Filottete in Sicilia
p. 131-135
Texte intégral
1Accanto alla consistente tradizione sulla presenza di Filottete in area magnogreca, non mancano alcuni indizi di una presenza di Filottetee presumibilmente di un suo culto in Sicilia. Parlo di indizi, perché la tradizione in proposito è molto labilee connette Filottete a due città della Sicilia, molto lontane fra loro, almeno geograficamente, Segestae Siracusa. Cominciamo da Segesta per considerazioni di ordine cronologico. Secondo Strabone (6, 1, 3), che cita il lavoro di Apollodoro nel Catalogo omerico delle navi, Filottete avrebbe inviato alcuni suoi compagni dalla Crotoniatide con Egesto troiano a τειχίζειν = κτίζειν, in Sicilia, presso Erice, Segesta1. Si tratta di una informazione che Strabone ricavava da Apollodoro (che a sua volta forniva con la formula λέγειν τινὰς φησíν e che Strabone ripete in 6, 2, 52. Dunque, non Filottete in persona, ma Egesto, da lui inviato con alcuni compagni, avrebbe fondato Segestae se finora Segesta non ha restituito alcuna traccia di un culto locale di Filottete, una possibile presenza di Filottete andrà tenuta presente nel corso delle ricerche che proprio a Segesta si stanno avviando3.
2Cronologicamente, questo rapporto fra Egesto, Filottetee Segesta dovrebbe collegarsi con le leggende di fondazione di Segestae potrebbe essere stato collegato in Antioco, che resta la più probabile fonte per le notizie sulla provenienza degli Elimi da Troia4, con la tradizione per cui, in questa simbiosi in terra siciliana occidentale, fra esuli troianie greci che nel nostos furono gettati inviti in terre diverse da quella desiderata, accanto ai Troiani, poi detti localmente Elimi, si sarebbero stanziati dei Focidesi (Thuc., 6, 1, 3). Infatti, se è pur vero che allo stato attuale della nostra documentazione, nessuna fonte greca dice che Filottete fosse focidese (magnesio in Hom., Il., 2, 716 sgg., eteo, in Soph., Phil., 479 e 480), non è men vero che la leggenda di Filottete, come si ricava da Sofocle, tende a collocarsi sull’Eta5, non lungi dalla Focide.
3Benché nessuna fonte dica poi esplicitamente che Filottete in persona sarebbe giunto in Sicilia con i profughi troiani6, la connessione Troiani-Focidesi in Antioco-Tucidide riflette con estrema verosimiglianza la connessione Egesto-Filottete degli autori ai quali si riferiva Apollodoro di Atene nel II sec. a. C. Non sappiamo di quali autori si tratti, ma non è inverosimile che essi derivino da Antioco ο comprendano Antioco stesso, del quale, per incidens, la fortuna dovette essere duratura, se fu probabilmente utilizzato direttamente ancora da Pausatila e, in età augustea, Strabone lo utilizzò a tal segno che dei 13 frammenti pervenutici di Antioco siracusano, ben sette ci giungono per il tramite di Strabonee straboniani sono globalmente i 3/5 del materiale documentario di Antioco.
4Sta poi di fatto, che l’area della presenza coloniale focidese in Sicilia (area elima), fu posta in diretta connessione con le areee i siti magnogreci legati a Filottete (Metaponto, Lagaria, Temesa, Crimisa, Cone, Crotone), vale a dire con quell’area enotria dalla quale proprio gli Elimi (secondo Ellanico FGrhist 4 F79b) sarebbero passati in Sicilia sospintivi dagli Enotri (ούς φησιν ύπ’Ο’ινώτρων έξαναστήναι). In altri termini, provenienza da Troiae provenienza dalla Calabria, non sarebbero fatti antitetici, se, com’è noto, nessun navigante giungeva in Sicilia dalla rotta settentrionale senza prima avere toccato le coste calabresi, da Enea alla spedizione ateniese del V sec. e così sempre. Il fatto poi che i Focidesi (secondo Antioco-Tucidide) fossero giuntivi
5dopo un dirottamento supplementare in Libia, rientra in un quadro topico non privo di analogie (si pensi a Dione, in Plut., V. Dio 25, 35),e che non va certo escluso, come appunto anche nel caso di Dione, per chi arrivava dalle coste Calabre7. E quanto al rapporto Elimi-Calabria (enotria), mi paiono indicativi ancora due fatti: il primo che Egesto troiano, veniva dalla Calabria, proprio per fondare Segesta, sia per Tucidide, che per Strabone (ll. cc.)e che Licofrone, dopo aver ricordato Epeoe Lagaria (930-950). l’Epeo legato a Filottete, passa a parlare proprio dei Troiani andati a stanziarsi in area elima, ne parla come di errabondi (951-952: ἄλλοι δ’ἐνοικήσουσι Σικανών χθόνα, πλαγκτοì μολόντες)e introduce così la tradizione sulla fondazione di Segesta8.
6Sic stantibus rebus, non avremmo dunque antitesi fra la provenienza degli Elimi da Troiae il loro arrivo dalla Calabria, perché anzi l’uso di στόλοι in Ellanico (στόλους ίταλικούς), si accorda benissimo proprio con le espressioni στέλλω e αποστέλλω che userà più tardi Strabone (6, 1, 3e 6, 2, 5) per i compagni di Egestoe di Filottete, vale a dire per i Troianie i Focidesi. Siamo perciò di fronte ad una tradizione uniforme che legava Egesto a Filottete prima in Calabriae poi in Siciliae che faceva giungere Egesto nella Sicilia Occidentale, proprio perché legato a quest’area da una più antica frequentazione troiana, all’epoca di Laomedonte troiano (Lycophr, 951 sgg.; Dion. Hal., 1, 52, 2). Se poi vi giungeva anche Enea (Dion. Hal., 1, 52, 1) non poteva che trovarvi già in loco Egesto, ritornato da Troia perché partito prima di Eneae perché, come vorrebbe la razionalizzazione del fatto dovuta probabilmente a Dionigi di Alicarnasso, disponeva di navi più leggere, di carico minoree di venti più favorevoli (Dion. Hal., 1. 52, 1).
7Sulla presenza invece del culto di Filottete a Siracusa, si possono raccogliere altri indizi. Più precisamente Pindaro (Pyth., 1, 5051), celebrando nel 470 lerone, vincitore di Cumae di Imera, lo accosta a Filottete, che richiesto avrebbe soccorso, benchè claudicante, i Greci a Troia, così come Ierone, richiesto (Diod., 11, 51), benché sofferente di calcolosi vescicale,e presumibilmente claudicante9, sarebbe accorso in difesa dei Cumani.
8Mi pare perciò legittimo sospettare che l’accostamento pindarico di Ierone a Filottete, di per sé, in rebus, vista la malattia di Ieronee il suo risolutivo intervento militare, su richiesta altrui, sia stato suggerito al poeta anche dalla presenza in Siracusa di un culto di Filottete, del quale dovrebbe essere testimonianza la statua, opera di Pitagora di Reggio, di un Claudicante, ricordata da Plinio (n. h., 34, 59; Syracusis autem claudicantem, cuius ulceris dolorem sentire etiam spectantes videntur).
9Poiché il rapporto fra Pitagora di Reggioe Ierone è ben attestato anche dal fatto che, come ricorda Pausania (6, 13, 1), Pitagora di Reggio avrebbe eseguito per Olimpia proprio la statua di Astilo crotoniate, un atleta che, vincitore in tre olimpiadi, si sarebbe presentato nelle due ultime come siracusanoe non come crotoniate, per compiacere Ierone (ἐς χάριν τοῦ ‘Ιέρωνος τοῦ Δεινομένους)10, è ragionevole supporre che Pitagora di Reggio abbia eseguito a Siracusa una statua di Filottete per conto di Ierone, «grand homme d’Etat doublé d’un mécène»11.
10La statua di Siracusa, eseguita, al tempo di Ierone da un artista legato al Dinomenide, è pertanto indizio di un culto preesistente – dati anche gli stretti rapporti fra Siracusae la Siba-ritide in cui Filottete era venerato (Ps. Arist., mir. aus., 107) –, culto che potrebbe avere favorito l’accostamento di Ierone a Filottetee che proprio in quell’epoca, anche per celebrare il novello Filottete, potrebbe avere avuto nuovo impulsoe fortuna artistica. Tanto più che non solo Pindaro celebrava Filottete, ma anche un altro poeta legato alla corte di Agrigentoe a quella di Siracusa, Bacchilide (Sch. Pind. Pyth., 1, 100). E curioso osservare che, proprio in quei tempi, un cratere attico destinato ad Agrigento rappresenta il momento preciso in cui Filottete rimane vittima del morso fatale12.
11Ci si può chiedere se il pittore dei Niobidi non abbia scelto questo tema nella consapevolezza della popolarità dell’eroe in Sicilia meridionale ai tempi di lerone. Né questo cratere è isolato a Siracusa, ma è da accostare ad un altro cratere a calice a figure rosse, anch’esso al Louvre, da Beazley attribuito al pittore di Altamura (470-460 a. C.), anch’esso raffigurante Filottete. E l’eroe ferito a Lemno ritorna su un cellebre cratere a figure rosse, siracusano, edito dal Pace13.
12Può darsi che la presenza a Siracusa di un cratere con questo soggetto altro non sia che il riflesso della eccezionale fortuna che il mito dell’eroe ha avuto in Grecia in tutto il V sec. a. C., a partire dai già citati versi di Pindaroe di Bacchilide, per passare al Diomede presso l’infermo Filottete di Polignoto nella pinacoteca dei Propilei, al Filottete ferito dipinto dal fratello di Polignoto, Aristofonte, al Filottete dipinto da Parrasio, attraverso il Filottete in Lemno di Eschilo al Filottete sofocleo ed euripideo, per non ricordare che i maggiori. Ma si può anche ipotizzare che la presenza siracusana, ancora attestata da questo cratere dal Fusco, di fine V sec. a. C., vada vista come una testimonianza del fatto che Filottete aveva nell’area una sua particolare tradizione, forse cultuale, ravvivata dai Dinomenidi.
13Sempre alla statua di Filottete, che dovette godere di grande celebrità, va probabilmente riferito un epigramma della Antologia Planudea (IV, 112)14, tanto più probabile per l’accenno al grande realismo con cui era resa la sofferenza di Filottete, che Plinio esprimeva con ulceris doloris sentire etiam spectantes videntur e l’anonimo epigrammatista, nel v. 4, con καì ἐν χαλκφ τòν πόνον ε’ιργάσατο. Allo stato attuale delle conoscenze, ritengo siano questi i soli indizi di una presenza di Filottete in Sicilia, da tenere in ogni caso in evidenza in vista delle future ricerche.
Notes de bas de page
1 Strabo, 6, 1,3: Ἁπολλóδωρος δ’έν τοîς περὶ Νεών τοῦ Φιλοκτήτου μνησθεìς λέγειν τινάς ϕησιν, ὡς εἰς Κροτωνιᾶτιν ἀϕικόμενος Κρίμισσαν ἄκραν οἰκῆσαι καì Χώνην πόλιν ὑπὲρ αὐτής, ἀϕ’ἧς οἱ ταύτῃ Χῶνες ἐκλήθησαν, παρ’αὐτοῦ δὲ τινες σταλέντες εἰς Σικελίαν περì’Έρυκα μετὰ Αίγέστου τού Τρωòς Αἴγεσταν τειχίσαιεν.
2 Strabo, 6, 2, 5: τὴν δὲ Αἰγεσταίαν κτισθήναί ϕασιν ὑπò τῶν μετά Φιλοκτήτου διαβάντων εἰς τὴν Κροτωνιάτιν, καθάπερ ἐν τοîς’Ιταλικοîς εἴρηται, παρ’αὐτοῦ σταλέντων εἰς την Σικελίαν μετά Αίγέστου τοῦ Τρωός. V. Tusa (in Forme di contatto e processi di trasformazione nette società antiche. Atti del colloquio di Cortona 1981, Pisa-Roma, 1983, p. 300) sottolinea che a proposito della colonizzazione fenicia Diodoro (5, 35, 5) usa ἀποστέλλειν e non οἰκίζειν e aggiunge “i Fenici non avevano mire territoriali, come i Greci, ma piuttosto intenti commerciali; a tal fine “mandavano” gruppi di persone, si direbbe di agenti, che curavano i loro interessi nei vari posti. Il che è certo vero per quanto attiene al commercio fenicio, ma Strabone (6, 1, 3 e 6, 2, 5) indica che στέλλω ο αποστέλλω sono usati anche per insediamenti e fondazioni di città vere e proprie come Segesta. Da Strabone 1, 3), che usa τειχίζω e non οἰκίζω, si dovrebbe dedurre che Segesta già esisteva; in realtà Strabone per lo stesso episodio, usa in 6, 1,3 τειχίζω e in 6, 2, 5 οίκίζω, evidentemente pensando a una “fondazione” vera e propria, del resto dedotta dall’eponimo stesso di Segesta. Sul lessico della colonizzazione, cfr. ora l’importante lavoro di M. Casevitz, Le vocabulaire de la colonisation en grec ancien. Etude lexicologique: les familles de κτίζω et de οἰκέω-οἰκιζω. Paris, 1985.
3 Nei quadro di una convenzione per ricerche in area elima fra l’Assessorato ai Beni Culturali e Ambientali della Regione Siciliana e il Laboratorio di topografia storico-archeologica del mondo antico della Scuola Normale Superiore di Pisa, ha avuto inizio nel 1987 una nuova indagine su Segesta, in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani.
4 Rinvio al mio Troiani e Focidesi nella Sicilia Occidentale (Thuc., 2, 3; V, 25, 6) ASNP, s. III, XVII. 1987, 921-933. Su Filottete già nella Piccola cfr. Arist., Poet., 1459 b. Quanto alla presenza di Filottete nella leggenda di Egesto, G. K. Galinski (Aeneas. Sicily and Rome, Princeton, 1969. p. 98) osserva che Filottete fu trattato dai Greci «like an outcast», ma giustamente osserva che è difficile pensare sia questa la ragione per cui egli divenne un alleato dei Troiani. In realtà, più che di alleato, si tratterebbe di compagno di nostos.
5 Sull’Eta secondo la tradizione Eracle avrebbe nascosto le armi, di cui si sarebbe impadronito Filottete. Cf. Soph., Philoct., v. 479 ἐὰν μόλω’γὼ ζῶν πρὸς Οἰταίαν χθόνα; ν. 490 κἀκεîθεν οὔ μοι μακρòς εἰς Οἴτην στόλος. Come osserva Α. Douss (Sophocle2.III Paris 1967, p. 27 n. 1) « Ce n’est que par extension qu’il peut être dit’du pays de l’Oeta’, montagne située à l’ouest du golfe maliaque. Pourtant, Sophocle reprend cette indication au v. 479 ».
6 Per L. Braccesi (in AA.VV., in Storia della Sicilia, Napolpoli 1980, I, 1, p· 71) con i profughi troiani sarebbe giunto in Sicilia lo stesso Filottete.
7 Manca un lavoro complessivo sul ruolo della tempesta. nel canale di Sicilia, per i contatti fra la costa libica e la costa siciliana, che dovrebbe tenere nel debito conto che proprio nel canale di Sicilia si incrociavano le due rotte, la settentrionale (Peloponneso, Corcira, Santa Maria di Leuca, Rocce Bianche reggine, Siracusa, Eraclea, Sicilia Occidentale, Promunturium candidum sulla costa africana) e la meridionale ο caria (Siria, coste egiziane, coste libiche, Promunturium della Sicilia occidentale).
8 Il Ciaceri (La Alessandra di Licofrone, Catania 1901), nel commento ai versi 950 sgg. accetta acriticamente la tesi di PAIS, per la quale, in Tucidide si farebbe menzione di Focei e non di Focidesi. Non concordo col Ciaceri (o.c., 277). secondo il quale Licofrone userebbe il termine Σικανία per indicare tutta la Sicilia e non solo la Sicilia Occidentale; certo la cosa può essere possibile per chi sappia, come certo sapeva Licofrone, che al tempo dei nostoi Sicilia era denominata Σικανία, ma di fatto sia al v. 870, sia al v. 951 Licofrone allude esattamente alla Sicilia occidentale, vale a dire all’area sicana. Circa la possibilità, che per me è certezza, che Licofrone alluda nei vv. 951-952 agli stessi Focidesi ricordati da Tucidide e da Pausania, cfr. J. Bérard, La colonisation grecque de l’Italie meridionale et de la dans l’Antiquité, Paris 1957, p. 363, n. 1, che si chiedeva « Est-ce à ces Phocidiens que Lycophron fait allusion aux vers 951-952 ? La chose est douteuse »
9 Sulla calcolosi vescicale di lerone, Schol. Pyth., 1, 89; Plut., Pyth. or., 19. Cf. Pind., Pyth., 1, 5051 νῦν γε μὰν/τὰν Φιλοκτήταο δίκαν ἐϕέπων ἐστρατεύθη.
Devo alla cortesia dell’amico Franco Mosca, ordinario di patologia chirurgica presso l’Università di Pisa, la conferma che una calcolosi vescicale può essere connessa ad un trauma (donde la claudicatio), che per l’allettamento prolungato può produrre un dismetabolismo calcico con conseguente precipitazione di sali di calcio nell’urina.
10 Sempre da Pausania (6, 13, 1), apprendiamo che i Crotoniati fecero della sua casa un carcere e tolsero una sua statua dal tempio di Era Lacinia.
11 G. Glotz, Histoire grecque4, Paris 1948 (1941), II, p. 678.
12 Louvre, G 342. P. dei Niobidi. ARV2 590. Cf. Veder greco. Le necropoli di Agrigento, Roma 1988, p. 230, nr. 77.
13 B. Pace, Vasi figurati con riflessi della cultura di Parrasio, MAL, XXXVIII. 1922, pp. 523-598.
14 Secondo H. Blümner, Lessings Laokoon herausgeg. und eklärt, Berlin 1880, 163, 410, 508-509, sarebbe stato il Gronovius in Statii Silvarum libros V diatribae, Hagae 1637, p. 43, ad identificare per primo la statua indicata da Plinio con un Filottete (cfr. The Elder Pliny's Chapters on the History of Art, trans. K. Jex Blacke, comm. E. Sellers, London 1896 [Chicago 1968], p. 47 ad loc.). L.A. Milani (Il mito di Filottete nella letteratura classica e nell'arte figurata, Firenze 1879. p. 53, n. 5) osserva che «il Claudicante di Pitagora aveva ed ha l'istesso valore del Diadumenos e Dryphoros di Policleto, del Discoboles di Mirone, dell' Apoxyomenos di Lisippo, e così via; anzi l'aver Plinio sostantivato l'aggiunto, è prova della grande celebrità che godette questa statua». In J. Overbeck (Die Antike Schriftquellen zur Geschichte der bildenden Künste, Leipzig 1868 [Hildesheim 1959] nrr. 499, 9 e nr. 505), la citazione pliniana è opportunamente collegata con Anth. Plan., 4, 112:Ἄδηλον. Εἰς εἰκόνα Φιλοκτήτου. ’Εχθρòς ὑπὲρ Δαναούς πλάστης ἐμοί, ἄλλος Οδυσσεύς / ὃς μ' ἔμνησε κακῆς οὐλομένης τε νόσου. / οὐκ ἤρκει πέτρη, τρῦχος, λύθρον, ἓλκος, ἀνίη. / ἀλλὰ καì ἐν χαλκῷ τὸν πόνον εἰργάσατο. R. Aubreton - F. Buffière (Anthologie grecque, II), Anthologie de Planude, XIII, Paris 1980, 123, n. 1), osservano che il termine πλάστης fa pensare ad un bronzo come ispiratore di questi versi (cosa ovvia alla luce del verso 4), ma anziché alla statua siracusana, rinviano ad un Filottete pompeiano (W.H. Roscher, Ausf. Lex., III, 2, 5, 2332, 6). La connessione fra l'espressione pliniana e il v. 4 dell'epigramma era già stata notata felicemente da S. Ferri (Plinio il Vecchio, Storia delle arti antiche, testo, traduzione e note a cura di S. FERRI, Roma 1946, p. 84), che la riteneva derivata dall'epigramma dell'antologia planudea citato «o, meglio, da un'ekphrasis». Sull'origine epigrammatica del passo pliniano, cfr. H. GALLET DE SANTERRE - H. Le Bonniec in Pline L'ancien, Histoire naturelle, livre XXXIV, Paris 1953, p. 228, n. 8, con bibliografia. Sulla fortuna del mito di Filottete, oltre al sempre utilissimo Roscher cit., coll. 2311 -2343, cfr. anche O. Mandel, Philoktetes and the Fall of Troy. Plays. Documents, Iconography, Interpretations, Lincoln Univ. of Nebraska, 1982.
Auteur
Scuola Normale Superiore, Pisa
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