Scrittura e classi dirigenti. Alcuni esempi dall’Oriente greco
p. 207-216
Résumés
Dans une réflexion sur l’écriture, un des problèmes à résoudre est la relation de cet outil avec le pouvoir. Après une brève introduction sur la valeur de l’écriture dans le monde grec, l’article examine cinq textes épigraphiques découverts à Hiérapolis de Phrygie et dans le district actuel de Denizli (Turquie). Le contexte chronologique comprend la période hellénistique tardive et l’époque impériale. Les protagonistes de ces textes appartiennent à la catégorie des euergetai, exemple typique de la relation entre les citoyens et les classes dirigeantes à l’époque gréco-romaine.
When discussing on writing, one of the topics to be addressed is the relationship that this instrument establishes with power. After a brief introduction on the value of writing in the Greek world, the article examines five epigraphic texts from Hierapolis of Phrygia and from the territory of the current district of Denizli (Turkey). The chronological context spans from the late Hellenistic Age to the Imperial period. The protagonists of these texts belong to the category of euergetai, a typical expression that reminds to peculiar relations exisiting between leading classes and citizens in the Hellenistic-Roman Age.
Texte intégral
1La nascita della scrittura alfabetica segnò un momento decisivo per la storia dell’Occidente, introducendo uno strumento di comunicazione estremamente agile, grazie al numero ridotto di segni e alla quasi totale aderenza tra segno e suono.
2Come ha brillantemente sottolineato M. Detienne, nella sua introduzione al volume Sapere e scrittura, una volta creata, la scrittura ha la capacità di generare a sua volta nuove categorie del pensiero e nuovi mezzi di trasmissione del sapere (la scuola, i dizionari, gli inventari, i trattati scientifici e filosofici)1. Gli usi culturali della scrittura cominciano ad affermarsi nelle scelte di autori come Ecateo di Mileto, che nel VI secolo decide di mettere per iscritto i miti dei Greci, trovando così un nuovo modo di raccontare il passato. Questo obiettivo della scrittura sarà ancora più al centro dell’opera di storici come Erodoto e Tucidide. Anche se un filosofo come Socrate continuerà a preferire l’insegnamento orale, la scrittura diverrà sempre più uno strumento indispensabile per tutte le discipline. Solo attraverso il disegno e la scrittura sarà possibile una descrizione del mondo, della natura e dell’essere umano.
Scrittura e potere
3Il tema su cui mi soffermerò è il rapporto della scrittura con il potere. Potremmo quasi dire che tutte le scritture che precedono il sistema fenicio e quello greco nascano come strumenti di potere. Codici di segni noti a pochi eletti, tecniche scrittorie di difficile apprendimento, contenuti funzionali alle attività governative possono fare della scrittura il patrimonio di un’élite.
4Diversa è, almeno in origine, la natura della scrittura alfabetica greca: anche quando, a partire dal VII secolo a.C. si fa scrittura pubblica, continua per alcuni secoli a manifestare la sua diversità. Le leggi scritte saranno, comunque, leggi degli uomini (con l’eccezione della rhetra ispirata da Apollo a Licurgo) e non leggi imposte dagli dèi.
5In questo nuovo mondo anche lo scriba ha un ruolo differente, non più membro di una casta, ma funzionario al servizio della città. Nella democratica Atene la funzione di segretario sarà una di quelle esercitate a turno dai cittadini, cosicché nessuno detenga da solo il controllo della scrittura pubblica.
6È ancora Detienne, in un altro contributo2, ad analizzare più da vicino le modalità tramite cui la polis trasmette ai cittadini la conoscenza delle leggi. Particolarmente efficace nella descrizione di questo processo è un passo del Protagora in cui Platone, interrogandosi sui valori fondanti di ogni comunità, pone l’accento sull’importanza dell’istruzione e sul ruolo della scrittura3:
I maestri si occupano di loro: non appena i ragazzi hanno imparato l’alfabeto e cominciano a comprendere le parole scritte, come prima comprendevano la lingua parlata, danno loro da leggere, sui banchi, le composizioni poetiche dei grandi autori e li costringono a impararle a memoria. In quelle composizioni ci sono molti insegnamenti, molte descrizioni, lodi ed encomi di antichi uomini valorosi: il ragazzo, ammirandoli, li imiterà e desidererà diventare come loro.
7Bisogna ricordare a questo proposito che le idee di Platone sulla necessità di una legislazione scritta subirono nel tempo una progressiva evoluzione, da un iniziale rifiuto a una convinta accettazione4.
8Molto più coerente era stato il comportamento di Solone, quando si era trovato a svolgere il suo ruolo di pacificatore.
9Se dall’età micenea fino alla prima età arcaica i re e la classe aristocratica erano stati i depositari della tradizione orale dei thesmoi, cioè delle leggi eterne ispirate dagli dèi, con Solone comincia l’era dei nomoi. La città tramite i suoi cittadini scrive, fa conoscere e tramanda le sue leggi. Solone, che da poeta recita oralmente le sue elegie politiche, da legislatore pone per iscritto le sue leggi, perché tutta la città le possa leggere e nessuno le possa arbitrariamente modificare. Lo stesso discorso è valido per altri legislatori arcaici: Zaleuco di Locri, Caronda di Catania, i legislatori della ionica Eritre.
10Solone dichiara esplicitamente nei suoi versi il criterio che lo ha ispirato5: “Le leggi ugualmente per i cattivi e per i buoni – e diritta era la giustizia che a ciascuno applicavo – io le ho scritte (ἔγραψα)”.
11Egli agisce come mediatore all’interno di uno scontro civile, la sua scelta di “scrivere” non è quella di un saggio che voglia mettere ordine in una tradizione orale, ma quella del politico che vuole dare certezze ai suoi concittadini, ai buoni come ai cattivi, ai ricchi come ai poveri, ai nobili come al popolo.
12Per raggiungere tale scopo le leggi devono essere visibili a tutti in una forma non modificabile. Solone decide di esporle in pubblico nel Pritaneo, incidendole su un meccanismo composto di rulli o telai girevoli intorno a un asse. Una macchina che rende per la prima volta le leggi consultabili da tutti i cittadini.
13A sua volta Aristotele, in un passo della Politica in cui analizza quali siano le discipline utili da apprendere, ci offre una definizione particolarmente efficace dell’utilità della scrittura contrapposta a quella della musica: “né così utile (come la lettura e la scrittura lo sono per gli affari e per la gestione della casa e per apprendere e per molte attività politiche)6”.
Scrittura ed evergesia
14Fatte queste necessarie premesse, passerò ad alcuni esempi di documenti epigrafici che ci daranno modo di entrare nel dettaglio del nostro tema.
15I protagonisti di questi testi appartengono alla categoria degli evergeti, tipico frutto dei rapporti tra élites al potere e cittadini. Le relazioni reciproche si articolano in un sistema di scambio tra i benefici che il sovrano e i membri dei ceti dirigenti possono e vogliono elargire e le manifestazioni di gratitudine che le città sono tenute a esprimere in forme ben codificate7.
16Il fenomeno dell’evergesia si definisce e si afferma soprattutto in età ellenistica e prende particolare vigore grazie alla politica dei sovrani, che si presentano come benefattori dei propri sudditi. In cambio del potere assoluto i monarchi ellenistici elargiscono parte delle loro immense ricchezze per finanziare l’edilizia pubblica o per sopperire alle necessità in tempi di carestia e di calamità naturali. In un recente studio di Bringmann e Steuber su queste tematiche si sottolinea come la generosità dei re eccedesse la loro stessa disponibilità di denaro contante e che essi, pur di perseguire la loro politica di finanziamento delle poleis, ricorrevano ad elargizioni in natura o a forniture di beni materiali8. Per venire ad esempi concreti le donazioni reali consistevano spesso in grano prodotto nei latifondi dei sovrani, che le città poi potevano consumare o mettere in vendita per ricavarne un sicuro guadagno. Un altro tipo di offerta prevedeva la consegna di materiale da costruzione da utilizzare nella realizzazione di opere pubbliche.
17All’evergesia dei sovrani si ispirava sia quella dei ceti dirigenti urbani sia quella dei piccoli proprietari terrieri delle comunità rurali. La prima è ovviamente più nota e documentata e si esprime soprattutto nell’ambito dell’edilizia pubblica e nel finanziamento di feste, spettacoli e concorsi agonistici.
I documenti
18L’ambito spaziale a cui farò riferimento è circoscritto alle epigrafi rinvenute a Hierapolis di Frigia e a quelle provenienti dal territorio dell’attuale distretto di Denizli9, mentre il contesto cronologico spazia fra la tarda età ellenistica e l’età imperiale.
191. Il primo testo da esaminare è una dedica rinvenuta nella palestra di Laodicea e databile alla tarda età ellenistica (fig. 1)10. In essa si legge:
Ὀλύμπιχος Τρωΐλου
τὸ ἀλειπτήριον κα[ὶ]
τὸμ πρὸ αὐτοῦ οἶκον
vac. τῶι δήμωι. vac.
Olympichos figlio di Troilos (dedicò) al popolo il locale per le unzioni e l’oikos antistante.
20Oggetto della dedica è un ambiente essenziale per le attività della palestra e in generale per la vita del ginnasio. Il termine greco usato nel testo è aleipterion e si riferisce al luogo in cui i frequentatori del ginnasio provvedevano a ungere di olio le proprie membra. Il secondo ambiente offerto da Olympichos potrebbe essere un edificio autonomo, ma anche un’anticamera o un atrio.
21Il finanziamento dei ginnasi e delle loro attività è una delle scelte preferite dai benefattori pubblici, probabilmente perché con questo tipo di elargizione si soddisfacevano diverse esigenze: quelle relative all’edilizia pubblica, ma anche quelle riguardanti l’educazione dei giovani e di tutti i cittadini11.
222. La seconda testimonianza è offerta da una lastra marmorea di provenienza ignota (fig. 2), che conserva in modo frammentario due iscrizioni onorarie dedicate a due personaggi o alla stessa persona in due momenti diversi12.
[Ὁ δῆμος ἐτείμησεν τα]ῖς μεγίσταις τε[ιμαῖς]καὶ ἔθα-
[ψε - - - - - - - - - - - -]ς ῥήτορα, ἱερέα θεο[ῦ Μ]ηνὸς
[καὶ ἱερέα τῆς Ῥώμης ἐκ π]ρογόνων καὶ πολλὰς καὶ ἐ-
[πιφανεῖς ὑπὲρ τῆς πατρ]ίδος τελέσαντα π[ρεσ]βείας
5 [--------- - - - - - -] καὶ κατορθώσαντα κ[...]
[--------- - - - - - -] ἐν τῶι δήμῶι καὶ ἐν τοῖς πολε[ί]-
[ταις ------ - - - - με]γαλοψύχως τῇ πόλει πάντας α-
[--------- - - - - - -] καὶ δικαιοσύνη<ι> διεν[έγκ]ο[ν]-
[τα ------- μεγαλοπρ]επῶς καὶ ἐνδοξῶς καὶ εὐσε-
10 [βῶς ------ - - - - Ν?] ἐν πολέμοις καὶ ἐν εἰρήνῃ ..
[--------- - - - - - -]α καὶ σωτήρα καὶ εὐεργέτην
[--------- - - - - - -]ΙΝ.
vac. vac.
[Ὁ δήμος ἐτείμησε]ν καὶ ἐσστεφάνωσεν χρυσῷ
[στεφάνῳ --- - - -Διο]τρέφους τοῦ Διοτρέφους
15 [ἱερέα θεοῦ Μηνὸς καὶ ἱερέ]α τῆς Ῥώμης καὶ γυμνασίαρ-
[χον, σωτήρα καὶ εὐεργέτη]ν (?) γεγονότα τοῦ δήμου.
vac. vac.
[Il popolo onorò] con i più grandi onori e seppellì [il tale figlio del tale o Diotrephes f. di Diotrephes?] oratore, sacerdote del dio Men [e sacerdote di Roma?] da generazioni, che ha compiuto per la patria molte [e splendide] ambascerie ... e che ha condotto con successo ... nell’assemblea e tra i cittadini ... in modo magnanimo alla città tutte le ... ed essendosi distinto per rettitudine ... e generosamente e gloriosamente e piamente ... nelle guerre e in pace ... e salvatore e benefattore...
Il popolo onorò e incoronò con una corona d’oro [il tale] figlio di Diotrephes figlio di Diotrephes, sacerdote del dio Men e sacerdote di Roma, ginnasiarco, divenuto salvatore e benefattore del popolo.”
23Secondo Sheppard i due personaggi onorati sono l’uno il figlio dell’altro e la loro attività politica si daterebbe al periodo della guerra contro Mitridate o all’attacco dei Parti del 39 a.C.13.
24Le formule usate nei due decreti sono abbastanza comuni nell’epigrafia di età ellenistica e non consentono una datazione precisa. Quello che appare certo, in base alla forma delle lettere, è che la redazione epigrafica in nostro possesso fu incisa in età imperiale.
25L’aspetto più interessante in questa sede riguarda ancora una volta le modalità con cui i membri delle classi dirigenti dell’Oriente greco operavano per ottenere fama e visibilità. Non era sufficiente né ai loro occhi né a quelli dei loro concittadini il semplice fatto di appartenere a uno strato sociale dominante per ricchezza e potere. Questa appartenenza si trasformava necessariamente nel desiderio/dovere di esibire la massima munificenza possibile. In un simile contesto la scrittura diveniva uno degli strumenti fondamentali per registrare e trasmettere ai posteri il ricordo di tanta generosità.
26Nel caso di Diotrephes e dell’altro benefattore (figlio o nipote che fosse) il gesto evergetico riguardò soprattutto atti di natura politica e religiosa, con l’assunzione di cariche significative – il sacerdozio del dio Men e della dea Roma – e con lo svolgimento di importanti ambascerie, anche queste probabilmente collegate ai rapporti con Roma14.
27Con il testo successivo ci spostiamo in età imperiale. Ancora una volta sarà la scrittura epigrafica a mostrarci come le modalità usate per perpetuare e esaltare il prestigio delle classi dirigenti permangano e si rafforzino anche nel nuovo contesto. All’interno di comunità locali che, pur avendo perso qualsiasi autonomia, non rinunciano all’orgoglio identitario, i membri dell’élite cercano nell’esercizio dell’evergesia e nella sua celebrazione epigrafica un modo per mantenere visibilità.
283. Il terzo testo che presento è una dedica onoraria rinvenuta a Hierapolis di Frigia e databile alla fine del II secolo d.C. (fig. 3). L’iscrizione, posta da P. Aebutius Flaccus, onora Marcus Flavius Valerianus Terentullianus ἀρχιερεὺς Ἀσίας definito evergete del dedicante, di sua moglie e dei suoi figli15.
Μᾶρκον Φλάουιον
Οὐαλεριανὸν Τερεν‐
τυλλιανὸν ἀρχιερέ‐
α Ἀσίας vac.
5 Πόπλιος Αἰβούτιος
Φλάκκος τὸν ἴδιον
καὶ τῆς γυναικὸς
αὐτοῦ καὶ τῶν τέ‐
κνων εὐεργέτην.
Publius Aebutius Flaccus onorò Marcus Flavius Valerianus Terentullianus, sommo sacerdote dell’Asia, benefattore suo, di sua moglie e dei figli.
29Il personaggio onorato apparteneva, anche se il gentilizio è diverso, alla stessa famiglia di due archiereis Asias attestati ad Eumeneia. Si tratta di M. Claudius Valerianus, il cui nome appare in alcune monete dell’età di Domiziano16, e di suo figlio, o nipote, Claudius Valerianus Terentullianus, che onora la famiglia imperiale e il demos di Eumeneia non prima dell’età adrianea17. Il cambio di gentilizio del nostro archiereus può essere giustificato in due modi: o Flavius Valerianus era legato ai Claudii Valeriani dal lato materno, oppure il suo nuovo gentilizio era dovuto a un’adozione. La prima ipotesi è preferibile, poiché l’attribuzione dei cognomi potrebbe essere ispirata dal prestigio dell’altro archiereus, zio o nonno del nostro.
30Il dedicante, P. Aebutius Flaccus, appartiene ad un’altra famiglia di sommi sacerdoti, attestata più volte a Hierapolis18, e potrebbe identificarsi con l’omonimo archiereus Asias noto da un testo di Cizico19.
31Il confronto tra le iscrizioni di Eumeneia e Hierapolis evidenzia due elementi. Il primo riguarda la permanenza di certe funzioni all’interno di alcune famiglie preminenti, il secondo è la cospicua presenza di genti di origine romana o italica all’interno delle rispettive élites cittadine. L’onomastica dei personaggi considerati è indubbiamente romana e dovrebbe derivare da quella dei Romani o degli Italici giunti nella provincia d’Asia tra il II e il I secolo a.C. È anche vero, però, che la scelta di gentilizi rari e di cognomi latini era abbastanza diffusa tra i provinciali di lingua greca che acquisivano la cittadinanza romana, come ha ben evidenziato A. Rizakis20.
324. Un’altra dedica onoraria fu posta a Hierapolis nel III secolo d.C. per Tiberius Claudius Zotikòs Boàs (fig. 4)21. Nel testo si legge:
[῾Η σεμνοτάτη]
ἐργα[σία τῶν]
πορφ[υραβάφων]
Τιβ. Κ[λ. Ζω]-
5 τικὸν [Βοᾶ],
τὸν πρῶ[τον]
στρατη[γὸν]
καὶ φιλό[τει]-
μον ἀγω[νο]-
10 θέτην καὶ [γρα]-
ματέα να[ῶν]
τῶν ἐν ᾿Ασί[ᾳ]
καὶ πρεσβε[υ]-
τὴν ἔνδοξο[ν]
15 καὶ ἀρχιερέα,
εὐεργέτην
τῆς πατρίδος.
La molto reverenda associazione dei tintori in porpora (ha eretto la statua di) Tib(erius) Cl(audius) Zotikòs [Boàs], primo stratego e agonoteta generoso e segretario dei templi (del culto imperiale) in Asia, e ambasciatore glorioso e sommo sacerdote, benefattore della patria.
33Ancora una volta un esponente della migliore società locale vede riconoscere i suoi meriti tramite l’esposizione di un testo scritto, che ha rispettato, arrivando fino a noi, la sua promessa di immortalità. L’onorato ricoprì cariche prestigiose tra cui quella di segretario addetto ai templi del culto imperiale. Tale culto svolgeva un ruolo fondamentale nella costruzione dell’immagine di fedeltà e ossequio che le province orientali volevano e dovevano trasmettere di sé. L’espressione tangibile di questa devozione avveniva tramite l’assegnazione di sacerdozi locali e provinciali e di altre funzioni collegate e grazie allo svolgimento dei cosiddetti koinà, concorsi provinciali dedicati al culto dell’imperatore22.
34Si incrociano in questo testo ben tre livelli di costruzione della memoria: la più evidente si manifesta nel ricordo della statua eretta per il benefattore, la seconda appare in via indiretta attraverso la menzione dei templi cittadini, la terza riguarda l’organismo dedicante, l’associazione dei tintori in porpora. Anche coloro che dedicano appartengono ai livelli alti della società, se non altro dal punto di vista economico. Hierapolis, infatti, nota per la produzione della lana e della porpora, contava molte associazioni professionali, in particolare tessili. La corporazione dei tintori era talmente ricca da contribuire alla costruzione della grandiosa scena del teatro di età severiana23.
35Per concludere questo breve viaggio nell’uso propagandistico della scrittura utilizzerò un testo ancora più tardo. Si tratta di una dedica incisa sull’architrave di un tempio e databile al 313 d.C. Il reperto proviene dal territorio di Hierapolis, esattamente dalla località di Dağmarmara, e contiene una dedica a Diocleziano e Massimiano. L’edizione di questa epigrafe mi ha portato ad affrontare varie tematiche: la datazione della dedica, l’identificazione del governatore che la promuove, la soluzione dello spinoso problema rappresentato dal reale anno di morte di Diocleziano, la persistenza dei culti pagani24.
36In questa sede, però, mi limito a segnalare due dati significativi. Il primo riguarda la personalità del sacerdote che sovrintende ai lavori, Aebutius Flaccus Apphianos. Egli fu, come precisato nell’iscrizione, buleuta di Hierapolis e discendente di sommi sacerdoti. Ecco riapparire la famiglia degli Aebutii, già incontrata in una delle iscrizioni precedenti (no 3). Attraverso la memoria scritta il loro discendente continua a celebrare se stesso e i suoi avi, benché non possa più vantarsi in prima persona del titolo di sommo sacerdote provinciale.
37La seconda osservazione riguarda il compito svolto in occasione dell’erezione o del restauro del tempio dal governatore della Frigia, già da tempo separatasi dalla provincia d’Asia. Domitius Asklepiodotos25, infatti, secondo il testo epigrafico, ha ordinato che ci si prendesse cura dell’epigrafe e dei sacri nomi iscritti:
κελεύσαντος πρόνοιαν τῆς ἐπιγραφῆς γενέσθ[αι]
5 [καὶ τῶν γεγραμμέν]ων θείων ὀνομάτων
38Non si potrebbe citare esempio più esplicito del valore testimoniale della scrittura di questa epigrafe che cita se stessa e i sacri nomi che è chiamata ad immortalare.
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Notes de bas de page
1 Detienne 1989a.
2 Detienne 1989b.
3 Plato, Prot. 326.
4 Cf. Vegetti 1989; P. Loraux 1989.
5 Arist., Ath. Pol., XII, 4 = Solone, fr. 36 West. Cf. N. Loraux 1989.
6 Arist., Pol., VIII 3 (1338 A).
7 Gauthier 1985; Bringmann, Steuber 1995; Campanile 1998, p. 389-393; Curty 2009; AAVV 2011.
8 Bringmann, Steuber 1995.
9 La scelta di questo ambito geografico è ovviamente determinata dagli studi da me condotti nell’area durante la mia più che decennale partecipazione alla Missione Archeologica Italiana di Hierapolis. I miei ringraziamenti vanno a Daria De Bernardi Ferrero e Francesco D’Andria (precedenti direttori della Missione, ora affidata a Grazia Semeraro), e ai colleghi epigrafisti Tullia Ritti e Francesco Guizzi.
10 MAMA VI, no 4, tav. 3 (cfr. Bull.Ép. 1939, p. 506, no 393); Robert 1969, p. 253-254; I.Laodikeia, no 7; Guizzi in Ritti, Miranda, Guizzi 2008, no 4, a cui rinvio per un commento puntuale al testo.
11 Sugli evergeti cf. nota 8.
12 Sheppard 1981, p. 20-22, tav. Ib; Miranda in Ritti, Miranda, Guizzi 2008, no 57.
13 Un oratore di nome Diotrephes è conosciuto come maestro di Hybreas di Milasa (Strabo XIII, 4, 15), che nel 39 a.C. esortò i suoi concittadini a resistere all'attacco dei Parti, guidati da Q. Labienus (PIR2 IV 2, I 234; L. Radermacher, in RE, V, 1, 1903, col. 1150; Sheppard 1981, p. 22; Migliario 2012, p. 119). L’identificazione di costui con il nostro personaggio incontra qualche difficoltà nella provenienza dell’oratore da Antiochia al Meandro, sito esterno ai confini del distretto di pertinenza del Museo archeologico di Denizli-Hierapolis.
14 Sul tema dei rapporti diplomatici tra le città greche e la capitale cf. Canali De Rossi 1997; 2005-2007.
15 Miranda 2002; Ritti 2006, p. 80-81, no 11.
16 Campanile 1994, no 20; Weiss 2000, p. 236-239; Miranda 2002.
17 Campanile 1994, no 20a; Miranda 2002.
18 Miranda 2002; Miranda in Miranda, Ritti, Scardozzi 2012, p. 698-703, no 8; Miranda 2014.
19 Campanile 1994, no 29; Miranda 2002.
20 Rizakis 1996, p. 11-29.
21 Judeich 1898, no 41; IGRRP IV, no 822; Ritti 1985, p. 89; 2006, p. 144-146, no 32. Una seconda dedica fu posta allo stesso personaggio dai lavatori della lana: Judeich, 1898, no 40; IGRRP IV, no 821; Ritti, 1985, p. 89; 2006, p. 181-186, no 44.
22 Burrell 2003, p. 343-358.
23 Judeich 1898, no 4; Ritti 1985, p. 108-113; 2006, p. 119-124, no 24.
24 Miranda in Miranda, Ritti, Scardozzi 2012, p. 698-703, no 8; Miranda 2014. Nel testo si legge: “All’imperatore Cesare G(aio) Val(erio) Diocleziano, Pio, Felice, Invitto [Augusto e al Divo M(arco) Val(erio)] Massimiano, Pio, Felice, Invitto Augusto], durante il terzo consolato degli Augusti Flavio Val(erio) [Costantino e Val(erio)] Licinniano Licinnio, [mentre era governatore Flavius (?)] Domitius Asklepiodotos, che ha anche ordinato che ci si prendesse cura dell’iscrizione e dei sacri nomi [iscritti], e si è occupato con zelo e ha sovrinteso il sacerdote Aebutius Flaccus Apphianos, pronipote di sommi sacerdoti d’Asia, buleuta di Hierapolis.”
25 Ora attestato anche da una nuova iscrizione di Laodicea, in corso di studio a cura di F. Guizzi.
Auteur
Storia greca e Epigrafia greca, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli «Federico II»; elemiran@unina.it
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