Biografia di un pittore “singolare”
p. 207-219
Texte intégral
1Una perfetta illustrazione di come si può intendere la mobilità di un ceramografo nell’ambito di un circuito primario di formazione culturale e di un successivo modello di sviluppo sollecitato dall’inserimento in una dimensione geografico-culturale “altra” è l’elaborazione operata da A.D. Trendall e da A. Cambitoglou nell’analisi del Pittore di Ascoli Satriano1. La prospettiva prosopografica del prezioso lavoro del Trendall ha avuto il pregio di evidenziare l’incisività e la complessità del Pittore nel panorama artigianale apulo, definendone le coordinate geografiche e culturali in cui si iscrivono sia l’esperienza individuale, come singolo percorso identitario, non rapportabile ad altri casi, sia le complesse dinamiche relazionali che interessarono il centro daunio di Ausculum. L’insieme vascolare attribuibile al pittore, incentivato dalla rilevanza delle presenze vascolari rinvenute ad Ascoli, aveva sollecitato l’attenzione degli studiosi in quanto documento raro di contestualizzazione di una specifica committenza ed esemplificazione di un protagonismo pittorico misurabile nella rappresentatività numerica dei vasi e nel repertorio iconografico.
2Il quadro complessivo della produzione del Pittore ha evidenziato, sin dalle prime analisi, la necessità di una prospettiva “multiscala” in quanto le componenti pestane che definiscono l’importanza di rapporti spaziali e temporali in area tirrenica2 si misurano con la dimensione fondamentale della scuola pittorica apula. Proprio la predominante strutturazione apula del pittore ha comportato la sua classificazione tardoapula nel capitolo di RVAp II dedicato ai vasi di piccole dimensioni associati al Pittore di Gioia del Colle e alla cerchia del Pittore di Dario. Gli studi sul processo di adozione degli schemi e delle formule del plain style suggerirono la concreta specificità della prospettiva apula, al pari della permeabilità dell’esperienza maturata alle formule di maggiore complessità dello stile ornato3. Se il percorso ricco di spunti tracciato dal Trendall ha già da tempo definito un’interazione dinamica tra il ricco set vascolare rinvenuto nel distretto culturale del Carapelle e il meccanismo di una produzione, altamente specializzata, determinante nell’assegnare ad Ascoli la legittimazione di possibile polo produttivo, sin dalle prime osservazioni è emersa la disomogeneità del pittore come attore sociale, emblematica delle complesse dinamiche relazionali che interessarono la terra di mezzo della valle del Carapelle in cui interazione ed integrazione non dovettero essere fenomeni in antitesi. Ancora oggi la dislocazione del pittore in un ambito culturale specifico non è riconducibile a un’interpretazione soddisfacente, in quanto la qualità culturalmente “altra” e l’eccezionalità dell’idioma culturale, che coniuga in una sintesi personalissima saperi e tecniche, cadono fuori dagli schemi noti. Nel volume sulla ceramica dell’Italia meridionale curato da Martine Denoyelle e da Mario Iozzo, la questione relativa alla storia pittorica del Pittore di Ascoli Satriano non si discosta dalle ipotesi formulate in precedenza. Riconoscendone l’ambiguità e la complessità, si conferma l’ambito della produzione artistica, rilevando come, al pari del Pittore della Lampas, ci si trovi di fronte a “personnalités isolées” del panorama ceramico apulo4. Nell’ipotizzare relazioni e ramificazioni culturali che sono proprie della network analysis, le osservazioni oggi più coerenti pongono l’accento sulla multiformità dei rapporti intessuti, grazie ad un’esperienza pittorica individuale maturata in un rapporto di continuo scambio tra botteghe. L’ipotesi di clusters produttivi, di specificità locali e di relazioni extraregionali, con una concentrazione di attenzione sulla configurazione spaziale delle botteghe artigianali e sul problema delle interconnessioni tra bacini culturali5, costituisce, al di là della classificazione tipo-cronologica del pittore, il problema centrale dei possibili indirizzi di ricerca.
3In questa prospettiva assume particolare significato l’emergere di logiche territoriali e delle specificità locali. L’intellegibilità delle dinamiche territoriali è assicurata da alcuni processi ben noti6. Le ipotesi formulate sui diversi gradi di differenziazione leggibili nelle botteghe apule rendono plausibile, in alcuni casi, uno scenario di relocation dell’artigianato ceramico tardoapulo e dei meccanismi di produzione, in un momento storico di elevata mobilità sociale e di pluralismo culturale e come strategia apula spendibile anche in altri mercati. Così va vista, come un’ulteriore opportunità di distribuzione del vasellame apulo, la partecipazione ad attività artigianali in area campana di pittori, come il Pittore di Lucera “migrated to that province”. Le relazioni tra l’ambiente artigianale apulo e campano, come modelli di comportamento, committenza e modi di produzione, hanno infatti importanti conferme nella contaminazione tra elementi apuli e campani nell’Apulianizing Group. In un percorso a doppio senso e in una prospettiva “campana”, la presenza di due crateri a campana e due pelikai dell’officina dell’Ivy-Leaf Painter7 provenienti da Canosa può essere intesa come indizio di mobilità degli artigiani, con un’ulteriore accentuazione degli inevitabili contaminazioni di linguaggi ed esperienze (blended style). In questo scenario di prospettiva dinamica e di sinergia in cui si stringono i fili e i nodi di una trama complessa, un ulteriore ponte viene costruito tra individui e gruppi di aree geograficamente distinte quando nell’ultima produzione pestana vasi fortemente apulizzanti riconducono a processi di mobilitazione da parte di vasai apuli che fissano nuovi spazi e luoghi di produzione.
4Su questo sfondo di specializzazione delle officine, come organizzazioni complesse in cui le iniziative personali determinavano nuove scale di produzioni, si può inquadrare il Pittore di Ascoli Satriano che mostra un’eloquente capacità di muoversi oltre i confini dello status di origine. Rispetto agli esempi dei pittori apuli emigrati contraddistinti da un isomorfismo pittorico tra status d’origine e status acquisito, il suo parrebbe un caso di mobilità individuale da ovest ad est contraddistinto da un livello di sofisticazione artigianale non riconducibile esclusivamente ai codici decorativi delle botteghe pestane, al plain style apulo e alle successive contaminazioni dello stile ornato. La sua traiettoria formativa e la interazione tra organizzazioni lavorative e sociali distinte è di fondamentale importanza in quanto costituisce un’ulteriore testimonianza del progressivo evolversi in senso multiculturale delle tradizioni artigianali non strutturate come rigide polarità. Alla luce di queste premesse, occorre chiedersi se sia possibile una biografia culturale del contesto vascolare e se, nel contempo, emerga un possibile modello di mobilità e di specializzazione produttiva, con la localizzazione di un polo di sviluppo diversificato della produzione e del lavoro del Pittore di Ascoli Satriano.
L’ipogeo della situla di Hermes: l’identità smarrita
5Ha contribuito alla definizione del Pittore di Ascoli Satriano come riflesso di un formidabile sviluppo della crescita artigianale di qualità a servizio di una ricca committenza nel centro daunio sul Carapelle la scoperta di un importante ipogeo nel 1968 (fig. 1)8. Nella tomba, strutturata come vano ipogeo in asse col dromos, risultava vistoso l’apporto innovativo rappresentato da numerose forme ceramiche a figure rosse, attribuibili quasi esclusivamente alla bottega di un pittore dalla spiccata originalità. L’aspetto macroscopico-quantitativo del rinvenimento ha contribuito alla costruzione identitaria del pittore significativamente legato ad Ascoli e alla consapevolezza che coerenza e continuità pittorica potessero tracciare una microstoria di scambi interculturali. L’imprescindibile dimensione “daunia” del rinvenimento, riportata all’attenzione grazie alla recente esposizione del complesso9, ha fatto emergere nuove categorie di analisi, suscitando congetture, analogie, possibilità. Ancora oggi, nonostante il progredire delle ricerche archeologiche, l’ipogeo della situla di Hermes costituisce la presenza più significativa del distretto ascolano nel IV sec. a.C., sia come manifestazione della interazione tra elementi economici, sociali, culturali sia come enfatizzazione della sequenza produzione-uso-consumo. Recuperare il multiforme linguaggio culturale dell’ipogeo della situla di Hermes è stato uno degli obiettivi della mostra del 201110, strategica nel procedere alla selezione dei contesti rappresentativi dell’idea e dell’importanza del lusso nelle manifestazioni funerarie di età preromana.
6L’ipogeo, individuato in contrada Muscelle, non è relazionabile a forme insediative decodificabili come organizzazione abitativa e nessi topografici. Appare presumibile che il tessuto insediativo anche nella contrada Muscelle si sia sviluppato secondo gli schemi distributivi propri dell’area daunia, con aree abitative prossime a nuclei funerari, questi ultimi rispondenti alla consistenza e alla crescita generazionale di clan familiari. Il quadro ricostruttivo dell’archeologia di Ascoli Satriano evidenzia, già alla fine del V sec. a.C., il rafforzamento di segmenti lignatici della comunità e la nascita di nuovi modelli di costruzione e produzione sociale dello spazio sociale11. La strategia di controllo di accesso alle risorse si organizza secondo modelli di dominio territoriale attraverso i canali delle alleanze parentali. Parimenti, gli istogrammi delle importazioni sembrano definire la stabilizzazione di gruppi sociali in comunità di villaggio12 con figure al vertice che definiscono domini territoriali e principi di aggregazione. Nel complesso vascolare dell’ipogeo della situla di Hermes le associazioni ceramiche mettono in evidenza le consuetudini cerimoniali, con consumo di alimenti liquidi e solidi, proprie delle comunità daunie nella seconda metà del IV secolo. L’ambito produttivo delle produzioni indigene è facilmente identificabile, con un repertorio di forme attinenti alla sfera domestica, dai caratteri formali e tecnici propri delle fabbriche ascolane. Grande pregnanza semantica assume il complesso delle ceramiche da mensa, con un’articolata presenza di vasi a figure rosse13 e a vernice nera, associati ad esemplari con decorazione monocroma e policroma e a una ristretta presenza di ceramiche scialbate. Per l’incompletezza della documentazione risulta insoddisfacente il sistema associativo: valga come esempio la probabile perdita di una oinochoe scialbata forma 2 che doveva completare la doppia coppia di oinochoai della stessa classe, al pari della residuale presenza di un kantharos scialbato inserito canonicamente nel quadro associativo a coppie. Il complesso ceramico, pur denunciando la frammentazione dei dati archeologici, in parte recuperati, in parte dispersi nelle modalità del rinvenimento, parrebbe inquadrabile nel terzo quarto del IV secolo. Grazie alla presenza delle produzioni del Pittore di Ascoli e dei tre crateri del Pittore del Louvre MNB 114814, seguace del Pittore di Varrese e contemporaneo del Pittore di Dario, può essere pienamente compresa la peculiarità del contesto in quanto il grado di attenzione posto in maniera preferenziale dalla committenza verso prodotti di qualità risulta circoscritto alle produzioni del terzo quarto del IV sec. a.C. Tuttavia, occorre muoversi con particolare cautela nell’analisi dell’inquadramento cronologico della tomba in quanto alcuni oggetti quali le coppette a profilo concavo-convesso, ampiamente diffuse nei contesti apuli nella seconda metà del IV secolo o l’oinochoe forma 8 dal corpo allungato, rinforzano l’ipotesi di elementi recenziori, suggerendo una datazione verso la fase finale del terzo quarto del IV secolo. In ogni caso, il corredo, per l’ostentata adesione alle forme di esaltazione della sfera muliebre, evidente nel dominante linguaggio di figure femminili nel repertorio delle immagini e per le componenti ceramiche, quali le lekanides15, riferibili all’ambito nuziale, parrebbe riflettere la presenza di una sepoltura femminile di alto rango.
7Un esplicito riferimento al comportamento funerario di ambito daunio è evidente nella posizione centrale che assume la phiale nel set ceramico da mensa. Come è noto, la forma, costantemente presente nelle sepolture gentilizie di ambito daunio, ha una forte incidenza rappresentativa nel servizio cerimoniale nella seconda metà del IV sec. a.C.16. Sul piano della tradizione artigianale, occorre prestare attenzione alla ricezione di forme che, con esclusione dei crateri, per caratteristiche morfologiche, non si discostano dal panorama ceramologico diffuso nel comprensorio daunio. Contribuisce all’affermazione di sense of place la valutazione numerica dei sei crateri a campana, con una consapevole moltiplicazione del recipiente rispondente alle esigenze comportamentali di gruppi aristocratici allargati sia come forma sia come rappresentazione socio-culturale. La piena affermazione del cratere nella gerarchia di valori interna ai corredi aristocratici del Nord dell’Apulia si riconduce a numerose attestazioni dell’iterazione della forma, secondo un costume funerario ben esemplificato dalla recente edizione della necropoli di Salapia17. Il valore dell’insieme come veicolo di identità culturale è dunque innegabile in quanto emergono le specificità daunie in termine di omologazione del linguaggio all’interno del distretto culturale nordapulo. L’analisi registra, comunque, la complessità delle dinamiche culturali: apre, ad esempio, interessanti prospettive di ricerca la preferenza accordata dal Pittore di Ascoli a crateri a campana con rapporti proporzionali omologhi, basso piede, profilo continuo e corpo allungato. Occorrerebbe comprendere quali fattori e filtri culturali abbiano influenzato la selezione di una specifica tipologia morfologica lontana dalle dinamiche costruttive dell’artigianato apulo. Proprio sottolineando l’omogenea coesione con produzioni pestane, nella differenziazione morfologica dei crateri del pittore dalla coeva produzione apula emergono i primi elementi di discontinuità e la “doppia dimensione” del pittore. In altri termini, l’aderenza alla tradizione morfologica di provenienza per un vaso dalla funzione fondamentale come il cratere mette in evidenza due questioni di rilievo: la prima riguarda l’attenzione consapevole dell’artigiano per il proprio mondo culturale e la tendenza a valorizzare le proprie specificità definendole in opposizione con lo spazio produttivo daunio, la seconda invece è ancora più significativa in quanto il coinvolgimento del pittore come vasaio presuppone un’azione intenzionale “non ancora influenzata” dal senso di radicamento nei luoghi artigianali dauni.
Il Pittore di Ascoli Satriano: un dialogo interculturale
8La relazione d’interdipendenza del Pittore di Ascoli Satriano con la scuola pestana ha un preciso ancoraggio nell’esperienza strutturante acquisita nell’officina del Pittore dell’Oreste di Boston. Il rafforzamento del senso identitario come cristallizzazione di dinamiche pittoriche maturate in area tirrenica è indubbiamente solida come manifestano il meccanismo di appropriazione e di valenza esplicativa del linguaggio pittorico. In questo senso, l’azione plasmante del linguaggio pestano emerge, ad esempio, nell’accentuata caratterizzazione dei panneggi in cui il forte rilievo della banda centrale viene ulteriormente sottolineato dalla doppia fila di punti, nella condivisione dello stesso codice figurativo degli ammantati del lato B o nella specificità delle palmette inquadrate da viticci che presentano alla base un triangolo. Il ruolo formativo della forma identitaria del pittore porta quindi a riconoscerne la particolarità; non meno importante è la relazione sinergica con la bottega pestana, garanzia di coerenza, laddove anche negli ulteriori meccanismi di appropriazione del repertorio iconografico e dell’immaginario mitologico che esalta principalmente i valori dionisiaci e l’immaginario erotico, il fare pittorico in senso pestano ha un suo valore dirompente. Il pittore è in grado di promuovere la cultura pestana nel paese di accoglienza, con una costruzione condivisa in cui le conoscenze, le innovazioni e le pratiche adottate sono esplorazioni di un “secondo spazio” culturale, nuovo e diverso. Si tratta di una sfida in cui il pittore non vede l’esperienza italiota come minaccia alla originaria identità ma come linguaggio aggiuntivo in grado di esaltare la propria forte cultura di appartenenza18. A livello di esperienza, egli è in grado di valorizzare l’aspetto intenzionale delle proprie risorse culturali, quale condizione del riconoscimento dei numerosi elementi che fanno parte ab origine della propria essenziale identità. In pratica, è nostro il disagio nella mancata individuazione delle circostanze particolari e contingenti che hanno contribuito alla storia del pittore. Questa considerazione risulta utile perché consente di superare la relativizzazione immobilistica delle botteghe (e delle culture). Collocare il Pittore di Ascoli nella geografia daunia significa attribuirgli una specifica consapevolezza nell’adozione del sistema rappresentativo apulo e sul piano operativo considerare come inevitabile la condivisione dei modi pittorici ed organizzativi secondo l’approccio stilistico delle botteghe apule. La piena comprensione del ruolo svolto dal pittore in questa dimensione “altra” che è il mondo daunio è possibile se si guarda alla logica forte e totalizzante della questione ascolana. Tutti i vasi dell’ipogeo della situla di Hermes sono uniti da legami reciproci: l’insieme, segnato da una consapevolezza partecipativa, è pensato come costruzione cosciente19. Un insistente refrain, un filo sottile lega le immagini e conferisce intima unità all’intera opera. Coerenza, continuità ed ordine “aristocratico” costituiscono la dialettica dell’’immaginario pittorico, il tutto in maniera strategica e condivisa. Lo stratagemma seducente degli Eroti dalle grandi ali e dalla posa statuaria, la condivisione del destino della scelta amorosa della donna hanno una concatenazioni di segni e una tensione dialogica, in scene che si dispiegano come una trama unica sui grandi vasi e le piccole forme. Poche le varianti in un’atmosfera iniziatica e sacrale, sottolineata dalla presenze di pilastri/altari20 e in spazi all’aperto in cui Dionysos costituisce l’elemento di mediazione. Non è un caso che la valenza nuziale e funeraria venga esplicitata sul cratere principale (4.20) con la presenza di Dionysos con una sposa mentre secondaria ed esplicativa è la formula figurativa con il dio e il satiro con situla sul cratere 4.18 come ulteriore occasione di conoscenza. Nell’economia delle immagini emerge il carattere sfuggente ed ambiguo della scena sul lato A della situla 4.35 col carro trainato da satiri aggiogati21 ed Hermes che regge un’immagine ermaica. La bestialità satiresca22 al servizio del dio è radicata in maniera profonda nell’immaginario dionisiaco della cultura pestana come ben illustra il cratere a campana attribuito a Python23 con Dionysos e Menade su carro trainato da un papposileno. Rilevante è la presenza di Hermes, dio del compromesso, della transizione, della negoziazione, nell’evento-viaggio che, pur ripercorrendo schemi iconografici noti di soggetti divini sul carro, se ne discosta per la presenza accanto al dio di un pilastro ermaico24. Proprio la presenza della divinità ermaica, cifra simbolica ed icona di pregnante significatività, permette di indirizzare l’azione dei personaggi. La prospettiva del riconoscimento di Dionysos, sulla base di testimonianze archeologiche e letterarie, nello xoanon può costituire elemento esplicativo ed esegetico25. Riconoscendone l’antichità e la sacralità, è possibile intravedere anche l’estremizzazione del messaggio. L’eccezionalità del messaggio iconografico è nell’arrivo di un agalma archaion non sappiamo quanto famoso26. Col dio che arriva, che coniuga miti e luoghi di culto, è evidente l’inizio del cambiamento. Ne consegue la potenza sacrale del simulacro che diventa patrimonio della collettività che la accoglie, conferendole legittimazione. A questo proposito, si può notare come il viaggio sia preceduto da un piccolo Erote in volo, altro segno scenico di come per la giovane sposa che celebra il suo incontro con il dio del cambiamento, solo attraverso l’unione legittima e la conoscenza del dio possa essere superata la soglia del finito. Occorrerebbe in futuro indagare ulteriormente la possibile localizzazione (tirrenica?) del simulacro come possibile rivitalizzazione cultuale del dio lungo un itinerario occidentale.
9L’interpretazione della dimensione dionisiaca come sistema di relazioni è ulteriormente indicata sull’oinochoe di Princeton27 dalla presenza del piccolo Pan che regge un kantharos e una corona28 nella scena che precede la liberazione di Prometeo incatenato grazie all’intervento di Herakles che uccide l’aquila (fig. 2). Come è stato osservato da Dyfri Williams29, lo schema adottato con il Titano incatenato alla roccia riconduce alla soluzione scenica presente nel cratere a calice del Gruppo Berlino-Branca30, ma il modello figurativo presenta importanti novità e, per la presenza di Pan e la particolareggiata caratterizzazione delle catene nel supplizio, ha evidenti assonanze teatrali, proprie della parodia31. Si è richiamato a questo proposito la presenza di schemi illustrativi della trilogia eschilea, non escludendo la possibilità di una scelta drammaturgica attinta dalla commedia del siciliano Epicharmos, Pyrrha e Prometheus.
10Resta il fatto che il repertorio iconografico del Pittore di Ascoli, anche quando attinge al mito, sembra privilegiare l’universo dionisiaco, con una rivisitazione creativa e un accento particolare su quei meccanismi scenici che governano la performance. Può essere utile soffermarsi sull’impostazione iconografica della situla del Museo Archeologico Nazionale di Madrid32 in cui Herakles affronta una tipica prova iniziatica nel giardino delle Esperidi (fig. 3). Nella posa grave di Herakles, eccezionalmente vestito, vi è già un’anticipazione della futura apoteosi e le ninfe partecipano in maniera amorosa all’incontro con l’eroe. Qui, la figura di Pan, col suo effetto perturbante e con funzione partecipativa, ancora una volta rimescola lo scenario pacifico degli avvenimenti, esalta le polarità fondamentali uomo/donna e rispecchia nella gestualità la stessa forza comunicativa che corre tra Herakles e la ninfa del registro inferiore. Si può decifrare questa costante di ibridazione tra racconto mitico/teatrale codificato e contaminazione di linguaggi come carattere precipuo del repertorio del pittore. Un ulteriore momento di densa intersezione col dionisismo lo si legge nell’oinochoe a Ginevra nel ruolo incrinato di Deianira nella scena del traghettamento, in cui la sposa di Herakles, dimentica della bestialità del centauro Nesso, è presa da una sconcertante fascinazione come partecipazione festosa. L’insolita situazione scenica è centrata sulla dimensione dell’idillio e dell’esaltazione dei valori ideali propri del mondo erotico che non conosce contrapposizioni (fig. 4).
“Art et langage de la frontière”
11Riprendendo le prospettive di analisi tracciate da Agnès Rouveret sull’“art de la frontière”33 in cui trovano spazio soggetti legati alla mobilità, esperienze di contatto e condivisione di modelli, va ricostruito l’itinerario “mobile” del Pittore di Ascoli Satriano. Oggi la portata dei contatti tra l’area tirrenica e l’Apulia appare significativamente supportata dalla conoscenza di specifici spazi territoriali, come l’area picentina e il territorio attraversato dal Sele, che sotto l’aspetto etnico-culturale e strutturale individuano le forme di contatto34. Quel che si conosce archeologicamente definisce l’importanza degli spostamenti di gruppi umani, con integrazione di elementi allogeni, tecniche e condivisione di beni lungo quegli itinerari transappennici e fluviali che collegano i versanti italici35. La situazione della Daunia, in cui la ricerca archeologica sta rilevando la forte intersezione in ampie fasce di confine con genti allogene, rispecchia in pieno la forte assimilazione di elementi culturali provenienti dalla Campania. Si tratta di rapporti che vengono rinvigoriti nella seconda metà del IV sec. a.C., nel momento in cui vi è un maggior investimento delle figure dominanti negli apparati materiali del potere e nella cerimonialità privata e pubblica, dal tessuto connettivo della oscizzazione/lucanizzazione del territorio italico meridionale, dagli aspetti unificanti del linguaggio del potere riflesso dai corredi gentilizi, dalla diffusione a “rete” dei costumi aristocratici dei cavalieri, dal diffondersi di pratiche merceraniali. La vocazione di alcune città della Daunia, e parrebbe anche di Ascoli Satriano, è nella capacità di declinare nuove forme organizzative dello spazio sociale, interagendo con le genti sannitiche e definendo rapporti a lungo raggio, non sappiamo se diretti o mediati, con le ragioni campano-lucane e il Tyrsenikos kolpos. Guardando ai tratti specifici di situazioni e vocazioni, la prospettiva più appropriata è nella lettura del controverso passo di Polibio (III.91, 5) sulla presenza in epoca annibalica di Dauni e Nolani nella parte sudorientale dei Campi Flegrei. La mobilità daunia ricade, nella testimonianza polibiana, in una scala territoriale di evidente sannitizzazione, come fenomeno non marginale nella geografia dei luoghi costieri campani in cui lo stanziamento di individui di origine daunia parrebbe normalizzato, esito del processo di stabilizzazione degli ethne italici. Le dinamiche variegate delle forme di integrazione all’interno delle compagini italiche aiutano a riflettere sulla possibile composizione delle comunità e sulla valorizzazione delle differenze ben espresse dal Pittore di Ascoli Satriano.
Bibliographie
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Notes de bas de page
1 RVAp II, p. 20-21, 718-720, con i successivi supplementi; Trendall 1989, p. 93-94.
2 Sulle produzioni pestane, Trendall 1987; Denoyelle, Iozzo 2009; Denoyelle 2011.
3 RVAp II, p. 448.
4 Denoyelle, Iozzo, 2009, p. 158.
5 Problema già sollevato da Giada Giudice a proposito del trend distributivo dei vasi attici del Pittore di Nicia che segue le valli fluviali dell’Ofanto e del Sele, con un flusso dalla Apulia alla Campania: Giudice 2007, p. 370-379.
6 In questo senso i vasi del Gruppo Dario/Inferi della tomba 19 della necropoli La Scala di Roccagloriosa ben evidenziano la maggiore articolazione degli ateliers: Gualtieri 2006.
7 LCS, n. 408-411, tav. 191.
8 Rossi 2012a; 2012b, a cui, per la non completa edizione fotografica dei repertori nelle precedenti edizioni, fanno riferimento i dati relativi al corpus vascolare, con la numerazione del catalogo della mostra.
9 Corrente 2012b.
10 In maniera paradossale, la visibilità in chiave espositiva del complesso vascolare, recuperato durante un’operazione di contrasto dalle locali forze dell’ordine nel 1968 ed esposto nell’itinerario di visita del Museo Civico di Foggia, aveva prodotto effetti marginali, in termini di sollecitazioni culturali: soltanto facendo ordine ed organizzando un percorso esplorativo su Ascoli Satriano si è potenziata la fruizione dei contenuti della tomba. Non è un caso che l’esperienza di studio promossa ai fini della pubblicazione sia stato elemento di ricomposizione dell’identità del contesto.
11 Vale quindi anche per la comunità di Muscelle, sulla base della qualità ed opulenza dei costumi riflessi dall’ipogeo della situla di Hermes, la ripartizione di spazi associativi per blocchi lignatici strutturalmente connessi al prestigio di alcuni gruppi aristocratici.
12 Il fenomeno è osservabile in diversi comparti dell’abitato moderno, in aree topograficamente rilevate (Colle del Serpente, valle Castagna) e in fasce pianeggianti (Giarnera Piccola).
13 Rossi 2012b, p. 204-212: a parte i tre crateri a campana attribuiti al Pittore del Louvre MNB 1148, il restante vasellame firmato dal Pittore di Ascoli Satriano comprende tre crateri a campana, tre pelikai, una hydria, una situla, nove oinochoai, due kylikes, uno skyphos, una phiale e sette lekanides.
14 Nel tempo si è approfondita la conoscenza della qualità pittorica del Pittore del Louvre MNB 1148 alla cui mano possiamo ascrivere numerosi grandi vasi con scene mitologiche non ancora noti quando venne pubblicato RVAp II, ma in seguito editi in RVAp First Suppl., p. 98-101 e RVAp Second Suppl., p. 176-178.
15 Nei corredi ascolani l’hydria non sembra un indicatore di genere femminile: a questo proposito si veda l’hydria attribuita alla cerchia del Pittore di Baltimora dalla tomba A 4 del Colle Serpente con corredo maschile in Larcher 2005a.
16 Si veda l’inserimento della phiale nel corredo ascolano dell’ipogeo dei profumi: Rückl 2012. Un’ulteriore presenza è costituita dall’esemplare del Colle Serpente (tomba A 4): Larcher 2005b.
17 Esemplificano il fenomeno i sei crateri a campana della tomba 185 di Salapia riferibili alla stessa bottega di Salapia/San Severo: RVAp II, n. 90-96, p. 657-658.
18 L’uso delle immagini ha una base cognitiva ed etica. Non secondario, ad esempio, è l’uso della scrittura come efficiente medium comunicativo, nella centralità visiva del pilastrino con iscrizione nell’oinochoe 4.29.
19 Corrente 2012a.
20 Sul valore allusivo dei pilastri a spazi sacrali: Moret 1979.
21 Secondo uno schema che nella tradizione iconografica vede privilegiati altri esseri semiferini come i Centauri. Valga come esempio l’oinochoe attica del Louvre con Herakles e Nike su carro trainato da centuari del pittore di Nikias (Louvre n. 3408).
22 Lissarrague 2013.
23 Al Metropolitan Museum of Art, n. 1989.11.4. Per la storia dei traffici illeciti che hanno interessato il cratere: Tsirogiannis 2014.
24 Corrente 2012a, p. 48-51.
25 Pertinenti le immagini di antiche statue di culto nelle monete di Aenos in Tracia e a Mitilene. Nella leggenda raccontata da Pausania (X, 19, 3), lo xoanon ligneo raccolto nelle acque di Lesbo dai pescatori di Methymna e che l’oracolo di Delfi aveva ordinato di venerare come Dioniso era noto come Hermes Perpheraios. Un testo di Callimaco (Pap. Οx., IV, n. 661) precisa che l’immagine venuta dal mare era opera di Epeios, il costruttore del cavallo di Troia: Lacroix 1949, p. 432-434.
26 Seguendo questo percorso, non si può prescindere dall’analisi curata da Jean-Christophe Vincent sulle cerimonie cultuali greche che vedono coinvolti antichi simulacri, con riferimento alla “mobilité rituelle” e alla “propension aux transports rituels”: Vincent 2003.
27 RVAp Second Suppl., p. 224, n. 878b, tav. 57, 1.
28 La corona era il simbolo della sottomissione a Zeus dopo la sua liberazione. L’anello retto da Pan potrebbe, in alternativa, rappresentare l’anello di ferro portato dal Titano in cui era incastrato un pezzo di roccia del Caucaso.
29 Williams 2008, p. 182.
30 Trendall 1970, p. 168-174.
31 Con esiti che si accentuano, come risvolto parodico teatrale nel Prometeo caricaturale con la raffigurazione di un corvo al posto dell’aquila nel cratere del P. Getty Museum prodotto attorno alla metà del IV sec. a.C. nell’officina del Gruppo del Pittore di Konnakis: Green 1986, p. 137, fig. 31. Per la datazione del gruppo attorno alla metà del IV sec. a.C., Denoyelle, Iozzo 2009, p. 208-212.
32 Schauenburg 1981.
33 Rouveret 1999.
34 Sull’ampio fenomeno di mobilità geografica e sociale che si innesca già nell’età del ferro nel mondo indigeno in direzione della costa tirrenica, vedi Cerchiai 2013.
35 Sirano 2010, e fig. 11 con mappa distributiva delle produzioni daunie presenti nella Campania settentrionale.
Auteur
Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari; marisa.corrente@beniculturali.it
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Recherches sur les cultes grecs et l’Occident, 2
Ettore Lepore, Jean-Pierre Vernant, Françoise Frontisi-Ducroux et al.
1984
Nouvelle contribution à l’étude de la société et de la colonisation eubéennes
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1982
La céramique grecque ou de tradition grecque au VIIIe siècle en Italie centrale et méridionale
Centre Jean Bérard (dir.)
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1982
Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, 2
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