi et far(r)is). Il 18 ο 28 giugno del 37, cioè proprio nel periodo dell’arrivo delle navi granarie alessandrine nel porto di Puteoli, che, come sappiamo4, iniziavano a giungere ai primi del mese, C. Novius Eunus chiede ed ottiene a mutuo (TPSulp. 51 =TP. 15)5 10000 sesterzi da un liberto di Tiberio, Ti. Julius Augusti libertus Euenus Primianus, che, essendo assente, lo concede a mezzo del suo schiavo actor, Hesychus. Il prestito fu garantito da 7000 modii di grano alessandrino (circa 47 ton.)e 200 sacchi di ceci, di farro, di lenticchie, di monocopus per altri 4000 modii (oltre 26 ton.)6, che Eunus aveva in deposito negli horrea Bassiano publico Puteolanorum7, gestiti in appalto dal suo stessopatronus C. Novius Cypaerus8.
4L’evidente sproporzione fra il valore del pegno, quasi 75 tonnellate di derrate rispetto alla somma avuta a mutuo (10 000 HS), equivalente a 0,9 sesterzi a modio, una valutazione ridicolmente bassa, consente ad Eunus di ottenere solo pochi giorni dopo (il 2 luglio) sullo stesso pegno altri 3000 HS a mutuo da Hesychus (TPSulp. 52 = TP. 16)9. Ma anche in questo modo gli 11 000 modii di cerealie legumi sono stati valutati appena 1, 18 HS al modio; questa cifra non può essere presa come base per desumerne il prezzo del grano a Puteoli (Mrozek 1978, 153 sqq.), dato che di regola il valore di mercato del pegno superava di molto la somma mutuata; in questo caso per più della metà, poiché si può calcolare che a Puteoli, come vedremo in seguito, il prezzo del grano alessandrino non doveva discostarsi dai 3 HS a modio. Questa volta però, a differenza che nel primo documento, Eunus non dichiara più che il grano alessandrinoe le altre derrate erano in suo possesso (quae omnia reposita habeo penes me in horreis Bassianis), ma si limita a precisare che il grano si trovava in horreis Bassianis medis horreo duodecimo e le altre derrate in isdem horreis imis. Era accaduto che, aumentata il 2 luglio la somma mutuata a 13000 sesterzi, il possesso delle merci pignorate è stato trasferito al creditore Hesychus per sua maggiore sicurezza. Il modo in cui è avvenuto il trasferimento del possesso è indicato nel terzo documento del dossier (TPSulp. 45 = TP. 7) redatto lo stesso 2 luglioe alla presenza dei medesimi signatores di TPSulp. 52. Fra di essi spicca un ingenuus, A. Mevius A. f Fal. Iulus, membro di una gens puteolana che, forse per mero caso, è fra quelle ben attestate ad Alessandria (Camodeca 1992, 129).
5Si tratta di un chirografo di locatio horrei’10 in cui il servo Diognetus, loca ad Hesychus per ordine (iussu) e alla presenza del suo dominus11 l’horrearius C. Novius Cypaerus, a sua volta patrono del debitore Eunus, l’horreum duodecimum negli horrea Bassiana media dove si trovavano i 7000 modi di grano alessandrinoe lo spazio fra le colonne del portico del livello inferiore (intercolumnia in iisdem horreis imis)12 dove erano posti 200 sacchi di cerealie legumi dati in pegno da Eunus ad Hesychus; il tutto era locato da Cypaerus per un canone puramente nominale di 1 sesterzio al mese13. È notoche Cicerone (de finib. 2. 26. 84) considerava il possedere granai a Puteoli una tipica fonte di arricchimento. Questa singolarità si può spiegare facilmente se si considerache l'horrearius Cypaerus era il patronus di Eunus e che, come ora risulta, egli partecipa come signator anche al secondo chirographum di mutuo del 2 luglio. Si può verosimilmente immaginare che Cypaerus avesse un preciso interesse nell’affare del suo libertoe si assumesse quindi i costi reali della locazione14.
6D’altra parte si deve tener conto di un fatto tecnico: per la concessione del possesso sulle cose pignorate era necessaria la locazione a nome di Hesychus dei vani dove esse erano conservatee per l’esistenza stessa di un valido contratto di locatio-conductio occorreva un canone (merces) anche se nominale (12 sesterzi all’anno). Inoltre il debitore si assume espressamente ogni rischio di vis (danni ο furti) non imputabili all’horrearius riguardo alle derrate pignorate, ma nulla si prevede sul possibile deterioramento di merci di per sé deperibili come cerealie legumi; ciò ci autorizza a ritenere che doveva trattarsi di un mutuo a breve termine, dell’arco di pochi mesi, come del resto è prassi costante negli atti dell’archivio15. Una prima interessante considerazione si può senza dubbio trarre da questi documenti: se i due mutui di 10000 e 3000 sesterzi contratti dal nostro mercante frumentario, C. Novius Eunus, non fossero stati connessi con il commercio del grano, egli avrebbe potuto ben vendere le derrate per procurarsi il denaro che gli occorreva senza dover ricorrere al mutuo. Pare evidente invece che egli non riteneva conveniente vendere in quel momento il grano alessandrinoe le altre merci nel mese di luglio, proprio nel periodo d’arrivo delle prime navi granarie da Alessandria16. Un interessante indizio sulle, del resto ovvie, oscillazioni di prezzo del grano alessandrino a seconda delle stagioni è fornita dal secondo gruppo di documenti, dove, come vedremo, lo stesso grano aveva a marzo, sempre come oggetto di pegno, una valutazione più alta di un quarto.
7Dal chirografo di Eunus risulta chiaro che le merci date in pegno erano già state da lui acquistate al momento del primo prestito di 10000 sesterzi il 18 (o 28) giugno17; ma il nostro mercante vuole disporre di altro denaro contante (prima 10000 e poi altri 3000 sesterzi) da investire nell’acquisto di ulteriori partite di grano alessandrino; socio nell’affare doveva essere il suopatronus, C. Novius Cypaerus, che metteva a disposizione gli horrea publico da lui gestiti per immagazzinarlo ed attendere il momento migliore per vendere col migliore profitto, prima il grano acquistato con il mutuoe poi, saldato il debito con Euenus, quello dato in pegno. D’altra parte il liberto imperiale Euenus, tramite il suo schiavo Hesychus, aveva investito in tutta sicurezza il suo capitale di 13 000 sesterzi, ben coperto dal valore di mercato delle derrate avute in pegno,e che certo gli fruttava un non trascurabile interesse, che, come al solito, non viene dichiarato, ma che con ogni verosimiglianza gli era versato mensilmentel18. E la clausola della restituzione a richiesta del creditore (quae ei reddam cumpetierit) senza termine prefissato gli consentiva, nel caso le cose si mettessero male, di ingiungere l’immediata restituzione ed, in mancanza, di rivalersi vendendo all’asta le merci pignorate.
8Un interessante termine di confronto è costituito dal secondo gruppo di documenti dell’archivio dei Sulpicii riguardanti il commercio del grano alessandrino, sul quale la mia riedizione, qui pubblicata per la prima volta, apporta rilevanti novità. Si tratta di tre documenti datati fra il 13e il 15 marzo del 40; questa volta è protagonista lo stesso C. Sulpicius Faustus che il 13 marzo dà a mutuo 20 000 sesterzi ad un mercator frumentarius, L. Marius Iucundus, liberto di un altro liberto, L. Marius Dida (TPSulp. 53 = TP. 8 + 92 + ined.);fra i testimoni dell’atto un liberto dei P. A unnii. Questa circostanza va sottolineata perché nello stesso giorno C. Sulpicius Faustus loca dall’’horrearius P. Annius Seleucus l’horreum vicensimum sextum nel settore superiore degli horrea siti nei praedia Barbatiana di Domitia Lepida (su cui v. infra); per questo horreum, dove sono depositati 13 000 modii di grano alessandrino (cioè circa 87 ton.), si fissa un canone di locazione di 100 HS al mese (TP Sulp. 46 = TP. 44+ 46 + ined.)’19. Stranamente solodue giorni dopo, il 15 marzo, segue il chirografo (TPSulp. 79 = TP. 69), in cui L. Marius Iucundus dà in pegno al creditore Faustus in garanzia del mutuo di 20 000 sesterzi i 13 000 modii di grano alessandrino siti nel magazzino nr. 26 degli horrea Barbatiana, assumendone su di sé ogni rischio di danno ο sottrazionee si fissa il termine di due mesi (le Idi di maggio) per la restituzione; in caso contrario il pegno sarebbe stato venduto all’asta.
9Ma perché in questo caso la locazione dell’horreum XXVI, in cui era depositato il grano oggetto del pegno, precede, anziché essere contestuale ο posteriore alla costituzione del pegno, come sarebbe logicoe come accade nel caso di C. Novius Eunus? Gli studiosi che si sono occupati di questo documento di locatio horrei (TP. 44) si sono imbattuti in un’altra apparentemente insuperabile difficoltà; infatti nel chirografo, così come letto dai primi editori20, redatto da Nardus, servo dell’horrearius P. Annius Seleucus, questi locava a Faustus l’horreum vicensimum sextum in quo reposition est tritici Alexandrini millia modium decern et tria, cui sarebbe seguita dopo una brevissima lacuna di circa 5 lettere, l’incomprensibile espressione mutuitur (sic) dominus meus. Ora, poiché la forma verbale mutuitur non esiste, tutti i commentatori di questo documento21 si sono vanamente sforzati di darle un senso verosimile. Non è però il caso di discuterle: per fortuna si tratta semplicemente di una lettura errata correggendo la quale si possono, a quanto credo, risolvere in un solo colpo i due problemi che si sono rilevati.
10Infatti a mio avviso si deve senza alcun dubbio leggere: in quo repositum est tritici Alexandrini millia modium decern et tria quae admetietur dominus meus cum servis suis (cioè Annius Seleucus, il padrone di Nardus, che scrive il chirografo). Il verbo admetior è termine tecnico usato in varie fonti sempre in contesti di misurazione di derrate,e in specie del grano22. E anche l’’indicazione del canone mensile di locazione, che nelle precedenti edizioni era stata restituita in modi inverosimili23, trova finalmente una piana soluzione con la decifrazione della parola mercede (mercede in mensibus singulis sestertis centenis nummis).
11Dunque Faustus prima di accettare in pegno il grano alessandrino depositato nell’horreum XXVI vuole che l’horrearius lo misurie ne stabilisca l’esatta quantità che Iucundus aveva dichiarato in 13 000 modii (87 ton.). È noto infatti che le cose fungibili come il grano vengono identificate solo a pesoe a misura; stabilirne il quantum era necessario per individuare precisamente l’oggetto del pegno, oltre che per fissarne il valore. Questa è a mio parere la spiegazione della singolare circostanza per cui la locazione del deposito del grano precede di due giorni la costituzione verae propria del pegno su di essi. Solo al termine delle operazioni di misurazione, condotte dall’horrearius cum servis suis, è possibile la costituzione del pegno.
12Chiariti a mio avviso i termini dellaquestione, si può tentare di intendere le ragioni economiche dell’affare. Siamo alla metà di marzo; in teoria dovrebbe essere un buon momento per vendere il grano alessandrino, ma il mercante frumentario L. Marius Iucundus non vuole (o forse non può) farlo e, pur avendo bisogno di 20 000 sesterzi, preferisce chiedere un mutuo al finanziere C. Sulpicius Faustus, dandogliin garanzia i 13 000 modii di grano, che questa volta sono valutati circa un quarto in più rispetto al caso di Eunus, chesi svolgeva a giugno/luglio (HS 1,53 a modio rispetto a 1,18)24. Maal mercato all’ingrosso, specie su quello di Roma, esso doveva avere un valore ben più grande; secondo i più recenti calcoli, in Italia il prezzo era in generale di 4 sesterzi al modioe nel primo principato a Roma arrivava a 5/625.Maanche a Puteoli non poteva essere di molto inferiore a 3 sesterzi al modio26; infatti in età giulio-claudia il prezzo normale del grano nel Basso Egitto, al di là di variazioni stagionali, si può calcolare in 8 dracme per artaba (cioè grosso modo equivalenti a 2 HS al modio)27, cui vanno aggiunti i costi del trasporto28 e dell’immagazzinaggio. Ciò dà la misura di quanto si cautelasse il creditore pignoratizio riguardo a merci deperibili.
13Eppure si deve notare che a metà marzo il periodo del mare clausum era oramai finito e che i 13 000 modii digrano alessandrino di Iucundus avrebbero riempito una di quelle piccole navi da carico, che potevano risalire anche il Teveree il cui armamento per trasporto granario sarà solo qualche anno dopo, nel 51, considerato da Claudio sufficiente per accedere a speciali privilegi ed immunità29. Inoltre va ricordato che proprio nell’estate precedente Caligola aveva fatto costruire il famoso ponte di navi onerarie fra Puteoli e Bauli per celebrare il suo trionfo sul mare in emulazione di Serse, anche se considerare questa manifestazione di vana potenza come causa diretta delle grandi difficoltà di approvvigionamento che ci furono a Roma nell’inverno 40-41 pare essere un’esagerazione delle fonti, specialmente del più tardo Cassio Dione (LIX, 17, 2), in cui l’episodio è ampliato ed ingigantito con elementi leggendari30. Eppure, nonostante una situazione così favorevole, Iucundus decide per una qualche ragione di tenersi ancora il grano alessandrino in deposito negli horrea Barbatiana. Questa volta però, trattandosi della metà di marzo, non si può ovviamente pensare che Iucundus voglia procurarsi danaro contante da investire in acquisto di altro grano come si è supposto per Eunus. Si può comunque immaginare che volesse acquistare altro tipo di derrate, in quel momento sul mercato a prezzo conveniente, per il cui acquisto preferiva indebitarsi piuttosto che vendere il suo grano. Qualche luce sul punto può forse trarsi dalle clausole del pactum de pignone vendendo concluso fra il debitore Iucundus e il creditore Faustus: si idibus Mais primis ea sestertia vigiliti millia, quae supra scripta sunt, non dedero, solvero satisve fecero, turn liceat tibi (a Fausto) id triticum Alexandrinum sub praecone... vendere (cioè vendere all’asta). Si precisa poi che si pluris venierit, omne quod superesset reddas mihi heredive meo; si quo minoris venierit, id ego reddam tibi heredive tuo. Fino a quel momento ogni rischio riguardo al frumento pignorato era assunto dal debitore oppignorante. Mi pare significativo il termine delle Idi di maggio per la restituzione del prezzoe per l’eventuale vendita all’asta. Entro due mesi Iucundus ritiene di restituire il mutuo ricevuto, evidentemente col ricavato dell’affare che avrebbe concluso con i 20 000 sesterzi avuti in prestito da Faustus.Mase le cose fossero andate male, si stabilisce che la vendita all’asta del triticum Alexandrinum avvenga alle nundinae successive il 15 maggio, una data che significativamente precede di poco l’arrivo delle prime navi granarie da Alessandria previsto per l’inizio di giugno, dopo di che il prezzo del grano sul mercato puteolano sarebbe sensibilmente calato.
14Merita infine almeno un cenno un altro documento dell’archivio dei Sulpicii, di cui purtroppo lo stato di grave lacunosità rende assai difficilee incerta la ricostruzione del testo, ma non ne giustifica certo la prima pessima edizione31. Quanto si legge su questa pag. 5, datata 22 dic. 57, è del massimo interesse: vi si parla di 18 000 modii (cioè ben 120 ton.), con ogni verosimiglianza di grano alessandrino, da vendere all’asta; di una nave (che è probabilmente quella che l’ha trasportato); di un navicularius di condizione peregrina, un orientale Theodori filius, certo però non un alessandrino, che in qualche modo ha a che fare anche col porto di Sidone ecc.32.
15In conclusione questi documenti ci permettono di osservare da vicino l’attivitàe le operazioni finanziarie dei mercatores frumentarii puteolani, degli horrearii e dei finanzieri della città, un veroe proprio microcosmo che ruotava attorno al commercio del grano alessandrino, che vi appare interamente in mani private. Questo commercio libero non doveva però riguardare il grano fiscale necessario perle frumentationes imperiali, quantificabile in 12/15 milioni di modii (80/100 000 ton.), ma la restante parte del tributo frumentario dovuto dall’Egittoe dall’Africa, che si può calcolare grosso modo in 30/40 milioni di modii (200/250 000 ton.)e che doveva servire per le scortee per il fabbisogno complessivo della popolazione di Roma33. Né il liberto di Tiberio, Euenus, dal quale Eunus riceve a mutuo i 13 000 sesterzi, risulta in qualche modo collegato all’organizzazione dell’annona imperiale, né quest’ultima, come si è da taluno supposto34, è intervenuta nell’affare. Si tratta sempre, come si è visto, di liberti ο liberti di liberti, al più figli di liberti, cornea mio avviso lo stesso C. Sulpicius Faustus (Camodeca 1992,25 sqq.) In generale essi appartengono a gentes campane35; alcune di queste gentes fanno anzi parte dell’oligarchia puteolana, come i L. Marii e in particolare gli Annii, per i quali ho potuto tempo fa dimostrare la ricchezzae il potere cittadino fin dalla tarda repubblica; qui si ricordi solo che la basilica del nuovo foro augusteo, la basilico Augusti Anniana, fu costruita a loro spesee che loro estesi interessi commerciali trasmarini, in specie orientali ed egiziani, sono ben testimoniati proprio in età giulio-claudia (Camodeca 1979, 17 sqq.).
16Un loro liberto, P. Annius Seleucus (forse di origine sira ο microasiaticae che si dichiarava analfabeta), svolgeva la lucrosa attività di horrearius36, gestendo gli horrea siti nei praedia Barbatiana di Domitia Lepida, nientemeno che la zia di Neronee la suocera di Claudio. Così attingiamo ad un livello sociale ben più alto dell’aristocrazia cittadina, non solo quello senatorio, ma addirittura la stessa casata imperiale, già presente in questi affari, come si è visto, con suoi schiavie liberti. Che questa Domitia Lepida sia proprio la zia di Nerone, la figlia di L. Domitius Aenobarbus, cos. ord. 16 a. C., e di Antonia maggiore37, non v’è alcun dubbio. Essa non va comunque confusa con la sua quasi omonima sorella maggiore Domitia, come fa il D’Arms (D’Arms 1980, 76,78), sulla sola base delle proprietà baiane di quest’ultima (Tac., Ann., XIII, 21,3), per ereditarne le quali essa fu secondo Cassio Dione (LXI, 17,2; cfr. Suet., Nero, 34, 5) uccisa da Nerone nel38. Il fatto poi che i suoi praedia portino il nome di Barbatiana non indica, come si è supposto, proprietà della gens Barbatia, maquellediun Barbatus, se si pensa che primo marito di Domitia Lepida, da cui nacque la celebre Valeria Messallina, fu L. Valerius Messalla Barbatus, cos. 12 a. C. Questi morì giovanee la moglie dovette ereditarne questi praedia puteolani, il che ci fornisce un nuovo dato non trascurabile sulle proprietà lucrative dell’aristocrazia senatoria a Puteoli in età augusteo-tiberiana. Anche questi fondi di Domitia Lepida finirono però probabilmente nel patrimonio imperiale nel 54, quando l’odio di Agrippina le sarà fatale procurandole la condanna a morte da parte di Claudio (Tac., Αnn., XII, 64, 2-3; 65, 1; Suet., Nero, 7).
17Dunque nel 40 gli horrea siti nei praedia puteolana di Domitia Lepida erano stati dati in gestione tramite locazione ad un liberto di una delle più importanti famiglie cittadine, gli Annii39. Altro buon esempio di intreccio di interessi fra ceto senatorioe aristocrazie cittadine.
18Viceversa l’altro horrearius, C. Novius Cypaerus, anch’egli di condizione libertina, aveva ottenuto in appalto dalla colonia puteolana la gestione degli horrea Bassiana publica Puteolanorum, costruiti da un Bassus, purtroppo non meglio noto, forse come manifestazione di evergetismo verso la città40. Si è anche visto come questi horrearii non si limitassero a guadagnare con il canone di locazione dei numerosi ambienti dei loro horrea, ma potessero essere più ο meno direttamente cointeressati, anche tramite i loro liberti, alle operazioni finanziarie dei loro clienti sulle merci depositate. Dietro si scorge sempre l’intervento dei finanzierie banchieri locali come C. Sulpicius Faustus; i dubbi che sono stati espressi anche di recente (Andreau 1987, 363, 519) sulla possibilità che Faustus e il suo liberto Cinnamus abbiano svolto anche il mestiere di banchieri sono superati dalla mia rilettura di TP. 40 + 118 (= TPSulp. 82; Camodeca 1992,29 sqq.). Si può capire quindi l’entusiasmo con cui, stando a Seneca (Ep., 77, 1), l’intera città accoglieva l’arrivo della classis Alexandrina ai primi di giugno.
192. Questi documenti ci forniscono anche interessanti precisazioni sulla organizzazionee sulla stessa struttura edilizia degli horrea puteolani di epoca giulio-claudia, con ladivisione in tre settori, horrea ima, media, superiora. Non si può condividere l’interpretazione che di queste designazioni dava il Sommella41, con riferimento cioè alla posizione di questi horrea nel tessuto urbano digradante lungo tre grandi terrazze disposte fra i 35-40 me il mare, per cui ad es. gli horrea ima sarebbero stati quelli localizzati nei quartieri portuali. Dal testo della TPSulp. 45 (=TP. 7), in particolare, dove vengono locati l’horreum duodecimum in horreis Bassianis publicis Puteolanorum medis item in iisdem horreis imis intercolumnia..., essendo inverosimile pensare a tre piani, sembra chiaro trattarsi di horrea disposti su tre livelli, sfruttando il naturale pendio del terreno, ma senza alcun riferimento alla loro localizzazione nelle diverse zone della città. In questa si riconoscono ancora almeno quattro grandi complessi di horrea, databili per le tecniche edilizie dall’epoca tardorepublicana-augustea fino agli inizi del II secoloe posti sia nell’area immediatamente a ridosso dei quartieri portuali, sia nella terrazza superiore lungo le percorrenze verso la grande viabilità esterna (via Campana, via Domitiana); per non parlare ovviamente dei grandiosi complessi di magazzini che la foto aerea mostra nella zona ora sommersa dal mare lungo la ripa puteolana che si estende fino al portas Iulius (v. carta archeologica a tav. 1).
20I documenti finora esaminati con le grandi quantità di grano alessandrino commerciato a Puteoli nel 37-40 non mi pare confermino l’ipotesi del Frederiksen (Frederiksen 1980-81, 23 sqq.), secondo cui la formazione della classis Alexandrina sarebbe da porre in epoca neroniana42. Per questo egli si fonda sul presupposto, a mio parere indimostrato, che la classis Alexandrina come tale doveva viaggiare tutta insieme in un unico convoglio. Questa idea gli fa ingiustamente svalutare la preziosa testimonianza svetoniana (Aug., 98, 1) dei marinai alessandrini che nel porto di Puteoli salutano Augusto, che vi era di passaggio negli ultimi giorni della sua vita, come loro benefattoree salvatore;e ciò solo perchè in questo episodio non si parla di una flotta ma di singole navi. A me invece questo aneddoto pare assai significativo per sostenere che fu l’epoca augustea a segnare il salto decisivo rispetto al passato per il commercio granario fra Puteoli e Alessandria, anche se si può ritenere per certo che esso andò poi meglio organizzandosi per tutta l’età giulio-claudia. Del resto che la classis Alexandrina arrivasse a Puteoli in un unico convoglio non risulta da nessuna fonte; anzi vi sono buoni argomenti per sostenere che i convogli erano almeno due all’anno, il secondo dei quali doveva svernare nel porto flegreoe ripartire per Alessandria all’inizio della primavera43.
21A Puteoli dovevano arrivare già dall’età augustea almeno 10-15 milioni di modii annui solo di grano alessandrino44, equivalenti a 70 000-10 0000 tonnellate. Un unico convoglio avrebbe significato Γ arrivo simultaneo di 300-500 navi da carico di medie dimensioni (cioè da 20 000 a 50 000 modii l’una), che avrebbe posto seri problemi organizzativi, tenendo conto che per scaricare una nave di questo tonnellaggio occorrevano dai 4 ai 5 giornie forse più (Pomey/Tchernia 1980-81,41; cfr. 40e n. 40). Inoltre, a quanto sembra, il contributo granario africano era andato aumentando considerevolmente fra Augustoe Nerone, tanto che, stando a Giuseppe Flavio (Bell, Iud., II, 383e 386), nel 66 esso costituiva addirittura il doppio di quello alessandrino45. A questo proposito non si può dimenticare che a Rusicade di Numidia, uno dei maggiori centri di esportazione cerealicola africana, viene onorato il Genio della colonia puteolana (CIL. VIII, 7959=ILAlg.. II, 4), anche se l’iscrizione, al contrario di quanto si è sostenuto talvolta, sembra più tarda dell’età giulio-claudia46. Che nei documenti dell’archivio dei Sulpicii appaia però solo grano alessandrino, potrebbe essere dovuto al mero caso oppure alla loro stessa datazione al 37-40, precedente il forte aumento delle importazioni granarie africane, che comunque alcuni studiosi hanno ritenuto destinate fin dall’inizio principalmente al nuovo porto ostiense claudio-neroniano, peraltro assai poco sicuro. In conclusione quindi, se si calcola anche il minore contributo dalla Sicilia47, a Puteoli durante la bella stagione dovevano arrivare ed essere scaricate ben più di un migliaio di navi di medie dimensioni solo per il traffico granario, cui vanno aggiunte le operazioni di carico delle varie migliaia di navi più piccole adatte alla risalita del Tevere. Ciò lascia intendere il gran numero degli addetti,e la complessità delle operazioni connesse con le attività portuali a Puteoli, vitali per l’annona romana,e di conseguenza l’ampiezza delle strutture ad esse destinate.
223. Di queste infrastrutture nulla ο quasi si sapeva fino a poco tempo fa. Fra di esse spicca certo il celebre molo lungo 372 m.; esso è noto sia dagli imponenti resti di 15 pilae visibili ancora agli inizi del secoloe poi inglobati nel molo moderno48, quanto in particolare dalle splendide raffigurazioni sulle famose fiaschette vitree di produzione puteolana d’epoca tetrarchica, oltre forse dal disegno del Bellori ex antiqua pittura. La sua costruzione è stata riportata dalla più recente dottrina49 all’età augustea. E l’ipotesi ben si inquadrerebbe con quanto ora conosciamo sul grande interesse di Augusto per Puteoli, da lui elevata al rango di colonia Iulia Augusta e sul vasto rinnovamento edilizio cittadino che ne conseguì, a cui concorsero con grande munificenza ed emulandosi a vicenda le più importanti famiglie dell’oligarchia puteolana del tempo, tutte d’altronde più ο meno direttamente interessate allo sviluppo della funzione portualee del commercio trasmarino della città50.
23Invero il Dubois (Dubois 1907, 260) pensava che il molo puteolano fosse solo di poco posteriore alla fondazione della colonia repubblicana del 194 a. C., invocando sia il rapido sviluppo del suo portoe delle sue attività commerciali trasmarine, sia la menzione di un molo puteolano in Appiano (b. c., V, 71-72), sul quale all’inizio dell’estate 39 a. C. sarebbe avvenuto il famoso incontro di Antonioe Ottaviano con Sesto Pompeo. E tale ragionamento sembra seguito di recente anche dal Castagnoli (Castagnoli 1977,64 n. 84). Ma era questo il molo cui si riferiva Appiano? Invero lo storico (V, 71, 298) parla chiaramente di tavolati di legno posti su pali infissi nel mare, dunque di pontili costruiti per l’occasione. Il porto di Puteoli doveva avere numerosi pontili di legno che dalla ripa si allungavano nel mare anche per lungo tratto per permettere lo sbarcoe l’imbarco delle merci sulle navi; in tal senso una testimonianza esplicita, addirittura autoptica, anche se stranamente poco considerata al riguardo, è quella di Licinio Muoiano, cos. 63/64, cos. III nel 73 (fr. 12 P. ap. Plin.. N,H., VIII, 6), che in occasione di uno dei suoi imbarchi per l’Oriente ricorda questi pontili procul a continente porrecti. Si è anche sostenuto, ma l’ipotesi giustamente non ha trovato consensi, che l’ἀμφίκλυστον Δικαιαρχέων χώμα dallo stesso Appiano menzionato poco dopo (V, 72, 303), come luogo di un secondo incontro avvenuto l’indomani fra i tre personaggi, sia diverso dai pontili di legno costruiti per il primo colloquio51. Perdi più poiché altre fonti come Velleio (II, 77, 1), Plutarco (Ant., 32, 2) e Cassio Dione (XLVIII, 36, 1) pongono l’incontro a Misenoe altre ancora a Baia, come Floro (II, 18, 4), esso è stato non di rado ritenuto non precisamente localizzabile all’interno del golfo di Pozzuoli52. Ad ogni modo la testimonianza appianea, seppure la si volesse considerare più degna di fede delle altre53, non potrebbe comunque provare l’esistenza nel 39 a. C. del grande molo raffigurato sulle fiaschette vitree; qui l’opera assume un rilievo tale da rendere evidente come l’opus pilarum rappresentasse uno dei più celebrati monumenti della città54. Per una sua costruzione in età augustea è stato richiamato dal Beloch in poi (Beloch 1890, 131) un epigramma di Antifilo di Bisanzio (Ant. Pal., VII, 379 = 14 Müller). poeta ritenuto di età augustea, in cui si magnificava il grande molo del porto di Puteoli che si spingeva fino all’alto mare. Il molo stesso orgogliosamente diceva: «Io ricevo la flotta del mondo. Qui vicino c’è Roma; questo porto è a suamisura». Stranamente queste frasi, che in modo così significativo si riferiscono a mio avviso alle flotte annonarie romane (si ricordino i litora mundi hospita di Stazio, Silv., III, 5, 75), sono state inverosimilmente messe in relazione col portus Iulius dal Duboise dal Castagnoli (Dubois 1907, 259; Castagnoli 1977, 64 n. 84). Si può invece essere sicuri che il molo celebrato da Antifilo sia quello di Puteoli, poi raffigurato sulle fiaschette vitree. Più ο meno negli stessi termini entusiastici lo esalta anche Filippo di Tessalonica in un’altra composizione poetica raccolta nell’Anthologia Palatina (IX, 708); questi era ritenuto più tardo di Antifiloe datato all’età di Caligola55. Ma la conclusione, che in generale se ne è tratta, di una costruzione del grandioso molo di Puteoli in età augustea, va a mio avviso respinta. Già il Miiller56 aveva infatti dimostrato che Antifilo di Bisanzio, ritenuto fino ad allora un poeta augusteo, scriveva un elogio di Nerone Cesare per aver questi restituito nel 53 la libertas ai Rodii (Aut. Pal., 9, 178 = 30 Miiller); la stessa raccolta di Filippo di Tessalonica fu edita secondo i più recenti studi con tutta probabilità in epoca neronianae non nel 40 (Cameron 1980, 43 sqq. ; 61 sq. ; cfr. Hartigan 1979. 108 sq.).
24I due componimenti poetici che magnificano il molo di Puteoli vanno ormai considerati, come era naturale attendersi, più ο meno contemporanei, il che rafforza l’idea di un’unica occasione per la loro composizione; essi sono però da datare molto più tardi dell’età augustea, sotto Claudio ο Nerone. A questo punto mi sembra del tutto inverosimile immaginare che entrambi i poeti si siano ricordati di celebrare come una ciclopica meraviglia del lavoro umano un’opera già esistente da almeno mezzo secolo oppure che occasione per tali enfatiche espressioni possa essere stato un semplice restauro; non resta che pensare alla costruzione stessa del molo o, per meglio dire, ad una sua ricostruzione (v. n. 54) in forme tanto grandiose da comportare un suo sensibile allungamento che consentiva di difendere dall’azione del mare una parte molto più grande delle infrastrutture portuali poste sulla ripa di fronte. Pur non volendo trarre conclusioni affrettate, è certo che Nerone risulta un ottimo candidato come artefice di quest’opera imponente, se si pensa che nel 60 Puteoli fu colonia neronianae che, a quanto ritengo si possa dimostrare, a Nerone si deve un ampio progetto di risistemazione urbanistica della cittàe forse la costruzione ed inaugurazione nel 66 dell’anfiteatro maggiore (Camodeca 1991, 157 sqq.). Ma in particolare non si può dimenticare che nel grandioso disegno neroniano, in parte realizzato alla morte dell’imperatoree su cui ingiustamente ironizza Tacito (Ann., XV, 42, 2-4), Puteoli doveva essere collegata direttamente col Tevere mediante un canale navigabile per renderne più sicurae continua la funzione annonaria. Del resto tali giganteschi progetti di dominio sulla natura si inquadrano perfettamente nella politica di opere pubbliche di quegli anni57.
25Uno dei più rilevanti settori dell’antica città con la ripa puteolana58 e i quartieri suburbani che si estendevano fino al portus Iulius e al lago Lucrino, dall’alto medioevo sommersi dal mare, riappare finalmente per la prima volta nella sua realtà topografica d’insieme nella mia pianta ricostruttiva (tav. 1)59 frutto dell’attento studio di una serie di foto aeree perpendicolari effettuato con la valida collaborazione dell’architetto C. Iuorioe di pochi mirati saggi di controllo subacquei60. Ne risulta finalmente chiaro61 come il porto di Puteoli e il portus Iulius venivano a costituire dall’età augustea in poi un eccezionale sistema integrato di strutture portuali a fini commerciali (i socii portus di Stat., Silv., IV, 8,7?), reso del resto necessario dal contemporaneo enorme sviluppo del traffico marittimo di mercie derrate, che confluivano nella città flegrea con destinazione finale, quasi sempre, Roma. Gli sporadici rin-venimenti subacquei di questi ultimi anni, purtroppo per lo più casualie privati del contesto topografico, hanno comunque dimostrato una continuità di vita fino al tardo impero sia della ripa che del portus Iulius. E già dalla restituzione in pianta appaiono evidenti le varie fasi costruttive con orientamenti diversi; non è qui però la sede per una più puntuale descrizionee ricostruzione delle vicende edilizie di questo importante settore della città, che sarebbero in ogni caso premature, essendo di oramai prossima attuazione un progetto, da me ideato, che prevede un’attenta ricognizione ed il rilevamento strumentale con cartografia numerica in scala 1: 1000 di tutta la ripa puteolana.
26Il portus Iulius era stato costruito, come è noto, da Agrippa ed Ottaviano nel 37 a. C. per le necessità militari connesse con la guerra contro Sesto Pompeo, sfruttando il lago costiero del Lucrinoe il più internoe profondo lago d’Averno62; il primo fu messo in comunicazione col mare tagliando l’istmo sabbioso mediante lo scavo di un grande canale, ancor oggi ben visibile lungo circa 300 me largo 50, mentre un altro canale collegava i due laghi. Ma il portus Iulius conservò solo per pochi anni questa funzione militare, dato che probabilmente già negli anni 20 a. C. la flotta fu definitivamente spostata a Miseno. La poca profondità del Lucrino, lamentata già da Strabone (V, 4, 6), non comportò comunque il suo abbandono come struttura portuale; essa fu destinata a scopi commerciali, come mostrano sia i bacinie le darsene ancora conservati all’interno del porto lagunaree separati da un lungo molo (ca. 110 m x 10 m), sia l’eccezionale serie di horrea, magazzini e taberne posti lungo due strade parallele, una delle quali prosegue rettilinea verso la terrafermae probabilmente serviva come asse pricipale di disimpegno di questa zona portuale.
27Lungo la ripa, tra la cittàe il Lucrino, si andarono sviluppando specialmente a partire dall’età augustea dei vici (quartieri) suburbani a carattere emporico. Ciò comportò una nuova connotazione funzionale dell’intero sito, che in età tardo-repubblicana era invece caratterizzato da ville residenziali suburbane poste sulla collina della Starzae digradanti verso il mare, fra cui i celebri horti Cluviani di Cicerone; il litorale si andò ora riempiendo con una cortina di edifici connessi con l’attività portuale. Avevo già potuto identificaree localizzare con precisione due di questi vici, il vicus Lartidianus e il vicus Annianus, mediante due basi di statua, recuperate in mare ancora in situ e dedicate nel 121 all’imperatore Adriano, la prima ritrovata alla fine dell’800, impiantandosi il cantiere Armstrong (oggi Sofer). la seconda nel 1972 presso il pontile della Pirelli (Camodeca 1977, 75 sqq.). Ed ora i due vici appaiono finalmente nella loro ben distinta ma strettamente collegata realtà topografica ed urbanistica (tav. 1). Inoltre i dedicanti di queste due basi di statua si definivano significativamente inquilini vici, cioè appunto forestieri lì residenti, impegnati nelle attività mercantili legate agli impianti portuali. Questi quartieri dunque, analogamente ai fondachi delle città medievali, erano abitati da mercanti stranieri che per ragioni di commercio risiedevano a Puteoli, provenendo dalle più lontane regioni del Mediterraneo sia occidentale (in particolare africanie spagnoli) siaorientale (egiziani, fenici, arabi-nabatei, siriaci, microasiatici, greci etc.); ad es. dalla mia rilettura di un graffito ercolanese (CIL, IV, 10676) è risultato un vicus Tyanianus a Puteoli, che prendeva il nome dai cappadoci di Τyana che lo abitavano;e dai numerosi graffiti di una taberna di via Terracciano, databili alla prima metà del II secolo, risulta vividamente la particolare frequenza degli orientali (Camodeca 1991, 143). Nei vici dove essi risiedevano iperegrini avevano anche costruito i templi ai loro dei nazionali; così il tempio del dio nabateo Dusares, l’unico noto in Occidente, era sito proprio nel vicus Lartidianus come mostra il recupero in mare in questa zona di vari altarie lastre marmoree a lui dedicate. Qui è possibile restituire in pianta il portico colonnato in piperno, già noto agli antiquari del’700e dell’800 come "tempio delle Ninfe", nei cui pressi fu rinvenuta nel 1972 una bottega di scultore, attiva almeno fino a tutto il II secolo; non lontano andrà collocata anche una verae propria statio marmorum (NScA, 1888, 640 sqq. ·, Dubois 1907, 130 sqq.). Una vivida descrizione di questo tratto della ripa in età severiana si può leggere a mio avviso in un passo assai interessante di Filostrato (v. Apoll. Tyan., 7, 12) con l’elenco delle numerose navi alla fonda pronte a partire per i più diversie lontani paesi (Africa, Egitto, Fenicia, Cipro, Sardegna, Spagna).
28E proprio all’altezza del vicus Lartidianus è possibile identificare con sicurezza un preciso aggancio urbanistico fra i quartieri portual ie la viabilità esterna che correva lungo la terrazza urbana superiore di quota 40 m; è infatti ancora visibile in sezione (a q. 13) la strada basolata larga ca. 3,5 m63, che dalla ripa risaliva fino a sfociare nella via Domitiana proprio all’altezza dei grandi horrea detti Pondera attraverso un erto vallone (loc. Canalone), sui cui versanti si dispongono due grandi complessi edilizi articolati su vari livelli con più fasi costruttive dall’età augustea al II secolo inoltrato. Sul costone nord si identificano altri ambienti, anche termali, probabilmente quelli scavati nel 189064. Si tratta di strutture residenziali a servizio dei vici della ripa, abitate anch’esse da peregrini65. Si possono ipotizzare in base alla ricostruzione dell’orografia antica almeno altre due di queste strade di collegamento fra la zona portualee la viabilità esterna atte a superare il forte salto di quota.
294. Strutture portualie di immagazzinaggio di dimensioni così grandi, il cui buon funzionamento doveva essere vitale per l’annona romana, richiesero certo una crescente attenzione da parte dell’amministrazione imperiale. Il primo provvedimento imperiale è noto solo con Claudio, sul cui interesse per i problemi annonari non è il caso di insistere; egli istituì a Puteoli come ad Ostia una coorte urbana ad arcendos incendiorum casus (Suet., Claud., 25, 2) per la protezione dei servizi annonari che le due città svolgevano. Ma l’epigrafia non ci fa conoscere per Puteoli quella complessa organizzazione imperiale, nota invece per Ostia, per l’amministrazione delle attività portuali ed annonarie a partire dai primi provvedimenti dello stesso Claudio (un liberto imperiale procurator portus) e poi di Traianoe Adriano (un procurator annonae equestre e un liberto imperiale procurator portus utriusque)66. La risposta fino a poco tempo fa era divenuta un topos: con la costruzione del porto claudio-neronianoe poi di quello traianeo l’importanza commercialee annonaria di Puteoli era rapidamente decaduta. Non mi dilungo ora a dimostrare quanto questa idea di una decadenza complessiva della città sia senza fondamento67. È invece opportuno raccoglieree riesaminare la sparsa documentazione epigrafica puteolana di IIe III secolo concernente l’organizzazione dell’annona imperialee il commercio del grano a Puteoli. Si deve premettere che se la differenza numerica con la documentazione ostiense è impressionante, non va dimenticato che il patrimonio epigrafico puteolano si è conservato in proporzione assai minore di quello di Ostia. Comunque le testimonianze puteolane, seppure poche, sono a questo riguardo significative.
30Fondamentale importanza assume infatti la base onoraria posta da una regio puteolana (la regio Decatriae) al vir egregius Julius Sulpicius Successus, procurator portus Puteolanorum, edita nel 1972 dal D’Arms (D’Arms 1972,255 sqq. = AE 1972, 79) e da lui datata alla metà del IV secolo per motivi paleografici. Ma non c’è dubbio che questa iscrizione non può essere posteriore al 326 per il titolo di vir egregius che scompare dopo le riforme dell’ordine equestre di Costantinoe per lo stesso titolo di procurator essa va posta assai meglio alla fine del III-inizi IV secolo68. È evidente che un procurator imperiale di rango equestre non sarebbe stato necessario se il traffico portuale di Puteoli non fosse stato ancora in quest’epoca di interesse statale. A mio avviso inoltre non è possibile pensare ad una creazione tardo-imperiale per il posto di procurator portus Puteolanorum·, esso deve risalire certo al principato. Se vale, come credo verosimile, il parallelo amministrativo con Ostia, un simile posto affidato inizialmente ad un liberto imperiale potrebbe già essere stato istituito da Claudio69; ed è presumibile che la carica non sia divenuta equestre prima di quella omologa di Ostia fra Alessandro Severoe Gordiano70. Una testimonianza indiscutibile sulla presenza di un’organizzazione annonaria imperiale a Puteoli (alle dipendenze di un procurator annonae locale?), analoga a quella ostiense, è fornita da CIL, X, 1562, una grande base marmorea dedicata nel foro della città ad Antonino Pioe al Genio della colonia puteolana da un A ugusti servus dispensator a frumento Puteolis et Ostis. Ciò mostra come il fiscus frumentarius avesse rappresentanti in entrambe le città. Non si può non ricordare che fu proprio Antonino Pio a far eseguire nel 139 importanti lavori di restauro al molo puteolano, promessi già da Adriano, per i gravi danni subiti da una mareggiata71.
31Mancavano finora a Puteoli, a differenza di Ostia, dediche poste al praefectus annonae72 che era a capo di questa complessa organizzazione annonaria; questa lacuna è ora colmata da un’iscrizione ancora ineditae di prossima pubblicazione a cura di chi scrive, anche se ritrovata nel lontano 1921e da me rintracciata nei depositi del Museo. Si tratta di un praefectus annonae, finora ignoto [...]lius Iulianus (certamente non L. Iulius Vehilius Gratus lulianus); nella sua carriera si distinguono tre procuratele provinciali ducenarie, una praefectura (classis ?), infine l’ufficio palatino di a rationibus prima della prefettura dell’annona. Questo schema di carriera, in particolare la sequenza a rationibus - praefectus annonae è, come noto, tipico dell’epoca fra Adriano e Settimio Severo ed alla fine del II secolo può a mio avviso assegnarsi l’iscrizione. Meno probanti sono invece altre due testimonianze spesso richiamate al riguardo: l’una, CIL, X, 1729 (ora al Kelsey Museum), una dedica funeraria posta ad un Gregorius, figlio del liberto imperiale M. Ulpius Nicephor, proximus commentariorum annonae, è generalmente datata in età tardo-traianeo-adrianea e attesterebbe l’esistenza a Puteoli di numerosi impiegati dell’annona con a capo questo funzionario73. Ma questa interpretazione dell’epigrafe va incontro ad una grave difficoltà: si è giustamente rilevato74 che, essendo Gregorius un cognomen derivatto da un signum, risulta inverosimile una sua datazione precedente alla metà del II secolo; se invece si intende l’iscrizione come una dedica funeraria al giovanetto Gregorius, non figlio ma servo di M. Ulpius Nicephor, posta dai genitori del defunto (Nicephor e Ulpia Profutura), anch’essi servi ο ex servi del liberto imperiale, proximus commenta riorum annonae, l’iscrizione può essere più opportunamente datata verso il 170. Di conseguenza, al momento della redazione del testo, M. Ulpius Nicephor, anche se ancora vivo, doveva essere in età assai avanzatae certo non più in carica. Se ciò è vero, nulla impedisce di pensare che la sua funzione nell’organizzazione annonaria imperiale fosse stata svolta a Romae che a Puteoli egli si fosse semplicemente ritirato in una sua proprietà75. Una cosa simile si potrebbe supporre anche per il liberto imperiale M. Ulpius Proculus, morto a Puteoli, che era stato (ma dove?) tabularius fisci alexandrini, ufficio probabilmente connesso con l’annona (NScA, 1901, 20)76.
32Ben più interessanti per il nostro tema sono altre due iscrizioni: la prima, ritrovata nel 1925 negli sterri presso l’ingresso orientale dell’anfiteatroe pubblicata dal Maiuri non del tutto correttamente77, fornisce la prima testimonianza epigrafica di un collegio di navicularii a Puteoli, ed era forse pertinente ad una loro sede in uno degli ambienti del portico esterno lungo il lato meridionale del monumento. L’iscrizione è databile per stretti confronti paleografici con altre epigrafi puteolane nella prima metà del II secolo: si tratta quindi assai verosimilmente di una dedica al divo [Traiano] ο al divo [Hadriano] da parte dei navicularii con un interessante riferimento esplicito alla loro funzione annonaria alle linn. 3-4; alla lin. 3, non ben compresa dal Maiuri78, non credo vi siano dubbi ad intendere: qui ad ur[bem] e alla lin. 4: et copiam (forse rei frumentariae?). Non vi è prova migliore per dimostrare che anche dopo la creazione del porto traianeo di Ostia, Puteoli e i navicularii, qui operanti, svolgevano un’importante funzione annonaria.
33Infine che il commercio all’ingrosso del grano fosse a Puteoli ancora nel II secolo un buon mezzo di arricchimentoe di ascesa sociale è mostrato con ogni evidenza da un’altra iscrizione puteolana databile nella prima metà del II secolo, ritrovata nell’area forense della città (ma di reimpiego), in cui due mercatores frumentarii, probabilmente padree figlio, il primo di chiara condizione libertina, avendo ottenuto l’adlectio nell’orcio decurionum puteolano, costruiscono a loro spesee dedicano al Genio della colonia Puteolanorum una [schola?] cum basibus et sedibus aeneis in una porticus ante aedem posita79. Che si tratti di mercanti di granoe che la loro fortuna sia stata dovuta a questo commercio è mostrato assai significativamente dall’altorilievo scolpito sul fianco destro della base: un modius ricolmo di spighe di grano80. La carica simbolica di questa associazione fra il Genio della colonia di Puteoli e il modius di grano ancora in pieno II secolo è assai significativa. In proposito va richiamata l’analoga dedica al Genio della colonia puteolana (CIL, VIII, 7959), posta a mio avviso all’incirca in questa stessa epoca, a Rusicade di Numidia. In conclusione mi pare che queste sia pur poche testimonianze puteolane esprimano a sufficienza che la città continuò a svolgere per tutto il principato la sua funzione annonaria accanto (o, se si vuole, in subordine) ad Ostia.
Discussion
34M. CHRISTOL: Je voudrais dire à G. Camodeca que je ne suis pas surpris que le port de Pouzzoles ait conservé une grande importance, car le port de Claude à Ostie a été le lieu de déboires importants pour les flottes annonaires. Il y a eu au moins deux tempêtes tragiques sous Claude et sous Néron qui ont détruit chaque fois des centaines de navires. Ce qui m’a retenu dans sa communication, si l’on prend ses indications sur le plan chronologique, c’est que nous avons d’abord des témoignages, les tablettes par exemple, sur le trafic privé, et nous n’avons rien sur la partie du service annonaire que l’on peut penser publique, celle qui est réservée aux frumentationes. C’est un problème. Et ensuite nous trouvons des renseignements sur la présence de l’administration, donc des gens qui sont tout de même attachés à faire véhiculer convenablement tant le blé des frumentationes que le blé du marché libre dans les années ou les décennies ou les siècles les plus tardifs; les documents qu’il cite appartiennent au deuxième et au troisième siècles. Alors, je voulais savoir s’il a des éléments concernant le contrôle, la surveillance, l’organisation du trafic public qui étaient aussi du ressort du préfet de l’annone à l’époque né-ronienne ou flavienne, c’est-à-dire le transport du blé réservé aux frumentationes, qui, lui, n’était pas du blé mis dans le domaine privé.
35G. CAMODECA: È difficile poter rispondere, mancando purtroppo i documenti; si può però ribadire il parallelo con Ostia: anche ad Ostia abbiamo più ο meno la stessa cosa: i primi provvedimenti imperiali sono quelli di Claudio come anche l’istituzione del procurator partus. Prima non abbiamo un’organizzazione annonaria comunque, non sappiamo nulla nemmeno per Ostia. La stessa cosa vale senza altro per Puteoli, come ho cercato di mettere in evidenza: solo in seguito si ha un maggiore numero di funzionarie si va indubbiamente verso un’organizzazione annonaria sempre più ampiae articolata, sia a Ostia sia a Puteoli. Questa è la mia im-pressione. Purtroppo, a parte, ripeto, il testo svetoniano su Claudio per l’istituzione della coorte urbana a Puteoli ed a Ostia, che è certamente a scopo annonario, non ci sono altri documenti su funzionari dell’annona fino all’età traianea quando anche a Puteoli ne compaiono alcuni, sebbene di rango decisamente secondario. Solo che come abbiamo visto anche stamattina con la Cébeillac, Ostia ha una documentazione estremamente più vasta.
36D. FORABOSCHI: Una questione semplicissima sui prezzi. I prezzi di Pozzuoli risultano, circa il grano alessandrino, almeno di un quarto inferiori al prezzo egiziano. Come si può spiegare questo? Inoltre praticamente uguali ai prezzi della Lex Sempronio frumentaria anteriori di più di un secolo che a sei assie un triente vendeva il grano a un prezzo calmierato, per cui il problema delle liste io lo vedrei molto ridotto. È solo un calmiere,e quindi non c’è bisogno di liste di assegnatari. Son d’accordo con Lo Cascio soprattutto, anche tenendo conto di questo aspetto. Ma il problema grosso è questo, questa differenza: vendevano in perdita. Dov’era l’interesse del vendere in perdita?
37G. CAMODECA: Attenzione, come ho già segnalato nella relazione, la valutazione fatta per un pegno era sempre nettamente inferioree di parecchio, non sappiamo di quanto, al valore del mutuo. La cosa più importante è che il grano pignorato risulta valutato di più a marzo rispetto a giugno. Però il prezzo di mercato va calcolato forse al doppioe qui parliamo di mercato all’ingrosso. Per questo abbiamo altre testimonianze: per esempio da un pegno di vasellame d’argento, nello stesso archivio, confrontando il peso dell’argento impegnato con il valore del mutuo; è chiaro che il creditore si tutela molto bene, non vuole oscillazioni di prezzo, non vuole preoccupazioni. Addirittura, nel nostro caso, c’è il rischio del deterioramento: quando si tratta di merci deperibili, aspettare due mesi, con la possibilità che il grano nel frattempo si deteriori farebbe correre rischi al creditore da cui egli si vuole assolutamente garantire. Comunque è chiaro che i prezzi del grano a Pozzuoli sono molto bassi ri spetto all’I talia. Questo è un dato, mi pare, eviden tissimo.
38Cl. NICOLET: Je voudrais poser une question à Camodeca à propos de ces tablettes dont il avait déjà parlé à Paris. L’étrangeté de ces prêts à court terme, où effectivement les rapports entre la valeur vraisemblable du gage et l’emprunt ne sont pas très faciles à voir, me fait penser à deux choses: d’une part à une chose très connue, le fenus nauticum: le fenus nauticum n’est pas un prêt, c’est une forme élémentaire, embryonnaire d’assurance, le but est donc d’assurer une marchandise pour un transport. Est-ce-que, en l’occurrence, il ne pourrait pas s’agir, concernant la marchandise, de quelque chose qui est plus proche de l’assurance, une garantie cherchée pour la bonne garde d’une marchandise, la permanence d’un capital plutôt que d’un veritable prêt pour d’autres opérations. La deuxième chose à quoi cela me fait penser, c’est toujours une réflexion à propos de l’utilisation du prêt; Andreau et d’autres connaissent bien cela dans le monde romain. Les emprunts ou les fausses ventes sont un moyen utilisé dans un état relativement embryonnaire du droit commercial, du droit des choses, pour obtenir un résultat différent: je pense aux fameuses ventes pour réaliser une fondation, c’est-à-dire en réalité, pour arriver à grever une terre d’un loyer, d’un revenu, qui sont expliquées très clairement par Pline le Jeune pour sa fondation à Côme, mais qui sont, à mon avis, tout simplement le mécanisme adopté par le système des alimenta impériaux où, sous prétexte d’un emprunt, ce qu’on voit réaliser en réalité c’est tout simplement le fait de créer un loyer sur une propriété, le fait d’obérer une propriété, de transformer, disons l’Eigentum en Besitz comme dirait Kaser. Alors, je me demande si des opérations de ce genre sont vraiment des opérations bancaires, commerciales, réelles ou une façon d’exprimer soit une assurance, soit autre chose.
39G. CAMODECA: Credo si possa rispondere abbastanza sicuramente; abbiamo fortunatamente 120 documentie questi bene ο male riescono a darci un’idea che in molti casi si tratta di verie propri prestiti; su questo non c’è dubbio, serve denaro contante in vista di un affare. Per quale precisamente non ce lo dicono le tavolette, ma dobbiamo tener conto di un fatto, che sappiamo molto bene, su questi prestiti vi erano interessi altissimi. Ora, chi otteneva il prestito doveva essere ragionevolmente sicuro di poter rientrare subito per restituire, altrimenti erano veramente dolori. Nel caso nostro, abbiamo certamente un mercatorfrumentarius. La cosa interessante, su cui ho voluto richiamare l’attenzione, è che il 28 giugno il nostro Eunus chiede 10 000 sesterzi, il 2 luglio ne chiede altri 3 000 sempre sul medesimo pegno: siamo nel periodo dell’arrivo delle navi alessandrine, lui è un mercante di grano alessandrino; mi pare che ci siano molte possibilità per immaginare che aveva bisogno di danaro contante per comprare sul mercato del grano alessandrino a prezzi buoni, da stipare, notate, negli horrea del suo patronus che chiaramente era cointeressato all’affare. Mi pare sia abbastanza chiaro che, almeno in questo caso, c’era l’intenzione di realizzare un affare.
40J. ANDREAU: J’ai été passionné par la communication de G. Camodeca et par son explication des tablettes de l’Agro Murecine. Il y a quelque chose qui m’a particulièrement intéressé, c’est évidemment l’idée nouvelle que ces gens là étaient aussi des coactores argentarli. Je voulais lui demander d’autre part: est-ce-qu’il y a des textes qui indiquent une sorte de valeur moyenne du gage par rapport au prêt? Il a parlé aujourd’hui d’un tiers ou une moitié en plus, on trouve dans la bibliographie, par exemple dans un article de Mrozek, l’idée que le gage était le double du prêt, mais il n’apporte aucune preuve de cette idée. Est-ce-qu’il y a des documents qui indiquent une pratique? Ou bien est-ce que la pratique, on ne peut que la deviner d’après tel ou tel de nos exemples?
41G. CAMODECA: Le cose stanno come ho detto prima anche al Foraboschi. L’unica tavoletta, oltre le nostre sul pegno di grano, dove è possibile fare una equivalenza, è quella che ho ricordato con pegno di argenteria, perché ne danno il peso. Però anche in questo caso, dobbiamo tentare un’approssimazione perché purtroppo l’ultima cifra del peso è perduta; siamo appunto grosso modo, come dicevo, su circa il doppio del prestito. Ad ogni modo io sono convinto che non c’era una regola fissa; questo era uno dei patti che venivano conclusi tra il mutuatarioe il mutuante, evidentemente dipendeva dalla necessità: chi aveva bisogno di denaro contante, naturalmente spinto dalla necessità, poteva arrivare ad accettare patti più onerosi. La regola è ovviamente la protezione del credito; del resto tutto in questi documenti dimostra ad abundantiam, che il creditore romano si cautelava in tutti i modi. Quindi non c’è dubbio che il valore del pegno era molto più alto, ma non possiamo quantificare,e secondo me non esisteva nemmeno una quantificazione esatta. Dobbiamo dire grosso modo il doppio, non più di questo.
42W. JOHANNOWSΚY: Sempre a proposito di quanto ha detto Camodeca, speriamo che un domani si possa avere una datazione archeologica più sicura dei singoli edificie complessi facenti parte del porto di Pozzuoli. Son rimasto molto meravigliato della datazione dell’anfiteatro più recente all’epoca neroniana: non mi pare che si possa datarlo così presto anche perché, tra l’altro, è stato costruito piuttosto di getto, non solo, ma cosa dire delle sculture; già nella parte bassa abbiamo degli elementi tecnici che ci fanno arrivare all’età flavia;e d’altra parte tutta la decorazione che è superstite, soprattutto quella della somma cavea, ma anche altro, è già di età tra-ianea. Quindi non mi pare che possiamo contare su un tempo di costruzione eccessivamente lungo, che abbia superato i trent’anni. L’anfiteatro flavio certamente è stato compiuto in un periodo di una quindicina d’anni. D’altronde, mi auguro che le esplorazioni subacquee che saranno fatte sotto la guida di Gianfrotta prossimamente nella zona del partus lulius possano portare a dati più sicuri. Il molo principale è stato incorporato in quello attuale; ma d’altra parte dobbiamo anche tener conto che si tratta di un moloe che la sua funzione principale doveva essere quella di frangiflutto,e chiaramente il porto di Pozzuoli aveva bisogno di strutture del genere già alquanto prima di Nerone.
43G. CAMODECA: La risposta è semplice: per quanto riguarda il molo, ho detto anch’io che senza dubbio un molo in muratura doveva esistere già prima. Io ho parlato della costruzione del grande molo, quello raffigurato poi sulle fiaschette vitree; è questa l’opera ciclopica celebrata da ben due poeti dell’Antologia Palatina, entrambi ora datati dai filologi, piacciao non piacciaalloJohannowsky, fra Claudioe Nerone. Per quanto riguarda l’anfiteatro, come ho già scritto altrove, esistono delle testimonianze epigrafiche oltre che letterarie, male ο per niente considerate. Il ragionamento di Johannowsky non convince perché si ostina a non tenerne conto; è il peso della tradizione. La decorazione traianea della summa cavea, ben nota già al Maiuri, non sposta i termini della questione sulla datazione dell’anfiteatro; la sua costruzione sotto i Flavi non può certo essere decisa solo in base alle iscrizioni di dedica Colonia Flavia Augusta Puteoli, né, peggio, pretendendo di distinguere strutture murarie degli anni 70 da quelle degli anni 60. Per parte mia ritengo che nella questione si debbano tener presenti due dati finora non considerati, anche alla luce di quanto ora sappiamo sull’importanza della colonia neroniana a Puteoli. Uno è letterario, un passo di Dione Cassio, ben noto; quando nel 66 Tiridate venne per via di terra in Italia per ricevere la corona di re d’Armenia, Nerone volle riceverlo con grandiosi giochie cacce, durati giorni, nell’anfiteatro di Pozzuoli; è significativo che la città era una sua colonia: si dovrà credere che l’anfiteatro era quello repubblicano, antiquato ed insufficiente già al tempo di Augusto (Svetonio)? Ciò tanto più che un’iscrizione del tempo di Nerone ci fa conoscere un curator operum publicorum primus, una specie di commissario straordinario nominato appositamente per sovraintendere alle opere pubbliche della nuova colonia; per giunta costui risulta onorato alla presenza dell’imperatore proprio in relazione a qualcosa che aveva a che fare con l’anfiteatro... Il tema non può essere svolto nell’ambito di una rispostae ci si tornerà; ma quanto detto mi pare basti a mettere in discussione inveterate certezzee a proporre l’ipotesi di una datazione neroniana con l’inaugurazione nel 66 dell’anfiteatro nelle sue strutture fondamentali; che poi vi siano stati successsivi completamenti della decorazione in età flaviae traianea non può certo meravigliare.
Bibliographie
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Annexe
APPENDICE
1. Il dossier di C. Novius Eunus
1. 1. Il mutuum cum pignoris datione del 18 (o 28) giugno 37
TPSulp. 51 (=TP. 15)-Trittico
Tab. I: inv. Pompei 14360; pag. 2: foto 13528.
Tab. II. pag. 3: foto 135 18; 13601; inoltre pag. 2 + pag. 3, foto 13557.
Tab. III: inv. Pompei 14364; pag. 5: foto 13521-22.
tab. I-II(costole) (ad atramentum, index)
Chirographum C. Nov//ii Euni HS X mutuorum
Put. XIV k. Iul. // Proculo et Nigrino cos. (18 giugno 37)
tab. I, pag. 2 (agraphium, scriptura interior)
Cn. Acceronio Proculo C. Petronio Pontio cos.
XIV k. Iulias (18 giugno 37)
C. Novius Eunus scripssi me accepisse ab
mutua ab Eueno Ti. Caessaris Augusti
5 liberto Primiano apssente per
Hessucus ser. eius et debere ei sesterta
decern milia nummu que ei redam
cum petiaerit et ea sesterta decern milia s.s.s. p. r. d. stipulatus [[ets]] est Hessucus
10 Eueni Ti. Cessaris Augusti 1. Primiani
ser. spepodi ego C. Novius Eunus;
pro quern iis sestertis decent milibus
ei
nummu dede pignoris arabonis-tab. II, pag. 3
ve nomine tridici alxadrini modium
septe milia plus minus et ciceris faris
monocpi lentis in sacis ducentis modium
quator milia plus minus que ominia
5 possi ta habeo penus me in horeis Bassianis
puplicis Putolanorum que ab omini
vi periculo meo est [[dico]] fateor. (S)
Actum Putolis
tab. II, pag. 4 (ad atramentum, signatores su due colonne ai lati del sulcus centrale, a sinistra prenomee gentilizio, a destra cognomen)
C. Novii Euni
Q. [F]alernii |—]
C. Sulpici Fausti
C. […] […]
5 […] Helvi|—]
C. Novii Euni
tab. III, pag. 5 (agraphium, scriptum exterior)
Cn. Acerronio Proculo C. Petronio Pontio Nigrino cos.
quartum (sic) kalendas Iulias (28 ! giu. 37)
C. Novius Eunus scripsi me accepisse mutua ab Eueno
Ti. Caesaris Augusti liberto Primiano apsente per
5 Hesychum servum eius et debere ei sestertium
decern millia nummum quae ei reddam cum
petierit/et ea HS X m.n. q.s.s.s. p.r.d. stipulatus est
Hesychus Eueni Ti. Caesaris Augusti 1. Primiani
servus spopondi ego C. Novius Eunus/proque
10 iis sestertiis decem m[ill]ibus nummum dedi
ei pignoris arrabo[n]isve nomine tritici alexandrini
[plu]s minus
modium septem millia et ciceris farris monocopi
lentis in saccis duc[en]tis [mod]ium quattuor millia p.m.
quae omnia reposita habeo penes me in horreis
15 Bassianis publicis Pu[teo]lanorum quae ab omni vi
periculo meo esse fat[e]or. Act. Puteolis
1. 2. Il mutuimi cum pignoris datione del 2 luglio 37
TPSulp. 52 (= TP. 16 + ined.)-Trittico
Tab. I: inv. Pompei 14361; pag. 2: foto 13593-4.
Tab. II: inv. Pompei 14362; pag. 3: foto 13617-8, cfr. 13596; inoltre pag. 2 + pag. 3, foto 13616e 13619; pag. 4, foto serie nuova D50716; infine costole, tab. I-II,foto 13610.
tabb. I-II (costole) (ad atramentum, Index)
Chirographum C. No // vii Euni HS ∞∞∞ mutuor.
praeter alia HS X // ob pignus tritici
tab. I, pag. 2 (a graphium, scriptura interior)
C. Cessasare Germanico Aug.
Ti. Claudio Germanico cos.
VI nonas Iulias C. Novius Eunus (2 lug. 37)
scripssi me accepisse muta ab
5 Hessco Eunni Ti. Cessaris Augusti
1. Primiani set". [| muta]] et
debere ei sestertia tra milia
nummu pret, alia HS X n.
que alio chirographo meo
10 eidem debo et ea sestertia
tra milia num. nummu
q.s.s.s. p.r. recete dari
tab. II, pag. 3
stipulatus ets Hessucus Euni
Ti. Cessaris Augusti 1. Primiani
ser. spepodi ego C. Novius Eunus
in qua ominis suma dedi ei
5 pignoris tridigi alxadrini modium septe mila quot est possit[um]
in horeis Bassianispuplicis Putola[nor.]
medis horeo duode[cimo | et sacos ducen[t-]
os lentis c[ice]r[is..]+issi monocopi
10 et faris in quibus sunt modium
quator milia qui sunt possiti in
isdem horeis que ominia ab omini
vi priculo meo est fator. (S)
Actum Putolis.
tab. II, pag. 4 (signatores sulla destra del sulcus centrale, in parte ad atramentum [nr. 1 J, in parte [nrr. 2-3] con praenotatio graffita su legno)
C. Novi E[uni|
A. M[evi] A. f.
Fa/. Iu[li]
Cypaeri
…
5 [C. Novi Euni]
1. 3. La locatio horrei del 2 luglio 37
TPSulp. 45 (= TP. 7) – Trittico
Tab. I, pag. 2: foto 1 3611
Tab. II, pag. 3: foto 13575 cfr. 1367 1; pag. 4: foto 13553, 13574.
Tab. III, pag. 5: foto 13573
Tabb. I-III (costole): foto 13540, 13623; pagg. 2, 3e 5: foto 13541. 13609. 13620-21; pagg. 4-5: foto 13597.
tabb. I-III, costole (ad atramentum, index)
Chir[ograp]hum Diogne//ti C. Novii Cypaeri servi
co[ndu]ctionis hor//rei XII in Bassianis
in quo triticum est // [pi]gnori accept, a Novio Euno
tab. I, pag. 2 (a graphium, scriptura interior)
C. Caesare Germanico Augusto
Ti. Claudio Nerone Germanico cos.
VI non. Iulias
Diognetus C. Novi Cupaeri ser.
5 scripsi iusu Cupaeri domini
mei cora ipsum me locasse
Hesico Ti. Iulii Augusti liberti
Aeueni ser. horreum XII
in horreis Bassianis puplicis Putiolano-
10 rum medis in quo repositu
est triticum alexandrini
quod pignori accepit
tab. II, pag. 3 hodie ab C. Novio Euno
item in isdem horreis
imis inter columnis ube
repositos habet saccos legu- 5 menum ducentos quos
pignori accepit ab aeodem
Eunum.
Ex k. Iulis in menses singulos
sestertis singlis nummis.
Act. Putiolis (S)
tab. II, pag. 4 (ad atramentum, signatores ai lati del sulcus centrale per i sigilli).
C. Novii Cypaeri
A. Mevii A. f. Fal. Iuli
Diogneti C. Novii Cypaeri ser.
C. Novii Cypaeri 1. Euni
Irenaei C. Iuli Senecionis ser
[Dio]gneti C. Novii Cypaeri ser.
tab. III. pag. 5 (a grapii ium, scriptum exterior)
C. Caesare Germanico Augusto
Ti. Claudio Nerone Germanico cos.
sextum nonas Iulias. Diognetus C. Novi
Cypaeri servus scripsi iussu Cypaeri domini
5 mei coram ipso me locasse Hesycho
Ti. Iuli Augusti 1. E[ue]ni ser. horreum
duodecimum in horreis Bassianis publicis
Puteolanorum medis, in quo repositum
est triticum alexandrinum quod pignori
10 accepit hac die a C. Novio Euno item
in iisdem horreis {horreis} imis inter
columnia ubi repositos habet saccos [[du]]
/eguminum ducentos quos pignori accepit ab
eodem Euno. Ex k. Iulis in menses
15 singulos sestertiis singulis n[u]m. Act. P[u]t.
2. Il dossier di L. Marins Iucundus
2. 1. Il mutuum cum stipulatione del 13 marzo 40
TPSulp. 53 (= TP. 8 + ined., cfr. 92) – Trittico
Tab. I: inv. Pompei 14357: pag. 2: foto 13599.
Tab. II, pag. 3: foto 13536; pag. 4: foto 13534, cfr. 13527; inoltre pag. 2 + pag. 3, foto 13510.
Tab. III: inv. 14440: pag. 5: foto D52189.
tab. I, pag. 2 (a graphium, scriptum interior).
C. Laecanio Basso Q. Terentio Cullione cos.
III idus Martias
L. Marius Didae l. Iucundus scripsi
me accepisse et debere C. Sulpicio
5 Fausto sestertia vigiliti millia
nummum, quae ab eo mutua
et numerata accepi; eaque sestertia
vigiliti millia minimum
q.s.s. sunt proba recte dari
10 stipulatus est C. Sulpicius Faustus
spepondi ego L. Marius Iucundus.
tab. II. pag. 3:
Act. Putiol. (S)
tab. II, pag. 4 (ad atramentum, sei signatores sulla destra del sulcus centrale per i sigilli, di cui si scorgono ancora le tracce dalla foto):
L. [Mari Iucundi]
[.] Ma[r]i? […]
C. Iuli Celeris
[…]
5 M. Ma[r|i […]
P. Anni F[e]licis
tab. III, pag. 5 (a graphium, scriptum exterior)
C. L[a]ecanio Basso Q. Terentio Culleone cos.
III idus Martias
L. Marins [Di]dae I. Iuc[und]us scr[ip]s[i me a]ccepisse
et debere C. Sulpi[ci]o Fa\[usto sestertia v]iginti
5 millia num[mu]m quae [ab e|o [mutua] et
numerata acce[pi]; eaque [US] ((I)) ((I))
quae s.s.s. p.r. [d.] stipulatus [est C. Sul]picius
Faustus spo[po]ndi ego L. Ma[rius Di]dae l.
Iucundus.
10 [Actum Puteolis]
2. 2. La locatio horrei del 13 marzo 40
TPSulp. 46 (= TP. 44 + 46 + ined.) - Trittico
Tab. I, pag. 2 (inedita): foto 14718, 14720, 14722.
Tab. Il: inv. 14402; pag. 3: foto 13549; pag. 4: foto s. n.inv.
Tab. III: inv. 18130; pag. 5: foto 13554.
tab. I, pag. 2 (agraphium, scriptura interior) (inedita) (apografo, fig. 1)
C. La[e]ca[nio Basso Q. Terentio Culle]one cos.
[III idus Martias]
Nardus P. [ Anni Seleuci servus scrip]si coram
[et ius]su [P. Anni Seleuci domini] mei
5 qu[od is negaret] s[e litt]eras [scire]
m[e locasse] C. Sulpicio [Fausto] horreum m
[XXVI. quod e]st inp[raedis Domit]iae
Lepid[ae Barbatianis| superi\oribus, in] q[uo]
[repositum est tritici alexandrini] millia
10 [modium XIII, quae dom]i[nus m]eu[s] adme-ti[etur) cum [servis suis, m]ercede
tab. II, pag. 3
in mensibus singulis sestertis
centenis nummis. (S)
Ac[tu]m Puteol.
tab. II, pag. 4 (ad atramentum, signatores sulla destra del sulcus centrale per i sigilli) (fig. 2)
P. Anni Seleuci
Cm Polli Cn. f Rufi
C. Iuli Felicis
Nardi P. Anni Seleu
Ci ser.
5 P. Anni Seleuci
tab. III, pag. 5 (a graphium, scriptum exterior) (fig. 3ae apografo, fig. 3b)
C. Laecanio Basso Q. Ter[en]tio Culleone cos.
IIIi[du]. s Martias
Nardus P. Anni Seleuci servus sc[ri]psi coram et iussu
Sel[eu]ci domini me/ [q]uod is negaret se litteras
5 scire m[e] locasse C. Sulpicio Fausto horreum
vicensimum et sexstum, quod est in praedis Domitiae
L[e|pidae B[a]rbatianis superioribus, in quo repositum
est tritici alexandrini millia mod[iu]m
decem et tria, [quae] admetietur dominus meus
10 cum s[er]vis [sui]s, m[er]c[ed]e in mensibus singulis
sestertis centenis nummis.
Actum Puteolis
2. 3. La pignoris datio del 15 marzo 40
TPSulp. 79 (= TP. 69)-Trittico
Tab. Ie II, perdute.
Tab. III. pag. 5: foto 13665.
tab. III, pag. 5 (a graphium, scriptura exterior)
C. Laecanio Basso Q. Terentio Cull leone] cos.
idibus Mar[tiis|
L. Ma[rius Didae l. Iucundus scripsi me dedisse C. Sulpicio]
Fa[usto pignoris nomine trit]ici alexan[drini modium]
5 millia [decern et tri]a quae su/ri posita in [Domiti-]
ae Lepidae [praed]is Βa r batianis superioribus [ho horreo]
XXVI ob HS viginti millia nu[mmum quae per chiro-]
graphum scripsi me ei debere […]
Si idibus Mais primis ea HS ((I)) |((]I)) q.s.s.s. non de[dero] sol[ vero]
10 satisve fecero, turn liceat tibi id triticu[m quo de agitur|
sub [plraecone de condicione pig[nor]is quo[... vendere.]
[Si pluris venier]it, orane quod superesse|t] reddas [mihi he-]
[redive meo; si | quo minoris venierit, id ego reddam tibi
heredive tuo. Utique id triticum quo de agitur
15 omni periculo esset meo heredisve mei haec
mihi tecum ita convenerunt pactusque sum.
Actum Puteolis
Notes de bas de page
1 Per il periodo repubblicano rinvio ai contributi di Musti 1980, 197 sqq. e Frederiksen 1980-81, 5 sqq:, inoltre sulla cura annonae di Pompeo, v. da ult. Herz 1988, 46 sqq.
2 Macqueron 1974, 497 sqq: Macqueron 1979, 199 sqq. ·, Casson 1980,26sqq. ; Bove 1984, 19 sqq. ; Serrao 1984, 3605 sqq. ; Wolf/Crook 1989, 9 sqq.
3 Sul commercio privato del grano in età imperiale, v. in generale Pavis d’Escurac 1976, 253 sqq.; Rickman 1980, 87 sqq. e passim.
4 Dalla celebre lettera di Seneca, Ep., 77, 1 e da papiri egiziani.
5 Sui chirografi di mutuum cum stipulatione e sul loro formulario, v. ora Camodeca 1992, 165 sqq.
6 Si è parlato (Macqueron, 1974,501 sqq. ·, Casson 1980, 27en. 35; Bove 1984,32) oltre che di sacchi, anche di cadi (cioè giare, doli), in cui sarebbero state contenute queste derrate; ciò è frutto di un’errata lettura: si trattava in realtà solo di 200 sacchi del peso ognuno di 130 kg circa.
7 Sugli horrea si veda in generale Rickman 1971, con bibl. ; sull’appalto degli horrea publico, v. Thomas 1966, 353 sqq.; Rickman 1971, 194 sqq.
8 Tale rapporto risulta esplicitamente sulla pag. 4 di TPSulp. 45 = TP. 7: C. Novi Cypaeri l. Euni.
9 In questo senso anche Wolf/Crook 1989, 19. Casson 1980, 27 ha pensato invece che questo mutuo sia stato concesso ad Eunus diretta- mmententmente dallo schiavo Hesychus, che avrebbe investito del suo nell’affare del padrone, e ciò perchè nel testo del chirografo si dice semplicemente: me (cioè Eunus) accepisse ab Hesycho Ti. tuli Augusti liberti Eueni servo. Ma questa formulazione non rende affatto necessaria una simile conclusione: infatti un servus, autorizzato dal dominus poteva ben dare a mutuo e ricevere pegni (v. ad es. D., 14, 5, 8) e la restituzione andava fatta secondo la regola generale al suo dominus. Tanto è vero che Eunus dichiara di dovere ei (cioè ad Hesychus, ma per il suo padrone) sia questi 3000 sesterzi sia gli alia sestertia decern milia quae alio chirographo meo eidem debeo, e sappiamo bene che questi ultimi gli sono stati mutuati senza dubbio da Euenus e non da Hesychus. Il Serrao 1984, 3612 sqq., sostiene che Hesychus agisca per conto del dominus ma nomine proprio e vede in lui «la figura tipica di schiavo manager che opera con un certo patrimonio a lui affidato e che mentre acquista a tale patrimonio, e perciò al dominus, espone quest’ultimo solo a una responsabilitàlimitata» (cioè all’actio de peculio e de in rem verso).
10 Questo chirografo, insieme a TPSulp. 46 = TP. 44. rappresenta l’unico documento di locatio horrei noto dalla prassi giuridica romana; sulla locazione degli horrea, v. Alzon 1966; Macqueron 1979, 199 sqq. ; spec. 208 sqq.; Wacke 1980, 299 sqq. con altra bibl.
11 Sulla posizione di Diognetus, che redige il chirografo di locatio horrei. v. Serrao 1984, 3609 sqq.: tra le tre ipotesi possibili egli considera «piùpersuasiva» quella secondo cui «Cypaerus, conduttore degli horrea Bassiana, avrebbe affidato gli horrea stessi in gestione al suo schiavo Diognetus. Se così fosse Diognetus li esercisce nomine proprio e non quale institor preposto dal suo padrone ad una attività economica da lui esercitatadirettamente». Il iussus specifico di Cypaerus per la locazione ad Hesychus sarebbe dovuto alla volontà di «dare per opportunità commerciale maggiori garanzie a determinaticlienti»; in tal modo il dominus «veniva a rispondere illimitatamente in base al suo iussus e nelle forme dell’actio quodiussu».
12 Sul termine, che ricorre anche in una lex horreorum (FIRA, III, 145 b), v. Alzon 1966, 539; Rickman 1971, 52; 54; 197 sq.
13 Inverosimile l’ipotesi del Macqueron 1979, 212 n. 51, che la colonia di Puteoli abbia stabilito nel contratto di appalto degli horrea publico una tariffa privilegiata per i mercanti di grano; v. infatti TPSulp. 46.
14 Sotto questo riguardo si confronti infatti la ben diversa situazione dell’altra locatio horrei TPSulp. 46 = TP. 44 + 46.
15 In questa sede non ci interessano direttamente gli ultimi due documenti riguardanti il mercante frumentario C. Novius Eunus e lo schiavo imperiale Hesychus, datati l’uno più di un anno dopo e l’altro addirittura due, per cui per brevità qui non ne tratterò. L’elemento unificante è però C. Sulpicius Faustus, il proprietario del nostro archivio, che se in questi primi atti del 37 appare come testimone, negli ultimi del 38 e del 39 assume la figura di adiectus solutionis causa, cioè di delegato a ricevere il pagamento al posto del creditore, funzione svolta evidentemente nella sua attività di banchiere.
16 Il viaggio fino a Puteoli doveva durare nella buona stagione circa un mese; solo un eccezionale record è la traversata in nove giorni ricordata da Plin., N. H.. XIX, 3; nella cattiva stagione si arrivava però a 80 e più giorni. Sulla durata di questi viaggi, v. Duncan-Jones 1990, 25 sqq.; cfr. Rickman 1980, 128 sq.
17 Non si può condividere l’interpretazione del Casson 1980, 28, secondo cui Eunus avrebbe preso a mutuo la somma di 10 000 sesterzi da Euenus per comprare una partita del grano alessandrino in arrivo in quei giorni a Puteoli’, poi il 2 luglio lo avrebbe dato in pegno al creditore e avrebbe pagato a rate il suo debito, mettendo sul mercato al momento opportuno il grano pignorato. Questa ipotesi urta contro grandi difficoltà: anzitutto fin dal primo documento di giugno Eunus dichiara di disporre già del grano alessandrino (quae habeo penes me in horreis), che Casson 1980, 32 n. 39, interpreta invece come «what I am to have on deposit under myname»; in secondo luogo è ben difficile immaginare come avrebbe potuto vendere il grano, che il suo creditore aveva ormai in pegno a proprio nome, senza prima estinguere il debito.
18 Sul problema degli interessi nei negozi di mutuo, v. Camodeca 1992, 174 sqq. con bibl.
19 Il documento costituisce un dato interessante, perchè assai raro, sul costo dell’immagazzinaggio del grano e sui profitti degli horrearii, sul punto, v. Rickman 1980, 150.
20 AE 1973, 167, poi con miglioramenti Sbordone 1976, 146; Bove 1984, 64 sqq. ; cfr. anche Macqueron 1979, 202 sqq.
21 Crook 1978, 236, seguito da Casson 1980, 33, vorrebbe attribuire al verbo il significato non altrimenti attestato di «to hand over as security for aloan»; Macqueron 1979, 203 n. 20; 211, proponendo di intendere mutuitur per mutuatur, interpreta /quorum pretium X] mutuatur, similmente Bove 1984, 65 sq., integra [pro q(uo) L. Marius Iucundus HS XX] mutuitur, ricostruzioni entrambe, a tacer d’altro, escluse già di per sé dall’eccessiva lunghezza.
22 Cato, Agr., 154; Cic., 2Verr., III, 192; Liv., XXXV, 49, 10; Gai., D., 18, I, 35, 7; Non. 743 (L.); v. Th. L. L., s. v., 725 s.
23 Macqueron 1979,203 n. 21, restituisce fantasiosamente: dominus meus [exk....]is in mensibus singulis s[esterti]s n[ummi]s X recipiet: in senso analogo Bove 1984, 65 sq.: dominus meus/[a C. Sulp]icio Fa[usto ex hac di]e in mensibus singulis/s[estert]is cen[tenis] num[mum recipiet]; Sbordone 1976, 146: cu[m u] suris q[uae pactae su]nt in mensibus singulis [sestert]is cen[tenis] nummis’, similmente Casson 1980, 33.
24 In questo caso erano però compresi 4000 modii di legumi e altri cereali, per i quali si può probabilmente ipotizzare un prezzo di mercato inferiore al grano alessandrino.
25 V. le analisi di Duncan-Jones 1982, 145sq. ;Rickman 1980. 147sqq.
26 Mrozek 1978, 153sqq.,confusamente, vorrebbe calcolare il prezzo del grano aPuteolibase ai dati forniti dai documenti diEunus; è visto però quanto questo procedimento sia pericoloso.
27 Sul punto v. ora la documentazione completa in Duncan-Jones 1990, 143sqq.cfr. già Duncan-Jones 1976a, 241sqq. ·,da 48choenices,era quella usata ufficialmente per le requisizioni granarie, equivaleva a 4,5 modii: sulle varie misure dell’artaba, che erano in uso v. Duncan-Jones 1982, 372 e in part. Duncan-Jones 1976b, 43sqq. ;1979, 347sqq.
28 Secondo Rickman 1980, 149sqq.,solo per il 16% circa, cifra però considerata troppo bassa dal Duncan-Jones 1982, 367sqq.
29 Suet.,Claud.,18,3-4e19; Tac., Ann., XII, 43, 1-2; Gai., I, 32; Ep. Ulp., 3. 6; cfr. Tac.,Ann.,51, 2; sul punto, v. Pomey/Tchernia 1980-81, 35sqq.ora Herz 1988, 90sqq.
30 In Seneca, Brev.vitae,si deplora retoricamente che mentre l’imperatore si diletta a costruire ponti di navi, l’annona va in malora; nessun accenno ad una conseguente crisi annonaria in Suet.,Cal.,né in los.,Aut.Iud.,XIX,5-6; per una attenta considerazione dell’episodio, v. Garnsey 1988, 222 sqq.data dell’estate del 39, fornita da Cassio Dione, è confermata da Suet.,Cal.,19, 3.
31 TP. 141, v. Landi 1980, 196 sq. ; ho potuto riconoscerne anche l’originale (inv. 14438) ormai assai contorto e quasi illeggibile.
32 Peri1 complesso esame ricostruttivo di questo documento rinvio alla sua prossima pubblicazione.
33 Per la cifra di 30 milioni di modii da ult. Garnsey 1988, 231 sq.; per 40 milioni Rickman 1980, 10, 232. Secondo Duncan-Jones 1990, 193 «in this case the government was probably converting some of its revenues in kind into revenues incash».
34 Così Macqueron 1974, 507 sq., ipotizza una requisizione del grano di Eunus da parte dell’annona.
35 Non so come qualche studioso (ad es. Kunkel 1973, 158) abbia potuto supporre che C. Novius Eunus fosse un mercante alessandrino solo perchè trattava (anche) grano alessandrino.
36 E’da escludere l’ipotesi dell’Alzon 1966, 42 sq. secondo cui l’horrearius sarebbe il custode delle chiavi; contra però già Thomas 1966,357 sqq.; Rickman 1971,196; Wacke, 1980, 307.
37 PIR 2, D 180; FOS, nr. 326.
38 PIR2, D 171; FOS, nr. 319.
39 I nuovi documenti puteolani smentiscono chiaramente la tesi dell’Alzon 1966,32sq. che gli horrea erano sempre gestiti direttamente dal proprietario ο da un suo rappresentante (schiavo ο procuratore); contra già Rickman 1971, 195 e ora Macqueron 1979, 206 sqq.
40 Escluderei senz’altro l’ipotesi del Frederiksen 1980-1, 21 e del Macqueron 1979, 204 n. 24 che si tratti di un Bassius ο di un Bassaeus, gentilizi mai testimoniati nella Puteoli giulio-claudia.
41 V. la mia Tav. 1 e Sommella 1978, 90 n. 90; passim con la descrizione e la pianta degli horrea ancora riconoscibili.
42 Sarebbe un fatto recente nel 64 al tempo della lettera di Seneca, Ep., 77, 1.
43 Ciò si è giustamente dedotto dalla constatazione che le notizie ufficiali, quali il cambio dell’imperatore, arrivavano in Egitto più rapidamente se l’avvenimento cadeva in marzo ο a luglio/agosto (v. Duncan-Jones 1990, 10 sq. ; 16 sq.). Nell’estate del 38 un certo numero di navi alessandrine salpa da Puteoli imbarcando Agrippa le tutto il suo seguito (Phil., in Flac., 26-27). Inoltre quel che sappiamo intorno alla classis africana, organizzata da Commodo (HA., v. Comm., 17, 7) sull’esempio di quella alessandrina, mostra che per lo meno sotto Costantino (CTh., 13, 5, 6) essa partiva in più convogli (v. Herz 1988, 140 sqq. ; 241 sq.).
44 Secondo una fonte tarda, come l’Epit. de Cues., 1, 6, sotto Augusto il grano egiziano importato a Roma ammontava a 20 milioni di modii; se alcuni studiosi ne hanno dubitato (ad es. Frederiksen 1980-81, 19 sq.), altri non l’hanno respinta (da ultimi Pavis d’Escurac 1976, 170; Casson 1980, 21). Ciò che sembra senz’altro inaccettabile è combinare questo dato con Γ affermazione di Ios.. Bell. Iud., II, 383, 386 (su cui v. in seguito), per concludere che a Roma arrivavano ben 60 milioni di modii solo dall’Africa e dall’Egitto; contra v. Rickman 1980, 231 sq. ·, Garnsey 1988, 231.
45 Nel senso del forte aumento delle importazioni dall’Africa e dell’importante ruolo svolto in ciò specialmente da Nerone, con una sostanziale fiducia nella testimonianza di Giuseppe Flavio, v. Picard 1956,163sqq. ·,Gallotta 1975, 28 sqq. ·, Pavis d’Escurac, 1976, 170; 175; Rickman 1980,67. sqq. ; 108 sqq. ; 231 sqq., che quantifica in 13 milioni e 27 milioni di modii rispettivamente il contributo granario dell’Egitto e dell’Africa. Dubita invece dell’affermazione dello storico ebreo Duncan-Jones 1990, 192.
46 L’uso esclusivo delle hederae distinguentes fa a mio avviso preferire il II secolo (cfr., anche per la formula di dedica, ILAlg.. II, 5, non precedente ai Severi); per un giudizio più puntuale sarebbe però necessaria l’autopsia dell’iscrizione e del rilievo raffigurante il Genio della colonia con la cornucopia e simboli significativi, come un ornamento di nave.
47 Per la Sicilia fornitrice di grano ancora in età imperiale, v. Pavis d’Escurac 1976, 177; Rickman 1980, 106; Duncan-Jones 1990, 190.
48 V. spec. Dubois 1907, 254 sqq. ·. cfr. Sommella 1978, 74, nr. 54; Castagnoli 1977,64 sq. Quanto ai pretesi bacini portuali a sud del Rione Terra (v. Beloch 1890, 133 con tav. III; Dubois 1907, 261 sqq. con fig. 20; cfr. Sommella 1978, 74, nr. 56 con fig. 167) essi si rivelano dalla pianta (v. Tav. 1) null’altro che un grosso doppio sistema di pilae a protezione del lato del promontorio più esposto alle mareggiate,opera da datare, come altre analoghe del mare flegreo, all’et à augustea (Verg., Aen., IX, 710 sqq. ; Vitr., V, 12, 2-4) (Camodeca 1991, 149 sq.). Al suo interno erano site probabilmente delle piscinae e altre strutture pertinenti alla vicina villa maritima, appartenuta in epoca Claudia alle sorelle Metiliae Marcia e Rufino (tre loro fistulae aquariae, ivi rinvenute, CIL, X, 1905, cfr. add. p. 972), di famiglia senatoria e nipoti dello storico Cremuzio Cordo (PIR-, M 553-4; FOS, nrr. 547-8).
49 Sommella 1978, 79; Panciera 1977, 195; Frederiksen 1984,334.
50 Sul punto v. Camodeca 1991. 148 sqq. ·, Camodeca c. s.
51 In tal sensoCarcopino 1913, 264 sqq. che fantasiosamente lo pone sull’isoletta menzionata da Paus., VIII, 7, 3 e raffigurata in Bellori; contra da ultimo Gabba 1970, 1 l9con bibl., il quale ritiene per certoche Appiano, quando menziona in 72, 303 il molo di Dicearchia, intende riferirsi sempre allo stesso pontile ligneo.
52 Così ad es. Gabba 1970, 119; Schor 1978, 42.
53 Così già Gardthausen 1891, 105, n. 20; cfr. Hadas 1930, 94 sq.: Carcopino 1913, 258 sqq.
54 Ostrow 1979. 1 13 sqq. Altro discorso è ovviamente l’esistenza, testimoniata da Suet., Cal., 19, 1 (per il 39), cfr. già Strab., V, 4, 6, di un molo frangiflutti in cementizio pozzolanico con analoghe funzioni di protezione dalle mareggiate, verosimilmente già da tempo necessario per le dimensioni del traffico marittimo puteolano, ma, come si vedrà, esso non può essere quello stesso celebrato dai poeti Antifilo e Filippo.
55 Da ultimo per la datazione al 40 della “Ghirlanda” di Filippo, v. Gow/Page 1968.
56 Miiller 1935, 11 sqq., che dimostrava come in Ant. Pal., IX, 178 non poteva trattarsi del futuro imperatore Tiberio; la datazione neroniana del poeta è confermata e seguita anche da Robert 1979, 257 sqq.: Gow/ Page, 2, 120; Cameron 1980,43 sq.: da ult. Volpe Cacciatore 1983,259 sqq.
57 Sul punto v. le considerazioni di Traina 1987, 40 sqq. con bibl.
58 Del tutto inutilizzabile è ormai il prolisso, fantasioso articolo di Spano 1930, 295 sqq.
59 Una sua prima redazione è stata pubblicata in allegato al volume / Campi Flegrei, Napoli, 1987.
60 Per questi mi sono avvalso della grande esperienza nel rilievo subacqueo di C. Leggieri e L. Russolillo.
61 A differenza che nel pionieristico tentativo di Schmiedt 1970, tav. 136 fig. 4-5, ripreso in seguito dal Castagnoli 1977,52 fig. 7, che risulta non solo sommario e approssimativo, ma per di più inficiato nella fig. 5 da un’erronea indicazione nella scala con conseguente sensibile compressione del rilievo.
62 Su quest’area v. Pagano 1983-84,1 13 sqq.; per una ricostruzione della linea di costa e dell’orografia dei due laghi in età imperiale v. la mia pianta in I Campi Flegrei, Venezia, 1990, 162.
63 La sua esistenza era già nota comunque agli eruditi del’700 e’800: ad es. Paoli 1768, tav. XL e De Iorio 1830, 38 sqq.
64 Fulvio 1890, 123 sqq. (cfr. Dubois 1907, 221, n. 2), descrive un interessante affresco, lì ritrovato, di un paesaggio marino con navi e opus pilarum (un’immagine dal vero del porto puteolano?) ora al Museo Nazionale di Napoli. Non ha invece nulla a che fare col porto di Puteoli, al contrario di quanto pensava il Dubois 1907, 220 sq., il famoso affresco di Gragnano, che risulta essere una veduta di Alessandria, v. Kolendo 1982, 305 sqq.
65 Come conferma la scoperta in questa zona presso i Pondera di un piccolo tempio da cui proviene una statuetta di naoforo (De Iorio 1830, 61; Dubois 1907. 152; Tram Tan Tinh 1972, 57; cfr. La collezione egiziana, Napoli, 1989, 149 nr. 15. 48).
66 Sul punto da ultimo Houston 1980, 157 sqq. con bibl.
67 BastarinviareaD’Arms 1974, 104 sqq. e Camodeca 1991, 163 sqq.
68 Così Camodeca 1977, 66 e n. 18; Camodeca 1980-81, 62.
69 Così anche Houston 1980, 162
70 Il primo procurator portus utriusque di rango equestre è noto per il 247; l’ultimo liberto imperiale nel 224, v. la tabella di Houston 1980, 171.
71 CIL, X, 1640-41; nel 139 la città lo onorò pubblicamente per i beneficia ottenuti (CIL, X, 1646 cfr. 1645); sempre nel 139/40 il locale collegium Scabillariorum innalza una statua a lui e alla moglie Faustina (CIL, X, 1642-3).
72 Sebbene siano ricordati per l’età giulio-claudia numerosi liberti di vari praefecti annonae·. C. Turranius, L. Faenius Rufus, Ti. Claudius Athenodorus.
73 Su CIL, X, 1729 ν. l’interpretazione e datazione ai primi anni adrianei di Weaver 1971, 77 sqq. seguito da Rickman 1980, 223. Precedentemente Dubois 1907, 113 intendeva addirittura che il funzionario dell’annona fosse il giovanetto defunto.
74 Solin 1987, 39 sq. con foto dell’iscrizione.
75 Non mancano esempi di casi analoghi nella stessa area flegrea, v. CIL, X, 1740 = Parma 1983-84, 295 sqq. con foto e bibl.
76 Del tutto incerta è l’integrazione [proc.] ad an[nonam] dello Hirschfeld, seguito dal Dubois 1907,1 13, in EphEp, VIII,366(Puteoli), un cursus equestre di II secolo.
77 Maiuri 1927,320 = Maiuri 1983,110; un apografo dell’iscrizione in Maiuri 1955, 54 fig. 20.
78 Maiuri, ll. cc. a n. 77, stranamente legge un incomprensibile QVIA DVI[-].
79 A E 1976, 140, dove alla lin. 4 si deve però correggere la lettura dell’editore [- Clodius -] f Pal. Salv[ius fil]ius in [Ti. Claudius Ti.]f. Pal. Salv[ia]nus; alla lin. 2 il gentilizio del personaggio va a mio avviso integrato assai probabilmente [Ti. Clan]dius Euhodus e non / Clo ]dius.
80 Si noti un modius, non la più generica cornucopia, tipico attributo del Genius Coloniae. Ma forse v’è di più; sulla superficie superiore della base si nota una larga cavità circolare formata da piani concentrici e digradanti di non facile interpretazione; ora non so se sia un mero caso, ma calcolando la capacità di questo cavo circolare si ottiene approssimativamente quella del modius.
Auteur
Università Federico II, Napoli
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